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Il Neoclassicismo: Stile e Ideali della Rivoluzione Francese, Dispense di Storia dell'arte contemporanea

Il clima culturale del periodo illuminista, che porterà alla Rivoluzione francese, e il nuovo stile artistico neoclassico. Il neoclassicismo rappresenta l'apertura verso l'Europa in transizione, con ideali democratici e anticonservatori, e la volontà di porre fine ai governi monarchici. l'influenza dell'antichità classica sulla pittura neoclassica e l'importanza di artisti come David e Canova. Vengono inoltre discusse opere come 'La morte di Marat' e il monumento funebre a Maria Cristina d'Austria.

Tipologia: Dispense

2016/2017

Caricato il 28/09/2021

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4.4

(12)

34 documenti

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Scarica Il Neoclassicismo: Stile e Ideali della Rivoluzione Francese e più Dispense in PDF di Storia dell'arte contemporanea solo su Docsity! INDRODUZIONE Nell'arte contemporanea bisogna capire come l'artista arriva all'opera, andando oltre il semplice giudizio del bello. L'arte di cui ci occuperemo è legata a un discorso di rottura dell’equilibrio raggiunto nell'Ottocento, equilibrio sociale e politico: è la rottura di quel “fil rouge” che univa gli artisti alla classe borghese ottocentesca, è la delusione per il processo industriale che ha portato alla corsa verso l’oro, verso il rafforzamento di una classe sociale che sempre meno ha tenuto conto delle esigenze delle masse e del nascente corpo proletario. IL NEOCLASSICISMO Il discorso sul neoclassicismo deve partire dal contesto storico. È lo stile del tardo Settecento, di un'epoca che ha visto trionfare la cultura illuminista, che ha avuto importanti ripercussioni sulla storia politica e sociale dell'Europa tanto da cambiarne completamente le sorti: l’illuminismo rappresenta il clima culturale di un momento storico che poi porterà allo scoppio della rivoluzione francese, rappresenta il momento di apertura verso l’Europa che si avvia a essere completamente trasformata e modificata, con ideali democratici e anticonservatori e la volontà di porre fine ai governi monarchici. L’illuminismo trasformerà per sempre l'Europa. Perché si parla di cultura illuministica? Perché le riforme politiche, sociali ed economiche si sono basate in larga parte su questa nuova visione del mondo, quindi su teorizzazioni proprie della cultura illuministica, caratterizzata da un approccio razionale, da una fiducia quasi cieca nei confronti della ragione, dal bisogno di combattere e di opporsi al dogma, dalla necessità di approdare a un trionfo della ragione e a un credo smisurato dei confronti del progresso, della crescita sociale e di tutto il sistema che interessava in quel momento la Francia e che poi si propagherà in tutta l’Europa. Questo periodo fu caratterizzato da una notevole crescita demografica, per la scomparsa della peste, l'aumento dei presidi sanitari-igienici e la diminuzione delle carestie. Il neoclassicismo è lo stile della rivoluzione francese. Motivo comune a tutta l’arte neoclassica è la critica nei confronti dell’arte che l’ha preceduta: il Barocco e il Rococò, con la loro frivolezza, la sovrabbondanza di decorativismo e il trionfo del colore. Da un'arte che aveva il suo fulcro nell’immaginazione e nell’eccitazione che poteva stimolare negli spettatori, si passa alla rigidità, all'ordine, all’equilibrio e all’armonia. Gli artisti del tempo lo chiamavano il vero stile. Neoclassicismo è un termine coniato alla fine dell'Ottocento, per il legame che aveva con l’arte classica. In realtà, alla fine del Settecento, gli artisti parlavano di vero stile, uno stile che sentiva il bisogno di rapportarsi in maniera più concreta al vero, al reale, cioè abbandonare il dogma, la frivolezza, l’inconsistenza del Barocco e di tutti gli accorgimenti pittorici illusionistici utilizzati dagli artisti, che portarono all'esigenza di tornare alla concretezza e al vero. Questo si conforma perfettamente alla cultura illuminista: Diderot e D’Alembert, nell’Enciclopédie, miravano a trovare una risposta rigorosamente razionale alla definizione del mondo, dall’astronomia alla zoologia. L'approccio era razionalistico con un forte bisogno di verità, di concretezza che caratterizza l'approccio teorico e il pensiero filosofico del periodo e che trova un risvolto concreto nelle arti visive e nel lavoro degli artisti. Winckelmann è il grande teorico del Neoclassicismo. Giunse a Roma da Dresda nel 1755, avendo già scritto i Pensieri sull’imitazione delle opere greche nella pittura e nella scultura. Nel 1758 entrò al servizio del cardinale Albani come bibliotecario e curatore della sua collezione. Nel 1764 scrive la sua opera più importante, Storia dell’arte dell’antichità, dove considera la storia dell’arte antica come un processo in quattro fasi, ciascuno distinto da un proprio stile: Lo stile primitivo Lo stile grandioso, rappresentato da Fidia Lo stile bello (da Prassitele a Lisippo) ANNE Il lungo periodo dello stile dell’imitazione, perdurato fino alla caduta dell'impero pe Secondo W., per affermare i principi del “vero stile” occorre guardare all’antichità classica. “L’unico modo per diventare grandi è imitare gli antichi, perseguendo la nobile semplicità, la calma e la bellezza” Il riferimento ai classici è stato anche un riferimento di tipo etico, di tipo morale. Il mondo greco e romano diventa esempio al quale fare riferimento da un punto di vista delle virtù civili. Winckelmann sosteneva che il bello ideale fosse la natura emendata dai suoi difetti, bello raggiunto soprattutto dai greci. Il suo ragionamento, tuttavia, è astorico, nel senso che non considera l’arte classica come legata al suo momento storico unico e irripetibile, ma la tratta la tratta come un bello ideale applicabile e valido in qualunque periodo storico. Nel periodo illuminista, l’arte sente il bisogno di rivolgersi direttamente al mondo, spazzando via le richieste di meraviglia dei committenti, tipiche del barocco. Ricoprono un ruolo importante le scoperte di Ercolano (1719) e Pompei (1748). Scavi archeologici che avevano alimentato che questa passione per gli antichi, offrendo una quantità notevole di oggetti del periodo classico, che diedero modelli di riferimento per l'imitazione. Nella lettura di un'opera neoclassica bisogna tener conto di alcuni elementi che vanno oltre la semplice affermazione d’imitazione dello stile dei classici. Ci sono contenuti più complessi: il neoclassicismo prescrive un certo tipo di atteggiamento, anche morale, nei confronti dell’arte e consente agli artisti libertà d’interpretazione nonostante imponga delle categorie fisse e giuste da applicare rigidamente. caratterizzato da un disegno geometrico preciso: il portico serve per inquadrare la figura del padre che sta esattamente al centro della composizione e il punto di attrazione di tutte le direttrici sono le sue mani che tengono le spade; si formano diversi triangoli che hanno come vertice il suo pugno e sono richiamati anche dalla posizione solenne dei protagonisti. C'è un gioco di contrapposizioni e simmetrie tra la forza e il vigore degli Orazi e la mollezza delle donne piangenti, consapevoli della tragedia a cui vanno incontro. Nel dipinto c'è un'attenzione alla composizione in ogni singola parte, caratterizzata dal rigore geometrico che rompe completamente con i canoni barocchi. Il colore: | colori possiedono brillantezza e lucidità. David pone molta attenzione alla luce e alla chiarezza nella definizione dei colori, lontani da cangiantismi, da mescolanze complesse. Il colore è caratterizzato da definizioni pure: è steso a campiture ampie e regolari, caratterizzate da una resa volumetrica data dal chiaroscuro. C'è forte attenzione per i dettagli. Le donne hanno una luce più soffusa, mentre è più contrastata quella che ammanta gli uomini. Lo sfondo, in cui si vede un porticato utile a contestualizzare l'evento, è molto scuro, per dare risalto alla scena. Il tema etico: Il quadro è una committenza reale inteso come glorificazione della lealtà allo Stato e della fedeltà alla corona francese (e non alle autorità ecclesiastiche): trionfano tutte le tematiche che riguardano il patriottismo e la fedeltà alla patria, la voglia di liberare la Francia seguendo gli ideali democratici rappresentati dalla classe borghese e contrari al predominio della nobiltà e del clero, mettendo in risalto il clima prerivoluzionario della Francia dell’epoca. Gli Orazi daranno la vittoria a Roma, combattendo contro i Curiazi, gli Orazi che giurano fedeltà rappresentano la fedeltà ai valori francesi così importanti in quegli anni. | lineamenti dei tre fratelli sono tesi ed esprimono tutta la determinazione nella difesa di quei valori. Questa tensione trova contrasto nella mollezza delle donne. David è attivo nella politica perché è membro deputato dell'Assemblea Nazionale Costituente, cioè quella nata l'indomani della rivoluzione francese, nel 1789, chiamata a scrivere e porre le basi per la creazione di una nuova Costituzione. David lavorerà, combatterà e parteciperà alle azioni politiche finalizzate a creare la nuova costituzione, dopo la deposizione di del re Luigi XVI. Finì in carcere durante la reazione termidoriana, in cui lo stesso Robespierre fu ghigliottinato. Il fatto che David sia molto impegnato dal punto di vista politico lo racconta anche il celebre dipinto Il giuramento della pallacorda, 1791. L’opera va letta innanzitutto da un punto di vista contenutistico: David racconta un fatto a lui contemporaneo ed è in questo momento che la storia politica entra nella rappresentazione artistica, come farà poi anche Delacroix con La libertà che guida il popolo. Il giuramento della pallacorda avvenne nel 1787, quattro anni prima della rappresentazione di David: il Terzo stato si era proclamato Assemblea nazionale in Francia e il re ne aveva immediatamente impedito la riunione, facendo chiudere l’aula preposta alle riunioni dell'Assemblea. Così il Terzo stato reagisce riunendosi nella sala vicina, deputata al gioco della pallacorda, giurandosi fedeltà fino a quando la Francia non avesse avuto una costituzione repubblicana, coerente con gli ideali della rivoluzione. Quindi è un contenuto storico e politico. Stilisticamente ritroviamo le stesse caratteristiche del Giuramento degli Orazi. La morte di Marat, 1793. La potremmo vedere come il tributo all'uomo, Marat, che David considera come un martire della rivoluzione. Marat era un giacobino, accusato di essere il sanguinario della rivoluzione e fu ucciso a tradimento da una congiura dei girondini, gruppo rivoluzionario moderato che proveniva dalla regione francese della Gironda. La girondina Charlotte Corday lo uccise con l'inganno: convinta della colpa di Marat nella sconfitta dei girondini e degli eccessi nella guerra civile, lo fece chiamare con il pretesto di presentargli una supplica e, mentre Marat firmava il foglio di assenso alla sua richiesta, lo pugnalò a morte. Fu ghigliottinata 4 giorni dopo. Il dipinto è carico di una serie di elementi che ci riportano al fatto storico: Marat è all'interno del suo bagno perché gravissima malattia alla pelle che lo costringeva a stare ore all'interno della sua vasca, David lo rappresenta nella sua sofferenza intima e personale. Ha ancora in mano il foglio che stavo scrivendo con l'assenso alla supplica, il sangue gli esce dal petto, vicino alla clavicola. Il sangue intride anche il lenzuolo bianco dentro la vasca. Nell'altra mano tiene la penna con cui non ha potuto finire di scrivere. David non rappresenta il momento, invitando a una meditazione sul sacrificio di un eroe. Produce una muta testimonianza dell'infamia del delitto e della virtù dell’ucciso. C'è una certa attenzione ai dettagli: le venature del legno, i buchi dei chiodi, le parole e la data scritta nella lettera. Da questa presenza tangibile delle cose nella parte inferiore del dipinto, si passa al niente nella parte superiore, lo sfondo e nero e incombe, un nero di morte che condiziona fortemente lo spazio. È il passaggio dall'essere al non essere, dalle cose terrene a un’immaterialità che non può che risolversi in uno sfondo nero che sembra risucchiare il cadavere del protagonista. Lo spazio si definisce per il contrapporsi di linee orizzontali, come la vasca, e linee verticali, come le pieghe del lenzuolo bianco che vanno di pari passo al braccio di Marat. Il naso segue l'orizzonte del bordo della vasca e le sopracciglia le verticali della cassa e del braccio. La bocca traccia una direzione verticale immortalando l'ultima espressione dell'eroe che sembra accogliere la sua sorte, che forse aveva già immaginato. Nella casetta di legno la dedica di David a Marat. È un omaggio all'eroe della rivoluzione rappresentato nudo facendo riferimento alla rappresentazione dei grandi filosofi soprattutto dell'antica Grecia, in questo senso si parla di pietà laica. David unisce due estremi: il verismo della cosa vista e la costruzione calcolata nel modo più sapiente per tramutare l'orrore in sublime. c'è un rimando alla deposizione di Cristo di Caravaggio. Un riferimento stilistico a un artista che sposò non il filone del barocco vero e proprio, ma un discorso di classicismo e realismo che lo connotano in maniera universale definendo uno stile unico. È un modello seicentesco ma distante da tutta quella frivolezza barocco e rococò contro la quale neoclassici si oppongono. Il rimando è nel braccio penzolante con ancora l'ultimo soffio vitale, che spicca sul bianco. David fu influenzato anche la Raffaello. Anche qui troviamo i caratteri elencati prima: importanza del disegno, attenzione per la composizione, lucentezza del colore, chiaroscuro, campitura regolare e omogenea. Per campitura omogenea si intende l'utilizzo del colore per campiture intese come porzioni di riempimento della forma e dai contorni ben definiti che avvengono attraverso un sapiente mescolamento, una sapiente tecnica che approda alla resa volumetrica. Tutti questi elementi torneranno nel ‘900 quando si parlerà di ritorno all'ordine. David da un certo punto porrà la sua pittura al servizio di Napoleone, che eredità la portata rivoluzionaria del momento francese con un risvolto che poi incontrerà una direzione totalmente opposta a quella che gli ideali della rivoluzione avevano voluto, perché si assisterà a un ritorno a metodi conservatori e dispotici. Questo evidentemente cambierà le sorti dell'Europa, avviandoci verso una lotta al conservatorismo, dominio della nobiltà e del clero che si porterà avanti fino alla fine dell'800. Che cosa cambia ora nello stile di David? Davide propone degli effetti scenici sempre più grandiosi, coreografie spettacolari che enfatizzano la celebrazione del personaggio ritratto. Sebbene non neghi mai fino alla fine quelli che sono i principi del vero stile, c'è un intendo di celebrazione di esaltazione di Napoleone. In Bonaparte al Gran San Bernardo, 1801, cede leggermente all’influsso romantico, soprattutto nel cielo turbinoso. Napoleone ha il braccio teso verso l'orizzonte per guidare le sue truppe verso le Alpi: in terra vi è una roccia col suo nome, affiancato da quello di Annibale e Carlo Magno che lo accostano ai grandi della storia che valicarono le Alpi prima di lui. 5) INDRODUZIONE Nell'arte contemporanea bisogna capire come l'artista arriva all'opera, andando oltre il semplice giudizio del bello. L'arte di cui ci occuperemo è legata a un discorso di rottura dell’equilibrio raggiunto nell'Ottocento, equilibrio sociale e politico: è la rottura di quel “fil rouge” che univa gli artisti alla classe borghese ottocentesca, è la delusione per il processo industriale che ha portato alla corsa verso l’oro, verso il rafforzamento di una classe sociale che sempre meno ha tenuto conto delle esigenze delle masse e del nascente corpo proletario. IL NEOCLASSICISMO Il discorso sul neoclassicismo deve partire dal contesto storico. È lo stile del tardo Settecento, di un'epoca che ha visto trionfare la cultura illuminista, che ha avuto importanti ripercussioni sulla storia politica e sociale dell'Europa tanto da cambiarne completamente le sorti: l’illuminismo rappresenta il clima culturale di un momento storico che poi porterà allo scoppio della rivoluzione francese, rappresenta il momento di apertura verso l’Europa che si avvia a essere completamente trasformata e modificata, con ideali democratici e anticonservatori e la volontà di porre fine ai governi monarchici. L’illuminismo trasformerà per sempre l'Europa. Perché si parla di cultura illuministica? Perché le riforme politiche, sociali ed economiche si sono basate in larga parte su questa nuova visione del mondo, quindi su teorizzazioni proprie della cultura illuministica, caratterizzata da un approccio razionale, da una fiducia quasi cieca nei confronti della ragione, dal bisogno di combattere e di opporsi al dogma, dalla necessità di approdare a un trionfo della ragione e a un credo smisurato dei confronti del progresso, della crescita sociale e di tutto il sistema che interessava in quel momento la Francia e che poi si propagherà in tutta l’Europa. Questo periodo fu caratterizzato da una notevole crescita demografica, per la scomparsa della peste, l'aumento dei presidi sanitari-igienici e la diminuzione delle carestie. Il neoclassicismo è lo stile della rivoluzione francese. Motivo comune a tutta l’arte neoclassica è la critica nei confronti dell’arte che l’ha preceduta: il Barocco e il Rococò, con la loro frivolezza, la sovrabbondanza di decorativismo e il trionfo del colore. Da un'arte che aveva il suo fulcro nell’immaginazione e nell’eccitazione che poteva stimolare negli spettatori, si passa alla rigidità, all'ordine, all’equilibrio e all’armonia. Gli artisti del tempo lo chiamavano il vero stile. Neoclassicismo è un termine coniato alla fine dell'Ottocento, per il legame che aveva con l’arte classica. In realtà, alla fine del Settecento, gli artisti parlavano di vero stile, uno stile che sentiva il bisogno di rapportarsi in maniera più concreta al vero, al reale, cioè abbandonare il dogma, la frivolezza, l’inconsistenza del Barocco e di tutti gli accorgimenti pittorici illusionistici utilizzati dagli artisti, che portarono all'esigenza di tornare alla concretezza e al vero. Questo si conforma perfettamente alla cultura illuminista: Diderot e D’Alembert, nell’Enciclopédie, miravano a trovare una risposta rigorosamente razionale alla definizione del mondo, dall’astronomia alla zoologia. L'approccio era razionalistico con un forte bisogno di verità, di concretezza che caratterizza l'approccio teorico e il pensiero filosofico del periodo e che trova un risvolto concreto nelle arti visive e nel lavoro degli artisti. Winckelmann è il grande teorico del Neoclassicismo. Giunse a Roma da Dresda nel 1755, avendo già scritto i Pensieri sull’imitazione delle opere greche nella pittura e nella scultura. Nel 1758 entrò al servizio del cardinale Albani come bibliotecario e curatore della sua collezione. Nel 1764 scrive la sua opera più importante, Storia dell’arte dell’antichità, dove considera la storia dell’arte antica come un processo in quattro fasi, ciascuno distinto da un proprio stile: Lo stile primitivo Lo stile grandioso, rappresentato da Fidia Lo stile bello (da Prassitele a Lisippo) ANNE Il lungo periodo dello stile dell’imitazione, perdurato fino alla caduta dell'impero pe Secondo W., per affermare i principi del “vero stile” occorre guardare all’antichità classica. “L’unico modo per diventare grandi è imitare gli antichi, perseguendo la nobile semplicità, la calma e la bellezza” Il riferimento ai classici è stato anche un riferimento di tipo etico, di tipo morale. Il mondo greco e romano diventa esempio al quale fare riferimento da un punto di vista delle virtù civili. Winckelmann sosteneva che il bello ideale fosse la natura emendata dai suoi difetti, bello raggiunto soprattutto dai greci. Il suo ragionamento, tuttavia, è astorico, nel senso che non considera l’arte classica come legata al suo momento storico unico e irripetibile, ma la tratta la tratta come un bello ideale applicabile e valido in qualunque periodo storico. Nel periodo illuminista, l’arte sente il bisogno di rivolgersi direttamente al mondo, spazzando via le richieste di meraviglia dei committenti, tipiche del barocco. Ricoprono un ruolo importante le scoperte di Ercolano (1719) e Pompei (1748). Scavi archeologici che avevano alimentato che questa passione per gli antichi, offrendo una quantità notevole di oggetti del periodo classico, che diedero modelli di riferimento per l'imitazione. Nella lettura di un'opera neoclassica bisogna tener conto di alcuni elementi che vanno oltre la semplice affermazione d’imitazione dello stile dei classici. Ci sono contenuti più complessi: il neoclassicismo prescrive un certo tipo di atteggiamento, anche morale, nei confronti dell’arte e consente agli artisti libertà d’interpretazione nonostante imponga delle categorie fisse e giuste da applicare rigidamente. caratterizzato da un disegno geometrico preciso: il portico serve per inquadrare la figura del padre che sta esattamente al centro della composizione e il punto di attrazione di tutte le direttrici sono le sue mani che tengono le spade; si formano diversi triangoli che hanno come vertice il suo pugno e sono richiamati anche dalla posizione solenne dei protagonisti. C'è un gioco di contrapposizioni e simmetrie tra la forza e il vigore degli Orazi e la mollezza delle donne piangenti, consapevoli della tragedia a cui vanno incontro. Nel dipinto c'è un'attenzione alla composizione in ogni singola parte, caratterizzata dal rigore geometrico che rompe completamente con i canoni barocchi. Il colore: | colori possiedono brillantezza e lucidità. David pone molta attenzione alla luce e alla chiarezza nella definizione dei colori, lontani da cangiantismi, da mescolanze complesse. Il colore è caratterizzato da definizioni pure: è steso a campiture ampie e regolari, caratterizzate da una resa volumetrica data dal chiaroscuro. C'è forte attenzione per i dettagli. Le donne hanno una luce più soffusa, mentre è più contrastata quella che ammanta gli uomini. Lo sfondo, in cui si vede un porticato utile a contestualizzare l'evento, è molto scuro, per dare risalto alla scena. Il tema etico: Il quadro è una committenza reale inteso come glorificazione della lealtà allo Stato e della fedeltà alla corona francese (e non alle autorità ecclesiastiche): trionfano tutte le tematiche che riguardano il patriottismo e la fedeltà alla patria, la voglia di liberare la Francia seguendo gli ideali democratici rappresentati dalla classe borghese e contrari al predominio della nobiltà e del clero, mettendo in risalto il clima prerivoluzionario della Francia dell’epoca. Gli Orazi daranno la vittoria a Roma, combattendo contro i Curiazi, gli Orazi che giurano fedeltà rappresentano la fedeltà ai valori francesi così importanti in quegli anni. | lineamenti dei tre fratelli sono tesi ed esprimono tutta la determinazione nella difesa di quei valori. Questa tensione trova contrasto nella mollezza delle donne. David è attivo nella politica perché è membro deputato dell'Assemblea Nazionale Costituente, cioè quella nata l'indomani della rivoluzione francese, nel 1789, chiamata a scrivere e porre le basi per la creazione di una nuova Costituzione. David lavorerà, combatterà e parteciperà alle azioni politiche finalizzate a creare la nuova costituzione, dopo la deposizione di del re Luigi XVI. Finì in carcere durante la reazione termidoriana, in cui lo stesso Robespierre fu ghigliottinato. Il fatto che David sia molto impegnato dal punto di vista politico lo racconta anche il celebre dipinto Il giuramento della pallacorda, 1791. L’opera va letta innanzitutto da un punto di vista contenutistico: David racconta un fatto a lui contemporaneo ed è in questo momento che la storia politica entra nella rappresentazione artistica, come farà poi anche Delacroix con La libertà che guida il popolo. Il giuramento della pallacorda avvenne nel 1787, quattro anni prima della rappresentazione di David: il Terzo stato si era proclamato Assemblea nazionale in Francia e il re ne aveva immediatamente impedito la riunione, facendo chiudere l’aula preposta alle riunioni dell'Assemblea. Così il Terzo stato reagisce riunendosi nella sala vicina, deputata al gioco della pallacorda, giurandosi fedeltà fino a quando la Francia non avesse avuto una costituzione repubblicana, coerente con gli ideali della rivoluzione. Quindi è un contenuto storico e politico. Stilisticamente ritroviamo le stesse caratteristiche del Giuramento degli Orazi. La morte di Marat, 1793. La potremmo vedere come il tributo all'uomo, Marat, che David considera come un martire della rivoluzione. Marat era un giacobino, accusato di essere il sanguinario della rivoluzione e fu ucciso a tradimento da una congiura dei girondini, gruppo rivoluzionario moderato che proveniva dalla regione francese della Gironda. La girondina Charlotte Corday lo uccise con l'inganno: convinta della colpa di Marat nella sconfitta dei girondini e degli eccessi nella guerra civile, lo fece chiamare con il pretesto di presentargli una supplica e, mentre Marat firmava il foglio di assenso alla sua richiesta, lo pugnalò a morte. Fu ghigliottinata 4 giorni dopo. Il dipinto è carico di una serie di elementi che ci riportano al fatto storico: Marat è all'interno del suo bagno perché gravissima malattia alla pelle che lo costringeva a stare ore all'interno della sua vasca, David lo rappresenta nella sua sofferenza intima e personale. Ha ancora in mano il foglio che stavo scrivendo con l'assenso alla supplica, il sangue gli esce dal petto, vicino alla clavicola. Il sangue intride anche il lenzuolo bianco dentro la vasca. Nell'altra mano tiene la penna con cui non ha potuto finire di scrivere. David non rappresenta il momento, invitando a una meditazione sul sacrificio di un eroe. Produce una muta testimonianza dell'infamia del delitto e della virtù dell’ucciso. C'è una certa attenzione ai dettagli: le venature del legno, i buchi dei chiodi, le parole e la data scritta nella lettera. Da questa presenza tangibile delle cose nella parte inferiore del dipinto, si passa al niente nella parte superiore, lo sfondo e nero e incombe, un nero di morte che condiziona fortemente lo spazio. È il passaggio dall'essere al non essere, dalle cose terrene a un’immaterialità che non può che risolversi in uno sfondo nero che sembra risucchiare il cadavere del protagonista. Lo spazio si definisce per il contrapporsi di linee orizzontali, come la vasca, e linee verticali, come le pieghe del lenzuolo bianco che vanno di pari passo al braccio di Marat. Il naso segue l'orizzonte del bordo della vasca e le sopracciglia le verticali della cassa e del braccio. La bocca traccia una direzione verticale immortalando l'ultima espressione dell'eroe che sembra accogliere la sua sorte, che forse aveva già immaginato. Nella casetta di legno la dedica di David a Marat. È un omaggio all'eroe della rivoluzione rappresentato nudo facendo riferimento alla rappresentazione dei grandi filosofi soprattutto dell'antica Grecia, in questo senso si parla di pietà laica. David unisce due estremi: il verismo della cosa vista e la costruzione calcolata nel modo più sapiente per tramutare l'orrore in sublime. c'è un rimando alla deposizione di Cristo di Caravaggio. Un riferimento stilistico a un artista che sposò non il filone del barocco vero e proprio, ma un discorso di classicismo e realismo che lo connotano in maniera universale definendo uno stile unico. È un modello seicentesco ma distante da tutta quella frivolezza barocco e rococò contro la quale neoclassici si oppongono. Il rimando è nel braccio penzolante con ancora l'ultimo soffio vitale, che spicca sul bianco. David fu influenzato anche la Raffaello. Anche qui troviamo i caratteri elencati prima: importanza del disegno, attenzione per la composizione, lucentezza del colore, chiaroscuro, campitura regolare e omogenea. Per campitura omogenea si intende l'utilizzo del colore per campiture intese come porzioni di riempimento della forma e dai contorni ben definiti che avvengono attraverso un sapiente mescolamento, una sapiente tecnica che approda alla resa volumetrica. Tutti questi elementi torneranno nel ‘900 quando si parlerà di ritorno all'ordine. David da un certo punto porrà la sua pittura al servizio di Napoleone, che eredità la portata rivoluzionaria del momento francese con un risvolto che poi incontrerà una direzione totalmente opposta a quella che gli ideali della rivoluzione avevano voluto, perché si assisterà a un ritorno a metodi conservatori e dispotici. Questo evidentemente cambierà le sorti dell'Europa, avviandoci verso una lotta al conservatorismo, dominio della nobiltà e del clero che si porterà avanti fino alla fine dell'800. Che cosa cambia ora nello stile di David? Davide propone degli effetti scenici sempre più grandiosi, coreografie spettacolari che enfatizzano la celebrazione del personaggio ritratto. Sebbene non neghi mai fino alla fine quelli che sono i principi del vero stile, c'è un intendo di celebrazione di esaltazione di Napoleone. In Bonaparte al Gran San Bernardo, 1801, cede leggermente all’influsso romantico, soprattutto nel cielo turbinoso. Napoleone ha il braccio teso verso l'orizzonte per guidare le sue truppe verso le Alpi: in terra vi è una roccia col suo nome, affiancato da quello di Annibale e Carlo Magno che lo accostano ai grandi della storia che valicarono le Alpi prima di lui. 5) conoscenza poetica, tutta la preparazione che sta dietro all'opera non fa perdere quell’idea di emozione, di spontaneità, di immediatezza con la quale poi Canova arriva al prodotto finale. La dice lunga anche il fatto che le sculture venissero alla fine. Canova prevedeva la colorazione di rosa, quindi tutto un lavoro e una procedura che avrebbe dovuto applicare colorando la scultura per rendere maggiormente quest'idea della mollezza delle carni soffici: una sorta di elemento emotivo e realistico che poi si combinava con questa soluzione di armonia, equilibrio ideale. Queste rappresentazioni assolutamente idilliache non devono essere per forza lette in termini di algida freddezza perché al contrario fanno emergere tutto l'impatto, tutta la forza emotiva; l'approccio dello scultore che va ben oltre la sterile rappresentazione di una composizione rigida, ferma, algida, che semplicemente ripropone il classico in maniera schematica. Il linguaggio è comunque sempre controllato dall’intelletto anche quando fornisce un'emozione come nel caso di queste sculture. Il gruppo Ercole e Lica (1795-1815) è ispirato a un mito narrato da vari autori greci e latini, fra cui Sofocle e Ovidio. Si narra che Lica consegnò a Ercole, su richiesta della gelosa moglie di quest’ultimo, Deianira, una veste impregnata del sangue velenoso del centauro Nesso; una volta indossata la tunica, Ercole iniziò a patire un dolore insopportabile e si vendicò con furiosa brutalità sul giovane innocente che gli aveva portato l’indumento. La scena, fortemente drammatica, mostra già il dispiegarsi preromantico di forze ingovernabili e turbamenti violenti: il sentimento prevale sulla ragione, il Sublime passionale sul Bello intellettuale. Ercole ha afferrato Lica per i capelli e una gamba ed è in procinto di scagliarlo nel mar Eubeo. Lo stile: | corpi disegnano due archi contrapposti e la figura di Lica, in secondo piano, nell’opporsi alla forza di Ercole, sviluppa una tensione non inferiore a quella dell'eroe: con la mano destra infatti si aggrappa alla criniera della pelle di leone ai piedi di Ercole, mentre con la sinistra si tiene stretto al bordo dell’altare. Anche il piede destro oppone resistenza a quell’impeto, avvolgendosi attorno al braccio dell’eroe. Di grande espressività sono i volti, sui quali si disegnano ira e terrore, non la solenne impassibilità dei modelli classici. Le tre grazie, 1812-1817, Canova condivide questo tema con Foscolo, che invece dedico alle Grazie un Inno. La configurazione è quasi a nicchia, le tre dee si abbracciano fra di loro, in diverse posizioni, ma i volti sono tutti colti di profilo, dando una maggiore impressione di movimento e trasporto. Le braccia sono perfettamente armoniose con il drappo, che svolge il ruolo di coprire dolcemente l’inguine delle tre Grazie, in maniera spontanea. La luce è liscia e morbida al punto da consentire trapassi di luce e ombra e il chiaroscuro nelle chiome, che dà gli effetti di uno sfumato pittorico. Per modellare i capelli usò un trapano, per levigare e dettagliare gli incarnati, tecnica che gli rimane dai suoi esordi barocchi e che ebbe la massima applicazione in Apollo e Dafne di Bernini. La grazia è intesa come armonia di forme leggiadre ed esaltazione della bellezza femminile. La morbidezza delle piegature è quasi tattile. Un altro aspetto importante della produzione di Canova riguarda i monumenti funebri. Il monumento a Clemente XIV (1783-1787) è una dimostrazione del superamento dell’influenza di Bernini, nella misura in cui l'artista abbandona completamente il modello funebre berniniano, quelle passionali figure barocche che riempivano e adornavano i monumenti funebri berniniani; approda invece a una soluzione vicina a stilemi neoclassici nella quale alle passionali figure barocche si sostituiscono l’Umiltà e la Temperanza accanto alla figura che celebra evidentemente il defunto. Emerge di nuovo, con la sua armonia, il “vero stile” che con Canova si oppone al barocco. Rifiuta quei panneggi tumultuosi tipici del Barocco, i marmi policromi, la ricca ornamentazione per approdare invece a una semplificazione nella descrizione, nella definizione della figura, ispirandosi agli ideali di Winckelmann, modello teorico di riferimento. Con quest'opera è come se rielaborasse criticamente Bernini, riducendo il movimentato pittorico ad uno schema rigido. Per Canova la morte non è più terribile, ma è un sonno in cui si acquietano i dolori, rassegnato, le continue trepidazioni della vita, che in fondo rispetto alla morte non sono niente. La morte non è più terrificante, non è più rappresentata in immagini paurose. Canova sviluppando il tema della morte riflette sul suo significato affettivo, quando essa unisce i familiari che piangono il defunto, e sul suo significato di istituto civile, di morte come modello, che tramanda eredità di esempi, di modelli da seguire: questo concetto ricorda quello che c'è dietro “La morte di Marat”, di Jacques Louis David. Un altro monumento importante è il monumento funebre a Maria Cristina d'Austria (1805), complessa non tanto da un punto di vista del dato stilistico che è assolutamente lineare, 5) comprensibile, di immediata ricezione, orientato anch'esso verso modelli di semplicità, di grandezza, equilibrio, armonia; ma da un punto di vista contenutistico si sposano e si incontrano due diverse concezioni della morte. Una è quella laica, l’altra è quella religiosa: laica perché è inevitabile il riferimento alle processioni funebri, a un’ideale classico di rituale che si approccia alla morte in senso laico; d'altra parte quella porta scura, quel misterioso cammino verso un aldilà che Canova ben esemplifica attraverso questo ingresso che pone al centro della piramide; allude ad a una complessità di significati che vanno dal cammino verso un misterioso aldilà sconosciuto, verso una dimensione altra, quella della morte intesa in senso religioso e cristiano. Ispirerà profondamente la poesia di Ugo Foscolo, che uscirà due anni dopo: la corrispondenza degli amorosi sensi di cui Foscolo parla nei Sepolcri che qua è esemplificata dall’importanza del monumento sepolcrale come luogo nel quale avviene, sempre secondo una concezione cristiana della morte. L'unità ideale tra vivi e morti, l'omaggio portato ai morti, quindi l’importanza che viene ad assumere il sepolcro, il monumento funebre come luogo nel quale la corrispondenza di amorosi sensi riguarda l'avvicinamento dei vivi che rendono omaggio ai morti ma in un senso cristiano e religioso, nella credenza dell’esistenza di un’altra vita, nell’esistenza di un aldilà che dà senso alle preghiere e al pellegrinaggio verso la tomba, al sepolcro. Anche la piramide, che domina la composizione, ha due significati: tomba e simbolo della morte e dell’oltretomba; separa lo spazio chiaro della vita dallo spazio buio della morte. L’effigie della defunta campeggia sopra l’ingresso della piramide, retta da un medaglione sostenuto da una figura femminile, la Fama. Le statue, invece, sono libere nello spazio e la presenza di età diverse sembra una riflessione di Canova sul destino che talvolta porta via prima le giovani vite dei vecchi a cui pesa continuare a vivere. Stilisticamente si può notare la compostezza nella resa dei panneggi, la straordinaria linearità e uno straordinario equilibrio che è proprio del verbo neoclassico e di cui Canova rappresenta l’acme. Le ceneri della defunta sono portate da un corteo che si alterna con un ritmo irregolare, ma con una sua armonia: la Virtù è sul gradino più alto ed è affiancata da due figure, regge un'urna con le ceneri della defunta. Segue la Carità, che incede con un vecchietto appoggiato ad un bastone. Un tappetto unisce fisicamente l'esterno (vita) con l'interno (morte) e tutti sono legati da una ghirlanda di fiori. Sempre di Boullé è il progetto per la casa delle guardie campestri: presenta la concezione dell’edificio come forma pura, quindi si arriva a un — ideale che consiste nell'uso delle ’forme Res geometriche pure, giustificate anche dalla funzionalità e dal controllo che permettevano. Non sarà mai realizzata. Progetto per il cenotafio di Newton, 1790 ugualmente concepito come forma pura, una sfera che non trovava quindi alcun’altra combinazione se non quello di bastare a sé stessa come forma razionale pura. L’idea di sfera è quella della forma chiusa e perfetta, universo nell’universo, fulcro rispetto ad un orizzonte circolare e infinito. Consiste in una sfera enorme che si eleva su una struttura circolare, esternamente circondata, a diversi livelli, da file di alberi. L’interno della sfera, completamente « cava, avrebbe dovuto ospitare il solo sarcofago di Newton e una gigantesca lampada in figura di astrolabio sospesa nella calotta della volta, che di notte avrebbe irradiato una grande luce, attraverso delle aperture che avrebbero dato degli effetti suggestivi. La maestosità di spazi e volumi caratterizza il lavoro di questi due architetti all'avanguardia, architetti della rivoluzione come lo fu David per la pittura. Una loro caratteristica peculiare è il tipo di progettazione: non più per piante e sezioni, ma per entità volumetriche. Il neoclassicismo architettonico ha avuto in tutta Europa mille differenti declinazioni, in Italia oltre Piranesi, vale la pena citare Giuseppe Pier Marini. Umbro, si trasferì a Milano contribuendo a trasformare la città in uno dei maggiori centri neoclassici. Nel Palazzo Belgioioso (1772-1778, Milano) compone una facciata che ricorda quella della Reggia di Caserta e che vediamo scandita da un ordine di lesene con le quattro colonne sormontate da timpano che inquadrano poi il corpo centrale. Ricorda bugnato classico e una composizione che di nuovo si distanzia dalla tradizione barocca e quindi si pone come punto di superamento del precedente momento storico. a (2) \L/ Gli edifici di Piermarini in Italia più importanti, a parte Palazzo Belgioioso, sono la Villa Reale a Roma nella quale si leggono gli stessi identici elementi di simmetria, di ordine compositivo, di chiarezza e di linearismo. Il suo lavoro più famoso è forse uno dei teatri più famosi al mondo, cioè il Teatro alla Scala di Milano, 1776-1778 con o l’ordine bugnato nella parte inferiore e un ordine scandito da coppie di lesene ai lati e di colonne al centro, anche in questo caso sormontate da timpano; un’architettura in perfetto stile classico rappresentativo della declinazione dell’architettura neoclassica in Italia. Le semplici strutture classiche e le lesene sono fatte risaltare dalla tonalità calda in giallo. Fra i fattori più imitati dell’edificio, il portico per l’arrivo e la partenza delle carrozze e per il riparo dalle intemperie; la terrazza; lo spazio semicircolare (emiciclo) con gli ordini dei palchi sovrapposti, dall’acustica assolutamente perfetta. L'ordine bugnato del piano inferiore e le semplici strutture classiche vengono fatte risaltare grazie al colore giallo dalla tonalità calda. Siamo distanti dalle forme pure di Boullée, da quell’idealizzazione di forma razionale geometrica pura priva di contaminazioni, ma siamo comunque distanti dai modelli barocchi, in particolare per il classicismo della facciata, che imposta un discorso di ordine, simmetria, equilibrio che rimandano appunto all'esempio classico. Gravemente danneggiato durante l’ultima guerra il teatro venne ricostruito così com'era, ritrovando anche l’acustica perfetta. In realtà sia la villa di Monza che il Palazzo Belgioioso hanno all’interno una pianta aperta che rimanda a modelli barocchi, il passaggio e il superamento del barocco è lento e graduale, però l'elemento che balza all'occhio e definisce l’edificio, la facciata, è eminentemente classico. Questa è la villa reale di Monza (1776-1780) edificata per volontà dell'arciduca Ferdinando d'Austria, quale visibile emblema della nuova corte del nuovo governo. L'architetto in questo caso si ispira prototipi barocchi nell'adozione di una pianta aperta, articolata, che favorisce un organico rapporto con la natura circostante. Il corpo centrale dell'edificio si protende in una serie di corpi laterali disposti a U; sul lato opposto si estende l'immenso parco, in cui compare, per la prima volta in Lombardia, un esempio di sistemazione paesistica, di giardino all'inglese.
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