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Introduzione alla letteratura - Brioschi, Di Girolamo, Fusillo, Dispense di Letterature comparate

Riassunto dei capitoli del Manuale di Introduzione alla Letteratura con annessi appunti

Tipologia: Dispense

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Caricato il 03/11/2020

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Scarica Introduzione alla letteratura - Brioschi, Di Girolamo, Fusillo e più Dispense in PDF di Letterature comparate solo su Docsity! INTRODUZIONE ALLA LETTERATURA (Fusillo, Brioschi, Di Girolamo) Capitolo 1: L’ISTITUZIONE LETTERARIA La comunicazione letteraria La letteratura si presenta apparentemente come un insieme-corpus di testi, ma in realtà una delle principali funzioni della sua teoria è distinguere i testi letterari dai non. Molti testi a cui ci si accosta sono frutto di traduzioni che si discostano dall’originale, la classificazione dei vari testi può variare molto nel tempo. Da questo punto di vista si può trovare un’analogia con la scienza in quanto un insieme di teorie elaborate dalla comunità scientifica. In realtà la letteratura è una forma istituzionalizzata di comunicazione e simbolizzazione, suddivisa in diversi sottogruppi o generi. Purché un testo sia letterario, bisogna che sia oggetto di un certo comportamento detto abito di attesa, dunque la letteratura è una collezione di “opere”, proposte da un autore per un destinatario collettivo. Le opere non si presentano come un discorso di consumo, ma riuso in quanto, secondo Lausberg, tratta un discorso che mantiene la sua “usabilità” per ogni situazione tipica che si presenta nel tempo, costituendo quindi uno strumento sociale. La comunità letteraria, dunque, è un insieme di figure che intervengono nella scrittura e rende la letteratura una forma istituzionalizzata di comunicazione e simbolizzazione. Le figure principali sono l’autore, il lettore, il critico, l’editore, il traduttore, il commentatore e il docente. I luoghi istituzionali fanno sì che il testo viva nel tempo e diventi opera. Differenze tra comunità scientifica e letteraria: La nozione di comunità letteraria rimanda a quella scientifica analizzata da Kuhn (1962): entrambe risolvono i problemi secondo le sue teorie dei Paradigmi, che in relazione a determinate teorie e valori individuano i problemi da affrontare nella ricerca e selezionano i membri della comunità. Comunità scientifica Comunità letteraria Pubblico (competenza passiva) Alti membri della comunità scientifica Competenza passiva più diffusamente acquisibile Autore (competenza attiva) Alto membro della comunità scientifica Pochi autori *nella comunità scientifica non c’è una distinzione netta tra autori e pubblico *nella comunità letteraria bisogna tenere presente delle mediazioni svolte da editori e critici Schema di Jacobson In tutte le comunicazioni abbiamo il messaggio di un mittente destinato ad un ricevente attraverso il canale orale (con medium differenti). Per ricevere il messaggio è necessario un codice, cioè la lingua italiana. Tutti noi attribuiamo un significato al messaggio ricevuto e facciamo riferimento alla situazione (referente). L’accento usato su una delle pluralità di questa rete cambia la funzione del messaggio: - EMOTIVA: si parla della situazione del destinatario; - FATICA: ci si assicura che il canale funzioni; - CORATIVA: ci si concentra sulla situazione relativa al ricevente; - METALINGUISTICA: si parla della propria lingua (linguaggio che parla del linguaggio stesso). A sua volta, essa è suddivisa in METARIFLESSIVA e METALETTERARIA (di 2°grado, trova applicazione della letteratura ed è vista come un mezzo per parlare del mezzo stesso); - REFERENZIALE: si parla della situazione relativa al mittente; - POETICA: particolare accento sul messaggio. La letteratura punta in particolare sulla funzione poetica e sulla sua forma. La comunicazione letteraria avviene chiaramente in un contesto sociale diverso da quella generale. I fattori della comunicazione letteraria sono: mittente, destinatario, messaggio, contesto, contatto per la trasmissione del messaggio, codice comune a mittente e destinatario. È importante considerare la situazione comunicativa all’interno del quale il testo si colloca: se considero solo la comunicazione linguistica tale atto è improvvisato in un momento e non è destinato ad essere ripetuto, invece se considero la comunicazione letteraria ciò presuppone un’istituzione letteraria durevole nel tempo, implica circostanza di realtà lontane. 1 Autore L’autore è il fautore della creazione del libro e del messaggio da comunicare, come analogamente lo scienziato, ma ha bisogno del pubblico e dell’editoria per definirsi tale: ciò che ci spinge a decifrare il suo messaggio può essere la curiosità per l’esperienza umana che egli ispira. La sua figura ha subito vari cambiamenti nel corso dei secoli, ad esempio la firma dell’autore, parte integrante dell’opera, si ha solo a partire dal Romanticismo quando l’autore fa esplicito riferimento a sé stesso e alla sua individualità come al “vero” contenuto della comunicazione letteraria. Ciò perché il Romanticismo teorizza la figura del “genio” cioè un autore portavoce inconsapevole del popolo nazione (Volk), che si distingue dalla norma grazie al suo stile. Nel Novecento invece, lo strutturalismo e la scrittura automatica dei surrealisti parlano della “morte dell’autore”, in quanto esso si cela dietro a pseudonimi, controfigure, oppure ricorre direttamente all’anonimato. L’autore per creare attinge dall’inconscio e viene distinto su differenti piani: - piano teorico: distinguere l’autore in quanto soggetto empirico (persona vera e propria) dall’immagine che l’opera ci trasmette di lui, cioè coincide con l’“autore implicito ” che a volte coincide con il narratore esterno e a volte con quello interno (Manzoni); - piano critico (critica psicoanalitica): distinguere il “contenuto manifesto”, ciò che l’autore fa volontariamente ed intenzionalmente, dal “contenuto latente”, ciò che l’autore fa inconsapevolmente ed inavvertitamente. Per questo motivo. La dialettica tra contenuto manifesto e latente viene studiata da Orlando. Secondo quest’ultimo, egli è dunque un individuo psicologico, ma anche un individuo sociale in quanto appartiene ad un gruppo professionale specifico Allo stesso tempo, Benjamin lo vede come un “produttore” sia pure sui generi, in quanto ciò che scrive dipende da ciò che vive, così come Goldmann afferma che i veri creatori dell’opera letteraria sono i gruppi collettivi all’interno dei quali essa nasce, dando uno stampo della sociologia letteraria. Addirittura secondo Racine, spetterà alle classi emergenti del periodo, pervase dal nazionalismo, elaborare una nuova “coscienza dialettica”. La figura dell’autore risente delle figure professionali: nell’antichità la narrazione dell’autore era affidata a mediatori appartenenti a ceti umili (poeta cortigiano, artista) senza conoscenze letterarie vere e proprie in quanto il solo lavoro d’autore non era abbastanza per sopravvivere. Ancora oggi, egli si avvale dei diritti d’autore per continuare con altri lavori. Il patto autobiografico, che si occupava di verificare la veridicità dei dati della vita dell’autore, è superato ormai per dare spazio all’apofiction, la quale mischia elementi di finzione. Distinzioni per l’autore secondo Gramsci: Gramsci attenzionerà come le attività dei gruppi collettivi si pongono all’interno del sistema dei rapporti sociali: non definisce l’autore in base alla sua attività, ma alla sua funzione, vedendolo come una figura di mediazione. Si distingue quindi: - intellettuale organico: è l’intellettuale che si viene a creare con la nascita di una nuova organizzazione (es. nell’età industriale gli intellettuali organici sono i tecnici, gli impiegati, i dirigenti di fabbrica…) - intellettuale tradizionale: è l’intellettuale che organizza il consenso intorno alla classe che aspira ad esercitare n’egemonia (es: la Chiesa) - Intellettuale soggetto al Cosmopolitismo: in Italia, da dopo il Rinascimento, secondo Gramsci l’intellettuale italiano è frequentemente indotto a emigrare e a porsi al servizio di corti straniere, accentuando così i tratti internazionalistici della sua cultura, alienandosi (distaccandosi) dalla vita nazionale. Editoria e pubblico La nascita del libro e del commercio librario risale al mondo antico a partire dall’Egitto alla penna della Grecia, la cui letteratura è aperta a tutti. La cultura si affida ancora alla comunicazione orale fino al 5 secolo a.C., dove inizia la civiltà del libro: è l’autore stesso a mettere in circolazione la sua opera, che sarà prodotto poi nelle botteghe dei copisti in epoca romana. Con il cristianesimo si passa dal rotolo al codice, costituito da pagine di pergamena. Tra il XI e il XII secolo rinasce il commercio librario per la borghesia. Nei primi anni del ‘500 la stampa diventa un’impresa di tipo industriale; si ha la definitiva separazione tra libro dotto e libro popolare. Tra ‘700 e ‘800 con le grandi rivoluzioni borghesi e la diffusione del libro nasce l’editoria moderna, che non ha più un pubblico alto come protagonista. Con essa la gerarchia dei generi è sconvolta poiché trionfa il romanzo; spicca la “popolarità” con il termine “popolo” inteso come l’articolato universo dei ceti medi e superiori (un pubblico operoso e vasto), cambia la situazione dell’autore che diventa un vero e proprio soggetto economico. L’editore moderno diventa un fattore giuridico: lo scrittore affida la sua opera ad un editore in cambio di una percentuale (diritti di autore). Altre svolte: rivoluzione del tascabile, sviluppi delle comunicazioni audio-visive, nuove prospettive aperte da internet, nuovi generi letterari (es. romanzo “ipertestuale”). L’industria culturale ha lo scopo di far giungere l’opera al lettore, il pubblico detiene un potere sovrano all’interno della letteratura, perché senza esso la letteratura non ha motivo d’esistere. Il pubblico viene studiato dalla sociologia della letteratura, dalla stilistica, dalla psicologia della fruizione letteraria ed è solo dall’incontro tra autore e destinatario che l’opera potrà andare oltre un semplice il semplice supporto materiale che è il testo. 2 codice, che può avvenire tra registri di una stessa lingua e differenzia dunque gli stili. Il termine stile, secondo Hymes, non è altro che la scelta tra alternative di registri a seconda di uno scopo comune, per il qualsiasi contesto: si parla di stili collettivi, ma persino lo stile individuale è una scelta tra stili superindividuali. Quindi, quando si parla o si scrive si opera continuamente una scelta tra codici, sottocodici varietà, registri, stili, “lingue speciali” (ambito lavorativo). I registri e gli stili formano il genere del discorso, ovvero le categorie testuali (orali e scritte) che hanno caratteristiche formali tradizionalmente riconosciute. Ogni testo letterario implica scelte modificabili da parte dello scrivente/parlante: si parla di tipologia testuale quando ci si riferisce ai generi letterari. I generi letterari: Il genere letterario (dal latino generis: nascita) può essere definito come una serie di rapporti, convenzionalmente fissati, tra il piano dell’espressione e quello del contenuto: è dalla forma dell’espressione che si associa il contenuto della materia. In generale, esso è l’insieme delle caratteristiche fonemiche, morfemiche, sintattiche e semantiche che categorizzano un testo in uno specifico insieme. Tali rapporti sono storicizzati (variano nel tempo) e definiti da “regole” che possono essere o meno codificate dalla trattatistica. Il nodo tra contenuto e forma dipende dal nostro “orizzonte d’attesa”, cioè da quello che ci si aspetta dal genere che lo definisce. Secondo la Logica di Aristotele, il genere è la categoria generale sotto la quale stanno diverse specie. Quest’ultimo diviene utile sul piano descrittivo, perché cambiando alcuni aspetti del genere, ad esempio da una combinazione di due o più generi letterari, si crea un’innovazione letteraria detta commistione. E’ qui che si comincia a parlare di estetica di ricezione, in cui si punta all’attenzione del pubblico. I generi ci appaiono organizzati in strutture gerarchiche tra macrogeneri e sottogeneri. Il ‘900 prevede una codificazione debole perché caratterizzato da una forte commistione tra antico e nuovo, che ha dato vita alla contemporaneità, come dimostrato da Pasolini, che rinnovò la tradizione creando un dissidio tra forma e contenuto. Il nuovo, in letteratura, nasce quindi aggiungendo\sottraendo o combinando qualcosa da generi già definiti: la poesia comprende la lirica (poesia lirica -> lirica cortese) che a sua volta comprende la canzone. Grammatica e stile La grammatica fissa le regole sintattiche di combinazione tra i simboli di una lingua e assegna a tali simboli significati denotativi. Ciò permette di decifrare-decodificare un testo. Secondo Chomsky e Saussure, due studiosi della pragmatica della comunicazione e della linguistica testuale contemporanea, il messaggio di un testo può essere analizzato come “atto locutivo” (in termini di grammatica) o come “atto illocutivo” (quando il messaggio mira ad un effetto). Lo stile è stato sempre inteso, dalla retorica classica fino all’epoca moderna, come l’adeguazione a norme pubbliche e tradizionali, quindi come l’aspetto che mette più in contatto le riflessioni linguistiche della letteratura; oltre ad alto e basso, esso poteva essere umile, mediocre o grave. Esso ha a che fare con la scrittura: Leo Spitzer categorizzò lo “scarto della norma classica” da un punto di vista grammaticale: ogni autore preromantico preferiva adattarsi alle convenzioni senza innovarsi mentre lui, col suo linguaggio pratico, rendeva evidente il contrasto coi classicismi passati. Per questo motivo, le poetiche romantiche definiscono lo stile come valore attraverso cui si manifesta la creatività personale dello scrittore; si punta molto sull’individualità irripetibile delle singole realizzazioni: è possibile riconoscere un autore solo grazie alla personale metrica adottata. Di conseguenza, la scelta di un’alternativa in contrapposizione all’ideale dominante può essere considerata come uno scarto. Lo stile come insieme di norme secolari viene consapevolmente violato dalle avanguardie del 1900, movimenti a favore di nuovi modi espressivi, con la nascita del verso libero. Conseguenzialmente, lo stile diviene una strategia discorsiva e retorica grazie alla quale i testi acquisiscono densità e coerenza. La dinamica e l’alternarsi tra antico e nuovo, in ogni caso, sono connaturali alla letteratura, come dimostrato da Pasolini che recuperò la terzina dantesca nei suoi poemetti. Sul piano analitico, si parla di fenomenologia degli stili secondo la teoria di Auerbach: egli introduce il principio della divisione degli stili, secondo cui la realtà quotidiana e pratica deve essere introdotta in letteratura con uno stile umile \ medio o grottesco. A questa idea si contrappone il realismo moderno (Stendhal, Balzac) nel quale si fa oggetto di rappresentazione seria\problematica o tragica persone comune della vita quotidiana e mondana. Antecedente al realismo moderno, vi è il realismo medievale, rimandante più ad una concezione spirituale che realistica della vita, il quale si caratterizza per la presenza della figura, secondo cui un fatto che accade sulla terra ne preannuncia o ripete un altro; la connessione tra gli elementi è considerata come unità dentro il piano divino, in cui tutti gli avvenimenti sono membri e immagini riflesse. In contrapposizione al realismo moderno invece si pone Bachtin, secondo una prospettiva ontologica, fondando le categorie carnevalesche. Il suo ideale si basa sul carnevale, fenomeno antropologico-sociale, una “festa” che consente la liberazione dalle tensioni accumulate in vista del ritorno alle gerarchie preesistenti, all’interno del quale è abolito l’ordinamento gerarchico; la carnevalizzazione della letteratura si riflette nel romanzo dotato di “dialogicità”, pluralità, disparità e che permette di intensificare la vita del testo. Dunque, con Bachtin si ha un forte importanza alla cultura popolare legata alla rivendicazione del basso, del popolo e della vita elementare. Entrambi i modelli sono giustificati dal 5 nesso creato tra il dato individuale e le categorie formali. Con l’avvento del Romanticismo, si assistette ad una storicizzazione dei generi fino al positivismo, in cui si assistette ad una rivoluzione quasi in senso biologico. Il vero recupero della dimensione empirica si ebbe nel ‘900. Esecuzione, destinazione, progetto Oralità e scrittura La storia della poesia e della letteratura comincia con la poesia orale, finalizzata inizialmente solo a rimanere orale. Lo specialista Lord definisce la poesia orale come “poesia composta nell’esecuzione da persone che non sanno né leggere né scrivere”: ogni poeta utilizzava una tecnica di improvvisazione attraverso “formule” chiamate sintagmi. Secondo Lord altre caratteristiche della poesia orale sono: - Parallelismo: ovvero la ripetizione o la corrispondenza di una stessa costruzione sintattica. Il parallelismo può essere: ritmico (uso delle rime) e fonico: (uso di ripetizioni di suoni come le allitterazioni) - Paratassi: ampio uso della coordinazione. È una pratica molto rara ed eccezionale, a differenza della comune ipotassi basata sulla subordinazione, in quanto verso e frase si controllano a vicenda e ognuno di essi termina con un punto. Poiché il momento della composizione coincide con quello dell’esecuzione si avranno tante “varianti” di uno stesso testo quante sono le esecuzioni. I rapporti tra oralità e scrittura sono definiti anche dal tipo di pubblico e dalla sua cultura. Tale teoria di Lord, presa dal maestro Parry, si riferisce soprattutto ai poemi omerici ricchi di epiteti o sintagmi a cui ricorrono più volte. Secondo Lord la poesia orale è destinata a scomparire, perché la scrittura di oggi è più portata sulla registrazione attraverso supporti elettronici. Alcune correzioni alla teoria di Lord furono portate da Finnegan il quale rivaluta il concetto di memorizzazione e i continui interscambi presenti tra poesia orale e scritta, che possono essere: - doppia forma di esistenza (orale poi scritto, scritto poi orale, orale e scritto…), - esistenza di redazioni o “varianti” caratterizzate da “topoi” (luoghi comuni) e da improvvisazione “a soggetto” nel caso di mancanza di memorizzazione dell’originale. Zumthor (1983) si differenzia da Lord e dona un ruolo nuovo all’oralità, invitando a cogliere il continuum esistente tra le varie forme di espressione artistica. Secondo l’autore grazie alla nascita dei nuovi mezzi di comunicazione la dimensione orale tornerebbe fondamentale nella civiltà della scrittura. Egli distingue: - oralità primaria\pura , che non ha avuto contatto con la “scrittura”; - oralità coesistente con la scrittura che può essere mista (lo scritto non influenza l’oralità) o secondaria (l’oralità si ricompone a partire dalla scrittura) La poetica di Aristotele: la tragedia Petrarca afferma che la letteratura è un’istituzione che permane nei secoli identica a sé stessa: fino all’Ottocento si pensa che l’opera abbia una sua intima verità basata su leggi innate della letteratura e che le regole dell’arte riflettessero il modo di essere della natura. L’arte della poetica fu definita per eccellenza dal trattato di Aristotele: egli si limita a fotografare/osservare la concezione della poesia nel suo tempo basandosi sui testi a disposizione, con un atteggiamento che univa la prospettiva normativa alla descrittiva. Osservando, egli descrisse i 4 generi fondamentali: la Tragedia, Commedia, l’Epica e la Lirica. Nel corso del Rinascimento, la ripresa di forme e stili esemplari è un'istituzione letteraria. L'imitatio si propone di restaurare la pienezza artistica degli antichi. Il poeta imitatore esprime la sua volontà di inserirsi in una tradizione che giustifichi la sua scrittura. Imitatio e progresso non si escludono a vicenda ma vanno a coincidere. L'imitazione è un duplice procedimento: da una parte a legittima il testo, dall'altra riconosce autorità di classico al poeta. Ma l'imitatio rappresenta anche il trionfo dell'ars sulla natura, della tecnica sulle disposizioni innate. Con la definizione dei generi letterari, la letteratura si organizza a sistema e fonda i tipi di scrittura su convenzionali distinzioni: l'epica, la tragedia, la commedia. La teoria dei generi ha nella Poetica di Aristotele un archetipo ideale. L'Ars poetica di Orazio, pur considerata, era sentita generica. D'altra parte, sarebbe un errore dire che la teoria dei generi sia discesa dal trattato aristotelico, semmai è il contrario: l'aristotelismo conferisce una legittimazione assoluta ai testi della modernità. Il nome di Aristotele dà all'impresa di sistemazione il suggello del prestigio e dell'autorictas. L'atto di nascita vero di una teoria dei generi su basi aristoteliche è di Giovambattista Giraldi Cinzio con Discorso ovvero Lettera intorno al comporre delle commedie e delle tragedie (1543). La definizione dei generi non è astratta, ma tiene conto del contemporaneo stato della produzione. L’arte è vista come l’imitazione delle azioni umane, suddivisa in mimesis (discorso diretto), a sua volta suddivisa in mimesi dei suoni e delle immagini; e dietisis (romanzo). Tra le due, la prima è più pericolosa perché illude la struttura della nostra percezione. Con la rivoluzione illuministica e romantica, cambia la concezione della natura grazie a Leopardi, che la concepisce inizialmente come spontanea vitalità e impulso creativo, la vera salvezza e felicità (come descritto in Natura Selvaggia); l’uomo moderno è prigioniero della civiltà, per poi vederla come matrigna. Saranno proprio queste contraddizioni a distinguere la letteratura moderna da quella classica: fu la prima frattura tra antico e nuovo. 6 Ma anche le avanguardie letterarie e artistiche saranno piene di contraddizioni lottando contro ciò che vi è di tradizionale (es. rapporto conflittuale con il pubblico accompagnato da un’esplicita spettacolarizzazione dell’atto creativo) e a dare enfasi all’individualismo. Tali contraddizioni scaturiscono da un disagio “sociologico” che investe i ceti intellettuali, questo disagio nasce di fronte alle gigantesche trasformazioni e innovazioni dovute al progresso mondo moderno: si scontrano col pubblico ma ne hanno bisogno. Con il postmodernismo (periodo successivo alle avanguardie) il concetto di avanguardia viene inglobato in quello di sperimentazione presente soprattutto nelle letterature postcoloniali (mischiano tradizione occidentale e autoctona). Si ha così una minor distinzione tra letteratura alta e bassa e un recupero della tradizione. Letteratura e paraletteratura: Un’opera si modella in modo differente a seconda di vari fattori: il rispetto o no della tradizione, la modalità di esecuzione e il pubblico a cui si rivolge. La letteratura è rimasta per secoli un fatto di élite: con la regolarizzazione delle opere intorno ad uno standard definito si era creata una cerchia di “detentori del gusto” che sancivano ciò che più o meno doveva considerarsi letterario o meno. Tra tutte le opere alcune venivano escluse e non definite (es: tradizioni, folklore ecc..) perciò queste continuavano a sopravvivere denominate come letteratura marginale (es: i pupi, le favole, teatro ecc..) Tra le opere marginali ve ne erano alcune capaci di unificare il pubblico letterario, queste opere intrecciavano in sé la funzionalità estetica e quella extraestetica (morale, pedagogica…). Alla fine dell’Ottocento, a seguito dell’editoria moderna, si sviluppa anche ha la “letteratura inferiore” destinata ai ceti piccolo-borghesi e la “letteratura popolare” che assume le caratteristiche di vera e propria letteratura di massa (la società di massa è caratterizzata dall’omogeneità dei comportamenti e dalla differenziazione dinamica dei gruppi e delle funzioni) Le differenze del pubblico si manifestano nella capacità o incapacità di accedere ad opere “superiori”: le opere infatti richiedono un certo livello di competenza ai loro lettori e la democrazia culturale vuole che tutti abbiano gli strumenti per compiere liberamente le proprie scelte riguardo ad una o ad un’altra opera. Per questo motivo, si ha la contaminazione tra generi alti e di consumo, tra letteratura e paraletteratura (lettura di consumo). La retorica Retorica e logica La logica è un metodo per stabilire formalmente se una deduzione è valida (si opera secondo il sillogismo classico: tutti gli uomini sono mortali, e se Socrate è un uomo, allora Socrate è mortale). Anche se tutte le proposizioni che compongono il sillogismo fossero false il sillogismo sarebbe valido purché la conclusione derivasse logicamente dalle premesse. La retorica è differente dalla logica: essa ha a che fare con l’argomentazione ed è l’arte del persuadere. Nell’argomentazione si fanno scelte non in base a ordini logici ma in base all’adesione a certi valori, obiettivi ecc.. che saranno più o meno efficaci in un dato momento. Ogni volta che una conclusione non deriva quindi da ragionamenti logici noi possiamo persuadere l’interlocutore solo facendo leva sui valori che presumibilmente egli ritiene giusti. L’argomentazione si rivolge quindi ad un pubblico reale e circoscritto, definito dalle circostanze in cui ha luogo la comunicazione (≠ è la logica che ha un linguaggio universale). Il ruolo importante dell’argomentazione è stato sottolineato anche dall’epistemologia contemporanea: è importante studiare l’argomentazione per una migliore comprensione di ciò che si comunica o che viene comunicato. Nel campo letterario la retorica e la critica letteraria appartengono al campo dell’argomentazione e non a quello della dimostrazione logica. Capitolo 3 I MODI DELLA POESIA A cosa serve la poesia? La poesia ( dal latino “poesis”, fare) è classificata come un modo e non un genere poiché non può categorizzarsi sotto una specifica tipologia: è più un macrogenere che mischia varie forme, contenuti, elementi culturali ed un immaginario provenienti dal passato. E’ importante distinguere la poesia dal poema, che ha bisogno di essere storicizzato e definito in un determinato campo. Secondo Fraye (1965) il genere che si avvicina più all’espressione umana è quello poetico. Quando parliamo di regole metriche della poesia infatti non dobbiamo però pensare a qualcosa di oggettivo poiché la dimensione metrica può essere presente anche in un testo in prosa: sta al lettore essere in grado di decodificare la metrica (teoria della pratica della versificazione). Secondo Maria Corti, anche la prosa artistica sarebbe in grado di dare la stessa enfasi di una poesia: la conoscenza linguistica va di pari passo con quella metrica. Quindi un testo prende vita sia per la metrica che per l’intervento del lettore, se il lettore non è in grado di decodificare la metrica si rischia di perdere gran parte del messaggio 7 I versi possono essere classificati in base alla censura in: - Versi senza Cesura: Si tratta di quei versi brevi o semplici che non necessitano di incisioni rilevanti demandando la funzione di cesura al confine tra verso e verso. Esempi di versi senza cesura: Bisillabi, Trisillabi, Quadrisillabo, Quinario, Settenario, Ottonario, Novenario e Decasillabo. - Versi a Cesura mobile: In italiano abbiamo un solo verso con cesura mobile, ed è l'endecasillabo. - Versi a Cesura Fissa: Si tratta di quei versi la cui incisione è posta sempre nella stessa posizione ritmica, dividendo il verso in due emistichi la cui struttura è fissa: è il caso del pentametro dattilico, formato da due emistichi sempre separati da cesura. Nella versificazione italiana hanno cesura fissa i versi doppi, o accoppiati. La produzione poetica in lingua italiana documenta doppi quinari, doppi senari, doppi settenari, doppi ottonari e doppi novenari. All'infuori del doppio settenario tali versi ebbero fortuna principalmente nel XIX secolo. Il settenario doppio era invece noto nel medioevo come Alessandrino, ed è documentato dal Contrasto di Cielo d'Alcamo. Con la seconda metà del XIII secolo smise però di essere usato in favore dell'endecasillabo. Sistemi non isosillabici Fin ora abbiamo parlato di sistemi ISOSILLABICI ovvero quei sistemi in cui ricorre un regolare numero di sillabe metriche (es: in una poesia uso tutti settenari). Ora affrontiamo casi non isosillabici: - Anisosillabismo: disuguaglianza nel numero delle sillabe in versi della stessa natura. Questo è tipico della metrica religiosa (es: le laude) e della poesia castigliana. Tipici esponenti della fine dell’800 furono Pascoli e Gozzano. - Metrica Barbara : La metrica barbara consiste nell'insieme degli schemi predisposti nel tentativo di imitare la metrica classica servendosi di lingue (per esempio, lingue romanze o germaniche) che hanno normalmente una metrica di tipo accentuativo. Il fondatore della metrica Barbara fu Carducci il quale creò il pentametro e l’esametro. Il verso libero: Si afferma a fine 1800. Sotto questa classificazione si comprendono tutti i versi che non rispondono all’isosillabismo ottocentesco né alla metrica barbara. Si possono distinguere diverse tipologie di verso libero: - POLIMETRIA: diversi tipi di versi che succedono senza regolarità. - ANISOSILLABISMO: disuguaglianza nel numero delle sillabe in versi dello stesso tipo (es: aggiungo una sillaba). - RIADATTAMENTO DELLA METRICA BARBARA: es montale che riutilizza esametri tipici di Carducci. - VERSO ACCENTUATIVO: misura scandita da 4 accenti che non sono ictus ma gli accenti primari delle parole. - VERSO-FRASE: il verso è variabile per estensione, numero di sillabe, ictus e accenti e coincide con la frase. - VERSO LINEARE: verso affidato completamente alla linea tipografica (spazi bianchi) poiché non hanno schema metrico (Es: Montale). - VERSO ATONALE: verso che s i basa sulla dizione, quindi costruito a misura di respiro. Significati e significanti La rima E’ definita come la bandiera della poesia: è un accidente fonetico che crea luogo alla ripetizione di certe sequenze a seconda della combinazione tra i vari fonemi di una lingua: può esistere in ogni lingua ma non allo stesso modo. E’ l’elemento centrale della versificazione, tanto che in epoca medievale aveva quasi lo stesso significato di poesia: nel medioevo per rima si intendeva l’uscita del verso con la stessa vocale (homeoteuleton) tipicamente di origine francese meridionale. La rima vera e propria nasce nel XI secolo e la rima della poesia moderna è dovuta alle sperimentazioni medievali dei latini. Essa ha varie funzioni: - La rima demarca il verso segnandone la fine - Un cambiamento di rima demarca un inizio nuovo - Accentua con la ripetizione fonica la parola finale della linea, evidenziata dall’ultimo ictus Può capitare che vi siano delle incongruenze foniche con le figure metriche (la dieresi rallenta il verso), ma è dimostrato come la rima stabilisca comunque un rapporto di significanti (allitterazioni, figure metriche e ritmiche) indipendentemente dai significati, come ad esempio quando Dante fa rimare tristo con Cristo e malacquisto. Tipi di rima e forme strofiche Rima franta: una parola rima con l'insieme di due o più parole. Es. oncia / non ci ha Derivativa: tra due parole che hanno omogeneità etimologica. Es. guardi / sguardi Cara: usa parole rare, insolite o straniere. Es. bovindo / tamarindo Equivoca: fra parole omofone. Es. campo (terreno) / campo (verbo campare) Grammaticale o desinenziale: ha identità di desinenza. Es. cantando / andando Identica: parola che rima con sé stessa ovvero si ripete la parola. Perfetta: l'identità di suono è totale. Es. pane / cane 10 Inclusiva: una delle due parole è contenuta nell'altra. Es. erta / deserta Ipermetra: una delle due parole è considerata senza la sillaba finale. Es. scalpito / Alpi Le rime ipermetre sono tipiche di una poesia che non abbia uno schema metrico rigoroso. Tuttavia alcuni poeti riescono a mantenere lo schema metrico del componimento, facendo seguire al verso ipermetro un verso ipometro, in modo che la sillaba eccedente del verso ipermetro rientri nel computo del verso seguente ipometro, e si abbia così un effetto molto simile a quello della rima in tmesi. Esempio: Interna: lega parole che si trovano a metà o all'interno del verso Per l'occhio: a uguaglianza di parole scritte non corrisponde uguaglianza delle parole all'orecchio. Es. comando / mandò Rima siciliana : Si chiama rima siciliana la rima di "chi") dell'alfabeto greco, corrispondente a "ch" aspirata, da cui origina ile"chi") dell'alfabeto greco, corrispondente a "ch" aspirata, da cui origina il con "chi") dell'alfabeto greco, corrispondente a "ch" aspirata, da cui origina ili"chi") dell'alfabeto greco, corrispondente a "ch" aspirata, da cui origina il toniche e "chi") dell'alfabeto greco, corrispondente a "ch" aspirata, da cui origina ilu"chi") dell'alfabeto greco, corrispondente a "ch" aspirata, da cui origina il con "chi") dell'alfabeto greco, corrispondente a "ch" aspirata, da cui origina ilo"chi") dell'alfabeto greco, corrispondente a "ch" aspirata, da cui origina il toniche Assonanza: L’identità delle terminazioni delle parole è parziale . Es: Aprile dolce dormire Allitterazione: è una figura retorica che esalta rapporti fonetici tra le parole. Consiste nella ripetizione di una lettera, di una sillaba o più in generale di un suono in parole successive. es: E nella notte nera come il nulla. Pascoli Rima piana, sdrucciola e tronca A seconda della posizione dell'ultima vocale accentata, le rime (e i versi stessi che le contengono) si possono distinguere in: - Piana (o parossitona): l'accento cade sulla penultima sillaba del verso. Es. fatale / mortale - Sdrucciola: l'accento cade sulla terzultima sillaba del verso; si tratta di una rima rara e in genere dà luogo a un verso ipermetro (v. oltre). Es. vivere / scrivere - Tronca: l'accento cade sull'ultima sillaba del verso; in genere dà luogo a un verso ipometro. Es. pietà / onestà Schemi ritmici: Baciata: Un verso rima con quello successivo. Schema metrico AABB Alternata: Il primo verso rima con il terzo, e il secondo con il quarto. Schema metrico ABAB, CDCD Incrociata: Il primo verso rima con il quarto, il secondo con il terzo. Schema metrico ABBA, CDDC Incatenata: Il primo verso rima con il terzo della prima terzina, il secondo con il primo della seconda terzina, il secondo di questa rima con il primo delle terza terzina, e così via. Il più alto esito di tale schema di rime è la Divina Commedia, interamente strutturata in questo modo. Questo è anche detto terza rima. Schema metrico ABA, BCB, CDC. Ripetuta: Il primo verso rima con il quarto, il secondo con il quinto e il terzo con il sesto. Schema metrico ABC, ABC Invertita: Il primo verso rima con il sesto, il secondo con il quinto e il terzo con il quarto. Schema metrico ABC, CBA: LE FORME DI STROFA PIU’ RICORRENTI SONO: - Distico: due versi a rima baciata. - Terzina: tre versi a rima incatenata. - Quartina: quattro versi a rima incatenata. - Sestina: sei versi a rima ABABCC. - Ottava: otto versi a rima ABABABCC. Oltre alle strofe sopra indicate troviamo nella poesia altre tipologie di strofe come: - La Canzone: La Canzone, dal provenzale “canso”, è un genere metrico formato da un numero variabile di strofe dette stanze, di solito 5, 6 o 7 più eventualmente una stanza più piccola detta congedo/commiato, in cui il poeta si rivolge direttamente al lettore o al componimento stesso. Ciascuna strofa di una canzone è divisa in due parti, una detta fronte divisa in piedi con un numero identico di versi e con uguale disposizione di versi (lo schema ritmico, invece, può variare); l'altra, chiamata coda (sirma) o sirima, può rimanere indivisa oppure può dividersi in due parti chiamate volte, cioè periodi metrici strutturalmente identici come nel caso dei piedi. Fronte e sirma sono di solito uniti da un verso chiamato chiave o concatenatio (dal latino "chi") dell'alfabeto greco, corrispondente a "ch" aspirata, da cui origina ilcollegamento"chi") dell'alfabeto greco, corrispondente a "ch" aspirata, da cui origina il) .[1] Alla fine della canzone, può trovarsi un congedo che consiste in una strofa più breve con una struttura metrica ripresa dalla sirima e che ha lo scopo di specificare il significato o fine della canzone. Generalmente i versi che compongono la canzone sono endecasillabi misti a settenari e le rime di regola sono disposte in modo che la chiave (il primo verso della sirima, chiamato anche diesi), faccia rima con l'ultimo verso della fronte. La chansòn viene considerata dai provenzali il genere lirico per eccellenza. - Il sonetto: Il sonetto è un breve componimento poetico, tipico soprattutto della letteratura italiana, il cui nome deriva dal provenzale "chi") dell'alfabeto greco, corrispondente a "ch" aspirata, da cui origina ilsonet"chi") dell'alfabeto greco, corrispondente a "ch" aspirata, da cui origina il= piccolo suono, diminutivo di "chi") dell'alfabeto greco, corrispondente a "ch" aspirata, da cui origina ilson"chi") dell'alfabeto greco, corrispondente a "ch" aspirata, da cui origina il=suono, melodia. Nella sua forma tipica, è composto da quattordici versi endecasillabi raggruppati in due quartine (fronte) a rima alternata o incrociata e in due terzine (sirma) a rima varia. Il sonetto è stato inventato da Jacopo da Lentini verso la prima metà del Duecento, nell'ambito della Scuola Poetica Siciliana, sulla base di una stanza isolata di canzone. - La ballata: La ballata è una forma di poesia chiamata anche canzone a ballo perché destinata al canto e alla danza, è un componimento che si trova in tutte le letterature di lingua romanza e ha una particolare struttura. Dovendo accompagnare il canto ed il ballo tondo, la ballata possedeva le sue proprie regole ritmiche: era composta, quindi, da un 11 ritornello di introduzione, seguito da una o più strofe, chiamate stanze cantate dal solista, e da un ritornello, detto ripresa, (lat. responsorium) che veniva ripetuto dopo ogni stanza e cantato da un coro. La stanza stessa richiamava il ritornello (ripresa) con la sua rima finale. La stanza della ballata, nel suo schema tipico italiano, comprende due parti. La prima parte è divisa in due piedi o mutazioni con un numero di versi uguali e uguale tipo di rima, mentre la seconda parte, chiamata volta, si lega ai piedi con la sua prima rima e alla ripresa con la sua ultima rima, grazie ad una struttura metrica uguale a quella della ripresa, come si può vedere nello schema: A B B A (Ritornello) - C D C D (Piede) D E E A (volta) - A B B A (ritornello) ecc. ecc. Gli endecasillabi misti a settenari sono i versi maggiormente usati nella ballata e le rime possono essere disposte in modo differente con la regola che l'ultimo verso della volta faccia rima con l'ultimo verso della ripresa. - Il madrigale: Il madrigale è una composizione musicale o lirica, in maggior parte per gruppi di 3-6 voci, originaria dell'Italia, e diffusa in particolare tra Rinascimento e Barocco. a forma originale del madrigale, assai praticata nel secolo XIV, era costituita da una successione di endecasillabi, di numero variabile da sei a quattordici, ripartiti in brevi strofette con vari incontri di rime e comunque sempre con una rima baciata finale. Capitolo 4 MODI DELLA NARRATIVA Forme storiche del racconto La narrativa naturale Il racconto è una parte fondamentale dell’esperienza umana. Ceserani risponde che un modo letterario è infatti un insieme di procedimenti retorico-formali e aggregazioni tematiche provenienti dall’immaginario, utilizzabili da vari codici, generi e forme per la realizzazione di testi letterari e artistici: ogni testo viene realizzato secondo la combinazione di più elementi provenienti dal serbatoio dell’immaginario. Nei modi di genere dunque entra in atto la prospettiva culturale. In realtà il mondo della narrazione non è esclusivamente letterario, poiché fa parte della comunicazione generale: vi è una categoria di studio che dimostra come la narrativa influenzi la nostra percezione del mondo. La narrativa in ambito sociale è fortemente considerata: - Dall’antropologia (Geertz): che considera il racconto come un elemento fondamentale per l’interpretazione della cultura e per la formazione di un’identità collettiva, - Per la psicoanalisi (Schafer) la relazione terapeutica è una costruzione narrativa a due, - Per la storiografia (White) il racconto è una parte di costruzione del discorso storico, - Per la neurobiologia è fondamentale per le ricerche sul cervello umano, - Per l’esperienza filosofica il racconto è fondamentale Non stupisce quindi che il paleontologo Gould scrive che bisognerebbe parlare di homo narrator (non sapiens) per sottolineare l’importanza primaria che il raccontare storie ha nella costruzione dell’individualità umana. Gli studi di sociolinguistica di Labov hanno rilevato le parti della narrativa naturale, cioè del racconto improvvisato. Queste sono: - Prologo: dove il narratore anticipa il succo della storia\lamorale, - Orientamento: dove il narratore presenta i personaggi e gli ambienti, - azione complicante: contiene la narrazione vera e propria (assieme alla risoluzione, è riconoscibile per il presente storico o i verbi al passato) - valutazione: consiste in una serie di enfasi, commenti al racconto che il narratore usa per sottolineare l’importanza di ciò che narra, - risoluzione: contiene la narrazione vera e propria, - coda: conclusione Secondo Pratt, il modello di Labov è efficiente sia perché narratore e ascoltatore hanno conoscenza ed esperienza del racconto, sia perché il modello riconduce a una buona parte della narrativa letteraria. Ad esempio, il romanzo di Manzoni è ricco di commenti ideologici, elementi valutativi e interpretativi, interventi e del narratore in prima persona e azioni complicanti. Ne’ I Promessi Sposi, alla conclusione segue subito un commento dall’esterno, il narratore si rivolge ai suoi lettori; l’orientamento comincia con “Quel ramo del lago di Como”, una descrizione puntigliosa di un luogo che cede subito il passo alla presentazione del primo personaggio, don Abbondio. Se prima dell’1800 il narratore svolge un ruolo fondamentale a fine dell’Ottocento invece il narratore tende a scomparire per dare l’effetto di una storia che si racconta da sola (es. Zola per il naturalismo francese, Verga per il naturalismo italiano, James per il romanzo introspettivo e drammatico): si ha così un antinizio, una antinarrazione in cui manca un elemento significativo in quanto l’autore vuole spostare l’interesse verso altri elementi (raffigurazione dello spazio, vita mentale…) 1.2Generi narrativi 12 1) orientamento ideologico (Lukàcs e Goldmann): il romanzo riflette in modo reale lo sviluppo storico della società; si basa sulla categoria del “tipico” secondo cui un personaggio o una situazione sono tipici quando sono dotati di una propria individualità che permette di intravedere le tensioni essenziali della storia 2) orientamento funzionalista: la letteratura è un “fatto sociale”, si fonda su dati obiettivi come analisi e composizione del pubblico, processi di ricezione e trasmissione, organizzazione complessiva della cultura; tale orientamento si interessa quindi alla letteratura di massa (Gramsci, Debenedetti, Savinio). Il primo orientamento inizia con la tesi di Lukàcs (1956): il suo realismo si basa sull’estetica del “personaggio tipo” dunque egli pensa che il romanzo dell’800 si sia esaurito con l’avanzare del progresso della borghesia e della massa, costringendo il lettore a limitarsi solo a descrivere gli eventi (Zola e Kafka). L’unica difficoltà rimasta, quella dello statuto formale dell’opera considerato come una conseguenza delle scelte dell’autore, è risolto dalla teoria di Goldmann (1964). Secondo lui, il nesso tra letteratura e società si manifesta più in omologia strutturale, cioè secondo processi come l’alienazione capitalistica e la scrittura del noveau roman, piuttosto che come un riflesso della società. Il secondo orientamento verte sulla società di massa: Gramsci (Quaderni di carcere), secondo una visione anticonformista, sostiene che la mancanza della letteratura popolare in Italia sia dovuta alla mancanza di egemonia da parte della borghesia risorgimentale. Debenedetti si sofferma più sul pregiudizio dell’inferiorità estetica della paraletteratura: il romanzo rappresenta la modernità perché l’emblema dell’anticanonità. “Esso è un nuovo genere d’appartamento che vuole rompere il cerchio del libresco e si rivolge ai lettori che non vogliono percepire il confine tra la letteratura è la vita”. Per lui dunque, il romanzo è una lettura rigorosamente silenziosa, nasce quando il rapporto tra scrittura e oralità si interrompe. Il romanzo sostiene e presuppone lo sviluppo di un’editoria industriale fondata su alte tirature; la letteratura si scopre merce e prende coscienze dell’impossibilità di sfuggire alla pervasività dell’economia moderna. Savinio controbatte dicendo che gli autori dovrebbero più concentrarsi sul rapporto tra ritmo dell’opera e “ritmo del mezzo di trasporto” (i classici si sono mossi con andature troppo diverse). I saggi di Ceserani invece (Treni di Carta), si concentrano sul treno come tema ambivalente ed ossessivo della letteratura DELL’800-900. il rapporto romanzo-pubblico e autore- società è stato analizzato dai punti di vista: semiologico, psicologico, sociologico e antropologico. Analisi del racconto: testo narrativo dall’interno Fabula e intreccio I formalisti russi per primi propongono la distinzione tra fabula e intreccio:  fabula: materiali di base, serie degli eventi considerata secondo una logia causale-temporale  intreccio: arrangiamento, nel testo , degli elementi della fabula. Il contenuto che non segue necessariamente una logica causale-temporale *es. nell’Odissea l’ordine reale è sovvertito e confuso *fra i procedimenti più diffusi di incastro tra passato e presente vi è la tecnica del flashback *nell’intreccio il materiale di base può essere frammentato e riorganizzato nel testo: l’intreccio è così l’arrangiamento “formale” della fabula. Anche principali indirizzi della narratologia hanno poi distinto fabula e intreccio. Segre (1974) propone una quadri- partizione: - discorso (testo narrativo): stile, stilemi, lessico, sintassi ecc… - intreccio, - fabula, - modello narrativo è infine la forma più generale in cui un racconto può essere esposto mantenendo l’ordine e la natura delle sue connessioni. *nell’episodio dantesco dell’ultimo viaggio di Ulisse il modello narrativo è composto da: allontanamento, allocuzione, infrazione, punizione Tipologie del personaggio La popolazione che abita e vive i romanzi ed i racconti viene denominata da Forster homo fictus; tale homo è occupato senza tregua dai rapporti umani, di lui esiste solo quel che ci viene raccontato (vicende che vive, relazioni che lo legano ad altri personaggi…) Forster propone una classificazione dei personaggi sulla base delle modalità di rappresentazione:  personaggi “disegnati” o “piatti”: hanno una sola idea o qualità, non sorprendono mai, non convincono, vengono riconosciuti subito e essi stessi determinano la propria atmosfera  personaggi “modellati” o “a tutto tondo”: hanno la capacità di sorprendere in modo convincente Greimas (1973) preferisce usare il termine “attanti” per indicare un personaggio che svolge una determinata funzione e ne 15 individua tre coppie: 1. un soggetto desidera un oggetto 2. un destinatore ha destinato l’oggetto al destinatario 3. il soggetto è aiutato da aiutanti e ostacolato da oppositori *uno stesso ruolo può essere ricoperto da più attori. La morfologia della fiaba di Propp (1928) definisce degli elementi costitutivi nelle fiabe che si ripetono secondo uno schema fisso (situazione iniziale, ostacolo e superamento). La narrazione quindi è alimentata quindi dalla condizione di inquietudine nella storia. Il personaggio può essere trasferito da una storia ad un’altra conservando la sua identità, egli è portavoce di autentici conflitti problematici, attraverso cui noi ci prospettiamo modi di vita e interpretiamo la nostra esperienza interiore. Si ha il nuovo eroe del romanzo che si trasforma e si costruisce; si ha il nuovo personaggio-particella che è una somma di percezioni che va incontro ad un destino non conosciuto. -Eroe dell’800: cerca di integrarsi con la società Eroe del 900: il personaggio non è capace di integrarsi e affronta i suoi problemi con la psiche. Per questo motivo Debenedetti parlerà della cosiddetta “crisi del personaggio uomo. Il suo modello si basa dunque: -sulle funzioni narrative del personaggio -Le sfere d’azione -Soggetti costanti (astrae i tratti fondamentali con i quali farci ricordare il personaggio) Tempo Il tempo è centrale nella narrazione e si distingue in:  tempo della storia: tempo in cui avvengono le vicende raccontate  tempo del racconto: tempo in cui il narratore narra le vicende La discordanza tra l’ordine dei due è chiamata ANACRONIA. Il rapporto tra questi due tempi determina delle variazioni che possono essere, secondo Genette:  successione, gli eventi della storia seguono l’ordine lineare del prima e del poi;  sfasamento, gli eventi della storia non seguono un ordine linare prima-poi;  analessi (flashback), dall’evento si passa a tutto ciò che lo precede;  prolessi (anticipazione), dall’evento si viene già informati sul futuro;  sommario (riassunto), parti di storia vengono condensate;  ellissi (salto temporale), parti di storia vengono eliminate;  dialogo, in cui il tempo della storia e del racconto coincidono;  verbalizzazione del pensiero, in cui il tempo impiegato è maggiore di quello impiegato dal pensiero stesso;  estensione, in cui una parte di storia subisce un effetto di rallentamento;  pausa, il tempo della storia si ferma, mentre quello del racconto si estende e mette a fuoco il suo spazio con similitudini o descrizioni;  la frequenza che è di diversi tipi: - singolativo (una singola rappresentazione narrativa di un singolo momento della storia), - singolativo-multiplo (diverse rappresentazioni che corrispondono a diversi momenti della storia), - ripetitivo (molte rappresentazioni di uno stesso momento della storia), - iterativo (una singola rappresentazione di diversi momenti della storia) Voce narrante Il narratore è caratterizzato da un’“onniscienza editoriale”, evoca di fronte a sé un pubblico (narratario) che benefica delle sue precisazioni. Di fondamentale importanza è il PATTO NARRATIVO di cooperazione tra l’autore e il lettore: quest’ultimo deve accettare le condizioni della storia per farla procedere. -MIMESI: si ha la narrazione mimetica quando il narratore scompare dalla narrazione o almeno cerca di celare la propria identità (canone dell’impersonalità). → usata negli spettacoli teatrali, es. Shakespeare. -DIEGESI: si ha la Narrazione diegetica quando il narratore mette in rilievo la propria funzione e si attribuisce un’identità individuale. Questa distinzione risale a Platone e Aristotele, è stata poi riformulata da Henry James che l’ha definita come contrapposizione tra showing e telling. In base a mimesi e dieresi Chatman ha creato una classificazione della rappresentazione:  rappresentazione mediata in modo minimo: in questa narrazione non si registra nulla al di fuori delle parole dei personaggi. L’autore è implicito. Nei romanzi epistolari sono i personaggi a prendere direttamente la parola 16  rappresentazione che tiene conto di azioni verbali e non verbali: i processi interiori vengono verbalizzati dal narratore senza commenti. (es: <Egli pensò che..> ma l’autore non da giudizio sul pensiero del personaggio).  rappresentazione che rende palese la presenza del narratore: il narratore fornisce informazioni supplementari su ambienti, persone, avvenimenti  rappresentazione in cui il narratore interpreta, giudica e fa riferimento all’atto stesso della narrazione. Il cambiamento del rapporto tra lo scrittore e il reale si verifica con le tecniche adoperate dal narratore, che Genette (1972) distingue in: -Omodiegetico (interno), diviso in autodiegetico (“io” che racconta la storia) e allodiegetico (racconta come testimone) -Eterodiegetico (esterno), diviso in onnisciente (sa tutto) e comportamentista (sa meno del personaggio) -Intradiegetico (di 2° grado) tipico del racconto a cornice (racconto nel racconto). Es. Ulisse che narra al posto di Omero. -Extradiegetico (fa parte della diegesi, ma non è di 2° grado). -Metalessi narrativa: il narratore interviene e ci fa sentire la sua presenza. Punto di vista: orienta la prospettiva narrativa Secondo Genette, si hanno tre casi per quanto riguarda il narratore:  Focalizzazione zero: il narratore è onnisciente e dice più di quanto sappiano i suoi personaggi;  Focalizzazione interna (fissa, variabile, multipla): il narratore assume il punto di vista di un personaggio (es. nel romanzo psicologico di fine Ottocento);  Focalizzazione esterna: il narratore conosce e dice meno di quello che sa il personaggio (es. nel racconto “comportamentista”) Il narratore può riportare i discorsi dei personaggi con diverse modalità: discorso diretto, indiretto e nella forma “narrativizzata” ovvero un discorso indiretto libero con il quale si crea un’ambigua interferenza tra le parole del narratore e quelle del personaggio (es. Verga ne I Malavoglia in cui il narratore è immerso in un “coro di parlanti popolari semireale”) *secondo Bachtin il carattere “polifonico”, “dialogico” e “plurilinguistico” è tipico del romanzo. Tecniche narrative: riportare il discorso dei personaggi -Discorso diretto; -Discorso indiretto; -Discorso indiretto libero (interferenza tra le parole del narratore e del personaggio). Il narratore è visto come un CAMPO DI TENSIONI: le forme narrative non possono mai identificarsi regolarmente, piuttosto i testi sfuggono ai tentativi di analisi. Il punto di vista può essere soggetto ad alterazioni: - parallissi, cioè omissione o dissimulazione di notizie; - parallassi, cioè l’autore offre informazioni che a rigore non dovrebbe conoscere Si è attuato uno sperimentalismo linguistico attraverso diverse tecniche per esprimere i pensieri. In generale lo sperimentalismo linguistico attinge dal “preconscio” e include tutte le forme di disarticolazione logica, grammaticale ed espressiva. - Stream of consciousness (“flusso di coscienza”): verbalizzazione ILLOGICA dei pensieri; - Monologo: dialogo interiore; - pastiche (viola la separazione tra gli stili poiché affianca cultismi aulici, tecnicismi, dialettalismi, barbarismi…) - nonsense (assenza di comunicazione riconoscibile, tipico delle avanguardie); Si hanno anche dei procedimenti di intreccio studiati dai formalisti russi. Secondo il formalismo russo, basato sullo strutturalismo (secondo cui l’opera è autonoma), l’opera è scomponibile in varie componenti. - scala (vicende dei pers onaggi diramate ed incrociate in progressione), - parallelismo (vicende vissute da due o più coppie, singoli), - rallentamento, - incorniciatura (procedimento del racconto-cornice), - infilzamento (vicende diverse unificate da uno stesso protagonista), - mise en abyme (reduplicazione di una sequenza di eventi che appare uguale a quella precedente. Appena il lettore cerca di finire il racconto, ne iniziano altri proiettati dall’interno) DEFINIZIONI FORMALISMO 1. Prevalenza di motivi esteriori o convenzionali nelle attività spirituali o nei rapporti umani. 17 -Eliade: il mito racconta la storia sacra di un’origine -Sellier: il mito ha una funzione socioreligiosa proponendo modelli di condotta morale e sociale. -Brunel: il mito è consacrato alla tradizione e riguarda il sovrannaturale. Ha funzione narrativa, esplicativa e di rivelazione. Le loro funzioni possono essere implicite o latenti e anche se la forma è sotterranea, ha un forte potere di irradiazione. Letteratura e identità L’Universo tematico non si è limitato solo alla rinascita dei miti e dei motivi della storia, ma ha coinvolto anche i principali movimenti critici riguardanti l’identità sociale, sessuale ed etnica: l’interesse non è più sull’espressione del testo ma sul contesto sociale. Lo studio delle immagini (Images) e cliché su altre culture segue la convinzione che le images abbiano valori politici e ideologici oltre che a quello letterario. Per questo motivo, ogni immagine è una dialettica tra identità e alterità (si parla dell’altro per far riferimento al proprio). Esempi di questi studi sono: NEW AMERICAN HISTORICISM: è a favore dell’eliminazione della differenza tra discorso letterario e sociale perché vede la letteratura come una produzione discorsiva su cui si forma la cultura e l’identità di un’epoca. CRITICA FEMMINISTA: Nasce dall’avvento dei primi movimenti femministi (le suffragette). Parte da una concezione strategica essenzialista (Althusser), che vedeva la distinzione biologica dei sessi come un dato naturale, per arrivare ad una costruttivista, che la vede relativa alla storia e soggetta ai cambiamenti. E’ grazie al suo interesse per i problemi di identità, della marginalizzazione del ruolo delle donne ispirata a Woolf, del suo incrocio con i Women’s Studies sulle teorie del vissuto femminile e della sua correlazione con la critica canonica (delle opere maschili), che si è arrivati alla definizione di GENDER: Gender veniva utilizzata dai fronti reazionari come un’accezione negativa che banalizzava gli aspetti. Grazie al femminismo, esso pone l’attenzione all’identità in relazione al contesto storico e la vede come il frutto di una costruzione culturale. In tal modo è legato sia alla filosofia di Foucault e Derrida, che vuole ogni binarismo, sia al femminismo francese a favore di una scrittura femminile libera da ogni convenzione. Di conseguenza, la lettura è una fusione di orizzonti tra l’autore, le figure di mediazione e il lettore. Dimensione intersezionale: la categoria di genere non va mai vista sganciata dalle altre. L’identità non è monolitica ma nasce dall’interazione del dialogo sociale, culturale, etnico. CRITICA GAY/LESBICA: Nasce dalla spinta dei movimenti politici di liberazione. Anch’essa è con la critica della letteratura canonica ed è partita da un essenzialismo politico fino ad identificare la cultura omosessuale. Lo scopo era far comprendere come guardare l’identità sessuale dei personaggi influisse sulla visione del mondo e del contesto storico. Sia la femminile che la gay fanno parte dei binarismi su cui si fonda la cultura occidentale ed entrambe hanno contrapposto essenzialismo e costruzionismo (complice del sistema repressivo vs rivendicatore dei propri diritti). Si sono cercate soluzioni intermedie, identificando l’essenzialismo strategico femminile che contestualizzava la differenza sessuale senza negarla, fino ad arrivare all’androginismo. QUEER THEORY: Il termine Queer veniva usato come dispregiativo. Essa si sviluppa nell’ambito della critica gay e mira ad eliminare il binarismo si genere a favore di un’indifferenza sessuale e di un’erotica del soggetto, a carattere performativo: l’identità sessuale è vista come un sistema fluido e dunque come un elemento da decostruire poiché non è un’essenza ma ha a che fare con una distinzione performativa. STUDI AFRO-AMERICANI (BLACK STUDIES): anche qui si passa ad un essenzialismo politico per valorizzare l’identità etnica dell’individuo in contrapposizione a quella canonica. E’ a favore del multiculturalismo (uguaglianza etnica) CRITICA POST-COLONIALE (POST-COLONIAL STUDIES): a differenza del multiculturalismo, essa vede la cultura come un intreccio dinamico di forze conflittuali e dominanti, perché i protagonisti di tale movimento sono tutti intellettuali che hanno vissuto l’esperienza della migrazione e il conflitto con culture diverse. Il concetto di ibridazione dunque è positivo poiché contribuisce a formare identità in continua trasformazione. Tale critica ha dimostrato come la letteratura non dia valore solo ai topoi, ma anche all’antropologia, vista come la base per le comunità culturali. CAPITOLO 6 ARTE E LETTERATURA Le arti Il rapporto tra le arti e la letteratura non è univoco: si pensa sempre a ciò che la letteratura dà alle arti e mai il contrario. Le arti sono il serbatoio tematico della letteratura, perché forniscono ne forniscono i motivi a prescindere dal referente. Il sistema delle arti segue le DISTINZIONI DIACRONICHE (relativo al loro divenire nel tempo) e SINCRONICHE (in un determinato momento), relative quindi al TEMPO o allo SPAZIO; Ciò che arte e ciò che non lo è varia da cultura a cultura, da epoca a epoca. Se è vero che un oggetto può essere riconosciuto come artistico è perché ha ricevuto un particolare trattamento, parleremo così di: •Arti maggiori: arti come la letteratura, la musica, l’architettura e le arti figurative le quali hanno ricevuto uno “statuto di esteticità” e sono state conservate meglio nel tempo poiché considerate opere d’arte, •Arti minori: arti nelle quali gli oggetti sono spesso oggetti d’uso (es: un’armatura, un mobile antico ecc..) in cui si ha una 20 minore conservazione dei reperti. Per estetico non si intende sempre bello: può essere estetico anche una cosa brutta ma che sia in grado di sollecitare in chi lo guarda, legge o usa UN GIUDIZIO DI VALORE. Da questo punto di vista gli oggetti artistici sono incatalogabili (estetizzazione della vita quotidiana). Tuttavia si è cercato di fare distinzione tra i vari tipi di arte •ARTI TEMPORALI (musica, letteratura e danza) e ARTI NON TEMPORALI (pittura, architettura, scultura), poiché gli elementi costiuiti nel tempo combaciano in sincronia; •ARTI SEMANTICHE e ARTI ASEMANTICHE, incentrate sulla natura del medium espressivo. •ARTI CHE USANO LINGUAGGIO NOTAZIONALE e ARTI CHE USANO LINGUAGGIO NON NOTAZIONALE (Goodman 1975): basate sulla notazione (alfabetica o musicale) è che permette di riprodurre un’opera corretta all’originale. Es: un quadro è non notazionale perché nessuna copia è uguale all’originale bensì è simile. Una poesia è notazionale poiché se riscritta più volte è uguale all’originale. La loro distinzione però non coincide con quella tra le arti IN OPERE (letteratura) e arti EFFIMERE (danza). •ARTI ALLOGRAFICHE (arti che hanno una notazione) e ARTI AUTOGRAFICHE (arti che non hanno notazione). Tra le allografiche vi sono quelle che hanno bisogno della mediazione di un esecutore (musica) e no (letteratura). Letteratura e arti visive La letteratura e l’arte hanno due tipi di intrecci: -l’arte che ispira la letteratura tramite opere di artisti reali e immaginari; la letteratura che ispira l’arte tramite le traduzioni intersemiotiche (linguaggi diversi: musica e cinema) Proprio perché appartenenti a generi e linguaggi diversi la letteratura e arti visive (pittura) hanno avuto rapporti complessi. La discussione tra il rapporto tra la letteratura e le arti è vasta: -Orazio, nel suo Simonide, fa una considerazione interdisciplinare delle arti affermando il dialogo tra la pittura e la poesia (poesia muta e pittura parlante). -Lessing al contrario, nel Laokoon del 1766 sottolinea la necessità di distinguere la dimensione temporale della letteratura e quella spaziale della pittura. -La messa in discussione della separazione sfocia nel Romanticismo con la Wort-Ton-Drama di Wagner, che recupera la dimensione della tragedia mettendo insieme le varie arti figurative e dando spazio al teatro. - La teoria della letteratura di Welleck e Warren (1949) elenca le possibilità e le difficoltà di confronto tra le arti, riunite nel cinema. -Praz sostiene la necessità di dialogo tra le arti. -Guillén (1985) comprende che il centro di gravità è il linguaggio letterario a causa del pregiudizio occidentale che il dialogo verbale sia migliore di quello delle immagini. L’arte si concentra sulla fascinazione antropologica per l’immagine, tanto che i retori antichi attribuivano un’energia icastica, cioè che portasse l’attenzione del lettore con un’immagine. Nel Rinascimento, la collaborazione tra le due ha permesso lo sviluppo di conoscenze letterarie negli artisti (Michelangelo, Leonardo). Nell’epoca moderna, le comunicazioni di massa sono alimentate dalla pubblicità. Il rapporto instaurato tra gli sguardi, i dispositivi ottici/media e le immagini nel contesto della visual culture è definito regime scopico: esso mira a far vedere la tridimensionalità delle immagini grazie alla correlazione con gli altri due poli. La parola e l’immagini presentano delle notevoli differenze: - Statuto semiologico: i segni hanno un rapporto non convenzionale col significato, mentre i verbi no. - E’ impossibile tradurre la logica di ciò che si vede con quella di ciò che si dice poiché non corrispondono; - I verbi si basano su una rappresentazione verbale, mentre le immagini su quella spaziale. La storia dell’arte mira a un dialogo tra le due tematiche: la visual culture cerca di eliminare il pregiudizio occidentale. - Mitchell (1994) sostiene che “all media are mixed media” per dire che non è vero che il testo sia solo un’illusione e l’immagine solo la realtà: le immagini richiamano la scrittura ed essa si basa anche sulle immagini (libri). - Barthes sostiene che bisogna cogliere l’interdisciplinarietà tra le due per creare un nuovo oggetto. Forme di interazione tra arte visiva e letteratura: Dunque fin dalla sua nascita la letteratura ha cercato una dimensione visiva. La tensione ha dato vita a nuove forme: -Exphrasis: la descrizione delle opere d’arte che si affiancava il testo alla figura pittorica. Questa tecnica venne usata soprattutto nel Medioevo dalla Chiesa cattolica per istruire il popolo analfabeta alla Bibbia. Si tratta di immagini in absentia (mimetica e nozionale, cioè espresse dalla parola stessa) che si esprimevano attraverso: 1. forme di denotazione dell’immagine (citazione e soggetto), 2. di dinamizzazione dell’immagine (temporalizzazione), 3. forme di integrazione, cioè la sinestesia (associazione di due sfere diverse), l’Ermeneutica (richiamo delle 21 capacità integrative) e l’associazione (associazione con immagini nella mente per evocarne la narrativa). Esempi tipici di questa tecnica sono il ritratto di Piero della Francesca di Pasolini, che raffigura il cambiamento e la dinamizzazione dello sguardo; e la descrizione dei quadri di De Chirico del saggio di Calvino -Forme miste: si tratta di immagini in praesentia (illustrazioni e calligrammi). Esse richiedono interazione. Le edizioni ristampate senza immagini non fanno lo stesso effetto: rimandano alla concezione dell’essenzialità dell’arte per la letteratura e al fatto che le fotografie non siano accessori. Esempi sono gli iconotesti (due media su un unico supporto) e gli iconismi (simbiosi dei due media). -Doppio talento: vi sono figure che, decidendo di ispirarsi a più campi espressivi, hanno avuto bisogno di approcci interdisciplinari, come Michelangelo, Levi (conosciuto più per il campo artistico) e Guzzanti (più per il campo letterario). -Talento plurimo: arte pittorica correlata alla poetica di artisti che si sono riprodotti. Assieme al doppio talento, si esprime in forma mista. -Omologie: correlazione tra due immagini (ciò che accade all’una influenza l’altra). Sono suddivise in tematiche e strutturali. -Poesia visiva: la struttura metrica e la lunghezza dei versi disegnano una figura o un soggetto. E’ un genere nato con lo sperimentalismo ellenistico con funzione metaletteraria, che ha dato vita agli ecoici (terminanti con due sillabe identiche) e ai ropaici (numero crescente); per poi aver assunto una funzione metalinguistica dando vita all’arte concettuale dei ’70, che utilizzava citazioni. Un tipico esempio sono le tentazioni di Sant’Antonio nel deserto, nato come espressione del grottesco e diventato espediente della pittura simbolista. Il soggetto emdievale è riuscito a rientrare nella prospettiva freudiana del riemergere onirico del represso e ha dimostrato l’importanza dell’incrocio tra la letteratura e gli altri campi. Il teatro Tra le arti che si basano su un testo ma, che non si esauriscono in esso, abbiamo il teatro. Il rapporto tra testo e rappresentazione teatrale varia a seconda dei contesti culturali (es: il teatro orientale ha una netta separazione tra i due, mentre nei teatri del 1900 si rinunciava al testo). La dimensione teatrale ha per prima mandato in crisi il concetto di autorialità, in quanto essa non spettava solo a chi avesse scritto l’opera. Come per la traduzione, anche esso ha il problema dell’infedeltà: la principale funzione comunicativa è l’azione, dunque è necessario rielaborarle. Le suddivisioni del teatro sono: la tragedia, la commedia e l’opera lirica. La tragedia: La paeticolarità della tragedia è la capacità di mantenere la sua funzione interartistica nonostante le continue trasformazioni. All’origine della tragedia vi è la lirica (linguaggio lirico): il testo tragico all’inizio era totalmente lirico, a metà del VI secolo a.C. viene introdotto l’attore che recitava il prologo. Solo all’inizio del V secolo vengono introdotti più attori e, il teatro, diviene un’arte mista (musica, recitazione e danza). Venne anche introdotto l’uso della maschera. La finzione drammatica era estremamente povera ma, gli spazi del teatro erano ben delimitati: vi era una netta separazione tra orchestra e il teatro (dove vi siedono gli spettatori). La definizione della cornice è alla base della convenzione teatrale: essa divideva il pubblico e gli attori. Il termine cornice viene fondato da Bateson e Goffman: con cornice si intendono numerosi elementi che aiutano a tenere distinto ciò che è dentro e fuori la finzione drammatica. Le avanguardie del 1900 rompono questa cornice aprendo la rappresentazione al pubblico e infrangendo la separazione attore\spettatore. Fondato su due comportamenti diversi di chi guarda e chi recita il teatro è un’arte in cui il contatto con l’opera e quindi, la risposta con il pubblico è immediata. Per quanto riguarda il testo si ha in molte forme di teatro l’illusione mimetica, ovvero l’imitazione dei discorsi che avvengono nel mondo reale. Il discorso drammatico si presenta come un normale discorso, la differenza la si ha nell’uso dei versi. Per questo motivo è importante distinguere drammaturgia e spettacolo: la prima rientra nel contesto della letteratura, la seconda vive di vita propria. Nonostante il carattere letterario del teatro ogni attore ha libera rielaborazione ed interpretazione del testo scritto. L’esempio più canonico della tradizione occidentale è la tragedia attica: è l'estensione in senso drammatico (ossia secondo criteri prettamente teatrali) di antichi riti in onore di Dioniso, dio dell'estasi, del vino, dell'ebbrezza e della liberazione dei sensi. Come tale fu tramandata fino al romanticismo, che apre, molto di più di quanto non avesse fatto il Rinascimento, la discussione sui generi letterari. Il motivo della tragedia greca è strettamente connesso con l'epica, ossia il mito, ma dal punto di vista della comunicazione la tragedia sviluppa mezzi del tutto nuovi: il mythos si fonde con l'azione, cioè con la rappresentazione diretta, in cui il pubblico vede con i propri occhi i personaggi che compaiono come entità distinte che agiscono autonomamente sulla scena provvisti ciascuno di una propria dimensione psicologico: il rapporto è dunque di tipo organico. I più importanti e riconosciuti autori di tragedie furono Eschilo, Sofocle ed Euripide, ma la produzione finì con Aristofane. Nel teatro latino (età imperiale), la dimensione dello spettacolo riguardava un pubblico élitario grazie alle tragedie di Seneca. 22 natura che vi si esplicita). È una produzione risalente all’antichità, grazie: -alla periegesi, forma legata alla descrizione delle terre circumnavigate; -alle opere di scienza geografica come quelle di Strabone e Tolomeo; -alla tradizione delle descriptiones urbis e delle laudes civitatis, alla letteratura utopica di More e Campanella. La tradizione descrittiva del viaggio riprende vigore proprio a partire dal Cinquecento, epoca assistita dalle nuove esplorazioni e scoperte geografiche, in una varietà di forme, che comprendono il diario e il resoconto, per enfatizzare una componente tutta moderna: il piacere del viaggio. Va in ultimo ricordata la consistenza di una produzione, quella della letteratura geografica, affine, per molti versi, alla letteratura di viaggio, ma che da questa si distanzia per via del carattere primario, protagonistico, che assumono gli elementi naturali in essa descritti, in forma di biografia di un luogo o di un racconto-saggio dal taglio monografico. La lente geografica La concezione di geografia della letteratura ha proprio il potere di condurre a una conoscenza intensificata dei testi e delle poetiche; il ricorso alla geografia da parte del letterato mette in luce come la percezione, da parte degli autori, di spazio e paesaggio abbia un valore strutturante, modellando le realtà narrate secondo visioni del mondo specifiche. Un simile approccio “poetico” alla geografia letteraria si differenzia sensibilmente da quello adottato dal geografo, il quale guarda ai testi primariamente con l'intenzione di ricavare informazioni particolareggiate, testimonianze dense e spesso altamente attendibili a proposito delle regioni privilegiate dai suoi studi. Lo sguardo geografico alla letteratura è attratto dalla mobilità degli scenari locali e mondiali, dai mutamenti della percezione dello spazio che le rappresentazioni testuali, nel tempo, raffigurano. Franco Moretti si ispirò al modello geografico dell’atlante per formulare due carte che producono linee parallele distinte che spiegano il concetto di “geografia della letteratura” tramite due percezioni: lo studio dello spazio della letteratura, cioè l’oggetto immaginario (la Parigi di un romanzo), e lo studio della letteratura nello spazio, cioè lo spazio storico reale (la situazione di Parigi). Sullo studio dei realemi, gli elementi della realtà riprodotti, trascritti in forma di spazi rappresentati nel testo, si appunta quello che oggi è forse il sistema più fortunato di indagine geografica della letteratura: la geocritica, approfondita dallo studio di Westphal (2000). La geocritica lavora sulla lunga durata (visione cronotopica), accennata da Bachtin sullo studio delle letterature comparate), sulla necessaria isotropia di spazio e tempo, mostrando lungo lo scorrere delle epoche i differenti punti di vista che vengono tra loro comparati. La geocritica vuole fare vedere le differenze delle prospettive dell’insider (dentro) rispetto all’outsider (straniero). Es. italia vista contemporaneamente dagli scrittori italiani e stranieri con una mappa che indichi le variazioni dei luoghi. Il metodo della geocritica è “geocentrato” e non più egocentrato, cioè il il luogo sarà al centro dell'analisi critica al posto del protagonista. La geocritica si rivela di grande utilità per l'analisi delle letterature della migrazione. Una serie di geotemi intensivi (entrano dentro i testi per indicarne delle caratteristiche precise. Es. ambiente domestico, macrotema spazio urbano) o viceversa dinamici (il paesaggio, ma anche gli spazi segnati dai confini, l’attraversamento di territori) si è imposta in svariate analisi spaziali su base tematica condotte negli ultimi decenni, dedicate a spazi regionali, a indagare il significato di un luogo nella poetica di un autore o, viceversa, in più poetiche, in chiave comparativa, dando vita al concetto di geotematica (Iacoli 2000). FICTION E NON-FICTION Tale genere coincide col realismo. Il novel è il genere che si interessa alla quotidianità abbandonando la dimensione fantastica del romanzo. Esso è stato considerato verosimile a partire dal ‘700, per raccontare elementi possibili della realtà servendosi di diari, lettere e fatti di cronaca. Auerbach pone le basi per cogliere la costante dell’ideale estetico che attraversa la cultura occidentale per mostrare che le modalità di concezione della realtà sono differenti. Il realismo si identifica anche con l’inverosimile (qualcosa che è accaduto), quindi la letteratura realista deve coincidere con qualcosa di possibile non letterario. La scelta del verosimile prevale su quella del vero. Al contrario, il romanzo dell’800 è l’emblema dell’artificiosità e della finzione: esso fingeva un approccio realista (topos manoscritto ritrovato Manzoni) con lo scopo di dimostrare il valore documentario della genesi di quella storia. Le scritture non finzionali (diario, lettera) fingevano la realtà, così come nel caso della psicoanalisi (narratore inattendibile e bugie dell’inconscio). Sottogeneri -NEW JOURNALISM: fusione tra letteratura e giornalismo, combinazione della fiction narrativa e della non-fiction di cronaca. -NON-FICTION NOVEL: Mette in campo delle forme di narrazione che condannano la scrittura giornalistica con forme più tipiche della narrativa romanzesca (ibridazione). Sono testi simili ai documentari nei quali vengono narrati fatti realmente accaduti all’autore. Es. Levi: “Se questo è un uomo” non è finzionale. L’intento è di raccontare ciò che è accaduto affinché non accada di 25 nuovo. Il narratore e il protagonista coincidono, però allo stesso tempo c’è una dimensione finzionale che coincide con la struttura del testo (es. diario dei 10 giorni è mostrato all’ultimo e sintetizzato). -AUTOFICTION: autobiografia finzionale: raccontare la propria vita con elementi di finzione. Scopo: narrare la realtà ma esaltare la funzione artificiosa del realismo. 26 27 30 31 32 35 36 37 40 41 1
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