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Sintassi e Frasi: Descrizione della Struttura e Tipi, Appunti di Linguistica Generale

Una descrizione dettagliata della sintassi e della struttura delle frasi, inclusi i tipi di frasi come verbali e nominali, l'analisi in costituenti immediati, e le funzioni sintattiche come soggetto, predicato verbale e complemento oggetto. Viene anche discusso il concetto di soggetto e il suo difficile definire, oltre alla distinzione tra agente e paziente. Il documento si basa sui concetti di saussure e chomsky.

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 11/01/2024

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gaia-turetti-1 🇮🇹

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Scarica Sintassi e Frasi: Descrizione della Struttura e Tipi e più Appunti in PDF di Linguistica Generale solo su Docsity! SINTASSI La sintassi è grande protagonista della ricerca linguistica. “Sintassi” è una parola di origine greca, quindi molto antica e “syntaxis” inizialmente voleva dire disposizione: “taxis” vuol dire ordinamento e “syn” di un gruppo di persone: disposizione delle truppe (di tanti soldati) in un campo (di battaglia). Quindi all’origine della parola sintassi è stato preso un termine militare, però fu usata già dai primi grammatici alessandrini. La sintassi non ha mai goduto di una particolare indagine nell’antichità, è stata ovviamente studiata, ma non ha mai avuto un peso così determinante, con la nascita della linguistica scientifica che avviene tradizionalmente a cavallo tra Sette e Ottocento, la terminologia scientifica che adotta sintassi si accontenta di prenderla come ordine delle parole ed essa era vista come la parte che si sarebbe dovuta studiare dopo l’organizzazione dei foni e delle forme di una lingua. Ci sono stati studi di sintassi tra Otto e Novecento e c’è stato un ricco studio soprattutto nei primi anni del Novecento da parte della scuola di Praga. Questo è importante perché il tutto cambia completamente negli anni ’50, la storia della sintassi si spacca in due. C’è un prima e un dopo Noam Chomsky (1928-), lui ha sovvertito l’idea di sintassi: innanzitutto perché è uno dei linguisti più influenti della storia della linguistica, in più ha creato la grammatica generativo- trasformazionale, oggi chiamata grammatica generativa. Il suo punto di partenza è l’idea che l’essere umano sia dotato di un congegno interno di carattere biologico che l’uomo eredita che viene chiamato LAD Language Acquisition Device, l’uomo cioè ha un meccanismo predisposto per l’apprendimento delle lingue che fa parte del suo patrimonio biologico che è un vero e proprio organo, il bambino si sviluppa anche dal punto di vista dell’apprendimento linguistico, tant’è che se un bambino non impara a parlare entro i 6/7 anni, non impara più. Il punto fondamentale (per cui si chiama generativa) è che questo organo corrispondente alla facoltà del linguaggio di cui parlava Saussure: è un organo che può generare solo le frasi grammaticali della lingua e non quelle agrammaticali, una grammatica altro non è che il modello della grammatica universale in grado di produrre solo frasi corrette di una lingua, ovviamente la linguistica dovrebbe trovare questa grammatica. (Questa è l’idea di Chomsky da cui poi sono partite numerose teorie) Libri fondamentali di Chomsky: 1957  Syntactic structures, 1965  Aspects of the theory of syntax. Nel secondo volume lui fa una cosa particolare che gli verrà poi contestata (per la prima volta la linguistica si spacca in due) perché Chomsky bandisce in quegli anni qualunque riferimento all’aspetto sociale della lingua, la lingua è un fatto che prescinde dalla società, dalle condizioni nelle quali viene ad essere parlata, infatti inizia proprio così il suo libro. La sua idea è che il linguista si pone nei confronti della lingua come uno scienziato si pone nei confronti della drosofila quando i primi esperimenti per ricavare il DNA furono fatti su questo animale, si pone in una società ideale in cui si prescinde dalle condizioni sociali, da capacità di memoria a breve termine…aspetti incidentali che non vanno a toccare la prospettiva che sta adottando, cioè quella di studiare la lingua come un elemento che prescinde dalla società nella quale viene parlata. Questa è una sirena che per una cinquantina d’anni ha richiamato molti studiosi a dedicarsi a questo tipo di indagine con questo tipo di approccio. La sintassi per Chomsky è solo un fatto sintattico, si prescinde da aspetti che hanno a che fare con il significato, ma fin dagli anni ’60 sono cominciate delle critiche e qualcuno che si era accostato al suo approccio via via lo hanno abbandonato, oggi la scuola generativa non è più molto forte e molti delle ipotesi dalle quali partiva hanno ricevuto delle smentite e la discussione è più civile, ma continua ad esserci anche perché i generativisti hanno creato una loro terminologia nelle quali è difficile collocarsi. C’è una sintassi generativa e una non generativa molto più descrittiva e teoricamente blanda che è quella di tipo funzionalista e tipologico che è l’altra grande corrente. Il problema è quello di descrivere la sintassi, bisogna partire dal fatto che se la parola è unità della frase devo capire cosa è la frase. Fondamentalmente, sempre che possa essere accettata una sua definizione, è il costrutto che fa da unità di misura della sintassi. (definizione neutra e insoddisfacente) Può avere dei competitori che sono il termine proposizioni e soprattutto frase è un termine che è associato al termine di predicazione. Per noi, intuitivamente, la frase è un oggetto linguistico costituito da un verbo, un soggetto e un verbo (il verbo è il predicato, cioè quell’elemento che dice qualcosa di qualcos’altro) e questa è la frase tipica, ma non è vero che la predicazione (che è la caratteristica della frase) debba essere sempre espressa mediante un verbo, esiste un altro campo molto difficile ovvero quello delle frasi nominali (le frasi senza verbo), ma che tuttavia sono frasi predicative, io posso dire “questo paesaggio è bello” però posso anche predicare la stessa cosa dicendo (che però implica uno spostamento di parole e un’intonazione diversa) “Bello questo paesaggio”. Ovviamente quello che intendo comunicare con queste due frasi è leggermente diverso, nella seconda la forza elocutiva è accompagnata da altro, ci sono degli elementi emotivi che nella prima non emergono, la prima può essere una sempice frase descrittiva, la seconda è una frase in cui la componente emotiva è molto forte e pur essendo entrambe frasi predicative ci sono delle differenze. Quindi la frase è l’unità di misura della sintassi, essa viene associata alla predicazione che normalmente è una predicazione che si esprime attraverso un ordine soggetto, verbo ed eventualmente oggetto, ma non è detto che sia associabile solamente a questo tipo di frase, può essere associata non solo a una frase verbale ma anche a una frase nominale cioè priva del verbo, esiste cioè una predicazione non verbale fortemente emotiva e più che una sintassi denotativa esprime una sintassi connotativa. L’analisi in costituenti immediati non è abbastanza esplicativa: (Saussure) La mamma copre la torta di cioccolato Se ne faccio l’analisi in costituenti immediati ottengo semplicemente che prima divido i pezzi dal punto di vista del significato insieme: La mamma – copre la torta di cioccolato, appartengono a due blocchi diversi, due costituenti, però la mamma può essere diviso in la – mamma, abbiamo la classe dei determinatori come l’articolo e abbiamo il sostantivo, così pure “copre la torta di cioccolato” può essere diviso in copre – la torta di cioccolato  la torta – di cioccolato  la – torta / di – cioccolato. Questa analisi non è così ovvia se si ha che fare con lingue che appartengono a famiglie linguistiche molto diverse dalla nostra, nel nostro caso sembra superficiale perché non coglie alcune sfumature che sono essenziali, per esempio in questo caso l’analisi in costituenti immediati non coglie che questa frase è ambigua, non riesce a rappresentare l’ambiguità strutturale della frase. Il cioccolato potrebbe essere la sostanza con cui è fatta la torta oppure potrebbe essere una torta che viene ricoperta di cioccolato. La frase è ambigua, però ogni frase ha la sua rappresentazione strutturale che la disambigua. Per la discontinuità di “di cioccolato” abbiamo che la frase è ambigua, potrebbe essere “La mamma copre di cioccolato la torta”, mentre se la torta è fatta di cioccolato “di cioccolato” deve seguire, lo strumento concettuale con cui si cerca di superare questo tipo di ambiguità strutturale è il diagramma ad albero: Indicatore sintagmatico ad albero, che è uno dei primi modi proposti dalla grammatica generativa per la descrizione frasale, si parte da: Dormire e picchiare anche se sono due frasi sintatticamente simili, ma non identiche, la vera e propria frase con verbo transitivo è la prima (noi spesso utilizziamo terminologia che se analizzate si rivelano ambigue o insoddisfacente) Questa è un’analisi se io guardo alle funzioni sintattiche, ma se guardo alle relazioni semantiche che prescinde dalla codifica sintattica, ottengo: Giovanni picchia Alfredo: io ho un tipo di soggetto  Nelle frasi transitiva deve avere tre caratteristiche semantiche: deve essere agente, perché è un termine che mette in evidenza che è attivo, compie volontariamente l’azione inoltre ha il controllo. Allora il paziente sarà quello che avrà un ruolo meno agentivo possibile, subisce l’azione non volontariamente e avrà un controllo zero: Alfredo in questo caso. Per ogni complemento identificato o identificabile esiste un corrispettivo nel ruolo semantico. Es: Martino da un libro a Paola. Martino sarà il soggetto, ma da un punto di vista del ruolo semantico è agente, il libro è un paziente, a Paola visto che è colei alla quale viene un vantaggio di ricevere il libro il termine con cui si identifica il complemento di termine viene detto beneficiario. Martina da una sberla a Mauro: a Mauro  maleficiario. È difficile capire quanti sono i ruoli semantici, soprattutto in particolari grammatiche di alcune lingue. A proposito di agente e paziente ci sono delle cose da precisare In “Giovanni picchia Alfredo”, Giovanni è un agente che ha controllo sull’azione, ma se avessi “L’uomo vede la foca” (nelle lingue parlate in terre artiche esistono lingue dove questo è quello che accade davvero), ci si rende conto che nella prima frase il coinvolgimento di Giovanni non è confrontabile con l’uomo della seconda, non è una funzione agentiva “vedere”, non c’è volontarietà, è necessario vedere, non è sotto il nostro controllo. Quindi vedere è un verbo che ha una natura semantica diversa da picchiare, ci sono lingue dove questa distinzione viene grammaticalizzata, dove l’uomo vede e l’uomo picchia ricevono casi differenti perché nel secondo caso c’è una minore agentività: Usiamo il latino come se fosse una lingua a cui ci riferiamo (ma non lo è) LupuS agnUM necat. (il lupo uccide l’agnello, il complemento oggetto in questa declinazione è segnalato da m, quindi io capisco che il soggetto -s è Lupus e che il compl. ogg. è Agnum) Lupus currit. (il lupo corre)  il soggetto del verbo indipendentemente che si tratti di un verbo transitivo o intransitivo prende la stessa marca di caso, mentre la marca di caso del complemento oggetto è diversa da quella del soggetto, quindi il latino appartenevano a quelle lingue marcavano alla stessa marca di caso il soggetto detto nominativo, mentre quella per il complemento oggetto è l’accusativo. Esistono lingue che si comporterebbero così: Lupus agnum necat Se io ho un verbo intransitivo o di scarsa agentività: Lupum currit: siccome è un verbo intransitivo o scarsamente agentivo, il soggetto riceve la stessa desinenza di caso che l’oggetto riceve nella frase transitiva. Queste si chiamano lingue ergative (Ergon: lavorare, essere attivo) Il caso del soggetto di un verbo transitivo è nel caso ergativo, il soggetto di verbo intransitivo si mette nel caso assolutivo che è anche il caso del complemento oggetto di un verbo transitivo. Lingue tra le più diffuse al mondo. L’uomo cade e metto il caso ergativo e quindi è caduto volontariamente, se uso il caso assolutivo significa che è caduto involontariamente. Prendiamo questa frase: Marco rompe il vetro con la palla: analisi delle funzioni sintattiche oppure posso analizzare la frase identificando i ruoli semantici: Marco: soggetto nella funzione sintattica, dal punto di vista semantico è l’agente Il vetro: complemento oggetto, paziente Con la palla: complemento di mezzo/strumento, strumentale Passivo: Il vetro è rotto da Marco con la palla Il vetro: soggetto, paziente Da Marco: complemento d’agente, agente Con la palla: complemento di mezzo, strumento Da questo ne deduco che mentre io posso trasformare le funzioni sintattiche, i ruoli semantici non cambiano. A proposito delle funzioni sintattiche si è imposto un modello che oggi ha una certa rilevanza e che era stato proposto da uno studioso francese Lucien Tesniére: il modello valenziale, si parla di valenze perché è un’immagine presa dall’atomo dove c’è un nucleo attorno al quale ruotano i vari orbitali e così il nucleo della frase è considerato il verbo attorno al quale ruotano i vari orbitali, la valenza sono le posizioni sintattiche implicate dal predicato. Ogni verbo viene rappresentato come qualcuno che compie l’azione o lo stato del verbo, i verbi intransitivi sono i cosiddetti verbi monovalenti. Pietro corre: monovalente Pietro compra il libro: il verbo comprare ha due valenze perché abbiamo un soggetto e un complemento oggetto. Il signore abita a Rovigo: non è un verbo transitivo, però ha un secondo elemento obbligatorio, il problema è che io in termini normali dovrei dire che è un verbo intransitivo che però regge qualcosa di obbligatorio (oppure che è un verbo transitivo usato intransitivamente). Esempi in cui questo modello ha vantaggi rispetto alla descrizione tradizionale perché il modello di Tesniére prescinde dal fatto che si tratti di transitivi o intransitivi, vede quanti attanti ci sono. “il signore abita a Rovigo” ha due valenze, pur non essendo transitivo. Giovanni da un libro a Pinuccia: verbo trivalente (si tratta degli elementi obbligatori quindi la quadrivalenza o la tetravalenza è un po’ tirata) Se io avessi “Il signore abita a Rovigo per scelta” quindi con l’aggiunta di un complemento, per scelta non rientra tra le posizioni sintattiche implicate da abitare. Queste aggiunte vengono chiamate circostanziali perché non fanno parte delle valenze. Esistono verbi che non hanno valenza o zerovalenti che sono tipicamente i verbi impersonali: piove, albeggia, nevica. C’è stato un modo per superare nell’ambito delle recenti scoperte quella di superare i casi di “il signore abita a Rovigo…” e sono state proposte due etichette: all’interno dei verbi intransitivi sono stati individuati i verbi inaccusativi e i verbi inergativi. I verbi inaccusativi sono gli intransitivi che prendono il verbo essere come ausiliare. I verbi inergativi sono gli intransitivi che prendono il verbo avere come ausiliare. Giovanni è venuto: inaccusativo Franca ha telefonato: inergativo Terzo approccio: quello della struttura pragmatico-informativa Nella sua forma più essenziale è questo: Noi in una frase distinguiamo qualcosa di cui si predica qualcosa e chiamiamo Tema o Topic quello di cui si dice qualche cosa, Rema o Comment quello che viene detto sul Tema o Topic. Tema e Topic e Rema e Comment indicano più o meno la stessa cosa, ma sono due termini che non sono perfettamente sovrapponibili. Nell’analisi della struttura pragmatico-informativa della frase noi abbiamo casi  se io dico: Francesco è arrivato all’aeroporto alle sette  Francesco è il topic, è arrivato all’aeroporto alle sette è il comment, cioè di Francesco si dice che è arrivato all’aeroporto alle sette però va detto che di solito il topic viene all’inizio perché è l’elemento più noto, quello che da meno informazione se dico “Francesco è arrivato all’aeroporto alle sette” do per scontato che Francesco sia conosciuto da tutti e “è arrivato all’aeroporto alle sette” è un’informazione a proposito di Francesco però si capisce che all’intero di “è arrivato all’aeroporto alle sette” c’è un sintagma che è particolarmente importante che è “alle sette” perché è il punto di salienza massima dell’informazione, cioè arriva ad avere il suo picco di novità in “ alle sette”. Infatti di solito le cose più informative sono le ultime ad essere dette, questa posizione viene detta “in focus”. La frase scissa  Cleft sentences : “Giovanni ha vinto alla lotteria”, se io voglio mettere in evidenza un elemento lo scinderò in due e dirò “è Giovanni che ha vinto alla lotteria”, qui voglio mettere in evidenza Giovanni, ma posso anche dire “è alla lotteria che ha vinto Giovanni” e questa è una pseudo-scissa perché in realtà non scinde. Sono tecniche per mettere in evidenza alcuni elementi della frase. Quando poi si fa la struttura della frase è la cosiddetta deissi: mezzo con cui noi indichiamo qualche cosa, tecnica mediante la quale si collega il mondo reale all’universo del discorso, ci sono tre tipi: - Spaziale: e quella che parte da un punto che si chiama origo dove si trova l’io ed è il punto in cui avviene il momento dell’enunciazione, quando io dico la deissi spaziale e uso termini come qui, là, su, giù tutti questi termini devono essere interpretati sulla base del punto in cui si trova l’origo cioè dove si trova l’io “Là c’è una bicicletta”, il “là” sarà un elemento che dice: la bicicletta si trova in un punto lontano da quello in cui mi trovo io nel momento in cui parlo. Se dico “la bicicletta è qui”, qui indicherà un punto vicino a quello al punto in cui io sono nel momento in cui io parlo. Anche quando dico “questo, quello…” sono punti che non sono interpretabili se non in base al fatto che io sono qui che li dico ora. Se io dico “Giovanni è qui in giardino, la deissi è “qui” non “in Giardino”. Queste espressioni non sono riconducibili all’io che parla dall’origo, la stessa cosa vale anche per i casi di deissi temporale. - Temporale: quella cosa che si spiega tenendo conto che la collocazione nel tempo di quello che viene detto è passata solo perché è passato solo rispetto al momento in cui io la enuncio, quando dico “Giovanni è andato a casa” significa che nel momento in cui io dico ciò l’azione è già accaduta, quando noi parliamo di passato, presente o futuro è implicito che queste tre suddivisioni temporali sono tali solo perché sono in rapporto al momento in cui io enuncio. Se io dico “Giovanni disse che sarebbe andato al cinema”: Giovanni disse quindi ha già detto, “che sarebbe andato al cinema” è in relazione a “disse” non al momento in cui io lo enuncio. Quindi “disse” è deittico, “sarebbe andato” no. Ieri, domani… sono avverbi deittici perché sono in relazione con il momento in cui io parlo. - Personale o sociale: quella che riguarda i pronomi personali:  Io, tu, noi, voi sono pronomi deittici, perché interpretabili solo a partire dall’io.  Egli, essi, loro, ella sono pronomi anaforici (terza persona) perché la loro interpretazione c’è bisogno di riferirli ad un antecedente o ad un elemento seguente. Esempio: Martina ha vinto perché lei è molto brava. Quel “lei” si intrepreta riconducendosi a Martina, questa è l’anafora, qualcosa che rimanda a qualcun altro e io posso capire chi riempie questo pronome.
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