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INTRODUZIONE ALLA STORIA BIZANTINA - RAVEGNANI, Sintesi del corso di Storia Antica

Chiaro inquadramento delle caratteristiche salienti dell'impero d'oriente e una panoramica delle diverse fasi della sua storia che interessa tanto lo studente di storia bizantina quanto, in generale, quello di storia medievale.

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019
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Scarica INTRODUZIONE ALLA STORIA BIZANTINA - RAVEGNANI e più Sintesi del corso in PDF di Storia Antica solo su Docsity! Introduzione alla Storia Bizantina I. La storia di Bisanzio Bizantino è un termine moderno, in nessuna fonte tardoantica e medievale si trova questo termine; i sudditi dell'Impero sono chiamati generalmente Romani o, in momenti più avanzati della storia di Bisanzio, Romei, dalla traslitterazione del greco Rhomaioi, a testimoniare il senso di appartenenza all'eredità dell'esperienza imperiale romana, di cui i bizantini si consideravano gli unici legittimi depositari. L'impero, anche quando la realtà dei fatti si dimostrò diversa, fu sempre considerato dai suoi abitanti e governanti come unico ed eterno, in quanto voluto da Dio, che da Costantino in avanti riconosceva l'imperatore come proprio rappresentante in terra, e universale, in quanto romano. Se è facile datare la fine della civiltà bizantina (29 maggio 1453), più complesso è stabilirne l'inizio. Sono state avanzate diverse proposte: 324, inizio del governo di Costantino I; 330, inaugurazione di Costantinopoli; 395, divisione dell'impero alla morte di Teodosio I; 476, caduta della parte occidentale; 565, morte di Giustiniano I; 610, inizio del regno di Eraclio, e via così... È ormai accettato come la transizione dal mondo tardoantico a quello pienamente bizantino sia stato un processo lento, ed è dunque inutile cercarne un'origine, definendo come bizantino quanto avviene dal IV secolo in avanti, ferme restando alcune imprescindibili caratteristiche: • Burocratizzazione • Assolutismo imperiale • Cristianizzazione dello Stato Le prime due sono tranquillamente riconducibili alla riforma tetrarchica di Diocleziano (284-305), mentre la terza risale, ovviamente, a Costantino I. II. Da Roma a Bisanzio Al crollo del sistema tetrarchico, nel 307, scoppiò una lunga serie di conflitti, durante i quali sei augusti si contesero il trono, terminati solo nel 324, con la vittoria di Costantino I. Nominato cesare nel 306 in quanto erede del padre Costanzo Cloro, nel 312 vinse il rivale Massenzio nella battaglia di Ponte Milvio, convertendosi, secondo la tradizione, alla religione cristiana, che venne riconosciuta e tollerata dallo stesso Costantino col celebre editto di Milano del 313. Una volta divenuto unico imperatore, fece costruire una nuova capitale, sull'antica città di Bisanzio, e nel 330 venne inaugurata solennemente Costantinopoli. Tale atto non fu effettivamente rivoluzionario, in quanto da tempo Roma non era più la sede degli imperatori, e anzi la capitale corrispondeva alla sede imperiale. In più la nuova città era sita in un luogo strategicamente favorevole, sia militarmente che economicamente, il che ne determinò una rapida crescita politica: venne dotata di un Senato di rilievo, ottenne un prefetto cittadino ed elargizioni di grano (diritti solo dell'Urbe fino ad allora), e, nel 451, in seguito al concilio di Calcedonia, divenne sede episcopale equiparata a Roma, diventando uno dei 5 patriarcati (Roma, Costantinopoli, Gerusalemme, Antiochia, Alessandria). Il Senato costantinopolitano, per quanto ovviamente sottomesso all'autorità imperiale, ricopriva una certa importanza nei momenti di successione. Se l'imperatore morente aveva eredi legittimi, i senatori si limitavano a ratificarne l'elezione; in caso contrario era loro pieno diritto scegliere un nuovo imperatore, e tale diritto venne esercitato fino al VII secolo. Altra grande innovazione è però la compenetrazione fra cristianesimo e istituzioni, conseguenza naturale della grande capacità di diffusione della nuova religione. Tale fenomeno non fu però privo di problematiche, come i rapporti col paganesimo furono complicati e conflittuali, cui si tentò di porre rimedio con i Concili. Il primo di essi si svolse a Nicea, nel 325, e fu convocato dall'imperatore stesso per risolvere le questioni di fede, principalmente in quanto legate all'arianesimo, dottrina proposta dall'alessandrino Ario, secondo la quale il Figlio era Creazione del Padre. Tale dottrina fu condannata ufficialmente nel concilio, e nonostante alcuni tentativi di recupero, fu infine messa al bando, soppiantata dal dogma della consustanzialità, ovvero la perfetta identità Padre/Figlio. Tuttavia data la sua relativa semplicità, fu spesso adottata dai barbari, creando un'ulteriore divisione con gli indigeni bizantini. Vicende dinastiche varie Costantino lasciò l'impero ai tre figli Costante, Costanzo II e Costantino II, con Costanzo II che si accattivò subito l'esercito organizzando il funerale del padre. Nel 337 si assistette ad una strage in seno alla famiglia imperiale, con la morte dei nipoti di Costantino I, Dalmazio e Annibaliano, e la tripartizione dell'impero tra i tre figli del vecchio imperatore. Nel 340 Costantino II morì, ucciso per ordine di Costanzo II, mentre nel 350 Costante venne spodestato e ucciso dall'usurpatore Magnenzio, a sua volta ucciso nel 353 da Costanzo II, rimasto unico imperatore. Tuttavia nel 360 si presentò un nuovo attore sul già confuso scenario, il cugino di Costanzo II, Giuliano: già nominato cesare nel 355, venne acclamato imperatore dalle proprie truppe; la guerra civile venne evitata perché Costanzo II morì improvvisamente nel 361, lasciando Giuliano unico imperatore. Costui, ultimo a tentare la restaurazione del paganesimo (guadagnandosi così l'appellativo di Apostata), morì nel 363 combattendo i Persiani. Dopo una breve parentesi con Gioviano, nel 364 divenne imperatore Valentiniano I, ufficiale d'origine pannonica, che divise l'impero associandosi come augusto il fratello Valente (364-378), cui vennero affidate le regioni orientali. Nonostante una buona gestione, Valente è ricordato principalmente per la disastrosa questione dei Visigoti. Nel 376, spinti dagli Unni, costoro chiesero il permesso di stabilirsi in Tracia, ottenendo l'autorizzazione dell'imperatore, che sperava di poterli utilizzare a proprio vantaggio. Tuttavia i rapporti si fecero presto tesi, a causa delle vessazioni subite dai funzionari imperiali, insieme alle ulteriori pressioni di altre popolazioni da nord: lo scontro militare fu inevitabile, ma Valente non attese i rinforzi dell'imperatore d'Occidente Graziano, sovrastimando le proprie forze: la battaglia di Adrianopoli (378) si risolse in un massacro, lo stesso imperatore morì in combattimento. Il nuovo imperatore d'Oriente, Teodosio, innanzitutto pacificò la situazione coi Visigoti, lasciati vivere come foederati in • Prammatica Sanzione: testo legislativo con cui si ristabilì il dominio imperiale in Italia, tentando di ricostruire le fortune del ceto senatorio, uscito a pezzi dal conflitto, come un po' tutta la penisola, duramente provata dal punto di vista demografico, economico, agricolo. • Corpus Iuris Civilis: nel 528 Giustiniano nominò una commissione di giuristi che raccogliesse tutta la legislazione fino ad allora emessa. Il risultato, nella prima edizione del 529, ma soprattutto nella seconda del 534, fu il Corpus Iuris Civilis, un corpo centrale di norme sul quale riorganizzare tutto l'apparao giudiziario. Esso era diviso in quattro parti, le prime tre in latino, la quarta in greco (a testimonianza del cambiamento culturale in corso nell'impero): 1) Codex Iustinianus, raccoglie tutte le leggi promulgate dal II secolo fino al 534. 2) Institutiones, manuale con i principi base del diritto, ad uso degli studenti delle università bizantine. 3) Digesto, raccolta di sentenze e responsi dei maggiori giureconsulti romani. 4) Novelle, leggi nuove emesse dopo la pubblicazione del Codex, con successive integrazioni. • Abolizione della vendita del suffragium: nel 535 venne abolita la vendita delle cariche pubbliche. Fino ad allora, infatti, esse venivano comprate dai privati, versando la quota d'acquisto nelle casse statali; gli acquirenti poi tendevano a rifarsi della spesa facendosi lautamente corrompere, determinando il cattivo funzionamento dell'apparato burocratico. • Attività edilizia: molto intensa. Si ricostruiscono Santa Sofia, nella forma giunta fino a noi, e soprattutto si da un impulso prepotente all'edilizia militare. • Straordinaria fioritura culturale • Repressione delle minoranze religiose (vittima più illustre fu la scuola filosofica di Atene, chiusa nel 529) • Quinto concilio ecumenico di Costantinopoli, nel 553 Alla morte di Giustiniano il potere passò al nipote Giustino II, uno squilibrato; l'impero fu retto da Sofia, nipote di Teodora, che fece associare all'imperatore il comes Tiberio I, il quale si associò il proprio comes Maurizio, che nel 582 divenne imperatore. Costui era un valente generale, che si battè validamente con i Persiani, finché non venne eliminato in una congiura che portò sul trono un usurpatore di nome Foca. Nel frattempo l'impero mostrava però profondi segni di squilibrio e di criticità. Le grandiose politiche giustinianee avevano dissanguato le finanze imperiali, le riconquiste occidentali si rivelarono ben presto difficilmente difendibili: la Spagna venne persa già verso il 570, l'Africa fu attraversata da rivolte indigene, l'Italia venne invasa dai Longobardi nel 568. A inizio 570 l'intera pianura padana, salvo rari casi isolati, era in mano longobarda, e gran parte della penisola venne persa negli anni successivi. • Esarcato d'Italia (o Ravenna): istituito nel 584, prevedeva una forma di organizzazione militare del territorio; le autorità civili bizantine non sparivano del tutto, ma erano subordinate alle autorità militari (magistri militum, duces e tribuni) nominate dall'Esarca, a sua volta nobile nominato dall'imperatore, governatore relativamente autonomo. I territori controllati dall'esarcato a inizio VII secolo comprendevano il litorale ligure (perso mezzo secolo dopo), l'Istria e Venezia (quasi solo zone costiere), la zona dell'Emilia-Romagna fino ad Ancona, parte dell'Umbria, Roma e il Lazio, il litorale abruzzese, la costa Campana, la Puglia, gran parte della Calabria, le isole. Anche nei Balcani la situazione era critica: le scorrerie degli Avari e gli insediamenti di Slavi (nelle zone liberate dai Longobardi) furono incessanti per oltre un ventennio, dalla morte di Giustiniano in avanti. Vi fu una sostanziale ripresa a fine VI secolo, con Maurizio, quando il fronte italiano si era più o meno assestato e quello persiano era pacificato: i barbari vennero ricacciati oltre il Danubio, Belgrado fu ripresa, ma il malcontento delle truppe fu alla base della rivolta del 602 che pose fine al regno di Maurizio. III. Da Eraclio agli iconoclasti (610 – 717) In questa fase l'impero dovette combattere per sopravvivere agli attacchi esterni, Persiani e Avari-Slavi prima, Arabi e Bulgari poi, dovendo spesso gestire i diversi fronti contemporaneamente. La difficile situazione esterna comportò un tracollo culturale ed economico senza precedenti in quell'area dell'impero, da cui conseguirono una notevole serie di cambiamenti sociali e istituzionali: da qui in avanti l'impero divenne prettamente bizantino, accentuando i propri caratteri orientali e distaccandosi dalle origini romane. L'impero costantinopolitano acquistò una propria fisionomia, senza tuttavia rinunciare a considerarsi erede unico dell'impero romano. Le riforme promulgate in questo periodo, che modificarono pesantemente l'assetto istituzionale imperiale, furono comunque frutto di un processo di trasformazione graduale, in conseguenza dei continui cambiamenti affrontati a livello territoriale, politico, economico. Le principali magistrature d'eredità romana sparirono, le loro competenze spartite in diversi uffici/cariche; altre dignità rimasero come semplici titoli onorifici, privi di qualunque ruolo effettivo. La principale riforma dell'età di mezzo è senza dubbio quella dei temi, ove thema stava a significare "corpo d'armata": essa prevedeva la fine dell'esercito professionista, liberando l'impero da un elemento di instabilità politica e da un'importante voce di spesa, tramite una militarizzazione della società e del territorio, resa necessaria dalla perenne emergenza bellica. Esso veniva sostituito da un esercito di soldati-coloni, i quali ricevevano dallo stato un fondo da coltivare, in cambio della prestazione militare: la dislocazione delle truppe nel tema, il nuovo distretto amministrativo, era supervisionata dallo stratego, capo militare che ricopriva al contempo ruoli militari e amministrativi. Si giunse così ad una doppia modifica: dal punto di vista civile si ottenne un forte ceto di piccoli/medi proprietari terrieri, fonte sicura di gettito fiscale; dal punto di vista militare un esercito "nazionale" più motivato ed efficiente. Altro elemento di cambiamento fu la rinnovata presenza della Chiesa nella vita pubblica: dal 641 in avanti l'incoronazione dell'imperatore avvenne in Santa Sofia, e non più di fronte alle truppe. Infine, il greco divenne lingua ufficiale, a discapito del latino. L'inizio del VII secolo, con l'usurpazione di Foca, segnò uno dei punti più bassi della storia imperiale, caratterizzato da terrorismo nei confronti degli avversari politici e dal tracollo dei fronti balcanico e, soprattutto, orientale, con i Persiani che nel 608 giunsero ad accamparsi a Calcedonia, sul versante asiatico dei Dardanelli. Di fronte a questa tragica situazione l'esarca di Cartagine, Eraclio, si ribellò, allestì una flotta e un esercito, prendendo rapidamente Costantinopoli grazie al supporto popolare. Una volta ottenuta la porpora imperiale si concentrò sul conflitto coi Persiani, tenendo buoni gli Avari e gli Slavi con il pagamento di forti tributi. Inizialmente disastrosa (nel 614 cade Gerusalemme, nel 619 l'Egitto) la guerra venne successivamente condotta da Eraclio in prima persona, che nel 622 occupò l'Armenia, rimuovendo il regime filo-persiano che vi era stato installato. Nel 626 venne definitivamente rotto l'assedio congiunto Slavo-Persiano a Costantinopoli, e la controffensiva conseguente portò Eraclio fino in Persia: nel 627 venne presa Ninive e nel 628 la Persia s'arrese. Tuttavia tali vittorie risultarono pressoché inutili, perché dal 633 in avanti l'espansione islamica degli Arabi ribaltò il tavolo. La Persia di fatto sparì nel 642, annessa al califfato, mentre Bisanzio, attaccata nel 633 subì una repentina e progressiva erosione di territori. Nel 635 cadde Damasco, nel 636 la Palestina, nel 638 tutta l'area Siro-palestinese, nel 639 l'Egitto, nel 640 l'Armenia e la Mesopotamia. Tale tracollo si spiega sostanzialmente con tre fattori: • fanatismo arabo in combattimento • esaurimento delle truppe imperiali dopo vent'anni di guerre persiane • sostegno delle popolazioni locali (in gran parte monofisite) al regime arabo, più tollerante di quello bizantino. Alla morte di Eraclio, nel 641, il governò passo al figlio, che morì dopo solo tre mesi, e ad una reggenza della seconda moglie e del figlioccio, subito rimossi dal Senato di Costantinopoli, che in questo momento rappresenta una forza politica fondamentale. Lo stesso Senato conferì il potere al nipote undicenne di Eraclio, Costante II, la cui reggenza fu tenuta, guardacaso, dal Senato, che ebbe comunque le proprie grane da gestire: le incursioni arabe si fecero sempre più spinte, e già da metà anni '40 iniziarono a devastare l'Asia Minore; in più, sempre nello stesso periodo, gli Arabi divennero una potenza navale, rompendo la talassocrazia bizantina e conquistando Cipro, Rodi e Coo. La guerra civile in seno al califfato fra Alì e i suoi rivali (655) fu un toccasana per Bisanzio, che potè consolidarsi sulle proprie posizioni e dirottare truppe nei Balcani, sconfiggendo a più riprese gli Slavi e ricacciandoli a nord, in Macedonia. A questo punto Costante II tentò di ristabilire l'ordine anche in Italia, e vi si trasferì nel 663, prima in Puglia e poi in Sicilia. Le pesanti fiscalità e i metodi di governo brutali condussero al suo assassinio a Siracusa, nel 668. Il successore, Costantino IV, ritornò in fretta a Costantinopoli, nuovamente minacciata dagli Arabi (673), che la assediarono per quattro anni. L'attacco fallì, probabilmente grazie all'invenzione del fuoco greco, una miscela ignota in grado di bruciare anche sull'acqua che fece strage degli assedianti. Il califfo Muawiya si ritirò, pagando un tributo, e per il momento il fronte orientale venne sistemato. Contemporaneamente, tuttavia, era sorta un'altra minaccia, la formazione dell'Impero Bulgaro, costituitosi nei territori slavi attorno al 680. Gli sforzi militari bizantini, tanto via terra quanto via mare, non riuscirono ad arrestare la formazione di uno stato nazionale, il quale avrebbe presto inglobato anche le altre formazioni slave, che nell'843 stabilì definitivamente e solennemente la restaurazione del culto delle immagini. V L'apogeo dell'impero (843 – 1025) In questo periodo l'impero giunge al proprio massimo splendore; finirono le grandi lotte religiose e la serie di usurpazioni; si riaffermò la potenza militare imperiale, con la sottomissione dei Bulgari e le fortunate campagne orientali contro gli Arabi; la stabilità politica condusse alla stabilità economica, le quali concorsero alla rifioritura culturale, a livello letterario/artistico e universitario. Michele III Figlio di Teofilo, passa alla storia come l'ubriacone, ma sono innegabili alcuni suoi meriti; primo fra tutti la ripresa della lotta contro gli Arabi, in Asia Minore, con esiti positivi, a causa anche del periodo di decadenza attraversato dall'Islam in quel periodo, diviso in emirati tra loro rivali. Altro risultato di rilievo fu la cristianizzazione dei Bulgari, ad opera di Cirillo e Metodio, ad opera dei quali si dotarono i Bulgari di un proprio alfabeto e, alla fine di alcune controversie, un arcivescovo proprio. Sotto il suo regno, inoltre, venne fondata una nuova università a Bisanzio, per opera dello zio del re, Barda, il quale, nell'858, impose un nuovo patriarca, Fozio, più allineato alle posizioni del regime. Tale nomina fu causa di uno screzio con il papa Niccolò II, che giudicò tale patriarca illegittimo, arrivando alle scomuinche reciproche nell'861. La controversia continuò fino all'867, quando Michele III venne assassinato dal proprio co-imperatore, Basilio. Basilio I il Macedone Nato da una povera famiglia di Adrianopoli, con una stupefacente scalata sociale, dopo aver assassinato Michele III, divenne imperatore, dando origine alla dinastia macedone. Per prima cosa tentò di ricomporre, lo strappo con Roma, deponendo Fozio e reintegrando il predecessore Ignazio, senza grande successo. Riprese in seguito una politica estera aggressiva, consolidando le presenze bizantine in Dalmazia (ove fu costituito un nuovo tema), Italia meridionale (riconquista pressoché totale di Puglia, Calabria, Lucania), Oriente (spingendosi fino all'Eufrate). L'opera di evangelizzazione degli Slavi proseguì con successo, con la conversione dei Serbi. Infine, nell'875 venne richiamato Fozio, successivamente (879) reintegrato al seggio patriarcale con il benestare papale. Leone VI Alla morte di Basilio nell'886 gli succedette il secondogenito Leone, che per prima cosa allontanò Fozio, per poi concentrarsi sulla politica estera, con alterne vicende. Se, infatti, le operazioni di consolidamento in Oriente furono efficaci, e in Italia si assistette addirittura ad un'espansione in Campania, con la presa di Benevento, i Bulgari inflissero numerose sconfitte in Tracia, e gli Arabi registrarono diversi successi, navali e non, nel mar Egeo, prendendo addirittura Tessalonica. In politica interna, invece si segnala la redazione dei Basilikà, sessanta libri di raccolta di leggi interamente in greco, molto più sistematica e funzionale del Corpus giustinianeo, futura base del sistema giuridico costantinopolitano. Infine, vi furono una serie di screzi con la chiesa a causa dei 4 matrimoni del sovrano, dal momento che la legislazione vigente ne impediva più di due. Alla sua morte di fu un periodo di grande confusione, dopo che il successore, il fratello Alessandro, morì dopo solo un anno di reggenza, che venne poi mantenuta dalla vedova imperiale Zoe. Nel frattempo si trascinarono gli strascichi della questione dei 4 matrimoni di Leone VI, con il ritorno del deposto patriarca Nicola Mistico, ostile a Zoe. Il caotico quadro, incasinato ulteriormente dai Bulgari che attaccarono a più riprese l'impero, e vennero tenuti buoni solo con ingenti tributi, fu risolto con l'usurpazione di Romano I Lecapeno, stratego navale. Romano I, fu il primo dei tre usurpatori d'età macedone, usurpatori che si contraddistinsero per il rispetto apparente della legalità, mantenendo sul trono i legittimi sovrani, senza tuttavia che costoro avessero il benché minimo potere. La questione dei 4 matrimoni venne risolta con un sinodo nel 920, in cui sostanzialmente non si diede torto a nessuno, riaffermando però la condanna di matrimoni ulteriori dopo il terzo. In campo militare Romano I ottenne diversi successi: la pacificazione del fronte bulgaro, spettacolari successi navali contro gli Arabi, contro gli invasori settentrionali Russi, vittorie in Mesopotamia e Armenia. Infine, egli si dedicò con vigore a legiferare in campo agricolo, contrastando i gradi latifondi che andavano formandosi, tramite il provvedimento della protimesis, che tuttavia si rivelò relativamente inefficace. Tale provvedimento, infatti, venne proposto una prima volta nel 922, e una seconda nel 934, a testimonianza di come la prima legge non avesse sortito gli effetti sperati, a causa del conflitto di interessi a livello burocratico: infatti, i funzionari che avrebbero dovuto applicare le norme in questione, erano a propria volta aristocratici latifondisti, ed essi, molto spesso, sabotarono le stesse leggi che avrebbero dovuto applicare. Romano I venne deposto dai figli nel 944, timorosi di perdere i diritti alla successione, ma una sollevazione popolare acclamò il legittimo imperatore Costantino VII, detto il Porfirogenito, "nato nella porpora", a testimonianza di come si fosse ormai affermata una cultura di legittimità dinastica. Egli non determinò grandi cambiamenti nella linea di governo: la politica agraria rimase immutata; le fortune militari un po' più alterne, ma senza scossoni sostanziali; grande impulso fu dato alle arti e alla diplomazia con le corti estere. Da Romano II a Basilio II A Costantino VII successe il figlio Romano II, sovrano dissoluto, morto giovanissimo, lasciando i figli in tenerissima età. La vedova Teofano assunse la reggenza, e per consolidare la propria posizione sposò il vecchio e glorioso generale Niceforo II Foca, fresco riconquistatore di Creta, che tuttavia non mise in dubbio la legittimità della successione dei due bambini. In quanto esponente aristocratico, limitò le misure contro il latifondismo laico, rivolgendosi contro quello ecclesiastico e monastico, e in quanto militare di carriera consolidò la potenza bizantina, con nuove conquiste in Siria, il recupero di Cipro e la respinta delle invasioni di Ottone I di Sassonia in Sud Italia. Tuttavia la sua severa politica fiscale creò un ampio fronte di malcontento, che sfociò in un complotto: Niceforo II venne ucciso, e divenne imperatore l'amante di Teofano, reggente imperiale, Giovanni Zimisce, a propria volta valente generale. Costui infatti conseguì grandi successi diplomatici (pace con Ottone I, alleanza coi Russi), militari (conquista di parte della Bulgaria fino al Danubio e di gran parte del Medio Oriente). Alla sua morte Basilio II, figlio di Romano II, era ormai diciottenne, e si staccò dalla reggenza del prozio, l'eunuco Basilio, affrontando in seguito numerose rivolte da parte dell'aristocrazia proveniente dall'Asia Minore (bacino della classe militare), guidate principalmente da due personaggi, Barda Foca e Barda Sclero, con alterne vicende. Basilio II ebbe definitivamente ragione dei ribelli solo nel 989, grazie al decisivo apporto del principe Russo Vladimiro di Kiev, che fu ricompensato con l'immenso onore di sposare la sorella dell'imperatore, convertendosi al cristianesimo, e trascinando definitvamente la Russia nella sfera d'influenza bizantina, con conseguenze di lunghissimo periodo. L'aristocrazia uscì a pezzi dalle fallimentari ribellioni, e Basilio II si dedicò nuovamente alla legislazione in campo agricolo; con un editto del 996 decretò che tutte le terre di proprietà privata acquistate dai latifondisti dopo il 922 fossero restituite ai poveri, senza alcun indennizzo, mentre le terre originariamente di proprietà dello Stato vi sarebbero tornate, gratuitamente. Tali misure furono applicate con radicale severità, contro i latifondi sia laici che ecclesiatico/monastici. Inoltre si dedicò con energia anche sui vari teatri di guerra, principalmente quello bulgaro: le campagne nei Balcani iniziarono nel 990, e proseguirono con alterne vicende fino al 1014, quando l'intero esercito Bulgaro venne accerchiato, disarmato e accecato. Nel 1018, infine, la Bulgaria venne definitivamente annessa all'impero. VI La crisi dell'XI secolo (1025-1081) I sovrani che si susseguirono dopo Basilio II, in prevalenza esponenti dell'aristocrazia civile pro-latifondismo, condussero Bisanzio alla decadenza in un cinquantennio. La sconsiderata gestione della questione agricola portò alla decadenza del sistema dei temi e dell'esercito tradizionale, sostituito con truppe mercenarie. La crisi dell'apparato militare si verificò in contemporanea alle spinte espansioniste di nuovi nemici esterni, in particolare Normanni e Turchi Selgiuchidi, che ridussero notevolmente le frontiere dell'impero. Infine, nel 1054 la frattura religiosa con Roma divenne irreversibile. I principi consorti L'impero nel 1025 passò al fratello di Basilio II, Costantino VIII, che morì nel 1028, designando come proprio successore Romano III Arigro, costretto a divorziare per sposarne la figlia Zoe. Esponente dell'aristocrazia latifondista, si distaccò pesantemente dalla linea politica di Basilio II, trascurando il rigido controllo dei conti, abbuonando il tributo dovuto dai latifondisti, non applicando le leggi formalmente suddita di Bisanzio) ma sempre alleata dell'impero. La morte del Guiscardo, nel 1085, risolse la questione, ma le conseguenze dell'intreccio veneto/bizantino dureranno secoli. Nel 1082, infatti, per ricompensare l'alleata, Alessio emise un crisobullo a favore di Venezia, nel quale venivano concessi: • nomina di protosebastos (massima onoreficenza disponibile, assegnata ai membri della famiglia imperiale) per il doge e i suoi successori, oltre al relativo stipendio • il patriarca di Grado veniva elevato al rango di ypertimos, massima onoreficenza in campo ecclesiastico • un quartiere di Costantinopoli, dotato di tre scali marittimi, una chiesa e un forno • totale esenzione fiscale per i mercanti veneziani in numerosi scali commerciali imperiali (per ora esclusi mar Nero, Cipro e Creta). Questo crisobullo, dal punto di vista dei contemporanei e dell'imperatore, veniva concesso a una popolazione i cui traffici mercantili dovevano essere relativamente contenuti (quantomeno non preoccupanti), ma gli enormi vantaggi previsti avrebbero presto dato ai veneziani un peso politico importante. Una volta chiusa la partita con i Normanni, Alessio si rivolse a Nord, verso le tribù dei Peceneghi che minacciavano la capitale stessa, forti di un accordo con i Turchi. Alessio I ricorse alla diplomazia, scatenando vittoriosamente i propri alleati Cumani (altra tribù russa) contro i Peceneghi e suscitando una rivolta a Smirne che costrinse l'emiro locale a togliere l'assedio a Costantinopoli (1091). Mentre si preparava una spedizione contro l'ultimo grande pericolo, i Turchi, l'arrivo della prima crociata cambiò le carte in tavola. L'entusiasmo occidentale per l'appello in difesa della cristianità orientale lanciato da papa Urbano II al concilio di Clermont-Ferrand (1095) aveva portato alla costituzione di una grande armata diretta verso est, convinta di trovare a Bisanzio supporto e accoglienza. I bizantini, invece, guardavano con sospetto tale iniziativa: la tradizionale diffidenza verso gli occidentali, arroganti e avidi, diffuse l'idea che la lotta agli infedeli fosse solo una scusa per impadronirsi delle ricchezze imperiali. In ogni caso Alessio non era materialmente in grado di opporsi all'arrivo dei crociati. Crociati che giunsero in diverse ondate e in diverse modalità: i pellegrini di Pietro l'Eremita, giunti allo sbando dopo aver saccheggiato le terre imperiali, furono impossibili da tenere a bada, e vennero subito traghettati oltre il Bosforo, dove furono presto sterminati dai Turchi; i signori feudali, invece, giunsero con le proprie armate tra fine 1096 e inizio 1097, non senza incidenti, comunque accolti da Alessio I, le cui prerogative erano liberarsene il prima possibile, ma in maniera funzionale all'impero, cioè concludendo accordi per il riottenimento dei vecchi possedimenti imperiali in Asia Minore. L'accordo fu siglato, e sugellato da reciproci giuramenti: le terre ex- bizantine sarebbero state restituite, in cambio di supporto logistico e militare alla spedizione. Tuttavia dopo un'iniziale collaborazione, nel 1098 i rapporti si incrinarono, a causa della costituzione di possedimenti latini (contea di Edessa, principato di Antiochia) nelle terre reclamate dall'imperatore, che dovette quindi portare guerra aperta in Medioriente a Boemondo, figlio del Guiscardo, sconfiggendolo solo nel 1108. Giovanni Comneno Successore del padre Alessio I, morto nel 1118, ne proseguì l'opera, riprendendo le guerre con i Selgiuchidi in Oriente e liberandosi per sempre del problema dei Peceneghi, schiantati nel 1122. Espanse e consolidò la presenza bizantina nei Balcani, sconfiggendo a più riprese i Serbi e limitando (quasi sempre diplomaticamente) l'Ungheria. Chiuse inoltre il problema dei principi latini in Siria, prendendo Antiochia nel 1137, oltre a riconquistare dai Turchi gran parte dell'Asia Minore. Infine, i rapporti con Venezia. Nel 1119, appena salito al trono, rifiutò di rinnovare il crisobullo paterno, probabilmente perché non reputava più necessario l'aiuto navale veneziano, o perché l'atteggiamento arrogante dei mercanti stranieri era mal tollerato dai sudditi. Fatto sta che a tale rifiuto, disastroso per Venezia, seguirono anni di rappresaglie navali, cui la debole flotta bizantina non potè porre rimedio, costringendo dunque Giovanni a rinnovare (con alcune aggiunte) il trattato, nel 1126. Manuele I Comneno Espressamente designato dal padre per le notevoli capacità politico/militari dimostrate, nonostante fosse il quartogenito, fu un sovrano del tutto nuovo per Bisanzio. Egli infatti amava le usanze cavalleresche occidentali, e le introdusse a corte, senza rinunciare ai propositi universalistici tradizionali, perseguiti diplomaticamente e militarmente, con grande energia ma anche con diverse problematiche. La guerra contro i Turchi, iniziata favorevolmente nel 1146, venne interrotta per colpa della seconda crociata, che seguì sostanzialmente lo stesso copione della prima. Il Re di Germania, Corrado III, giurò di non agire contro l'impero, e ottenne in cambio supporto logistico e militare; ciononostante i primi scontri si ebbero già dal lato europeo del Bosforo, e furono il preludio del totale fallimento bellico, con la vittoria totale dei Turchi in Asia Minore. La crociata si risolse in un disastro per gli occidentali, ma anche Bisanzio ne uscì malissimo, perché la propaganda latina le attribuì l'intera colpa del fallimento, lamentando sabotaggi e tradimenti. Inoltre, approfittando della tesa situazione a Costantinopoli, i Normanni presero Corfù e sbarcarono in Grecia (1147), saccheggiando Tebe e Corinto. I territori vennero ripresi solo nel 1149, grazie al decisivo intervento di Venezia, che ebbe in cambio la riconferma del crisobullo. Nonostante le dichiarazioni d'intenti dei re di Germania (Corrado III prima e Federico Barbarossa poi), Manuele I fu costretto ad agire da solo in Italia, in funzione anti- normanna, contro anche il parere degli alleati veneziani. L'impresa, inizialmente favorevole (presa di Taranto nel 1156), fallì definitvamente due anni dopo, e i bizantini furono costretti ad abbandonare la penisola, minando gravemente le relazioni diplomatiche con gli imperatori d'occidente e con Venezia. Con quest'ultima città i rapporti si fecero sempre più tesi, anche per via delle grandi vittorie e conquiste riportate da Manuele in Dalmazia, Istria, Croazia, tutte zone in cui i veneziani avevano forti interessi. Così, quando nel 1167 Venezia rifiutò di fornire supporto in una spedizione contro l'Ungheria, Manuele decise di risolvere radicalmente il problema: nel 1171 venne emanato un ordine simultaneo di cattura dei mercanti veneziani in tutte le province dell'impero, il crisobullo revocato, le merci confiscate. Pochissimi veneziani scamparono, e la reazione militare veneta non tardò, senza tuttavia ottenere grandi risultati: fu solo nel 1179, in seguito ad un trattato fra Venezia e i re normanni di Sicilia che Manuele tornò sui propri passi, riaprendo le trattative, con rilascio di prigionieri. Tuttavia la serie di successi riportati da Manuele poggiava su basi fragili, prevalentemente sulle sue abilità e sul suo prestigio personale: quando nel 1176 l'armata imperiale venne fatta a pezi dai Turchi a Miriocefalon, esplose il malcontento popolare, fomentato da anni di elevatissima pressione fiscale. Quando Manuele I morì, lasciando irrisolti tanto il fronte turco quanto quello veneziano, l'impero si sgretolò repentinamente. La fine dei Comneni Il clima di antilatinismo diffusosi a corte in seguito alle strambe politiche di Manuele si coagulò attorno ad Andronico I Comneno, dopo il breve regno del figlio di Manuele I, Alessio II. Egli si pose a capo di una rivolta antigovernativa, che aveva come proprio fulcro l'ostilità per gli occidentali e la nostalgia per la tradizionale chiusura bizantina; la mancata integrazione e le differenze religiose (oltre che i privilegi concessi) avevano reso invisi i latini, al punto che alcuni vennero massacrati dalla folla aizzata da Andronico al suo ingresso a Costantinopoli (1183). Tuttavia l'isolamento diplomatico di Bisanzio, causato dalla rottura con Genova e Pisa, in seguito al massacro di cui sopra, era un problema pesante, cui Andronico pose rimedio riavvicinandosi a Venezia: nel 1183 venne ripristinata l'alleanza, ripristinato il crisobullo, restituiti i prigionieri, pagata un'indennità in oro (ma non saldando l'intero ammontare dei danni subiti sotto Manuele I). Sul fronte interno, invece, egli tentò eliminare alcune degenerazioni della P.A. (come la vendita di cariche o l'inefficienza fiscale), ma perseguì tali scopi tramite brutalità e terrore, che gli alienarono presto le simpatie della classe militare, duramente colpita. Anche per questo l'esercito non fu in grado di respingere Ungheresi e Serbi a Nord, e, soprattutto, non riuscì a impedire il saccheggio di Tessalonica operato dai Normanni nel 1185, in seguito al quale i cittadini di costantinopoli si sollevarono e, inferociti, linciarono Andronico. Gli Angeli Esponenti della nobiltà feudale uscita vittoriosa dal confronto col governo centrale, posero sul trono per primo Isacco II Angelo, che respinse efficacemente i Normanni, subendo però pesanti sconfitte altrove. Di particolare gravità fu la rivolta in Bulgaria del 1185, contrastata invano fino al 1187, quando Isacco II fu costretto ad accettare la formazione di un nuovo stato bulgaro. Poi, manco a dirlo, una terza crociata (1189), grave minaccia anche stavolta, perché guidata dal Barbarossa, acerrimo nemico di Bisanzio dai tempi di Manuele I. Egli, infatti, si alleò con Serbi e Bulgari in funzione antibizantina, e saccheggiò i dintorni Nicea e la restarazione bizantina Nel 1224 divenne imperatore niceano Giovanni III Ducas, che sottomise l'Asia Minore latina e buona parte della Tracia, ove occupò Adrianopoli. Si venne a formare dunque un trio di pretendenti per Costantinopoli: l'Epiro, la Bulgaria di Ivan II, e Nicea. I Bulgari, per prima cosa attaccarono l'Epiro, sconfissero Teodoro Angelo in battaglia e lo fecero prigioniero (1230), eclissando definitivamente la potenza epirota, per poi traballare in varie alleanze ora pro-latini (sperando in una reggenza), ora pro-Nicea, fino a ritirarsi dallo scenario nel 1237. Tuttavia i Niceani non poterono attaccare direttamente Costantinopoli, per il pericolo dell'Orda d'Oro mongola, che arrivò fino alla costa adriatica nel 1242. Tale invasione fu però di breve durata, e anzi si rivelò vantaggiosa per i Greci d'Asia Minore, che videro i propri nemici indeboliti sia ad est che ad ovest, e poterono conquistare Tessalonica nel 1246. Il successore di Giovanni III, Teodoro II Lascaris (1254-58), promosse lo sviluppo culturale di Nicea, divenuta un importante centro di studi umanistici, ma morì senza riportare successi militari significativi. Il figlio Giovanni IV (1258-61), infante, fu associato al generale Michele Paleologo, che dovette far fronte ad una situazione pericolosissima, un'alleanza congiunta fra il re di Sicilia Manfredi, il principe francese d'Acaia e gli Epiroti, che vennero tuttavia sconfitti a Pelagonia nel 1259, lasciando Nicea unica potenza dell'area Egea, contrastata solo da Venezia. Per chiudere la questione il Paleologo strinse un'alleanza con Genova, ai cui nemici fu vietato l'accesso commerciale all'impero e fu promesso un quartiere costantinopolitano. Tuttavia Bisanzio cadde quasi casualmente nel 1261, occupata da un generale niceano a capo di soli 800 uomini, in un momento in cui non v'era alcun corpo d'armata a proteggerla. IX L'età dei paleologi I tentativi di ripristino dell'antica ppotenza, operati da Michele VIII Paleologo sortirono effetti incoraggianti, ma non ebbero seguito. Il processo di disfacimento/erosione operato dai tradizionali nemici balcanici ed orientali, oltre alle repubbliche marinare Genova e Venezia, fu costante, fino allo scossone definitivo portato dai Turchi Ottomani nel XV secolo. La crisi politico/militare esterna si ripercosse socioeconomicamente all'interno, con un generale impoverimento della popolazione (eccezion fatta per la ristretta classe latifondista) e una contrazione delle attività economiche, dovute alla perdita di controllo dei mercati. In contrasto con la decadenza generale, l'arte e la letteratura vissero una rigogliosa fioritura. Michele VIII Intraprese una politica di recupero degli antichi territori: ebbe successo in parte del Peloponneso, in Bulgaria e contro l'Epiro, mantenendo una politica equilibrata fra genovesi e veneziani. Vennero evitate le mire angioine in Oriente grazie ad una diplomatica ricucitura con il papa Gregorio X (concilio di Lione del 1274), che tuttavia durò solo pochi anni, anche a causa delle rivolte degli ortodossi costantinopolitani. Carlo d'Angiò, infine, nel 1282 attaccò la Macedonia, ma Bisanzio si salvò in extremis grazie alla rivolta dei Vespri Siciliani a Palermo, fomentata da agenti bizantini. Bilancio finale: successi modesti a fronte di costi ingenti. Andronico II Decise di abbandonare le politiche paterne, dando il via ad una campagna di ridimensionamento: furono tagliate le spese militari, smantellata la flotta (le cui funzioni furono appaltate a Genova), stipulate alleanze matrimoniali e diplomatiche. Tuttavia la pesante svalutazione della moneta, spesso sostituita da valute italiane, causò una pesante contrazione economica, e l'assenza di un effettivo potere contrattuale trasformò Bisanzio in uno staterello in balia delle repubbliche marinare italiane. Infine, le poche spese militari furono indirizzate contro i Turchi in Asia Minore (ove i bizantini possedevano solo qualche città isolata), ove furono mandati mercenari Catalani, i quali tuttavia, dopo qualche vittoria, si affrancarono dal committente, diventando mine vaganti per il primo decennio del '300, finché non conquistarono il principato d'Atene nel 1310, ove rimasero per più di 70 anni. Dalle devastazione causate si passò ad un fenomeno relativamente nuovo per Bisanzio, la guerra civile, che fu combattuta fra Andronico II e il nipote Andronico III, escluso dalla successione, tra il 1320 e il 1328. Andronico III Esatto, vince lui. Giusto in tempo per perdere Nicea, presa dai rampanti Ottomani, e lanciare effimere riconquiste in Tessaglia e in Epiro. Alla sua morte (1341) si apre una nuova devastante guerra civile per la reggenza dell'infante Giovanni V, sul cui sfondo si profila la questione dell'esicasmo, tecnica di preghiera orientale basata sul controllo della respirazione. I pro-esicasti erano raggruppati attorno al partito aristocratico del generale Giovanni Cantacuzeno, gli anti-esicasti attorno al comandante della flotta Apocauco, capo di una fazione più popolare. Abbiamo quindi una guerra civile su tre direttive: • religiosa: esicasmo • politica: trono imperiale • sociale: aristocratici contro popolari Entrambe le fazioni si rivolsero ad improbabili alleati esteri, e tra Bulgari, Ottomani, Selgiuchidi, nel 1347 la spunta il Cantacuzeno, che reprime duramente gli avversari. In questo degrado generale, dove la regina Anna di Savoia, per ottenere fondi per la causa di Apocauco, impegnò i propri gioielli, dove a corte ormai si usavano servizi di piombo e terracotta, interviene anche la peste nera. Tuttavia nel 1352, il legittimo sovrano Giovanni V diede il via ad un'altra fantastica guerra civile, vinta dal Cantacuzeno nel 1354 con il supporto degli Ottomani, che ne approfittarono per conquistare il porto di Gallipoli sul lato europeo del Bosforo. Lo smacco fu talmente grande da promuovere immediatamente una congiura che depose Giovanni VI e porto sul trono Giovanni V. Giovanni V Si limitò a reggere alla meglio uno stato allo sfascio, anche se vi furono significative novità. Nel 1359 gli Ottomani passano per la prima volta sotto le mura di Costantinopoli, iniziando a conquistare la Tracia e i Balcani: in Europa si inizia a rivalutare il ruolo di Bisanzio come frontiera cristiana, ma senza misure significative, se si esclude la riconquista di Gallipoli nel 1366 ad opera dei crociati raccolti da Amedeo VI di Savoia, cugino del Paleologo, che nel frattempo si era dedicanto ad un umiliante quanto inutile pellegrinaggio in giro per l'Europa in cerca di alleati. Nel 1387 gli Ottomani presero Tessalonica, nel 1388 la Bulgaria, nel 1389 la Serbia. La caduta dell'impero Da qui in avanti è un susseguirsi di disastri, crolli, tributi, pacificazioni umilianti, interventi stranieri. A fine Trecento il territorio bizantino si limita esclusivamente alla Capitale e alla Morea (parte sud del Peloponneso). La fine, che sembrava imminente, sotto Manuele II, non giunse a causa della calata dei Mongolo guidati da Tamerlano, che tennero impegnati gli Ottomani ad Oriente, lasciandoli in condizioni incerte e instabili per qualche decennio. Manuele II riottenne alcuni territori fino a Tessalonica e riuscì a liberarsi dallo stato di vassallaggio tributario imposto dagli Ottomani. Paradossalmente, in questa situazione si ebbero anni di calma, e la Morea divenne un centro di studi umanistici ed ellenistici meravigliosamente avanzato. Tuttavia il nuovo sultano Murad II (1421-1425) riprese la politica aggressiva dei suoi predecessori, e così fece il suo successore Maometto II, che nel 1453, nell'indifferenza generale, prese Costantinopoli, chiudendo mille anni di esperienza bizantina.
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