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introduzione alla tesina sull'autismo, Appunti di Scienze Umane

introduzione alla tesina su autismo per esame di maturità

Tipologia: Appunti

2019/2020
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Caricato il 08/05/2020

claudia-lucrezia-pel
claudia-lucrezia-pel 🇮🇹

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Scarica introduzione alla tesina sull'autismo e più Appunti in PDF di Scienze Umane solo su Docsity! "nc a come ve Autismo esce N Introduzione L’autismo è uno dei disturbi psichici di straordinaria attualità,a causa della sua crescente incidenza sui nuovi nati. Nel corso degli ultimi due anni ho avuto l’opportunità di entrare a contatto con tale realtà, attraverso l’attività di volontariato svolta presso l’associazione Con.te.sto. L’interesse sviluppatosi attraverso questa mia esperienza mi ha portata a frequentare dei corsi di formazione aventi come tema la Scienza Aba (Applied Behavior Analysis). Ad oggi, guidata da una consulente, seguo a livello terapeutico un bambino di undici anni affetto da sindrome autistica, occupandomi prevalentemente dell’acquisizione di autonomie e dell’interazione sociale con i suoi coetanei. Proprio per questo motivo ho voluto portare alla luce l’intensa ed emozionante esperienza, vissuta affianco di questi bambini speciali. Esperienza che ha contribuito alla mia crescita e mi ha consentito di definire meglio obiettivi e aspirazioni, e di veder chiaro quel traguardo che non segnerà un punto di arrivo ma solo l’inizio di un nuovo percorso. Cos’è l’autismo? “Autismo” è un’etichetta diagnostica che si sente nominare sempre più spesso. Ma cos’è realmente l’autismo? Scientificamente parlando, si tratta di un disturbo dello sviluppo biologico che viene solitamente diagnosticato entro i primi tre anni di vita. Esso presenta tre arie di compromissione:  L’interazione sociale, con un deficit nell’instaurare relazioni con i pari  Comunicazione, con assenza del linguaggio o un suo uso inappropriato e stereotipato  Comportamento, con comportamenti ristretti, rigidi e stereotipati L’autismo è inoltre un disturbo che interessa 10 bambini su 10000 di cui ¾ sono maschi. Tuttavia le conoscenze che le persone hanno su questa patologia sono solitamente legate a film di successo come il celebre “Rain Man”. Per tale motivo l’immagine del ragazzo autistico varia da quella di un bambino seduto in un angolo a dondolarsi a quella del bambino con delle straordinarie isole di abilità. È difficile dare una definizione univoca di autismo in quanto la diagnosi di questa sindrome si basa su alcuni sindromi comportamentali e pertanto diversi gli uni dagli altri. Questa ampia varietà di sintomi ha comportato la creazione e la diffusione di numerosi stereotipi su tale patologia. Ad esempio quello secondo cui il bambino autistico non parla, in realtà questi bambini possiedono linguaggio verbale ma tendono a svilupparlo tardivamente o ad utilizzarlo in maniera inappropriata. Non è nemmeno giusto affermare che il bambino autistico non comunica con gli altri, in quanto molto spesso il bambino autistico non possiede le abilità necessarie a giocare o ad entrare in relazione con i coetanei. Cenni storici Bisogna però chiarire che prima del ventesimo secolo non esisteva il concetto clinico di autismo. Tale termine fu utilizzato per la prima volta dallo psichiatra Bleuler nel 1911 per indicare un sintomo della schizofrenia. Nell’antichità e nel folklore europeo si attribuiva addirittura l’autismo e altri disturbi alle fate che durante la notte sostituivano i propri neonati con quelli umani. Il termine autismo inteso in senso moderno è stato utilizzato per la prima volta nel 1938 da Hans Asperger, in seguito poi, Leo Banner nel 1943 indicò con il termine di “autismo” una specifica sindrome patologica. era ritenuta il segno di una possessione sovrumana (divina o diabolica) o una forma di devianza pericolosa per la collettività. Con la medicalizzazione dei disturbi mentali nacquero luoghi specifici per la cura delle persone che ne erano affette: i manicomi, al cui interno vennero messi in pratica tecniche e comportamenti spesso disumani, non rispettosi della dignità umana del paziente. Un atteggiamento critico nei confronti di questo tipo di pratiche risale agli scorsi anni Sessanta e proviene dalla stessa tradizione psichiatrica: si tratta del cosiddetto “movimento dell’antipsichiatria”, che ha messo in evidenza come la medicalizzazione del disagio mentale e il ricorso alla reclusione nei manicomi costituisse in realtà una forma di controllo sociale, che ostacolava l’autentica comprensione del soggetto sofferente. Nel solco di questo movimento si mosse in Italia lo psichiatra Franco Basaglia, promotore della legge 180, che nel 1978 decretò la chiusura dei manicomi ancora presenti sul territorio nazionale. In luogo degli ospedali psichiatrici la legge prevedeva la creazione di nuove strutture di supporto e di accoglienza per le persone con disagio mentale (centri di salute mentale, case-alloggio, comunità), nelle quali i tradizionali metodi di contenimento fisico dovevano essere sostituiti da interventi di sostegno, riabilitazione e rieducazione condotti da operatori sanitari affiancati dalla preziosa opera degli educatori professionali. Il superamento dell’approccio puramente medico al problema del disagio mentale ha dato vita anche a forme di intervento collocabili in un’area intermedia tra l’educazione e la terapia: si tratta di modalità come la musicoterapia, l’arte-terapia o la pet-therapy, spesso sperimentate con successo con i soggetti sofferenti, anche grazie a una proficua collaborazione tra la psichiatria e psicologia clinica (la branca della psicologia che studia i comportamenti reputati anomali). Anche la disabilità è un tema che interessa il sociologo della salute. Il termine designa ogni condizione che comporti un uso deficitario delle abilità solitamente possedute dal soggetto umano: deficit che si trasforma in “handicap”, cioè in svantaggio sociale, quando l’ambiente non è adeguatamente attrezzato per soddisfare le esigenze del soggetto. La disabilità è una condizione che, in particolari momenti o circostanze della vita, può toccare chiunque, ma che per alcune persone costituisce una realtà permanente, a causa di menomazioni o di natura congenita (di eziologia varia: genetica, fetale, perinatale) o sopravvenute nel corso della vita in seguito a malattie, incidenti o altri eventi inabilitanti. Nell’ambito delle scienze umane, la questione della disabilità si è presentata inizialmente sul terreno della psicologia, che, studiando i processi cognitivi, ha tentato di descrivere e spiegare i deficit intellettivi. In questo modo è nato il concetto di “ritardo mentale”, ancor oggi utilizzato per definire la condizione di quei soggetti che sono incapaci di adeguarsi agli standard propri della loro età nel campo dell’apprendimento, della comunicazione, della cura della propria persona. Nella storia della psicologia sono stati approntati anche sistemi di misurazione e classificazione del ritardo mentale, che spesso si sono però rivelati incapaci di descrivere i problemi dei diversi soggetti nella loro specificità e unicità. Ad affrontare il tema della disabilità sono state però soprattutto le scienze dell’educazione, le quali – prima con iniziative isolate di studiosi, poi in modo più consapevole e sistematico – hanno posto la questione dei bisogni educativi dei soggetti disabili e degli strumenti per rispondervi in modo adeguato. Nel nostro paese questo problema è stato avvertito e affrontato con particolare sensibilità, traducendosi in una legislazione decisamente all’avanguardia per quanto riguarda l’istituzione formativa per eccellenza, ovvero la scuola: dal 1977, grazie alla legge 517, gli alunni disabili seguono percorsi scolastici comuni a quelli degli studenti “normali”, e dal 1992 il loro inserimento è codificato in un iter burocratico ben definito, che prevede il coinvolgimento di più soggetti (scuola, famiglia, operatori sanitari, psicologi…) e la stesura di un Piano Educativo Individualizzato (PEI), costruito per ogni allievo disabile in base alle sue personali caratteristiche ed esigenze. L’integrazione scolastica dei disabili ha una rilevanza che va ben oltre la pur importante tutela dei bisogni delle persone: essa, infatti, è l’emblema di una scuola che accoglie la diversità ed è attenta alla peculiarità di ogni soggetto, portatore di istanze specifiche che non possono essere ignorate. Aba Con la definizione delle particolari esigenze educative e la nascita di nuove tecniche e terapie riabilitative dopo la chiusura dei manicomi, si è assistito anche alla nascita di tecniche riabilitative quali la Scienza Aba. ABA è l’acronimo di Applied Behavior Analysis (analisi comportamentale applicata), che è la branca di una più vasta scienza quale il comportamentismo. Essa adempie a diverse funzioni fra cui quelle di descrivere le interazioni fra individuo e ambiente, spiegare come tali interazioni avvengono, prevederne le caratteristiche e la probabilità futura di comparsa, influenzarne la forma, la frequenza e la funzione. L’attenzione dell’ABA è rivolta principalmente ai comportamenti socialmente significativi tra cui le abilità scolastiche, sociali, comunicative, adattive. Chiariamo però che nonostante il successo nell’applicazione di questa tecnica sull’autismo, essa non nasce per tale patologia ma per la disabilità in generale. La nascita dell’analisi comportamentale applicata si può ricercare fra gli anni ‘50-’60 del novecento, quando studiosi come Skinner hanno teorizzato alcune tecniche di intervento. A partire di questi primissimi studi si assiste al nascere di esempi di applicazioni di procedure di analisi comportamentale applicata in ambito clinico e alla nascita di alcuni corsi universitari. B. F. SKINNER Burrhus Frederic Skinner è stato uno psicologo americano altamente influente. È stato professore di psicologia alla cattedra dell'Università Harvard sino al pensionamento. Inventò la camera di condizionamento operante, nota anche come "Skinner Box". Egli si rese conto che durante le sue ricerche, i soggetti assumevano determinati comportamenti in relazione a degli stimoli ambientali e che tali comportamenti potevano essere condizionati attraverso un rinforzo. Skinner ha evidenziato chiaramente come l'apprendimento non debba necessariamente avvenire seguendo una curva graduale. Esso può essere condizionato attraverso lo shaping (modellamento) e il rinforzo. Ciò è ampiamente descritto nella sua teoria del condizionamento operante. Quello di condizionamento operante è uno dei concetti fondamentali del comportamentismo. Il condizionamento operante è una procedura generale di modifica del comportamento di un organismo, ossia è una modalità attraverso la quale l'organismo "apprende". Il condizionamento operante opera secondo lo schema del ciclo dell’abitudine e si compone di tre unità funzionali: • uno stimolo discriminativo (contesto) - SD • una risposta da parte di un organismo (comportamento) - R • uno stimolo che fa seguito alla risposta (rinforzo) - S+ Quella sopra descritta si definisce "contingenza di rinforzamento" ed è l'unità minima per lo studio del comportamento operante. A seguito della predisposizione di una contingenza di rinforzamento si osserva che, quando in un certo contesto (ossia in presenza di certi stimoli discriminativi - SD) la risposta dell'organismo (comportamento - R) è seguita da uno stimolo rinforzante (rinforzatore - S+) si ha come risultato un aumento della probabilità che, in presenza dello stesso contesto, il soggetto emetta la stessa risposta. Per ridurre la frequenza di un comportamento si usa il processo inverso: l'estinzione. In presenza di un determinato contesto all'emissione della risposta non farà seguito lo stimolo rinforzante ( o rinforzo negativo). Ciò fa sì che la probabilità di emissione del comportamento diminuisca. Si noti che il processo di estinzione richiede che il comportamento che si vuole ridurre o annullare venga emesso. Poiché, non è possibile estinguere un comportamento che non viene emesso. Si noti la differenza radicale con il concetto di punizione che ha l'effetto immediato di ridurre la frequenza del comportamento punito, ma non quella di estinguerlo. Infatti la riduzione della frequenza del comportamento stesso verrà meno con il venire meno della punizione. Maria Montessori ed Ovide Decroly Prima di Skinner anche O. Decroly e M. Montessori si occuparono di elaborare azioni educative riabilitative per soggetti con disagio psichico che poi estesero anche ai bambini normodotati. Entrambi esponenti dell’attivismo pedagogico, hanno prima conseguito una laurea in ambito scientifico per poi accostarsi alla pedagogia. Per Decroly il fanciullo è succube della scuola tradizionale che si preoccupa solo di tramettere conoscenze. Per tale motivo egli pone l’attenzione sulle esigenze primarie dell’allievo che si traducono in “centri di interesse” e si preoccupa di incentrare il programma didattico sullo sviluppo di capacità che permettano all’individuo di affacciarsi ed inserirsi nella società. Le lezioni all’interno della “scuola dell’ Hermitage” (fondata da Decroly) si componevano di tre elementi: l’osservazione dell’esperienza, l’associazione di tali esperienze nello spazio e nel tempo ed infine la produzione di elaborati letterari e artistici. Il tutto si svolgeva a contatto con la natura che secondo Decroly favoriva l’apprendimento autonomo. Inoltre secondo lo studioso l’apprendimento avveniva attraverso una comprensione globale dell’argomento trattato per poi andare ad analizzare i singoli particolari (funzione di globalizzazione). Per Maria Montessori l’apprendimento doveva avvenire in ambienti totalmente costruiti per la vita serena dei piccoli ospiti e per il loro apprendimento. Le teorie della celebre pedagogista si concretizzano nella “Casa dei bambini” dove ogni cosa mobili, suppellettili e pareti, erano costruite a misura di bambino. Ciò al fine di renderlo autonomo nell’apprendimento e nello svolgimento delle attività didattiche che avvenivano attraverso del materiale scientificamente studiato per lo sviluppo della sfera sensoriale dell’educando. La maestra (maestra direttrice) aveva quindi un ruolo totalmente marginale, infatti si limitava ad osservare i bambini durante le attività e a vigilare sul corretto rispetto delle regole. A differenza di Decroly, la Montessori riteneva che l’apprendimento avvenisse con un processo graduale che portava il bambino ad analizzare nei particolari gli argomenti trattati per poi osservarli globalmente. Quintiliano Sembra quasi che l’educazione incentrata sul bambino e sulle sue esigenze sia una concezione assolutamente moderna. In realtà prima di M. Montessori, di O. Decroly e di F. Skinner, l’autore latino Quintiliano si è occupato di chiarire i metodi educativi dei futuri retori, incentrando la sa attenzione sulle esigenze di ogni singolo allievo. Quinitiliano nacque nella Spagna Tarragonese nel 35 d.C. Condotto a Roma egli conobbe i migliori maestri dell’età Claudio-neroniana. Fece poi ritorno in Spagna , dove si segnalò per la sua abilità oratoria al governatore romano Galba che nel 68 lo condusse con se a Roma. Nello stesso anno, Quintiliano iniziò la sua attività di insegnamento, mantenendo allungo la prima cattedra statale di Sigmund Freud nasce nel 1860 in Moravia. Egli non è un vero e proprio filosofo, ma un medico. La psicoanalisi, fondata da Freud alla fine dell’800, è l’analisi della psiche. La psicoanalisi è infatti un procedimento d’indagine dei processi psichici che si poneva come cura per i disturbi nevrotici. Essa può essere considerata la terza grande rivoluzione culturale perché pone l’uomo non più come esser razionale ma come individuo dominato dall’inconscio e dalle pulsioni. Viene inoltre messa in discussione l’unita della psiche della persona che secondo lo studioso invece, è divisa i più parti. Freud suddivide la psiche in tre sistemi, Inconscio, Preconscio e Conscio e tre istanze, Io, Es e Super-io. L’Es é il “calderone” in cui vi sono tutte le esperienze, i traumi, i desideri tenuti nascosti attraverso la rimozione che costituiscono la matrice originaria della nostra psiche. Non conosce “né il bene, né il male, né la moralità” ma obbedisce unicamente “all’inesorabile principio del piacere”. Il Super-io é ciò che comunemente viene chiamato coscienza morale, ossia l’insieme delle proibizioni che sono state insinuate nell’uomo nei primi anni di vita e che lo accompagnano sempre in maniera consapevole. L’Io é la parte organizzata della personalità che si trova a dover mediare le pulsioni che provengono dall’Es, dal Super-io e dall’esterno. Freud effettua questa suddivisione della psiche umana partendo dallo studio dei disturbi nevrotici; infatti ogni nevrosi scaturisce da un conflitto tra forze che vengono dall’inconscio. L’inconscio è l’insieme dei processi che sfuggono alla coscienza, un’area della vita psichica non consapevole in cui agiscono desideri, pulsioni e conflitti, in cui sono depositati traumi ed esperienze emotivamente non accettabili dalla coscienza. L’inconscio si divide in preconscio e rimosso: il preconscio sono i ricordi che sono stati momentaneamente dimenticati ma che in virtù di uno sforzo di memoria possono diventare consci; il rimosso è l’insieme di elementi stabilmente inconsci e mantenuti tali da una specifica forza, la rimozione, che può venir superata solo attraverso particolari tecniche. Le tecniche che Freud ha individuato per penetrare nella sfera dell’inconscio sono quattro: ipnosi, associazioni libere, lapsus o atti mancati, interpretazione dei sogni. L’ipnosi è un metodo che permette di arrivare ad un ricordo rimosso dal paziente che è stato la probabile causa della nevrosi e che diventa pertanto, oggetto di studio dello psicoterapeuta. Il metodo delle associazioni libere è però quello privilegiato dallo scienziato austriaco poiché è meno invasivo dell’ipnosi. Si tratta di mettere il malato in condizione di agio e confidenza così che nel momento in cui l’analista forniva al paziente una parole esso doveva essere in grado di dire tutto ciò che gli veniva in mente. Era poi compito dello psicologo ordinare tutti i pensieri del malato ed analizzarli ponendo particolare attenzione ai pensieri e alle parole a proposito delle quali il paziente aveva opposto resistenza o aveva mostrato titubanza, poiché proprio dietro quelle incertezze e resistenze si nascondeva la fonte del problema. I lapsus, detti anche atti mancati, sono degli errori apparentemente casuali, bizzarri o privi di senso. L’interpretazione dei sogni. I sogni, dice Freud, sono la “via regia che porta alla conoscenza dell’inconscio nella vita psichica”. Il sogno é infatti “l’appagamento camuffato di un desiderio rimosso”. Freud distingue il contenuto del sogno in contenuto manifesto e contenuto latente. Il contenuto manifesto é lo svolgersi degli avvenimenti onirici, il contenuto latente sono il motivo del desiderio. Dopo aver analizzato le topiche e i metodi per conoscere la psiche, Freud parla del particolare rapporto che si instaura fra medico e paziente: il transfert. Il transfert (traslazione, trasferimento) consiste nella trasmissione da parte del paziente, di sentimenti ambivalenti nei confronti dell’analista e che generalmente corrispondono ai sentimenti provati nella prima infanzia nei confronti dei genitori. Esistono due tipi di transfert: il transfert positivo e il transfert negativo. Il transfert positivo è caratterizzato da una sorta di attrazione amorosa nei confronti del medico. Il paziente si dimostra collaborativo e fiducioso e per tale motivo, questo tipo di transfert è il presupposto per la riuscita della terapia. Il transfert negativo è caratterizzato da un sentimento di odio o antipatia nei confronti dello psicoterapeuta. Il paziente si dimostra poco collaborativo e per tale motivo, questo tipo di transfert è il presupposto per il fallimento della terapia psicoanalitica. Un altro punto importante nella teoria di Freud è il distacco dal padre. Quando il fanciullo comincia a uscire dalla stanza dei bambini e comincia ad affacciarsi al mondo reale , scopre delle cose che scalzano la sua originaria ammirazione per il padre e determinano il suo distacco da questo suo primo ideale. Egli scopre che suo padre non è l’essere più potente, più saggio e più ricco della terra, piuttosto comincia a diventare scontento di lui, impara a criticarlo e a valutare la sua posizione sociale; inoltre, di solito, fa pagare al padre la delusione che egli gli ha procurato: tutto ciò che nella nuova generazione appare denso di promesse, ma anche tutto ciò che essa ha di urtante è determinato da questo distacco dal padre. Saba In molti sono stati i personaggi storici che a seguito della rivoluzione psicoanalitica, si sono serviti dell’analisi freudiana per risolvere i conflitti interiori. L’intellettuale Umberto Saba fu uno di questi. Avvenimento di grande nota per comprendere il tormento interiore e la depressione di questo autore è l’abbandono del padre. Umberto Saba, pseudonimo di Umberto Poli (Trieste, 9 marzo 1883 – Gorizia, 25 agosto 1957), è stato un poeta, scrittore e aforista italiano. Il padre si era convertito alla religione ebraica in occasione del matrimonio, avvenuto nel 1882; tuttavia, quando nacque Umberto, Felicita era già stata abbandonata dal marito, un giovane «gaio e leggero», insofferente ai legami familiari. Visse una malinconica infanzia, tormentata dalla mancanza del padre. Venne allevato per tre anni dalla balia slovena Gioseffa Gabrovich Schobar, detta "Peppa" (conosciuta anche come "Peppa Sabaz"), che avendo perso un figlio, riversò sul piccolo Umberto tutto il suo affetto che il bambino ricambiò, tanto da considerarla, come egli stesso scrisse, «madre di gioia». Sarà in suo onore, e in onore delle radici ebraiche materne, che il poeta sceglierà lo pseudonimo di Saba. All’età di tre anni Saba fu sottratto violentemente alle cure di Peppa a causa della madre che lo rivoleva con se. A differenza di Peppa, Felicita impartì un educazione rigida e severa al piccolo Berto. L’infanzia del piccolo Umberto, che conobbe il padre solo all’età di 20 anni, è segnata oltre che dal traumatico distacco dalla balia, da una sorta di complesso edipico rovesciato determinato dall’assenza del padre: egli crebbe ascoltando le recriminazioni della madre, che continuò a nutrire un inestinguibile rancore per il “cristiano” che l’aveva tradita. Dopo aver seguito in modo irregolare gli studi al ginnasio, si impiegò come praticante presso una ditta commerciale; sui vent’anni si manifestò apertamente la nevrosi che lo accompagnò per tutta la vita e dalla quale non guarì mai completamente. Nel 1909 sposò Carolina Woelfer (Lina) che l’anno successivo gli diede una figlia, Linuccia. Successivamente, le persecuzioni razziali del fascismo e del nazismo lo costrinsero a peregrinazioni e fughe continue e se, dopo la guerra, Saba visse momenti di serenità, ben presto frequenti crisi depressive lo spinsero a sottoporsi ad una terapia psicoanalitica presso lo studio di un seguace di Freud, Edoardo Weiss. Nonostante queste sedute, dal ’50 in poi Saba è costretto a continui ricoveri in clinica. Nel 1956 muore la moglie e dopo pochi mesi, il 25 agosto 1957, Saba muore in un ospedale di Gorizia. Grazie all’analisi psicoanalitica ci sono pervenute numerose poesie autobiografiche. La poesia che di seguito propongo fa parte della raccolta “Autobiografia”. Mio padre è stato per me l'assassino Mio padre è stato per me l'"assassino", Per me mio padre è stato l'"assassino" fino ai vent'anni che l'ho conosciuto. così ho pensato per i 20 anni in cui l'ho conosciuto Allora ho visto ch'egli era un bambino, Dopo 20 anni capì che lui era un bambino e che il dono ch'io ho da lui l'ho avuto. e che ho avuto un dono da lui Aveva in volto il mio sguardo azzurrino, aveva i miei stessi occhi azzurri un sorriso, in miseria, dolce e astuto, un sorriso, anche nei momenti meno felici, sempre dolce e vispo Andò sempre pel mondo pellegrino; egli girava il mondo più d'una donna l'ha amato e pasciuto. e ha conosciuto molte donne che lo hanno amato e dato da mangiare Egli era gaio e leggero; mia madre egli era allegro e leggero; mia madre tutti sentiva della vita i pesi. sentiva su di se invece tutti i pesi della vita Di mano ei gli sfuggì come un pallone. egli le sfuggi di mano come sfugge un pallone "Non somigliare - ammoniva - a tuo padre". e mi ripeteva sempre di non fare mai come lui Ed io più tardi in me stesso lo intesi: e io più tardi capì le sue parole eran due razze in antica tenzone erano due persone diverse in una vecchia tensione METRO: sonetto (ABAB ABAB CDE CDE). Alcune essenziali notizie biografiche risultano utilissime per comprendere appieno questa lirica, che possiede comunque una chiarezza essenziale. Bisogna dunque sapere che la madre del poeta fu abbandonata dal marito, Ugo Edoardo Poli, prima che il figlio nascesse; e la donna descrisse sempre al poeta il proprio padre in termini durissimi, definendolo spesso "assassino", dato che non solo aveva distrutto la famiglia ma anche le speranze della sua giovinezza. Saba era dunque cresciuto portandosi dietro quell'immagine negativa del genitore, fino a quando, all'età di vent'anni, lo conobbe e lo scoprì straordinariamente
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