Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

La natura del linguaggio: Perché l'essere umano è un animale linguistico? - Prof. Gensini, Sbobinature di Filosofia del Linguaggio

Stefano gensini esplora la domanda filosofica sul perché esiste il fenomeno del linguaggio e perché ha queste caratteristiche. Il documento ripercorre la riflessione di tre filosofi: ernst cassirer, antonino pagliaro e eugenio coseriu, che danno una risposta antropologico-filosofica al problema. La teoria di aristotele sulla politicità dell'essere umano e la distinzione tra sermo intrinsecus e sermo extrinsecus.

Tipologia: Sbobinature

2021/2022

Caricato il 03/02/2024

susaNN21
susaNN21 🇮🇹

12 documenti

1 / 7

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica La natura del linguaggio: Perché l'essere umano è un animale linguistico? - Prof. Gensini e più Sbobinature in PDF di Filosofia del Linguaggio solo su Docsity! STEFANO 12-10-22 GENSINI Domanda filosofica intorno al linguaggio → non domanda empirica che rimane all'interno della molteplicità delle forme linguistiche ma una domanda teorica; non il come, il quando, ma il perché → perché esiste il fenomeno del linguaggio e perché ha queste caratteristiche? > La dimensione empirica è il presupposto del ragionamento ma mentre le discipline che studiano le lingua (glottologie, linguistica etc) sono soddisfatte del dato empirico che cercano di ricostruire e descrivere la filo del linguaggio cerca di dare ragione del perché di tale dimensione empirica. → la risposta del 900 a questa domanda l'abbiamo ricostruita facendo capo a tre personaggi 1- Ernst Cassirer (m. 1945) 2- Antonino Pagliaro (m. 1973) 3- Eugenio Coseriu (m. 2002) → danno una risposta simile > il linguaggio è secondo loro l'attributo specifico dell'essere umano, ciò che fa umano un essere umano → risposta di tipo antropologico-filosofico > studio del linguaggio correlato alla presunta o reale specificità dell'essere umano. > obiezione a questa risposta → oggi sembra risposta debole o carente perché non si misura con due realtà conoscitive ormai patrimonio comune → varietà mondo animale non umano → sfida dell'artificiale, rapporto linguaggio / macchine > evocati dai tre filosofi ma solo per distanziare da questi il linguaggio umano > quello che oggi sappiamo riguardo le intelligenze e le forme espressive tipiche del mondo animale, le menti artificiali induce quantomeno a sollevare un dubbio → forse la risposta alla domanda filosofica sul linguaggio va costruita non più postulando l'assoluta specialità dell'essere umano ma attraverso una prospettiva comparativa in cui l'essere umano senza rinunciare alla propria specificità entra però in una sfera di rapporti. Questa specificità si autodefinisce per confronto e differenza rispetto a mondi non più da emarginare ma da prendere in carico anch'essi come problemi filosofici. > per impostare la discussione abbiamo fatto due passi indietro isolando due grandi filosofi che storicamente hanno costruito le risposte classiche a questa questione; la cosa interessante della ricerca filosofica è il suo dialogo continuo con la tradizione. Tipico della filosofia è infatti trattare autori come Aristotele Leibniz, come contemporanei, i cui argomenti in quanto discorsi filosofici possono essere affrontati indifferentemente in ogni momento. 1) Aristotele, I libro della Politica (passo celebre ma non l'unico dedicato da Aristotele al problema del logos) ha ispirato tantissimo pensiero a lui successivo > antropologia filosofica si alimenta ancora da questa pagina → dice che esiste una condizione naturale dell'uomo, che esiste cioè la persona umana come animale sociale (zoon politikon) > vede quindi una nostra internità al genere animale → politikòn > traduzione esatta; animale destinato alla polis (organizzazione sociale e politico di un dato momento storico e di cui Aristotele è parte e interprete), animale cittadino. → per Aristotele la politicità dell'essere umano è strategica → La sua teoria: per l'animale cittadino che tale è per natura il logos è naturale, è cioè la dotazione cognitiva che gli conviene in quanto zoon politikon. Il linguaggio non è quindi qualcosa che si aggiunge ma che fa parte della definizione stessa dell'essere umano. Questo passaggio si giustifica attraverso il ragionamento che Aristotele fa intorno a due parole chiave: 1-logos 2- fonè → voce, prodotta dai polmoni in tutti i polmoni, che passa attraverso la laringe e viene estroiettata attraverso il canale orale. La voce è per sua natura continua, non frammentata, indivisa (si pensi al concetto di vocale > si chiamano così proprio perché nascono da un'estrofessione continua della voce AAAA). Questa caratteristica accomuna gli zoa dotati di logos (esseri umani) e gli zoa aloga, non dotati di logos → bovini, cavalli, cani, gatti etc. >la voce ha per Aristotele un limite cognitivo → indica/ manifesta ciò che è piacevole e ciò che è spiacevole in senso lato. Piacevole nel senso di “ciò che è grato ai sensi” → stato d'animo positivo. Questo ci permette di capire una cosa che abbiamo intuitivamente presente > la voce ci permette di capire lo stato d'animo della persona da cui proviene, se è felice, malinconica, arrabbiata etc. Quindi la voce manifesta, anche senza volerlo, un dato stato d'animo. > “la voce indica quel che è doloroso” → traduzione non felice perché “indicare” → sottintende volontarietà dell'azione. Traduzione giusta “manifesta, rende visibile ciò che è doloroso” Logos → voce articolata. Termine chiave adoperato “diartrosis” > termine medico; artron → nella medicina antica punto di congiunzione, snodo, tra due ossa. Quindi punto di connessione tra due elementi separati. Questa definizione viene data però in altri testi che evidentemente qui presuppone nota. Altra definizione che ha influenzato tutto il dibattito filosofico successivo → polisemia del termine -logos in greco antico. Questa parola vuol dire automaticamente in greco sia: → linguaggio, voce articolata → pensiero, intelligenza > quando Aristotele dice che l'essere umano ha logos dice simultaneamente che ha il linguaggio e il pensiero. Questa ambivalenza sta però nel greco antico ma non nelle lingue moderne tanto che già i latini non sapevano come tradurla e spacchettavano il termine per far capire se stavano parlando di intelligenza o di linguaggio; si diffonde a un certo punto in latino una coppia di parole > sermo intrinsecus → parola interiore → pensiero > sermo extrinsecus → linguaggio Questo problema pare molto chiaro quando Aristotele comincia ad essere tradotto in età umanistico- rinascimentale dando origine a un dibattito. > qui Aristotele utilizza il termine gravitando attorno alla dimensione linguistica es. la parola tempo in italiano > tempo atmosferico e tempo cronologico → inglese: time/weather → Il punto che ci sta più a cuore: Il logos, dice Aristotele è fatto per esprimere ciò che è giovevole e ciò che è nocivo e di conseguenza il giusto e l'ingiusto. Qui c'è un salto: 1o passaggio (dedicato alla voce) → la voce manifesta la sensazioneciò che è piacevole e ciò che è spiacevole 2o passaggio → serve ad esprimere > quindi c'è un atto volontario > e serve ad esprimere ciò che è giovevole e ciò che è nocivo e di conseguenza ciò che è ingiusto e ci che è giusto > si passa dal piano sensoriale al piano morale → ciò che una società reputa giusto/ingiusto → i valori di ciò che è giusto/ingiusto > i valori del giusto/ingiusto sono costitutivi della vita associata e quindi della polis → ecco perché non c'è logos senza polis e non c'è polis senza logos. > proprio degli esseri umani avere egli solo la percezione del giusto/ingiusto e degli altri valori → questa è quella che definiamo LA RISPOSTA CLASSICA. → LA RISPOSTA MODERNA Siamo nel '600 Barocco e prendiamo il pensatore considerato per antonomasia il capofila dell'età dell'illuminismo e in particolare sul suo libro più famoso “il discorso del metodo” (1637) : Qui Cartesio fa riferimento a un'opera scritta ma pubblicata postuma “Le monde” . In questo passo Cartesio riassume ciò che aveva detto o stava per dire in questo libro in lavorazione. In questo libro (Le Monde) Cartesio pone una domanda nuova rispetto a quella di Aristotele → mette a confronto > esseri umani, macchine, animali → entrano in gioco i tre poli che rappresentano il cuore del ragionamento che crediamo sia giusto fare oggi. > Il suo punto di partenza è un punto di partenza dualistico: suppone cioè che esista nella realtà una dimensione fisica, corporea, percepibile la quale funziona come una macchina, ed è governata da un meccanismo causalistico; c'è una rete di cause e conseguenze collegate fra loro. L'esempio che torna - logos interiore - logos esternato → tornerà molto spesso → Cartesio dice sostanzialmente la stessa cosa: il pappagallo produce parole come noi ma non ha la ragione, ha solo la simulazione puramente meccanica della voce umana. - la studiosa Irene Pepperbeth ha lavorato con un pappagallo per anni dimostrandone le capacità cognitive: riusciva a contare, riconosceva le persone, diceva appropriatamente buongiorno e buonanotte. Dimostrazione che gli animali bisogna imparare a conoscerli. Il caso è stato clamoroso perché l'animale in questione erano da 2000 anni che veniva presentato come animale scemo, tanto che si dice proverbialmente “ripetere a pappagallo”, il senso comune ha interiorizzato la notizia che il pappagallo “ripete”. > Interessante che Cartesio riprenda questo topos della filosofia stoica per dire che il pappagallo è in grado di ripetere parole e frasi in maniera quasi perfetta (molto meglio delle teste parlanti) ma non sa quello che fa. > C'è poi un altro passaggio interessante “tuttavia non possono parlare come noi, mostrare cioè che pensano quel che dicono; mentre chi è nato sordo e muto, privato perciò come e più delle bestie degli organi che servono a parlare, suole inventare da sé segni con i quali si fa intendere da chi, standogli solitamente vicino, può apprendere facilmente il suo linguaggio”. → Cartesio contrappone al pappagallo l'essere umano, ma quello che chiama “sordomuto” e anche qui mostra la sua grande acutezza: quest'anno è stata approvata una legge che riconosce la lingua dei sordi italiani come lingua, ma prima di non molto tempo fa la persona segnante non aveva nessuna dignità sociale e se ne parlava solo quando erano figli di qualche re o simile. Cartesio supera questi pregiudizi ed identifica il sordomuto come un essere umano dotato di tutte le caratteristiche degli altri: il sordomuto sostituisce al canale vocale il canale gestuale-visivo e nel fare questo mette in funzione tanta ragione quanta ne mettiamo noi. Cartesio sbaglia nel dire che le persone nascono sorde e mute; le persone nascono sorde ma non mute, a meno che non abbiano un deficiti organico; il mutismo deriva e dipende dal fatto che non sentendo non imparano ad articolare la parola ma non è che siano muti; tanto è vero che fin dal '600 ci sono stati terapeuti in grado di rieducare il sordo all'oralità; il sordo non sente ne la voce degli altri ne dalla sua quindi va rieducato all'uso della macchina fonatoria. Questo Cartesio avrebbe potuto saperlo perché già Aristotele molto tempo prima aveva sottolineato che il problema sta nell'udito non nell'organo fonatorio. “E questo non dimostra soltanto che gli animali sono meno ragionevoli degli uomini, ma che non lo sono per nulla.” → Cartesio sapeva molto bene che fin dalla tarda antichità ai suoi tempi una grande corrente di pensiero sosteneva che la differenza tra esseri umani e esseri animali è una differenza graduale; cioè che gli animali sono meno intelligenti, meno capaci di comunicare ma non che non lo siano affatto. Bisogna cioè imparare il loro linguaggio. A dire questo era innanzitutto il senso comune ma anche grandi naturalisti e pensatori a partire da Lucrezio che nel V libro del De Rerum natura scrive cose bellissime sulla comunicazione animale, Plutarco che costruisce interi dialoghi sull'intelligenza degli animali, Porfirio che nel trattato De astinentia invoca l'importanza del vegetarianesimo perché non vanno mangiati esseri dotati di intelligenza fino ad arrivare all'avversario di Cartesio, Michelle de Montaign, autore dell'opera “i saggi”, grande scrittore francese della II metà del '600 grande lettore di autori naturalisti che aveva scritto il saggio “apologia di Raymond Sebond” in cui spiega perché l'essere umano sbaglia quando ritiene di essere unico e perfetto e spiega che invece la natura è disseminata di tante specie viventi che in modo diverso hanno anch'essi intelligenza, senso morale, capacità di comunicazione. Fa quindi esempi a iosa presi da tutta la tradizione popolare e letteraria degli antichi che era piena di aneddoti tra cui quello che proviene sotto il nome di Crisippo il quale pare avesse un cane, che perso il padrone va alla sua ricerca e si ritrova all'incrocio di un trivio, fiuta le prime due strade ma non fiuta il padrone e senza annusare prende la terza strada. Il cane avrebbe quindi fatto un'inferenza: se di la no, quindi di qua; avrebbe quindi fatto un ragionamento “se...allora”. Questo è l'aneddoto più famoso che sottolinea come i cani ragionino, ma ce ne sono molti altri, ad esempio sulla memoria degli elefanti, sul leone che nel Colosseo riconosce il leone che l'aveva nutrito e non lo attacca. Montainge mette insieme questi aneddoti e crea una visione pluralista, in cui l'intelligenza è distribuita e non esclusiva dell'uomo. Cartesio non tollera Montaigne in quanto vede depositato in lui un sapere tradizionale cui vuole invece contrapporre il suo modello. Gli animali invece infatti secondo Cartesio non si può dire che abbiano “meno” ma solo che non abbiano affatto. “Perché vediamo che di ragione, per essere capaci di parlare, ce ne vuole assai poca; e poiché si osservano tra gli animali di una medesima specie disuguaglianze, come ce ne sono anche tra gli uomini, e si nota che alcuni si possono ammaestrare meglio di altri, sarebbe incredibile che una scimmia o un pappagallo che fossero tra i migliori della loro specie non eguagliassero in questo un bambino dei più stupidi o almeno uno che abbia il cervello leso, se non avessero un anima di natura affatto diversa dalla nostra” > Dice che se fosse come dicono i naturalisti si dovrebbe poter prendere una scimmia un pappagallo intelligente e portarlo a fare ciò che sanno fare gli esseri umani. → Cartesio ritiene la razionalità indipendente dalla passionalità; oggi sono quasi tutti concordi nel mettere in discussione questa sua teoria. → Cartesio obbietta che quelle degli animali siano passioni, non prodotto della razionalità e che gli animali propri come le macchine (il bambolotto che ride) possono imitare tali passioni. “Né si devono confondere le parole con i moti naturali che rivelano le passioni, e possono essere imitati dalle macchine tanto bene quanto dagli animali; o pensare, come qualcuno nell'antichità che le bestie parlino anche se non ne intendiamo il linguaggio: se fosse vero, dal momento che molti dei loro organi corrispondono ai nostri, potrebbero farsi intendere tanto bene da noi quanto dai loro simili. Ed è ancora assai notevole il fatto che, sebbene molti animali mostrino in qualche loro azione un abilità maggiore della nostra, non ne rivelino tuttavia nessuna in molte altre, per cui quel che fanno meglio non prova che abbiano un intelligenza, giacché se così fosse ne avrebbero più di chiunque fra noi e riuscirebbero meglio in ogni cosa;” → arrossire è la manifestazione di una passione > l'animale che digrigna i denti manifesta una passione. >Non bisogna neanche pensare, come qualcuno nell'antichità → se la sta prendendo in particolare con gli scettici il cui rappresentante più noto è Sesto Empirico che in polemica con gli stoici argomentava in questa maniera: voi dite che gli animali non comunicano e non parlano e se invece, dice lo scettico, fossimo noi a non capirne il linguaggio? Lo scettico mette sempre in dubbio le verità consolidate e lo fa citando una serie di esempi in cui sembra che gli animali comunichino. Cartesio qui punta il dito proprio contro Sesto Empirico la cui tesi aveva avuto grande fortuna durante il Rinascimento. → fa lo stesso ragionamento che fa per le macchine: gli animali possono avere grande resistenza alla fatica, fiutare il tartufo, sentire a distanza la presenza di un essere umano, Cartesio gli riconsoce la capacità di fare molte cose a noi non possibili, ma poi, come le macchine, non son in grado di farne altrettante molto semplici. Ad esempio per molti animali molto difficile il meccanismo dell'indicazione; provate ad esempio a far seguire il dito al vostro animale domestico, guarderà nella maggior parte dei casi il dito e non dove sto indicando a meno che non sia motivato, ad esempio, dal fatto che ci sia del cibo. “prova piuttosto che non ne hanno affatto, e che ciò che agisce in essi è la natura, in virtù della disposizione dei loro organi: così come un orologio, fatto solo di ruote e di molle, può contare le ore e misurare il tempo con maggiore precisione di quanto possiamo noi con tutto il nostro senno.” → metafora dell'orologio: equivalente di quello che diciamo oggi del computer usato come la migliore metafora possibile del corpo umano Cartesio direbbe che l'orologio lo è del corpo umano. Cartesio è un anatomista, conosce molto bene il cervello, ma non pensa affatto che l'anima risieda li; l'anima è un entità immateriale e crede quindi che ci sia un punto di contatto nella ghiandola pineale tra rex exstensas e rex cogitans. > Api/ rondini → specie che hanno avuto grande fortuna nella tradizione filosofica e letteraria. Le api comunicano attraverso la danza dell'addome e attraverso la quale l'ape scout fa nel buio dell'alveare e riesce a comunicare alle sue simili nel raggio di 200,300 metri la presenza di nettare e riesce ad indicare anche la direzione in cui il nettare va cercato. Scoperta fatta nel '900 inizia a circolare intorno alla metà del secolo e sebbene quindi gli antichi non ne potessero sapere niente erano colpiti dalla capacità delle api di costruire la propria casa, l'alveare, nella quale compongono una società compattissima, la cui socievolezza non era certo rimasta senza osservatori. > le rondini che fanno il nido e vi ritornano anno dopo anno venivano spesso studiate e presentate già nella filosofia naturalistica antica come dotate di grandissima memoria in quanto migrano eppure ritornano allo stesso nido ma anche di grandiosa industriosità; le rondini che producono il nido hanno evidentemente un progetto in quanto ideano un nido secondo dei criteri e sono quindi secondo gli studiosi in grado di finalizzare la loro azione. → cultura antica molto naturalista comprensibile dal momento che molto più di noi vivevano a contatto con gli animali. > lo studioso Voci dice che se ci trovassimo catapultati nell'antichità ci troveremmo in una dimensione antitetica rispetto a quella contemporanea in cui dominano i rumori artificiali, e ci troveremmo invece ad abitare uno spazio sonoro abitato quasi esclusivamente da rumori naturali. > il pensiero antico naturalista perché viveva e condivideva lo spazio abitativo con gli animali; basti pensare all'ambiente contadino.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved