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Invito al cinema di Kubrick, Dispense di Storia E Critica Del Cinema

Riassunto dettagliato del libro di R. Eugeni

Tipologia: Dispense

2018/2019

Caricato il 09/12/2019

v18n
v18n 🇮🇹

4.3

(4)

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Scarica Invito al cinema di Kubrick e più Dispense in PDF di Storia E Critica Del Cinema solo su Docsity! INVITO AL CINEMA DI KUBRICK 1. LA VITA Stanley Kubrick nasce nel Bronx nel 1929 da una famiglia di origini ebree. La sua grande passione è la fotografia: fotografa tutto con una ricerca spasmodica dell’inquadratura. Inizia a lavorare per “Look” a 16 anni. Mentre lavora si appassiona all’arte dei Lumiere e diventa un cinefilo accanito. Nel 1945 sposa Toba Metz e si trasferisce al Greenwich Village; qui incontra Alexander Singer, con cui nascono i primi esperimenti cinematografici. Nel 1950 lascia Look e con l’appoggio di Singer decide di realizzare dei cortometraggi: Day of the fight, Flying padre, The seafarers. In parte autofinanziati vengono acquistati dalla RKO. K. poi torna all’autofinanziamento e realizza Fear and Desire e Il bacio dell’assassino. Con queste prime prove di regia si fa notare nell’ambiente dei giovani produttori => nasce sodalizio con James B. Harris. Ora si parla di cinema vero e proprio. La prima collaborazione Kubrick-Harris porta a Rapina a mano armata (1956), produzione United Artists. Sempre con i stessi produttori realizzano anche Orizzonti di gloria. Nel film recita la star Kirk Douglas, la cui presenza è considerata fondamentale per lo sfruttamento commerciale della pellicola. Il film conferma l’abilità di K. e la sua assoluta padronanza del mezzo cinematografico. Questo fatto unito alla polemica antimilitarista attrae l’interesse della critica europea. Collaborazione con Marlon Brando nel film I due volti della vendetta, ma il rapporto tra i due diventa insostenibile e K si distacca. Due fatti importanti che separano Orizzonti di gloria da Lolita: - I grandi studios americani lanciano una foto politica di produzione tesa a contrastare la forte influenza della televisione. - A Hollywood prendono piede i produttori indipendenti. K si trova a dover decidere quale di queste due politiche cinematografiche seguire e, con i proventi di Orizzonti di gloria e I due volti della vendetta compra con Harris i diritti del romanzo di Nabokov nel 1958. Nel frattempo Kirk Douglas e la Bryna Films fanno pressione a K perché rimpiazzi Mann nella regia di Spartacus; superproduzione da milioni di dollari. Douglas però rifiuta le sue proposte di modifica e K rinnega la pellicola. L’esperienza della superproduzione però lo segna profondamente sul piano artistico e professionale. K e Harris chiedono a Nabokov di scrivere la sceneggiatura per Lolita; successivamente K la userà come base per una personale rielaborazione. La produzione si trasferisce in Inghilterra, dove girerà due anni più tardi Il Dottor Stranamore, che segna la fine del sodalizio con Harris. Il successo del film apre le porte ad una grande produzione completamente controllata da Kubrick: 2001 Odissea nello spazio. Successivamente vuole fare un colossale su Napoleone, ma per motivi finanziari la produzione non decolla. Nello stesso periodo si trova tra le mani il libro Arancia meccanica di Burgess. Inizia a lavorare alla sceneggiatura per la prima volta completamente da solo. Riprese quasi esclusivamente in esterni e con una piccola troupe. Il fantasma mai realizzato del film storico lo porta a realizzare Barry Lyndon. Sempre nel 1975 la Warner Bros propone a K il romanzo Shining. Qui per la prima volta viene usata la steadicam. Il film ottiene successo ma tende a consolidarsi la fama di K come regista di film dispendiosamente intellettuali e con un rientro finanziario limitato. Inizia poi a lavorare a Full Metal Jacket. Si documenta sulla città di Hue e scopre una somiglianza architettonica con l’Inghilterra degli anni ’30. Decide quindi di rimanere in Inghilterra a girare il film. Nel 1989 acquista i diritti di Profumo ma non esegue nessun progetto specifico. Dall’inizio degli anni ’90 si dedica a un progetto tenuto a lungo nel cassetto e realizzabile solo in questi ultimi anni grazie all’avvento delle tecnologie artificiali: A.I. Il progetto viene sospeso per gli alti costi di produzione. Sembra che la Warner Bros abbia offerto a K di produrre A.I. solo dopo che il regista avesse realizzato un film con grossi divi che promettesse un buon rientro economico => Eyes Wyde Shut. Alcuni flash-back non sono mediati dalla dissolvenza, ma presentano un montaggio di continuità; al contrario all’interno della singola sequenza temporalmente continua vengono inserite delle dissolvenze => tempo oscillatorio è il tempo dello spaesamento. ORIZZONTI DI GLORIA, 1957 Riproposta delle tematiche antimilitariste e pacifiste => lettura in chiave di parodia amara e dissacrante rispetto ai temi tipici del film di guerra. L’interesse di Kubrick trascende la situazione di guerra in senso stretto: la polemica antimilitarista è infatti inserita in una riflessione di maggior ampiezza e il rifacimento in chiave parodica amara serve a far emergere alcune tematiche più impegnative che giacciono nel film di genere in senso latente e potenziale. Tema: rapporto uomo-società. Microstruttura sociale dell’esercito diviene paradigma dell’intera macrostruttura sociale. Struttura sociale negativa e pessimistica. Due segnali di questo rapporto: 1. Isomorfismo tra struttura militare e struttura sociale; rigida divisione in gradi corrisponde alle classi sociali. 2. Sono poste in primo piano le relazioni tra gli individui, improntate secondo regole di etichetta e di rappresentazione che hanno la stessa rigidità delle norme di comportamento nell’esercito. Allusione alla condizione umana in generale, in cui impera l’assurdità. Senso di straniamento che ricorda Kafka. Kafka si proietta nel film sia per l’ambientazione (Germania) sia per gli elementi tematici presenti (castello e processo). Autoreferenzialità della struttura sociale (tendenza a rendersi autonoma da tutto e tutti). Società sembra essere una struttura conclusa e autonoma dotata di un proprio linguaggio, proprie regole. Il linguaggio militare è paternalistico e attinge ai diversi settori del linguaggio ordinario per piegarlo a nuovo scopo e nuovi significati. Apparati rappresentativi. Si ripetono atteggiamenti e ruoli prefissati, in una scansione rituale e ripetitiva cui i singoli individui non possono sottrarsi. La macchina rappresentativa deve avere la meglio sull’individuo: i suoi istinti di sopravvivenza vengono cancellati e deformati di fronte alle esigenze della messa in scena bellica dell’eroismo. Un aspetto particolare dell’autoreferenzialità è dato dalla volontà di introiettare nella struttura stessa il nemico esterno: con una sola di transfert il nemico, invisibile e inafferrabile, viene identificato all’interno della struttura. In questo modo viene reso visibile e annientabile in base a un’idea sacrificale. In questo modo si conferma la natura totalizzante, nel tentativo di incorporare il proprio esterno e il proprio contrario. L’aspetto più evidente dell’autoreferenzialità però risiede nella presenza attiva di una logica implacabile che non lascia spazio alle ragioni della coscienza e che annulla il valore intrinseco della vita umana. Il film è costruito sul contrasto tra Dax (che rappresenta le ragioni etiche e umanistiche) e il contesto in cui egli agisce, assurdo e capovolto. In questo contesto si mette in luce l’assurdità della logica militare e l’impotenza dell’individuo latore di un principio di giustizia. Kubrick gioca con le aspettative dello spettatore, incentivando e poi deludendo le attese di un’irruzione dell’etica e della giustizia nel film. Pretesa della struttura di essere razionale e imparziale quando invece è l’espressione dell’irrazionalità e un puro strumento degli interessi. I richiami alla ragionevolezza improntano l’intera macchina e servono a capovolgere i criteri della razionalità stessa: la vera ragionevolezza è scambiata per assenza di ragione i un mondo capovolto. Il film mette in scena 3 tipologie di spazio: 1. Sfarzoso interno del castello, ripreso con focali corte, profondità di campo e inquadrature dall’alto. Luce bianca diffusa sempre presente dietro i soggetti. Rapporto uomo-spazio è diverso a seconda delle situazioni: generali, spostamenti elaborati e tortuosi che la camera segue con carrelli danzanti semicircolari (tali movimenti di macchina sottolineano l’andamento sinuoso delle stesse conversazioni e elaborate regole di etichetta. Dax compie tragitti regolari, mentre i soldati stanno fermi. 2. Trincee, riprese con carrelli indietro e avanti ad altezza d’uomo, che seguono gli spostamenti forzatamente lineari dei soggetti. Durata inquadrature lunga e luce cinerea. Spazio claustrofobico e labirintico che sottolinea il senso di meccanica ineluttabilità dello svolgersi degli eventi. 3. Interni delle trincee, spazi oscuri e notturni, illuminati da un’unica luce che restringe profondità di campo. Obbliga i soggetti e la macchina a limitare i movimenti, incoraggia i piani ravvicinati e indurisce i volti (espressionismo). Rapporto individuo-spazio è opposto e complementare al castello. Ricerca ossessiva di un principio di simmetria e specularità, oltre che alla ripetizione. Kubrick mette in luce il potere del cinema di regolarizzare lo spazio. Il cinema, in quanto macchina dello sguardo, si rivela imparentata con la macchina bellica, anche essa soggetta all’ossessione per il controllo e dominata dai dettami di una struttura. SPARTACUS, 1960 Si colloca in maniera anomala all’interno della produzione del regista: il progetto è voluto e coordinato da Kirk Douglas e Kubrick subentra al posto di Mann. Qui, per la prima volta, Kubrick non può controllare l’intero apparato del film e dve limitarsi a mettere in scena un soggetto e una sceneggiatura già disposti. Kubrick per questo motivo rinnega la paternità dell’opera, anche se la critica europea non è d’accordo. Al di là delle varie critiche si può dire che Kubrick è riuscito a sfruttare ogni piega del soggetto per dare una sua impronta inconfondibile al film. A livello tematico l’ottimismo progressista del soggetto non si accorda con la visione filosofica del regista. Spartacus però è un eroe fallimentare che si oppone a un ordine sociale e un potere basato sulla ratio (dove si nascondono un gioco di poteri e una lotta di classe potenzialmente esplosivi). La rivolta degli schiavi rappresenta il momento di messa in crisi di questo ordine. Ciò prelude anche al suo rovesciamento; Kubrick sembra voler recuperare il meccanismo della dialettica servo-padrone di Hegel. Tra il mondo degli schiavi e dei padroni c’è un rapporto di doppio e di rovesciamento (Spartaco-Crasso). L’ultima parte del film introduce il dubbio che Crasso nutra per Spartaco una paura metafisica, del doppio; ciò viene sottolineato sia a livello di plot che con alcune scelte stilistiche. Anche a livello stilistico Kubrick riesce a dare una propria impronta al film. Uso di nuovi mezzi produttivi come il colore, la gru e la possibilità di usare migliaia di comparse contemporaneamente determinano lo stile di scrittura. Kubrick usa questo apparato tecnico-figurativo con due intenti: 1. Mette al servizio del soggetto alcune idee visive: opposizione gladiatori-Roma è sottolineata a livello di taglio delle inquadrature e cromatico. 2. Sperimenta alcuni procedimenti di scrittura resi possibili grazie ai nuovi mezzi messi a disposizione. Uso gru come carrello aereo. Kubrick lascia molto spazio alla fase di preparazione della battaglia e ritorna più volte su l’inquadratura delle legioni romane che sfilano ritmicamente. Inquadratura frontale, prospettica, teatrale. => guerra come grande messa in scena. Battaglia violenta. => rivela il potere della macchina cinematografica di costruire uno sguardo sul mondo saldo e centrato. Saldezza poi viene messa in crisi. Il cinema esibisce un duplice potere: quello di costruire e di distruggere => valore del cinema come esperienza, forte e coinvolgente grazie all’uso dei nuovi mezzi. Spartacus segna molto Kubrick sotto l’aspetto stilistico: approfondisce l’idea di cinema come meccanismo di potere e come macchina esperienziale. LOLITA, 1962 Il tema sembra essere l’aspetto perverso della famiglia, ma Kubrick porta fuori campo gli aspetti erotici o li sposta su particolari meno offensivi. In realtà il nucleo tematico del film è la storia dell’ossessione e della progressiva follia di Humbert: questa passione divorante interessa al regista indipendentemente dall’oggetto del desiderio. La storia della disgregazione del personaggio ha inizio con uno sguardo: nasce da qui un bisogno di guardare che resta costante per tutto il film. Il piacere dello sguardo è ricercato maniacalmente perché il possesso scopico precede e sostituisce il possesso fisico di Lolita. Nasce da qui lo straniamento del personaggio rispetto al contesto sociale in cui è calato: la società gli proietta delle parti e dei ruoli che lui non sa accettare => senso costante di imbarazzo Humbert e la società seguono due logiche differenti: ciò da luogo a equivoci comici. Due straniamenti nel film: uno riguarda Humbert (prima parte) e l’altro le rappresentazioni messe in scena da Quilty ai danni del protagonista (seconda parte). Humbert, completamente spaesato e accecato dalla propria ossessione, è incapace di comprendere gli inganno di Quilty e non riesce più a distinguere il vero dal falso. Quilty e Humbert rappresentano i due volti di una medesima crisi d’identità: Quilty rappresenta l’aspetto ilare ed isterico di quella stessa crisi che in Humbert appare nel suo aspetto più ripiegato ed ombroso. Humbert => progressiva depravazione Quilty => moltiplicazione delle identità Lo spaesamento non coinvolge solo Humbert ma anche lo stesso spettatore: ciò si può osservare spostando l’attenzione sui livelli di procedimenti di scrittura usati da Kubrick nella narrazione. Gioco complesso e raffinato di definizione del genere cinematografico: Lolita si rifà ai canoni del film drammatico realistico classico (inquadrature lunghe e scarsi stacchi di montaggio, non si vede la presenza e il lavoro della macchina, illuminazione realistica) ma vi sono alcuni aspetti assurdi da commedia e, inoltre, l’andamento di alcune sequenze introducono elementi del noir e dell’horror (le apparizioni di Quilty sono riprese con tagli di luce espressionistici). => spaesamento dello spettatore, rinviato da un’area all’altra della propria competenza di genere cinematografica, in modo tale che i suoi schemi previ di interpretazione del film chiedono di essere continuamente riassestati. Lo spaesamento permane non solo nei riferimenti cinematografici ma anche nei riferimenti culturali ed artistici, di cui il film è colmo. Riferimenti caotici, commistione di alto e basso culturale: scelta quadri in casa Haze, villa di Quilty (che rappresenta una sorta di retro di palcoscenico). La logica dell’accostamento bizzarro e casuale provoca lo spaesamento dello spettatore. Estetica dei primi anni ’70; non più nette divisioni tra cultura alta e bassa, ma confluire dei prodotti culturali in un gusto kitsch indifferenziato. Kubrick sottolinea l’aspetto di caotico amalgamarsi di stereotipi culturali, estrapolati dal loro contesto e e accostati in modo casuale. => smarrimento Gioco di pastiche: Lolita non è la parodia del genere drammatico, ma la dichiarazione della impossibilità di praticare un discorso cinematografico in base ai generi. Vi sono comunque delle linee di collegamento. Anzi: proprio l’accostamento casuale tra gli stereotipi può far scaturire dei rapporti inusuali e segreti tra di essi. Lolita sfrutta l’accostamento degli stilemi del racconto rosa, di elementi del racconto nero o orrorifico e dei richiami al Settecento. Dove Kubrick fa interagire questi elementi, lì intende identificare le radici del racconto sentimentale ed erotico e dell’immaginario ad esso collegato. rinviano a quel punto irrappresentabile su cui si basano e a partire dal quale vengono generate la conoscenza e la rappresentazione. 2001 segna una frattura nel cinema di Kubrick: egli giunge a reinventare completamente un genere. Kubrick riprende, dall’esperienza di Spartacus, l’idea del cinema-kolossal come esperienza coinvolgente e totalizzante per lo spettatore. L’aspetto plastico e fonico del film assume un peso del tutto inusuale rispetto alla componente narrativa e cognitiva. Esperienza percettiva dominata dal contrasto e dalla discontinuità, che è duplice: - rispetto alla esperienza percettiva quotidiana: il film mostra immagini “impossibili” mediante lo stravolgimento delle categorie di alto e basso, destra e sinistra. Ciò spinge lo spettatore a prendere coscienza di quanto la visione normale sia condizionata e retta da una serie di presupposti invertiti da cui essa dipende interamente. - interna alla stessa esperienza percettiva procurata dal film. Funzione maieutica: tramite vari spostamenti che agiscono su più livelli ed a una costante reinvenzione delle possibilità di percezione delle immagini si esplora le potenzialità strutturali del disorientamento in quanto veicolo di conoscenza. La visione del film diventa quindi la coperta di cosa significa vedere. 2001 si propone come un film di educazione dello sguardo a cogliere le proprie leggi e a superarle. ARANCIA MECCANICA, 1971 E’ un film sulla violenza, che si presenta in primo luogo a livello individuale => Alex. Il protagonista rappresenta l’istintualità pura, vitalissima e animalesca, che viene repressa dalla macchina sociale e dai freni individuali solo temporaneamente e apparentemente. In lui la violenza è un impulso fulminante, che genera l’azione istantaneamente e senza mediazioni progettuali (“pensare è da stupidi”). Assenza di freni e direttrici. Come in Dottor Stranamore, la violenza è associata alla sfera sessuale ed entrambi gli istinti si collegano ad un atteggiamento di regressione infantile (lattepiù). Come accadeva in Lolita, la deflagrazione dei parametri etici si accompagna ad una parallela deflagrazione estetica. Alex vive su di sè un’estetica del caos , di passioni viscerali e di commistioni improbabili. L’atteggiamento di Kubrick nei confronti di questa istintualità è ambiguo: da un lato essa appare come forza distruttrice e autodistruttrice, espressione animalesca; dall’altro come pulsione romanticamente vitalistica e creativa, spinta barbarica alla creatività, gioiosa distruzione degli schemi costrittivi (associazione alla musica). Questo lato positivo dell’istintualità affiora in particolare nel contrasto tra violenza individuale e la violenza che si trova a livello sociale. La società e le istituzioni, nel voler reprimere l’istinto violento di Alex, esercitano e manifestano essi stessi una violenza repressa, organizzata e strutturata; una violenza che costituisce un’immagine simmetrica rovesciata rispetto a quella di Alex, ma priva delle sue connotazioni positive. I personaggi che rappresentano la società ufficiale sono dei doppi deformati del protagonista: ex droghi come poliziotti danno l’idea di come si sia incanalata la violenza all’interno delle istituzioni. => Lo stato macchina che intende ridurre a macchine i propri membri manifesta una violenza pari a quella dell’individuo che esprime la violenza come vitalizio biologico. Luogo esemplare di questa dialettica sono i corpi: vitalistici e dinamici quelli di Alex e dei drughi nella prima parte, costretti nei vestiti e gessati quelli delle persone delle istituzioni (anche l’ingessatura di Alex nella scena finale, che prelude al suo reinserimento nella società) o atrofizzati, fisicamente immobilizzati ma tremanti sotto la spinta della pura energia distruttrice. Confronto tra violenza individuale e violenza istituzionale viene impostato nella seconda parte del film come confronto dialettico tra forza vitalistica e forza repressiva. L’ambiguità tra versante positivo e negativo della violenza individuale emerso nella prima parte viene temporaneamente risolto a favore dell’aspetto positivo. Questa ambiguità però riaffiora nel finale: l’istinto vitale trionfa, sia nell’aspetto positivo che in quello negativo. Nulla nel film sembra sostenere il libero arbitrio: la scelta è forzata tra una repressione istituzionale e una reazione vitalistica dell’individuo (ma in ogni caso il soggetto è privato di una vera e propria libertà). Al fondo delle tematiche del film affiora il pessimismo di Kubrick sull’impossibile autodeterminazione dell’uomo nei confronti del proprio scegliere e agire. Scelte stilistiche e di scrittura trovano una logica unitaria in riferimento al problema della violenza. Grande varietà di inquadrature e procedure di montaggio; ritmo accelerato e ralenti, dall’immagine ad altezza normale alle inquadrature anomale, dalla illuminazione naturalistica a quella espressionista… => questa varietà mira a mettere in scena un unico oggetto preciso e ossessivo: la violenza. Netto stacco tra la prima e la terza parte: nella prima parte le scene di violenza sono rappresentate in forma teatrale, hanno una valenza spettacolare. Vi sono accenni al portone animato e alle gag da cinema muto; in questo modo si stempera la carica disturbante delle scene in un insieme da opera buffa. Nella terza parte, invece, Alex non si può ribellare ai soprusi e le scene di violenza si fanno tetre e funebri. Tra i due modi di rappresentare la violenza a livello narrativo si situa la cura Ludovico. Sistema delle inquadrature soggettive segue un andamento rigoroso in base a una logica di mutamento e di permanenza nel passaggio dalla prima alla terza parte del film. La coincidenza dello sguardo tra spettatore e personaggio nella prima parte viene riservata alle vittime di Alex e nella seconda e terza parte ad Alex stesso. Lo spettatore è comunque posto nella parte della vittima della violenza passiva e bloccata. Sequenza cura Ludovico; Alex davanti schermo. Riproduzione perfetta e speculare della posizione dello spettatore nella sala cinematografica. A differenza di 2001 non ci sono suggerimenti di girarsi all’indietro perché Alex è costretto a guardare le immagini. => spettatore-cavia-vittima di uno spettacolo-esperimento-tortura. BARRY LYNDON, 1975 Costituisce un maestoso e ricchissimo quadro del ‘700, epoca molto cara a Kubrick, che la considera come origine e paradigma della contemporaneità. Il film presenta una summa dei temi più cari al regista: - dialettica tra ragione e passione: il ‘700 segna l’incontro tra ragione e passione. Illuminismo e esaltazione del sentimento. - dialettica tra realtà e rappresentazione: la società del ‘700 elabora codici di comportamento che rendono la vita sociale una sorta di messa in scena. Questa duplice dialettica si ritrova in due livelli nel film: nelle situazioni ricorrenti e a livello dello spazio e del tempo. - Situazioni ricorrenti: guerra, appare come una maestosa e spettacolare messa in scena, e un gioco logico-matematico tale da sublimarne la carica di violenza. duello, riproduce in piccolo la struttura spettacolare e rituale della guerra gioco, rito spettacolare che nasconde la tensione e la passione seduzione, è al tempo stesso gioco e duello e comporta un accorto mascheramento della propria passione. vita sociale, grande rappresentazione, gioco di manichini. Gli stessi personaggi del film sembrano delle bambole. - Spazio e tempo giocano sull’ambiguità tra regolarità geometrica e naturale casualità. Il modello comune sembra essere quello della musica (canone con fuga con la geometria dei suoi ritorni e variazioni). Lo spazio prevalente è quello del giardino all’inglese (mediazione tra natura selvaggia e giardino alla francese). Quanto al tempo, la struttura del plot è simmetrica e regolare: all’ascesa della prima parte corrisponde la discesa della seconda. I tre temi del film (duello, seduzione, gioco) appaiono collegati tra loro da una formula modulante; in tal modo la plot appare come una partitura musicale eseguita nel tempo del racconto. La scrittura obbedisce a un criterio di controllo formale estremo e ossessivo dei minimi particolari. Il taglio delle inquadrature è frontale, con scarsi movimenti di macchina e di lunga durata. Dominano le scene di esterno e lo zoom all’indietro. Luce naturale sfruttata in tutte le sue possibilità; per le scene notturne si usa la sola illuminazione delle candele (particolare obiettivo Zeiss). La composizione dell’immagine è dominata dalla preoccupazione di riprodurre una serie di quadri dell’epoca: Constable, Chardin per gli esterni e Stubbs, Hogarth per la vita sociale e gli interni. Kubrick, costruendo le immagini come se fossero dei quadri agli occhi dello spettatore, tiene questi ad una irriducibile distanza dal mondo descritto nel film, perché impedisce l’apertura dei varchi tra spettatore e mondo testuale. => a livello visivo la spazialità del mondo testuale rimane una spazialità altra rispetto allo spettatore. Non ci sono infatti soggettive, ma solo passaggi in soggettiva. Il quadro di paesaggio mette in gioco al proprio interno due temporalità: quella diacronica dell’azione narrata e quella acronica della natura. La messa a distanza dello spettatore rispetto al mondo testuale viene data non solo tramite i dati visivi ma anche con la voce over del commentatore. Il commentatore non è imparziale come sembra apparire: egli infatti esprime numerosi commenti che non si accordano del tutto con il giudizio che lo spettatore potrebbe farsi in base alle immagini. I due narratori della vicenda (visivo e verbale) mostrano un reciproco scollamento sotto l’aspetto valoriale e valutativo: sembra che lo spettatore possa decidere quale dei due sia più attendibile. Qui il commento verbale serve a mantenere lo spettatore sulla soglia della rappresentazione. Kubrick si interroga sul rapporto tra filosofia e storia e scopre che un distacco netto nel ‘700. Egli avverte che il passato è inattingibile. Tra noi che oggi osserviamo il ‘700 e l’epoca stessa esiste un salto di montaggio che rivela al tempo stesso un vuoto senza dimensione e un gioco di rime che si ripetono a distanza. A noi non restano altro che brani musicali, romanzi, giardini e soprattutto quadri. SHINING, 1980 E’ al tempo stesso una summa dei temi canonici dell’immaginario dell’orrore (-) e una sintesi di alcuni temi chiave di Kubrick (°). - Elementi dell’immaginario di paura definito letteralmente: patto col Diavolo (Jack che parla con i fantasmi), metempsicosi (Jack è sempre stato il guardiano), vampirismo (Danny ha ferita sul collo), doppia vista e telepatia, danza macabra (ballo fantasmi anni ’20), necrofilia e casa infestata. - Richiami all’orrore desunti da favole: stanza proibita di Barbablù, Lupo cattivo di Cappuccetto Rosso, Pollicino e Peter Pan con il nome di Wendy, che media tra il mondo degli adulti e il mondo allucinatorio. - Riferimenti al cinema dell’orrore (Psycho in particolare). - Richiami all’immaginario dell’orrore in senso antropologico: la montagna è in molte culture axis mundis, luogo di comunicazione tra cielo e inferi, luogo del sacrificio rituale cannibalistico. L’ Overlook Hotel rappresenta invece un Paradiso infero della tradizione medievale, luogo di consumazione di un banchetto e di una danza rituali. • Genere horror che ripercorre tutta l’opera di Kubrick in maniera più o meno nascosta • Tema del doppio: Tony alter ego di Danny e Grady di Jack, le due gemelle fantasma, simmetrie delle inquadrature Il regista sa di confrontarsi con il war film e il genere viene citato e ripreso sotto vari aspetti: vengono ripresi i due sottogeneri, ovvero il film di addestramento e di guerra vero e proprio (Jocker fa la parodia di John Wayne), vengono messi in rilievo i collegamenti con il western. Sa di confrontarsi con i film di guerra già prodotti sul Vietnam e sa anche che la guerra del Vietnam è stata la prima ad essere seguita interamente dai media e che il suo film deve confrontarsi con un’iconografia tracciata dalla cronaca mediale. Si vede la troupe televisiva che fa le interviste, simulando un’adesione dell’obiettivo cinematografico a quello televisivo (ma talvolta si vede la camera televisiva, segno della volontà di voler vedere di più e in modo differente). La guerra è già registrata nella memoria di chi combatte grazie a televisione e cinema: è proprio questa iconografia che Kubrick rigetta per uno sguardo nuovo e innocente della guerra. La guerra è anche un contenitore di storie predefinite, seriali: Kubrick lavora contro il racconto, ne distrugge la struttura narrativa. I personaggi principali muoiono, non succede nulla, vi sono episodi insignificanti caricati in maniera artificiale di risonanze epiche. E’ una storia senza storia, un racconto senza eroi. Nessuno compie azioni tali da attrarre la simpatia dello spettatore. Soggettive dei soldati ma anche dei cecchini che sparano su di loro. No segnali di tempo e di luogo e ciò provoca disorientamento. La macchina narrativa mostra la propria agonia, come la macchina dell’esercito, come la struttura architettonica della civiltà industriale. EYES WIDE SHUT, 1999 Tema della coppia già sperimentato da Kubrick, ma qui non si tratta di coppie anomale (Lolita) o in crisi (Barry Lyndon e Shining); qui viene posto al centro della storia l’esplorazione, da parte di una coppia adulta e normale, dei gorghi della psiche dove Eros e Thanatos si incontrano. Dualità tra aspetto diurno e notturno; i due aspetti sono separati all’inizio, ma tendono poi a sovrapporsi. La coppia appare come frammento e specchio del più ampio sistema sociale in cui è inserita: anche la società, infatti, vive sul filo che separa la dimensione notturna da quella diurna. Rivelatore è il codice degli spazi. Festa da Ziegler, illuminata, e poi orgia notturna a Somerton; entrambe le feste hanno la stessa durata e appaiono una l’inverso, ma anche il completamento, dell’altra. Luoghi fuori scena nella prima festa, e a Somerton l’orgia è stilizzata e regolata come un balletto. Sintomatico anche il codice vestiario: smoking e nudità. => scena sociale come luogo di rappresentazione e travestimento Motivo della maschera: le maschere dei partecipanti all’orgia rinviano al mascheramento sociale. Lavoro sulle smorfie tipiche di Tom Cruise: le sue espressioni tipiche vengono fissate e serializzate in una galleria di smorfie ricorrenti, buone per ogni occasione e al tempo stesso suscettibili di improvvisi svuotamenti. Il principio del mascheramento è pervasivo e coinvolge gli stessi ambienti: questi sono tutti addobbati con le stesse luci natalizie. Solo a Somerton si vede uno spazio spoglio di questa patina colorata e dunque tale da rivelare la verità delle proprie superfici. Il gioco della rappresentazione sociale appare tuttavia fragile, sempre pronto a rivelare la sua artificialità. Finisce così per affiorare il principio che muove effettivamente azioni e scelte dei personaggi: il principio del desiderio. Il sesso diventa per la società moderna un ossessivo argomento di discorso e quindi il luogo in cui un sapere si custodisce e si nasconde. Tutto il viaggio di Bill si configura come una ricerca della verità; la sua storia dunque consiste in un continuo rinvio non solo del possedere una donna, ma anche del possedere in forma definitiva e stabile una verità. Sotto questo aspetto l’esperienza del protagonista si riflette nell’esperienza dello stesso spettatore. Il film presenta infatti una tale proliferazione di indizi interpretativi da dare alla spettatore l’impressione di non afferrarne mai completamente il senso. Con questo fil Kubrick ha tematizzato la sua concezione di testo artistico tout court: il testo è contraddistinto dalla compresenza di una molteplicità di riferimenti e storie che si sovrappongono e determinano a vicenda la propria interpretazione. => gioco di specchi e rimandi potenzialmente infinito. Un primo segnale di questo senso giunge dal rispetto scrupoloso che il regista riserva alla novella Doppio sogno, da cui il film è tratto. Riecheggiano altre storie come Alice dentro lo specchio, Lo schiaccianoci e Il mago di Oz, tutte accomunate dal fatto di essere una storia sul viaggio di una ragazzina verso un paese incantato. Altri riferimenti culturali come l’Ars amandi, il Mago Sabbiolino, quadri romantici e settecenteschi, Fidelio e Kafka. Dal punto di vista dei procedimenti di scrittura, il film conferma l’attrazione di Kubrick per un uso insistito dei movimenti di macchina: carrelli e steadicams sono presenti in tutto il film. Spazio rappresentato in due modalità: 1. spazi dinamizzati dall’uso insistito dei carrelli in avanti, all’indietro o laterali oppure mediante un andamento circolare. 2. spazi resi statici da inquadrature fisse, che insistono sui primi o primissimi piani (zoom). =>Volontà di indagine ravvicinata dei volti. Tutto il film si configura come una sorta di lungo viaggio che passa attraverso stanze, strade, per fermarsi solo provvisoriamente in alcuni luoghi, dove pura continua una avanzamento psicologico nei personaggi. Questo viaggio sembra avere un andamento continuo e una forma circolare: casa Hartford è il punto di partenza e ritorno. Il senso di andata e ritorno è rafforzato da alcuni segnali: nel passaggio dalla prima alla seconda parte si capovolgono o la direzione d’arrivo di Bill o l’angolazione della macchina da presa. Anche i flash mentali di Bill cambiano direzione dalla prima alla seconda parte del film. Il viaggio di Bill però è tutt’altro che lineare: casa Hartford è il punto di partenza e di arrivo. Viceversa la casa di Ziegler e Somerton rappresentano il punto di massima lontananza raggiunto prima del ritorno, in una disposizione a epanalessi. A guidare gli spostamenti di Bill è dunque la figura della geminazione simmetrica, presieduta da una logica speculare. Il viaggio è dominato da un principio di duplice specularità: le mete finali si alternano specularmente, così come i due gruppi di siti attraversati. La logica della specularità attraversa tutto il film, costituendo effetti di rispondenza e di eco tra le parti. - Morivi del doppio e dello specchio ritornano ossessivamente. - Vi sono richiami tra scene differenti, ritornano espressioni verbali, colori e ambienti. Lo spettatore è portato a dubitare dello statuto di realtà di quanto sta guardando e ascoltando. Inquadrature soggettive che riferiscono le percezioni di Bill; sono sia visive ma anche allucinatorie e sonore. Oppure un’inquadratura apparentemente oggettiva si rivela essere una soggettiva di Bill. Le serie di ripetizioni, inoltre, producono una sensazione di déja-vu, quindi un senso di smarrimento. Spaesamento rafforzato dall’uso particolare della dissolvenza incrociata: ne deriva un’incertezza che coinvolge sia l’effettiva durata dello svolgimento temporale che le concioni spaziali coinvolte. Kubrick usa uno stile modellato sul regime cinematografico classico, basato su continuità e coerenza, ma inceppa questo meccanismo fluido mediante tre espedienti: 1. viola alcune regole del montaggio classico: scavalcamento dell’asse. Raccordi sbagliati che procurano un’idea di salto. 2. Ripetizioni verbali. Ne risulta l’impressione che la macchina rappresentativa si incanti. 3. Uso dell’interruzione. 3. I TEMI KUBRICK NARRATORE, FOTOGRAFO E REGISTA DELLA CRISI DELLA RAGIONE Le analisi dei film di Kubrick hanno incrociato un’estrema varietà di generi e di argomenti. Vi è però un nucleo tematico centrale da cui derivano e a cui ritornano tutti gli altri temi e motivi ricorrenti. Questo nucleo tematico è costituito dalla rappresentazione della crisi del modello della ragione occidentale. E’ un tema alto, di carattere filosofico, che viene affrontato da Kubrick non con strumenti concettuali ma con mezzi esclusivamente cinematografici, visivi e auditivi. => affronta la crisi della ragione basandosi sull’intuizione visiva, sulla forza delle immagini e suoni. Kubrick è al tempo stesso narratore, fotografo e regista cinematografico della crisi della ragione, concetto che si può esemplificare partendo da un procedimento espressivo ricorrente in Kubrick. Egli costruisce uno spazio razionale, dominabile, per poi metterne in scena la distruzione. - Narratore: parla dei suoi temi filosofici usando i linguaggi del racconto, della favola, del mito. In particolare, come nei miti di fondazione, egli cerca di rispondere con i suoi racconti alla domanda circa l’origine di questa situazione di crisi, che identifica ora nell’alba dei tempi, ora nel Settecento. Il cinema costituisce per Kubrick una grande macchina produttrice di narrazioni, di moderne mitologie. - Fotografo: il tema centrale dell’opera di Kubrick consiste solamente e precisamente nella messa in scena del punto temporale della messa in crisi. E’ affascinato da quell’istante in cui i modelli rigidi della ragione occidentale vedono irrompere al proprio interno un principio distruttore. Come un fotografo, quindi, il regista spia il mondo nell’attesa di cogliere e fissare questo punto catastrofico, irripetibile e rivelatore. - Regista: egli mette in scena la crisi della ragione mediante una forma cinematografica. La narrazione della crisi e l’esaltazione dell’istante pregnante sono perfettamente calati in una costruzione visivo-dinamica, ovvero sfruttano pienamente ed esclusivamente i mezzi di espressione del cinema. Non a caso compaiono figure di scrittori falliti nei suoi film, a sottolineare una sostanziale sfiducia nella parola come mezzo espressivo. L’aspetto centrale messo in crisi è il principio di controllo. La ragione occidentale ha inteso di instaurare un controllo sul mondo: il modello spaziale della prospettiva esprime proprio una volontà e una fiducia di dominio, di centralizzazione. Ma questa volontà e fiducia si rivelano illusorie e cadono nell’istante in cui si inserisce un elemento imponderabile che sfugge ai sistemi di vigilanza e porta gradualmente ma inesorabilmente a una distruzione dell’intero sistema. Tre macrosettori di crisi del controllo razionale esercitato dal soggetto: 1. nei confronti di se stesso 2. nei confronti dello spazio e del tempo 3. nei confronti della società LA CRISI DI CONTROLLO SULLE AZIONI E SULLE IDENTITA’ Molti dei personaggi di Kubrick si dedicano a costruire e a cercare di attuare progetti, pianificati nel dettaglio; nessuno di essi, però, riuscirà nell’impresa. All’interno di un progetto meticolosamente preparato si insinua un elemento imprevisto, del tutto casuale ma capace di inceppare il meccanismo e condurlo all’autodistruzione. I personaggi, nel momento in cui si illudono di controllare tutto non si accorgono di innescare il proprio fallimento. I personaggi sembrano spesso mancare di un centro di coordinamento delle proprie azioni e sono ridotti a marionette agite più che a soggetti agenti. Questo aspetto è reperibile in due forme opposte ma complementari: lo svuotamento e la proliferazione incontrollata delle azioni. Vi sono quindi due tipologie di personaggi kubrickiani: quelli caratterizzati da un andamento incerto, ambiguo ed enigmatico e quelli dinamici ed eccentrici fino all’isteria (vedi contrasto tra Danny e il padre Jack). LA CRISI DEL CONTROLLO SULLA CONVIVENZA SOCIALE Arancia meccanica come esempio migliore: il tema centrale del film è l’impossibilità di conciliare la convivenza civile con gli istinti di violenza e sessuali primordiali presenti nell’uomo. La convivenza sociale si rivela una patina di convenzioni sotto le quali l’istintualità cova. La società può cercare di proteggersi contro la vitalistica esplosione dell’istinto solamente riducendo gli individui a macchine, disciplinando i loro comportamenti in base a una catena prevedibile di stimoli e reazioni. Una simile dialettica tra le convenzioni, le regole, la disciplina, la meccanizzazione dell’individuo da un lato e la presenza esplosiva dell’istinto dall’altro si ritrova in tutti i film del regista. Si possono distinguere quattro gradi dell’emergere dell’istintualità all’interno delle regole sociali: 1. L’istinto appare domato, completamente riassorbito dalla convenzione e dalla regola. Solo alcuni sprazzi interpretati a posteriori appaiono come segnali di una volontà distruttrice compressa. Vita quotidiana come rappresentazione. 2. La regola serve a imbrigliare la violenza, a bloccarla in una regola di convenzioni in una sorta di frame mentale. Figure chiave del gioco e del duello. Il gioco rappresenta l’ideale di ogni società; è un sistema chiuso e incivilito che elimina i rischi della vita e s’incarna nel ‘700. Dialettica tra regola e violenza si trova nel pugilato o ring, nelle carte, nel biliardo, nel ping pong, nelle corse dei cavalli e negli scacchi (calcolo che convive con la violenza e l’aggressività). Nel duello invece l’aggressività è ancora più scoperta, per quanto altamente ritualizzata. 3. Rigida meccanizzazione e regolazione della più cieca follia dell’istinto. E’ il significato della guerra in Kubrick; la guerra è un luogo di messa in scena di caratteri archetipici e comportamenti primordiali, di cui la violenza è al primo posto. La guerra riassume gli stadi precedenti e li supera. E’ inoltre il luogo esemplare in cui si può osservare il processo di meccanizzazione dell’individuo. 4. Esplosione della violenza priva di regole, quasi un punto d’arrivo inevitabile. Non è sempre priva di regole perché talvolta la violenza mantiene una parodia di regola; in altri luoghi l’assenza di regole è invece completamente esibita. Le marche stilistiche usate da Kubrick nell’ultimo stadio sono tre: - Camera a mano, che soppiantando una costruzione ordinata e regolare dello spazio lo distrugge. - Costruzione decentrata e espressionistica dell’inquadratura - Ralenti cinematografico, che amplificando la temporalità dei gesti violenti permette di osservarli con atteggiamento distaccato e quasi scientifico. Se la società cerca di annullare la violenza rendendo l’individuo una macchina (fallimento perché riaffiorerà sempre l’istintualità umana), un processo speculare si ha nel caso della macchina vera e propria, che tende a umanizzarsi e a mostrare i segni dell’istintualità: sesso, violenza e vendetta. Da qui deriva l’atteggiamento pessimistico di Kubrick nei confronti della tecnologia. La società kubrickiana è inoltre priva dei valori umanistici e personalistici. Di qui l’impossibilità di affrontare il problema degli istinti se non in chiave coercitiva e di compromesso. Di qui anche la sostituzione nei suoi film e nei suoi personaggi di un’etica di valori con un’etica del calcolo e della convenienza. IL MEDIUM E’ METAFORA: IL CINEMA E LA CRISI DELLA RAGIONE Configurazione dello spazio esprime la crisi dei modelli razionali di controllo in maniera specificatamente ed esclusivamente cinematografica. Inoltre, questa configurazione esprime la crisi dei modelli razionali rendendola percepibile per lo spettatore, che è chiamato a sperimentare sensibilmente la crisi del controllo sullo spazio mediante una particolare configurazione dell’esperienza cinematografica in corso. E’ proprio di Kubrick rompere il diaframma dello schermo e far irrompere il tempo e lo spazio della finzione in quello reale, per mescolarli tra loro e renderli indistinguibili. Per comprendere le caratteristiche dell’esperienza cinematografica costruita da Kubrick, bisogna metterla a confronto con i caratteri dell’esperienza cinematografica classica, che sono tre: 1. prevedibilità. Il sistema dei generi fa in modo che lo spettatore sappia già cosa aspettarsi dal film. 2. continuità e omogeneità. Scelte che devono rispondere all’emergenza di continuità rappresentativa. 3. trasparenza. L’immagine è al servizio della presentazione e dello svolgimento del mondo narrativo. Scelta del punto di vista è effettuata in funzione di una contatto immediato tra spettatore e il mondo testuale. Kubrick riprende i caratteri dell’esperienza cinematografica classica, ma per sgretolarla dall’interno. A partire da un’apparente esasperazione di questi caratteri, l’esperienza cinematografica kubrickiana giunge ad essere molto simile e allo stesso tempo molto differente da quella classica. 1. I film di Kubrick si inseriscono nei vari generi del cinema americano classico. Ma usa questi generi in modo particolare, preoccupandosi costantemente di forzare i loro confini, di non aderire ai loro schemi ma di deformarli fino al limite della riconoscibilità del genere stesso. => i generi sono assunti per essere giocati, intrecciati, perfino autoparodiati. Ne deriva, per quanto riguarda l’esperienza della visione del film, un ripetuto spiazzamento delle aspettative dello spettatore, un suo costante spaesamento. La visione dei film di Kubrick consiste in una catena di piccoli e quasi inavvertiti shock, provocati da dall’inserzione di aspetti inconsueti nel consueto. 2. Il cinema di Kubrick riprende continuità e omogeneità, ma li lavora in due direzioni. Per un verso sottolinea ed esaspera una costruzione razionale dello spazio e una continuità spaziale e temporale. Per quanto riguarda il tempo si va dalle forme complesse dei flashback, ai salti temporali, allo stagnare del tempo (Barry Lyndon) al labirinto temporale, alle discontinuità ritmiche (Arancia meccanica). Discorso analogo per lo spazio: spiazzamento dello spettatore perché si porta da una visione controllata e distaccata dello spazio a una visione frammentata e ravvicinata, da una visione oggettiva a una soggettiva e viceversa. 3. La trasparenza è costantemente minacciata da zone di opacità. L’immagine rifiuta di piegarsi completamente al servizio del racconto ed esibisce una propria autonomia. Pone in costante evidenza i principi costruttivi dell’immagine. Costruisce una forte tensione tra immagini e racconto. Teoria della contraddizione sempre crescente. Conflitto tra film e cinema, tra significazione e visione. Questo conflitto è la forza stessa del cinema. Kubrick però non rompe completamente i ponti con il regime classico della trasparenza, ma piuttosto fotografa gli istanti di opacizzazione della trasparenza classica. La forza dei suoi film sta proprio in questa ambiguità irrisolta e irrisolvibile tra classico e moderno. Kubrick quindi riprende i caratteri dell’esperienza classica, ma vi introduce elementi anomali e disturbanti (che appartengono alla macchina cinematografica) che la mettono in crisi dall’interno. Ritorno di un rimosso pre-classico che la classicità cinematografica si era illusa di occultare e controllare. Duplice movimento caratterizza il suo cinema: in avanti (sperimentazione tecnica) e indietro (verso il passato). I momenti di messa in crisi coincidono con il recupero di procedimenti propri del cinema muto, pre-classico=> voce over e immagini policentriche, che irrompono a disperdere lo spazio prospettico costruite invece da immagini molto centrate. Il cinema reca inscritta la crisi della ragione nella propria natura e storia: il cinema stesso è una grande metafora della ragione occidentale e l’esperienza cinematografica è il luogo in cui si producono più chiaramente gli esiti di questa crisi, sia in senso negativo che positivo. Kubrick si riaggancia alla volontà demiurgica settecentesca, al mito dell’automa che nutrì il fiorire della scienza; ma lo stesso cinema non è estraneo a questo movimento, costituendo un’altra espressione di questa volontà di dominio e di riproduzione. L’ESPERIENZA CINEMATOGRAFICA E GLI ESITI DELLA CRISI DELLA RAGIONE Gli esiti della crisi della ragione sono due e di segno opposto: uno rappresenta il versante oscuro e inquietante, l’altro il versante diurno e positivo. Annullamento del soggetto mediante una paralizzante passività dello sguardo e la riscoperta delle condizioni elementari del percepire mediante un’intensa attività dello sguardo. LATO OSCURO La crisi della ragione e dei dispositivi di controllo conduce all’annullamento del soggetto. Sotto questo aspetto l’esperienza cinematografica si presenta come esperienza di ipnosi, di follia. Sala cinematografica come sala di torta dove lo spettatore subisce la visione, accetta di lasciar manipolare i propri sensi da un demiurgo onnipotente. Il veicolo primo di questo annichilimento è lo sguardo, passivizzante, sottratto allo spettatore e veicolo di ulteriori svuotamenti. Inghiottimento coinvolge direttamente lo spettatore mediante la soggettiva: accompagna il personaggio nel suo inabissarsi. - Arancia meccanica: la soggettiva è sempre assegnata alla vittima della violenza (prima vittime di Alex e poi Alex stesso). In mezzo si colloca la cura Ludovico, una chiara trasfigurazione del cinema come macchina della tortura. Alex è curato dalla propria violenza mediante la visione di film violenti, che vede anche lo stesso spettatore. Egli è spinto a rivedere la propria stessa esperienza che diventa oggetto di riflessione e di teoria all’interno dello stesso film che l’ha prodotta. Film sullo spettacolo della violenza. Kubrick manipola direttamente l’esperienza cinematografica dello spettatore e poi lo spinge a vedere sdoppiata e riflessa questa esperienza all’interno del film. - The Shining: riferimento al cinema già nel titolo, che allude ai bagliori dei primi film. La soggettiva inizialmente è riservata solo a Danny, per le visioni di Tony o dei fantasmi dell’ Overlook hotel. Successivamente vi è un espandersi del regime di soggettività in parallelo con l’espandersi delle allucinazioni. Lo spettatore è coinvolto nella percezione sfalsata dei personaggi e non sa distinguere realtà e allucinazione. Tema dello sguardo dello spettatore come sguardo posseduto e agito da altri; sguardo come strumento di assoggettamento dei personaggi e dello spettatore. Scena gemelle-Danny è una scena di ipnotismo. Il bambino si salva con l’autoaccecamento. L’esperienza cinematografica si rivela per lo spettatore esperienza di ipnosi, di spaesamento, di possessione dei propri sensi. Le uniche vie d’uscita sono l’autoaccecamento e il voltarsi all’indietro (ovvero opporsi al procedere della pellicola e girare le spalle allo schermo per fissare il raggio del proiettore). Autoaccemento e torsione rappresentano i due modi di rifiutare la rappresentazione e uscire dal sistema che essa istituisce. LATO POSITIVO Percorso di rigenerazione della conoscenza attraverso la percezione visiva. Lo spaesamento e la crisi danno la possibilità allo spettatore di riscoprire i procedimenti di base del proprio conoscere, agire e pensare, partendo da un’arricchimento del percepire. Visione del film diventa la scoperta, mediante la coscienza del disorientamento, di che cosa significa veramente vedere. Kubrick effettua sullo sguardo due operazioni: lo sguardo non è innocente e lo straniamento, l’irruzione all’improvviso servono a fargli sperimentare ordinamenti nuovi e inattesi. Poi assegna allo sguardo la possibilità di rinnovare dal basso tutte le forme della conoscenza.
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