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Ispirarsi alla paideia, Sintesi del corso di Pedagogia

Riassunto del libro, è un'indagine a tutto tondo della veritas di possibilità e di alternative culturali elaborate dai greci sulla questione centrale del divenire uomini. Vengono riportati i concetti chiave del libro

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

In vendita dal 31/05/2023

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Scarica Ispirarsi alla paideia e più Sintesi del corso in PDF di Pedagogia solo su Docsity! 1 RIASSUNTO ‘ISPIRARSI ALLA PAIDEIA’ PREMESSA (pp.7-10) La premessa anticipa che il libro cercherà di offrire alcune chiavi di lettura per decifrare la matrice culturale della crisi educativa che riguarda i giovani del nuovo millennio, tornando alla culla originaria delle forme culturali e paideutiche che hanno segnato la nascita della civiltà occidentale. Da sempre l’educazione dell’uomo è stata educazione al cittadino; mentre la scuola è sorta per preparare alla vita sociale. A una società ordinata corrispondeva un modello educativo, elaborato per sostenerla. Un modo di pensare l’educazione in funzione ad una doppia missione: formare il cittadino ideale e assicurare il mantenimento della struttura sociale. Nasce su questa equazione la scuola dell’Italia unita. Oggi la questione educativa nasce da ragioni ben diverse da quelle del passato. Nuovi aspetti mettono in discussione certezze e comportamenti che avevano ispirato i metodi d’insegnamento e la definizione di piani scolastici. La scuola attuale è rimasta passivamente a guardare i cambiamenti epocali che la società ha vissuto e vive, offrendo un’educazione che viene denunciata come inutile, non essendo al servizio del fine di aiutare le nuove generazioni a vivere bene. È chiaro che l’educazione sia insufficiente per orientare, per interpretare e per offrire strumenti di fronte alle incertezze che si affacciano al panorama globale. La crisi educativa è una crisi culturale che ha impoverito scuola e formazione, tutto è mosso dall’ossessione di perimetrare l’atto educativo, dimenticando che l’educazione viaggia sul binario opposto. Per la risoluzione a questo impoverimento educativo bisogna lasciarsi ispirare (senza imitare) dall’offerta formativa della sapienza antica che ci consente di riappropriarci del significato più autentico di un’educazione e una scuola per tutti. Per ridare slancio a un progetto di civiltà oggi è necessario promuovere un rinnovato slancio del pensiero, tale da opporsi all’ignoranza (e ciò che ne segue) che ci opprime. Il modello da cui ispirarsi prende il nome di PAIDEIA, da essa bisogna ripartire, da intendersi come progetto di continuità e rinnovo, come cultura, un punto da cui ripartire per trovare l’educazione ‘che serve’ (al servizio dei giovani). INTRODUZIONE TRA PASSATO E PRESENTE (pp 11-16) Il testo propone un excursus sulla storia della scuola, individuando un continuo grido di allarme sulla crisi dell’educazione. La risoluzione è stata ricercata nel continuo adattamento e ritocco dei programmi, perdendo così il reale senso del problema. Questa esigenza di risanamento si è trasformata ad un adattamento della scuola alle esigenze della società del momento, i tempi hanno così dettato il cambiamento, portando l’educazione e la scienza, anziché essere i presupposti del miglioramento umano e sociale, ad inseguire le trasformazioni in atto nella storia. Detto ciò, non sorprende come la scuola sia al centro di critiche costanti nei dibattici politici ed intellettuali. La scuola è svilita nel suo essere nel corso del tempo. Appare ovvio quindi richiamare termini e origini di una situazione che è andata via via degenerando, divenuta piatta e confusa. Andando a considerare le varie riforme fatte fra fine ‘800 e tutto il ‘900, si inizia a comprendere come il fine dell’educazione nelle scuole inizia a tendere verso le esigenze moderne e ad un interesse politico (anche di stampo diplomatico per quanto riguarda lo studio delle lingue) piuttosto che formativo o culturale, con il dibattito sull’insegnamento di greco e latino (considerate lontane alle esigenze moderne e troppo difficili, quindi ‘morte’) , che spesso vedeva favorita la fazione degli anticlassicisti (vedi pp.9-10). Questo stravolgimento culturale ha impossibilitato, nel nostro paese, un risanamento dell’istruzione in riferimento alla formazione umanistica e classica. Bisognerebbe tornare allo studio dei classici principalmente per l’attualità e l’in- attualità dei temi, delle modalità di indagare le questioni, degli argomenti di vita che essi affrontano. Nel pensiero va ritrovato il potenziale necessario per leggere la complessità del presente e, soprattutto, per non lasciarci disumanizzare dall’apparato tecnico-economico che frena la realizzazione umana. La scuola, appunto dovrebbe aiutarci ad essere e non a diventare come il presente impone, essendo l’unica a possedere i mezzi per formarci come menti critiche. Ed è questo il messaggio che già i più grandi pedagogisti della storia cercano di trasmettere. Per realizzare ciò è fondamentale che si 2 RIASSUNTO ‘ISPIRARSI ALLA PAIDEIA’ riaffermino alcuni imprescindibili principi. Occorre restituire il senso reale alle parole che animano tutto ciò che riguarda l’educazione e svelarne il senso per intendere meglio cos’è l’educazione intesa come formazione per la vita. C’è bisogno di riformare e ripensare l’educazione, ripartendo dall’idea di educazione e le quaestiones della cultura classica, per ricucire le istanze pedagogico-formative, superando la stagnazione di sterili e pericolose discussioni ideologiche (es. dualismo fra cultura classico-umanistica e scientifica). Non bisogna più pensare ai classici solo come antenati, realtà da studiare solo per veri intenditori. La scuola deve garantire l’uscita dall’ovvietà e di apprendere con criticità senza dar nulla per scontato e la politica deve garantire che tutti abbiano accesso a questo tipo di formazione. La cultura classica, infatti, rifiuta di obbedire passivamente alle mode, vuole capire, è libera. Scegliere consapevolmente, ricercare la libertà e un’esistenza piena è tutto ciò che anima la PAIDEIA che è più di una semplice educazione, essa è ricerca e bisogno costante di cultura per diventare amanti del bello e della sapienza. Aspetti che nel tempo sono andati persi. L’EDUCAZIONE CHE SERVE (pp. 17-23) La riflessione pedagogica segue due direzioni: da una parte, cerca la definizione generale di educazione; d’altra parte, ricerca modi e partiche per tradurre praticamente ciò che è l’idea di educazione ‘che giova’. Nella scuola si trova il luogo deputato a educare, ma si rende protagonista l’educando che nella scuola si prepara ad affrontare la personale esperienza di vita. Nel corso della storia si sono alternate posizioni diverse. Nell’900 italiano a seguito dell’impresa di defascistizzare le scuole si creò una contraddizione che portò il tradimento della tradizione culturale dell’occidente, vista come ostacolo per il compimento della democrazia. Infatti, in quel tempo si cercò di creare sia una scuola proiettata alla formazione umana e intellettuale, considerata la scuola d’élite per ‘pochi’, sia una scuola tesa all’inserimento nel mondo del lavoro, quindi ‘per tutti’. Un disegno politico che mirava alla cancellazione di disuguaglianza creatasi nel recente passato, ma al contempo si voleva difendere una scuola di carattere gentiliano (di pochi ma buoni). Il risultato è stato una scuola diventata di tutti e di nessuno, che non può essere la casa della cultura non rappresentando in alcun modo le istanze giovanili, ne è in grado di rispondere appieno alle richieste del mondo del lavoro, né tantomeno è luogo di socializzazione e inclusione. Profetiche le parole di Goodman 1956 (p.18). La denuncia di Don Milano testimonia la distanza che si vive fra aula e realtà umana, portando l’educazione ad un decadimento alimentato da una contraddizione con sé stessa, divenendo sorda agli appelli del ‘villaggio globale’. Nel tempo la competenza specialistica si fa scopo del percorso educativo, portando alla sostituzione della riflessività, facendo diventare i tecnicismi più importanti della cura degli aspetti umani e sociali. Nel ‘700, ad esempio, le ragioni che hanno portato alla formazione della scuola furono vediamo la necessità di formare l’uomo per il sistema nazione che portò a un sistema fallace di insegnamento basato sulla memoria, fu forte la critica alla società di Rousseau, che vedeva come unica salvezza l’educazione che mira a realizzare l’uomo naturale, che stabilisce legami armoniosi con la natura. Anche Kant sosteneva a fine’700 che il maestro doveva insegnare a pensare e non insegnare pensieri. Nel tornare all’attualità, si pensi alla convinzione di Morin (2015) per la quale ‘…la nostra educazione soffre di una carenza enorme per quanto riguarda il bisogno primario del vivere…’ (cfr. p.21). La scuola pare abbandonata a sé stessa, basti pensare che gli alunni apprendono di più fuori che dentro l’aula, gli insegnanti hanno perso prestigio motivazione e vitalità. Vani furono i tentativi di riforma di Berlinguer che dovettero scontrarsi contro il più cruciale problema pedagogico: quale significato e spiegazione dare alla formazione nello stadio più maturo della sua evoluzione, come formazione alla persona e come formazione alla vita. Un’educazione sganciata dal mondo, dalla cultura, dalla società; incapace di interpretare i giovani e che quindi non ‘serve’. LA LOGOFILIA PEDAGOGICA (pp.23-27) 5 RIASSUNTO ‘ISPIRARSI ALLA PAIDEIA’ simboli rappresentativi (es. inglese). Eppure, nella scuola del III millennio il tema del rapporto con l’eredità classica è quanto mai centrale; inoltre, la ricostruzione della civiltà moderna obbliga il passaggio del raccordo fra passato e presente per cogliere gli interrogativi dell’attualità. Le discipline classiche sono state al centro di ogni dibattito negli anni della riforma scolastica (cfr.p.36). Nel 2001 (riforma Moratti) furono istituiti due percorsi, uno di istruzione con otto licei, l’altro di formazione professionale. Negli otto licei fu istituito lo studio della civiltà classica finalizzato a sviluppare la coscienza storica, così che le lingue classiche erano il mezzo naturale per penetrare la civiltà greco-romana. Vediamo, quindi, come nel corso della storia si è perso sempre di più il senso centrale dell’insegnamento delle lingue classiche, in una società schiava della produttività dettata dall’economia, in cui questo studio viene considerato un lavoro fatico e inutile in quanto non considerato nel suo reale valore e fine, ovvero conoscere direttamente due civiltà, che hanno anticipato e ragionato su questioni e istanze più attuali che mai e quindi per essere più consapevoli di sé stessi (cfr. pp.38-39) I CARATTERI DELLA PAIDEIA SCUOLA COME SCHOLE’ (pp.41-49) Per affrontare gli attuali quesiti educativi, senza cadere nella comune genericità, bisogna riflettere sulla terminologia pedagogica che è alla base dei discorsi ricorrenti su tutto ciò che riguarda la sfera dell’educazione. La sensazione nell’analisi di tali parole è che, esse, abbiano perso la loro profondità originaria. Prendiamo in analisi il termine ‘scuola’, che nell’odierna concezione è da vedere nel dissolversi del senso di formazione, quale complessa assunzione e trasformazione di una forma identitaria e nel suo trasformarsi in mera istruzione. Per i Greci era essenzialmente scholè e il percorso formativo era tutt’altro che utilitaristico e contenutistico a differenza della scuola illuministica europea. L’idea attuale di scuola si allontana sempre di più da quella fondata da Platone e segue la definizione data nei periodi storici successivi più vicini alla modernità. Scuola e pedagogia assumono un doppio significato: da una parte promuovendo l’ordinamento dell’organizzazione scolastica sulla base degli interessi delle classi sociali; per un altro verso aspirando a includere tutti nel grande progetto di civilizzare l’Europa. La scuola, quindi, formalizza il percorso educativo a favore del progresso e lo organizza in gradi progressivi (dall’infanzia all’università) e lo regolarizza con le discipline selezionare in ambiti di saperi e contenuti. È nella scuola che ogni soggetto va formato e educato, orientato all’acquisizione di determinate conoscenze logiche a favore di un prossimo inserimento sociale e professionale. Questo è il significato di scuola che noi oggi conosciamo. Il fine dell’educazione è la spendibilità immediata delle conoscenze, un apprendimento superficiale che cerca le risposte nel ‘qui ed ora’. Metodi ben lontani dalla paideia originale di derivazione classica nonché alla più moderna ‘Bildung’. Per i Greci scholè era il tempo dedicato ai piaceri dell’intelletto, al riflettere, al pensare, all’interrogare la mente, tutto ciò che risponde al significato originale, non moderno, di ‘otium’. I Greci non si legavano a un riduttivo programma contenutistico, all’organizzazione tecnica. Ci rendiamo conto dell’importanza di analizzare e mettere in discussione i termini, relativi alla sfera educativa e formativa, che variano in base al contesto storico entro il quale vengono utilizzati come, appunto, il termine scuola che nel corso del tempo ha assunto un significato totalmente diverso da quello originale. Questa messa in discussione è fondamentale in quanto può generare utili aperture e nuove visioni. Riprendendo il testo di Platone ‘Teeteto’ (cfr.pp.45) notiamo che viene utilizzato il termine scholè. Dal testo è possibile ricavare lo schema di una visione educativa fondata su aspetti non trascurabili in vista di rilanciare l’educazione oggi: il tratto passionale dell’apprendimento che richiama il pathos di chi pensa e il dolore della partoriente, la dimensione della cura che rende concreto l’insegnamento inteso al pari della tecnica delle levatrici, il maestro aiuta a partorire gli uomini e si prende cura delle 6 RIASSUNTO ‘ISPIRARSI ALLA PAIDEIA’ loro anime in travaglio non dei loro corpi. Socrate, maestro di Teeteto, non genera sapienza e conoscenza, egli interroga gli altri in quanto non esistono insegnamenti e saperi confezionati da trasmettere; infatti, lo stesso Socrate sostiene di non sapere e l’allievo non è chiamato a memorizzare ciò che sente. Vediamo come l’educazione non è circoscritta da programmi e non segue fini utilitaristici. Lo strumento di cui si serve il maestro è il dialogo, attraverso il quale egli scruta gli animi e discerne i potenziali allievi con pensieri genuini. Il maestro attiva lo spirito della ricerca verso la verità attraverso la maieutica, far venire fuori ciò che l’allievo ha dentro di sé. Ciò che sostiene la relazione educativa e il lavoro paideutico è una dinamica di scambio reciproco fondata sulla libera adesione alla ricerca della verità. L’educazione socratica, quindi, si basa sul dialogo e, sul logos come parola parlata, articola il suo atto di aiuto necessario all’allievo per arrivare da sé alla scoperta della verità. Con l’esempio socratico vediamo caratteristiche fondamentali dell’agire educativo: il logos come momento chiave della formazione offerto agli allievi come risposta alla necessità vi essere liberi capaci di pensare e decidere da sé; nel momento maieutico sono richiamati la relazione educativa fra allievo e maestro e l’incontro fra soggetti liberi, animati dallo sforzo intellettuale di vivere un’esperienza empatica, interessati a darsi e a prendersi cura reciprocamente. Scholè si basa su questi ragionamenti, essa disegna il tempo ben speso della cura dell’intelletto, è la condizione che rende possibile l’atto più nobile di sperimentazione e libertà che passa attraverso il pensare soggettivo per trovare da sé risposte adeguate. Il pensare è la facoltà che definisce l’uomo autonomo, cioè l’uomo responsabile perché in grado di scegliere autonomamente, l’uomo morale che sa distinguere ciò che è bene e ciò che è male. L’allievo deve essere solo esortato a ragionare, stimolato dall’esercizio del pensiero dalla guida del maestro che lo aiuta a diventare autonomo. Scholè, come momento e luogo ideale in cui Socrate educa al piacere del ragionamento, diventa la condizione della paideia, intesa come processo continuo di prendere forma e rinnovarsi senza automatismi. Paideia è cultura, tanto è vero che, rappresenta il fondamento dell’esistenza umana e assume contorni più definiti divenendo la cornice al cui interno si muove ogni riflessione nei diversi ambiti del sapere e nelle diverse dimensioni della vita reale della polis. L’IDEALE GRECO DI VITA E CULTURA (pp.50-55) La quaestio educativa dell’uomo diventa capitolo centrale della riflessione e della concettualizzazione culturale e intellettuale e argomento focale della riflessione etico-politica che appoggia il fare a principi di ragione, verità, universalità, necessità. Se ciò trova la sua massima espressione nell’età di Pericle, già nel periodo più antico è possibile trovare la traccia di un sistema che in ogni campo del sapere e della concezione dell’esistenza umana è sostenuto da una particolare idea di cultura, tradotta dai Greci in paideia. Infatti, i Greci hanno dato prova della consapevolezza di mirare a cogliere razionalmente e a fermare l’oggetto nella sua intima essenza, per di più, si distinguono per la vocazione a ritrarre l’oggetto, nella sua idea, come un tutto. Tutto era concepito all’interno di questa ricerca per la quale tutto ciò che conta è reperire la forma che contiene in sé il tutto. Anche l’essere umano risponde a questa logica mirante l’armonia, tanto che la sua scoperta si è tradotta nell’acquisizione di una modalità che ha messo al centro l’uomo nella forma compiuta come idea animata dalla coscienza di leggi universali proprie della natura dell’uomo. Non vi è individualismo quando domina incontrastato l’ànthropos nel pensiero della Grecia antica, poesia e arte girano intorno al problema dell’umano e alla sua esistenza, inoltre, gli dèi sono antropomorfi. Questo è lo specchio riflesso di una coscienza originale, che nasce e si rafforza in una Grecia scossa dai cambiamenti costanti. In questa realtà si forma una coscienza originale, la paideia, che muove dall’uomo come idea. L’ideale umano vive, pensa e agisce in un determinato tempo e in un determinato spazio come forma viva. L’umanismo greco non matura dal terreno della staticità e del finito, ma prevede l’innesto con la storia e con la cultura viva della comunità. L’uomo greco è l’essere sociale, mai la finalità dell’educazione greca considerò la realizzazione individuale. La paideia rispecchia una radicata coscienza civica. Da questo momento e per un’era assai lunga la paideia funge da macro-modello di 7 RIASSUNTO ‘ISPIRARSI ALLA PAIDEIA’ vita e cultura. I processi educativi e formativi si sono svolti senza pedagogia e vivevano solo in relazione alla filosofia sociale e quindi si riducono a una riflessione filosofica, che era comunque saldamente ancorata alla progressiva modernizzazione della categoria paideia-Bildung, da cui prendevano spunto iniziative ed esperienze educative culturali, sociali e istituzionali. Era una categoria-idea che ricava il suo contenuto solo nell’essere in quanto tale, l’interesse va dunque alla realizzazione delle condizioni che rendono il soggetto fautore di paideia (cfr.p.52). Educare l’uomo significò nel pensiero originario elaborare una teoria della formazione capace di cogliere l’essenza dell’educazione che si presentava nella sua valenza plurale e nella sua costituzione sfaccettata. Non è un che caso Platone abbia approfondito la dimensione morale e abbia posto il fine della formazione dei giovani sulla sophia. In una società in costante mutamento anche il fine della formazione rispecchia un perpetuo fluire di significati (esempi a pag. 52-53), inoltre, coincide con le sfumature assunte dall’aretè nei diversi momenti della storia e rispecchiava il perpetuo fluire di significati: Es. Tirteo esortava gli spartani a difendere la sua patria; Saffo trasmetteva senso e importanza dell’eleganza nelle leggi della polis; Platone fondava sull’amore la sua intera opera di educatore. L’ ARETE’ si lega allo scopo cui l’uomo deve legarsi per tutta la vita, al bene. Esso, come fine della paideia, richiama l’agathòs nella sua comunanza con il superlativo àristos, il migliore. Vediamo come in già in Omero il valore di una persona è dipendente da una capacità oggettiva che necessita del riconoscimento collettivo per fare modo che quella persona sia detta virtuosa. Non vi è stata epoca nella civiltà elladica in cui l’educazione dell’uomo ha perso la sua centralità, essa mirava a forgiare e la coscienza identitaria dei giovani e poggiava sulle narrazioni delle gesta gloriose della stirpe, il cui ricordo sollecitava gli animi all’imitazione. Con la parola e il potere dell’esempio si dava forma all’ideale umano che dava prova di sé nello svolgimento della sua funzione sociale. LA PAROLA FORMATIVA (pp.55-60) La funzione di educare è stata affidata costantemente alla parola. Tra aedi, rapsodi e poeti, la missione paideutica del logos ha difeso e costruito un riconosciuto patrimonio culturale della nazione elladica. Il pensiero e la parola erano mitici quanto logici, infatti, Platone si servì del mito per riprendere un passato inverificabile, contro il disordine sociale, per persuadere le anime dei giovani ateniesi alla virtù. La parola trovava la sua origine in un mondo mitizzato, a sua volta alimentato dalla parola che tutto riconduceva a un principio naturale e divino. Il mito diventa strumento di coesione sociale, infatti, istillava sentimento di un’origine comune da rivivere nel presente e proiettata nel passato, diventando strumento pedagogico in assoluto. (Es. Socrate nel Fedro (biga alata); Timeo (Atlantide). Cfr. pp. 56) = espediente letterario e logico messo al servizio del progetto politico, che è etico e paideutico orientato a generare comunità e coesione. Questa fusione ha un disegno educativo delineato che viene a specificare che ciò che l’uomo dev’essere è chiaro, tutto era forgiato intorno a un prototipo umano già fissato. Si va pian piano scoprendo sempre meglio l’uomo, individualità più complessa e articolata, ignota prima di allora. Anche se permane quel tratto del pensiero greco di modellizzare i tipi umani e finalizzare l’educazione al raggiungimento di un ideale, c’è stato un tempo nel quale si inizia a formare quella coscienza educativa che sarà la vera eredità lasciata all’occidente. È l’idea di paideia che dai Greci ha alimentato la storia dell’uomo fino ad oggi. Scoperta dell’individualità e maturazione di una rappresentazione del cosmo segnano un passaggio importante in termini educativi. L’avere un nome e comunicarlo diventa carattere fondamentale per l’emancipazione soggettiva, segno di un’individualità più chiara che deriva e si muove dalla trasformazione, spirituale e culturale, avviata nell’odissea con Ulisse, con lui viene inaugurato un ordine nuovo fatto di comunità, norme comportamentali. I lirici si accorgono di quanto Ulisse avesse trasmesso con la propria vicenda esistenziale, ovvero scoprono che gli esseri mortali vivono in un assoluto stato di precarietà in un inarrestabile divenire che li trasforma continuamente. 10 RIASSUNTO ‘ISPIRARSI ALLA PAIDEIA’ conseguenze. È nell’interesse di tutti che nella città domini l’ordine, perciò è necessario che vi siano leggi definite per salvaguardare l’unità. Questo creò diverse posizioni sulle modalità di definire la rettitudine, ma collegate dall’unanime propensione a riconoscere nella comunità il bene supremo. Per prevenire ciò e regolamentare il diritto si ricorre alla paideia, orientandone idea e pratica per rinnovare i valori e pianificare la formazione dell’uomo. Essa affina l’ideale della moderazione finalizzato a una nuova socializzazione e umanizzazione. All’antico valore guerriero si contrappone la mediazione incarnata nei valori civici. I vari piani, religioso/economico/pedagogico/sociale/politico, vanno di pari passo, fu la paideia a veicolare ai valori fondanti della società che si andava trasformando dal punto di vista della strutturazione. Pensiamo a significato che ebbe sui costumi e sui comportamenti nella questione del denaro, che iniziò a circolare in un’area per tradizione agricola, organizzata sulla base degli scambi materiali. La brama di avere sempre di più, scombina gli equilibri, fa arricchire a oltremisura una aristocrazia già viziata, annullando la propensione ad armonizzare le classi sociali. Anche il quadro economico contribuiva a rivisitare il canone paideutico, indirizzandone fini e contenuti. Fra il VII e VI secolo l’educazione mira a istillare le nobiltà d’animo e i valori di una comunità che inizia a conoscere il sentimento e la presenza dell’altro. Forme artistiche e pittoresche vengono messe a servizio della narrazione della paideia al fine di favorire l’interiorizzazione di valori identitari nel segno di un’appartenenza a un universo culturale comune. A configurare una nuova coscienza educativa e un’assunzione di responsabilità formativa, ha contribuito il sentimento della vergogna (aidòs) che diventa la sostanza della paideia in maniera originale rispetto al passato. L’aidòs è termine di una riflessione che considera la virtù e il fine educativo, ancorandola alla realtà umana e ai tempi correnti. (nutrice cfr.pp77) LA FORMAZIONE ARCAICA (pp.77-88) L’universo tracciato nei due poemi omerici segna l’initium della complessa vicenda elladica. Sono narrazioni di viaggi, guerre, ritorni, lacrime e funerali, tuttavia, delinea la cornice di un modello di formazione umana maturato all’interno di un’organizzazione che i Greci hanno assunto. Se si analizzano gli aspetti interni alla trama essi diventano straordinari documenti pedagogici, indispensabili per comprendere una tappa decisiva dell’itinerario compiuto dalla paideia. Così intesi, iliade e odissea, svelano riferimenti teorici e pratiche didattiche di un’educazione aristocratica, traccia del canone pedagogico europeo. Infatti, in Omero, è possibile rintracciare l’origine di alcuni tratti che diventeranno topoi dell’organizzazione pedagogica, didattica e politica dei secoli futuri: la differenziazione dei percorsi educativi sulla base dell’appartenenza di classe. Gli eroi erano destinati di una formazione diversa da quella riservata al demos che era molto più tecnica e soddisfaceva i bisogni pratici preparando il popolo al lavoro. Vi era un’educazione per l’aristocrazia (quella dei nobili eroi) dove troviamo l’ideale umano alto, lontano da interessi pratici e aveva come meta la kalokagathia. Il criterio di classe è fondamento dei modelli di formazione umana che mirano a confermare lo status quo di una società regolamentata da forme ideali, modellizzazioni sociali, culturali e educative. Grazie alle aperture scientifiche degli ultimi decenni l’epos omerico diventa prezioso nel lavoro di analisi e ricostruzione del modello sul quale si è pensata e sostanziata l’educazione dell’uomo. Qui vi sarebbe l’initium che ha dato vita a processi educativi fondanti su schematismi deterministici, negando l’essenza reale dell’uomo e sfiorando appena i problemi veri delle persone legati a realtà sociali e educative, con chiare ricadute sulla vita politica dei paesi. Dall’iliade all’odissea si compie un’evoluzione nell’ordine della forma che sostanzia il mondo delle figure umane. Achille è differente da Odisseo, il quale rappresenta un uomo nuovo, sullo sfondo di una realtà comunitaria più emancipata e civilizzata. Achille è il modello eroico per eccellenza, Odisseo è aristocratico e segue anch’egli l’itinerario paideutico standardizzato, ma se ne distanzia nei fatti, fino a seguire nuovi valori. La paideia di Achille e quella di Odisseo circoscrivono i termini di un ideale, per i quale chi appartiene a una ristretta cerchia deve compiere un percorso lungo tutta la vita per diventare eroe. La paideia come formazione prevede l’interiorizzazione consapevole di un ideale che necessita di occasioni pratiche per 11 RIASSUNTO ‘ISPIRARSI ALLA PAIDEIA’ avere la giusta ricompensa nel realizzarsi dell’esistenza terrena, mai in un aldilà. La ricompensa per Achille era il kleos (la gloria). Appare chiara l’idea originaria di educazione. Paideia richiamava una concezione unitaria e condivisa di stile di vita, di individualità e comunità allo stesso tempo, una certezza circa la missione che l’uomo doveva compiere sulla terra. Questo costrutto è un’educazione per tutta la vita, fondato su principi assoluti incentra l’immagine della formazione sull’idea di progressione. Il primo modello riferisce un’educazione pratica, che dà rilievo al corpo, alla sua cura e alla sua forza. È un’educazione di eccellenza spirituale, l’eccellenza dell’azione viene fatta dipendere da due dimensioni, quella naturale (genetica) e quella culturale legata all’acquisito, a quanto si apprende seguendo un piano ad hoc per il potenziamento di abilità specifiche. L’eroe va inteso come un soggetto che segue un autentico piano paideutico, pensato per sviluppare le qualità necessarie al raggiungimento del kleos, quel modo di contrapporsi dell’eroe alla caducità di un’esistenza anonima. È la coscienza della misura che dà l’avvio a una società superiore. La vendetta di Achille, ad esempio, diventa tutt’uno con l’onore. Inaugura un costume civile e una concezione guerriera per l’appunto eroica. La chiave per comprendere lo spirito educativo dell’epos omerico potremmo intravederlo nel valore della norma, posta a stabile equilibrio fra due momenti contrapposti, la pace e la guerra. Ciò prevede certo le abilità in guerra, ma anche la capacità di pacificare e liberare. È un’educazione che ha rinnegato il peccato della hybris accogliendo come criterio-guida il valore guerriero che è insieme valore morale, lo stesso spirito della vendetta acquista il peso dell’onore, perché tende a consumarsi collaborando con la causa di giustizia. L’ordine nuovo con la figura di Odisseo definisce una coscienza educativa rinnovata. Nel cammino evolutivo dell’ideale umano e pedagogico, si registra un nuovo modo di intendere lo scopo dell’opera educativa cui si associa una lettura più articolata del concetto di aretè, che è fine ultimo del processo formativo. Da una parte c’è Achille eroe per eccellenza nella sua figura vi sono i segni di quella prima schematizzazione di paideia. Dall’altra parte troviamo Ulisse che ci traghetta in un altro mondo, è un quadro, umano e culturale, rispondente a un ordine e un disegno nuovi da segnare. Vi è, infatti, la consapevolezza di una logica istituzionale separata fra i due poemi vi è la più moderna coscienza di un mondo. Ulisse, al contrario di Achille, si distingueva per l’uso della parola, per abilità intellettive, per la riflessività, egli è confacente con l’espressione polymèchanos. Si impone quindi la qualità del ‘buon parlare’. È chiara l’evoluzione, un’emancipazione dell’etica propria della civiltà della vergogna che muta lo statuto dell’uomo compiuto. Nell’Odissea la situazione, la costellazione valoriale, la figura dell’eroe, l’affermazione dell’io, denotano un’evoluzione. Il figlio di Laerte segue il disegno di una realizzazione identitaria: il suo eroismo è frutto della pazienza, egli ritrova sé stesso, non agisce di impulso, riflette prime di agire, valuta le conseguenze (cfr. ritorno ad Itaca). Forza e astuzia conoscono un’originale e fortunosa associazione, ma è la Metis(saggezza) che si erge a potenza più preziosa della forza, è l’arma assoluta. Odisseo è l’interprete di questo nuovo stato di fatto, incarna una paideia nuova. È il simbolo nuovo di umano e ha oltrepassato il paradigma delle virtù aristocratiche. Nella sua educazione emergono forti i valori della famiglia, che ha un’importanza fondamentale per la sua formazione. Educazione popolata di figure femminili e maestri che lasceranno tracce nello sviluppo dell’uomo e che sempre torneranno ad acquisire senso nella storia anche quando hanno terminato la loro opera. Decisivo anche il nonno Autolico (nome e cicatrice). La paideia di odisseo si discosta quindi da quello schema aristocratico precedente, egli si forma, agisce, risponde agli eventi sperimentando un pensiero che si fa poly (cfr. pp.87). L’uomo dei Greci è uomo sociale e la paideia è formazione dell’uomo che si misura per la sua funzione sociale, il servizio prestato alla e nella comunità. La paideia di Odisseo è differente, ne è prova l’espediente a cui ricorre il poeta, passando la parola al protagonista che racconta in prima persona la propria formazione. Ulisse è una figura resa libera dall’ossessione dell’eroe perfetto, non è più la morte gloriosa a orientare le sue 12 RIASSUNTO ‘ISPIRARSI ALLA PAIDEIA’ azioni. L’eroe del ritorno incarna un’individualità creativa che si alimenta della conoscenza di sé destinata a non esaurirsi con il ritorno a casa. L’AGOGÈ: CIVISMO E ARTE (pp.88-97) L’idea di eroismo si è evoluta in parallelo alle costanti trasformazioni interne alla civiltà ellenica. A Sparta la formazione dei giovani passa quasi unicamente attraverso l’obbedienza alle gerarchie e un sistema percorso dall’impronta militare. Ciò che si chiedeva a un giovane spartano era la totale adesione al sistema dei valori e sociale esempio di ordine sociale, stabilità politica e sicurezza economica. Le bussole di orientamento erano conservatorismo, patriottismo ed eroismo. Nel V secolo gli intellettuali ateniesi si sentirono attratti dalla storia spartana, che diventava esempio di fierezza e si ergeva a città-modello che seppe darsi la buona legislazione. Lo stesso Platone si lascia ispirare dall’utopico modello licurgheo (Licurgo). Sul versante opposto erano mosse varie critiche al sistema spartano, Aristotele ne critica la libertà lasciata alle donne poco decorose nell’abbigliamento. Pregiudizi che in negativo e in positivo sono sopravvissuti ai tempi: Rousseau nel Contratto Sociale identifica Sparta con la figura di Licurgo e ne fa il dipinto ben riuscito di uguaglianza e della pacifica convivenza fra gli uomini; Hitler richiama al sistema di selezione spartano che sterminava i figli più deboli per far rinascere la forza. Sparta si fece esemplare unico per il suo sistema educativo noto come agogè. La rappresentazione della paideia di Sparta fu costruita sull’antagonismo con Atene e restitutiva un quadro dubbio e nebuloso. Le fonti, infatti, ritraevano Atene come la città che rappresentava la sede dell’eccellenza culturale, intellettuale e politica, mentre Sparta come la città-caserma. Noti per la vita sobria (Plutarco) e sempre dediti all’esercizio militare, abituati a parlare poco, gli uomini e le donne di Sparta venivano formati secondo uno schema fisso. La polis si identifica con il suo sistema educativo che è specchio e sostegno della costituzione politica. Al suo modello ci si rivolge in virtù agli ottimi risultati raggiunti dall’eunomia che ha prodotto frutti solo grazie allo spirito educativo. Platone ne individua la falla e l’origine del suo fallimento nella scarsa attenzione ai valori spirituali. Il giovane spartano è formato con un processo che lo porterà a diventare uomo disposto a morire per la propria patria, trovando l’aretè nell’eroismo collettivo. Anche in questo sistema era fondamentale la parola come strumento paideutico per socializzare ciascuno ai valori identitari che lo includevano nella strutturazione sociale della città. La formazione era affidata al paidonomos durava 13 anni, dai 7anni ai 20anni che si entrava a far parte dell’esercito, in una struttura triadica: 4 anni (educazione del fanciullo); 4 anni (educazione dei ragazzi); 5 anni (educazione degli ireni, i giovani). Un sistema educativo schematico lineare e semplice in cui era fondamentale anche l’educazione familiare. I momenti conviviali erano determinanti nella crescita del ragazzo che viveva le varie fasi stando insieme seguendo il rispetto delle gerarchie e l’esempio degli adulti. Su questo terreno di fitte relazioni va collocata la pederastia, pratica che legava l’adulto (amante) al bambino (amato), che veniva incluso nei pasti in comune, i sissizi differenti dal simposio in quanto non vi sono cenni all’intrattenimento e al consumo di vino. La pratica della krypteia chiarisce lo spirito dell’agogè, fa riferimento al termine nascosto e vi sono varie interpretazioni di cosa fosse, chi la definisce un rito di iniziazione in cui bisogna uccidere un’ilota, chi come Platone l’ha considerata una prova di resistenza attraverso la quale il giovane deve sopravvivere un tempo nascosto lontano dalla città. All’immagine leggendaria degli spartani, generalmente incasellati in stereotipi, si affianca un altro volto. Emerge l’importanza paideutica del rituale religioso nei confronti di Apollo (protettore dell’arte; della poesia; della danza) che prevede tre appuntamenti annuali in cui si riuniva tutto il popolo. A conferma dell’errato stereotipo rappresentato nel tempo da Sparta, troviamo le testimonianze dirette di tre poeti traferitisi a Sparta volontariamente Tirteo, Alcmane e Terpandro, il quale ebbe la possibilità di fondare una scuola poetico-musicale. Essi trovarono a Sparta un centro di attrazione di artisti stranieri, motivati a restare nella polis dalla possibilità concreta di trovare sostegno statale per la valorizzazione artistica e poetica a scopo paideutico. Nell’VIII e nel VII secolo a.C. Sparta era centro 15 RIASSUNTO ‘ISPIRARSI ALLA PAIDEIA’ controllo di sé e trovare il giusto ruolo nella società. Socrate, come descrive Platone nel ‘Gorgia’, rifiuta l’educazione in quanto tecnica, per lui il vero bene, che è vera felicità, non consiste nell’acquisizione del potere, bensì in un cammino tutto interiore, alla scoperta di sé. Socrate sviluppava il problema dell’educazione in ottica opposta, senza alcun scopo di lucro, ma nel ginnasio, un luogo ad hoc. Il suo insegnamento era come atto di aiuto, si basava sul dialogo, necessario al discepolo per raggiungere da solo la scoperta della verità. 3. INDIRIZZI DELLA PAIDEIA LA PAIDEIA PLATONICA (pp.111-117) La paideia greca conosce un momento decisivo tra il VI e V secolo e assume i tratti di una questione primaria per il bene del singolo e della comunità. Il pensiero pedagogico punta a sistemare il recente patrimonio di idee, per lo più orientato sulla pratica d’insegnamento e sulla virtù come telos. Il pensiero di Platone prevede l’educazione dei fanciulli dai 3 ai 17 anni; seguono gli studi superiori, dopodiché il percorso può ritenersi concluso quando il filosofo avrà scoperto il bene assoluto e la verità dell’essere. Conosciamo due momenti fondamentali del pensiero di Platone attraverso le sue opere scritte in due periodi storici differenti che trattano l’educazione in due contesti differenti: ‘Leggi’ e ‘Repubblica’. In ‘Repubblica’ egli rappresenta l’immagine di una paideia ideale in un mondo ultraterreno e trattava di problematiche distanti da quelle ingenti nella società terrena. L’opera si colloca nella fase centrale della sua vita filosofica. Non si parla di leggi, vengono considerate inutili in uno scenario di Stato ideale, ma comunque distante dalla reale natura umana limitata. Le leggi qui perdono di valore in quanto a prevalere è la volontà paideutica, etica e politica. In ‘Leggi’ vi è tutta un'altra riflessione che riguarda il Platone che ha raggiunto la sua maturità intellettuale, scritta a più riprese e in vari periodi della vita. Nell’opera non rinnega mai le teorie esposte in ‘Repubblica’. In quest’opera è Socrate a parlare che espone la sua idea di bene e giustizia dello Stato. Sono le leggi il cuore della narrazione, che parla di uno stato fatto di uomini. Muove da circostanze concrete, dal tempo reale, dall’uomo, diventa reale il problema di un’educazione più anticipata possibile. Diventa fondamentale essere garantiti da un sistema di leggi capace di pedagogizzare gli uomini, desiderosi del bello e del buono. Il protagonista è lo spirito puro della paideia intesa come vocazione a istruire l’uomo, al bene, che è bello, ed è felicità. La paideia infarcisce la riforma legislativa, valeva l’idea che la sophia emanasse delle leggi. Il pensiero dell’autore è adeguato a quanto si addice a uomini di una città terrena. Lo stato è retto da leggi che assicurano la pace sociale e sono la via maestra per la formazione dell’uomo. La paideia si fa educazione pubblica di stato, si evolve in paidagogia, concepita come disciplina ed è rivolta all’uomo tutto, in ogni sua componente. Nelle ‘Leggi’ è evidente il segno di un’elaborazione pedagogica del processo di democratizzazione sociale e politica, in cui viene data a tutti voce e si considerano coloro che erano da sempre esclusi dalla vita politica. Si inizia a pensare di poter acquisire le virtù con l’esercizio. Proprio l’allevamento è carattere centrale della paideia, ogni buona educazione non può che essere preparata da un adeguato allevamento che forgia l’uomo ben educato e quindi valente. Anche il simposio è a servizio dell’educazione, la stessa educazione per il bere va letta in chiave pedagogica, considerando l’uomo da forgiare nella sua totalità. Medesima premura, infatti, è data all’educazione dell’eros, ponte che unisce in forma simbiotica il piano etico e quello sociale dell’io. È slancio educativo per attuare la pienezza della natura umana. Nel piano dettato dal logos ispiratore Platone spiega il processo di formazione e di realizzazione umana, connettendo la dinamica dell’amore alla logica del desiderio. La polis generò la paideia nel suo gradino più alto di cultura come idea. Paideia si definisce con la nascita della polis in un modello esistenziale e culturale, è creazione spirituale, ha contaminato lo sviluppo storico della civiltà moderna, che ha ereditato il compito di penetrarla come imperativo di autoconoscenza. Paideia tocca il suo punto più alto con la parola al centro, con il carattere pubblico 16 RIASSUNTO ‘ISPIRARSI ALLA PAIDEIA’ delle leggi scritte, con la tensione a sperimentare nuove forme di relazioni e reciprocità fra cittadini, si fonda sul logos sempre più emancipato dal mythos. Il legislatore del mondo di Platone nelle ‘Leggi’ è sempre educatore, anzi la legge stessa assume valore solo se è formativa. EDUCAZIONE E FELICITÀ (pp.117-138) Tra V e VI secolo l’educazione viene ripensata nella sua funzione pratica, in relazione al mondo concreto in cui l’uomo matura, svolge la quotidianità e si sforza per conquistare la felicità. Esponenti principali sono Platone e Aristotele che connettono l’educazione con il fine stesso della vita. Per Aristotele questo sistema circolare tra educazione e vita diventa criterio-guida di un sistema finalistico a cui si deve dar conto e misura di tutte le cose. L’educazione è animata dall’idea che la meta dell’esistenza è ricavabile nella condotta umana e, mediante quest’ultima, la si persegue. La meta naturale è strettamente legata con lo scopo politico; quindi, compito di uno Stato giusto è quello di educare l’uomo a realizzare la sua natura razionale e politica, garanzia della vita buona e di una società finalizzata al sommo bene. Nel capitolo si delineano le differenze che assume il pensiero aristotelico da quello di Platone, da cui si discosta per certi versi. Nei suoi confronti avanza una critica vera e propria, nell’indagare il processo formativo, Aristotele fa la sua pedagogia più autorevole in quanto si basa sull’interpretazione scientifica e sperimentale della natura e delle dinamiche dell’essere umano. Riserva molta attenzione alla dimensione psicologica dell’apprendimento e allo sviluppo del bambino, anche alla luce dell’influenza sociale. Aristotele pensa un percorso formativo in linea con l’immagine dell’uomo per natura razionale e politico in una circolarità con lo Stato ideale. Il discorso parte dalle cellule più semplici (famiglia; villaggio), che si associano in vista del fine ultimo (la felicità), da perseguire sostenendo i singoli e realizzando pienamente la persona. A definire l’educazione contribuisce l’idea secondo la quale l’uomo diventa tale perché sa far uso della ragione e possiede le capacità di apprendere. Quindi l’educazione è pensata come percorso e mezzo che conduce l’uomo alla realizzazione del fine per il quale è stato creato. Qui troviamo la chiara distanza dal pensiero platonico (cfr.pp.120). Con Aristotele l’apprendimento è una possibilità dell’uomo nel mondo terreno, un’operazione possibile e doverosa nel contatto con la vita terrena per mezzo dell’esperienza sensoriale, i sensi sono la prima via di accesso dell’apprendimento. Aristotele trattava i fenomeni e i problemi con approccio scientifico-realistico, tutti i temi erano oggetti di una teoresi indirizzata a verificarne la concreta fattività in situazione. La natura umana è concepita come unità di corpo e anima e grande importanza viene data al movimento come principio a cui risponde la natura umana. In quest’ottica va pensata l’educazione come un passaggio da uno stato di partenza a uno stato di arrivo. Grazie all’apprendimento e alla razionalità, l’uomo trova la chiave di accesso al suo scopo esistenziale e tende alla vera felicità. L’orizzonte, entro il quale maturano le convinzioni di Aristotele, è segnato da una grammatica marcatamente razionale, che presuppone il cambiamento come conoscenza piena del processo educativo, consapevolezza di situazione di partenza, previsione delle fasi processuali e una conoscenza certa dell’esito. Il fine dell’educazione è dato e lo scopo risulta prevedibile e controllato da una razionalità forte. Vi è un piano comune fra l’idealismo platonico e il realismo aristotelico: per Platone, come per Aristotele, tutto muove dalla fiducia piena del principio di razionalità, sebbene poi obbiettivi e percorsi seguano sviluppi diversi. Per entrambi la questione dell’educazione e della conoscenza umana si assolutizza come centro di gravità che richiama le sfaccettate dimensioni dell’esistenza. Resta centrale il richiamo alla paideia, posta in relazione con il fine ultimo dell’esistenza umana. La più naturale delle preoccupazioni speculative e prassiche, per l’educatore, era il comprendere di come si potesse aiutare l’allievo. La concezione educativa di Aristotele segue un discorso che muove dall’evidenza concreta dello sviluppo della natura organica, ordine con il quale la natura regola i fenomeni e che viene applicato, ora, allo studio della natura umana. Sono tenute insieme una concezione morale teologica (bene come fine supremo) e una concezione dello stato come Stato educativo. 17 RIASSUNTO ‘ISPIRARSI ALLA PAIDEIA’ La teoria aristotelica dell’educazione prende forma da una riflessione molto articolata. Come arte pratica, l’educazione può dirsi quell’insieme di accorgimenti e di azioni che mirano ad influenzare le abitudini dell’uomo e la sua condotta. È educazione pubblica, curata dallo stato che deve provvedere alla preparazione dei suoi cittadini fin dalla prima infanzia. Derivano da qui due deduzioni: a) l’idea di un’educazione come attività essenzialmente morale; b) la visione dinamica della natura umana, caratterizzata dal principio vitale di forza di sviluppare, apprendere ed evolvere fino allo stato più maturo dell’eccellenza, ovvero alla realizzazione della piena forma dell’uomo. Questa forza vitale è l’anima, ciò che consente a un ente di diventare ciò che è propriamente, ciò che dà la vita alla materia e al corpo. Se il corpo è dotato di vita, a far in modo che esso prenda forma è deputata l’anima che attualizza la vita. Ora l’anima rappresenta il fulcro della riflessione aristotelica che si radica nello studio della natura. L’anima appartiene a tutti gli esseri viventi, purché abbiano organi. All’uomo solo, appartiene l’anima razionale con la corrispondente funzione intellettiva. È animale razionale si distingue in virtù dell’attività del pensiero. Nell’anima risiede la causa dell’essere umano, è ciò che qualifica l’essere animato. Movimento e cambiamento sono i presupposti della teoria della conoscenza. Aristotele pensa la conoscenza inizialmente come percezione sensibile, stabilisce un’analogia fra il pensare e il percepire, mentre poi li vedrà distinti. L’intelligenza implica un’attività differente dalla funzione conoscitiva data dalla percezione. Nella mappa psichica, tra sensazione e pensiero si situa l’immaginazione, atto libero dell’essere umano che può richiamare un’immagine impressa in un dato momento, liberamente, come nei sogni. Da qui inizia a prendere sostanza la teoria dell’educazione che vede partecipare: i sensi; l’intelligenza; la fantasia con il suo potere di generare movimento, di motivare e stimolare l’apprendimento. L’immaginazione è l’estensione della sensazione e permette di rappresentare sia le cose, sia gli oggetti che anche grazie all’intervento dell’intelletto possono conservarsi nella memoria. In questa direzione lo studio dell’anima finisce per incentrarsi sull’analisi delle modalità attraverso le quali funziona l’anima. Aristotele si sofferma sull’attività dell’anima, determina la sua esistenza sotto la lente dell’osservazione empirica e ne ricava tre diversi tipi di anima (nutritiva; sensitiva; intellettiva) conoscibili solo a posteriori, dopo averle constatate empiricamente. Anima, causa dell’essere vivente, ciò che lo rende tale è: principio di movimento; causa finale (essendo lo scopo cui tende il corpo, che è il mezzo di cui si serve l’anima). Per Aristotele la razionalità assume la regia della vita morale. L’uomo è un animale razionale e politico; con l’educazione, viene aiutato a realizzare lo scopo della sua esistenza. L’educazione facilita l’uomo nell’esercizio delle sue funzioni razionali, le quali necessitano dell’associazione fra individui. L’uomo aristotelico è composto di materia (corpo) e forma (anima) e ha in sé le facoltà di svilupparsi. Corpo e anima sono inscindibili, non c’è passione nell’anima che non sia legata con il corpo. Gli esseri viventi sono composti di varie parti, omogenee (ossa) e non omogenee (cuore, fegato). Se gli organi sono strumenti funzionali all’uomo, l’anima è la forma che assicura la vita del corpo. La teoria aristotelica della conoscenza ha quindi i suoi fondamenti: a) nella definizione di anima; b) nell’individuazione delle sue facoltà; c) nell’esplicitazione della relazione con il corpo. L’uomo conosce grazie ai sensi e si eleva attraverso il fine esistenziale, svolge il percorso di realizzazione di sé mediante l’attività razionale guidata dalle propensioni naturali per apprendere e dall’azione educativa. La cura educativa è la matrice dalla quale dipende il benessere dell’individuo, la buona salute dello Stato, che è il fine perseguito dalla politica e preparato dall’azione paideutica. Aristotele rafforza il peso dell’azione educativa, specie quando traccia un ponte fra il la componente conoscitiva e la dimensione dell’agire, finalizzate a realizzare lo scopo ultimo della vita. Il bene per l’uomo, ossia, il compimento totale delle sue potenzialità, il passaggio graduale da uno stato di immaturità a uno stato di completezza di forma. Unico essere vivente dotato di ragione e protagonista attivo nell’affermare il suo sviluppo. La formazione dell’uomo, per Aristotele, è sempre autoformazione, il bene come fine è la felicità. La felicità coincide con l’attività buona e che essa è sia principio che fine della condotta morale. 20 RIASSUNTO ‘ISPIRARSI ALLA PAIDEIA’ protagoniste le potenze ultraterrene, al cui volere dell’uomo non può resistere. La condizione ontologica dell’uomo suscita profonde meditazioni, diventa tema centrale. L’animo dell’uomo è scandagliato a fondo, le esperienze dolorose e tragiche assumono una valenza paideutica, attribuendo alla tentazione umana la causa della propria rovina e della punizione divina. Nello spazio e nel tempo limitati della tragedia si concentrano insieme piacere e dolore; piacere dello spettatore e il dolore evocato dal contenuto dell’intreccio. La vita politica di Atene stimolava i cittadini a riscoprire sé stessi, il mito costituiva l’elemento per riflettere e meditare sulla sofferenza, paura e compassione. Del mito rimanevano i nomi delle figure eroiche, per attirare l’attenzione, più autorevoli e noti. Gli dèi, ora, aiutano a mostrare le conseguenze delle azioni umane, lasciando all’uomo l’autodeterminazione della scelta. Tutto è avvolto da un clima di tensione educativa e formativa e formativa. In questa direzione vanno interpretati i richiami al mondo dei valori. L’uomo diventa più padrone del libero arbitrio, quello che Sofocle porta in scena; la sua esistenza è ancora condizionata dal fato, ma comunque è amplificato lo spessore morale della figura umana. È un uomo che si va facendo più vivo, i suoi dissidi sono ripresi con maggiore intensità. È l’uomo che il poeta esalta e ritrae nella forza e nella fiducia per la sua intelligenza. In questa presentazione di modelli di aretè si ritrova il valore catartico e pedagogico di Sofocle. In questo lavoro di ricerca Euripide affina i modi per rendere più incisiva l’educazione della poesia, egli consente di conoscere l’intreccio, fornendo informazioni iniziali e preannunciando il finale. Per meglio educare, giova rappresentare i protagonisti eroici, che appaiono demitizzati, calandosi nei panni degli uomini comuni e incarnando quanto accadeva ad Atene in età periclea (es. MEDEA). Con Medela la tragedia euripidea fa luce sulla nuova coscienza dei cittadini nella democrazia periclea, il cui privilegio di cittadinanza di alcuni fa contraltare l’assillo di limitare l’accesso al corpo civico a tutti i nati da matrimoni misti. La parola parlata o scritta continuano a divulgare temi dalla forte connotazione pedagogica, ora è intenzionale la trasmissione del patrimonio di valori, in una prospettiva in cui il fine formativo non è scindibile dal nobile ideale etico della polis. La fioritura artistica esigeva un altro modo di affrontare questioni ontologiche come il mistero dell’esistenza umana e il suo prendere forma nella concretezza storica. La condizione umana veniva indagata mediante figure teatrali, le cui rappresentazioni erano momenti di conoscenza. Il poeta tragico interpretava le vicende narrate dalla tradizione, rendendole più comprensibili e più adeguate allo scenario sociale del tempo. Con la fine della guerra del Peloponneso la sconfitta aveva rimesso in discussione i valori e la cultura, le riflessioni legate al mero spazio comico e tragico si trasferiscono nelle nascenti scuole filosofiche. La tragedia subisce una metamorfosi fino a dissolversi come forma di spettacolo. Quello che nel V secolo era stato fenomeno culturale e centrale della polis, cambia radicalmente. Pisistrato favorì una più profonda riverenza a Dionisio, promosse l’integrazione di tutti i cittadini nel sistema della tirannide, sicché la parola tragica risultò a ciò funzionale. Clistene accrebbe il valore delle Dionisie per irrobustire il nuovo carattere identitario di Atene, anche la commedia di Aristofane rispecchia precise finalità politiche e formative, offriva la riflessione sui temi della guerra e della pace, sulla rivoluzione intellettuale e paideutica svolta dai sofisti, sulla crisi morale. Lo stesso accadeva alle feste Lenee alle quali partecipavano le solo gli ateniesi (febbraio, navigazione). Nelle Dionisie, alle commedie era dedicato il secondo giorno, mentre nelle Lenee aveva assoluta centralità e trattava i temi di strettissima autorità. Il poeta abbozzava il tema, poi sviluppato sulla base degli eventi salienti della polis. La commedia di Aristofane è la pagina più fedele dell’Atene democratica. ‘Acarnesi’ 425 a.C. (contadini di Acarne), ‘Pace’ 421 a.C. (pace Atene-Sparta). Attorno al fatto politico e militare, la commedia riflette la conseguenza arrecata da questi eventi sul paino della paideia, particolare attenzione di Aristofane alla rivoluzione sofistica descritta sempre mediante stratagemmi, esagerazioni, in quanto considerata causa di tutti i mali della polis. Il commediografo, denunciando il collasso del sistema sociale apre la scena a soluzioni utopiche, alludendo a figure dell’attualità politica e intellettuale, con toni che vanno dalla feroce critica allo 21 RIASSUNTO ‘ISPIRARSI ALLA PAIDEIA’ scherno. Il coro esprime l’impotenza, l’angoscia, era questo a colpire lo spettatore, chiamato a udire per meditare e capire l’importanza di un agire non impulsivo. Dal VI secolo, quando è la filosofia a egemonizzare il terreno della ricerca, la tragedia perde la vitalità creatrice, infatti, dal V nessuna delle tragedie è stata conservata. La commedia dopo che la polis e la vita democratica finiscono nelle mani di Alessandro Magno converte i temi della sua riflessione. Si rintana nel ristretto ambito focolare domestico. La commedia nuova reca in sé gli effetti delle catastrofi belliche sulla vita degli ateniesi, la guerra di Cheronea aveva inciso sull0educazione della gioventù greca. L’antico concetto di libertà subisce una variazione semantica. Appaiono lontani i topoi aristotelici, la definizione di uomo come animale politico è lontana. La libertà restava solo un ideale. Filemone parla di uno schiavo per riconsiderare la condizione umana e l’uguaglianza di tutti in un ordine cosmico in cui nessuno può dirsi davvero libero, ma tutti sono soggetti a una potenza più forte. Allo schiavo guarda anche Menandro che lo rende protagonista di un suo dramma, che segue uno schema lineare e che fa propri elementi delle tragedie. Riprende di Euripide il modo di esporre gli antefatti da parte di un dio e le espressioni più tipiche. La questione con il modello tragico si fa più complessa e implica una diversa tensione pedagogica dell’intreccio. Nelle commedie menandree sono traferite le vicende private di famiglie, da un iniziale situazione felice, turbata da vari equivoci, si arriva al lieto fine con il ritorno alla pace familiare. Atene non vive più della gloria democratica, la libertà politica è scemata, cambiate le abitudini di vita. Il pubblico cambia volto e muta gusti e interessi. Nella commedia nuova fanno eco gli sconvolgimenti politici, si avverte la presenza costante della Tyche. La riflessione malinconica; i vizi umani diventano temi su cui riflettere con una più evidente inclinazione psicologica ed etica. Spicca la figura dello schiavo, al quale si chiede consiglio, esso non è protagonista. Gli argomenti ruotano attorno a storie private, predilette le descrizioni di tipi e abitudini, per scandagliare le più varie dinamiche sociali. La commedia greco-ellenistica insiste sul rappresentare i conflitti tra padri e figli. È palese, in Menandro, la benevolenza nei confronti della generazione giovane, ai padri è rivolto un atteggiamento compassionevole: sono i figli le guide formative dei loro padri, grazie al figlio il genitore si emancipa da posizioni ipocrite. La questione del rapporto educativo e del confronto generazionale è ora affrontata con nuove ipotesi interpretative. Menandro gravita nell’entourage di Teofrasto, allievo di Aristotele: ciò dimostra che il complesso nucleo speculativo dei maestri della filosofia classica continuava a vivere. Sulla scia di Platone e Aristotele si muovono i filosofi alessandrini. La paideia diventa con le parole di Menandro il bene più prezioso concesso agli uomini. Con la morte di Alessandro la paideia perde la sua funzione politica di formare l’uomo per e dello stato. L’uomo sociale si carica di valenze personalistiche, è la persona soggetto e oggetto della paideia, intesa come formazione personale e non più al servizio di un ideale politico. Tra IV e II secolo, la paideia assume la funzione di collante di una civiltà nuova, che sorge sull’idea di uno stile greco, che unisce tutti i greci fino all’Egitto e persino i barbari ellenizzati. Il cittadino del mondo si sente più autonomo, paideia ora significa ricerca personale della forma più umana che la persona possa raggiungere. Lo sguardo attento va all’anima umana indagata nel suo essere viva in tensione fra l’azione manifesta e i freni che giungono grazie all’esterno. A partire dal VI secolo la commedia e la tragedia si trasformano nelle modalità con le quali il pubblico fruisce dei testi. È proprio il pubblico, considerato come soggetto educativo, a rapportarsi alla creazione artistica e al testo con un atteggiamento nuovo. A partire dal primo periodo ellenistico, la commedia, si converte in opera, diventa cioè manuale, si chiude nelle scuole di filosofia per essere studiato. La parola parlata viene tradotta in un testo scritto. Il pubblico della commedia non era più la comunità, lo spettatore ora è il colto, appartiene alla classe alta. Quello greco è diventato un uditorio d’élite, che si aspetta dall’opera di gusto evasione. Prende forma un nucleo valoriale incentrato sull’importanza dell’uomo in quanto uomo, l’uomo si misura in virtù della sua paideia che è prova della sua umanità e non più nel suo logos. I distintivi dell’uomo sono cambiati e la paideia si lega all’ideale di umanità. Epicuro affida le sue riflessioni alla lettera, usa un linguaggio più accessibile, facilita il ragionare critico esponendo chiarezza, prescrive ai suoi allievi le regole 22 RIASSUNTO ‘ISPIRARSI ALLA PAIDEIA’ comportamentali sul vivere. La paideia ellenistica è indirizzata al Pais e a un uomo che agisce nel contesto domestico e nell’ambito sociale. Dalla fine del IV secolo e soprattutto durante il III secolo si registra un atteggiamento, filosofico ed educativo, valorizzante l’imperturbabilità dell’anima e sempre meno interessato all’impegno pubblico e politico. L’ideale umano cui tende la paideia è da vedere entro questo quadro di grandi trasformazioni: il fine dell’uomo è vivere felicemente. L’uomo filosoficamente formato, sul quale Tyche non esercita potere alcuno, si tiene lontano dalla vita politica attiva che è pratica logorante contraria alla pacatezza dell’esercizio razionale. L’unica forma di legame con la politica è la collaborazione con il monarca, per consigli e avvisi. L’apàtheia (dominio sulle passioni), l’ataraxia (serenità dello spirito) sono gli ideali dell’uomo saggio che vive secondo natura, in un ordine universale, in cui ogni individuo si sente parte di un medesimo Dio. Nella sua ricerca Epicuro teorizza un uomo che cerca la felicità con l’assenza di sofferenze. Piacere e dolore diventano veicoli di conoscenza e di verità. L’uomo di Epicuro evita la vita politica, l’ideale di vita è il vivere ritirati coltivando lo spirito filantropico. In questo periodo dal punto di vista didattico ed educativo, sono ancora responsabili i centri municipali, si crea disomogeneità nell’organizzazione, nel riconoscimento di titoli. Dopo l’educazione familiare curata dalla figura materna, da una nutrice e da una governante, il bambino entrava a scuola sotto la protezione del pedagogo per seguire un iter che nel periodo ellenistico ricalcava lo schema didattico dell’epoca precedente. Il ruolo della nutrice è rafforzato e lo schiavo che viveva in famiglia, si occupava dell’educazione morale, oltre ad accompagnare i fanciulli presso il maestro scolastico. LA SCOPERTA DELL’ALTRO (pp.160-167) L’uso della scrittura generò una profonda trasformazione culturale e influenzò le idee sull’educazione e le pratiche formative. Quando il libro diventa depositario di sapere, quando alla fine del V secolo viene introdotto l’alfabeto ionico per semplificare la lettura, la paideia si trasforma e propone un nuovo ideale umano e politico. La parola scritta si inscrive in un gioco di relazioni che mette i Greci in rapporto con l’altro. Tutto il sistema valoriale, la paideia, la conoscenza geografica, sono interessati al cambiamento epocale che vede la fine della supremazia politica e militare, ma non culturale, della Grecia. All’umanesimo paideutico della classicità subentra un modello formativo pluriarticolato e contaminato di influenze culturali inedite. Sotto i colpi della macchina militare macedone si rompeva l’equilibrio classico tra la sfera della speculazione e la dimensione politica. Si rivede la gerarchia dei saperi ritenuti necessari per formare un uomo sempre più cosciente della relatività del suo essere e del suo esistere. La mousikè cede il passo agli studi letterari. Si afferma una nuova lingua comune per tutti i cittadini dei regni ellenistici; nuovi significati si attribuiscono agli spazi letterari. La poesia muta la forma espressiva volta per lo più alla formazione umana e si trasforma nella ricerca stilistica bifronte, per un verso cosmopolita e per un altro rifugiato nel proprio individualismo. Tutti i campi del sapere si muovono fra due poli opposti: cosmopolitismo e individualismo. La politica espansionistica di Alessandro Magno porta a ridiscutere i principi sui quali la civiltà greca aveva impostato lo spirito paideutico. L’unità e l’identità culturale sono ora garantite dalla lingua. Nella frantumazione dell’impero dopo la morte di Alessandro Magno la trasmissione del patrimonio ellino è la condicio sine qua non per conservare il carattere dei Greci. La paideia diventa centrale in un pensiero filosofico e religioso che dà alla formazione culturale il ruolo di purificare l’anima e far approdare alla vita libera. La conservazione dell’eredità diventava un’esigenza spirituale, l’importanza pubblica dell’istruzione spinge il sovrano a interessarsi delle faccende organizzative e didattiche. Egli devolveva risorse a favore di un’istituzione, mentre continuava a rafforzarsi l’istruzione privata. La poesia torna a farsi centrale nelle pratiche di insegnamento, si procedeva a fissare canoni e a selezionare autori e opere su cui fondare l’insegnamento e l’apprendimento. Il cursus studiorum si andava arricchendo con nuovi temi e contenuti disciplinari: nel corso secondario troviamo matematica, musica, danza, canto, geografia, astronomi; nel corso superiore discipline come medicina, retorica, filosofia; nel ciclo primario aveva grande importanza la ginnastica.
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