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Istituzioni di cinema di Daniele Dottorini, Sintesi del corso di Teoria Del Cinema

Riassunti di Istituzioni di cinema di Daniele Dottorini

Tipologia: Sintesi del corso

2017/2018

Caricato il 25/05/2018

eugecam8
eugecam8 🇮🇹

3 documenti

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Scarica Istituzioni di cinema di Daniele Dottorini e più Sintesi del corso in PDF di Teoria Del Cinema solo su Docsity! Le tappe del pre-cinema : Riprese e proiezione costituiscono i due aspetti tecnici fondamentali del cinema, il principio della camera oscura era noto in Egitto dai tempi dei faraoni. Già nel380 a.C. l’ allegoria platonica della caverna faceva forse riferimento a uno spettacolo di ombre talvolta rappresentato ad Atene. Quanto alla camera obscura, fu descritta dall’ ottico arabo Ibn al-Haitham all’ inizio dell’ 11 secolo: dopo aver creato l’ oscurità in una stanza, si praticava un orifizio in una parete per lasciar passare un raggio di luce. Una tradizione di spettacolo “su schermo” esiste perciò ovunque prima del 1895, ma dal punto di vista scientifico la “scoperta” del cinema si sviluppa in cinque tappe: 1. La camera obscura non è una semplice curiosità: l’oggetto che capta e riproduce il reale viene perfezionato durante il Rinascimento e diventa una piccola scatola nera con una minuscola apertura munita di una lente convessa che migliora la luminosità. 2. Niepce inventa la fotografia, fissando le prime immagini negli anni 1822-24, dopo 8 ore di posa in pieno sole. 3. La lanterna magica, permette di proiettare immagini su uno schermo. 4. La sintesi artificiale del movimento viene ottenuta da un fisico belga, Plateau, che nel 1832 inventa uno svago da salotto: il fenachistoscopio. Sulla superficie di un disco nel quale sono praticate una serie di aperture e che ruota velocemente sul suo asse, sono applicati dei disegni che si riflettono in uno specchio. Reynaud nel 1889 collauda il suo prassinoscopio-teatro, il primo apparecchio che permette proiezioni animate luminose. 5. La scomposizione del movimento viene studiata dal fotografo americano Muybridge, che nel 1878, in California, registra un cavallo al galoppo mediante dodici apparecchi azionati dal cavallo stesso. Il vero inventore è Lumiere, il cui cinematografo consente un autentico spettacolo, in una sala, difronte a un pubblico numeroso. Lumiere si discosta subito dall’ aspetto scientifico del cinema per conferirgli la duplice dimensione di rappresentazione artistica e di industria: già nell’ottobre del 1897 si inaugura a Parigi il “Cinema Lumiere”, la prima sala cinematografica del mondo. Le origini dello spettacolo cinematografico : i Lumiere riescono a mettere a punto un apparecchio a griffe che consente lo scorrimento intermittente della pellicola e assicura al tempo stesso riprese, stampa delle copie e proiezione. La prima proiezione a pagamento richiama solo 35 spettatori, ma la voce si sparge velocemente e l’enorme successo induce i Lumiere a cambiare più volte programma in modo da far tornare gli spettatori. All’ esposizione universale di Parigi del 1900, vengono presentati i numerosi perfezionamenti realizzati nel giro di cinque anni per ottenere un’esatta riproduzione della realtà: anzitutto il colore ma anche le dimensioni, il suono e la visione stereoscopica. Fra il 1900 e il 1910 gli apparecchi vengono migliorati, i brevetti e le presentazioni scientifiche si moltiplicano e sembra possibili raggiungere in brevissimo tempo il sogno del cinema totale. Una volta esaurito il successo di curiosità del 1896, il cinema conosce la sua prima crisi di pubblico, dovuta a due fattori. Anzitutto il famoso incendio del 1897 e in secondo luogo il mancato rinnovamento del catalogo dei film. Così, ben presto gli spettatori hanno ben presto l’impressione che la novità sia esaurita e non si attendono più nulla. Il cinema è dunque espulso dalle città e diventa uno spettacolo da fiera. Degli avventurieri, in seguito, acquistano numerose sale: William Fox, Adolf Zukor e i fratelli Warner. Nel 1910 gli Stati Uniti hanno 10000 sale. A quell’ epoca Hollywood è già un’importante centro di produzione. È il western a diventare un genere popolare, poiché si ispira a una storia e a una mitologia recentissime, i cui eroi sono ancora vivi (Buffalo Bill), anche se quelli veri subiscono ben presto la concorrenza di quelli creati dallo schermo. Oltre ai western, il cinema si nobilita grazie ai primi adattamenti letterari: a Raffles seguono ben presto trasposizioni cinematografiche di Shakespeare e film biblici. Le avanguardie : Strettamente legata agli anni 20 e caratteristica di tutta una parte della ricerca cinematografica internazionale, l’ avanguardia è una reazione al bagno di fango e di sangue della guerra : l’ avanguardia consiste nel creare nuovi mezzi per esprimere pensieri o sentimenti originali. Ma perché esista un’ avanguardia, bisogna che esista una truppa, poiché non nasce dal nulla o nel caos. Le avanguardie saranno movimenti terroristici gruppuscolari, le cui teorie non corrisponderanno necessariamente alle realizzazioni, i cui i manifesti saranno di rado seguiti da risultati all’ altezza delle aspettative, ma le cui opere saranno sempre sorprendenti e controverse. Spesso, infatti, lo scandalo è più importante del film stesso. All’ inizio degli anni 20 un’ avanguardia tedesca fortemente influenzata dalle arti plastiche riunisce forme, linee e colori in sinfonie visive di immagini astratte che insistono soprattutto sul ritmo e sul movimento. In “Menilmontant”, Kirsanoff mescola influenze impressioniste e ricerche del “cinema puro” a partire da immagini populiste, precedendo il realismo poetico e annunciando i primi segni del realismo. Gli inclassificabili : Estranei al sistema, senza appartenere alle avanguardie, alcuni cineasti si affermano per un’ originalità e una forza espressiva non riducibili a un’ epoca o a una nazione. Il danese Dreyer esordisce come regista nel suo paese ma in Francia realizza il suo capolavoro “La passione di G. D’ arco”. Per esprimere la vita interiore e rivelare gli animi, Dreyer prescinde dalla scenografia. Ogni essere rimane solo nella propria verità, le parole non vengono comprese. Il personaggio, colto in piena crisi, esprime le proprie reazioni attraverso i particolari del volto e ogni suo minimo gesto, rigorosamente analizzato. Al regista non interessa la morte, lo affascinano i tormenti della vita, e osserva il rapporto con l’ aldilà in una prospettiva terrena, spesso quella femminile. L’ impressionismo francese : Il cinema francese degli anni 20 presenta altri caratteri : la comunicazione con un vasto pubblico non sembra prioritaria ai cineasti, oggetto delle loro cure sono il tono, l’ atmosfera e l’ arricchimento del linguaggio. In Francia i teorici sono spesso professionisti e viceversa: creatori che riflettono sulla propria arte o critici che passano alla regia. L’ impressionismo sarà dunque più leggero ma l’ esigenza espressiva è della stessa natura, e se i cineasti francesi provengono spesso dagli ambienti letterari, ben presto si dedicheranno esclusivamente al cinema. Epstein si appassiona al cinema dapprima come teorico della forma. Per lui il cinema è luogo di sogno, stupore e contatto con l’ irreale. Nella sua produzione si delineano due tendenze: da una parte adattamenti molto curati, dall’ altra opere più vicine all’ avanguardia. Più passionale, attento e ambizioso, Gance realizza tra il 1911 e il 1919 una ventina di film. Ma i suoi due capolavori sono “La rosa sulle rotaie” e “Napoleone”, opere tumultuose costruite su sceneggiature inconsistenti per banalità e ingenuità ma caratterizzate da immagini superbe e da un montaggio abbagliante. L’ impero americano : Negli anni 20 il cinema americano diviene onnipotente grazie alla sua forza economica e all’ ingresso degli Stati Uniti tra le grandi nazioni dopo l’ intervento vittorioso nella prima guerra mondiale. Il cinema americano attrae molti dei migliori talenti europei e li mescola nel crogiolo hollywoodiano per confezionare un prodotto universale. Se il cinema americano diventa il primo cinema del mondo occidentale, è probabilmente perché non è solo americano: è un miscuglio fortemente nazionalizzato, ma in cui ognuno può riconoscersi. I creatori sono inseriti in un modello di struttura a tre livelli: anzitutto alcune grandi case di produzione come la Fox o la Paramount, poi società di media importanza come la Universal e infine una miriade di produttori di piccole dimensioni. Soltanto le prime sono in grado di realizzare degli “specials”, cioè dei film a grosso budget che utilizzano le star, e sono loro a possedere le grandi sale di prima visione nelle grandi città. Le altre devono dipendere da grandi distributori, che noleggiano i film ai piccoli e medi gestori di tutto il paese. Alla fine degli anni 20 il sistema si assesta: • Cinque majors: MGM, PARAMOUNT, WARNER BROS, 20th CENTURY FOX, RKO. • Tre minors: UNIVERSAL, COLUMBIA, UNITED ARTISTS. • E infine la folla delle minuscole società della “ Poverty Row “, specializzate nei film di bassa qualità. Le comiche : I tre personaggi più popolari del muto sono Chaplin, Keaton e Lloyd. dire del “proletariato”. Il cinema non è schiavo del reale, ma dee porsi al servizio dell’ ideologia. L’ associazione russa degli scrittori proletari (Rapp), impone la “schematizzazione dialettica” che regola la creazione dei personaggi: ogni personaggio deve essere monolitico. Per due anni i tre quarti della produzione cinematografica sono dunque costituiti da cortometraggi propagandistici e divulgativi. Il cinema degli anni 20 aveva prodotto dei capolavori, benchè si trattasse di film di propaganda ispirati dallo Stato. Ma allora i registi erano sinceramente convinti delle idee che diffondevano. L’idea ingenua di Stalin era che bisognasse produrre solo capolavori ed eliminare dalla fase della concezione tutto ciò che avrebbe dato solo film mediocri o discreti, quasi fosse facile prevederlo. Per Stalin era essenzialmente opportuno celebrare la grandezza delle imprese storiche. Il cinema e la guerra (1939-1945) La vastità del secondo conflitto mondiale e la sua durata e crudeltà hanno profondamente influenzato la produzione cinematografica tra il 1939 e il 1945. Il film diventa direttamente pedagogico e sottilmente manipolatorio. I cinegiornali sono ovunque controllati dai governi e costituiscono potenti organi di disinformazione, ma la mobilitazione coinvolge anche il settore privato, che tiene a partecipare allo sforzo bellico e a manifestare il suo nazionalismo. Così, Hollywood produce la serie “Perché combattiamo” per spiegare agli americani le ragioni dell’impegno del loro paese nel conflitto europeo. Nella Francia occupata come in quella cosiddetta libera, il cinema prospera in quanto i tedeschi hanno deciso di autorizzare tutte le riprese di film purchè di puro intrattenimento. I cineasti francesi, che non hanno mai avuto un temperamento veramente politico, non si sentono a disagio di fronte alla necessità di chiudere gli occhi sulla situazione attuale e approfittano di un pubblico numeroso che non può più vedere film americani perché vietati. La situazione del cinema italiano è più complessa: l’ispirazione fascista non insiste sull’ideologia per puntare tutto sul nazionalismo, ritenuto un valore coesivo più efficace. Spesso ci si ispira al passato per evocare eventi gloriosi e spettacolari della storia. A Londra, dove gli studi sono martellati dall’aviazione tedesca, la produzione precipita dagli oltre 200 film a una 50ina di cortometraggi. Come si è detto la propaganda è ben presto in prima linea e film antinazisti vengono realizzati sin dal 1939. Il thriller occupa del resto una percentuale sempre maggiore della produzione, poiché questi film urbani e notturni sono l’ideale in un’epoca di scarse risorse e risultano inoltre permeabili a tutte le ideologie. Proprio mentre gli Stati Uniti si preparano a intervenire nel conflitto, un importante progresso estetico è rappresentato da “Via col vento” (1939), vertice insuperabile di un certo cinema Hollywoodiano Il neorealismo italiano : Conferendo il gran premio della giuria a “Roma città aperta” di Rossellini, il festival di Cannes del 1946 consacra a livello internazionale il neorealismo. L’opera di Rossellini sintetizza tutti i caratteri del cinema della Liberazione: denuncia del fascismo ed esaltazione della guerra partigiana, riprese effettuate in esterni naturali con attori professionisti e non, immagini spoglie senza effetti tecnici, dialoghi naturali, racconto lineare ed emozioni semplici ma forti. Se il crollo del fascismo al momento della sconfitta militare costituisce il fattore scatenante da cui origina il movimento neorealista, i suoi germi erano già presenti da tempo nella cultura italiana. Tutti i critici concordano nel farlo risalire al verismo di Verga. La nascita del movimento è tuttavia ritardata di due anni dalla difficile avanzata delle truppe americane. L’Italia è lacerata dalla guerra, la resistenza si organizza e il cinema passa in secondo piano. Il neorealismo fra il 1945 e il 1950 tratteggia un quadro completo dei problemi nazionali dell’Italia postbellica in uno stile specifico generato dalla novità dei contenuti. Il tema della guerra fa posto di li a poco allo studio del sottosviluppo, della disoccupazione urbana, della povertà delle campagne ma anche della condizione degli anziani e delle donne. Il neorealismo consente un ampio dibattito critico e consente al cinema italiano di essere esportato fino in America. Luchino Visconti, Roberto Rossellini, Giuseppe De Santis e Vittorio De Sica sono i quattro pionieri del movimento. Rossellini si rifiuta di rinchiudere la libera ispirazione del messaggio in una sceneggiatura troppo vincolante, insegue la verità dei personaggi più che il senso della storia. Fedele alle articolazioni tradizionali del racconto, De Santis si impadronisce di grandi soggetti e li tratta con foga. La sua fede nell’uomo e nella storia, il suo desiderio di coniugare lirismo e critica sociale, fanno dei suoi film opere politiche emblematiche di un momento brevissimo della storia italiana. L’opera di De Sica è nel contempo più universale, in quanto di carattere più psico-sociologico e più innovatrice. Si delineano così due gruppi che, senza essere davvero antagonisti, costituiscono due famiglie spirituali alquanto diverse: da una parte Visconti-De Santis, dall’ altra Rossellini-De Sica. Dalla prima metà degli anni Cinquanta cominciano a esaurirsi il filone politico e quello umanistico, impulsi paralleli originati da una teorizzazione imposta dalla realtà del disastro bellico. A partire da questo momento il neorealismo è morto in quanto movimento estetico ma il cinema italiano continua con gli stessi cineasti facendo sempre riferimento a quel momento privilegiato. Più che influenzare in modo durevole e profondo una o due cinematografie nazionali, il neorealismo italiano ha fecondato il cinema mondiale nel suo complesso, ridestando le vene realiste e sociali dove erano nascoste, ridando il gusto di un’estetica sobria e naturale a cineasti desiderosi di offrire la loro testimonianza sulla vita quotidiana delle classi popolari. La padronanza tecnica : La guerra aveva gravemente sconvolto la produzione cinematografica mondiale e tuttavia soltanto l’Italia riparte su basi veramente nuove dopo il conflitto. In tutti gli altri paesi la settima arte assume esattamente i caratteri che aveva nel 1939. Il western si orienta verso la commemorazione della storia americana, mentre i grandi classici di questo decennio sono ancora realizzati dai maestri degli anni 40. Con la loro funzione di supporto, i generi permetteranno ai Cukor e ai Minelli di porsi al livello dei maggiori creatori e sorreggono anche autori per altro più eclettici come Brooks o Ray. Cukor è fedele a un’estetica teatrale cui unisce la delicata raffinatezza dei movimenti di macchina e della manipolazione del colore, combinando i grandi successi ottenuti con i film spettacolari a un’intelligenza acuta e leggera nelle commedie. Quanto a Brooks, è più fedele a un impegno che a un genere. Alla Mgm, durante gli anni 50, si dedica a tematiche sociali. Democratico generoso, con il suo stile robusto e i suoi dialoghi didattici denuncia il giornalismo, l’esercito, la scuola e lo sterminio degli indiani. Fin dai primi anni 50 le case di produzione e gli studios cominciano a subire un declino irreversibile dovuto al calo di affluenza nelle sale cinematografiche, a sua volta causato dallo sviluppo della televisione. Ma vi sono altre ragioni: il boom delle nascite estende le periferie; le coppie giovani vivono ormai lontano dal centro città, dove si concentrano i cinema e si convertono alla tv. Gli autori solitari degli anni 50 : Mentre la “qualità francese” si esaurisce e il “sistema degli studios” vive il suo ultimo grande decennio, alcuni creatori ( Francia o Hollywood ) aprono nuove strade, allontanandosi da quella che all’epoca non viene ancora considerata una forma di accademismo. Essi risultano quindi isolati rispetto al cinema dominante, ma serviranno da modello ai nuovi autori degli anni 60. Elia Kazan contamina in modo corrosivo il documento sociale con il tema della corruzione, introdotto dai film gangster, per sottrarsi a entrambi i generi e creare un clima morboso. Hitchcock, invece, da vita a un vero e proprio Stato nello Stato e conferisce rapidamente forza di legge alle sue rgole. Sin dal suo arrivo a Hollywood alterna, durante la guerra, film di spionaggio e film psicologici o addirittura fantastico-romantici e si afferma rapidamente come il “maestro del suspense”, regista perfezionista per il quale il modo di raccontare conta più della storia stessa, e che dimostra un grande rispetto dello spettatore per la cura diabolica che dedica all’intreccio, al ritmo, ai moventi psicologici. Ma il regista getta anche uno sguardo personale sugli individui, in delicato equilibrio tra la soggettività e l’oggettività, tra la posizione del demiurgo e quella del chirurgo degli animi e dei cuori, in un mondo assurdo prigioniero dell’angoscia. La sua è una tematica coerente, che per trent’anni insiste sul male, sull’ombra, sulla colpevolezza, sul dubbio, sulla macchinazione e sul capovolgimento dei valori. Bresson si accosta al lungometraggio durante la guerra. Al crepuscolo del realismo poetico e quindici anni prima della Nouvelle Vague, non è dunque sorretto da alcun movimento estetico e forgerà da solo il proprio cinema, in particolare prendendo le distanze dalla “qualità francese” per la sua ostinata ricerca della verità, Bresson esplora un universo di forme e suoni completamente nuovo: il cinematografo. Il cineasta mette in scena delle solitudini, scegliendo personaggi lacerati dall’orgoglio e dalla passione. Attraverso una psicologia del comportamento strettamente legata ai fatti e ai gesti, Bresson sviluppa una fenomenologia della salvezza per definire l’itinerario interiore dei suoi eroi isolati e contratti. La Nouvelle Vague francese : I primi lungometraggi di Becker, Clouzot non avevano modificato il cinema francese degli anni 40, ma soltanto rivelato tre nuovi talenti capaci di assicurare il ricambio pur nella continuità. Nel 1958-60 la situazione è diversa, in primo luogo perché sono parecchie decine, e non soltanto tre, le opere prime che sommergono la vecchia produzione; in secondo luogo perché si tratta di film piuttosto diversi da quelli immediatamente precedenti. Non soltanto, infatti, i registi sono nuovi, ma anche gli attori e i tecnici nel loro complesso. Girati per la strada, i film abbandonano l’estetica molto elaborata degli studi per uno stile complice, leggero e realista. Gli autori badano più ad esprimere se stessi che a conquistare il pubblico. In realtà si fanno luce due tendenze: l’una proveniente dalla critica, l’altra dal cortometraggio, vale a dire l’una dalla teoria, l’altra dalla pratica. Tutti i nuovi cineasti francesi filmano per strada e “come Rossellini”, pensando a Hitchcock e a Hawks: il punto di riferimento è Hollywood, ma la maniera è neorealista. Il cinema verità : Se non si vuole confondere il cinema verità né con la storia generale del documentario che lo precede, né con l’avventura incessantemente rinnovata del realismo, si deve associare con precisione la nascita di questo movimento con la messa a punto del 16 mm sincrono intorno al 1960. Ma la volontà di filmare liberamente non soltanto le cose ma soprattutto le persone diventa più forte alla fine degli anni 50: bisognerebbe poter registrare al contempo il suono e l’immagine, intrufolarsi ovunque, girare in ogni momento indisturbati; è l’aspirazione dei reporter televisivi, degli etnologi e dei sociologi che cercano di sostituire al taccuino del ricercatore la machina da presa del cineasta. Gli scienziati si mescolano agli artisti, i tecnici ai cineasti, la pratica alla teoria. In Canada l’avventura del cinema verità è strettamente legata a quella del nuovo cinema. L’idea del “candid eye” è quella di osservare la realtà al teleobiettivo con cineprese leggere più o meno dissimulate e registrando i suoni reali; inoltre il commento è sostituito da interviste per dare il senso di ciò che viene colto sul vivo e in modo “candido”. Non si tratta più soltanto di obiettività, ma di spontaneità, di autenticità e di un sguardo parziale che impedisce in un certo senso una prospettiva critica. Dalla tecnologia e dall’etnologia al cinema, Jean Rouch è autore prolifico, multiforme, irregolare di un’opera che a sua volta genera numerosi seguiti. In tutti i suoi film africani Rouch rispetta la mescolanza dei riti antichi e della realtà attuale. Si potrebbe quasi affermare che Rouch intende essere sociologo del passato e storico del presente di un’Africa in cui il conflitto delle culture genera nel contempo vita e morte. I film di Rouch respirano all’unisono con i personaggi, sono sincroni con il loro rimo e misurano uno spazio di vita transcontinentale. La rivoluzione prodotta da Rouch ha profonde ripercussioni: sperimentando, incoraggiando le innovazioni tecniche, Rouch amplia i limiti del cinema, ma sempre nella direzione opposta a quella delle altre arti, che finiscono per favorire una creazione individuale contraria alla vita. Rouch solleva i problemi fondamentali della creazione cinematografica: che cos’è l’arte se l’autore cerca di non imporre né stile né tematica? Forme del giovane cinema degli anni Settanta : La fioritura del giovane cinema britannico avviene in due fasi: dal 1952 al 1959 gli “angry young men” sono artisti, soprattutto romanzieri e drammaturghi, che contestano l’estabilishment culturale londinese con opere spesso aggressive sul piano dei valori e dei costumi. In ambito cinematografico il movimento si esprime attraverso i redattori della rivista “Sequence”, che contestano la tradizione nazionale. Se la Nouvelle Vague francese costituì una frattura, il nuovo cinema italiano fu piuttosto una rinascita. Certamente si tratta di un fenomeno generazionale come in Francia, ma i giovani cineasti che giungono al lngometraggio non si schierano contro i loro predecessori: non vogliono sbarazzarsi di Visconti, Fellini, Rossellini e De Sica. Anzi, affermando la loro personalità, spingono i maestri a superare se stessi sulla via del neorealismo e a cambiare radicalmente stile. Questi nuovi cineasti hanno personalità già affermate: Olmi, Pasolini, Bertolucci. La “Nouvelle Vague” italiana esplode davvero al festival di Venezia del 1962, in cui è presente in tutte le sezioni. Il nuovo cinema è spesso marxista di fronte ai problemi contemporanei, ma anche estremamente estetizzante sotto il profilo del piano-sequenza. Gli psicologi continuano a descrivere minuziosamente il contesto sociale, e sono spesso i politici a rivelarsi i più innovativi dal punto di vista narrativo. Quanto ai teorici, studiano nel contempo marxismo e semiologia, senza dimenticare di essere regionalisti e poeti. reti di programmare settimanalmente 230 film, per un totale di 5 miliardi di telespettatori, mentre nel 1975 la Rai ne trasmetteva soltanto due a settimana, il che porta il totale dei film trasmessi dalla tv nel 1980 a oltre 8000 titoli. Alla fine del decennio la Rai sfrutta il prestigio dei registi facendo lavorare per il piccolo schermo Rossellini, Fellini, Zeffirelli e ottiene per due anni di seguito la Palma d’oro al festival di Cannes con produzioni interamente finanziate dalla televisione. Il decennio 1970-80 è per certi aspetti quello degli ultimi uochi di un cinema nel contempo artistico e industriale, che le Nouvelles Vagues degli anni 60 avevano contribuito a prolungare. Dopo il cinema dei produttori (anni 50) e il cinema degli autori (anni 60), il decennio successivo sarà quello della televisione. Il mercato del cinema negli anni 80 : Se il pubblico diminuisce in tutto il mondo a partire dagli anni 50, verso il 1983 il crollo diventa drammatico: le sale francesi perdono un terzo degli spettatori tra il 1982 e il 1988. Le ragioni di questa disaffezione sono numerose, connesse ai modi di vita, alla diversificazione degli svaghi, all’evoluzione dei budget e delle strutture urbane, sociali e familiari, ma tutte le analisi confermano che la causa principale dell’abbandono delle sale è la concorrenza della televisione. La sua introduzione negli Stati Uniti avvia il declino, la sua diffusione in Europa allarga le dimensioni del fenomeno e l’esplosione delle televisioni private negli anni 80 moltiplica vertiginosamente il numero di film trasmessi sul piccolo schermo. Dopo aver acquistato massicciamente i diritti di trasmissione di tutti i vecchi film, le reti americane e quelle europee sono state costrette a coprodurre, per rifornirsi di un cinema adeguato ai loro bisogni quantitativi e qualitativi di film da trasmettere in prima serata. Così, i fratelli nemici di ieri sono divenuti amici per la pelle e l’industria cinematografica più potente, quella statunitense, è oggi salva proprio grazie a questo patto, che le garantisce un nuovo equilibrio. La qualità di questi prodotti è inferiore a quella del cinema degli anni 50: il pubblico della televisione, meno attento, è anche meno esigente. Lo spettatore americano è il più assiduo del mondo occidentale, ma anche il più giovane, il che spiega lo straordinario successo di film comici, di avventura e fantastici. Soprattutto, il cinema riprende instancabilmente le stesse formule, molitplicando i sequel di Halloween, Nightmare, Indiana Jones o Guerre stellari. Steven Spielberg decade alla soap opera e adotta lo spirito Disney con produzioni sempre più infantili (Jurassic park), Brian De Palma si specializza in remake (Scarface) mentre “Apocalypse Now” segna nel contempo l’apice e la fine dell’arte di Francis Ford Coppola. Una nuova generazione molto disparata garantisce tuttavia il ricambio, ma è difficile prevedere come evolveranno le carriere di questi giovani cineasti in un sistema che tende a schiacciare qualsiasi personalità. Creando immagini di un fantastico al tempo stesso lirico e satirico, Tim Burton con kitsch assurdo di “Beetlejuice” e, dopo un passaggio obbligato per il film spettacolare “Batman”, incanta con la sua creatura dotata di lame di forbici al posto delle dita “Edward mani di forbice”. Le resistenze del cinema d’autore sovvenzionato : L’ispirazione è ormai nostalgica, ma a quest’epoca è tutto il cinema d’autore europeo a declinare costantemente, su tutti i registri, la morte del cinema, divenuta un tema privilegiato più o meno esplicito. Nanni Moretti è un ipersensibile sempre in collera contro un mondo che lo angoscia. Da “Io sono un autarchico” e “Ecce bombo” le sue scenate brusche e imprevedibili preoccupano chi lo circonda, spiazzato dalla sua ingenuità che denuncia, pone domande e turba. Tra la commedia all’italiana e Woody Allen, Moretti regola i suoi conti con un riso che aggredisce una società destinata alla rovina. Quanto a Roberto Benigni, poetizza il suo personaggio clownesco nei propri film a nonsense, vigorosamente attraversati da climax irrefrenabili di amour fou. Il primo lungometraggio di Almodovar “Pepi, Luci, Bom e le altre ragazze del gruppo” approfitta della liberzione del cinema per tenere un discorso fortemente radicato nella mentalità iberica, ma ben presto esportabile grazie alle coproduzioni europee. In Gran Bretagna, Greenaway proviene dalla pittura e dal cinema sperimentale. Affascinato dalle combinazioni strutturali, dotato di un humour eccentrico e impegnato a scavare nei luoghi comuni culturali, come patrimoni, mentalità, stereotipi e marchi, adora giocare con le trappole della percezione, i trabocchetti della logica e ogni sorta di bizzarrie psicologiche. La fenice centenaria : All’inizio degli anni 90, dopo gli sconvolgimenti strutturali del decennio precedente, parecchi sintomi incoraggianti sembrano indicare che il cinema non è disposto a lasciarsi fagocitare dalla televisione né ad accettare la funebre imbalsamazione cerimoniale. L’idea di produzione indipendente indica ancor oggi tutto ciò che si oppone all’estabilishment dei codici, dei generi, della tv e dell’imperialismo industriale. Senza fare la rivoluzione, poiché non è questo il loro intento, gli autori indipendenti testimoniano un’America diversa attraverso un cinema diverso, che d’altronde viene spesso meglio accolto in Europa che negli Stati Uniti. Ma le sorprese possono venire anche dall’interno: lineare, classico, lirico “Balla coi lupi” (1990) è un western favorevole agli indiani, in cui l’uomo bianco assassina gli indigeni, le bestie, il paesaggio. In tale contesto di continuo rinnovamento, il cinema nero apre prospettive originali e, se non può essere limitato alla sola opera di Spike Lee, è pur vero che, grazie alla sua personalità mediatica, questo cineasta ne è diventato rapidamente il simbolo. A partire dal 1989 gli schermi occidentali cominciano a essere invasi dalle terribili immagini del caos sovietico. La fame, il freddo, l’umiliazione, la povertà spirituale rappresentano i contesti quotidiani di film che denunciano l’inferno di un regime odiato almeno quanto era stato osannato, con la stessa foga, le stesse macchine da presa, la stessa violenza estetica. Quanto all’Italia degli anni 90, non si riduce ai film di Taviani, di Scola. Una nuova generazione approda al lungometraggio provenendo dalla televisione o dalla recitazione. La difficile espressione dei Paesi emergenti : Dalla fine degli anni 90 si sviluppa un giovane cinema che si orienta verso la fiction d’autore e non verso il documentario militante. In realtà, Sorin firma il suo primo lungometraggio già nel 1986 “La pelicula del rey”, è un film nel film sul re della Patagonia. Ma non continua e per oltre dieci anni si dedica alla pubblicità prima di firmare “Historias minimas”, affettuosa serie di ritratti di gente semplice del sud. Lucrecia Martel si concentra ancor più sull’esplorazione psicologica di ambienti soffocati da principi, pratiche e valori borghesi totalmente inadeguati alla nostra epoca. Già con la “Cineaga” la cronaca familiare sfiora il fantastico e lo stile porta al dramma. “La nina santa” prende in considerazione il rapporto torbido e mistico fra un’adolescente alla ricerca di segni divini e un medico i cui desideri sfidano la rispettabilità. Se questo è l’orientamento dell’Argentina dopo la dittatura, il Messico e il Brasile sembrano invece attraversare un momento difficile. Dagli anni 60 in poi, in Messico, Ripstein scava le tematiche dell’oppressione e dell’intolleranza. Alejandro Inarritu proveniente dalla radio fa un ritratto durissimo, benchè diverso, della capitale: “Amores Perros” rappresenta l’amore al tempo stesso creativo e distruttivo in tre storie intrecciate con cani, teppisti, assassini. In Brasile, il Cinema Novo è ormai ben lontano, ma a metà degli anni 2000 la rinascita del documentario rafforza i pochissimi autori che tentano di costruirsi una carriera. L’esordio di Fernando Meirelles è un grande successo: “City of God” filma con l’efficacia di un noir americano i bambini di una favela di Rio nel cuore della criminalità organizzata. Hollywood lo attrae, e firma un’implacabile requisitoria sotto forma di thriller contro i complotti delle aziende farmaceutiche in Kenya: “The Constant Gardener”. Il cinema post-hollywoodiano : Che si tratti di cinema di genere, cinema riflesso del suo tempo, film popolari e/o opere cinefile, le produzioni statunitensi mantengono le stesse caratteristiche dalle origini in poi. Così, il western viene regolarmente rivisitato da attori-registi (Kevin Costner : Balla coi lupi , Tommy Lee Jones : Le tre sepolture). Ottimi registi, specializzati per esempio nel thriller o nell’horror, garantiscono la qualità di base della produzione. Film evento sca
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