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Legge e procedimento legislativo in Italia - Prof. Pellizzone, Appunti di Diritto Costituzionale

Una panoramica dettagliata delle fonti del diritto in italia, in particolare della legge costituzionale e delle leggi regionali. Viene inoltre esaminato il procedimento legislativo, dalla proposta di legge alla promulgazione, e le responsabilità dei vari attori coinvolti. Inoltre, viene discusso il ruolo della corte costituzionale nella garanzia della legittimità delle leggi e degli atti aventi forza di legge.

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 31/05/2024

Giogiol05
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Scarica Legge e procedimento legislativo in Italia - Prof. Pellizzone e più Appunti in PDF di Diritto Costituzionale solo su Docsity! DIRITTO COSTITUZIONALE 1) INTRODUZIONE STATO ASSOLUTO Lo Stato nasce a metà del 1600 da un processo di concentrazione del potere nelle mani del Sovrano che forma lo Stato assoluto. Assoluto significa “sciolto da ogni legame” e quindi sciolto dall’obbligo di rispettare le leggi. Il primo esempio è quello della Francia con Luigi XIV. Con lo Stato assoluto gli individui sono sudditi al sovrano, non sono cittadini. Perché gli uomini hanno deciso di dare questo potere al sovrano? L’hanno fatto in cambio del mantenimento della pace in quanto il sovrano accentra in sé la forza e toglie gli uomini dal rischio della guerra. Con questo modello governativo si aveva un apparato burocratico; un esercito che difendeva i confini dello Stato; comincia a delinearsi un sistema fiscale. Sotto questo tipo di Stato, non si può parlare di Costituzione, ma si parla di organizzazione del potere concentrato sotto un’unica persona. STATO LIBERALE Si potrà parlare di Costituzione solo quando lo Stato garantisce i diritti e la divisione dei poteri. Questo avviene con l’affermazione dello Stato liberale che caratterizzerà l’esperienza degli stati europei del 1800 e che sarà il secolo del rifiuto dei regimi assolutisti. Lo Stato liberale aveva come principio il primato della Legge, ovvero che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge. Questo tipo di Stato permetteva il diritto di voto solo alle classi più ricche, ma garantiva la libertà economica di ogni cittadino. Per esempio nel Regno Unito il passaggio dall’assolutismo allo stato liberale è più graduale. Si ha il BILL OF RIGHTS nel 1689, ovvero un manifesto sui diritti e sulle libertà dei sudditi e definisce la successione della corona. STATO DEMOCRATICO Il cambiamento radicale è il fatto che i sudditi diventano cittadini, riconoscendosi così il godimento di diritti naturali e innati. L’altro mutamento fondamentale riguarda la legittimazione del potere che appartiene al popolo e si esercitava con il diritto di voto. Nasce così la democrazia moderna, attorno al 1900 e caratterizzerà la maggior parte dei paesi, compresa l’Italia. Con questo tipo di Stato si ha la divisione dei poteri e si afferma il principio di uguaglianza, cioè che lo Stato doveva assicurare in astratto a tutti i cittadini gli stessi diritti a prescindere dalle diverse condizioni delle persone. Nello Stato democratico vige il suffragio universale che permetteva a tutti il diritto di voto. Questo Stato aveva, però, dei limiti: o Era funzionale ad una classe sociale, quella borghese; o Il Parlamento era espressione di pochi cittadini, i quali godevano di diritto di voto per reddito o cultura, o Era escluso il genere femminile dalla rappresentanza politica. STATO TOTALITARIO La definizione di Stato totalitario viene attribuita ad alcune situazioni verificatesi nel XX secolo. Un esempio è quello della Germania di Hitler, all’Italia di Mussolini e al regime comunista dell’ex Unione Sovietica. In tutti questi casi il potere era concentrato nelle mani di un partito dominante, che non ammetteva nessuna forma di opposizione al suo esercizio. Per mantenere il proprio dominio si serviva di intimidazione, violenza e terrore. Il totalitarismo impediva qualsiasi applicazione di democrazia perché si prefiggeva di controllare ogni aspetto della vita dei cittadini imprigionandoli o uccidendoli. L’elezione parlamentare è tipica delle repubbliche parlamentari e tende ad attribuire al Presidente eletto un ruolo politicamente neutrale. Il Capo di Stato rimane in carica per un periodo di tempo limitato, stabilito dalla Costituzione. La durata del mandato si aggira sui 4-5 anni quando detiene anche il potere esecutivo, mentre è maggiore nei sistemi parlamentari. Il presidente della Repubblica eletto dal Parlamento ha durata superiore a quello della magistratura per evitare che lo stesso Parlamento possa eleggere due presidenti. Normalmente questa carica è considerata il culmine della carriera politica. 3) LE FORME DI GOVERNO La forma di governo è il modo in cui le funzioni fondamentali dello Stato vengono ripartite tra gli organi costituzionali e i rapporti tra questi organi. Le più diffuse sono la forma presidenziale, forma parlamentare e forma semipresidenziale. FORMA PRESIDENZIALE Nasce negli Stati Uniti e si fonda sulla ripartizione dei poteri fra due organi. Sono: - il Presidente che è eletto dal popolo, detiene il potere esecutivo e quindi ha il comando dell’amministrazione e delle forze armate. Dura in carica 4 anni e non può essere rimosso se non per gravi violazioni (impeachment). Il presidente non può determinare lo scioglimento del potere legislativo che è detenuto dal Parlamento (Congresso) - il Parlamento che è eletto dal popolo e si rinnova parzialmente ogni due anni. Il congresso è diviso da due camere: - il Senato - la Camera dei rappresentanti. I Il potere giudiziario è detenuto dalla Corte suprema costituita da 9 giudici nominati dal presidente d’intesa con il senato e che restano in carica a vita. Questa forma di governo ha un vantaggio che è quello di stabilità del potere esecutivo. Lo svantaggio è il fatto che ci possano essere delle disfunzioni quando non c’è consonanza tra potere esecutivo e legislativo. FORMA DI GOVERNO PARLAMENTARE Il governo deve avere fiducia delle due camere. Il vantaggio di questa forma è la necessaria omogeneità politica. Il nostro capo di Stato è Mattarella che non è titolare del potere esecutivo. Lo svantaggio è che non c’è un termine fisso di durata del governo ma rimane in carica finchè c’è l’appoggio delle due camere. C’è la possibilità di uno scioglimento anticipato del Parlamento quando si rivela non più in grado di esprimere nessun governo. FORMA DI GOVERNO SEMIPRESIDENZIALE Come la Francia. Unisce gli elementi tipici di quella presidenziale. Il presidente è eletto dal popolo, ha poteri di garanzia e di indirizzo politico. Nomina i ministri, può sciogliere le camere e il parlamento può votare la sfiducia al governo. 4) LA COSTITUZIONE La Costituzione italiana viene promulgata dal Capo provvisorio dello Stato nel 1947. La forma è repubblicana in quanto scelta attraverso un referendum. È un testo normativo composto da 139 articoli con enunciazioni di principio ma anche di dettaglio. È rigida: non può essere modificata da altre fonti di indirizzi politici diversi. È lunga: non ci sono poche regole sommarie sullo Stato e sui diritti, ma si sviluppano discipline articolate. È programmatica: contiene obiettivi di fondo a cui è ispirata l’azione dei pubblici poteri. È aperta e longeva: i programmi sono generici perché possono essere riempiti di contenuti diversi, per esempio Art 11, Art 14 dedicato alla libertà di domicilio inteso in maniera ampia perché per rispettare questa libertà, c’è bisogno di non violare prima la libertà personale, Art 2 che riguarda la tutela delle unioni omosessuali. La Costituzione è così formata: - Principi fondamentali (Art 1 – 12) - Prima parte: Diritti e doveri dei cittadini - Titolo I Rapporti civili (Art 13 – 28) - Titolo II Rapporti etico-sociali (Art 29 – 34) - Titolo III Rapporti economici (Art 35 – 47) - Titolo IV Rapporti politici (Art 48 – 54) - Seconda parte: Ordinamento della repubblica - Titolo I Il Parlamento (Art 55 – 82) - Titolo II Il Presidente della Repubblica (Art 83 – 91) - Titolo III Il Governo (Art 92 – 100) - Titolo IV La Magistratura (Art 101 – 113) - Titolo V Le Regioni, le Province, i Comuni (Art 114 – 133) - Titolo VI Garanzie costituzionali (Art 134 – 138) - Disposizioni transitorie e finali - Consta di norme ad efficacia diretta, cioè suscettibili di immediata applicazione che vengono chiamate norme percettive e di norme che per produrre effetti concreti avrebbero avuto bisogno di più tempo e dell’integrativa del legislatore che vengono chiamate norme programmatiche. Quindi possiamo affermare che la Costituzione ha una valenza programmatica perché non si limita a disciplinare l’organizzazione dello Stato, i rapporti fra i poteri e coi cittadini, bensì stabilisce indirizzi economici e sociali. La distinzione tra norme percettive e programmatiche non incide sul rilievo e sulla loro efficacia. Infatti con la loro prima sentenza del 1956, i giudici hanno stabilito che tutte le disposizioni costituzionali fossero immediatamente utilizzabili. Per far si che si arrivi all’affermazione della giustizia costituzionale, c’è bisogno di due presupposti: - Primo presupposto ovvero la superiorità della Costituzione rispetto alle leggi ordinarie; - Secondo presupposto ovvero il potere/dovere di un giudice di sanzionare l’invalidità della legge costituzionale Il modello di giustizia costituzionale si forma in un sindacato di costituzionalità che può essere costruito come un sindacato di tipo diffuso dove ogni singolo giudice disapplica la legge ritenuta incostituzionale per garantire la superiorità della Costituzione; accentrato, come il nostro, dove il sindacato di costituzionalità è compiuto da un organo ad hoc apposito che ha il compito di annullare la legge contraria alla costituzione. Quella legge dal giorno successivo alla sentenza non può essere applicata da nessuno. Sistema accentrato: Composizione della nostra costituzione. La nostra Corte Costituzionale è formata da diversi giudici nominati in maniera diversa. Cinque giudici nominati dal Presidente della Repubblica; cinque nominati dal Parlamento in seduta comune; cinque nominati dalle supreme magistrature ordinarie e di amministrazione. Le competenze della Corte sono descritte nel Art. 134. La composizione della Corte è descritta nell’Art. 135. Il mandato dei giudici è molto lungo e dura 9 anni perché si vuole che questi giudici siano indipendenti più di chi li ha eletti. Le competenze della corte costituzionale sono quelle di giudicare se le leggi rispettino la Costituzione. Questo controllo lo fa rispetto alle leggi dello Stato e delle Regioni e rispetto ai decreti e avviene con due modalità: - in via diretta, ovvero vengono individuati alcuni soggetti che possono impugnare la legge entro un termine di scadenza; questo modo è possibile solo per lo Stato e le Regioni; - in via incidentale ovvero che i giudici hanno il potere/dovere di sollevare un dubbio di costituzionalità; quindi dubitano di una determinata legge, arrestano il giudizio e sollevano il dubbio. La via incidentale comporta un’ordinanza di rinvio alla Corte Costituzionale. Viene pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. La Sentenza è formata da varie parti: - la composizione formata dai giudici della corte costituzionale; - epigrafe che ci indica il tipo di competenza che la corte sta esercitando; ci indica anche la norma oggetto e chi è il giudice che solleva questa sentenza. - ritenuto in fatto ovvero la vicenda, le tesi dell’avvocatura dello Stato che viene portata alla Corte - considerato in diritto dove c’è la considerazione, i motivi della Corte, ovvero ciò che essa decide. - dispositivo, ovvero la decisione finale Un’importante sentenza è quella del 1956, quando il presidente era Enrico De Nicola. La sentenza risolveva 3 complesse questioni: - sottopone al sindacato della Corte le leggi anteriori alla Costituzione - detta i criteri tra illegittimità costituzionale ed abrogazione - distinzione tra norme programmatiche e norme percettive PRINCIPI FONDAMENTALI Principio democratico: Art 1 dice che l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro e la sovranità appartiene al popolo. L’articolo dice che la sovranità deve essere esercitata nelle forme e nei limiti dal popolo attraverso la rappresentanza, l’esempio più conosciuto sono le elezioni. Il carattere rappresentativo significa che anche se il potere deriva dal popolo, non deve però diventare un potere illimitato perché basta una maggioranza semplice, come citato nell’Art 64. Questo carattere rappresentativo ha però degli strumenti di democrazia diretta. Per esempio: - proposta di legge: l’Art. 71 descrive come il popolo possa presentare un disegno di legge con almeno 50 elettori; - referendum abrogativo: Art. 75 che dice che possiamo abrogare una legge già vigente, ma non possiamo proporla, attraverso un referendum che deve essere richiesto almeno da 500 mila elettori o anche dal Consiglio regionale (cinque regioni). Il referendum non va però proposto per quanto riguarda le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto (materie penali che propongono provvedimenti di clemenza collettiva, dove un comportamento non è più punito penalmente; non si può cancellare un reato, si può cancellare solo la pena), di autorizzazione a ratificare trattati internazionali. Al volta entrata in vigore, non c’era la possibilità di sindacare il contenuto, infatti il potere esecutivo dava esecuzione alla legge, mentre il potere giudiziario applicava la legge per definire le controversie. Le fonti del diritto erano sotto un sistema aperto: la legge poteva creare fonti e restava dominante. Questa è l’epoca storica in cui si afferma il principio di legalità dove tutti devono rispettare e sottostare alla legge perché era il prodotto della sovranità parlamentare. Le novità portate dalla Costituzione sono: - Anche la legge incontra dei limiti. Il limite è che il contenuto della legge non può essere in contrasto con la Costituzione. - Nascita delle giurisdizioni costituzionali, ovvero la Corte Costituzionale che può dichiarare illegittima una legge contraria alla Costituzione. - Crescita del potere legislativo esercitato dal Governo tramite decreti legislativi e decreti legge. - Ingresso delle leggi regionali; - Ingresso del diritto comunitario CARATTERISTICHE DELLE NORME GIURIDICHE Generalità: perché non si rivolge a determinate persone, ma ad una serie di soggetti Astrattezza: perché non si riferisce ad un fatto concreto ma ad una serie ipotetica di fatti. L’astrattezza è in parole povere, la descrizione del fatto contenuto in una norma giuridica Relatività: perché la norma giuridica può essere diversa non solo da Stato a Stato, ma anche nel corso del tempo all’interno di uno stesso Paese. Non è uguale a sé stessa ma risponde alle trasformazioni della società Bilateralità: se da un lato può stabilire un diritto, dall’altro può imporre un dovere in contrapposizione 6) L’INTERPRETAZIONE DISTINZIONE TRA DISPOSIZIONE E NORMA Il passaggio dalla fonte alla norma non è diretto, ma a mediarne il rapporto vi è la disposizione, che è un enunciato linguistico scritto, adottato dall’organo che manifesta la volontà normativa. Le disposizioni sono interpretate dagli operatori del diritto e in particolare dai giudici. La norma, invece, è il significato che dalla disposizione si ricava, quindi è la vera e propria regola giuridica da applicare. Il significato corretto da applicare è il seguente: bisogna interpretare, cioè che da ogni formula linguistica è possibile ricavare significati diversi e dunque norme diverse. Il compito di interpretare la disposizione assume particolare rilievo quando lo fanno i giudici nel caso di controversie che sono chiamati dall’ordinamento a stabilire la norma da applicare. I CRITERI DECISIONALI L’art.12 delle Preleggi elenca una serie di criteri che gli interpreti devono usare nell’applicazione del diritto: “nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse e dall’intenzione del legislatore. Se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo delle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe; se il caso rimane ancora in dubbio, si decide secondo i principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato”. Interpretazione letterale: Si basa sul significato proprio delle parole. L’interprete deve attribuire alle parole che compongono la disposizione il senso che esse hanno nel linguaggio comune e nel linguaggio tecnico-giuridico. Con questa interpretazione bisogna dare più importanza al secondo significato nel caso in cui la parola sia presente in entrambi i linguaggi. Esempio --- Normativa sul cosiddetto Daspo. Ci si è chieste cosa intenda il legislatore per manifestazione sportiva e se, in particolare, un corteo cominciato allo stadio e poi proseguito nelle vie cittadini possa violare la norma. Soluzione: La Corte di Cassazione ha chiarito che la legge Daspo si riferisce chiaramente al divieto di accedere a luoghi in cui effettivamente si svolgono manifestazioni sportive specificamente indicate. Interpretazione sistematica: Si ricava dal riferimento alla “connessione tra le parole”. L’interprete deve leggere la disposizione tenendo conto dell’intero sistema normativo e allargando la propria visione all’intero contesto in cui la disposizione si inserisce. L’interprete dovrà porre attenzione all’intero ordinamento e in particolare a tutte quelle norme che si occupano di materie analoghe o comunque rilevanti. Interpretazione conforme a costituzione: Considerata come un’applicazione del criterio sistematico, ovvero consiste nel fatto che ad essere messe in connessione sono fonti normative poste su ordini gerarchici differenti. In questo caso l’interprete dovrà favorire l’interpretazione conforme alla norma in grado gerarchico superiore. Bisogna però evitare l’insorgere di una antinomia. Intenzione del legislatore e ratio legis: L’articolo 12 fa riferimento all’intenzione del legislatore. Quando si interpreta una disposizione bisogna tenere conto delle ragioni che hanno mosso il legislatore ad approvare quel testo normativo. In alcuni casi è necessario distinguere la volontà originaria del legislatore storico dalla volontà di legge oggettiva perché con il passare del tempo astrae e allontana dall’intento che il legislatore perseguiva nel momento in cui approvava la legge. In presenza di un contrasto si preferisce seguire la ratio legis. Perché? Perché è più idonea a modellare la disposizione rendendola più adeguata al mutamento delle esigenze storico-sociali. Esempio di interpretazione storica: --- riguarda la normativa che dichiara che è nullo un provvedimento qualora machi la sottoscrizione del giudice. Nel caso in cui la firma non sia leggibile la Corte di Cassazione ha stabilito che il provvedimento rimane valido affermando che, quando il legislatore ha inteso configurare le ipotesi di nullità di un atto lo ha fatto con la volontà di restringerne il più possibile il novero. Soluzione: è richiesta la firma del giudice indipendentemente dalla sua leggibilità. Interpretazione evolutiva: Consente di ampliare la portata della disposizione, in modo che possano esservi ricondotte fattispecie di cui non si era tenuto conto al momento dell’approvazione. Esempio --- riguarda la normativa sul sequestro di stampa. Si è discusso se la normativa potesse essere applicata anche ai giornali online. Soluzione: La Corte di Cassazione ha stabilito che “In sintonia con l’evoluzione socio-culturale e tecnologica del concetto di stampa” possano essere considerati stampa anche i giornali online. I CRITERI DI RISOLUZIONE DELLE ANTINOMIE Le antinomie sono le contraddizioni, i contrasti normativi che si rivengono quando esistono più discipline per una medesima fattispecie. Occorre quindi ricondurre l’ordinamento giuridico ad una coerenza per risolvere le antinomie che stabilirà quale fonte debba prevalere ed essere utilizzata. Per scegliere la giusta fonte da utilizzare, l’ordinamento utilizza dei criteri positivi, cioè stabiliti dall’ordinamento. Sono 3 criteri: - Criterio cronologico; - Criterio gerarchico; - Criterio della competenza Criterio cronologico: In base a questo criterio, si sceglie la norma più risalente, quindi quella più recente. Con questo criterio la legge posteriore prevale su quella precedente. La norma successiva determina l’abrogazione di quella precedente. Una norma abrogata, non diventa invalida, ma cessa di essere efficace per il futuro. Gli effetti dell’abrogazione sono che la norma non scompare dall’ordinamento, ma non potrà essere più applicata al sorgere della nuova norma e a volte può essere dichiarata incostituzionale. L’abrogazione della legge viene fatta dal giudice che ricostruisce il quadro normativo e stabilisce se è abrogata o meno. L’abrogazione non va confusa con la deroga che si ha quando viene portata una nuova norma di portata più ristretta di quella esistente; e non va confusa con la sospensione dove l’efficacia di quella norma non viene eliminata ma sospesa in via temporanea (esempio, leggi sospese durante il covid in via temporanea) L’Art 15 delle Preleggi contempla i diversi tipi di abrogazione: - Abrogazione espressa: la nuova legge abroga in modo esplicito la disposizione precedentemente in vigore; - Abrogazione tacita: quando il legislatore trova un’incompatibilità di contenuto tra la disciplina prevista nella disposizione recente e quella precedente. In questi casi, è il giudice che nel caso concreto è l’organo competente a stabilire se l’abrogazione sia o meno da attuare. Le formule di stile non aiutano il giudice nella decisione, ma ci sono alcune leggi che escludono l’operabilità dell’abrogazione tacita. Nel discorso dell’abrogazione c’è il fenomeno della REVISCENZA DI UNA NORMA, ovvero ci si chiede se “qualora la norma B abroghi la norma A e poi intervenga una norma C, A torni in vigore. La soluzione a questo fenomeno è che la Corte Costituzionale afferma che il fenomeno della 7) FONTI DEL DIRITTO LA LEGGE DI REVISIONE COSTITUZIONALE E LE LEGGI COSTITUZIONALI La legge costituzionale è quell’atto normativo con cui il Parlamento incide sul testo costituzionale integrando o modificando con una procedura aggravata. In questo caso si può parlare di legge di revisione costituzionale. In Italia, il procedimento di revisione costituzionale è molto meno usato rispetto ad altri Paesi. Dal 1948 ad oggi sono state approvate 43 leggi costituzionali, ma non tutte hanno modificato la Costituzione. basti pensare che gli statuti delle Regioni a statuto speciale possono essere modificate solo da una legge costituzionale, a differenza di quelli delle Regioni ordinarie. L’art. 138 si pone accanto alle leggi di revisione della Costituzione così citando: “le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi Costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione”. Questo articolo prevede un procedimento aggravato rispetto all’ordinario procedimento legislativo per evitare che la Costituzione venga modificata dalla maggioranza di Governo. Infatti l’art stabilisce che la legge costituzionale venga adottata dalle due Camere con due deliberazioni. Deve trovare il sostegno degli altri partiti del Parlamento, affinché si possano raggiungere le maggioranze previste per l’approvazione della legge costituzionale. La Costituzione richiede nella seconda deliberazione, che deve avvenire non prima di 3 mesi successivi alla prima deliberazione, la maggioranza dei 2/3 dei membri di ciascuna Camera affinché la legge possa essere approvata e promulgata. I tempi di procedimento: Il procedimento di emanazione della legge costituzionale si distingue da quella ordinaria anche per i suoi tempi che sono molto più lunghi in quanto la seconda deliberazione deve avvenire non prima di tre mesi dalla prima e anche perché vi è un’eventuale referendum popolare. La legge costituzionale prevede due deliberazioni a differenza della legge ordinaria che ne prevede una da parte di ciascuna Camera. Quindi le deliberazioni saranno 4 contro le due del procedimento legislativo. La prima deliberazione da parte di una Camera deve superare i “si” e durante questo procedimento, le Camere possono apportare altri emendamenti al progetto di revisione. Successivamente si ha la seconda deliberazione che come già detto, non può avvenire prima di tre mesi dalla prima. In questa fase, non possono essere mandati emendamenti. La seconda deliberazione è solo di approvazione o non approvazione. Se la legge costituzionale venisse approvata dai 2/3 dei membri di ciascuna Camera, verrà poi promulgata dal Presidente della Fonti superprimarie Costituzione Leggi di Revisione costituzionale e altre leggi costituzionali Statuti delle regioni speciali Fonti primarie Leggi statali - Leggi regionali Statuti delle regioni ordinarie Decreti legislativi - Decreti legge Referendum abrogativo Regolamenti parlamentari Fonti secondarie Regolamenti governativi Regolamenti regionali Atti normativi degli enti locali Repubblica. Qualora non dovesse essere approvata dai 2/3, ma raggiunge la maggioranza assoluta, viene comunque approvata, ma viene pubblicato il testo sulla Gazzetta Ufficiale, ed entro tre mesi può essere richiesto un referendum costituzionale rivolto ai cittadini. Se i cittadini approvano il testo, la legge costituzionale viene promulgata dal Presidente della Repubblica. I limiti della revisione costituzionale: non si può avere una revisione veloce della Costituzione, ma sussistono dei limiti previsti esplicitamente. Innanzitutto il procedimento di revisione è un procedimento costituito e non costituente perché tale procedimento non comporta la creazione di una nuova Carta costituzionale e non può assolutamente sostituire integralmente la Costituzione. Questo è un primo limite implicito. L’art 139 stabilisce, invece, un limite esplicito: la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale, perché l’Italia è una Repubblica democratica e la forma repubblicana è considerata inscindibile dal carattere democratico della Repubblica. La Costituzione italiana contiene alcuni principi supremi che non possono essere sovvertiti o modificati nel loro contenuto neppure da leggi di revisione costituzionale o da altre leggi costituzionali. LEGGE ORDINARIA La legge ordinaria è una legge approvata da un’assemblea legislativa all’esito di una procedura non aggravata. In Italia il potere legislativo spetta al Parlamento, alle regioni a statuto ordinario e alle regioni a statuto speciale. Le regioni esercitano il loro potere legislativo attraverso i propri consigli. Le leggi ordinarie approvate dal Parlamento sono denominate leggi. Sono invece denominate leggi regionali quelle approvate dai consigli regionali e leggi provinciali quelle approvate dai consigli provinciali di Trento e Bolzano. Il procedimento della legge ordinaria: Il procedimento legislativo è avviato da uno dei soggetti ai quali è attribuito il potere legislativo come spiegato in precedenza. Bisogna presentare un progetto di legge a una delle due camere. Il progetto di legge prende il nome di disegno di legge se proviene dal Governo e di proposta di legge se proviene da un altro soggetto. Una decisione del Parlamento deve diventare a seguito di un preciso procedimento, cioè diversi atti giuridici devono essere compiuti. Per approvare una legge ordinaria, c’è bisogno dell’approvazione delle due Camere, perché in Italia vige il sistema bicamerale. Il procedimento si trova negli art.71-74 della Costituzione e comprendono le seguenti fasi: - Iniziativa; - Discussione e approvazione; - Promulgazione; - Pubblicazione DISCUSSIONE E APPROVAZIONE: Il procedimento può avvenire indifferentemente dalla Camera dei deputati e dalla Camera del Senato. Quando la prima camera avrà approvato la legge, deve mostrarla alla seconda camera che inizierà la discussione da capo. Se la seconda camera approva la legge con alcune modifiche, dovrà rimandarlo alla prima perché lo approvi nella versione nuova. Lo stesso testo deve essere ugualmente approvato dalle due camere. Procedimento ordinario: La commissione competente per materia esamina e discute il progetto di legge, potendo anche apportare modifiche al testo originario con alcuni emendamenti di tipo: soppressivi, modificativi e infine aggiuntivi. L’aula procede ad una preliminare discussione sulle linee generali che si conclude con la presentazione e votazione di ordini del giorno. Nel corso dell’esame, la commissione trasmette il progetto di legge all’assemblea. In assemblea viene prima dibattuto il tenore generale del progetto di legge per porre fine all’iter di approvazione, poi procede alla votazione. Il voto di regola è palese ed è richiesta una forma di maggioranza semplice, ovvero il 50% più 1 dei presenti. Procedimento decentrato: Questo procedimento è descritto nell’art.72 della Costituzione italiana. In questo procedimento il testo di legge non passa in assemblea, ma viene approvato direttamente dalla Commissione in sede deliberante. Qui è più facile trovare l’accordo ma ci sono due garanzie: - garanzia della rimessione in aula; - garanzia delle materie comunque riservate al procedimento ordinario. (Sede deliberante: svolto all’interno della commissione competente, escludendo l’intervento dell’Assemblea) Procedimento misto: In questo caso la commissione in sede redigente esamina e discute il progetto di legge, lo approva articolo per articolo. Il procedimento è disciplinato dai regolamenti parlamentari. L’assemblea invece si limita alla votazione sul testo potendolo solo respingere o approvare, senza possibilità di emendamenti. (Sede redigente: la commissione svolge il compito di formulare un testo semi- definitivo. L’aula quindi voterà senza possibilità di proporre e votare). L’articolo 73 prevede che i regolamenti parlamentari possono prevedere procedimenti abbreviati per i progetti di legge urgenti, e sono in questo caso ridotti i tempi per le diverse fasi del procedimento legislativo. PROMULGAZIONE (FASE PERFETTIVA) La legge approvata da entrambe le Camere è promulgata dal Presidente della Repubblica e successivamente pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. Le leggi entrano in vigore entro 30 giorni dall’approvazione della legge. Questo arco di tempo è chiamato Ratio della Vacatio legis, per permettere ai cittadini di orientare i loro comportamenti, di venire a conoscenza del contenuto della legge prima che essa produca i suoi effetti. Una volta promulgata, la legge viene pubblicata sulla gazzetta ufficiale ad opera del ministro del giustizio che oppone il suo visto. Dopo 15 giorni dalla pubblicazione, la legge entra in vigore, a meno che essa stessa non preveda altro termine. LEGGI ATIPICHE E RINFORZATE Si definiscono atipiche le leggi dotate di una peculiare forza, ovvero capacità di innovare l’ordinamento giuridico attraverso l’abrogazione, la modifica o la deroga delle disposizioni normative vigenti, forza attiva, o di resistere all’abrogazione, modifica, deroga da parte di altre fonti, forza passiva. Le leggi atipiche comprendono diverse tipologie di fonti: possono essere meramente formali o leggi non abrogabili mediante referendum abrogativo. Fanno parte delle leggi atipiche, le leggi rinforzate, per la cui adozione è richiesto un procedimento diverso sia da quello previsto per le leggi ordinarie sia da quello aggravato per le fonti costituzionali. Esse sono decreto nella Gazzetta Ufficiale. Se il referendum ha effetti sfavorevoli all’abrogazione, non può proporsi la stessa prima che siano trascorsi cinque anni. REGOLAMENTI PARLAMENTARI Un regolamento parlamentare è l’atto normativo con il quale la camera di un parlamento disciplina la propria organizzazione interna ed il proprio funzionamento. Ciascuna Camera adotta il proprio regolamento a maggioranza assoluta dei suoi componenti; esercita separatamente il potere di autorganizzazione. I regolamenti contengono norme primarie che non sono né subordinate né sovraordinate alle leggi, bensì hanno una competenza riservata dalla Costituzione, infatti una legge che cerca di sostituirvi o di modificarli sarebbe incostituzionale. Cosa disciplinano i regolamenti parlamentari? La Costituzione riserva a ciascuna Camera del Parlamento la disciplina relativa all’organizzazione e al funzionamento interno nonché parte della disciplina del procedimento legislativo. Inoltre disciplinano i rapporti che il Parlamento instaura con gli organi esterni, ad esempio con i membri del Governo. Con i regolamenti si stabiliscono: - Le regole di comportamento di deputati e senatori - Le regole di organizzazioni degli organi interni di ciascuna camera - Le regole con cui gli organi operano - Le regole che disciplinano i rapporti tra camere e il personale dipendente o soggetti esterni Evoluzione dei regolamenti parlamentari: 1971-1988 c’era un parlamentarismo compromissorio; il voto era segreto. Dal 1988 la regola voleva un voto palese e aumentarono i poteri del Governo in Parlamento. 2017 ci fu una riforma del regolamento del Senato che stabiliva norme di anti frammentazione dei gruppi e modificò la regola del compito degli astenuti. 2022 ci fu un’altra riforma del regolamento del Senato dopo la riduzione del numero dei parlamentari. LE FONTI REGIONALI Le fonti regionali sono: - Statuto regionale - Leggi regionali; - Regolamenti regionali STATUTO REGIONALE: La principale fonte dell’ordinamento regionale è costituita dallo Statuto, atto che disciplina la propria organizzazione ed il proprio funzionamento per tutte le attività non regolate direttamente dalla Costituzione. Bisogna innanzitutto fare una distinzione fra lo Statuto delle Regioni ordinarie e lo Statuto delle Regioni speciali. Gli Statuti delle 5 regioni speciali hanno forma e sostanza di leggi costituzionali, hanno un ambito territoriale e possono derogare alla Costituzione solo se ciò sia necessario per garantire alle regioni forme e condizioni particolari di autonomia. Gli Statuti delle regioni ordinarie invece devono essere approvati dal Consiglio regionale con legge adottata a maggioranza assoluta dei suoi componenti. Gli Statuti sono fonti sovraordinate rispetto alle leggi ordinarie delle regioni. Statuto delle regioni ordinarie: Una regione italiana a statuto ordinario è una regione della Repubblica italiana avente uno statuto. Le forme e condizioni di autonomia sono stabilite dalla Costituzione e lo statuto ordinario di queste regioni viene approvato con legge regionale statuaria. Lo Statuto ordinario è la fonte primaria regionale e viene descritto nell’art.123 della Costituzione. Va a disciplinare e regolamentare una serie di norme che vanno a definire la forma di governo delle Regioni; decide la forma di governo regionale; definisce i principi fondamentali di organizzazione e di funzionamento; definisce il diritto di iniziativa legislativa e di referendum sulle leggi e provvedimenti amministrativi regionali; definisce la pubblicazione delle leggi e di regolamenti regionali. Le regioni a Statuto ordinario sono 15, tra queste vi sono ad esempio Puglia, Piemonte, Abruzzo ecc.. Lo statuto di queste Regioni è una legge regionale rinforzata nel procedimento con efficacia rispetto alle altre leggi regionali. Le disposizioni dello statuto prevalgono in caso di contrasto sulle leggi regionali e prima di entrare in vigore, lo statuto può essere sottoposto al controllo della Corte costituzionale. Statuto delle regioni speciali: Una regione a statuto speciale è una regione italiana che gode di particolari forme e condizioni di autonomia. In Italia ci sono 5 regioni di questo tipo: Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Trentino. La principale differenza con il primo Statuto è che questo è adottato con legge costituzionale. Nelle regioni a statuto speciale vengono previsti tre tipi di potestà legislativa:  Potestà esclusiva ovvero il complesso di attribuzioni che spettano ad un soggetto laddove sia previsto che esso sia il solo titolare della facoltà;  Potestà legislativa concorrente, ovvero quella normativa disciplinante una certa materia di competenza sia statale che regionale;  Potestà integrativa e attuativa che permette alle Regioni di creare norme su determinate materie. Il procedimento di approvazione dello Statuto regionale è più complesso rispetto a quello richiesto per la legge regionale. L’art.123 infatti, prevede che la legge dello statuto sia approvata mediante due deliberazioni successive adottate ad intervallo non minore a due mesi e occorre una maggioranza assoluta. Inoltre l’art. precisa un limite dello statuto, cioè che la disciplina in esso contenuto debba essere conforme alla Costituzione. LEGGI RAGIONALI: La Costituzione attribuisce alla Regione la potestà di adottare atti aventi valore di legge ordinaria con un’efficacia limitata al solo territorio regionale. Le leggi regionali vengono approvate da un organo competente che è il Consiglio regionale. Le leggi regionali seguono un iter legis che articola in diverse fasi: - Fase d’iniziativa: è la fase in cui si presenta un disegno di legge e questo spetta ai singoli consiglieri regionali, alla Giunta regionale, ai consigli provinciali e comunali (solo per le regioni a statuto speciale) e dal corpo elettorale; - Fase istruttoria: spetta alle Commissioni Consiliari in sede referente; - Fase deliberativa: la legge viene discussa in Consiglio e viene votata articolo per articolo. Infine è votata nel suo complesso, con la votazione finale. - Fase integrativa dell’efficacia: la legge approvata, viene promulgata dal Presidente della Giunta Regionale e pubblicata sul bollettino Ufficiale Regionale. Per le leggi regionali, l’art.117 prevede tre forme di competenza: Competenza esclusiva dello Stato: le materie elencate richiedono una disciplina su tutto il territorio nazionale, come ad esempio: organizzazione dello Stato, sicurezza dello Stato, rapporti internazionali…; Competenza concorrente: sia le regioni che lo Stato possono intervenire. Lo Stato detta i principi fondamentali, mentre le regioni regolano le materie nella parte in dettaglio. Le materie presenti in tale sezione necessitano una disciplina di base generale e omogenea; Competenza residua: le materie non elencate in precedenza sono di esclusiva competenza regionale. REGOLAMENTI REGIONALI: Sono atti che servono a dare esecuzione o l’attuazione delle leggi regionali e statali. I regolamenti del potere esecutivo comprendono i regolamenti governativi, ministeriali e interministeriali che devono trovare fondamento in una legge. I regolamenti sono proposti dai ministri competenti per materia e sono deliberati dal Consiglio dei ministri. Essi poi sono sottoposti a dare un parere. Il regolamento è poi mandato a controllo di legittimità dalla Corte dei Conti. I regolamenti sono di vario tipo: - Regolamenti di esecuzione delle leggi, dei decreti legislativi e dei regolamenti comunitari che sono adottati per specificarne il contenuto. Questo tipo di reg. sono in posizione accessoria, strumentale e servente dato che servono a migliorare l’esecuzione della disciplina; - Regolamenti di attuazione di integrazione delle leggi e dei decreti recanti norme di principio: sono innovativi e non possono intervenire nelle materie coperte da riserva di legge; - Regolamenti indipendenti: questi regolamenti intervengono nei settori privi di disciplina legislativa; - Regolamenti di organizzazione: disciplinano tutto ciò che riguarda il personale, le strutture e il funzionamento degli uffici pubblici; - Regolamenti autorizzati: si tratta di una forma particolare che è adottato sulla base di leggi che delegano un successivo regolamento ad intervenire in materie non coperte da riserva assoluta. La legge ne fissa i principi generali e dispone che l’entrata in vigore di questo tipo di regolamenti debba comportare l’abrogazione delle norme di legge vigenti. - Regolamenti ministeriali e interministeriali: sono adottati o dal singolo ministro o dai ministri competenti e assumono la forma del decreto ministeriale o interministeriale. Per questo tipo di regolamenti occorre il controllo del consiglio di Stato e della Corte dei Conti. Diritto primario: Appartengono i trattati istitutivi dell’UE con eventuali modifiche e sono al vertice del sistema normativo comunitario. Questo tipo di trattati delineano la struttura e la articolazione istituzionale dell’unione; fissano le regole di convivenza. Le norme di questi trattati possono produrre effetti diretti se possono incidere sul singolo. I trattati istitutivi dell’UE sono trattati internazionali perché l’ordinamento comunitario riconosce uno statuto giuridico che gli permette di avere prevalenza sul diritto nazionale e contiene norme che esprimono una cessione volontaria di sovranità dello stato italiano a vantaggio dell’organizzazione internazionale. Diritto derivato: Fanno parte i regolamenti che hanno una portata generale e sono obbligatori in tutti gli elementi e applicabili in tutti gli stati. Sono capaci di vincolare tutti i cittadini dell’UE; le direttive che vincolano lo stato a cui sono rivolte. Non hanno diretta applicabilità e hanno obiettivi generali. Inoltre sono successive ad un atto legislativo nazionale; le decisioni sono obbligatorie in tutti i loro elementi e vincolano solo i destinatari; raccomandazioni e pareri che non sono vincolanti, ma sollecitano gli stati a optare verso alcune decisioni. 10) IL PARLAMENTO Il Parlamento può essere definito come il luogo in cui siedono coloro che, attraverso le elezioni, sono stati scelti come rappresentanti dei cittadini al fine di esercitare la funzione legislativa e di contribuire all’adozione dell’indirizzo politico. Nel mondo i parlamenti si presentano con caratteri diversi. Si distinguono in: - Monocamerali: Cina, Corea, Nuova Zelanda; - Bicamerali: presenti in Germania, Giappone, Regno Unito e Italia. Questo tipo di parlamento contiene due Camere che sono diversificate. Di solito è presente una Camera bassa che rappresenta il corpo elettorale e ha un ruolo decisivo e prevalente nella produzione normativa. La seconda camera è detta Camera alta che svolge un ruolo di ponderazione rispetto alle scelte della camera bassa. Ha una funzione di controllo sospensivo e perciò definita anche come Camera di Raffreddamento. Il Parlamento del sistema italiano è un’eccezione perché è caratterizzato da un bicameralismo perfetto che vede le due Camere in modo analogo svolgere le stesse funzioni Le elezioni si svolgono in collegi elettorali divisi in: - Collegi uninominali: quando per ogni collegio viene messo in gioco un solo seggio - Collegi plurinominali: quando vengono messi in gioco due o più seggi I SISTEMI ELETTORALI Sono i meccanismi attraverso i quali il corpo elettorale sceglie i propri rappresentanti. Tramite la formula elettorale si evince il modo in cui i voti espressi dagli elettori si trasformano in seggi. Ogni legge deve trovare un equilibrio tra: - Governabilità: ovvero la capacità della legge elettorale di creare assemblee in grado di avere maggioranze solide assicurando governi stabili - Rappresentatività: ovvero la più ampia corrispondenza tra orientamenti politici dei cittadini e quelli presenti nelle assemblee elettive I sistemi che troviamo sono: Sistemi maggioritari puri: Prevedono che il seggio o i seggi vengano attribuiti unicamente alla forza politica che ha ottenuto il maggior numero di voti all’interno dello stesso collegio. Questo sistema garantisce meglio la governabilità perché fa si che venga scelto il soggetto che ha ricevuto il maggior numero di consensi, pur non avendo necessariamente un numero elevato di consensi. Sistemi proporzionali puri: Che determinano la ripartizione sulla base dei voti che ciascuna forza politica ha ottenuto, garantendo anche alle componenti minoritarie di ottenere la rappresentanza in parlamento. Questo sistema garantisce maggiormente la rappresentatività perché rispecchiano gli orientamenti politici del paese, ma conducono alla formazione di assemblee politicamente divise. Questi sistemi però possono essere visionati da sistemi misti che attenuano gli effetti distorsivi del sistema maggioritario e dall’uso dei correttivi che attenuano la frammentazione dovuta ai sistemi proporzionali. Un esempio di correttivo è la soglia di sbarramento che consente di partecipare alla distribuzione dei seggi solo alle forze politiche che hanno raggiunto una minima percentuale di voti. Un altro correttivo è il premio di maggioranza grazie al quale la forza che ha raggiunto più voti ottiene una quota aggiuntiva di seggi che può permettere l’agevolazione del raggiungimento della maggioranza e permette alla forza politica di essere quella trainante e di riferimento. Nei sistemi maggioritari, le elezioni possono svolgersi sia in uno che in doppio turno, generalmente conosciuto come Ballottaggio in cui i candidati più votati al primo turno possono partecipare al secondo turno a cui seguirà l’attribuzione dei seggi. Nell’ambito dei sistemi plurinominali, il voto espresso avviene tramite Preferenze e prevede che i cittadini indichino direttamente chi vogliono eleggere e il voto per le liste bloccate. 11) L’ELEZIONE DEL PARLAMENTO ITALIANO DAL PROPORZIONALE AL MATTARELLUM La Costituzione non presenta nessuna scelta legata al sistema elettorale perché i costituenti decisero di riservare tale disciplina alla legge ordinaria per evitare di irrigidire il sistema elettorale che poteva necessitare di modifiche rapide. L’unica norma presente che descrive le modalità di elezione del Parlamento italiano è l’art.57 che dispone che l’elezione dei componenti del Senato deve avvenire su base regionale. In passato i costituenti decisero con due leggi ordinarie di adottare per entrambi i rami del Parlamento, sistemi elettorali proporzionali senza correttivi. In questo modo i partiti politici presero sempre più piede diventando il centro della politica. Tra la fine degli anni 80 e l’inizio degli anni 90, la centralità dei partiti subì una forte crisi dovuta al mutamento globale dopo il dopoguerra e nei comportamenti degli stessi partiti e infatti sono stati il centro di episodi di corruzione gravi. I sistemi proporzionali rimasero in vigore fino a quando, nel 1993, ci fu un referendum abrogativo che decretò la fine della stagione proporzionale. Venne formato un nuovo sistema elettorale chiamato Mattarellum, dal nome del suo proponente. Il sistema previsto era misto, ma maggioritario in prevalenza. Questo sistema prevedeva che: - Sia alla Camera che al Senato doveva essere attribuito il 75% dei seggi in collegi uninominali nei quali veniva applicato il sistema maggioritario - Il restante 25% dei seggi doveva essere ripartito con alcuni correttivi su base proporzionale. Lo scopo era che i voti che risultassero decisivi per il collegio uninominale non venissero contagiati dalla lista a cui apparteneva il vincitore del collegio. In questo modo dovevano essere favoriti i partiti minori Questo sistema però non funzionò perché i partiti invece di collegare i candidati nel sistema maggioritario, collegavano i candidati nel maggioritario a liste fittizie. Questo sistema elettorale è stato applicato alle elezione del 1994 e 2001. LA STAGIONE DEL PROPORZIONALE CON PREMIO DI MAGGIORANZA E LA SUA INCOSTITUZIONALITA’ Nel 2005 ci fu una legge, n.270, che andò a modificare significativamente il sistema elettorale. Si decise di tornare ad un sistema proporzionale con l’aggiunta di correttivi che lo hanno reso sostanzialmente maggioritario. Vennero previste soglie di sbarramento al 4% alla Camera e l’8% al Senato per le liste singole, mentre per le coalizioni erano previste soglie al 2 e al 3%. Era previsto un premio di maggioranza per la lista non coalizzata e per la coalizione che avesse ottenuto il maggior numero di voti, ma non sufficienti per ottenere il 55%. Il voto avveniva tramite liste bloccate lunghe, che consentivano all’elettore il voto per la sola lista senza che questi potesse indicare la preferenza. Da subito, però, questo tipo di sistema subì delle critiche e venne soprannominato “Porcellum” (porcata). Perché? Perché il metodo di assegnazione del premio di maggioranza risultò irragionevole rendendo difficoltosa la governabilità. Infatti, alla Camera il premio era attribuito su base nazionale e consentiva di ottenere una lista di 340 seggi. Al Senato invece il premio veniva distribuito su base regionale. Come veniva distribuito su base regionale? In ogni regione era a disposizione un premio regionale che consentiva di ottenere il 55% dei seggi messi in palio in ogni singola Regione. Nelle singole regioni il premio poteva essere conseguito da liste tra loro diverse. Quindi si concretizzava un rischio che la forza politica che avesse ottenuto la maggioranza alla Camera dovesse 12) I PRINCIPI GENERALI IL BICAMERALISMO PERFETTO Il sistema bicamerale perfetto è stato il frutto di un compromesso emerso fra le due fazioni politiche durante i lavori dell’Assemblea costituente: le sinistre sostenevano un modello monocamerale garantendo la sovranità popolare che non avrebbe subito condizionamento da una camera non rappresentativa, mentre gli esponenti liberali e cattolici optarono per un modello bicamerale che avrebbe garantito l’integrazione della rappresentanza popolare. Il bicameralismo perfetto avrebbe garantito la presenza di un Senato considerato come una camera di raffreddamento eletto dal popolo. I costituenti, così, optarono per un Parlamento composto da: - Camera dei deputati - Senato della Repubblica Le differenze fra le camere sono di scarso rilievo: - Differenza fatta sulla durata: l’art.60 prevedeva che la Camera avesse durata 5 anni mentre il Senato 6, ma tale differenza fu eliminata perché si parificò la durata di entrambe a 5 anni - Differenza tra il numero di componenti: Camera dei deputati composta da 400 membri, di cui 8 eletti nella circoscrizione estero. Camera del Senato formata da 200 membri, di cui 6 in circoscrizione estero. È possibile eleggere come deputati i cittadini di anni non inferiori a 25 anni e sono elettori della Camera tutti coloro che hanno raggiunto la maggior età. Per essere senatori, invece, occorre aver compiuto 40 anni e ne sono elettori i cittadini di almeno 25 anni. All’interno del Senato vi sono senatori non eletti, ovvero i senatori a vita e sono coloro che hanno rivestito la carica di presidenti della Repubblica e hanno illustrato la patria per altissimi meriti in campo sociale, scientifico, artistico e letterario. La nomina di quest’ultimi spetta al presidente e non può superare i 5 Il modello del bicameralismo perfetto presenta diverse critiche: avendo due camere le stesse funzioni, c’è un appesantimento del potere decisionale perché esse devono decidere su un unico testo e questo porta ad un sistema poco efficiente. Il testo di legge passa da Palazzo Montecitorio a Palazzo Madama sino a quando deputati e senatori non si sono definitivamente espressi sul medesimo testo. DURATA DELLA LEGISLATURA, PROROGA E PROROGATIO L’art.60 indica in 5 anni, la durata ordinaria della legislatura delle due camere. Spesso le camere vengono sciolte dal presidente anticipatamente, nei casi in cui non si sia capaci di creare una maggioranza solida in grado di far nascere un governo. l’art. continua dicendo che in caso di guerra, può essere prorogata la durata delle camere e così viene anche allungata la legislatura. La proroga non deve confondersi con la prorogatio che si verifica naturalmente e automaticamente al termine di ogni legislatura. Tra la fine di una legislatura e l’inizio di un’altra, può decorrere un periodo pari sino a 90 giorni. L’art.61 dispone che le elezioni debbano svolgersi entro 70 giorni dallo scioglimento delle camere e le nuove camere devono riunirsi entro 20 giorni dall’esito delle elezioni. In questo periodo si ha la prorogatio: ovvero che nell’attesa che le nuove camere assumano pieni poteri, si protraggono quelli delle precedenti, perché nel nostro ordinamento non si possono avere interruzioni del potere legislativo in virtù del principio di continuità del parlamento, secondo cui l’organo deve sempre potersi riunire e prendere decisioni. Durante il periodo di prorogatio però, quali sono i poteri delle camere? Sicuramente non hanno pieni poteri e non possono compiere atti di ordinaria amministrazione come eleggere il presidente della Repubblica; possono però, secondo l’art.77, riunirsi entro 5 giorni per dare avvio al procedimento della legge di conversione del decreto-legge. AUTONOMIA DEL PARLAMENTO Una delle caratteristiche del Parlamento è la sua autonomia, cioè la facoltà di darsi da solo le regole di comportamento e azione. Quindi l’autonomia del Parlamento è quella capacità di autodeterminarsi, auto organizzarsi e amministrarsi liberamente. L’autonomia è espressa in diverse forme: - Autonomia regolamentare: ovvero che le Camere possono approvare il proprio regolamento a maggioranza assoluta dei componenti secondo l’art.64 della Costituzione. questo regolamento riguarda l’organizzazione interna; - Autonomia organizzativa e funzionale: la possibilità delle Camere di organizzarsi liberamente internamente; - Autonomia finanziaria o contabile: ovvero la possibilità delle Camere di approvare un proprio bilancio e gestire i propri fondi. - Autonomia amministrativa: ovvero la possibilità di reclutare i dipendenti e di organizzare i propri uffici; - Immunità della sede: quest’autonomia impedisce alla forza pubblica di entrare nelle sedi parlamentari senza consenso dell’assemblea e impedisce ad altre autorità di imporre coattivamente i propri regolamenti rivolti al parlamento. Infatti nessun membro esterno può accedere alle camere. Gli operatori di stampa sono in apposite tribune senza turbare lo svolgimento dei lavori; - Autodichia: significa giustizia domestica. Tale autonomia permette alle Camere di prendere provvedimenti relativi alla carriera dei loro dipendenti e relativi alla risoluzione di eventuali controversie METODI PER ACEDERE, RIMANERE TITOLARI DELLA CARICA PARLAMENTARE A seguito delle elezioni, i candidati eletti vengono dichiarati deputati dall’ufficio circoscrizionale centrale o senatori dall’ufficio elettorale regionale. L’eletto non ha posizione definitiva sino a quando la camera di appartenenza non effettua la convalida e questo lo fa attraverso due funzioni: verificano prima la correttezza dell’operazione elettorale e poi accertano la titolarità della capacità elettorale passiva, ovvero se l’eletto abbia requisiti di eleggibilità, compatibilità e candidabilità. La convalida si svolge in due fasi: 1. La giunta delle elezioni effettua il controllo di deliberazione, ovvero verifica i documenti elettorali. In questa fase è possibile un controllo di revisione dei documenti. Continuando poi, la giunta propone la convalida o la contestazione dell’elezione. La decisione finale spetta all’assemblea, con differenze tra le due Camere: al Senato l’assemblea voterà solamente in caso di proposta di 20 deputati o senatori, in caso contrario la proposta della giunta si riterrà approvata. Alla Camera si svolge lo stesso procedimento solo per le questioni legate ad accertamenti numerici 2. Nella seconda fase si verificano le cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità, ma si deve accettare la presenza di eventuali cause preclusive sulla permanenza in carica del parlamentare. Il procedimento è identico al precedente LO STATUS PARLAMENTARE Dopo aver analizzato come si accede alle camere e in che modo si rimane titolari della carica parlamentare, occorre spiegare meglio quale esse siano. L’art.51 garantisce a tutti i cittadini la possibilità di accedere alle cariche elettive, ma si attribuisce alla legge statale il compito di determinare i casi di ineleggibilità, incandidabilità e incompatibilità secondo l’art.65. Ineleggibilità: Condizione che non consente al candidato di essere eletto parlamentare. Prima causa riguarda l’età, perché bisogna aver compiuto 25 anni per essere deputato e 40 per essere senatore. Non sono eleggibili i titolari di alcune cariche elettive come i presidenti di giunte provinciali o sindaci di comuni di almeno 20mila abitanti; i titolari di alcuni uffici pubblici come magistrati, capo e vice della polizia, ispettori generali di pubblica sicurezza, prefetti e vice, funzionari di pubblica sicurezza, ufficiali e generali, ammiragli, ufficiali superiori delle forze armate. Incompatibilità : Condizione per cui se un eletto parlamentare ricopriva un’altra carica, deve scegliere se mantenerla o acquisire il mandato parlamentare. Questo limite non rende nulla l’elezione, ma obbligo del candidato ad effettuare la scelta entro 30 giorni dalla proclamazione. Ad esempio è incompatibile la funzione di senatore con quella di deputato; la funzione di parlamentare e la carica di presidente; giudice costituzionale. Incandidabilità: Condizione per alcuni soggetti di non potersi candidare, ovvero coloro che sono stati condannati a 3 tipi di reati: reati di maggiore allarme sociale per i quali si è stati reclusi per più di due anni; reati contro la pubblica amministrazione per i quali si è stati reclusi per più di due anni; reati per cui è prevista la pena minima di 4 anni. Queste condizioni precludono al soggetto la possibilità di candidarsi e a differenza delle altre due condizioni, quella dell’incandidabilità non è sanabile. GARANZIE PARLAMENTARI Le garanzie parlamentari sono l’insindacabilità e l’inviolabilità e sono note come guarentigie o immunità secondo l’art 68. Si tratta di istituti che devono garantire l’indipendenza del Parlamento, e solo tutelando i singoli membri si può garantire la sovranità popolare. Insindacabilità: Dispone che i membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse dei voti nell’esercizio delle loro funzioni, quindi il parlamentare non potrà essere oggetto di un’azione giudiziaria se votato o dichiarato. Inviolabilità: Riguarda invece il fatto che un parlamentare, senza autorizzazione delle camere, non può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, arrestato o privato della sua libertà personale. Per poter processare un parlamentare, occorre richiedere autorizzazione a procedere da parte della Camera di appartenenza. quest’autorizzazione deve essere fatta in caso di: arresto, limite della libertà personale, intercetto di telefonate o corrispondenza di un parlamentare. Indennità: Prevista dall’art. 69 della Costituzione. La sua identità deve essere stabilita dalla legge. I parlamentari ricevono una indennità di ottimo livello; secondo quanto si legge sul sito della Camera l’indennità netta mensile dei deputati ammonta a circa 5.000€, poi si deve aggiungere una diaria a titolo di rimborso per le spese di soggiorno a Roma fino ad un massimo di 3.500€ mensili, nonché i rimborsi per le spese di trasporto, telefoniche e per quelle relative allo svolgimento del mandato. Questo mira ad ottenere obiettivi importanti: - Consente che anche chi non è titolare di rendite indipendenti dallo svolgimento di un lavoro possa attendere alla funzione parlamentare esclusivo riferimento alla materia di competenza. Tra le commissioni temporanee ci sono quelle d’inchiesta previste dall’art.82 che possono disporre argomenti di materie di pubblico interesse e possono monocamerali e bicamerali. L’obbiettivo delle commissioni di inchiesta è di indagare su questioni di interesse della collettività per permettere conoscenza del fenomeno indagato, cercare responsabilità politiche e informazioni da usare in future iniziative parlamentari. Tra le più famose commissioni di inchiesta esiste quella bicamerale sul fenomeno mafioso e sulle associazioni criminali. Giunte parlamentari: Altri organi delle camere sono le giunte parlamentari che non sono previste dalla Costituzione come le commissioni, ma hanno il loro fondamento nei regolamenti. Il regolamento delle camere prevede 3 giunte: giunta per il regolamento, per le elezioni e per le autorizzazioni. Per il regolamento del senato invece si prevede la giunta per il regolamento e la giunta per le elezioni e delle immunità parlamentari. I membri delle giunte sono nominati direttamente dai presidenti di assemblea e devono rispettare il principio di rappresentatività. La giunta per il regolamento, propone ed esamina le modifiche dei regolamenti ed esprime pareri sull’interpretazione di essi. IL PARLAMENTO I SEDUTA COMUNE Nonostante le due camere esercitano la loro funzione autonomamente, è previsto dall’art.55 che in alcuni casi il parlamento si riunisca e deliberi in seduta comune. Questo avviene: - Per l’elezione, il giuramento e la messa in stato di accusa dal presidente della repubblica - Per l’elezione di 5 giudici costituzionali - Per l’elezione di un terzo dei componenti del consiglio superiore della magistratura - Per l’elezione dei cittadini che comporranno l’elenco dal quale estrarre i giudici chiamati a integrare la Corte Costituzionale nei giudizi di accusa del presidente Il Presidente in seduta comune è presieduto dal Presidente della Camera e si riunisce nella Camera dei deputati. I regolamenti parlamentari prevedono che il Parlamento in seduta comune sia disciplinato dal regolamento della camera, ma è possibile che vengano date norme ad hoc. Il Parlamento in seduta comune ha avuto diverse critiche perché considerato come un collegio imperfetto, simile ad un seggio elettorale o ad un organo accusatorio, privo dei poteri sostanziali che un organo perfetto dovrebbe avere. Oggi però, il parlamento in seduta comune, appare come un collegio perfetto che distingue le due camere. LE FUNZIONI PARLAMENTARI Alle due Camere spettano la funzione legislativa, di revisione costituzionale, di indirizzo, di controllo e di informazione, la funzione giurisdizionale e la funzione amministrativa. Funzione legislativa: Ovvero funzione esercitata collettivamente dalle due Camere. Significa che dovranno esprimersi sul medesimo testo di legge che è una conseguenza del bicameralismo perfetto. L’iniziativa legislativa spetta al: - Al Governo; - A ciascun deputato o senatore; - A 50.000 elettori; - Al Consiglio nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL); - A ciascun Consiglio Regionale. Funzione ispettivo-finanziaria: Il Parlamento approva i bilanci dello Stato, predisposti dal Governo. Funzione di indirizzo politico: Ha lo scopo di determinare e perseguire le linee fondamentali di sviluppo dell’ordinamento, sia in materia nazionale che estera. Lo svolgimento di tale funzione ha origine nell’approvazione della fiducia iniziale che viene data al governo con nozione motivata. Il Parlamento attribuisce concretezza all’esercizio della funzione mediante mozioni, risoluzioni e ordini del giorno. Tra le leggi che influiscono in questa funzione, vi sono quelle dell’art.81 che disciplina la procedura di bilancio preventivo dello stato e il rendiconto consuntivo presentato dal governo. Con le mozioni, un numero minimo di parlamentari apre una discussione e promuove una deliberazione all’assemblea su un certo tema: se la mozione fosse approvata, il governo dovrebbe agire in un determinato modo su uno specifico tema. Funzione di controllo: Il Parlamento esercita sul governo una funzione di controllo che può essere operata sia dalle forze di maggioranza che di opposizione. Le prime verificano che le azioni esecutive svolte siano corrispondenti al programma su cui il governo ha ricevuto la fiducia da parte del Parlamento. Le forze di opposizione, invece, verificano come il governo affronti questioni di interesse generale. Gli strumenti con cui si svolge la funzione di controllo, sono l’interrogazione e l’interpellanza. Con la prima un parlamentare può chiedere per iscritto al governo informazioni su una determinata questione. il governo può rispondere oralmente o in forma scritta. L’interpellanza viene invece richiesta da più parlamentari che prevedono la presentazione dell’interpellante, la risposta del governo, la replica e un eventuale presentazione di una mozione che prospetti una linea politica differente da quella governativa. 14) IL GOVERNO La Costituzione detta poche disposizioni sul governo, dall’articolo 92 al 96. E’ un organo molto complesso e la differenza rispetto al Parlamento è che il Parlamento è l’organo legislativo che produce le leggi mentre il Governo è l’organo esecutivo che da esecuzione alle leggi. E’ anche organo di direzione, di impulso, di indirizzo della vita politica ed è composto solo da uomini della maggioranza. Ai sensi dell’art.95 il governo è l’organo costituzionale che determina l’indirizzo politico del paese ed è titolare di numerose e importanti funzioni amministrative e titolare di parziale funzione legislativa. COMPOSIZIONE E FUNZIONE DEL GOVERNO Il Governo è un organo complesso composto da organi necessari: - Presidente del Consiglio dei ministri; - Ministri con portafoglio, organi individuali al vertice dei singoli ministeri/dicasteri; - Consiglio dei ministri Gli organi non necessari sono stati introdotti prima via prassi e poi sono stati disciplinati da una legge per rendere funzionale l’attività governativa. Gli organi non necessari sono: - Vicepresidente del consiglio: ha una funzione suppletiva ed è nominato in governo di coalizione per garantire visibilità al partito distinto da quello del presidente. Sono nominabili più vicepresidenti e la proposta spetta al presidente mentre la delibera al consiglio; - Ministri senza portafoglio: sono ministri non preposti ad un ministero, ma sono responsabili di un dipartimento o incaricati di svolgere funzioni con delega. Siedono nel consiglio e sono soventi le figure del ministro degli affari reginali e per i rapporti con il Parlamento; - Sottosegretari di stato: sono nominati per affiancare il singolo ministro senza partecipare alle riunioni. Esercitano i loro compiti mediante delega e possono intervenire come rappresentanti per sostenere la discussione secondo le direttive del ministro rispondendo a interrogazioni e interpellanze; - Viceministri: sono sottosegretari ai quali sono conferite deleghe relative all’area di competenza di una o più strutture dipartimentali. Possono partecipare al consiglio, ma senza diritto di voto e non possono essere più di 10; - Commissari straordinari di governo: sono nominati se si rende necessario il perseguimento di obiettivi o si presentano temporanee esigenze di coordinamento fra amministrazioni; - Consiglio di gabinetto: può affiancare il presidente del consiglio nell’esercizio delle sue competenze; - Comitati interministeriali: organi collegiali composti da ministri dotati di competenza trasversali sull’oggetto del comitato. Hanno una natura permanente e competenze su deliberazione; - Comitati di ministri: possono essere istituiti dal presidente del consiglio per esaminare in via preliminare questioni di comune competenza, esprimere pareri su direttive dell’attività governativa governo anche quando c’è una mancata maggioranza all’inizio di una legislatura che impedisce la formazione di un nuovo governo. Tra crisi di governo si distinguono: - La crisi parlamentare: determinata dall’approvazione di una mozione di sfiducia o dal voto contrario alla questione di sfiducia posta al governo - La crisi extra parlamentare: si apre in conseguenza di una crisi politica all’interno della maggioranza che sostiene il governo a causa della quale quest’ultimo non ha la possibilità di far approvare i provvedimenti necessari alla propria azione. Questo tipo di crisi sono determinate dalle dimissioni spontanee del presidente del consiglio PUBBLICA AMMINISTRAZIONE I ministri con portafoglio sono membri del Governo e hanno un ruolo di direzione politica. Questa duplicità di funzioni consente di mantenere una certa coerenza tra l’indirizzo politico e l’attività amministrativa. I ministeri: - Costituiscono una parte rilevante della pubblica amministrazione - Sono intesi come insieme di mezzi, uomini e uffici - Sono strutture organizzative dell’amministrazione centrale dello Stato - Hanno il compito di svolgere funzioni amministrative che spettano allo Stato e che non siano assegnate ad altri enti politici LE AUTORITA’ INDIPENDENTI Per delimitare la possibile incidenza della politica su settori sensibili dell’amministrazione, sono state istituite a partire dagli anni 90 alcuni enti dotati di ampi poteri di regolazione, vigilanza e controllo in ambiti rilevanti di vita economica come il mercato e la concorrenza. I caratteri di queste autorità sono: quella di godere di un particolare regime di autonomia rispetto all’esecutivo e altri enti dello Stato; sono dotate di poteri di normazione e di poteri sanzionatori. Queste autorità però hanno scaturito un problema, ovvero quello che l’esercizio di questi poteri normativi rischiano di mettere in discussione il principio di legalità. 15) IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato e rappresenta l’unità della nazione come descritto nell’art.87. Si tratta di un organo monocratico e per questo oltre alle funzioni previste in Costituzione, deve confrontarsi con le prassi seguite fra i singoli presidenti. Tutti i Presidenti sono stati al centro della scena politica e istituzionale italiana: 1. De Nicola: Capo provvisorio 2. Einaudi 3. Gronchi 4. Segni 5. Saragat 6. Leone 7. Pertini 8. Cossiga 9. Scalfaro 10. Ciampi 11. Napolitano; per due volte 12. Mattarella Le funzioni attribuite a ogni singolo Presidente hanno come obiettivo quello di garantire l’armonico funzionamento dei poteri politici e di garanzia. La Corte Costituzionale afferma che il Presidente sia stato messo al di sopra di tutte le parti politiche ed è stato collocato dalla Costituzione al di fuori dei tradizionali poteri dello stato. In situazioni complicate è il Presidente che si erge protagonista per individuare una soluzione in grado di sbloccare fasi di stallo. IL COLLEGIO ELETTORALE E LE MODALITA’ DI ELEZIONE Il collegio elettorale è un corpo di parlamentari e rappresentanti di regioni che votano il Presidente della Repubblica, perché se il presidente venisse eletto dal popolo, dovrebbe poi intervenire nella determinazione dell’indirizzo politico e questo andrebbe contro la forma parlamentare, dove tale indirizzo è determinato dall’azione del parlamento e del governo. Ai sensi dell’art.85 le operazioni di elezione devono iniziare 30 giorni prima che scada il mandato presidenziale in corso. Il presidente della Camera deve convocare il Parlamento in seduta comune e i delegati regionali. Se le Camere sono sciolte o mancano meno di 3 mesi alla loro cessazione, l’elezione avrà luogo entro 15 giorni dalla riunione delle Camere nuove. Ciò è finalizzato per evitare che le camere eleggano il presidente al termine del mandato. Vengono prorogati i poteri del Presidente in carica, affinché il nuovo venga eletto. L’art.83 disciplina la modalità di elezione del Presidente. La scelta, come detto in precedenza, spetta ad un collegio elettorale. Esso è formato da tutto il Parlamento integrato da 3 delegati di ciascuna Regione eletti dai rispettivi consigli regionali. L’art. precisa che l’elezione del Presidente deve avvenire per scrutinio segreto a maggioranza dei due terzi dell’assemblea. E’ previsto un quorum di partecipazione elevato, per la necessità di una convergenza politica sulla figura presidenziale. Nel nostro ordinamento sono stati eletti solo due Presidenti al primo scrutinio: Cossiga e Ciampi. Mattarella è stato eletto al 4 scrutinio. L’art.87 prevede che l’elezione avvenga con scrutinio segreto e che non ci siano candidature ufficiali per la carica: tali fattori garantiscono maggior libertà all’elettore e al presidente l’indipendenza nei confronti del partito. L’elezione è un momento delicato e imprevedibile, tanto che non è infrequente il verificarsi di episodi detti franchi tiratori: ovvero un parlamentare non segue le indicazioni del gruppo parlamentare ed esprime un voto difforme grazie alla segretezza del voto. Un esempio è quello del 2013 con l’elezione di Prodi che fu apparentemente scontata e quindi venne bocciata per 101 franchi tiratori. I REQUISITI DEL MANDATO E A DURATA DEL MANDATO L’art.84 stabilisce che può essere eletto Presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto 50 anni d’età e goda dei diritti civili e politici. Non è necessario essere un parlamentare, infatti in due occasioni sono stati eletti due personalità che in quel momento non svolgevano un incarico parlamentare: Ciampi che era ministro del Tesoro e del Bilancio e Mattarella che era un giudice costituzionale. Il presidente più giovane è stato Cossiga, mentre i più anziani sono Pertini e Napolitano. L’art.85 stabilisce che l’incarico presidenziale dura 7 anni ed è incompatibile con qualsiasi altra carica. Questa durata ha l’obiettivo di garantire l’indipendenza del Presidente della Repubblica rispetto alle Camere e di preservare la continuità dell’esercizio delle sue funzioni presidenziali. Nella storia, la durata dei mandati è stata più breve: Segno si dimise dopo 2 anni e il secondo mandato di Napolitano durò 21 mesi. Per la rielezione del Presidente non c’è uno specifico divieto, ma ci sono state alcune tesi che sostenevano l’incompatibilità di tale pratica con la forma di governo parlamentare. Si è osservato che la carica presidenziale sia già molto lunga e che la rielezione dello stesso Presidente determina un’eccessiva personalizzazione del ruolo. Un esempio in Italia è stata la rielezione, nel 2013, del Presidente Napolitano, il quale ebbe il 73% dei voti in fase di rielezione. GLI IMPEDIMENTI E LA CESSAZIONE DELL’INCARICO L’art.86 stabilisce che in caso di impedimento, le funzioni del Presidente vengono affidate al Presidente del Senato, il quale ha il compito di supplenza delle funzioni. Le cause impeditive possono essere: - Temporanee: sono considerati un viaggio all’estero, malattia, sospensione della carica per una pronuncia della corte nell’ambito di un processo - Permanenti: come dimissioni, morte, situazione di malattia irreversibile, destituzione della carica in seguito alla sentenza della Corte costituzionale, la decadenza della carica per la perdita della cittadinanza o dei diritti civili e politici L’art.86 prevede che in caso di impedimento permanente o di morte, il Presidente della Camera indice l’elezione del nuovo Presidente entro 15 giorni salvo il maggior termine previsto se le camere sono sciolte o si trovano nell’ultimo trimestre della legislazione. Terminato l’incarico presidenziale, si assume diritto la carica di senatore a vita. GLI ATTI DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA L’art.87 presenta un elenco di atti di competenza del Capo dello Stato. Le funzioni presidenziali si possono classificare secondo due diverse prospettive. - Atti formalmente presidenziali, ovvero atti la cui iniziativa è imputabile al Presidente della Repubblica perché è lui stesso a decidere se adottare quell’atto e a stabilirne i contenuti. Ricordiamo: la convocazione straordinaria delle Camere; la nomina di 5 senatori a vita; la promulgazione, il rinvio del Parlamento della legge; l’invio di messaggi alle Camere; concessione della grazia; nomina dei 5 giudici costituzionali - Atti formalmente presidenziali ma solo governativi: il Presidente della Repubblica non ha alcun potere decisorio con riferimento al loro contenuto. Il Presidente svolge un controllo rispetto alla conformità a Costituzione e può rifiutarsi di procedere all’adozione se li ritiene illegittimi. Fanno parte: l’emanazione di decreti legge, decreti legislativi e regolamenti; l’autorizzazione alla presentazione dei singoli disegni di legge di iniziativa governativa alle Camere - Atti formalmente presidenziali e sostanzialmente complessi: il contenuto sostanziale di questi atti nasce dall’incontro delle volontà del Governo e del Presidente. Fanno parte di questi atti: la nomina del Presidente del Consiglio che non può avvenire qualora lo stesso non voglia - Atti dovuti ovvero atti in merito ai quali non è riscontrabile alcune discrezionalità né rispetto all’adozione, né rispetto ai contenuti. Questi atti sono: promulgazione in caso di riapprovazione della legge; scioglimento delle Camere; indizione delle elezioni delle nuove Camere - Atti di incerta classificazione: sono quegli atti la cui riconducibilità è molto dibattuta e oggetto di dibattiti dottrinali. Per esempio in merito al provvedimento di scioglimento anticipato delle camere, la dottrina oscilla tra coloro che lo ritengono un atto presidenziale in senso stretto e coloro che ritengono indispensabile una condivisione della decisione con il Governo LA CONTROFIRMA MINISTERIALE E LA RESPONSABILITÀ DEL PRESIDENTE L’art.89 stabilisce che nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non controfirmato dai ministri proponenti che ne assumono la responsabilità. Gli atti sono firmati anche dal Presidente del Consiglio dei ministri. Questa norma indica che gli atti presidenziali non possono essere assunti se non c’è un controllo da parte dell’esecutivo. Quindi sorge la necessità che tutti gli atti siano accompagnati dalla firma di un componente del Governo. L’art.90 stabilisce che il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. La responsabilità si sposta quindi in capo al ministro controfirmante. Le origini di questa regola risalgono nell’Inghilterra del basso Medioevo dove il sovrano era ritenuto immune da errori, perché si pensava che il re non potesse mai sbagliare, ma bensì la responsabilità era attribuita ad uno dei ministri del re che firmava l’atto. A questo proposito, la Corte con la sentenza 200 del 2006 ha chiarito che la controfirma non ha sempre il medesimo valore e svolge funzioni diverse a seconda del tipo di atto di cui la controfirma rappresenta il requisito di validità. La controfirma riveste carattere sostanziale quando l’atto sottoposto alla firma del Capo dello Stato è di tipo governativo. Viceversa, la controfirma ministeriale ha valore soltanto formale, quindi ha la mera unzione di rendere valido l’atto, quando l’atto sia espressione dei poteri propri del Presidente. La firma si limita ad attestare la legittimità formale e la provenienza presidenziale dell’atto. Non tutti gli atti però necessitano di controfirma. Ne sono esenti: - Le dimissioni - Gli atti compiuti dal Presidente in qualità di componente di organi collegiali; - I messaggi orali - I regolamenti presidenziali che attengono all’organizzazione della Presidenza della Repubblica LA RESPONSABILITÀ DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA La disciplina costituzionale è finalizzata a consentire al Capo dello Stato di svolgere le sue funzioni in autonomia e con la più ampia libertà. Esistono due casi in cui si potrebbe determinare la responsabilità giuridica all’esito di una procedura processuale particolare. In questi casi, il Presidente è sottoposto ad un giudizio di accusa diviso in due fasi: - Prima fase è di carattere politico. E’ la messa in stato d’accusa da parte del parlamento in seduta comune con voto a maggioranza assoluta. Questa fase è preceduta da un’istruttoria svolta dal Comitato costituito dai membri delle Giunte per le immunità di Camera e Senato. Dopo tale indagine il comitato può archiviare il caso se la accusa risulta infondata o dichiarare la sua incompetenza qualora il reato non rientri in quelli considerati dall’art.90, ovvero l’alto tradimento o l’attentato alla Costituzione. In alternativa può presentare una relazione sulla messa in stato d’accusa contenente le conclusioni cui è giunto il comitato. Il parlamento, poi, in seduta comune procede alla votazione - Seconda fase è giurisdizionale: si svolge davanti alla Corte costituzionale solo se il Parlamento approva lo stato d’accusa Per i reati commessi oltre l’esercizio delle sue funzioni, il Capo dello Stato è assoggettato alla stessa responsabilità penale che grava sui cittadini. 16) LA MAGISTRATURA La magistratura è un organo costituzionale composto dall’insieme dei giudici a cui è affidata la funzione giurisdizionale, ovvero l’applicazione delle norme giuridiche. La costituzione afferma che la magistratura è un ordine protetto da ingerenze esterne. Essa verifica che le norme giuridiche siano rispettate e applica sanzioni previste attraverso una decisione finale chiamata sentenza. La magistratura è composta da magistrati o giudici. Funzione giurisdizionale perché è chiamata ad amministrare la giustizia in nome del popolo e perché i soggetti che esercitano quest’attività sono chiamati giudici o magistrati, come detto in precedenza. I magistrati hanno diverse funzioni: - funzione giudicante: consiste nel compito di risolvere controversie - funzione requirente: consiste nella raccolta di prove a carico dell’imputato e nella rappresentanza dello Stato nell’azione penale - funzione di legittimità che si rende concreta nel controllo della corretta applicazione delle leggi - funzione di merito che comporta l’esame dei fatti per poter risolvere un caso giudiziario La magistratura deve anche rispettare dei principi costituzionali: - Principio del doppio grado di giurisdizione - permette e da la possibilità di riesaminare una questione davanti ad un giudice di grado successivo dopo la decisione di primo grado in un giudizio e prima dell’intervento della Corte di Cassazione - Principio del giusto processo diviso in principio del contraddittorio e principio dell’indipendenza dei giudici - il diritto di ogni persona ad un’equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole. Si svolge davanti ad un tribunale indipendente e imparziale. Questo principio comprende il principio dell’indipendenza dei giudici e il principio del contraddittorio - Principio di inamovibilità - Indipendenza ATTIVITÀ INTERPRETATIVA DEI GIUDICI Il giudice svolge un ruolo molto importante perché stabilisce quale sia il significato da assegnare alla disposizione. Questa decisione non è libera perché il giudice si muove guidato da criteri che è lo stesso ordinamento ad individuare, ma soprattutto essendo soggetto alla legge, egli incontra un limite. I giudici operano in tre diversi gradi processuali: L’indipendenza del magistrato nell’esercizio della funzione è garantita in modo diretto dalla previsione in forza della quale il giudice è soggetto soltanto alla legge. La legge rappresenta uno scudo per il giudice. L’art.101 contribuisce a precisare che di fronte ad una legge il giudice non può venir meno all’obbligo di rispettarla. Egli non avrà il potere di disapplicarla autonomamente, ma dovrà sospendere il giudizio e sollevare questione di legittimità davanti alla Corte costituzionale. Se la legge viola, il giudice sarà abilitato a non applicarla. L’IMPARZIALITÀ DEL MAGISTRATO L’art.111 richiede che ogni processo si svolga davanti ad un giudice terzo e imparziale. Ciò significa che non deve sussistere alcun interesse circa l’esito della controversia. Il magistrato è imparziale e indipendente. Gli istituti che garantiscono imparzialità del giudice nel processo sono: - Incompatibilità qualora il magistrato si trovi in una condizione prevista dalla legge, come la pronuncia della sentenza di un grado di giudizio inferiore - Astensione che è obbligatoria quando ad esempio sia creditore o debitore, parente o in rapporto di amicizia con una delle due parti - Rimessione nel processo che si ha per richiesta di parte quando si verificano situazioni che alterano lo svolgimento del processo o la sicurezza pubblica RESPONSABILITÀ DEL MAGISTRATO I magistrati come i cittadini e i pubblici ufficiali, sono soggetti a diverse tipologie di responsabilità: - Responsabilità civile: i magistrati possono incorrere in una responsabilità di tipo civile, quindi possono essere tenuti a risarcire il danno derivante da un provvedimento. Questa responsabilità è pari a quella prevista per altri pubblici dipendenti ed è considerata una responsabilità indiretta, ovvero che grava sullo Stato. Il danneggiato quindi agisce nei confronti dello Stato. Nel caso in cui la domanda venga accolta, il soggetto condannato al risarcimento è lo Stato che poi a sua volta agirà nei confronti del danneggiato con un’azione definita “azione di rivalsa”. La legge stabilisce che è risarcibile qualunque denaro ingiusto derivante da un comportamento sbagliato del magistrato. Viene stabilito che costituisce colpa grave: la violazione manifesta della legge; il travisamento del fatto o delle prove; l’affermazione di un fatto la cui esistenza è esclusa dagli atti del procedimento; la negazione di un fatto; l’emissione di un provvedimento cautelare personale o reale fuori dai casi consentiti dalla legge - Responsabilità disciplinare: deriva dalla violazione da parte del magistrato di norme di comportamento legate all’esercizio della funzione esercitata o alla commissione di fatti che ledono l’ordine giudiziario o compromettono l’immagine del magistrato stesso. La responsabilità disciplinare è un controllo in più sulla professionalità che si traduce nell’assicurare i corretti doveri del magistrato e il corretto svolgimento delle sue funzioni. Le sanzioni appartenenti a questa responsabilità, se non rispettata, sono: l’ammonimento che in sostanza è un richiamo all’osservanza dei doveri; la censura; la perdita dell’anzianità che non può essere inferiore a due mesi e superiore a due anni; l’incapacità temporanea a esercitare un incarico direttivo; la sospensione delle funzioni che consiste nell’allontanamento del magistrato dalle funzioni esercitate con sospensione di stipendio e collocamento fuori dalla magistratura; la rimozione che determina la cessazione del ruolo PROCEDIMENTO DISCIPLINARE NEI CONFRONTI DEL MAGISTRATO Il procedimento disciplinare inizia con l’acquisizione da parte dei titolari dell’azione disciplinare, di notizia o di un fatto che possa aver portato a questo procedimento. Tale notizia si può trovare in esposti, segnalazioni o denunce. Non può però essere anonima. Il procuratore generale può prendere autonomamente una decisione e deve esercitare l’azione disciplinare entro un anno dal momento in cui la notizia è stata fatta presente. Il procuratore prende decisione e può esercitare l’azione disciplinare o archiviare con provvedimento trasmesso al Ministro della Giustizia. I presupposti per l’archiviazione sono: - la scarsa rilevanza del fatto - la mancanza di elementi costitutivi - il fatto che non integra alcune ipotesi dell’illecito Il procuratore, se decide di far partire l’azione disciplinare, formula il capo di incolpazione cioè descrive il fatto nel dettaglio che è stato commesso. Si da una comunicazione all’incolpato e poi comincia con le indagini di natura processuale. Al termine delle indagini il Procuratore può chiedere la declaratoria di non luogo a procedere o formulare la definitiva incolpazione. Dopo la decisione, il legislatore deve controllare che il Procuratore generale abbia svolto correttamente la sua funzione e può accogliere la richiesta. Se non dovesse accoglierla, il Procuratore può chiedere la fissazione della discussione orale che rappresenta la fase del dibattito del giudizio disciplinare. In questo dibattito vengono accolte le tesi dell’accusa e della difesa e vengono assunte le prove. All’esito del dibattito con sentenza, la Sezione disciplinare irroga una sanzione se ritiene che ci sia bisogno. 17) LE REGIONI E LE ALTRE AUTONOMIE REGIONALI L’ORGANIZZAZIONE DECENTRATA DELLO STATO ITALIANO La scelta costituzionale è stata quella di istituire uno Stato regionale contrassegnato da un decentramento politico, ma fondato sull’idea che esistono interessi regionalmente localizzati che meritano di essere curati da enti di estensione territoriale. In Italia, alle 20 Regioni è attribuita un’autonomia avente intensità e forma differente a seconda che si tratti di Regioni a Statuto ordinario o di Regioni a Statuto speciale. Le regioni a Statuo speciale sono la Valle d’Aosta, il Trentino, la Sicilia e il Friuli. Esse godono di un’autonomia più accentuata. Alle Regioni a Statuto ordinario sono garantite: - Un’autonomia statuario in ambito organizzativo e istituzionale che è il potere di scegliere attraverso il proprio Statuto, la propria forza di governo; - Una podestà normativa, necessaria a determinare il proprio indirizzo politico; - Una funzione amministrativa, attraverso il potere di dare concreta attuazione alle scelte legislative; - Una forma di autonomia finanziaria, funzionale che consenta alle Regioni di dotarsi dei mezzi necessari a proseguire i propri fini. - La possibilità di attivare un procedimento finalizzato ad ottenere dallo Stato il riconoscimento di condizioni di autonomia GLI ORGANI DELLE REGIONI Gli organi che fanno parte delle Regioni sono: - il consiglio regionale: è’ un organo al quale è attribuito il potere di approvare le leggi regionali. Ad esso compete una funzione di indirizzo e di controllo nei confronti della Giunta e di sfiduciare il Presidente della Giunta. E’ l’organo rappresentativo della comunità regionale. Viene eletto direttamente dal popolo della Regione per una durata di 5 anni. Il numero massimo di consiglieri regionali è stabilito dal decreto-legge che ha introdotto il criterio del necessario rapporto tra il numero di abitanti di una Regione e quello dei suoi consiglieri. Nella regione Lombardia, il consiglio regionale è formato da 80 consiglieri - la giunta: è l’organo esecutivo della regione. Ne fanno parte il Presidente della Giunta e il numero di assessori fissato dagli Statuti. L’accesso all’ufficio di assessore è disciplinato dalle leggi delle Regioni nei limiti dei principi stabiliti dalla legge statale 18) LA CORTE COSTITUZIONALE Una delle novità introdotte con la Costituzione è stata l’istituzione di una autorità, ossia la Corte Costituzionale. E’ il supremo organo di garanzia della Costituzione, con il compito di assicurare l’osservanza dei precetti costituzionale da parte di ogni potere dello Stato. L’esistenza di tale organo costituisce presidio della rigidità costituzionale e del rango super primario attribuito alle leggi costituzionali. Il ruolo della Corte si evince nel fatto che la sua disciplina è collocata nella rubrica “garanzie costituzionali del titolo VI parte II della Costituzione”. La sua funzione la pone al di fuori della tripartizione dei poteri, come per il Presidente della Repubblica. La corte però è un organo collegiale che svolge le sue funzioni con criterio e metodo giurisdizionale. LE ORIGINI DEL CONTROLLO DI COSTITUZIONALITÀ L’introduzione di un sistema di giustizia costituzionale è data dalla necessità di assicurare l’osservanza delle norme contenute nella Costituzione da parte di tutti gli atti aventi forza di legge. Questo ha origini diverse in Europa e in America. Il primo sistema di giustizia costituzionale si affermò nell’800 negli Stati Uniti con la sentenza Marbury vs Madison che affermava il principio costituzionale, secondo il quale una legge difforme dalla Costituzione è da considerarsi giuridicamente invalida per la superiorità della Costituzione e il giudice sarà tenuto a non applicarla. Secondo il modello statunitense il controllo è svolto da tutti i giudici mediante la disapplicazione della legge incostituzionale. La disapplicazione ha effetto solo nel caso concreto, altrimenti il giudice potrà ancora applicarla. Mentre negli USA il sistema giudiziario deve tutelare i cittadini dalle ingiustizie del legislatore, in Europa il potere giudiziario rimane come esecutore della legge. Infatti in Europa nasce un organo ad hoc, esterno al potere giudiziario che possa accertare la difformità della legge alla costituzione, dichiarandola illegittima: la legge espulsa non può trovare applicazione. IL MODELLO ITALIANO DELLA CORTE COSTITUZIONALE Prima dell’entrata in vigore della Costituzione, non c’era l’esigenza di un controllo sulle leggi, perché considerata abbastanza capace di derogare lo Statuto che prima era flessibile. Con la formalizzazione della rigidità della Costituzione, si impose alle assemblee di trovare strumenti necessari per un controllo delle leggi. Esse trovarono l’opzione di un sindacato accentrato, non facente parte della Magistratura e quindi la Corte costituzionale. Tra le ragioni principali vi era l’esigenza di prevedere un mezzo di tutela delle libertà costituzionali. A questo proposito l’art.127 prevede condizioni di parità tra Stato e Regioni per ciò che concerne l’instaurazione del giudizio: in entrambi i casi il giudizio è successivo all’entrata in vigore della legge e il relativo ricorso deve essere presentato entro 60 giorni dalla pubblicazione della regionale o statale. Quindi il sistema italiano prevede che i giudizi siano instaurabili tanto in via incidentale quanto in via principale: - via incidentale: la questione di legittimità costituzionale sorge nel corso di un giudizio concreto e la relativa decisione ha effetti ad esso limitati, potendo assumere valenza generale solo su richiesta di alcuni soggetti qualificati - via principale: vede attribuita al cittadino la legittimazione ad agire nei confronti della legge incostituzionale entro un termine da definire Con riguardo all’accesso in via incidentale va precisato che il modello italiano è di tipo accentrato solo in apparenza perché l’iniziativa è diffusa perché spetta a qualsiasi giudice la proposizione di questioni di legittimità. L’art.137 prevede che una legge costituzionale stabilisca le condizioni, le forme e i termini nei quali si possono proporre giudizi di legittimità costituzionale. A tale articolo è stata data attuazione dalla legge costituzionale del 1948 con la forma di accesso in via incidentale. FUNZIONI E COMPOSIZIONE DELLA CORTE COSTITUZIONALE L’art.134 precisa che alla Corte spettano diverse attribuzioni: - Prima funzione è costituita dal controllo di costituzionalità delle leggi e degli atti aventi forza di legge dello Stato e delle Regioni. Tramite il sindacato di costituzionalità, la Corte verifica che le leggi e gli atti equiparati non siano lesivi di principi e regole costituzionali - La seconda funzione è costituita dal giudizio sui conflitti di attribuzione che possono sorgere fra i poteri dello Stato o fra Stato e Regioni. La Corte in questo caso deve decidere a quale potere o a quale ente spetti l’attribuzione contestata - La terza funzione è il giudizio di accusa nei confronti del Presidente della Repubblica, attivato in seguito alla messa in stato d’accusa per alto tradimento o attentato alla Costituzione da parte del Parlamento in seduta comune - La quarta funzione è stata introdotta con la legge del 1953 e fa riferimento al giudizio di ammissibilità del referendum abrogativo di leggi e atti con forza di legge statali La Corte è composta da 15 giudici costituzionali che sono: - 1/3 nominati dal Presidente della Repubblica con atto controfirmato dal Presidente del Consiglio - 1/3 eletti dal Parlamento in seduta comune a scrutinio segreto con la maggioranza di 2/3 dei componenti dell’Assemblea nei primi 3 scrutini e poi con la maggioranza dei 3/5 dei componenti - 1/3 eletti dalle supreme magistrature ordinarie e amministrative in tre distinti collegi elettorali. In questo modo i componenti attingono un componente del Consiglio di Stato e un componente della Corte dei Conti. L’elezione avviene a maggioranza assoluta con eventuale ballottaggio tra i candidati, in numero doppio dei giudici da eleggere che abbiano riportato il maggior numero di voti al 1 turno La corte ha una durata molto lunga per garantire l’indipendenza e la stabilità dell’organo. La durata è dai 12 a 9 anni. La corte inoltre rispetta due correttivi dell’organo che sono la gradualità del rinnovo del collegio, dal momento che non tutti i giudici cessano il loro mandato contemporaneamente e il secondo correttivo è quello del divieto di rielezione. Quest’organo vuole che al suo interno venga anche eletto un Presidente che resta in carica 3 anni ed è rieleggibile. I suoi compiti sono quello di organizzazione dei lavori e assegnazione delle cause ai singoli giudici. I giudici godono di alcune prerogative e garanzie della loro indipendenza: - inamovibilità: non possono essere rimossi, né sospesi dal loro ufficio se non con decisione della stessa Corte - inviolabilità: godono dell’inviolabilità personale e domiciliare finché permangono in carica; - Insindacabilità: essi non sono sindacabili, né possono essere perseguiti per le opinioni espresse nell’esercizio delle loro funzioni - attribuzione di una retribuzione mensile: non può essere inferiore a quella del più alto magistrato della giurisdizione ordinaria LA NOZIONE DI GIUDICE DI GIUDIZIO Rappresenta il procedimento di controllo sugli atti legislativi. In questo giudizio ci deve essere un introduttore necessario, cioè un giudice che nel corso di un processo solleva il problema, la questione sulla legittimità costituzionale. Il giudice non può rimettere alla Corte la decisione sulla costituzionalità di una legge qualsiasi, ma soltanto se si rispettano due condizioni che diventano requisiti di ammissibilità del giudizio di costituzionalità: - primo requisito: il giudice stesso stia per applicare quella legge nell’ambito del suo processo - secondo requisito: quel giudice abbia almeno un dubbio sulla legittimità costituzionale di quella legge Proprio perché quel giudice ha sollevato la questione in via incidentale, lo stesso giudice deve disporre la sospensione del suo processo per aspettare il giudizio della Corte. OGGETTO DEL GIUDIZIO E DECISIONE FINALE DELLA CORTE L’oggetto del giudizio tende a concentrarsi sulle norme desumibili in via interpretativa dalle disposizioni legislative. Queste norme possono anche rivestire il ruolo di principi più che disposizioni scritte. Nel corso del giudizio ed alla fine dello stesso, la Corte provvede ad adottare le sue decisioni contro le quali non è ammessa alcuna impugnazione. Le decisioni adottate dalla corte sono di due tipi: - sentenze: si distinguono in - sentenze di inammissibilità: la Corte dichiara l’inammissibilità della questione di legittimità quando si accerta l’insussistenza dei presupposti richiesti dalla legge per consentire alla Corte di giudicare sulla fondatezza o meno della questione. Quindi la corte non si pronuncia sulla questione, ma si ferma per irrilevanza della questione o per un’insufficiente motivazione - sentenze di accoglimento: la Corte si pronuncia sulla questione, cioè dichiara l’illegittimità costituzionale della legge in quanto il dubbio è fondato. Queste sentenze si rivolgono a tutti e hanno efficacia a prescindere dalla modalità di accesso alla Corte Costituzionale - sentenze di rigetto: la Corte dichiara che la questione sulla legittimità costituzionale non è fondata e pertanto respinta - ordinanze: utilizzate per tutte le deliberazioni collegiali che non concludono il giudizio definitivo. Si usano le ordinanze al fine di concludere i giudizi di legittimità costituzionale delle leggi Entrambe debbono essere motivate.
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