Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Istituzioni di diritto processuale; procedimenti speciali ed esecuzione forzata, Sintesi del corso di Diritto Processuale Civile

Riassunto del terzo volume. Quinta edizione

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

In vendita dal 18/08/2023

angelika-aleksandra-gajda
angelika-aleksandra-gajda 🇮🇹

3 documenti

1 / 151

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Istituzioni di diritto processuale; procedimenti speciali ed esecuzione forzata e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! PARTE PRIMA CAPITOLO I IL PROCEDIMENTO SOMMARIO DI COGNIZIONE 1. PROFILI GENERALI. Riforma 2009 – introduzione del procedimento sommario di cognizione – art 702bis; si voleva mettere a disposizione dell'attore, nelle controversie meno complesse, un procedimento più snello e semplificato rispetto a quello ordinario, ma nel contempo del tutto assimilabile a quest'ultimo dal punto di vista del risultato, poiché conduce ad un provvedimento - reso in forma di ordinanza - che è pienamente idoneo, se non impugnato con l'appello, ad acquisire l'autorità di cosa giudicata ai sensi dell'articolo 2909 cc. Art 183bis, d.l. n. 132/2014 - lo stesso giudice, laddove l'attore abbia avviato la causa col rito ordinario, può disporre che essa prosegua con tale rito speciale (vol. II, §30). L'ambito di applicazione di questo nuovo rito non è delimitato in ragione di una specifica materia, essendo liberamente utilizzabile dall'attore -salvo il successivo controllo del giudice, che potrebbe decidere di far proseguire il giudizio con rito ordinario – per qualunque tipo di domanda, purché si tratti di cause in cui il tribunale giudica in composizione monocratica (art 702-bis, c. 1), e dunque con l'esclusione delle cause contemplate dall’art 50-bis (vol II, §90) nonché di quelle attribuite alla competenza del giudice di pace. Più dubbia è la possibilità di impiegare tale procedimento per cause che siano assoggettate ad un rito a cognizione piena diverso da quello ordinario, quali ad es le cause di lavoro o previdenziali o locatizie; soluzione negativa è suggerita dalla circostanza che l'art 702ter fa esplicito riferimento, per l'ipotesi in cui il giudice escluda la possibilità di proseguire il giudizio con rito sommario, alle sole disposizioni di cui agli artt 163 ss, ossia a quelle che disciplinano il processo ordinario - senza trascurare, almeno per quel che concerne il rito del lavoro, che esso, stando a ciò che emerge dall'articolo 40, c. 3, parrebbe preferito dal legislatore ad ogni diverso modello processuale, incluso quello ordinario (vol I, §88). D. lgs. N. 150/2011 (artt 14-30) – fine: riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione – tale disciplina è da applicare, seppure con adattamenti, ad una serie di controversie che in passato erano assoggettate a diversi riti speciali, talora camerali: es controversie in materia di liquidazione degli onorari e diritti di avvocato, di discriminazione, di opposizione alla stima nelle espropriazioni per pubblica utilità oppure di attuazione o riconoscimento di sentenze straniere -> disciplina del rito sommario trova applicazione ex lege, salve espresse deroghe; sicché è escluso che il giudice possa successivamente optare per la prosecuzione del giudizio con rito ordinario (art 3 d.lgs). In seguito a tale riforma il procedimento sommario di cognizione è divenuto uno dei tre principali riti a cognizione piena. L’art 8, l. n. 24/2017 ne ha reso obbligatorio l'esperimento anche nelle controversie aventi ad oggetto il risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria - in questo caso, in assenza di un esplicito divieto, deve ritenersi possibile la successiva opzione del giudice per il passaggio al rito ordinario. 2. LA FASE INTRODUTTIVA. Art 702-bis - la domanda si propone con ricorso, sottoscritto ai sensi dell’art 125 e vv contenente tutti gli elementi prescritti dai nn. 1-6 dell’art 163, c. 3, per l'ordinario atto di citazione, nonché l'avvertimento di cui al n. 7 del medesimo articolo. In seguito al deposito del ricorso - che determina la litispendenza e segna il momento della costituzione dell'attore - il cancelliere forma il fascicolo d'ufficio e lo presenta senza ritardo al presidente del tribunale, il quale designa il magistrato cui è affidata la trattazione del procedimento - in realtà, nei tribunali divisi in più sezioni, il presidente del tribunale si limita a designare una delle sezioni, ed è il presidente di quest'ultima, poi, a designare il magistrato incaricato della trattazione della causa. Tale magistrato fissa con decreto l'udienza di comparizione e assegna contestualmente il termine per la costituzione del convenuto, che è indicato dallo stesso art 702bis in non oltre 10 giorni prima dell'udienza. L’attore deve fare riferimento, nel ricorso, a tale termine, avvertendo il convenuto che, qualora non si costituisca almeno 10 giorni prima dell'udienza fissata nel successivo decreto del giudice, incorrerà nelle decadenze di cui all’art 702bis. La notificazione del ricorso e del decreto deve avvenire, benché la norma non lo preveda espressamente, a cura dell'attore, che può provvedervi senza particolari limitazioni temporali, purché rispetti il termine dilatorio di almeno 30 giorni prima della data fissata per la costituzione del convenuto (ossia 40 giorni prima della data dell'udienza di comparizione), affinché il convenuto possa approntare tempestivamente le proprie difese - all'eventuale violazione di questo termine minimo, come pure agli altri vizi che dovessero verificarsi in questa fase introduttiva, sarebbe certamente applicabile, in via analogica, l’art 164 (vol II, §24). La disciplina della costituzione del convenuto è del tutto analoga a quella del processo ordinario (vol II, §§ 17-18). Le preclusioni iniziali riguardano esclusivamente la proposizione di domande riconvenzionali ed eccezioni in senso stretto, nonché la chiamata in causa di terzi; mentre nessuna specifica limitazione temporale è prevista quanto alle altre attività difensive soprattutto per le richieste istruttorie la produzione dei documenti. Se poi il convenuto ha dichiarato di voler chiamare in causa un terzo, il giudice, con decreto da comunicarsi alle parti costituite, fissa la data della nuova udienza nonché il termine perentorio entro cui il convenuto deve provvedere alla citazione del terzo; mentre quest'ultimo deve costituirsi a norma del quarto comma art 702-bis, ossia con le medesime modalità prescritte per la costituzione del convenuto. Combinando tale disciplina con quella ordinaria, rappresentata dall'articolo 269, si deduce che il terzo è tenuto a costituirsi almeno 10 giorni prima della nuova udienza, e che il termine assegnato al convenuto per la notificazione della citazione del terzo deve scadere almeno 40 giorni prima di tale udienza, affinché il terzo possa usufruire del medesimo termine di comparizione accordato al convenuto. Quest'ultimo è tenuto a depositare la citazione notificata entro i 10 giorni successivi (art 269, c. 4). 3. I POSSIBILI ESITI DELL’UDIENZA DI PRIMA COMPARIZIONE E IL MATURARE DELLE PRECLUSIONI ISTRUTTORIE. Art 702-ter - all'udienza di comparizione il giudice deve preliminarmente accertare che sussistano i presupposti specifici cui è subordinata l'utilizzazione del procedimento in esame; sicché, se ritiene che la domanda principale o quella riconvenzionale non rientra tra quelle indicate nell’art 702-bis, trattandosi di una causa attribuita alla decisione del tribunale in composizione collegiale oppure assoggettata (non al rito ordinario, bensì) ad un diverso rito speciale, la dichiara senz'altro inammissibile con ordinanza non impugnabile - prevale a tal proposito l'opinione molto discutibile che si tratti di un provvedimento privo di natura decisoria, e pertanto sottratto al ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell’art 111 Cost (vol II, §204). Una sentenza della Cassazione ha ritenuto che la disposizione debba interpretarsi restrittivamente e che, allorché si tratti di una causa comunque attribuita al tribunale in composizione monocratica, il giudice, laddove escluda l'esperibilità del rito sommario, non possa dichiarare inammissibile la domanda, ma sia tenuto a disporre il mutamento del rito. Un altro esito possibile è rappresentato dalla immediata definizione del giudizio in mero rito, allorché il giudice reputi fondata una questione processuale litis ingressum impediens, sollevata dal convenuto o rilevata (ove consentito) d’ufficio, quale ad es quella relativa all'incompetenza o al difetto di giurisdizione (salva naturalmente l'eventuale riassunzione della causa dinanzi al diverso giudice indicato nella pronuncia declinatoria, vol I, §§ 58 e 66). Il dubbio riguarda l'ammissibilità e comunque il regime di decisioni non definitive del procedimento, vuoi su questioni di rito (si pensi alla pronuncia meramente dichiarativa della competenza o della giurisdizione), vuoi su questioni di merito (es sulla prescrizione). La circostanza che l’art 702ter menzioni la sola declinatoria di competenza e nel contempo discorra di accoglimento o rigetto delle domande, infatti, induce a pensare che il legislatore abbia inteso riferirsi ad una decisione necessariamente unica e contestuale di tutte le questioni e le domande; anche perché il frazionamento della decisione sembra scarsamente compatibile con l'assunta semplicità della controversia, cui è subordinata l'utilizzazione del rito sommario. Ipotizzando che il giudice pronunci una ordinanza non definitiva su una questione di rito, oppure limitata all'accoglimento o al rigetto di taluna soltanto delle più domande cumulate (o magari ad una condanna generica o provvisionale), resta il dubbio circa la sua idoneità ad acquisire la medesima stabilità propria delle sentenze non definitive (ossia a passare in giudicato) nonché, qualora tale dubbio dovesse risolversi in senso affermativo, circa la sua appellabilità anche in via differita, previa riserva, ai sensi dell'articolo 340. 7. IMPUGNAZIONE. Art 702quater - l'ordinanza può impugnarsi con l'appello, ossia con l'impugnazione tipica della sentenza di primo grado. A tale impugnazione si applicherà la disciplina ordinaria dell'appello; a cominciare dalla disposizione per cui l'appello si propone con citazione, contenente tutte le indicazioni prescritte per il processo di primo grado dall'articolo 163 (art 342). A tale disciplina lo stesso art 702quater apporta alcune deroghe - in origine rientrava tra queste deroghe la possibilità che il presidente del collegio delegasse la sola assunzione dei mezzi istruttorii (e non anche l'ammissione di eventuali nuove prove) ad uno dei componenti del collegio stesso. Oggi, in seguito ad una modifica apportata dalla l. n. 183/2011, tale possibilità è espressamente contemplata dall’art 350 anche per l'appello ordinario. In primo luogo la decorrenza del termine breve per l'impugnazione - come al solito di 30 giorni - è ricollegata alla notificazione o alla comunicazione del provvedimento (comunicazione che deve avere comunque ad oggetto il testo integrale della decisione non soltanto il dispositivo), a seconda di quella che interviene per prima; ferma restando l'applicabilità del termine lungo semestrale, nell'eventualità in cui siano messe o siano invalidamento eseguite tanto la comunicazione quanto la notificazione. La seconda differenza riguarda i limiti in cui sono consentite nuove prove e nuovi documenti. L’art 702quater menziona distintamente: a) i nuovi mezzi di prova o documenti che il collegio ritenga indispensabili ai fini della decisione; b) quelli che la parte dimostri di non aver potuto proporre nel corso del procedimento sommario per causa ad essa non imputabile. La seconda ipotesi corrisponde a quella contemplata dalla disciplina ordinaria dell'appello (vol II, §190), la prima costituisce una peculiarità del rito speciale, comune al rito del lavoro (art 437, c. 2), di cui non è facile intendere l'effettiva portata. Il requisito della indispensabilità della prova, non può certo intendersi alla lettera poiché il principio dell'onere della prova racchiuso nell’art 2697 cc, consente ed anzi impone al giudice di decidere comunque, pure in mancanza di qualsiasi prova (vol II, §44) (pag 14 leggi). CAPITOLO II LE CONTROVERSIE DI LAVORO E PREVIDENZIALI 8. INTRODUZIONE. Nell'ambito dei processi a cognizione piena di competenza del tribunale rientra anche il rito delle controversie individuali di lavoro e previdenziali, due ragioni: si tratta dell'unico rito regolamentato in maniera realmente organica ed in larga misura autonoma rispetto a quello ordinario; le controversie di lavoro e previdenziali, sommate tra loro, raggiungono un numero di poco inferiore al totale di tutti gli altri processi a cognizione piena che seguono il rito ordinario. Riforma radicale, l. n. 533/1973 - rito che progressivamente si è esteso ad alcuni tipi di cause in materia locatizia e a tutte le controversie agrarie; poi all'intera materia della locazione e del comodato di immobili urbani e dell'affitto di aziende; per alcuni anni finanche alle cause di risarcimento danni per morte o lesioni conseguenti ad incidenti stradali; poi ulteriori materie prima governate da diversi riti speciali: es le cause di opposizione ad ordinanza-ingiunzione irrogativa di una sanzione amministrativa, quelle di opposizione al verbale di accertamento di violazioni del codice della strada, e le controversie riguardanti l'applicazione delle disposizioni del codice in materia di protezione dei dati personali. Tuttavia la disciplina specificamente dettata per il rito del lavoro per molti aspetti rimane lacunosa e deve essere integrata col ricorso ai principi generali, da ricercare all'interno dello stesso processo ordinario -> delicato problema della compatibilità con le caratteristiche e le esigenze proprie del rito speciale. 9. LE CARATTERISTICHE FONDAMENTALI DEL RITO SPECIALE. Principali peculiarità proprie di tale processo (rito del lavoro in senso stretto, ossia di quello che trova applicazione nelle controversie individuali di lavoro menzionate dall’art 409) - fermo restando che il rito, con ulteriori adattamenti, trova applicazione in diverse altre materie. Principali differenze del processo del lavoro rispetto a quello ordinario:  la competenza, prescindendo dalle controversie attribuite alle sezioni specializzate agrarie, spetta sempre, ratione materiae, al tribunale in composizione monocratica ed è disciplinata, quanto al territorio, con norme inderogabili;  il giudizio inizia con ricorso, anziché con citazione a udienza fissa, e l'instaurazione del contraddittorio fra le parti si realizza in un momento successivo, presupponendo il provvedimento di fissazione dell'udienza da parte del giudice;  il processo dovrebbe essere marcatamente orale ed estremamente concentrato, potendosi esaurire anche nella primissima udienza (udienza di discussione); esplicitamente vietate le udienze di mero rinvio;  la concentrazione del processo viene perseguita anche attraverso un sistema particolarmente drastico e generalizzato di preclusioni, tendenzialmente ricollegate già agli atti introduttivi delle parti, con modestissime possibilità di nuove allegazioni, richieste istruttorie e produzioni documentali nel corso del processo;  il giudice gode invece di ampi poteri istruttorii autonomi, potendo utilizzare d'ufficio quasi tutti i mezzi di prova normalmente riservati alle parti, perfino in alcune ipotesi in cui essi non sarebbero ammissibili secondo le regole ordinarie;  la decisione della causa avviene sempre, senza soluzione di continuità, al termine della discussione orale e viene resa immediatamente nota alle parti attraverso la lettura in udienza del dispositivo nonché della stessa motivazione; allorché il giudice differisca la stesura della motivazione e si tratti di una condanna favorevole al lavoratore, il solo dispositivo costituisce già titolo idoneo per iniziare il processo di esecuzione forzata. 10. LA MATERIA CUI SI APPLICA: LE CONTROVERSIE INDIVIDUALI DI LAVORO. Art 409.  Rapporti di lavoro subordinato privato, anche se estranei all'esercizio di un'impresa (es lavoro domestico): viene in rilievo la distinzione tra lavoro subordinato e lavoro autonomo; in realtà si assoggetta alla disciplina processuale in esame anche alcuni rapporti di lavoro un po’ al confine tra le due categorie, in quanto solo formalmente autonomi. Le controversie aventi ad oggetto l'impugnativa dei licenziamenti, nelle ipotesi di cui all'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, sono state assoggettate ad una disciplina speciale (il cd rito Fornero), al fine di offrire al lavoratore una tutela processuale particolarmente rapida ed efficiente.  Controversie in materia di contratti agrari oppure conseguenti alla conversione dei contratti associativi in affitto - attribuite alle sezioni specializzate agrarie del tribunale.  Rapporti di agenzia o rappresentanza commerciale, nonché altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato: rapporti di lavoro cd parasubordinato, caratterizzati, pur in mancanza di una vera e propria subordinazione, da una marcata dipendenza economica (da cui di fatto deriva una certa sudditanza) del prestatore d'opera rispetto al committente, il quale è solitamente un imprenditore. Es rito del lavoro si applica alle controversie riguardanti il rapporto tra le Asl ed i medici convenzionati, oppure quello tra l'amministratore o il sindaco e la società amministrata o controllata - con l'importante eccezione delle azioni di responsabilità da chiunque promosse contro gli organi amministrativi e di controllo attribuite al tribunale in composizione collegiale ed assoggettate al rito ordinario.  Rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici economici: es Anas.  Rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici non economici ed altri rapporti di lavoro pubblico, sempre che non siano devoluti dalla legge ad altro giudice: fatte salve alcune eccezioni, per es le cause concernenti rapporti di lavoro dei magistrati, del personale militare e delle forze di polizia, nonché, in generale, tutte quelle in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti pubblici. Sebbene l'articolo 409 prenda espressamente in considerazione le sole controversie individuali di lavoro, altre specifiche disposizioni di legge attribuiscono al tribunale, in funzione di giudice del lavoro, anche le non molte controversie collettive previste dal nostro ordinamento - articolo 28 Statuto dei lavoratori e art 63, c. 3, d.lgs. n. 165/2001 (dipendenti PA). 11. L’EVENTUALE TENTATIVO PREVENTIVO DI CONCILIAZIONE. 1998 - spostamento del contenzioso sul pubblico impiego ha indotto il legislatore a generalizzare e a rendere obbligatorio, per le cause di lavoro, un tentativo di conciliazione preventivo, nell'intento di creare una sorta di filtro e di arginare l'inevitabile incremento del carico di lavoro dei tribunali. Tentativo che si somma a quello già previsto nel 1973 che il giudice deve espletare tra le attività iniziali che gli sono richieste in occasione della prima udienza. 2010 - tentativo di conciliazione meramente facoltativo in tutte le cause di lavoro, privato o pubblico - fanno eccezione le sole controversie previste dall'articolo 80 del d.lgs. n. 276/2003, concernente l'impugnazione dell'atto di certificazione del contratto di lavoro, per le quali resta obbligatorio il tentativo preventivo di conciliazione da esperirsi dinanzi alla medesima commissione di certificazione da cui premana l'atto impugnato. L'abolizione del tentativo obbligatorio di conciliazione avrebbe dovuto essere compensata dal possibile ricorso a talune peculiari forme di arbitrato introdotte parallelamente nel 2010. Focus conciliazione preventiva – pag 22. 12. I CRITERI DI COMPETENZA E IL REGIME DI INCOMPETENZA. Competenza verticale - attribuita per materia e indipendentemente dal valore al tribunale, in funzione di giudice del lavoro e in composizione monocratica. Competenza per territorio – art 413 - criteri autonomi e non modificabili dalle parti; sancita la nullità di ogni eventuale clausola che vi apporti in deroga. data dell'udienza dovrebbe tener conto di alcuni termini minimi e massimi previsti dall'articolo 415. L'udienza dovrebbe aver luogo non oltre 60 giorni (80, se la notifica debba effettuarsi all'estero) dal momento del deposito del ricorso, ma non prima che siano decorsi almeno 30 giorni (40 se estero) dalla data in cui ricorso e decreto sono stati notificati al convenuto. L'attore può provvedere alla notifica entro 10 giorni dalla pronuncia del decreto - per l'ipotesi in cui sia convenuta in giudizio una PA, si richiama le disposizioni ordinarie; cioè le norme speciali che prescrivono la notifica presso l'avvocatura dello Stato, allorché si tratti di amministrazioni statali o ad esse equiparate, oppure l’art 144, c. 2, in ogni altro caso (vol I, §139) -> dunque il margine di discrezionalità lasciato al giudice risulta dei iure davvero esiguo. In concreto l'unico termine realmente cogente, poiché cruciale per il rispetto del diritto di difesa del convenuto, attiene all'intervallo minimo (normalmente di 30 giorni) che deve separare l'udienza di discussione dalla notifica del ricorso e del decreto -> termine che ha natura del tutto analoga a quelli previsti nel rito ordinario (vol II, §14) e può determinare, se violato, una nullità della fase introduttiva, gli altri termini sono meramente ordinatori, vengono assai spesso largamente superati dalla prassi e non possono dar luogo a nullità del procedimento. 15. SEGUE: I VIZI DEL RICORSO E DELLA FASE INTRODUTTIVA. Mancano disposizioni ad hoc -> controverso il tema dei vizi che possono verificarsi nella fase introduttiva del giudizio. In passato si era dubitato della possibilità di utilizzare, seppure in via analogica, la disciplina dettata dall' originario articolo 164 per l'invalidità dell'atto di citazione. Oggi, avendo il legislatore del 90 modificato tale disciplina, sceverando le nullità della editio actionis da quelle della vocatio in ius (vol II, §§ 24-26), non vi è più alcuna ragione per escludere che l'articolo 164 possa applicarsi per analogia quantomeno ai vizi riguardanti la formulazione della domanda in senso stretto, e dunque attinenti all'individuazione delle parti, del petitum e della causa petendi, o comunque alla esposizione dei fatti sui quali la domanda si fonda; consentendo, ad es, in caso di costituzione del convenuto, che la nullità venga sanata attraverso la semplice integrazione della domanda da parte del ricorrente. Per quel che riguarda i vizi della vocatio in ius, l'articolo 164 c. 1-3, può rilevare solo indirettamente, contribuendo ad individuare i vizi formali dai quali può derivare, in applicazione del principio generale racchiuso nell’art 156, c. 2, una nullità del procedimento nella fase, successivo al deposito del ricorso, preordinata all'effettiva instaurazione del contraddittorio. Es la violazione del termine minimo indicato dall'articolo 415, proprio perché è del tutto affine alla violazione del termine minimo di comparizione previsto dall'articolo 163-bis, non può non rendere l'atto inidoneo al raggiungimento dello scopo e dunque nullo; così come sarebbe motivo di nullità la pronuncia di un decreto privo della data dell'udienza. In questi casi non si dubita che si tratti di vizi sanabili con efficacia retroattiva (o ex tunc) - poiché non toccano il ricorso introduttivo del processo, di per sé assolutamente regolare, né gli effetti sostanziali e processuali della domanda che esso ha già prodotto in un momento anteriore - e che il giudice debba comunque ordinare la rinnovazione dell'atto invalido (cioè una nuova notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza), ai sensi dell'articolo 162, c. 1, oppure, quando il vizio sia ascrivibile alla sola prima notificazione, ai sensi dell’art 291. I dubbi riguardano l'ipotesi in cui, arrivati all'udienza di discussione, si constati - non essendosi il convenuto costituito - che la notificazione del ricorso del decreto è stato del tutto omessa, oppure deve considerarsi giuridicamente inesistente (vol I, §133). Premesso che il problema è comune a tutti i procedimenti che iniziano con ricorso, la giurisprudenza lavoristica, muovendo dalla premessa che il vizio in questione non possa incidere sugli effetti già prodotti dall'anteriore deposito del ricorso, ritiene che il giudice, quanto meno nel giudizio di primo grado, debba assegnare al ricorrente un ulteriore termine per provvedere alla notifica. Tale soluzione potrebbe suscitare qualche perplessità, poiché, se è vero che il termine indicato dall’art 415, c. 4, entro cui l'attore dovrebbe provvedere alla notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza, è certamente ordinatorio, sicché il suo spirare non può determinare di per sé alcuna preclusione, è pur vero che nella specie la mancata instaurazione del contraddittorio, in assenza di una disposizione che preveda la fissazione di una nuova udienza di discussione (non sembrano utilizzabili a tal fine né l'articolo 421, c. 1, che fa espresso riferimento alle sole irregolarità degli atti e dei documenti, né l'articolo 291, che non può trovare applicazione in ipotesi di inesistenza della notificazione (vol I, §133)), dovrebbe effettivamente impedire al processo di proseguire ed imporne la chiusura in rito, a meno che il ricorrente non provi di non aver potuto provvedere alla notifica per causa a lui non imputabile. Vi è da considerare che nel processo di primo grado, a differenza di quanto avviene in appello, non è prescritto che al ricorrente venga comunicato il decreto di fissazione dell'udienza e che inoltre, al di fuori delle ipotesi in cui si tratti di un giudizio di natura impugnatoria (es il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto crediti di lavoro), il convenuto non subisce alcun apprezzabile nocumento dall’omessa notificazione del primo provvedimento e dalla fissazione di una nuova udienza. Ed è per tali ragioni che la soluzione recepita dalla giurisprudenza, pur priva di una concreta base positiva, non sembra contra legem. 16. LA COSTITUZIONE DEL CONVENUTO. Art 416 - mentre la costituzione dell'attore coincide col momento del deposito del ricorso, il convenuto deve costituirsi almeno 10 giorni prima dell'udienza tramite il deposito in cancelleria di una memoria difensiva, che rappresenta l'equivalente della comparsa di risposta del rito ordinario - si prevede anche che il convenuto, al momento della costituzione, debba dichiarare la propria residenza o eleggere domicilio nel comune in cui ha sede del giudice adito; ma si tratta di un obbligo sprovvisto di sanzione e di cui è difficile intendere la ratio, tenuto conto che la parte si costituisce solitamente tramite avvocato e peraltro, nei casi in cui può costituirsi di persona, può eleggere domicilio nell'ambito del territorio della Repubblica, art 417. Il convenuto può costituirsi anche in un momento successivo direttamente all'udienza o finanche nel corso del processo (allorché questo non sia definito nella stessa prima udienza), dopo essere stato già dichiarato contumace. Il legislatore ha inteso disincentivare drasticamente la costituzione tardiva, per far sì che il giudice e le altre parti possano avere un quadro completo la materia del contendere e delle rispettive posizioni difensive fin dalla prima e potenzialmente unica udienza; sicché il convenuto che non rispetti il suddetto termine subisce pesanti limitazioni nei propri poteri processuali, in conseguenza delle preclusioni che ne derivano. Art 416 prevede che in questa occasione il convenuto debba, a pena di decadenza:  formulare le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio; anche qui si ripropone il problema di individuare, nell'ambito delle eccezioni di merito, la linea di confine tra i fatti estintivi, impeditivi o modificativi che producono effetti solo su eccezione della parte interessata e quelli rilevabili anche d'ufficio (vol I, §42);  proporre eventuali domande riconvenzionali (vol I, §85): a garanzia dell'attore - che altrimenti avrebbe un termine troppo breve per difendersi dalle nuove domande - è previsto un meccanismo simile a quello utilizzato nel rito ordinario per la chiamata in causa di terzi da parte del convenuto. Quest'ultimo, nella stessa memoria difensiva e sempre a pena di decadenza, deve chiedere al giudice lo spostamento della data dell'udienza di discussione, attraverso un nuovo decreto che deve essere pronunciato entro 5 giorni e deve essere poi notificato all'attore unitamente alla memoria difensiva, entro i successivi 10 giorni, a cura dello stesso ufficio. La nuova data dell'udienza dovrebbe essere fissata in modo tale che l'intervallo tra la proposizione della domanda riconvenzionale e l'udienza non superi 50 giorni (70 se estero), e che all'attore sia assicurato un termine non minore di 25 giorni tra la data in cui gli viene notificato il provvedimento e quello dell'udienza (35 se estero);  indicare specificamente i mezzi di prova dei quali intende avvalersi ed in particolare i documenti, che devono essere depositati insieme alla stessa memoria difensiva: onere particolarmente gravoso, poiché sembra implicare un'assoluta completezza delle richieste istruttorie in ogni loro elemento (es quando si tratti di prova testimoniale virgola non soltanto nella formulazione dei relativi capitoli, ma pure nell'indicazione nominativa dei testi);  dichiarare l'eventuale volontà di chiamare in causa un terzo, ex art 106: in realtà non si menziona la chiamata in causa di terzi da parte del convenuto, ma l'esistenza di una siffatta preclusione sembra potersi desumere dalla circostanza che tale chiamata implica normalmente una nuova domanda di accertamento nei confronti del terzo (vol I, §112); fermo restando che qui, a differenza del rito ordinario, l'effettiva citazione del terzo non può avere luogo subito, ma soltanto dopo che il giudice, all'udienza di discussione, l'abbia autorizzata, sicché il problema di chiedere lo spostamento dell'udienza già fissata non dovrebbe neppure porsi. Il convenuto deve pure, nella memoria in questione, prendere posizione, in maniera precisa e non limitata ad una generica contestazione, circa i fatti affermati dall'attore a fondamento della domanda, e proporre tutte le sue difese in fatto e in diritto. Per questo aspetto la disposizione in esame non commina alcuna decadenza; sicché può valere quanto già osservato in relazione alla analoga formulazione dell'articolo 167 (vol II, §47): fermo restando che la mancanza di una specifica contestazione dei fatti allegati dall'avversario consentirebbe al giudice di ritenere senz'altro provati i fatti medesimi (art 115, c. 1), le mere difese del convenuto (eccezioni improprie), che si concretano nella contestazione dei fatti allegati dall'attore (difese in fatto) oppure delle conseguenze giuridiche ad essi ricollegate (difese in diritto), non sono assoggettate ad una specifica preclusione, riferite ad un determinato atto o momento del processo, poiché l'assolvimento dell'onere di contestazione deve sempre apprezzarsi, da parte del giudice, in concreto, avendo riguardo al complessivo e reciproco comportamento processuale delle parti - la prevalente giurisprudenza lavoristica parrebbe di contrario avviso, ritenendo che la contestazione delle allegazioni avverse debba intervenire nella prima difesa utile successiva. 17. COSTITUZIONE E DIFESA PERSONALE DELLE PARTI. Di regola anche nel rito del lavoro vige l'obbligo della rappresentanza tecnica (art 82), l’art 417 consente.. (pag 33). 18. L’UDIENZA DI DISCUSSIONE: RILIEVI INTRODUTTIVI. La prima udienza, che corrisponde a quella fissata dal giudice col decreto di cui all’art 415, è virtualmente anche l'unica della causa, giacché potrebbe senz'altro concludersi con la discussione orale e l'immediata pronuncia della sentenza definitiva; la scansione delle varie attività, a garanzia della concentrazione del processo, è regolato dal legislatore in modo assai rigido, prescindendo finanche dall'eventuale accordo delle parti, dal momento che sono espressamente vietate le udienze di mero rinvio (art 420, ult.c.). In concreto la definizione del processo alla prima udienza costituisce un'eventualità piuttosto remota: sia perché il più delle volte si rendono necessarie delle prove costituende, che non è possibile assumere immediatamente; sia perché, sebbene il codice assuma come principio la discussione orale della causa, le parti e lo stesso giudice preferiscono assai spesso che le questioni più complesse siano trattate per iscritto; sia perché il divieto dei meri rinvii è privo di specifiche sanzioni e viene non di rado eluso - in base all'orientamento prevalente, anche nel processo del lavoro trovano applicazione le disposizioni relative alla diserzione bilaterale dell'udienza (artt 181 e 309), che possono di per sé implicare la fissazione di una nuova memoria difensiva di costituzione, e dall'attore entro la prima udienza di discussione; a patto, nel secondo caso virgola che l'esigenza dell'intervento possa ricondursi alle domande o alle difese del convenuto (desumibile dall'applicazione analogica dell’art 183, c. 5). La chiamata del terzo deve essere comunque autorizzata dal giudice, previa verifica della sussistenza di presupposti indicati nell’art 106, tenuto conto che essa implica sempre la fissazione di una nuova udienza di discussione e la notifica al chiamato, entro 5 giorni, del relativo provvedimento nonché del ricorso introduttivo della memoria di costituzione del convenuto. Il tutto con modalità e termini analoghi a quelli previsti per l'originaria fissazione dell'udienza e in tempo utile affinché il terzo, la cui costituzione è disciplinata in modo identico a quello del convenuto (sicché qualora proponga una propria domanda riconvenzionale nei confronti di una delle parti è egualmente tenuto a richiedere una nuova fissazione dell'udienza di discussione), Ehi possa usufruire del termine minimo (solitamente di 30 giorni) previsto dall’art 415, c. 5. altra peculiarità è che a tutte le notificazioni e comunicazioni occorrenti per la chiamata del terzo o del litisconsorte necessario pretermesso provvede la cancelleria – art 420, c. 11. 21. L’ASSUNZIONE DEI MEZZI DI PROVA E I POTERI ISTRUTTORII DEL GIUDICE. Fase istruttoria: unica peculiarità dovrebbe essere la massima concentrazione - tale fase si deve esaurire in un'unica udienza o tutt'al più, in caso di necessità, in udienza da tenersi nei giorni feriali immediatamente successivi – art 420, c. 8; è possibile anche che l'assunzione abbia inizio nella stessa prima udienza. Dal che una parte della giurisprudenza ha dedotto l'erroneo ed incongruo corollario secondo cui le parti, che abbiano chiesto negli atti introduttivi una prova testimoniale, sarebbero tenute, a pena di decadenza, a provvedere alla citazione dei rispettivi testi già per la prima udienza, prima ancora che il giudice gli abbia ammessi. Ampiezza dei poteri autonomi attribuiti al giudice, tanto in primo grado quanto in appello; poteri dei quali si è spesso rivelata problematica la convivenza con le rigidissime limitazioni temporali previste per le iniziative probatorie delle parti.  Indicare alle parti in ogni momento le irregolarità degli atti e dei documenti che possono essere sanate assegnando un termine per provvedervi, salvo gli eventuali diritti quesiti – art 421, c. 1. Esso è stato utilizzato anche per mitigare l'asprezza di alcuni oneri probatori delle parti, in ispecie per quel che concerne la necessità di indicare compiutamente, già nei rispettivi atti introduttivi, i capitoli di prova testimoniale le generalità delle persone da interrogare. Poteri di iniziativa istruttoria:  il giudice può disporre d'ufficio in qualsiasi momento l'ammissione di ogni mezzo di prova, anche fuori dei limiti stabiliti dal codice civile, con la sola eccezione del giuramento decisorio, il cui deferimento è riservato alle parti, e dell'accesso sul luogo del lavoro, che costituisce una forma specifica di ispezione e tuttavia, in deroga all'articolo 118, può essere disposto solamente su istanza di parte nonché a condizione che sia necessario al fine dell'accertamento dei fatti (art 421, c. 2 e 3). Il riferimento al possibile superamento dei limiti di ammissibilità della prova indicati dal codice civile non sta significare che il giudice possa inventarsi prove affatto diverse da quelle previste dalla legge, e neppure può intendersi in termini assoluti. Tutte le limitazioni probatorie connesse alla forma richiesta dalla legge per determinati atti debbano valere anche per il giudice del lavoro; e altrettanto dicasi per quelle derivanti dall'efficacia vincolante che debba riconoscersi ad una prova legale già disponibile. La deroga risulta essenzialmente circoscritta ad alcune delle limitazioni normalmente applicabili alla prova testimoniale (quelle previste dagli artt 2721-2723 cc e a quelle specificamente concernenti la prova della simulazione, a norma dell'articolo 1417 cc) nonché all'uso delle presunzioni semplici da parte del giudice (vol II, §88).  Ove lo ritenga necessario, il giudice può disporre la comparizione personale anche di quelle persone che, ai sensi degli artt 246 e 247, non potrebbero essere assunte quali testimoni, per interrogarle liberamente sui fatti di causa (art 421, c. 4). Non è certamente una testimonianza (non possono valere le norme anche di carattere penale applicabili ai testimoni), bensì è piuttosto affine all'interrogatorio libero delle parti (art 117), da cui si ritiene che il giudice possa desumere esclusivamente degli argomenti di prova (vol II, §43). La disposizione è da considerarsi superata per la parte in cui fa riferimento al divieto di testimoniare dell'articolo 247, dichiarato incostituzionale fin dal 1974; ù essendo pacifico che il coniuge e gli altri soggetti ivi indicati possono essere sentiti quali veri e propri testimoni anche nel processo del lavoro. 22. SEGUE: IL PROBLEMA DEI LIMITI DEI POTERI OFFICIOSI. Il problema più controverso relativamente ai poteri istruttori conferiti al giudice attiene all'individuazione delle finalità, delle condizioni e dei limiti per il loro esercizio, tenuto conto che il legislatore non ha fornito alcuna indicazione e che vi è un generale consenso circa la necessità di evitare che tali poteri, dovendo operare in un sistema nel quale vige quale principio fondamentale quello della ripartizione legale degli oneri probatori (dunque predefinita, vol II, §44), si risolvano nel mero arbitrio del giudice a vantaggio di una parte. Finalità: si può escludere -sia perché la legge non lo prevede, sia perché si tratterebbe di un'interpretazione di dubbia costituzionalità - che essi debbano essere utilizzati dal giudice ad esclusivo vantaggio della parte normalmente più debole, ossia del lavoratore. Si ritiene che alla base dell'istituto vi sia l'intento di favorire, in questo tipo di cause e in ragione della peculiare natura dei diritti coinvolti, la cd ricerca della verità materiale, ossia un accertamento dei fatti particolarmente attendibile, che non sia eccessivamente condizionato da regole formali. Limiti, alcuni punti fermi: l'esercizio dei poteri istruttorii del giudice non incontra particolari limitazioni temporali, essendo ammesso perfino in appello. Tuttalpiù si potrebbe dubitare che essi possano essere impiegati per porre rimedio ad una specifica decadenza in cui si è in corsa una delle parti. Tanto il divieto, per il giudice, di utilizzare la propria scienza privata, quanto il principio per cui l'allegazione dei fatti principali è riservata, di regola, alle parti (vol I, §36); il che esclude che i poteri istruttorii in questione possano essere esercitati con finalità inquisitorie, per andare alla ricerca di fatti diversi da quelli effettivamente allegati dalle parti tra loro controversi. Condizioni: difficile stabilire quali condizioni debbano ricorrere perché l'ammissione officiosa di prove non vanifichi le esigenze di oggettività, di certezza e di autoresponsabilità delle parti, che sono alla base del principio dell'onere della prova. La giurisprudenza Ehi non indica criteri univoci e di semplice applicazione, ma lascia intendere che il giudice non può mai spingersi fino al punto di sostituirsi integralmente all'iniziativa probatoria di taluna delle parti, allorché quest'ultima sia stata totalmente carente -> RUOLO INTEGRATIVO DEI POTERI DEL GIUDICE RISPETTO AI MEZZI DI PROVA ESPERITI SU ISTANZA DELLE PARTI, presupponendo una situazione di incertezza del giudice nella valutazione dei fatti, qualitativamente non troppo diversa da quella della semiplena probatio che giustificherebbe il deferimento del giuramento su pretorio (vol II, §80); il che implica che il giudice dovrebbe farvi ricorso non prima di aver esaurito le prove richieste dalle parti. Da stabilire se il non esercizio di tali poteri officiosi sia sindacabile in fase di impugnazione, ed eventualmente in sede di legittimità. In passato la giurisprudenza era arroccata su posizioni estremamente restrittive, ritenendo trattarsi di poteri del tutto discrezionali, dei quali il giudice non sarebbe neppure tenuto a motivare espressamente il mancato esercizio. Negli ultimi anni a questo orientamento tradizionale se ne è affiancato un'altro, sicuramente più garantistico e condivisibile, secondo cui, fermi restando i limiti ed in presenza di una situazione di obiettiva incertezza, l'utilizzazione di siffatti poteri istruttori sarebbe doverosa per il giudice e sarebbe pertanto sindacabile, quantomeno sotto il profilo dell'eventuale difetto di motivazione, dalla stessa Corte di Cassazione - oggi tale orientamento deve fare peraltro i conti con la recente modifica dell’art 360, n. 5), che ha ridotto considerevolmente le possibilità del ricorso per cassazione fondato su vizi della motivazione (vol II, §203). 23. LE ORDINANZE ANTICIPATORIE DI CONDANNA. Art 423 - Il giudice in ogni stato del giudizio (anche in appello) può pronunciare due diverse ordinanze di condanna, costituenti entrambe titolo esecutivo ed appartenenti al genus dei provvedimenti sommari anticipatorii. La prima di tali ordinanze può essere chiesta da una qualunque delle parti ed ha per oggetto il pagamento delle somme non contestate (c. 1). (=art 186bis, vol II, §119-120 -integra la lacunosa disciplina del 423). La seconda ordinanza, c. 2, può essere pronunciata, esclusivamente ad istanza del lavoratore per il pagamento di una somma a titolo provvisorio, allorché il giudice ritenga il diritto accertato nei limiti per cui ritiene già raggiunta la prova. (= sentenza di condanna provvisionale, art 278, c. 2, vol I, §18). La forma prescritta dal legislatore è un chiaro indice della natura sommaria del provvedimento, e di fatto, grazie anche alla circostanza che l’ordinanza non è in alcun modo autonomamente impugnabile (dubbi di incostituzionalità), non esclude l'eventualità che il giudice pronunci la condanna in base ad una cognizione superficiale o comunque incompleta; potendo poi revocare o modificare tale provvedimento solo con la sentenza che decide la causa. L'ordinanza sopravvive all'eventuale estinzione del processo, ma è inidonea ad acquisire l'efficacia di accertamento e la stabilità proprie di una sentenza passata in giudicato, non potendo escludere, qualora sia stata già portato ad esecuzione, una successiva azione di ripetizione delle somme pagate. Possibile ammettere anche nel rito del lavoro l'ordinanza di ingiunzione prevista dall’art 186ter; mentre le peculiarità della fase decisoria di tale processo appaiono incompatibili con la pronuncia dell'ordinanza successiva alla chiusura dell'istruzione contemplata dall’art 186quater. 24. LA DISCIPLINA DELL’ERRORE SUL RITO. (vol II, §12) il legislatore esclude ogni sanzione di nullità degli atti compiuti in base ad un modello processuale diverso da quello prescritto. Artt 426 e 427 - applicabili anche quando il vizio venga scoperto per la prima volta in appello (439) - distinguono le due ipotesi opposte:  se è stato erroneamente utilizzato il rito ordinario per una delle controversie di cui all'articolo 409, il giudice, in qualunque momento se ne accorga, è tenuto anche d'ufficio a fissare con ordinanza l'udienza di discussione, a norma dell'articolo 420, nonché il termine perentorio entro il quale le parti possono provvedere all'eventuale integrazione degli atti introduttivi mediante deposito di memorie e documenti in cancelleria (sulla scia di una decisione della Corte costituzionale, tale provvedimento deve essere comunicato anche alla parte contumace): disposizione che aveva un significato più pregnante prima della riforma del 90, allorché il processo ordinario era immune da preclusioni significative; ma ancora oggi potrebbe avvenire, ad es, che, nel momento in cui l'errore sul rito viene scoperto, non siano ancora maturate, secondo la disciplina ordinaria, le preclusioni istruttorie previste dall’art 183 (In caso contrario tali preclusioni resterebbero sicuramente ferme), ed in tal caso le parti sarebbero tenute ad integrare le proprie richieste di mezzi di prova e la produzione di documenti entro il termine fissato dal giudice.  se è stata promossa col rito del lavoro una causa avente ad oggetto un rapporto estraneo a quelli contemplati dall’art 409, il giudice si limita a disporre che gli atti siano messi in regola con le Per molti profili è applicabile la normativa ordinaria, artt 339-359; nei limiti in cui essa non risulti incompatibile con le caratteristiche del rito speciale. Devono trovare piena applicazione le disposizioni generali sulle impugnazioni, artt 323-338. L'atto introduttivo (ricorso) deve essere depositato nella cancelleria della corte d'appello territorialmente competente, in funzione di giudice del lavoro, deve contenere, oltre alle indicazioni prescritte dall’art 414, e a pena di inammissibilità, l'indicazione delle parti del provvedimento che si intende appellare e delle modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuto dal giudice di primo grado, nonché l'indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata (art 434, c. 1), ossia i medesimi elementi (motivi specifici) che il novellato articolo 342 prescrive per il rito ordinario (vol II, §186). L'intera fase introduttiva è disciplinata in modo del tutto analogo a quella del processo di primo grado (artt 415 e 435), salvo qualche lieve differenza nei termini. In particolare, fermo restando che l'udienza di discussione dovrebbe aver luogo entro 60 giorni dalla data di deposito del ricorso e che l'appellante deve provvedere alla notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza entro 10 giorni dalla pronuncia di quest'ultimo - in conseguenza di un intervento della Corte costituzionale tale termine decorre per l'appellante dal giorno in cui riceve comunicazione del decreto di fissazione dell'udienza - il termine minimo che deve intercorrere tra tale notifica e l'udienza è di 25 giorni (rispetto ai 30 prescritti in primo grado) - si tratterebbe di un termine libero (vol I, §125), ma in assenza di alcune indicazioni normativa in tal senso si tratta di una dedizione a dir poco opinabile - elevato a 60 giorni quando la notifica debba eseguirsi all'estero. Un'altra piccola differenza, derivante dalla composizione collegiale del giudice, attiene alla circostanza che il decreto di fissazione dell'udienza compete al presidente della Corte o della sezione e contiene la nomina del giudice incaricato della relazione al collegio. Vizi di questa prima fase - si richiama quanto già osservato riguardo al processo di primo grado (supra, §15): poiché il processo inizia con il deposito del ricorso, cui deve ricondursi la formulazione della domanda, ogni eventuale nullità della vocatio in ius non può incidere sulla valida e tempestiva proposizione dell'appello, implicando solamente, in caso di mancata costituzione dell'appellato, la necessità di una rinnovazione degli atti viziati nonché di una nuova notificazione del ricorso del decreto di fissazione dell'udienza - nella giurisprudenza è pacifico invece che l'appello debba essere dichiarato improcedibile laddove la notificazione del ricorso introduttivo e del decreto di fissazione dell'udienza, ritualmente comunicato all'appellante, sia stato addirittura omessa o debba considerarsi giuridicamente inesistente, in assenza di un impedimento che possa giustificare la rimessione in termini. Anche dal punto di vista della costituzione delle parti il procedimento d'appello ricalca fedelmente quello di primo grado. L'appellante è costituito per effetto del deposito del ricorso introduttivo, l'appellato deve costituirsi almeno 10 giorni prima dell'udienza depositando in cancelleria il proprio fascicolo e una memoria difensiva contenente la dettagliata esposizione di tutte le sue difese (art 436), nonché, a pena di decadenza, l'eventuale appello incidentale ed i motivi specifici sui quali esso si fonda. L'impugnazione incidentale dovrà considerarsi tempestiva o tardiva, in base ai principi generali a suo tempo illustrati (vol II, §177), a seconda che sia stata proposta prima o dopo lo spirare dei termini per l'appello; ma, a differenza che nel rito ordinario, deve essere in ogni caso notificata alla controparte almeno 10 giorni prima dell'udienza - quanto alle conseguenze dell'omissione o della tardività di tale adempimento, la giurisprudenza più recente ritiene che l'omessa notifica implichi senz'altro l'improcedibilità dell'impugnazione incidentale, pur tempestivamente proposta con la memoria difensiva, e parrebbe estendere la medesima soluzione all'ipotesi della notificazione tardiva, avvenuta oltre il termine indicato dall'articolo 436. Quest'ultima soluzione sembra risentire della minoritaria opinione secondo cui i termini ordinatori una volta scaduti produrrebbero conseguenze in tutto e per tutto analoghe a quelle dei termini perentori (vol I, §123), ed appare comunque incongrua rispetto a quella adottata invece per l'ipotesi in cui sia notificato tardivamente il ricorso contenente l'appello principale, tenuto conto che la funzione del termine minimo prevista dall'articolo 436 è del tutto analoga a quella del termine di 25 giorni contemplato dall'articolo 435, c. 3. 28. SEGUE: LA DISCIPLINA DEI NOVA. Art 437 - nel rito del lavoro l'esclusione dei nova in appello sembra molto più netta rispetto al processo ordinario - divieto di nuove domande, che un orientamento opinabile estende anche alla mera emendatio libelli (si ammettono le nuove deduzioni che, senza modificare i fatti costitutivi, si limitino ad invocare norme giuridiche diverse da quelle indicate in primo grado); devono ammettersi le medesime deroghe previste dall’art 345, c. 1 (vol II, §188). Art 437 - sono perentoriamente escluse le nuove eccezioni, senza alcun distinguo tra quelle processuali e quelle di merito, né tra quelle in senso stretto e quelle in senso lato: la soluzione più conforme alla volontà del legislatore nel senso di escludere l'allegazione di qualunque nuovo fatto estintivo, impeditivo o modificativo, indipendentemente dalle circostanze che sia rilevabile solo dalle parti o anche d'ufficio. Al giudice e alle parti è consentito rilevare di propria iniziativa l'effetto (estintivo, impeditivo o modificativo) difatti che erano stati già legati o comunque acquisiti agli atti del processo di primo grado; sono liberamente proponibili dalle parti le mere difese, in diritto o in fatto (vol I, §42). Anche per i nuovi mezzi di prova la regola è quella della preclusione; deve intendersi estesa anche ai nuovi documenti (riforma 2009, art 345, c. 3). Eccezione: giuramento decisorio ed estimatorio, nonché le nuove prove che il collegio, anche d'ufficio, ritenga indispensabile ai fini della decisione della causa. Devono ritenersi proponibili, ai sensi dell’art 345, c. 3, i nuovi mezzi istruttorii ed i nuovi documenti che la parte per causa ad essa non imputabile non aveva potuto chiedere o produrre nel giudizio di primo grado. Qualora vengano ammesse nuove prove, il collegio rinvia la causa ad una nuova udienza da tenersi entro 20 giorni tanto per l'assunzione delle prove nuove (e a tal proposito è verosimile che debba trovare applicazione anche la disposizione del processo ordinario, art 350, c. 1, che consente al presidente del collegio di delegare la sola assunzione dei nuovi mezzi istruttorii ad uno dei suoi componenti (vol II, §195)), quanto per la discussione e la pronuncia della sentenza. Lo stesso collegio può disporre, ove lo ritenga opportuno, una consulenza tecnica fissando in tal caso una nuova udienza di discussione non oltre 30 giorni dalla prima – art 441. 29. SEGUE: LA TRATTAZIONE DELLA CAUSA E LA FASE DECISORIA. Normalmente il processo l'appello dovrebbe concludersi già alla prima udienza, con la relazione orale al collegio del giudice designato, la discussione da parte dei difensori e l'immediata pronuncia della sentenza, seguita dalla lettura del solo dispositivo in udienza - l'articolo 437 non richiama l’art 429, c. 1, che prevede in primo grado la normale lettura in udienza anche della motivazione della sentenza. Ipotesi di doveroso rinvio dell'udienza di discussione – art 348, c. 2, che la giurisprudenza reputa giustamente applicabile anche al processo del lavoro - impone, quando l'appellante principale o incidentale ometta di comparire alla prima udienza, la fissazione di una nuova udienza e la comunicazione del relativo provvedimento alla parte non comparsa. Qualora sia stato proposto appello con riserva dei motivi, è inevitabile che per la discussione e la decisione sull'istanza di inibitoria della sentenza di primo grado venga fissata un'udienza ad hoc per una data anteriore a quella dell'udienza in discussione. Nelle fasi di trattazione e decisione dell'appello trovano piena applicazione altre corrispondenti disposizioni dettate per il procedimento di primo grado. 30. LA DISCIPLINA DELLE CONTROVERSIE AVENTI AD OGGETTO L’IMPUGNATIVA DEI LICENZIAMENTI: LA FASE SOMMARIA. Legge Fornero, art 1, c. 48-68, ha introdotto una disciplina autonoma e piuttosto articolata per le controversie aventi ad oggetto l’impugnativa del licenziamento nell'ipotesi contemplate dall'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, che dovrebbe assicurare a tali controversie una corsia privilegiata (per la trattazione di tali controversie devono essere riservati dei particolari giorni nel calendario delle udienze) ed è applicabile anche quando devono essere risolte questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro, nonché quando sia il datore di lavoro a chiedere l'accertamento della legittimità del licenziamento. Peculiarità: una prima fase molto semplificata, definita con ordinanza immediatamente esecutiva di accoglimento o di rigetto della domanda, e una seconda fase a cognizione piena, instaurata dinanzi al medesimo ufficio giudiziario in seguito alle eventuali opposizione della parte soccombente, destinata a concludersi con sentenza. La domanda avente ad oggetto l'impugnativa delle licenziamento si propone, dinanzi al tribunale competente (art 413) in funzione di giudice del lavoro, con un ricorso che deve contenere gli elementi di cui all’art 125. Non sono ammesse domande diverse da quelle contemplate dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (reintegrazione nel posto di lavoro, risarcimento del danno, ecc), salvo che siano fondate sugli identici fatti costitutivi; formula da intendersi con una certa elasticità, poiché tra domande diverse l'identità dei fatti costitutivi non può che essere parziale. Il giudice designato fissa con decreto l'udienza di comparizione delle parti, per una data compresa entro i 40 giorni successivi al deposito del ricorso, assegnando al ricorrente un termine non inferiore a 25 giorni prima dell'udienza, per provvedere alla notificazione del ricorso e del decreto (termine ordinatorio; ammissibilità dell'assegnazione di un nuovo termine laddove la notificazione sia stata omessa o sia nulla), e al resistente un termine, non inferiore a 5 giorni prima dell'udienza, per costituirsi in giudizio. In questa fase non è prevista alcuna particolare preclusione concernente le richieste istruttorie e le produzioni documentali delle parti, che non potranno mancare nel ricorso introduttivo, ma che non sono prescritte a pena di decadenza. c. 49 - disciplina del procedimento - il giudice, sentite le parti e omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione indispensabili richiesti dalle parti o disposti d'ufficio (art 421), e provvede, con ordinanza immediatamente esecutiva, all'accoglimento o al rigetto della domanda. I poteri istruttori officiosi del giudice coincidono con quelli già esaminati. (= procedimento cautelare uniforme, art 669sexies, c. 1) -> il che, unito alla circostanza che nei confronti dell'ordinanza di accoglimento o di rigetto sia prevista un'opposizione al medesimo ufficio giudiziario, lascia intendere che il legislatore ha inteso configurare un procedimento a cognizione sommaria di natura non cautelare (vol I, §§9-10), la cui concreta disciplina è ampiamente rimessa, salvo che per la fase introduttiva, alla discrezionalità del giudice, vincolato esclusivamente a garantire l'effettività del contraddittorio. 31. SEGUE: L’EVENTUALE GIUDIZIO DI OPPOSIZIONE … c. 51 - nei confronti dell'ordinanza conclusiva della fase sommaria si può proporre opposizione allo stesso tribunale che l'ha pronunciata, da promuoversi con ricorso da depositare, a pena di decadenza, entro 30 giorni dalla notificazione del provvedimento o dalla sua comunicazione, se anteriore - restando irrilevante l'eventuale lettura del provvedimento in udienza. Le controversie in materia di previdenza e assistenza obbligatoria sono assoggettate a tutte le disposizioni dettate per le controversie individuali di lavoro (fanno eccezione le cause relative ai soli interessi o accessori da ritardato pagamento di prestazioni previdenziali o assistenziali, che sono attribuite alla competenza del giudice di pace e seguono il rito applicabile dinanzi a tale giudice, art 442, c. 1), ma con alcune integrazioni e peculiarità.  In luogo del tentativo obbligatorio di conciliazione, l’art 443 prevede, quale condizione di procedibilità della domanda, il previo esaurimento dei procedimenti amministrativi eventualmente prescritti dalle leggi speciali per la composizione della controversia in sede amministrativa, oppure il decorso dei termini fissati per la conclusione dei procedimenti stessi, o ancora, in mancanza di termini, il decorso di 180 giorni dalla presentazione del ricorso amministrativo (giurisprudenza: l’omessa presentazione della domanda amministrativa concernente le prestazioni previdenziali sarebbe motivo di improponibilità della domanda giudiziale rilevabile in ogni stato e grado del processo). L'inosservanza di tale disposizione, e dunque l'improcedibilità della domanda, è però rilevabile, anche d'ufficio virgola non oltre la prima udienza di discussione.  Art 444 - la competenza spetta solitamente al tribunale, in funzione di giudice del lavoro, nella cui circoscrizione risiede l'attore oppure se l'attore risiede all'estero quello nella cui circoscrizione l'attore aveva l'ultima residenza, prima di trasferirsi all'estero (se ad agire sono gli eredi del lavoratore la competenza per territorio si determina con riguardo all'ultima residenza del defunto). Fanno eccezione le controversie in materia di infortuni sul lavoro e malattie professionali degli addetti alla navigazione o alla pesca marittima, per le quali è competente il tribunale del luogo in cui ha sede l'ufficio del porto di iscrizione della nave, e quelle concernenti gli obblighi dei datori di lavoro o l'applicazione delle relative sanzioni civili, attribuite al tribunale del luogo in cui ha sede l'ufficio dell'ente.  Se la domanda riguarda prestazioni e previdenziali o assistenziali che richiedono accertamenti tecnici, il giudice nomina uno o più consulenti tecnici, scelti in appositi albi - art 445. In questo tipo di cause, e limitatamente al processo di primo grado, il ricorso alla consulenza tecnica è obbligatorio ogni qualvolta si rendono necessarie determinate accertamenti di natura tecnica.  Gli istituti di patronato e di assistenza sociale legalmente riconosciuti hanno la possibilità, su istanza della parte assistita e in ogni grado del giudizio, di rendere informazioni ed osservazioni, orali o scritte, assimilabili a quelle che possono venire, nelle controversie di lavoro, dalle associazioni sindacali.  Art 447 - richiama espressamente l'articolo 431 nel suo complesso, e dunque anche la disposizione che consente al solo lavoratore di iniziare l'esecuzione forzata sulla base del solo dispositivo; ma non è chiaro se tale facoltà, nelle controversie ora considerate, debba essere riconosciuta soltanto al lavoratore che si sia visto riconoscere determinate prestazioni previdenziali o assistenziali oppure senza distinzione alcuna ad ogni parte vittoriosa.  Regime delle spese: si esclude, nei giudizi promossi per ottenere prestazioni previdenziali o assistenziali, e al di fuori dell'ipotesi di responsabilità aggravata per lite temeraria (vol I, §156), la condanna alle spese della parte soccombente il cui reddito imponibile Irpef sia inferiore ad un determinato importo; e per altro verso, con una limitazione di dubbia costituzionalità, si prevede che le spese, competenze ed onorari liquidati dal giudice nei giudizi per prestazioni previdenziali non possano comunque superare il valore della prestazione dedotta in giudizio, che deve a tal fine risultare, a pena di inammissibilità del ricorso, da un'apposita dichiarazione, inserita nelle conclusioni dell'atto introduttivo. Regime controversie in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, nonché di pensione di inabilità e di assegno di invalidità – pag 64. CAPITOLO III LE CONTROVERSIE IN MATERIA DI LOCAZIONE O COMODATO DI IMMOBILI E DI AFFITTO DI AZIENDE 34. LE MODESTE DIFFERENZE RISPETTO AL RITO DEL LAVORO. La riforma del 1990 ha opportunamente unificato tanto la competenza quanto la disciplina processuale delle cause di locazione di immobili urbani (immobili adibiti ad uso abitativo oppure ad una delle attività di cui all’art 27 della l. n. 392/1978), attribuendole per materia al giudice togato ed assoggettandoli ad un rito che, fatta salva qualche lieve differenza, ricalca fedelmente il modello delle controversie individuali di lavoro. Il legislatore ha assimilato alle cause di locazione quelle in materia di comodato di immobili urbani e quelle di affitto di aziende (se aziende agrarie, spettano alle relative sezioni specializzate). Esplicito rinvio alla maggior parte delle disposizioni racchiuse negli artt da 414 a 441, in quanto applicabili, con le modeste differenze che seguono:  la competenza per territorio spetta in ogni caso al giudice del luogo in cui è situato l'immobile o l'azienda, essendo nulla ogni diversa pattuizione fra le parti, art 447bis, c. 2;  il giudice può disporre d'ufficio in qualunque momento l'ispezione della cosa e l'ammissione di ogni mezzo di prova, ad eccezione del giuramento decisorio, nonché la richiesta di informazioni, sia scritte che orali, alle associazioni di categoria indicate dalle parti, ma senza poter superare i limiti di ammissibilità previsti per ciascuna prova dal codice civile;  è possibile la pronuncia dell'ordinanza di pagamento delle somme non contestate, ma non anche di quella concernente il pagamento di una somma a titolo provvisorio, per il caso in cui il giudice ritenga il diritto accertato e nei limiti per cui ritiene già raggiunta la prova;  all'esecuzione della sentenza può sempre procedersi con la sola copia del dispositivo in pendenza del termine per il deposito della sentenza, e l'inibitoria può essere disposta dal giudice ad quem, senza limitazioni quantitative ed ancor prima che l'esecuzione sia iniziata, allorché da quest'ultima possa derivare alla parte soccombente un gravissimo danno;  è esclusa l'applicazione dell'articolo 429, c. 3, che prevede la rivalutazione automatica dei crediti di lavoro e dell'articolo 432, che consente al giudice di liquidare in via equitativa la somma dovuta. CAPITOLO IV I PROCESSI DI SEPARAZIONE PERSONALE E DIVORZIO IL PROCESSO DI SEPARAZIONE PERSONALE DEI CONIUGI 35. LA COMPETENZA E LA FASE INTRODUTTIVA. Testo originario del codice - disciplina molto scarna e lacunosa; l. n. 74/1987 ha esteso temporaneamente a tale processo le puntuali disposizioni contenute nell’art 4 della l. n. 898/1970, riguardanti il divorzio. Riforme 2005-2006 - autonoma regolamentazione, che è rimasta per molti aspetti analoga a quella del giudizio di scioglimento del matrimonio (anch'essa contestualmente riformata). Peculiarità del giudizio di separazione personale dei coniugi riguardano la fase iniziale, caratterizzata dalla comparizione dei coniugi dinanzi al presidente del tribunale per l'esperimento di un tentativo di conciliazione, ed il raccordo con la fase successiva di trattazione ed istruzione della causa, retta dalla disciplina ordinaria del processo di cognizione davanti al tribunale (che giudica in composizione collegiale, stante l'obbligatorietà dell'intervento del pm). Competenza per territorio – art 706 - tribunale del luogo dell'ultima residenza comune dei coniugi. Altrimenti criterio generale della residenza o del domicilio attuali del convenuto; in via ulteriormente subordinata, se il coniuge è convenuto risiede o è domiciliato all'estero ovvero è irreperibile, la domanda si propone dinanzi al tribunale del luogo di residenza di domicilio dell'attore oppure, se anche l'attore risiede ed è domiciliato all’estero, davanti a qualunque tribunale italiano – vedi anche art 32 l. 218/1995 e regolamento CE n. 2201/2003. Il giudizio si instaura con il deposito di un ricorso, che deve contenere l'esposizione dei fatti sui quali la domanda è fondata e deve altresì indicare l'esistenza di figli di entrambi i coniugi. Nei 5 giorni successivi il presidente del tribunale fissa con decreto la data dell'udienza di comparizione dei coniugi dinanzi a sé, da tenersi non più tardi di 90 giorni dal deposito del ricorso, il termine entro cui il ricorrente deve far notificare il ricorso e il decreto, nonché quello in cui il coniuge convenuto può depositare una memoria difensiva ed eventuali documenti. A queste attività il convenuto può provvedere anche in un momento successivo se l'udienza presidenziale si conclude senza la conciliazione e la causa viene rimessa al giudice istruttore. Memoria e documenti, tuttavia, possono servirgli, in questa fase del processo, per contrastare le allegazioni e le richieste dell'attore in vista della pronuncia dei provvedimenti presidenziali urgenti. Entrambi i coniugi hanno l'obbligo - seppure privo di una specifica sanzione - di allegare rispettivamente al ricorso e alla memoria difensiva le ultime dichiarazioni dei redditi presentate; evidentemente perché il presidente, già all'udienza di comparizione, possa valutare le condizioni economiche di ciascuno di essi. 36. L’UDIENZA PRESIDENZIALE ED I CONSEGUENTI PROVVEDIMENTI TEMPORANEI E URGENTI. I coniugi devono comparire personalmente con l'assistenza del difensore – art 707; parrebbe doversi intendere nel senso che l'obbligo di comparizione personale non esclude la possibilità di farsi assistere da un avvocato, a cui peraltro le parti potrebbero anche rinunciare - fase che non implica il compimento di veri e propri atti processuali ne presuppone una vera e propria costituzione in giudizio. Se il ricorrente omette di presentarsi oppure rinuncia al ricorso, la domanda di separazione resta priva di effetti. Se è il coniuge convenuto a non presentarsi, il presidente - prescindendo dall'eventuale rilievo di vizi della prima notificazione che renderebbero doveroso il rinvio - può discrezionalmente fissare una nuova data per l'udienza di comparizione ordinando che sia reiterata la notificazione del ricorso e del nuovo decreto al convenuto medesimo. La comparizione personale delle parti è strumentale all'esperimento del tentativo di conciliazione, in vista del quale il presidente deve sentire i coniugi dapprima separatamente e poi congiuntamente. Se il tentativo sortisce esito positivo il presidente fa redigere processo verbale dell'avvenuta conciliazione; in caso contrario, come pure nell'ipotesi in cui il tentativo di conciliazione non possa aver luogo per la mancata comparizione del convenuto, pronuncia anche d'ufficio, con ordinanza, dopo aver sentito le parti ed i rispettivi difensori, i provvedimenti temporanei e urgenti che reputa opportuni nell'interesse della prole e dei coniugi, designando altresì il giudice istruttore e fissando l'udienza di comparizione e trattazione dinanzi a lui -> l'ordinanza presidenziale riguarda tanto i rapporti patrimoniali tra i coniugi (art 156 cc), con l'eventuale riconoscimento di un assegno di mantenimento e/o l'attribuzione dell'abitazione della casa familiare ad uno di loro (il godimento della casa familiare deve disporsi nell'esclusivo interesse della prove e pertanto può riconoscersi al solo coniuge cui i figli siano stati affidati), quanto l'affidamento (condiviso o esclusivo), il mantenimento, l'educazione e l'istruzione dei figli (artt. Da 337bis a 337septies cc) - si prevede limitatamente a questi ultimi provvedimenti che il giudice, qualora nel ravvisi l'opportunità ed ottenga il consenso delle parti, possa rinviarne l'adozione per dar modo ai coniugi, con l’ausilio di esperti, di tentare una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell'interesse morale e materiale dei figli. È lecito pensare che siffatto rinvio sia consentito anche all'udienza davanti al presidente del tribunale, il quale potrebbe differire la pronuncia dei predetti provvedimenti alla successiva fase dinanzi al giudice istruttore. Non è chiaro invece se debba applicarsi Art 711 - esso inizia, di regola, con ricorso di entrambi i coniugi, che il presidente del tribunale deve poi sentire in un'udienza dinanzi a sé, per tentarne la conciliazione negli stessi modi stabiliti dall'articolo 708 per la separazione giudiziale. È possibile che il ricorso sia presentato da uno soltanto dei coniugi, e in tale eventualità si richiama l'articolo 706, da cui si evince la necessità che il ricorso e il decreto di fissazione dell'udienza presidenziale siano poi notificati a cura del ricorrente, all'altro coniuge. E tale disposizione legittima la prassi secondo cui pur essendo stata inizialmente richiesta la separazione giudiziale, è possibile che essa si converta, strada facendo, in consensuale, allorché sopraggiunga, dinanzi al presidente o finanche nel prosieguo del procedimento davanti al giudice istruttore, l'accordo dei coniugi per tale diversa soluzione e per le relative condizioni. In caso di fallimento del tentativo di conciliazione, si dà atto nel verbale del consenso dei coniugi alla separazione e delle condizioni riguardanti i coniugi stessi e la prole (solitamente già indicate nel ricorso), deve ritenersi che almeno fino a questo momento ciascuno dei coniugi possa revocare il consenso inizialmente manifestato, con l'effetto di impedire la omologazione della separazione - questione largamente controversa. L’accordo delle parti è di per sé inidoneo a determinare alcuna modificazione dello status coniugale e dei diritti che ne derivano -> omologazione è il provvedimento di giurisdizione volontaria con cui il tribunale, pronunciando in camera di consiglio con decreto, conferisce efficacia al predetto accordo, dopo aver verificato che esso, per la parte relativa all'affidamento al mantenimento dei figli, non contrasti con l'interesse di questi ultimi. Impugnazione: reclamo alla corte d'appello – art 739. L’opinione prevalente, muovendo dalla natura negoziale dell'accordo dei coniugi che essa presuppone, ritiene esperibili, in linea di principio, i rimedi di natura sostanziale previsti per i vizi del consenso e della capacità, mentre i dubbi maggiori riguardano la revocabilità dell'omologazione per simulazione. 40. IL PROCEDIMENTO PER LA MODIFICA DEI PROVVEDIMENTI RELATIVI ALLA SEPARAZIONE. Art 710 - Le parti, dopo la conclusione del giudizio di separazione, possono sempre chiedere, con le forme del procedimento in camera di consiglio, la modificazione dei provvedimenti in esso pronunciati con riguardo ai coniugi stessi (es in merito alla misura dell'assegno di mantenimento accordato ad uno di essi) (esclusa la possibilità di mutare il titolo della separazione, chiedendo in questa sede cioè l'addebito della stessa all'altro coniuge) oppure alla prole (es per quel che concerne l'affidamento dei figli minori o la misura del contributo al loro mantenimento) (è obbligatoria la partecipazione del pm) (il procedimento in esame è utilizzabile anche per la modifica degli accordi intervenuti in sede di separazione consensuale). La modificazione la revoca devono ritenersi consentiti, relativamente ai rapporti patrimoniali tra i coniugi, esclusivamente alla luce di giustificati motivi sopravvenuti (art 156, c. 7, cc). analoga limitazione parrebbe non valere per i provvedimenti concernenti l'affidamento dei figli, l'attribuzione dell'esercizio della potestà su di essi e la misura o le modalità del contributo al loro mantenimento la cui revisione può essere domandata in ogni tempo. La disciplina del procedimento è assai scarna, giacché trovano applicazione le norme dei procedimenti camerali, di cui agli artt 737 ss; con la precisazione che l'assunzione delle prove ammesse può essere delegata ad uno dei componenti del collegio. Il tribunale competente per territorio deve individuarsi non già con riguardo ai fori indicati dall'articolo 706 per il giudizio di separazione, bensì in base ai criteri generali. Si consente al tribunale, nel caso in cui il procedimento non possa essere immediatamente definito (necessità di assunzione di prove costituende), di adottare provvedimenti provvisori ulteriormente modificabili nel proseguo del giudizio nonché con la decisione definitiva. La natura di tali provvedimenti sembra del tutto analoga a quella dei provvedimenti temporanei ed urgenti pronunciabili, nel giudizio di separazione, tanto dal presidente quanto dal giudice istruttore -> è lecito pensare che ad essi debba applicarsi analogicamente anche la disposizione dell'articolo 708 che prevede la possibilità di reclamo alla corte d'appello - soluzione alla quale potrebbe pervenirsi anche in virtù dell'articolo 739 che si riferisce genericamente ai decreti pronunciati dal tribunale in camera di consiglio. Decisione: in virtù del rinvio alla disciplina del procedimento camerale, essa deve rivestire la forma del decreto motivato ora reclamabile alla corte d'appello ai sensi dell'articolo 739. Dubbi circa l'impugnabilità del decreto reso dalla corte d'appello in sede di reclamo, discutendo così se esso sia o no ricorribile per cassazione in forza dell'articolo 111 Cost. Era opinione diffusa che il ricorso dovesse ammettersi solamente contro i provvedimenti riguardanti i rapporti patrimoniali tra i coniugi e non contro quelli concernenti l'affidamento (e secondo alcuni anche il mantenimento) dei figli o l'esercizio della potestà su di essi, da ricomprendersi nell'ambito della giurisdizione volontaria e comunque inidonei al giudicato, poiché revocabili e modificabili in ogni momento. Una siffatta distinzione - ripudiata dalla giurisprudenza più recente – non è giustificata, sia perché anche ai provvedimenti che incidono sui rapporti personali tra genitori e figli deve riconoscersi una natura schiettamente contenziosa, sia perché l'ammissibilità del ricorso straordinario per Cassazione non può essere esclusa, di per sé, dall'eventuale modificabilità e revocabilità del provvedimento in un successivo processo. 41. CENNI SULLA NEGOZIAZIONE ASSISTITA IN MATERIA DI SEPARAZIONE O DIVORZIO E SUGLI ACCORDI STIPULABILI DINANZI AL SINDACO. D.l. n. 132/2014 - possibilità di pervenire alla separazione o al divorzio senza l'intervento del tribunale attraverso un accordo stipulato in virtù di una convenzione di negoziazione assistita (vol II, §7) oppure concluso dinanzi al sindaco quale ufficiale dello stato civile -> separazione consensuale; cessazione degli effetti civili; scioglimento del matrimonio; modifica delle condizioni di separazione o di divorzio anteriormente fissate. L'accordo dinanzi al sindaco non è utilizzabile in presenza di figli minori oppure di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti.  L'accordo raggiunto in seguito a negoziazione assistita (art 4). Il legislatore menziona separatamente la convenzione di NA e l'accordo raggiunto a seguito di tale convenzione. Ciò che rileva è esclusivamente l'eventuale accordo, cui le parti potrebbero pervenire senza passare attraverso una preventiva formalizzazione della suddetta convenzione (che sarebbe eventualmente disciplinata dalle disposizioni generali racchiuse nell’art 2); accordo che tiene luogo dei corrispondenti provvedimenti giudiziali (di separazione, di divorzio o di modifica delle relative condizioni) ed è egualmente soggetto ad annotazione, iscrizione e trascrizione negli atti e negli archivi dello stato civile. È richiesto che ciascuno dei coniugi sia assistito da almeno un proprio avvocato e che nell'accordo si dia atto che gli avvocati hanno tentato di conciliare le parti e le hanno informate della possibilità di esperire la mediazione familiare nonché - in presenza di figli minori - dell'importanza per il minore di trascorrere tempi adeguati con ciascuno dei genitori. Disposizioni da integrarsi con l'articolo 5, il quale prevede che gli avvocati certifichino l'autografia delle firme delle parti, nonché la conformità dell'accordo alle norme imperative e all'ordine pubblico. Una volta raggiunto l'accordo, il procedimento è diverso a seconda che vi siano o no figli minori o incapaci o portatori di handicap grave o economicamente non autosufficienti. Nel primo caso l'accordo deve essere trasmesso entro 10 giorni al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente (criteri che sarebbero utilizzabili per l'instaurazione del corrispondente giudizio), cui è attribuito il delicato compito di verificare che l'accordo medesimo risponda all'interesse dei figli: se il giudizio è positivo, il procuratore lo autorizza; in caso contrario deve trasmetterlo entro 5 giorni al presidente del tribunale, il quale fissa nei successivi 30 giorni la comparizione delle parti e provvede senza ritardo - si discute se il presidente possa in qualche misura sindacare ed eventualmente modificare il giudizio negativo espresso dal pm, oppure possa autorizzare l'accordo delle parti nel solo caso in cui queste ultime abbiano accettato di emendarlo secondo le indicazioni dello stesso PM. Qualora si aderisca a quest'ultima soluzione, si pone l'ulteriore problema di stabilire se e con quali modalità le parti possono dar seguito al procedimento laddove non intendono uniformarsi alle indicazioni del pm. Nel secondo caso l'accordo è egualmente trasmesso al procuratore della Repubblica (non previsto uno specifico termine), che tuttavia, non essendovi soggetti deboli da tutelare, deve solo verificare, prima di concedere il suo nullaosta, che non vi siano irregolarità. In entrambi i casi, dopo che siano intervenuti l'autorizzazione o il nullaosta del procuratore, gli avvocati sono tenuti a trasmettere all'ufficiale dello stato civile del comune in cui il matrimonio era stato iscritto e trascritto, entro 10 giorni, una copia, da essi stessi autenticata, dell'accordo - può provvedere uno soltanto degli avvocati e in caso di inosservanza di tale obbligo si prevede una sanzione amministrativa compresa tra 2000 e 10.000 €.  L'accordo concluso dinanzi al sindaco (art 12). In assenza di figli minori o incapaci o portatori di handicap grave o economicamente non autosufficienti, i coniugi possono anche concludere un accordo di separazione o di divorzio o di modifica delle relative condizioni dinanzi al sindaco del comune di residenza di uno di loro ovvero del comune presso cui era stato iscritto e trascritto l'atto di matrimonio. l'assistenza dell'avvocato è meramente facoltativa e il sindaco, che opera in veste di ufficiale dello stato civile, si limita a ricevere dalle parti personalmente la dichiarazione della volontà di separarsi o di divorziare o di modificare le precedenti condizioni di separazione o di divorzio e a far loro sottoscrivere , immediatamente dopo, il relativo atto . Peraltro, al di fuori dell'ipotesi in cui si tratti di mera modifica delle condizioni, è previsto che l'ufficiale dello stato civile dopo aver ricevuto le suddette dichiarazioni dei coniugi, debba invitare questi ultimi a comparire nuovamente dinanzi a sé non prima di 30 giorni, al fine di confermare l'accordo già raggiunto. In tal modo viene assicurata ciascuno dei coniugi la possibilità di un ripensamento, che potrebbe essere finanche tacito, tenuto conto che l'omessa comparizione al nuovo incontro equivale senz'altro a mancata conferma dell'accordo. L'accordo delle parti non può contenere patti di trasferimento patrimoniale, da intendersi come patti che trasferiscano la proprietà di beni. IL PROCESSO DI DIVORZIO 42. LA COMPETENZA E LA FASE INTRODUTTIVA. Differenze minime dal punto di vista processuale. Competenza: il tribunale giudica in composizione collegiale in considerazione dell'obbligatorio intervento del pm; per la competenza territoriale: criteri del tutto identici. A questo riguardo è intervenuta la Corte costituzionale, reputando irragionevole il criterio prioritario rappresentato dall'ultima residenza comune dei coniugi, che, qualora il giudizio di divorzio sia instaurato a notevole distanza di tempo dal venir meno della convivenza, potrebbe costringere il ricorrente ad a dire il tribunale di un luogo che non ha più un effettivo collegamento con alcuna delle parti -> il criterio principale è divenuto quello della residenza o del domicilio attuale del coniuge convenuto, salva l'applicazione dei criteri sussidiari allorché il convenuto risieda all'estero o sia irreperibile. Fase introduttiva: è sufficiente, oltre agli elementi di carattere generale, la sola esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali la domanda si fonda, accompagnata dall'indicazione dell'eventuale esistenza di l'effettiva portata del titolo possa essere determinata ed integrata anche utilizzando gli atti del relativo processo ed i documenti in esso prodotti. Esigibilità: il diritto non deve essere soggetto a termine (non ancora scaduto) ovvero a condizione sospensiva (non ancora avveratasi). Certezza: non può intendersi esistenza del diritto, poiché ciò contrasterebbe con l'astrattezza che caratterizza l'azione esecutiva (vol I, §11), spesso svincolata da un vero e proprio preventivo accertamento del diritto medesimo. È verosimile che tale requisito alluda piuttosto all'esigenza che il diritto sia compiutamente determinabile, nei suoi elementi oggettivi e soggettivi, in base al titolo esecutivo; il che, ove si consideri che la medesima funzione è assolta, per i diritti aventi ad oggetto prestazioni di dare, dal requisito della liquidità, parrebbe assumere qualche concreta rilevanza solo in relazione all'esecuzione in forma specifica diretta ad attuare obblighi di fare o di disfare. L'esistenza di un titolo esecutivo è necessaria non soltanto per iniziare l'esecuzione forzata, ma pure per portarla a compimento; il che significa che l'eventuale venir meno del titolo nel corso del processo esecutivo ne impedirebbe la prosecuzione - a meno che, trattandosi di espropriazione forzata, non sia intervenuto nel frattempo un altro creditore munito a sua volta di titolo esecutivo. Laddove il titolo sia costituito da un provvedimento giurisdizionale, l'eventuale sospensione della sua esecutività provvisoria, intervenuta dopo l'inizio dell'esecuzione forzata, non travolga gli atti già compiuti, ma implichi solamente la sospensione del processo esecutivo. 46. IL TITOLO ESECUTIVO EUROPEO PER I CREDITI NON CONTESTATI (CENNI). 47. LA SPEDIZIONE DEL TITOLO IN FORMA ESECUTIVA. Per le sentenze e per gli altri provvedimenti dell'autorità giudiziaria, come pure per gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale, l'idoneità a valere come titolo esecutivo è subordinata ad un elemento formale, rappresentato dalla intestazione Repubblica italiana - In nome della legge e dalla apposizione sul titolo medesimo della formula esecutiva, che così recita: Comandiamo a tutti gli ufficiali giudiziari che ne siano richiesti e a chiunque spetti, di mettere a esecuzione il presente titolo, al pm di darvi assistenza, e a tutti gli ufficiali della forza pubblica di concorrervi, qualora ne siano legalmente richiesti (art 475). L'idea è che, trattandosi di titoli il cui originale trovasi depositato, a seconda dei casi, presso la cancelleria o presso il pubblico ufficiale che l'ha ricevuto, il creditore procedente non può che servirsi di una copia autentica; sicché si vuole evitare che egli possa utilizzare più copie per promuovere una pluralità di processi esecutivi. Si spiega, dunque, perché la spedizione in forma esecutiva (ossia il rilascio di una copia munita della predetta formula esecutiva) sia consentita per una volta soltanto a favore di una determinata parte, sotto comminatoria di una pesante sanzione pecuniaria a carico del cancelliere o del pubblico ufficiale che contravvenga al divieto – art 476. Qualora ricorra un giusto motivo, il rilascio di ulteriori copie esecutive può essere chiesto dalla parte interessata al capo dell'ufficio da cui è stato reso il provvedimento, se si tratta di titolo giudiziale, o altrimenti al presidente del tribunale nella cui circoscrizione l'atto fu formato. Per i titoli esecutivi di altro genere - tra cui gli accordi a seguito di negoziazione assistita, le scritture private autenticate e i titoli di credito - il cui originale resta nelle mani del creditore, l'apposizione della formula esecutiva non è prevista - qualche dubbio potrebbe prospettarsi riguardo al verbale di conciliazione che non è un provvedimento. Esso sembra assimilabile, a seconda dei casi, ai titoli giudiziali allorché, non essendosi formato dinanzi al giudice, venga munito di esecutività attraverso un decreto del giudice stesso, o altrimenti agli atti ricevuti da pubblico ufficiale. In entrambe le ipotesi parrebbe necessaria la spedizione del titolo in forma esecutiva. 48. LA LEGITTIMAZIONE, ATTIVA E PASSIVA, ALL’AZIONE ESECUTIVA. LA SUCCESSIONE NEL PROCESSO ESECUTIVO. In considerazione della natura astratta dell’azione esecutiva, il principio è che deve aversi, in primo luogo, riguardo a ciò che emerge dal titolo esecutivo. I problemi sorgono allorché il diritto risultante dal titolo abbia subito, sul piano sostanziale, modificazioni dal lato attivo o passivo, vuoi prima dell'inizio dell'esecuzione e magari nel corso del processo di cognizione, vuoi a processo esecutivo già avviato; dovendosi allora stabilire se ed in quale misura tali modificazioni agiscano sul processo esecutivo, già in corso oppure non ancora iniziato: se sia possibile, cioè, che il processo esecutivo sia intrapreso o proseguito da o nei confronti di soggetti diversi da quelli indicati nel titolo, che siano a questi ultimi succeduti nel diritto o nell’obbligo posto a base del titolo medesimo. Art 475, c. 2 - la spedizione in forma esecutiva può farsi solamente alla parte a favore della quale fu pronunciato il provvedimento o stipulata l'obbligazione, o ai suoi successori, indicando in calce alla copia la persona alla quale essa è rilasciata. Art 477, c. 1 - il titolo esecutivo contro il defunto è senz'altro efficace contro gli eredi. La titolarità attiva dell'azione esecutiva si estende a tutti i successori della parte creditrice indicata nel titolo (nell'ipotesi in cui nel corso del processo di cognizione si sia verificato un evento interruttivo non dichiarato dal difensore, la giurisprudenza esclude che per l'azione esecutiva possa invocarsi l'ultrattività del mandato, vol II, §160, e dunque che essa possa essere intrapresa in nome della parte originaria, in forza della procura a suo tempo da lei conferita al difensore); quella passiva riguardi esclusivamente gli eredi (ossia i successori universali); il che significherebbe escludere che il titolo sia direttamente efficace contro il successore a titolo particolare del debitore. Se però si considera che il debitore stesso, laddove la successione si realizzi nel corso del processo di cognizione, subisce, di regola, gli effetti anche esecutivi della sentenza pronunciata nei confronti del suo dante causa (vol I, §118), può comprendersi perché l'opinione dominante interpreti estensivamente l'articolo 477, ammettendo che il titolo esecutivo è utilizzabile pure contro il successore il cui acquisto sia posteriore alla formazione del titolo nei confronti del suo dante causa - il problema si pone pressoché esclusivamente nell'esecuzione in forma specifica, essendo molto meno frequenti le ipotesi di successione a titolo particolare nel debito. La legittimazione attiva o passiva del successore a titolo particolare concorre con quella della parte originaria; se la successione si verifica dal lato passivo, il creditore procedente ben potrebbe ignorarla senza alcuna sua colpa - diversa sarebbe l'ipotesi della successione universale, dipendente dalla morte dell'originario debitore o creditore (o estinzione quando si tratti di soggetto diverso dalla persona fisica), giacché in tal caso l'esecuzione non potrebbe che promuoversi da parte degli eredi (ho comunque dei successori) ovvero nei loro confronti. Non essendo previsto alcun controllo giudiziale preventivo circa la legittimazione attiva del creditore procedente né circa la legittimazione passiva del soggetto nei cui confronti l'esecuzione viene intrapresa, ed essendo difficile immaginare che un siffatto controllo possa essere demandato, rispettivamente, al cancelliere, in sede di rilascio della copia in forma esecutiva, oppure all'ufficiale giudiziario cui si ha chiesto di dar corso all'esecuzione, l'effettiva verifica di tale legittimazione resta subordinata all'eventualità che il debitore la contesti tramite un'opposizione all'esecuzione. Il mutamento della titolarità del diritto o dell'obbligo risultanti dal titolo si realizza nel corso del processo esecutivo -> i dubbi investono l'applicabilità degli artt 110 e 111 - riguardanti la successione universale e quella a titolo particolare (vol I, §§117-118) - che sembrano concepiti con esclusivo riferimento al processo di cognizione. Successione universale - tenuto anche conto del ruolo più modesto che compete al contraddittorio nel processo esecutivo, è pacifico che quest'ultimo debba proseguire indisturbato, pur quando si tratti di successione mortis causa, poiché non trova in esso applicazione l'istituto dell'interruzione; ferma restando la possibilità che il successore eserciti nel procedimento i poteri processuali che sarebbero spettati al suo dante causa (es in caso di successione dal lato passivo, per contestare, tramite un'opposizione, la legittimità dell'esecuzione oppure per chiedere la riduzione o la conversione del pignoramento). In base alla soluzione più persuasiva, deve ritenersi che il successore abbia diritto ad essere sentito nelle medesime ipotesi in cui sarebbe stata necessaria l'audizione della parte originaria. Successione a titolo particolare - l'opinione prevalente esclude una diretta applicazione dell'articolo 111 - si è soliti ammettere che, se il trasferimento del diritto recato dal titolo avviene a processo esecutivo già iniziato, la legittimazione attiva e passiva delle parti originarie non ne risenta; le maggiori dispute riguardano i poteri e le prerogative processuali del successore, soprattutto nelle ipotesi in cui la successione si realizzi dal lato del debitore esecutato. 49. GLI ATTI PRELIMINARI ALL’INIZIO DELL’ESECUZIONE: NOTIFICAZIONE DEL TITOLO ESECUTIVO E PRECETTO. Art 479, c. 1 - l'inizio dell'esecuzione forzata deve essere preceduto dalla notificazione del titolo in forma esecutiva e dalla notificazione del precetto, che costituisce una sorta di ultimatum del creditore al debitore affinché adempia l'obbligo risultante dal titolo. La notificazione del titolo esecutivo ed il precetto non appartengono ancora all'esecuzione forzata, bensì rappresentano atti ad essa preliminari. L'esecuzione deve essere iniziata entro 90 giorni dalla notifica del precetto (termine che resta automaticamente sospeso qualora sia proposta opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi), altrimenti quest'ultimo diverrebbe inefficace e dovrebbe essere reiterato (art 481) - si ritiene che una volta iniziata tempestivamente l'esecuzione, non occorra reiterare l'atto di precetto prima di dar corso ad ulteriori eventuali azioni esecutive. Il precetto può essere redatto di seguito al titolo esecutivo (munito della formula esecutiva) e può essere notificato unitamente ad esso, tanto più che per entrambi gli atti la notifica deve essere indirizzata alla parte personalmente – artt 137 ss. Quando il titolo è rappresentato da una sentenza, la sua notifica, diretta al difensore del soccombente ed occorrente per far decorrere il termine breve per l'impugnazione, non sarebbe idonea ai fini dell'esecuzione forzata. In alcuni casi la notificazione del precetto deve essere necessariamente successiva a quella del titolo in forma esecutiva, essendo soggetta ad un termine dilatorio. Così quando l'esecuzione sia promossa contro gli eredi della parte indicata nel titolo, la notificazione del precetto, che deve essere comunque diretta agli eredi medesimi, esige che siano trascorsi almeno 10 giorni dalla notificazione del titolo e peraltro può essere eseguita, entro un anno dalla morte, agli eredi collettivamente ed impersonalmente, presso l'ultimo domicilio del defunto (art 477, c. 2) (se la morte del debitore sopraggiunge dopo che il titolo esecutivo ed il precetto erano già stati a lui notificati (ma prima dell'inizio dell'esecuzione vera e propria), entrambe le notificazioni devono essere reiterate nei confronti degli eredi); quando l'esecuzione sia diretta contro un'amministrazione dello Stato o un ente pubblico non economico, il creditore deve attendere almeno 120 giorni prima di poter notificare il precetto -> si mira a favorire il debitore e ad evitargli, in caso di tempestivo adempimento, le maggiori spese che deriverebbero già dal precetto. Per i titoli esecutivi per i quali la legge non prescrive la spedizione in forma esecutiva non è neppure prevista l'autonoma notificazione, solitamente rimpiazzata da una trascrizione integrale del titolo medesimo all'interno dell'atto di precetto. le varie attività, spesso meramente materiali, occorrenti per il concreto soddisfacimento dei creditori; attività che spesso competono da altri soggetti: es ufficiale giudiziario, cui spetta un ruolo di primo piano nella fase iniziale del procedimento, oppure il professionista a cui siano state delegate le operazioni di vendita dei beni pignorati. Il processo di espropriazione non si snoda tra un'udienza e l'altra – art 485 - il giudice fissa con decreto un'udienza per l'audizione delle parti e degli eventuali altri interessati solamente quando è la legge a richiederlo oppure il giudice stesso a ritenerlo necessario. Il processo esecutivo in genere avrebbe una struttura intrinsecamente unilaterale, caratterizzata da un ontologica diseguaglianza tra creditore e debitore, sicché in esso non troverebbe spazio un vero e proprio contraddittorio e la stessa audizione delle parti, perfino quando è prescritta dalla legge, servirebbe solamente a consentire il più proficuo ed informato esercizio dei poteri attribuiti al giudice dell'esecuzione - con la specifica conseguenza che i vizi relativi alla convocazione delle parti non sarebbero, di per sé soli, motivo di invalidità del successivo provvedimento e degli atti esecutivi dallo stesso dipendenti. Siffatta impostazione appare tuttavia p persuasiva alla luce dell'odierno articolo 111, c. 2, Cost, che sancisce l'essenzialità del contraddittorio in qualunque processo e pertanto impone una rilettura costituzionalmente orientata delle disposizioni del codice. Tenuto conto dell'astrattezza dell'azione esecutiva, che trova un presupposto necessario e sufficiente nell'esistenza di un titolo esecutivo come formalmente definito dall’articolo 474, il contraddittorio potrà riguardare non già le questioni comunque concernenti l'esistenza del diritto risultante dal titolo (che possono essere oggetto di separate e parentesi di cognizione, instaurate dal debitore o dal terzo illegittimamente colpito dalle espropriazione), ma soltanto quelle che incidono sui possibili provvedimenti del giudice dell'esecuzione, nei casi previsti dalla legge nonché quando il giudice stesso è chiamato a decidere su domande o istanze proposte dalle parti a norma dell'articolo 486 (che prevede che tali domande o istanze possano proporsi direttamente in udienza anche oralmente oppure tramite ricorso depositato in cancelleria. Art 489 - per agevolare le notificazioni e le comunicazioni dirette ai creditori, si prevede che esse si eseguano nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto - nel comune in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione – oppure, in mancanza, presso la cancelleria del giudice stesso -> =art 492, c. 2 per il debitore. Nell'espropriazione è prescritta l'iscrizione al ruolo (nell'espropriazione forzata peraltro il pagamento del contributo unificato è di regola dovuto non già al momento dell'iscrizione al ruolo, bensì quando il creditore fa istanza per l'assegnazione o la vendita dei beni pignorati) e la formazione di un fascicolo d'ufficio (informatico), che avviene in seguito al deposito in cancelleria da parte del creditore procedente ed esclusivamente con modalità telematiche della nota di iscrizione a ruolo e di copia conforme del titolo esecutivo, del precetto e dell'atto di pignoramento o del relativo verbale ad opera del creditore procedente (artt 518, c. 6, 521bis, c. 5, 543, c. 4 e 557). In tale fascicolo vengono inseriti tutti gli atti compiuti dal giudice, dal cancelliere o dall'ufficiale giudiziario nonché gli atti e i documenti depositati dalle parti e dagli altri eventuali interessati (art 488). Forme di pubblicità spesso prescritte nell'espropriazione forzata – art 490 - modalità di carattere generale: pubblicazione di un avviso (a pagamento quando riguarda beni immobili o beni mobili registrati), contenente tutti i dati che possono interessare al pubblico in un'apposita area del portale del ministero della giustizia denominata portale delle vendite pubbliche. L'omissione di tale pubblicazione entro il termine stabilito dal giudice è causa di estinzione del processo esecutivo, qualora dipenda da causa imputabile al creditore pignorante ovvero ai creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo - il che, però, tenuto conto che tale pubblicazione compete al professionista delegato per le operazioni di vendita o al commissionario, presuppone che alla vendita proceda eccezionalmente lo stesso giudice dell'esecuzione. 52. IL PIGNORAMENTO IN GENERALE. Tranne che per i beni mobili dati in pegno o gravati da ipoteca, l'espropriazione forzata si inizia col pignoramento (art 491), che serve ad individuare i beni del debitore (mobili, immobili, o crediti) da assoggettare all'esecuzione e a vincolarli, anche giuridicamente, alla soddisfazione del creditore procedente e di quelli eventualmente intervenuti nel processo esecutivo. Il pignoramento è un atto dell'ufficiale giudiziario e consiste essenzialmente (art 492) nella ingiunzione, rivolta al debitore, di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato i beni colpiti dal pignoramento medesimo, che ovviamente devono essere anch'essi indicati nonché i relativi frutti. Elementi di forma-contenuto comuni ad ogni tipo di pignoramento: - l'invito al debitore ad effettuare presso la cancelleria del giudice dell'esecuzione la dichiarazione di residenza o le elezione di domicilio in uno dei comuni del circondario del tribunale cui appartiene lo stesso giudice dell'esecuzione, con l'avvertimento che, in mancanza, come pure in caso di sua irreperibilità presso tali luoghi, le successive notificazioni e comunicazioni a lui dirette saranno effettuate presso la cancelleria del giudice medesimo: in assenza di un'espressa previsione di legge, deve ritenersi che l'eventuale omissione di tale invito o avvertimento imponga, nel caso in cui il debitore non abbia provveduto egualmente alla dichiarazione di residenza o elezione di domicilio, di eseguire le notificazioni e comunicazioni nei luoghi e secondo le ordinarie modalità stabiliti dagli artt 137 ss; - L'avvertimento al debitore concernente la possibilità di chiedere dopo il pignoramento la conversione di quest'ultimo a norma dell'articolo 495, ossia la sostituzione delle cose o dei crediti pignorati con una somma di denaro eventualmente rateizzabile. Diversa dalla possibilità di evitare il pignoramento, versando nelle mani dell'ufficiale giudiziario la somma per cui si procede e l’importo delle spese, con l'incarico di consegnarli al creditore; diversa anche da quella di evitare più semplicemente che il pignoramento cada su cose, depositando delle mani dell'ufficiale giudiziario la somma di denaro pari all'importo per cui si procede e delle spese, aumentato di 2/10, affinché il pignoramento si realizzi su di essa; - l'avvertimento che l'eventuale opposizione all'esecuzione è inammissibile qualora sia proposta dopo che è stata disposta la vendita o l'assegnazione ai sensi degli artt 530, 552 e 569, salvo che sia fondata su fatti sopravvenuti ovvero che il proponente dimostri di non aver potuto proporla tempestivamente per causa lui non imputabile. L'avvenuta esecuzione di un pignoramento non esclude pignoramenti successivi del medesimo bene ad istanza dello stesso creditore, i quali producono effetti autonomi ed indipendenti, ancorché siano riuniti in un unico processo (art 493) -> gli eventuali vizi del primo pignoramento non possono incidere di per sé sulla validità o sull'efficacia degli altri. Il legislatore per evitare complicazioni tende ad assicurare la confluenza dei pignoramenti successivi nel procedimento avviato col primo pignoramento e nel contempo attribuisce al pignoramento successivo, seconda del momento in cui esso si realizza, i medesimi effetti che competerebbero ad un intervento, tempestivo o tardivo, del creditore. L'efficacia del pignoramento è limitata nel tempo, giacché cessa se nei successivi 45 giorni non viene presentata istanza di assegnazione o di vendita dei beni pignorati (art 497) - tale disposizione non sembra applicabile all'espropriazione presso terzi, nella quale non occorre di regola una formale ed autonoma istanza di assegnazione o di vendita. Termine che resta sospeso ex lege nel caso in cui sia proposta opposizione agli atti esecutivi - ed è altresì soggetto alla sospensione nel periodo feriale. 53. SEGUE: I POTERI DELL’UFFICIALE GIUDIZIARIO NELL’ESECUZIONE DEL PIGNORAMENTO. Art 492 - attribuisce all'ufficiale giudiziario poteri piuttosto incisivi, finalizzati all'individuazione dei beni utilmente assoggettabili all'espropriazione e di valore idoneo a soddisfare il creditore procedente. ogni qualvolta i beni pignorati appaiono insufficienti ovvero per essi appare manifesta la lunga durata della liquidazione, l'ufficiale giudiziario inviti il debitore (sebbene l'articolo 492 lascia intendere che tale invito ha luogo in occasione del pignoramento, non si esclude che esso possa intervenire in un momento successivo tramite un atto ad hoc notificato al debitore) ad indicare ulteriori beni utilmente pignorabili nonché i luoghi in cui essi si trovano ovvero le generalità dei terzi debitori avvertendolo, altresì, della sanzione prevista dall'articolo 388, c. 6 cp per il caso in cui egli ometta di rispondere entro 15 giorni o renda una falsa dichiarazione. Dalla dichiarazione del debitore, che deve essere raccolta in un processo verbale da lui sottoscritto, Ehi scaturiscono, quando è positiva, effetti diversi a seconda della natura dei beni in essa indicati. Qualora si tratti di beni mobili in possesso dello stesso debitore, essi si considerano pignorati - ad ogni effetto, anche penale - fin dal momento della dichiarazione, fermi restando gli ulteriori adempimenti dell'ufficiale giudiziario relativi alla loro materiale apprensione custodia. Se invece l'indicazione riguarda crediti oppure cose mobili in possesso di un terzo, il pignoramento si considera immediatamente perfezionato nei confronti del solo debitore, il quale è costituito senz'altro custode della somma o della cosa qualora il terzo, non avendo ancora ricevuto la notificazione dell'atto di pignoramento prevista dall'articolo 543, gli effettui successivamente il relativo pagamento o li restituisca la cosa. Se vengono indicati beni immobili, il creditore procede ai sensi degli articoli 555 e ss; il che lascia intendere che debba provvedere al relativo pignoramento secondo le specifiche modalità previste per l'espropriazione immobiliare. Il medesimo invito può essere rivolto al debitore su sollecitazione del creditore procedente quando, in seguito all'intervento di alti creditori, i beni pignorati siano divenuti insufficienti. Quando il debitore sia un imprenditore commerciale, l'ufficiale giudiziario può, su istanza del creditore procedente, invitarlo ad indicare il luogo in cui sono conservate le scritture contabili, nominando un commercialista o un avvocato o un notaio per esaminarle al fine dell'individuazione di cose e crediti pignorabili. 54. SEGUE: LA RICERCA CON MODALITA’ TELEMATICHE DEI BENI DA PIGNORARE. Art 492-bis (2014) – fine: agevolare l'individuazione di beni assoggettabili all'espropriazione - il presidente del tribunale competente, su istanza del creditore procedente e dopo averne verificato il diritto a procedere ad esecuzione forzata (ossia il solo possesso da parte del creditore istante di un idoneo titolo esecutivo), possa autorizzare la ricerca con modalità telematica dei beni da pignorare. Di regola, l’istanza deve essere preceduta dalla notifica del precetto e presuppone che sia scaduto il termine dilatorio di 10 giorni concesso al debitore per adempiere, tranne quando sussista pericolo nel ritardo. La ricerca viene effettuata dall'ufficiale giudiziario mediante collegamento telematico diretto ai dati contenuti nelle banche dati delle PA e, in particolare, nell'anagrafe tributaria, compreso l'archivio dei rapporti finanziari e in quelle degli enti previdenziali, per l'acquisizione di tutte le informazioni rilevanti per l'individuazione di cose e crediti da sottoporre ad esecuzione, comprese quelle relative ai rapporti intrattenuti dal debitore con istituti di credito e datori di lavoro o committenti - sebbene tali disposizioni siano già da tempo in vigore, la loro concreta efficacia presuppone la definizione delle relative regole tecniche e la pubblicazione, sul portale dei servizi telematici il ministero della giustizia, dell'elenco delle banche dati per le quali l'accesso da parte dell'ufficiale giudiziario è operativo. Per intanto è consentito che sia lo stesso creditore, previa autorizzazione del presidente del tribunale, a rivolgersi direttamente ai gestori delle banche dati comprese nell'anagrafe tributaria e a quelle degli enti previdenziali, per ottenere le informazioni in esse contenute. Tale disposizione troverà applicazione, in futuro, anche quando le strutture tecnologiche necessarie a consentire l'accesso diretto dell'ufficiale giudiziario e le suddette banche dati non dovessero essere funzionanti. l'aggiudicazione, anche provvisoria, o l'assegnazione dei beni pignorati - dal che si evince che essa non implica alcuna automatica sospensione del processo esecutivo. L'importo globale della somma occorrente per la conversione è determinato con un'ordinanza dal giudice dell'esecuzione, previa audizione delle parti in udienza entro 30 giorni dal deposito dell'istanza - in relazione al pignoramento immobiliare, una recentissima modifica dell'articolo 569, ha previsto che il creditore pignorante e i creditori già intervenuti, almeno 30 giorni prima dell'udienza fissata per l'autorizzazione della vendita, depositino un atto, da loro sottoscritto personalmente e previamente notificato al debitore, da cui risulti l'ammontare del rispettivo credito residuo, complessivo degli interessi già maturati, il criterio di calcolo degli interessi in corso di maturazione e l'importo delle spese sostenute fino all'udienza; e ciò proprio al fine di agevolare il giudice nella determinazione della somma occorrente per la conversione. In difetto di tale adempimento ciascun credito resta definitivamente fissato, ai fini della conversione, nell'importo indicato nell'atto di precetto o nell'atto di intervento, maggiorato dei soli interessi legali e delle spese successive. È lecito pensare, però, che tale nuova disciplina debba trovare applicazione nella sola ipotesi in cui l'istanza di conversione del pignoramento sia formulata dopo la fissazione dell'udienza di autorizzazione della vendita; e che, in caso contrario, il giudice debba invece ai sensi dell'articolo 495, fissare un'udienza ad hoc per poi provvedere sull'istanza di conversione. E con la stessa ordinanza, se il pignoramento riguarda beni (mobili o immobili) e sussistono giustificati motivi, può essere anche concessa una rateizzazione mensile del pagamento entro un termine massimo di 48 mesi, con applicazione dei relativi interessi scalari (al tasso convenzionale pattuito ovvero, in mancanza, al tasso legale) - qualora sia concessa tale rateizzazione, è previsto che il giudice disponga ogni sei mesi il pagamento in favore del creditore pignorante o la distribuzione tra i più creditori delle somme versate dal debitore. Se l'istanza di conversione è accolta, il provvedimento dispone che i beni siano liberati dal pignoramento e la somma sia ad essi sostituita; fermo restando che l'effettiva liberazione dal pignoramento presuppone il versamento integrale di tale somma, eventualmente rateizzata. Se invece il debitore non adempie al versamento, oppure, essendo stato ammesso alla rateizzazione, omette o ritarda di oltre 30 giorni di pagare anche una sola delle rate, il giudice, su richiesta del creditore procedente o di altro creditore intervenuto che sia munito di titolo esecutivo, dispone senza indugio la vendita delle cose pignorate. Art – 496 - riduzione del pignoramento – che il giudice può disporre anche d'ufficio, sentiti il creditore procedente ai creditori eventualmente intervenuti, quando il valore dei beni pignorati è superiore all'importo totale dei crediti da soddisfare e delle spese. Art 483 - pur consentendo al creditore di servirsi cumulativamente dei diversi mezzi di espropriazione forzata previsti dalla legge -> possibile eseguire una pluralità di pignoramenti, eventualmente su beni di diversa natura, per il soddisfacimento di un unico credito, indipendentemente dal rapporto tra l'entità del credito medesimo ed il complessivo valore dei beni pignorati - il giudice dell'esecuzione, su opposizione del debitore e con ordinanza non impugnabile (ma in realtà soggetta all'opposizione agli atti esecutivi prevista dall'articolo 617), possa limitare l'espropriazione al mezzo che il creditore sceglie o che lo stesso giudice, in mancanza, determina. 57. L’INTERVENTO DEI CREDITORI: I PRESUPPOSTI. Art 2755 - modestissimo privilegio speciale riconosciuto al creditore sui beni mobili relativamente alle spese sostenute per l'esecuzione. Art 493 - il creditore pignorante non gode di alcuna preferenza rispetto agli altri creditori, i quali possono assoggettare il medesimo bene ad ulteriori successivi pignoramenti (ciascuno dei quali produce effetti indipendenti anche se poi è destinato normalmente a confluire nel procedimento instaurato col primo pignoramento, risolvendosi in un intervento) oppure possono intervenire nel processo esecutivo già da altri iniziato (l'intervento, anzi, potrebbe riguardare lo stesso creditore pignorante per un credito diverso da quello a cui si riferisce il titolo esecutivo e a tutela del quale è stata iniziata, dunque, l'espropriazione): in entrambi i casi, se il pignoramento successivo o l'intervento si realizzano entro un determinato momento, tutti i creditori acquistano il diritto a partecipare alla distribuzione della somma ricavata su basi paritarie, tenuto conto esclusivamente delle cause di prelazione che eventualmente assistono i rispettivi crediti sul piano sostanziale. In passato: si consentiva l'intervento a tutti i creditori, indipendentemente dal possesso di un titolo esecutivo o dall'esistenza di una causa di prelazione del relativo credito. Riforma 2005: ha circoscritto la possibilità di intervento ad alcune categorie di creditori (art 499, c. 1): - ai creditori muniti di titolo esecutivo oppure titolari di un diritto di pegno o di un diritto di prelazione risultante da pubblici registri; - ai creditori che, anteriormente al pignoramento, avevano eseguito un sequestro sui beni pignorati; - ai creditori titolari di un credito risultante dalle scritture contabili obbligatorie previste dall'articolo 2214 cc - rispetto a quest'ultima previsione, della quale possono evidentemente giovarsi esclusivamente gli imprenditori, non anche gli altri creditori che magari posseggano una prova scritta non meno affidabile, la dottrina avanzato per i dubbi di illegittimità costituzionale. La posizione e le prerogative processuali del creditore sono considerevolmente diverse a seconda che egli possieda o no un titolo esecutivo. Se l'intervento si fonda su un titolo esecutivo, il credito si considera già certo e il creditore, che avrebbe ben potuto iniziare autonomamente l'espropriazione, ha poteri d'impulso del procedimento (artt 526 e 564), può ad es estendere il pignoramento ad altri beni oppure proporre egli stesso l'istanza di vendita dei beni pignorati. Quando il creditore è sprovvisto di titolo esecutivo, per un verso gli è preclusa la possibilità di compiere gli atti di impulso del procedimento, e peraltro verso si rende necessario una sorta di interpello del debitore, diretto a provocare il riconoscimento del credito stesso, seppure ai soli effetti dell'esecuzione: se il debitore riconosce il credito, l'interveniente è senz'altro ammesso a partecipare alla distribuzione del ricavato per il corrispondente importo; altrimenti egli ha solo il diritto ad un accantonamento temporaneo delle somme che gli spetterebbero in sede di riparto, a condizione che ne faccia istanza e dimostri di aver dato inizio, entro i 30 giorni successivi, all'azione occorrente per munirsi del titolo esecutivo. Una ulteriore distinzione è legata, almeno per i creditori chirografari, al tempo dell’intervento . La disciplina delle singole forme di espropriazione prevede che si consideri tardivo l'intervento avvenuto dopo una certa fase del procedimento, es nell'espropriazione immobiliare dopo la prima udienza fissata per l'autorizzazione della vendita. Il creditore chirografario intervenuto tardivamente viene posposto, nella distribuzione del ricavato, non soltanto ai creditori muniti di prelazione, ma pure il creditore procedente a tutti gli altri creditori intervenuti tempestivamente, sicché può soddisfarsi solamente sull'eventuale residuo (artt 528, 551 e 565); analoga limitazione subisce il creditore chirografario che esegua un nuovo pignoramento (sul medesimo bene) successivamente al momento poco anzi indicato (artt 524, c. 3, 550, c. 3 e 561, c. 3). Il creditore munito di un diritto di prelazione non subisce alcun pregiudizio dalla tardività dell'intervento e dunque conserva integro tale diritto in sede di distribuzione del ricavato. La giurisprudenza prevalente ritiene che anche i creditori intervenuti tardivamente, che siano muniti di titolo esecutivo, possano dare impulso all'espropriazione, provocandone i singoli atti. Se il diritto di prelazione risulta da pubblici registri (ipoteca su immobili o su beni mobili registrati), il creditore ha diritto di essere avvertito dell'esecuzione intrapresa sui beni oggetto della garanzia; altrimenti, il diritto di prelazione inevitabilmente si estinguerebbe in conseguenza della vendita forzata dei beni medesimi. Il creditore pignorante ha dunque l'onere di notificargli, entro il termine non perentorio di 5 giorni dal pignoramento, un avviso da cui risultino le indicazioni dello stesso creditore pignorante, del credito per il quale si procede, del titolo esecutivo e delle cose pignorate; e in mancanza della prova di tale adempimento, il giudice non può provvedere sull'istanza di assegnazione o di vendita (art 498). Art 511 - ciascun creditore di un creditore avente diritto alla distribuzione può chiedere di essere a lui sostituito nella distribuzione medesima, proponendo domanda nelle medesime forme stabilite per l'intervento dell'articolo 499, c. 2. Si tratta di un intervento sui generis, che mira alla sostituzione esecutiva e può avvenire in qualunque momento, affinché il creditore sostituendo non abbia materialmente ricevuto la propria quota in sede di distribuzione del ricavato: è dubbio che per esso sia necessario il possesso di un titolo esecutivo oppure uno dei diversi presupposti indicati dall’art 499, c. 1. 58. SEGUE: LA DISCIPLINA PROCESSUALE DELL’INTERVENTO. Art 499 - il ricorso del creditore interveniente deve essere depositato in cancelleria prima che sia tenuta l'udienza in cui è disposta la vendita o l'assegnazione ai sensi degli articoli 530, 552 e 569 (espropriazione mobiliare; espropriazione presso terzi; espropriazione immobiliare), e deve contenere l'indicazione del credito e del relativo titolo, nonché la domanda di partecipare alla distribuzione della somma ricavata dalla espropriazione e la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione. Qualora l'intervento riguardi un credito non assistito da titolo esecutivo, bensì risultante dalle scritture contabili (art 2214), il creditore deve allegare al ricorso, a pena di inammissibilità, un estratto autentico notarile delle scritture medesime. In ogni caso il creditore privo di titolo esecutivo deve notificare al debitore, nei 10 giorni successivi al deposito (non perentorio), copia del ricorso, eventualmente accompagnata dal predetto estratto autentico delle scritture contabili se l'intervento si fonda su di esso. Ratio notifica: esigenza che il debitore sia messo in condizione di disconoscere, in tutto o in parte, i crediti non risultanti da titolo esecutivo. Il giudice, con la stessa ordinanza con cui dispone la vendita o l'assegnazione dei beni pignorati, deve fissare un'apposita udienza di comparizione del debitore dei creditori privi di titolo esecutivo, da tenersi non oltre 60 giorni dalla data del provvedimento, disponendo la notifica di quest'ultimo a cura di una delle parti. All'udienza il debitore deve dichiarare quale dei suddetti crediti intende riconoscere, anche solo parzialmente; fermo restando che, se egli non compare, tutti i crediti si intendono riconosciuti, seppure ai soli effetti dell'esecuzione (il che non dovrebbe escludere successive contestazioni da parte dello stesso debitore anche in sede di distribuzione). I creditori i cui crediti siano stati riconosciuti partecipano senz'altro la distribuzione del ricavato dell'espropriazione, ovviamente nei limiti dell'importo riconosciuto; quelli i cui crediti siano stati disconosciuti hanno soltanto il diritto ad un accantonamento temporaneo (non superiore a tre anni) delle somme loro potenzialmente spettanti (la disciplina vigente non menziona più tra i presupposti dell'intervento la liquidità del credito e la sua esigibilità; è verosimile che l'intervento in assenza di un titolo esecutivo possa aver luogo anche a fronte di un credito illiquido ovvero sottoposto a termine o a condizione. Per quel che concerne l'eventuale illiquidità del credito il problema dovrebbe porsi esclusivamente per i creditori che intervengono sulla base di un sequestro conservativo eseguito sui beni pignorati; in caso di mancato riconoscimento del debitore sembra inevitabile pensare che il temporaneo accantonamento delle somme debba avere riguardo all'importo per cui era stato autorizzato il sequestro), a condizione che ne facciano apposita istanza e poi, nei 30 giorni successivi all'udienza, dimostrino di aver proposto l'azione di cognizione tendente a conseguire il titolo esecutivo - a tale dimostrazione sarebbe del debitore stesso per l'ingiustificato arricchimento derivatogli dalla circostanza che un suo debito è stato estinto con denaro proveniente dalla vendita di un bene altrui (art 2041). Assegnazione - in questo caso il proprietario del bene mobile è comunque tenuto a rispettare l'acquisto dell'assegnatario in buonafede, ma può, nei 60 giorni successivi all'assegnazione, ripetere nei suoi confronti la somma corrispondente all'importo del credito soddisfatto con l'assegnazione; analoga facoltà è attribuita ai terzi titolari di altri diritti reali sul bene pignorato, entro i limiti del valore del loro diritto (art 2926). Eventuali diritti di natura personale relativi al bene espropriato: di regola non godono di alcuna specifica tutela. Fa eccezione il diritto del conduttore, per il quale l'articolo 2923 detta una disciplina piuttosto articolata prevedendo che esso sia opponibile, a talune condizioni ed entro certi limiti, anche all'acquirente. Eventuali altri vizi del processo esecutivo – art 2929 - la nullità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita o l'assegnazione non ha effetto riguardo all'acquirente l'assegnatario, salvo il caso di collusione con il creditore procedente. Gli altri creditori (diversi da quello procedente) non sono in nessun caso tenuti a restituire quanto abbiano ricevuto in sede di espropriazione -> stabilità alla vendita forzata e all'assegnazione. L'opinione prevalente interpreta restrittivamente tale disposizione ritenendo che essa non si applichi ai vizi direttamente incidenti sulla vendita o sull'assegnazione oppure sugli atti che ne costituiscono l'immediato presupposto, a condizione che i vizi medesimi siano stati fatti tempestivamente valere attraverso l'unico rimedio possibile, che è rappresentato dalla opposizione agli atti esecutivi. Eventuali vizi che riguardano il diritto stesso del creditore di procedere ad esecuzione forzata: essi sono deducibili attraverso la opposizione all'esecuzione. Es il debitore deduce l'inesistenza originaria o sopravvenuta del titolo esecutivo, oppure l'estinzione del credito risultante dal titolo medesimo, derivante dall'avvenuto pagamento: ci si chiede se in presenza di tali vizi sia ammissibile un'azione diretta alla declaratoria di nullità della vendita o dell'assegnazione, quando il debitore, pur avendo proposto un'opposizione all'esecuzione, non sia riuscito ad evitare la vendita o l'assegnazione stessa (non avendo egli ottenuto la sospensione del processo esecutivo), o magari indipendentemente dall'esperimento di tale opposizione. Opinione prevalente: neppure i vizi da ultimo considerati possono essere invocati quali motivi di annullamento della vendita o dell'assegnazione. 61. LA DISTRIBUZIONE DEL RICAVATO E LE POSSIBILI CONTROVERSIE AD ESSA RELATIVE. Distribuzione della somma ricavata; essa è formata in primo luogo dal prezzo o conguaglio delle cose vendute o assegnate, ed in secondo luogo dai frutti, rendite o proventi delle stesse, nonché da quanto sia stato eventualmente ottenuto, a titolo di multa o risarcimento, dall'aggiudicatario inadempiente (art 509). Semplice se c’è solo la pretesa del creditore procedente, oppure quando, pur essendovi più creditori, la somma ricavata sia tale da soddisfare integralmente tutti -> il giudice dell'esecuzione, sentito il debitore, si limita a disporre il pagamento di quanto spetta ai singoli creditori per capitale, interessi e spese; mentre l'eventuale somma residua deve essere consegnata al debitore esecutato (oppure al terzo eccezionalmente assoggettato all'espropriazione). Se il ricavato non è sufficiente a pagare per intero tutti, la distribuzione dovrà avvenire sulla base di un apposito piano o progetto di riparto, che nell'espropriazione mobiliare potrebbe essere concordato tra le stesse parti (art 541) e che deve tenere conto anzitutto delle rispettive cause di prelazione, nonché, quando vi siano più creditori chirografari, dell'entità dei rispettivi crediti, affinché il loro soddisfacimento avvenga misura proporzionalmente uguale. Caso di intervento di creditori sforniti di titolo esecutivo, il cui credito sia stato in tutto o in parte disconosciuto dal debitore: se tali creditori ne fanno istanza e dimostrano di avere tempestivamente proposto l'azione occorrente per procurarsi il titolo esecutivo, il piano di riparto deve tener conto anche delle somme loro teoricamente spettanti, che verranno accantonate per il tempo ritenuto necessario dal giudice dell'esecuzione, fino ad un massimo di tre anni. Decorso tale termine, il giudice, anche d'ufficio, dispone la comparizione dinanzi a se del debitore, del creditore procedente e di tutti gli altri creditori ad eccezione di quelli già integralmente soddisfatti, e procede alla distribuzione della somma accantonata, tenendo conto nel riparto degli ulteriori creditori che sono riusciti a procurarsi il titolo esecutivo -> gli altri restano definitivamente esclusi da tale riparto. In sede di distribuzione può sorgere controversia tra i creditori concorrenti, oppure tra creditori e debitore o terzo assoggettato all'espropriazione, circa la sussistenza o l'ammontare di uno o più crediti o circa la sussistenza di diritti di prelazione (art 512); è lo stesso giudice dell'esecuzione a decidere, sentite le parti e compiuti i necessari accertamenti, con ordinanza, che può eventualmente sospendere, in tutto o in parte, la distribuzione ed è impugnabile esclusivamente attraverso l'opposizione agli atti esecutivi, ossia con un rimedio che dà luogo ad un giudizio a cognizione piena destinato a concludersi con sentenza inappellabile (ma ricorribile per cassazione), e pertanto in unico grado. Ciascun creditore, ad es, potrebbe contestare l'esistenza o l'ammontare del credito vantato da un altro creditore, anche se confortato dall'esistenza di un titolo esecutivo, allegando magari un fatto estintivo, impeditivo o modificativo del diritto, oppure potrebbe contestare l'esistenza della prelazione da cui tale credito appare assistito; con la sola condizione, in entrambi i casi, che il credito cui la contestazione si riferisce sia di grado pari o maggiore rispetto al proprio, sì da incidere negativamente sulla collocazione del creditore istante sulla sua possibilità di trovare capienza per l'intero ammontare del proprio credito (ché, se così non fosse, egli non avrebbe alcun interesse a contrastare la pretesa dell'altro creditore). La contestazione potrebbe vertere anche sulle specifiche condizioni cui l’art 499 subordina l'intervento dei creditori e comunque il loro diritto a partecipare alla distribuzione; per sostenere, ad es, che l'esecutività della sentenza di primo grado, sulla quale l'intervento si fonda, è stata sospesa dal giudice d'appello. Per entrambi i profili la contestazione deve ritenersi di per sé ammissibile anche rispetto ai crediti non assistiti da titolo esecutivo ma riconosciuti, espressamente o tacitamente, dal debitore; ché, altrimenti, il creditore resterebbe in area di fronte ai possibili accordi fraudolenti del debitore dell'altro creditore in suo danno. Quanto al debitore esecutato, egli non ha interesse a contestare l'esistenza di una certa prelazione in favore di taluno dei creditori, posto che nessun vantaggio potrebbe da ciò derivargli; mentre può sicuramente contestare l'esistenza o l'ammontare di qualunque credito vantato dai creditori muniti di titolo esecutivo (tale possibilità sussiste anche rispetto al creditore procedente, allorché la contestazione non investe il diritto stesso di dar luogo all'esecuzione forzata; in tal caso il debitore dovrebbe invece servirsi dell'opposizione all'esecuzione. Il debitore che voglia contestare l'esistenza o l'entità del credito di un creditore munito di titolo esecutivo potrebbe utilizzare l'opposizione all'esecuzione senza dover attendere a tal fine la fase di distribuzione del ricavato), al fine di ottenere l'eventuale somma avanzata dopo la distribuzione, o comunque di evitare che venga soddisfatto un credito in tutto o in parte inesistente. Qualora si tratti di creditori privi di titolo esecutivo, il debitore può disconoscere, in tutto o in parte, il relativo credito; il dubbio riguarda la possibilità di contestare nella fase della distribuzione anche l'esistenza o la misura dei crediti precedentemente riconosciuti, almeno quando si tratti di un riconoscimento tacito, derivante dalla mancata comparizione all'udienza. Discussa la natura e l’oggetto dell'ordinanza con cui il giudice dell'esecuzione si pronuncia, in prima battuta sulla controversia sollevata dal debitore o da taluno dei creditori, quanto della sentenza (impugnabile col solo ricorso per cassazione) pronunciata in seguito all'eventuale opposizione agli atti esecutivi. Entrambi i provvedimenti vertono esclusivamente sul diritto del creditore di partecipare al riparto, con effetti limitati al processo esecutivo cui si riferiscono, senza dar luogo ad un accertamento con efficacia di giudicato circa la sussistenza e/o la misura del credito della causa di prelazione contestati – su tale problema ha inciso la riforma del 2005, giacchè in precedenza ogni contestazione sollevata in sede di distribuzione doveva essere risolta dal giudice competente secondo le regole ordinarie con sentenza appellabile, sicuramente idonea a fare stato sul credito o sulla causa di prelazione controversi. Problema della stabilità della distribuzione. Si discute se le attribuzioni patrimoniali che ne scaturiscono in favore dei creditori ammessi al concorso possano essere o no rimessi in discussione, successivamente, al di fuori del processo esecutivo, in particolare attraverso un'azione per ripetizione di indebito (cui potrebbero avere interesse tanto il debitore esecutato quanto il creditore che fosse rimasto in tutto o in parte insoddisfatto), o invece debbano considerarsi irreversibili, per un fenomeno in qualche misura analogo al giudicato. Per quel che concerne i rapporti meramente processuali tra i diversi creditori, l'esaurimento della fase di distribuzione e la preclusione relativa alle eventuali impugnazioni determina certamente una situazione non più modificabile, in conseguenza dell'irrevocabilità del provvedimento che pone fino al processo esecutivo. Per ciò che riguarda i rapporti fra debitore esecutato e creditori partecipanti alla distribuzione, sembra difficile ammettere che la conclusione del processo esecutivo possa produrre di per sé una preclusione – affine al giudicato - in grado di impedire eventuali azioni di ripetizione di indebito (in giurisprudenza prevale questa soluzione). In senso opposto parrebbe disporre oggi l'articolo 499, il quale prevede che l'eventuale riconoscimento dei crediti non assistiti da titolo esecutivo valga in tutti i casi ai soli effetti dell'esecuzione. A fortiori deve escludersi qualunque preclusione se si condivide la tesi per cui neppure l'ordinanza o la sentenza pronunciate sulla controversia eventualmente insorta ai sensi dell'articolo 512 sarebbero idonee a fare stato al di fuori del processo esecutivo. È chiaro che l'ammissibilità di un'azione di ripetizione di indebito è fuori discussione allorché, pur dopo la conclusione del processo esecutivo, sia accolta un'opposizione che il debitore aveva tempestivamente proposto. L’ESPROPRIAZIONE MOBILIARE PRESSO IL DEBITORE 62. L’INDIVIDUAZIONE DEI BENI DA PIGNORARE E I RELATIVI LIMITI. La ricerca e la individuazione dei beni (o dei crediti) utilmente pignorabili vengono materialmente compiute dall’ufficiale giudiziario (negli altri casi dal creditore stesso). Egli gode di specifici poteri coercitivi. Ricerca delle cose da pignorare nella casa del debitore e in tutti gli altri luoghi a lui appartenenti (stante la presunzione di appartenenza al debitore dei beni rinvenuti in tali luoghi, è preclusa all’ufficiale giudiziario qualsiasi valutazione in merito), nonché, con l’osservanza delle opportune cautele, sulla stessa persona del debitore; e a tal fine può ricorrere all’uso della forza pubblica – ogniqualvolta sia necessario aprire porte, ripostigli o recipienti, oppure vincere la resistenza opposta dal debitore o da terzi, oppure allontanare persone che disturbano l’esecuzione del pignoramento (art 513). Su autorizzazione del presidente del tribunale o di altro giudice da questi delegato, che ne sia stato richiesto dal creditore procedente, l'ufficiale giudiziario può anche pignorare cose determinate che non si trovano in luoghi appartenenti ai debitori, ma delle quali egli può direttamente disporre: es autovettura che si trova ricoverata in un garage di proprietà di terzi, cui il debitore può liberamente accedere. Se manca il potere di utilizzazione, invece, è necessario ricorrere alle diverse e più complesse forme dell’espropriazione presso terzi, a meno che il terzo possessore non accetti di esibire volontariamente il bene all’ufficiale giudiziario. Limiti alla individuazione delle cose da assoggettare ad espropriazione -> salvaguardia della dignità e del decoro del debitore; sopravvivenza del debitore e della sua famiglia – IMPIGNORABILITA’ ASSOLUTA O RELATIVA. Art 514 – una serie di beni mobili che vengono senz’altro sottratti all’espropriazione vuoi in ragione della loro peculiare destinazione (es cose sacre o necessarie per l’esercizio del culto, nonché le armi o i diversi oggetti che il debitore ha l’obbligo di conservare per l’adempimento di un pubblico servizio), vuoi perché ritenuti indispensabili alle esigenze basilari del debitore e della sua famiglia (es alcuni arredi fondamentali della sua abitazione, nonché una quantità di commestibili e combustibili necessaria per un mese) + beni pignorati presso la propria sede o presso altri locali di cui abbia la disponibilità; a meno che trattandosi di beni difficilmente trasportabili, non ottenga dal giudice dell'esecuzione l'autorizzazione ad effettuare la custodia nel luogo stesso in cui essi si trovano. I compensi dell’istituto sono stabiliti dal ministero della giustizia, ma il custode non ha diritto di norma a compenso, tranne quando, trattandosi di persona diversa dal creditore (o dal coniuge) e dal debitore (o suo familiare) ed avendolo chiesto, il compenso gli sia stato riconosciuto dall'ufficiale giudiziario al momento della nomina. 65. LE DISPOSIZIONI SPECIALI PER IL PIGNORAMENTO DI AUTOVEICOLI, MOTOVEICOLI E RIMORCHI (cenni). Introduzione dell'art 521bis (2014) - espropriazione di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi. Il pignoramento può eseguirsi, oltre che nelle forme ordinarie - che ovviamente presuppongono il materiale rinvenimento del bene da parte dell'ufficiale giudiziario - mediante la notificazione al debitore e successiva trascrizione (nel pubblico registro automobilistico) di un atto scritto contenente, in aggiunta agli estremi identificativi del bene e alla consueta ingiunzione prevista dall’art 492, l'intimazione a consegnare il veicolo e i relativi documenti di proprietà ed uso (tra cui la carta di circolazione), entro 10 giorni, all'istituto vendite giudiziarie autorizzato ad operare nel territorio del circondario nel quale è compreso il luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede, oppure, in mancanza, a quello più vicino. Già con la notifica del pignoramento, indipendentemente dalla sua successiva trascrizione (cui deve provvedere il creditore dopo la riconsegna dell'originale del pignoramento stesso da parte dell'ufficiale giudiziario), il debitore è costituito custode (a titolo gratuito) del bene. Trascorso il predetto termine di 10 giorni dalla notifica, se gli organi di polizia accertano che il veicolo continua a circolare o comunque lo rinvengono, ritirano la carta di circolazione nonché, se possibile, gli altri documenti relativi alla proprietà o all'uso del bene pignorato, e consegnano il bene stesso all'istituto vendite giudiziario più vicino al luogo in cui è stato rinvenuto – dubbia, in assenza di un esplicito richiamo, l'applicabilità dell'art 388, c. 5 cp, che sanziona chiunque sottrae, sopprime, distrugge, disperde o deteriora una cosa di sua proprietà sottoposta a pignoramento. Dal momento in cui il bene è consegnato all'istituto vendite giudiziario, quest'ultimo ne assume la custodia e dà immediata comunicazione al creditore pignorante dell'avvenuta consegna, possibilmente a mezzo di posta elettronica certificata. Il creditore, entro 30 giorni da tale comunicazione, deve, a pena di inefficacia del pignoramento, depositare nella cancelleria del tribunale competente per l'esecuzione la nota di iscrizione al ruolo, con copie conformi del titolo esecutivo, del precetto, dell'atto di pignoramento e della relativa nota di trascrizione. In deroga all'art 497 è previsto che l'ordinario termine di 45 giorni in cui deve essere depositata l'istanza di vendita o di assegnazione non decorrano dalla data del pignoramento, bensì dal deposito della suddetta nota di iscrizione al ruolo da parte del creditore – oppure, quando all'iscrizione a ruolo abbia provveduto un soggetto diverso dal creditore pignorante, dal giorno in cui quest'ultimo deposita le copie. 66. L’INTERVENTO DEI CREDITORI. La disciplina corrisponde a quella generale già esaminata. L'intervento deve avvenire non oltre la prima udienza fissata per l'autorizzazione della vendita o per l'assegnazione; dopo tale momento si considera tardivo ed il credito dell'interveniente, salvo che non sia assistito da un diritto di prelazione, viene posposto a quello degli altri creditori, potendosi soddisfare solo sull'eventuale somma residua. Art 525, c. 2 - anticipa il limite temporale dell'intervento tempestivo per la cd piccola espropriazione, ossia quando Il valore dei beni pignorati, così come stimato in occasione del pignoramento, non superi 20.000 €: in tal caso si fa riferimento alla data di presentazione del ricorso con cui, a norma dell'art 529, è chiesta la vendita o l'assegnazione. 67. L’ASSEGNAZIONE O LA VENDITA DEI BENI (cenni) E LA DISTRIBUZIONE DEL RICAVATO. Su ricorso del creditore pignorante o di un altro creditore intervenuto che sia munito di titolo esecutivo, proponibile dopo che sia decorso il termine dilatorio previsto dall'articolo 501, il giudice dell'esecuzione fissa l'udienza per l'audizione delle parti al fine di decidere circa l'assegnazione, allorché ne sussistano i presupposti, o la vendita dei beni pignorati. Tale udienza, in cui le parti possono fare osservazioni circa l'assegnazione nonché circa il tempo e le modalità della vendita, costituisce anche l'ultima occasione per le opposizioni agli atti esecutivi nei confronti degli atti anteriori all'udienza stessa, ammesso che la decadenza non si sia già prodotta prima. Se non vi sono opposizioni, o se comunque le parti comparse raggiungono l'accordo su di esse, il giudice dell'esecuzione dispone, con ordinanza, l'assegnazione o la vendita; altrimenti, prima di provvedere in tal senso, deve decidere sulle opposizioni con sentenza. nel caso della piccola espropriazione, il giudice provvede con decreto, senza fissare l'udienza, allorché fino alla presentazione dell'istanza di vendita o di assegnazione non siano intervenuti altri creditori; oppure, in caso contrario, provvede con ordinanza, secondo le modalità indicate poc'anzi, dopo l'audizione dei soli creditori intervenuti tempestivamente. Modalità della vendita - la regola è rappresentata dalla vendita senza incanto o tramite commissionario (art 532). Il giudice col provvedimento autorizzativo della vendita - e dopo aver sentito, se necessario, uno stimatore - fissa il prezzo minimo della vendita stessa (salvo che il valore dei beni risulti dal listino di borsa o di mercato), l'importo globale al cui raggiungimento la vendita deve arrestarsi, il numero complessivo degli esperimenti di vendita (comunque non superiore a tre), i criteri per determinare i relativi ribassi, le modalità di deposito della somma ricavata dalla vendita e il termine finale, non superiore a sei mesi, alla cui scadenza il soggetto incaricato della vendita, in caso di insuccesso, deve restituire gli atti in cancelleria. Art 530 - il giudice deve stabilire che il versamento della cauzione, la presentazione delle offerte, lo svolgimento della gara tra gli offerenti e il pagamento del prezzo siano effettuati con modalità telematiche, salvo che le stesse siano pregiudizievoli per gli interessi dei creditori o per il sollecito svolgimento della procedura. I beni pignorati sono quindi affidati all'istituto vendite giudiziarie oppure, con provvedimento motivato, ad altro soggetto specializzato nel settore di competenza (iscritto in un apposito elenco), affinché proceda alla vendita in qualità di commissionario (art 532). Se la vendita non avviene entro il termine fissato nel provvedimento autorizzativo, il soggetto incaricato è tenuto a restituire gli atti in cancelleria e il giudice, salvo che vi siano istanze di integrazione del pignoramento ai sensi dell'art 540 bis, dispone senz'altro la chiusura anticipata del processo esecutivo. Vendita all'incanto – (consentita solamente quando appare probabile che tale modalità frutti un prezzo superiore di almeno la metà rispetto al valore di stima del bene) - il giudice deve fissare - sentito all'occorrenza uno stimatore - il prezzo di apertura dell'incanto (a meno che le circostanze non consiglino di autorizzare la vendita al miglior offerente, senza alcun prezzo minimo) e stabilire luogo, giorno ed ora in cui la vendita deve avvenire, affidandone l'esecuzione al cancelliere o all'ufficiale giudiziario o a un istituto all'uopo autorizzato (artt 534 e 535). Se la cosa resta invenduta, il soggetto incaricato della vendita fissa un nuovo incanto ad un prezzo base inferiore di 1/5 rispetto a quello precedente (art 538). Al di fuori dell'ipotesi della piccola espropriazione, il giudice può anche disporre col provvedimento di autorizzazione della vendita che il versamento del prezzo avvenga ratealmente, entro un termine non superiore a 12 mesi (art 530, u.c.) - in tale ipotesi trovano applicazione, in quanto compatibili, le disposizioni dettate per l'analoga situazione concernente l'espropriazione immobiliare. Vendita di beni mobili iscritti in pubblici registri – art 534 bis - il giudice, nel disporre la vendita all'incanto o senza incanto, ne delega sempre le relative operazioni - ad un istituto a ciò autorizzato oppure, in mancanza, a un notaio o avvocato o commercialista iscritto negli appositi elenchi. Qualora nel corso delle operazioni di vendita sorgano difficoltà, tanto il commissionario quanto il professionista eventualmente delegato possono rivolgersi al giudice dell'esecuzione, che provvede con decreto. Le parti e gli altri interessati possono proporre reclamo allo stesso giudice contro tale decreto nonché avverso gli atti del professionista o del commissionario (il reclamo non sospende le operazioni di vendita a meno che il giudice ricorrendo gravi motivi non opti per la sospensione); e in tal caso il giudice dell'esecuzione provvede con ordinanza, a sua volta reclamabile al collegio ai sensi dell’art 669 ter (disciplina del reclamo cautelare). Art 530 - la vendita deve essere sempre resa pubblica nelle forme prescritte dall'art 490: ossia mediante un avviso inserito sul portale delle vendite pubbliche del ministero della giustizia almeno 10 giorni prima della scadenza del termine per la presentazione delle offerte (nel caso di vendita senza incanto) oppure della data dell'incanto; e inoltre, quando si tratti di espropriazione di beni mobili registrati di valore superiore a 25.000 €, mediante inserimento del medesimo avviso, unitamente a una copia dell'ordinanza di vendita e della relazione di stima del bene, in appositi siti Internet almeno 45 giorni prima della scadenza del termine per la presentazione delle offerte o della data dell'incanto - questa seconda forma di pubblicità può comunque essere disposta dal giudice, nel rispetto del medesimo termine previsto per l'inserimento nel portale delle vendite pubbliche, anche se la vendita non riguardi i beni mobili registrati (ovvero riguardi beni mobili registrati di valore inferiore a 25.000 €). Art 534 - salva la possibilità che il giudice, nell'autorizzare la vendita, disponga a forme di pubblicità straordinaria ai sensi dell'art 490, c. 3 (tra cui la pubblicazione dell'avviso su quotidiani di informazione locali o nazionali). Distribuzione del ricavato – artt 541 e 542 - i creditori possono concordare un piano di riparto che il giudice, dopo aver sentito il debitore, può senz'altro recepire nel proprio provvedimento. Qualora ciò non avvenga, oppure se il giudice non approva il piano concordato tra i creditori, ciascuno di questi (anche se privo di titolo esecutivo) può chiedere che sia il giudice stesso a provvedere alla distribuzione, tenendo conto delle rispettive cause di prelazione. Art 540bis - allorché le cose pignorate risultino invendute dopo il secondo o successivo incanto, ovvero quando la somma assegnata non sia sufficiente a soddisfare le ragioni di tutti i creditori, il giudice, ad istanza di uno dei creditori stessi (muniti di titolo esecutivo - sebbene la norma non lo precisi, a tale conclusione induce l'art 526, per cui solo i creditori titolati possono provocare i singoli atti dell'espropriazione), ordina l'integrazione del pignoramento (art 518, u.c.), attraverso la ricerca di ulteriori beni da parte dell'ufficiale giudiziario. Se tale ricerca è positiva, il giudice dispone la vendita delle nuove cose pignorate, senza bisogno di una nuova istanza; altrimenti, salvo che non debbano completarsi le operazioni di vendita dei beni originariamente pignorati, dichiara d'ufficio l'estinzione del procedimento. L’ESPROPRIAZIONE PRESSO TERZI Prevale l'opinione che siano espropriabili non soltanto i crediti non ancora esigibili, poiché sottoposti a termine o condizione (conferma art 553), ed i crediti illiquidi, ma anche quelli futuri, perlomeno quando essi derivino da un rapporto giuridico già esistente (ciò che spesso accade per i rapporti di durata: es pignoramento di retribuzioni oppure di canoni di locazione non ancora maturati): quel che conta è che il credito, al momento dell'assegnazione, possiede una capacità satisfattiva concretamente apprezzabile, sì da poter essere oggetto di assegnazione o di vendita. Alcuni crediti sono assolutamente impignorabili: alcune ipotesi risultano da leggi speciali (es art 35 l.n. 2248/1865, che esclude, salvo autorizzazione della pa committente, il sequestro del corrispettivo del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione. L’art 547 prevede che il terzo, entro il suddetto termine di 10 giorni (non perentorio), trasmetta al creditore procedente una dichiarazione scritta, resa personalmente oppure tramite un procuratore speciale, nella quale è tenuto a specificare di quali cose o di quali somme è debitore o si trova in possesso e quando ne deve eseguire il pagamento o la consegna; la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale competente, nonché l'indicazione dell'indirizzo di posta elettronica certificata del creditore procedente. Si ritiene inoltre che l'atto di pignoramento debba essere sottoscritto dal creditore procedente; fermo restando che la sua notifica compete all'ufficiale giudiziario, il quale nella relazione di notificazione dovrebbe anche dar conto di aver rivolto al debitore l'ingiunzione prescritta dall'art 492. Dopo l'ultima notifica l'ufficiale giudiziario deve consegnare senza ritardo l'originale dell'atto al creditore, il quale, a pena di inefficacia del pignoramento, è tenuto a depositare nella cancelleria del tribunale competente, entro 30 giorni dalla consegna, la nota di iscrizione al ruolo corredata di copie conformi dell'atto di pignoramento, del titolo esecutivo e del precetto, affinché il cancelliere possa provvedere alla formazione del fascicolo dell'esecuzione. Disposizioni particolari per l'ipotesi in cui la ricerca con modalità telematiche abbia consentito di individuare crediti del debitore oppure suoi beni mobili che si trovano nella disponibilità di terzi, sicché al pignoramento debba provvedere d'ufficio l'ufficiale giudiziario. In tal caso egli si limita a notificare al debitore e al terzo, possibilmente tramite pec o telefax, il verbale redatto ai sensi dell'art 492 bis, che deve anche contenere l'indicazione del credito per cui si procede, l'indirizzo di posta elettronica certificata del creditore, il luogo in cui il creditore stesso ha eletto domicilio o ha dichiarato di essere residente, l'ingiunzione e gli altri elementi descritti dall'art 492, c 1-3, ed infine l'intimazione al terzo di non disporre delle cose o delle somme dovute - in realtà si prevede anche che il verbale sia notificato al terzo per estratto contenente esclusivamente gli elementi a lui riferibili. Soltanto in seguito alla presentazione di una formale istanza di assegnazione del credito o di vendita dei beni mobili è previsto che il giudice dell'esecuzione fissi l'udienza per l'audizione del creditore e del debitore (tale istanza non può proporsi prima che sia decorso il termine dilatorio di 10 giorni ma non indica alcun termine finale. In applicazione dell'art 497, può ritenersi che essa debba proporsi entro 45 giorni dalla data di notifica del pignoramento – o forse, più verosimilmente, dal giorno in cui l'ufficiale giudiziario riconsegna il creditore procedente il verbale notificato al debitore, il titolo esecutivo e il precetto); e il relativo decreto, da notificare a cura del creditore procedente, deve contenere pure l'invito e l'avvertimento al terzo. 70. GLI ADEMPIMENTI DEL TERZO E L’EVENTUALE ACCERTAMENTO DEL CREDITO (O DEL BENE) PIGNORATO. Rispetto alle altre forme di espropriazione, nelle quali l'appartenenza del bene pignorato al debitore in un certo senso si presume, grazie ad elementi oggettivi (es quando si tratti di una cosa mobile, per il fatto che essa viene rinvenuta nell'abitazione del debitore), nell'ipotesi ora considerata l'esistenza stessa del bene o del credito oggetto del pignoramento, al pari della sua appartenenza al debitore, si fonda esclusivamente sulla affermazione del creditore istante; sicché è inevitabile che, prima di poter procedere alla vendita o all'assegnazione, debba verificarsi, a seconda dei casi, se il terzo è realmente in possesso di una determinata cosa mobile di proprietà del debitore ovvero è a sua volta debitore quest'ultimo -> dottrina: fattispecie complessa a formazione progressiva, proprio al fine di sottolineare che gli effetti del pignoramento restano in qualche modo subordinati al successivo accertamento del diritto del debitore verso il terzo. A tale accertamento può pervenirsi in tre modi diversi: - Attraverso una dichiarazione esplicita del terzo, che si riconosca detentore della casa mobile menzionata nel pignoramento ovvero obbligato a pagare una determinata somma di denaro al debitore esecutato. La dichiarazione del terzo dovrebbe essere comunicata mediante lettera raccomandata o pec inviata direttamente al creditore procedente (in realtà nulla esclude che il terzo preferisca comparire all'udienza e rendere la propria dichiarazione in quella sede). La dichiarazione può provenire personalmente dal terzo oppure da un suo procuratore speciale, e deve comunque specificare di quali cose o di quali somme il terzo è debitore o si trova in possesso e quando ne deve eseguire il pagamento o la consegna, nonché gli eventuali sequestri o pignoramenti del medesimo bene o credito anteriormente eseguiti presso di lui (nel qual caso si fa obbligo al creditore pignorante di chiamare il sequestrante nel processo entro il termine perentorio fissato dal giudice) e le cessioni del credito a lui notificate o da lui accettate. Se il terzo rende una dichiarazione positiva (costituisce una ricognizione di debito – art 1988 - o comunque un riconoscimento del diritto del debitore esecutato, idoneo ad operare un'inversione dell'onere della prova in favore del creditore) E quest'ultima non viene contestata, può darsi senz'altro corso alla fase satisfattiva, ossia all'assegnazione o alla vendita delle cose mobili o dei crediti del debitore esecutato. Se invece la dichiarazione è oggetto di contestazioni, intanto l'espropriazione potrà proseguire in quanto sia stata preventivamente accertata l'esistenza del bene o del credito pignorato; - in seguito all'inerzia del terzo che ometta di rendere alcuna dichiarazione e/o di comparire in udienza. Se il creditore stesso, all'udienza di comparizione del debitore esecutato, afferma di non avere ricevuto nessuna dichiarazione, il giudice deve fissare un'udienza successiva con ordinanza, da notificare al terzo (a cura del creditore) almeno 10 giorni prima della relativa data. Se poi neanche a questa nuova udienza il terzo compare oppure comparendo si rifiuta di rendere la dichiarazione, è previsto che il credito pignorato o il possesso del bene di appartenenza del debitore, nei termini indicati dal creditore, si considera non contestato ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione forzata fondata sul provvedimento di assegnazione, a condizione che l'allegazione del creditore consenta l'identificazione del credito o dei beni di appartenenza del debitore in possesso del terzo (art 548, c. 1) -> il giudice potrà disporre l'assegnazione o la vendita. In caso contrario occorrerà previamente accertare l'esistenza del credito o del bene pignorato - quando si tratti di pignoramento di crediti, al creditore procedente conviene sicuramente indicare, nell'atto di pignoramento, il presumibile importo delle somme dovute dal terzo al debitore; tanto più che da un'indicazione erronea non sembra poter scaturire alcuna conseguenza negativa per il creditore stesso. Il terzo, sebbene abbia omesso di comparire all'udienza e/o di rendere la dichiarazione, può successivamente contestare per ogni profilo la sussistenza del credito del bene mobile pignorato, proponendo opposizione agli atti esecutivi nei confronti dell'ordinanza di assegnazione entro 20 giorni dalla sua pronuncia in udienza ovvero dalla sua comunicazione o notificazione. Art 548, c. 3 - laddove sussistano i presupposti ivi indicati, ossia la prova di non aver avuto tempestiva conoscenza ecc, il terzo può anche far valere le proprie contestazioni attraverso un'opposizione tardiva da proporre di regola con atto di citazione dinanzi all'ufficio giudiziario indicato dall'art 480, c. 3, entro 20 giorni dalla data in cui gli sia notificato da parte del creditore assegnatario il titolo esecutivo o il precetto (ovvero col ricorso al giudice dell'esecuzione, da proporsi entro 20 giorni dal primo atto di esecuzione, qualora ricorrano le condizioni di cui all'art 617, c. 2). - in seguito ad una decisione che verifichi, a conclusione di una vera e propria parentesi di cognizione, l'esistenza e l'entità del credito del debitore esecutato nei confronti del terzo, ovvero il possesso, da parte di quest'ultimo, di un bene appartenente al debitore - con riferimento all'espropriazione di crediti, si ritiene sufficiente che il credito pignorato esista al momento della dichiarazione positiva del terzo oppure al momento in cui viene pronunciata la decisione menzionata, anche se non esisteva, invece, al momento del pignoramento. Tale decisione si rende necessaria allorché la dichiarazione del terzo sia stata oggetto di contestazioni da parte del creditore (irrilevante la contestazione proveniente dal debitore esecutato, il quale conserva la facoltà di intraprendere un autonomo giudizio nei confronti del terzo), nonché quando, avendo il terzo omesso di rendere la dichiarazione e di comparire all'udienza, non risulti comunque possibile l'esatta identificazione del credito o dei beni del debitore in possesso del terzo. L’art 549 prevede che sia lo stesso giudice dell'esecuzione, su istanza di parte, a compiere i necessari accertamenti nel contraddittorio tra le parti e con il terzo (ciò implica che l'istanza della parte che chiede l'accertamento del credito o del bene mobile pignorato debba essere notificata al terzo unitamente al provvedimento di fissazione dell'udienza successiva, affinché questi abbia la concreta possibilità di contraddire), provvedendo con una ordinanza che produce effetti ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione e nel contempo può essere impugnata nelle forme e nei termini di cui all'art 617, ossia con un rimedio tipico del processo esecutivo - l'opposizione agli atti esecutivi - che instaura un giudizio a cognizione piena e si conclude con sentenza, a sua volta non appellabile, ma ricorribile per cassazione. Vedi amplius – pag 160. 71. L’INTERVENTO DEI CREDITORI. Medesima disciplina dell’espropriazione mobiliare presso il debitore; in tal caso si considera tempestivo l'intervento avvenuto entro la prima udienza di comparizione delle parti (art 551) - da intendersi come l'udienza indicata nell'atto di pignoramento e destinata alla dichiarazione del terzo. 72. L’ASSEGNAZIONE O LA VENDITA. Si tratta di stabilire come provvedere al soddisfacimento del creditore pignorante e degli altri creditori eventualmente intervenuti. Se il pignoramento riguarda una cosa mobile – artt 529 ss già visti. Allorché si tratti di crediti, è necessario distinguere (art 553): se il credito è esigibile immediatamente oppure in un termine non superiore a 90 giorni, il giudice l'assegna in pagamento, salvo esazione, ai creditori concorrenti, tenendo conto delle rispettive cause di prelazione; se invece il termine di esigibilità è maggiore, oppure si tratta di censi o di rendite perpetue o temporanee, l'assegnazione è subordinata ad una richiesta concorde dei creditori, in mancanza della quale è necessario vendere il credito con modalità analoghe a quelle stabilite per la vendita forzata di cose mobili. L'assegnazione del credito in pagamento avviene pro solvendo, nel senso che il diritto del creditore assegnatario nei confronti dell'originario debitore non si estingue per effetto della sola assegnazione, bensì in seguito all'effettivo pagamento di quanto dovuto dal terzo (art 2928 cc); il che sta a significare che, in caso di mancata riscossione, nulla impedirebbe all'assegnatario promuovere una nuova procedura esecutiva nei confronti del medesimo originario debitore. Il provvedimento di assegnazione costituisce titolo esecutivo nei confronti del terzo (la giurisprudenza più recente peraltro opportunamente esclude che al terzo possano essere accollate le spese dell'atto di precetto allorché quest'ultimo sia notificato congiuntamente all'ordinanza di assegnazione, senza che al debitor debitoris sia stato previamente comunicato il provvedimento). Tuttavia esso determina solamente un trasferimento coattivo ovvero una cessione pro solvendo del credito, senza fare stato, di per sé, sull'esistenza del credito stesso; fermo restando che l'incontrovertibilità dell'esistenza del credito potrebbe disporne liberamente. Il giudice, sentiti il debitore ed il custode, può anticipare il relativo provvedimento allorché l'immobile non sia abitato dal debitore e dal suo nucleo familiare, qualora sia ostacolato il diritto di visita dei potenziali coerenti, quando l'immobile, per colpa o dolo del debitore e dei membri del suo nucleo familiare non viene adeguatamente tutelato e mantenuto in uno stato di buona conservazione, o infine quando il debitore viola altri obblighi posti dalla legge a suo carico. Art 593 - il debitore il custode adesso ne tenuti a presentare il rendiconto della gestione. 76. L’AUTORIZZAZIONE DELLA VENDITA. Il creditore, pignorante o munito di titolo esecutivo, che presenta l'istanza di vendita ha l'onere di provvedere, entro i successivi 60 giorni, alla produzione dell'estratto catastale dell'immobile nonché dei certificati concernenti le iscrizioni e trascrizioni intervenute nei vent'anni anteriori alla trascrizione del pignoramento -> accertare l'effettiva titolarità e la situazione giuridica del bene pignorato; documentazione che può essere sostituita da un certificato notarile che attesti le risultanze delle visure catastali e dei registri immobiliari – art 567 - nulla sembra escludere che a siffatta produzione provveda un creditore diverso da quello che aveva presentato l'istanza di vendita, tanto più che ciascun creditore è legittimato a chiedere la proroga del relativo termine. La proroga del suddetto termine è ammessa per giusti motivi, una volta soltanto e fino ad un massimo di ulteriori 60 giorni, su istanza di qualunque creditore o dello stesso esecutato. Il giudice assegna di propria iniziativa al creditore un altro termine di 60 giorni, allorché ritiene che la documentazione presentata debba essere completata - proroga ulteriore ed anch'essa subordinata all'esistenza di giusti motivi, ossia alla circostanza che l'incompletezza non sia direttamente addebitabile al creditore istante. Inadempimento di tale onere -> inefficacia del pignoramento, eventualmente limitata all'immobile per il quale non è stata depositata la prescritta documentazione; inefficacia che è dichiarata dal giudice, previa audizione delle parti, con ordinanza, cui fa seguito l'ordine di cancellazione della trascrizione del pignoramento. Documentazione tempestivamente prodotta -> il giudice, nei successivi 15 giorni provvede alla nomina di un esperto (che deve prestare giuramento in cancelleria mediante sottoscrizione del verbale di accettazione dell'incarico), fissando contestualmente la data dell'udienza (da tenersi entro 90 giorni) destinata alla comparizione delle parti, nonché dei creditori non intervenuti, ma titolari di diritti di prelazione a risultanti da pubblici registri (art 569). Esperto: dopo avere verificato la completezza della documentazione prodotta e segnalato al giudice le eventuali lacune, redige prima della suddetta udienza una relazione di stima dell'immobile pignorato, che, accanto alla determinazione del suo valore di mercato, deve contenere una serie di elementi diretti ad agevolare il controllo e le valutazioni del giudice, delle parti e degli stessi soggetti eventualmente interessati all'acquisto: es lo stato di possesso dell'immobile, con l'indicazione, se occupato da terzi, del titolo della relativa occupazione, e l'esistenza di formalità, vincoli ed oneri, anche di natura condominiale, gravanti sul bene e destinati a rimanere a carico dell'acquirente, nonché di quelli che invece saranno cancellati o comunque non saranno opponibili all'acquirente. La relazione deve essere trasmessa ai creditori procedenti o intervenuti e al debitore esecutato, anche se non costituito, almeno 30 giorni prima dell'udienza, tramite posta elettronica certificata oppure, quando ciò non sia possibile, a mezzo telefax o posta ordinaria; e le parti possono depositare direttamente all'udienza delle note concernenti la relazione, purché le abbiano preventivamente trasmesse all'esperto, con le medesime modalità, almeno 15 giorni prima; nel qual caso l'esperto interviene all'udienza per rendere gli opportuni chiarimenti. Udienza: il giudice dispone la vendita, con ordinanza, se non vi sono opposizioni o se su di esse si raggiunge comunque l'accordo delle parti comparse; in caso contrario, prima di dar corso alla vendita, il tribunale deve decidere sulle opposizioni con sentenza. Art 569 - contenuto del provvedimento autorizzativo della vendita - di regola deve esperirsi la procedura della vendita senza incanto, nella quale chiunque, ad eccezione del debitore, può presentare, entro il termine fissato dal giudice, una propria offerta di acquisto delle immobile, nel rispetto del prezzo minimo e delle altre condizioni indicate dal giudice; ferma restando, qualora intervengano più offerte, una successiva gara tra gli stessi offerenti. Ordinanza deve determinare, oltre al prezzo base dell'immobile (determinato con riguardo al suo valore di mercato, sulla base degli elementi forniti dalle parti e dall'esperto nominato dal giudice): - se la vendita avverrà in un unico lotto o in più lotti; - il termine, non inferiore a 90 e non superiore a 120 giorni, in cui potranno proporsi le offerte di acquisto; - l'offerta minima, pari al 75% del prezzo base; - le modalità con cui deve essere prestata la cauzione, che serve a garantire la serietà dell'offerta e non può essere inferiore ad 1/10 del prezzo offerto; - il termine non superiore a 120 giorni dall'aggiudicazione entro il quale il prezzo deve essere depositato, nonché le modalità di tale deposito (in presenza di giustificati motivi, il giudice dell'esecuzione potrebbe anche autorizzare il versamento rateale del prezzo, entro un termine non superiore a 12 mesi. In tale ipotesi è previsto che l'aggiudicatario possa essere immesso immediatamente nel possesso, previa prestazione di una fideiussione, e che decada dall'assegnazione nel caso in cui ometta di versare anche una sola rata del prezzo entro 10 giorni dalla scadenza del relativo termine); - il giorno successivo alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte, dell'udienza in cui si procederà alla deliberazione sull'unica offerta oppure all'eventuale gara tra i più offerenti; - il termine entro cui l'ordinanza stessa deve essere notificata, a cura del creditore che ha chiesto la vendita o di un altro creditore autorizzato, ai creditori titolari di diritti di prelazione risultanti da pubblici registri che non sono comparsi all'udienza. La vendita all'incanto può disporsi solamente quando il giudice ritenga probabile che essa potrà aver luogo ad un prezzo superiore almeno della metà rispetto al valore di stima dell'immobile. L'ordinanza che dispone la vendita deve stabilire, salvo che sia pregiudizievole per gli interessi dei creditori o per il sollecito svolgimento della procedura, che il versamento della cauzione, la presentazione delle offerte, lo svolgimento della gara tra gli offerenti, l'eventuale incanto e il pagamento del prezzo, da parte dell'aggiudicatario, siano effettuati con modalità telematiche, avvalendosi di uno dei gestori iscritti in un apposito registro secondo le regole tecnico-operative fissate dal Ministero della giustizia. Il provvedimento che dispone la vendita immobiliare è sempre soggetto alle forme di pubblicità previste dall'art 490, che prevede l'inserimento di un apposito avviso contenente le indicazioni prescritte dall'art 570 sul portale delle vendite pubbliche del Ministero della giustizia, nonché, unitamente a una copia dell'ordinanza e della relazione di stima redatta dall'esperto, in appositi siti Internet, almeno 45 giorni prima, rispettivamente, dalla scadenza del termine fissato per la presentazione delle offerte ovvero dalla data dell'incanto. Il giudice, d'ufficio o su istanza del creditore procedente o dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo, può anche disporre la pubblicazione del suddetto avviso (privo dell'indicazione del debitore), una o più volte nel medesimo termine, sui quotidiani di informazione locali o nazionali indicati dal giudice, ed eventualmente la sua divulgazione con le forme della pubblicità commerciale. 77. LE MODALITA’ DELLA VENDITA SENZA INCANTO. Chiunque è ammesso ad avanzare, personalmente o tramite un avvocato munito di procura speciale, un'offerta di acquisto dell'immobile pignorato; e gli avvocati possono anche fare offerte per persone da nominare. L'offerta consiste in una dichiarazione, da presentare in busta chiusa in cancelleria, contenente l'indicazione del prezzo, del tempo e del modo di pagamento e di ogni altro elemento utile per la sua valutazione (nonché la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale); pena l'inefficacia, deve pervenire entro il termine fissato nel provvedimento autorizzativo della vendita, rispettando altresì le modalità stabilite per la prestazione della cauzione - se il giudice autorizza l'uso di sistemi telematici, deve essere sempre consentita la presentazione dell'offerta mediante pec. L'offerta non può essere revocata prima che siano trascorsi 120 giorni dalla sua presentazione (né dopo che sia stata accolta), a meno che il giudice abbia ordinato la vendita all'incanto. L'esame delle offerte, previa apertura delle buste alla presenza degli offerenti, avviene all'udienza fissata nell'ordinanza di vendita, in cui hanno diritto di essere sentite tanto le parti quanto i creditori iscritti non intervenuti. L'eventuale mancanza di offerte tempestive ed efficaci impone di dar corso all'incanto; deve distinguersi a seconda che le offerte valide siano una soltanto ovvero più (art 572). Se l'offerta è una soltanto, ma è almeno pari al prezzo base dell'immobile determinato nel provvedimento di autorizzazione della vendita, deve essere senz'altro accolta. Se invece l'offerta non raggiunge tale importo, ma è comunque non inferiore al 75% del prezzo base, essa può essere accolta alla duplice condizione che nessuno dei creditori abbia presentato istanza di assegnazione ai sensi dell’art 588 e che il giudice ritenga non esservi una seria possibilità che una nuova vendita frutti un prezzo superiore - l'unica offerta è pur sempre modificabile all'udienza, anche al fine di superare, eventualmente, il limite minimo oltre al quale l'accettazione diviene automatica. Allorché le offerte siano più di una, il giudice invita gli offerenti, nella medesima udienza, ad una gara, prendendo naturalmente come base l'offerta più alta; e a questo punto possono verificarsi diverse ipotesi a seconda che siano state presentate o meno istanze di assegnazione del bene (il creditore che chiede l'assegnazione deve offrire una somma non inferiore al prezzo base dell'immobile): - se non vi sono istanze di assegnazione , l'immobile è aggiudicato al miglior offerente (da individuare tenendo conto dell'entità del prezzo delle cauzioni prestate, delle forme, dei modi e dei tempi del pagamento, nonché di ogni altro elemento utile indicato nell'offerta stessa), prendendo eventualmente in considerazione le sole offerte originarie (in tal caso, se le più offerte sono assolutamente equivalenti, prevale quella presentata per prima), allorché la gara non abbia avuto luogo perché nessuno degli offerenti vi ha partecipato; - se vi sono istanze di assegnazione , l'aggiudicazione avviene in favore del miglior offerente (gara) solamente a condizione che il prezzo offerto sia almeno pari al prezzo base dell'immobile determinato nell'ordinanza di vendita, dovendosi altrimenti procedere all'assegnazione. Quando un'offerta viene accolta, il giudice dispone con decreto il termine (perentorio) e le modalità per il versamento del prezzo, e successivamente, una volta che il pagamento sia avvenuto, pronuncia un'ulteriore decreto di trasferimento dell'immobile, contenente gli elementi prescritti dall'art 586. Qualora l'aggiudicatario si renda inadempiente, il giudice, sempre con decreto, dichiara la sua decadenza, pronuncia l'incameramento della cauzione a titolo di multa, e dispone che si proceda alla vendita all'incanto (artt 574 e 586). 78. LE MODALITA’ DELLA VENDITA ALL’INCANTO. l. n. 302/1998 - in grado di alleviare considerevolmente il lavoro del giudice dell'esecuzione e della sua cancelleria; si prevede la possibilità di delegare ad un notaio, ad un avvocato o ad un commercialista iscritto in appositi elenchi l'intero complesso delle operazioni di vendita, riservando al giudice esclusivamente la pronuncia del decreto di trasferimento e dei provvedimenti accessori in esso contenuti. d.l. n. 83/2015 - strada obbligata, salvo che il giudice sentiti i creditori, ravvisi l'esigenza di procedere direttamente alle operazioni di vendita a tutela degli interessi delle parti. Il giudice quando utilizza tale istituto deve limitarsi a stabilire con l'ordinanza che dispone la vendita, accanto ai consueti elementi indicati nell'art 569, c. 3 - con l'eccezione della determinazione del valore dell'immobile - il termine per lo svolgimento delle operazioni delegate, le modalità della pubblicità, il luogo di presentazione delle offerte di acquisto ed il luogo in cui si procederà all'esame delle offerte, alla gara tra gli offerenti e alle operazioni dell'eventuale incanto (salvo che non disponga l'utilizzazione di modalità telematiche). È il professionista delegato che provvede a tutto il resto, cominciando dalla stessa determinazione del valore dell'immobile (da tenere conto della relazione di stima redatta dall'esperto nominato dal giudice e delle relative note eventualmente depositate dalle parti) nonché degli adempimenti pubblicitari cui è soggetto il provvedimento autorizzativo della vendita. Competono a lui i provvedimenti relativi alla deliberazione sull'unica offerta ovvero alla gara tra più offerenti; le operazioni concernenti l’eventuale incanto e l'aggiudicazione provvisoria; i provvedimenti conseguenti alle offerte dopo l'incanto, all’inadempienza dell'aggiudicatario, oppure al fallimento del precedente tentativo di vendita; la deliberazione delle istanze di assegnazione. Allorché sia avvenuto il versamento del prezzo da parte della aggiudicatario definitivo, egli predispone il decreto di trasferimento da sottoporre alla firma del giudice e, successivamente alla pronuncia del provvedimento, cura tutte le formalità ad esso connesse. Nell'espletamento del suo incarico il professionista agisce con ampia autonomia, ferma restando la possibilità che gli si rivolga al giudice dell'esecuzione, per averne lumi e direttive, quando nel corso delle operazioni insorgono difficoltà; nel qual caso il giudice provvede con decreto, senza essere tenuto a sentire previamente le parti (art 591bis). Queste possono porre reclamo sia contro il decreto reso dal giudice su sollecitazione del professionista sia direttamente contro gli atti di quest'ultimo. Su tale reclamo sottratto ad uno specifico termine ed inidoneo a sospendere le operazioni di vendita (salvo che non sia il giudice a provvedere in tal senso in presenza di gravi motivi), decide lo stesso giudice dell'esecuzione con ordinanza, contro la quale è esperibile il reclamo al collegio ai sensi dell'art 669 terdecies - il provvedimento reso dal collegio non ha natura decisoria e non è idoneo a passare in giudicato, né esclude che eventuali vizi delle operazioni delegate al professionista possono essere fatti valere, ancorché non dedotti attraverso il reclamo, proponendo opposizione agli atti esecutivi nei confronti del primo successivo provvedimento del giudice dell'esecuzione (di regola il decreto di trasferimento). Il giudice, dopo aver sentito l'interessato, può revocare la delega delle operazioni di vendita allorché non vengano rispettati i termini e le direttive per lo svolgimento delle operazioni, salvo che lo stesso professionista dimostri che ciò è dipeso da causa a lui non imputabile. 81. LA DISTRIBUZIONE DEL RICAVATO. Allorché il ricavato della vendita debba essere ripartito tra più creditori, il giudice dell'esecuzione opporre il professionista delegato provvede, non più tardi di 30 giorni Dal versamento del prezzo, redigere un progetto di distribuzione, eventualmente anche parziale (non può superare il 90% delle somme da ripartire), contenente la graduazione dei creditori concorrenti e a depositarlo in cancelleria, affinché possa essere consultato dai creditori medesimi e dal debitore, fissando altresì l'udienza per l'audizione degli interessati, cui il provvedimento deve essere comunicato almeno 10 giorni prima dell'udienza stessa (art 596) (leggi pag 180). Se all'udienza il progetto viene approvato o comunque si raggiunge l'accordo di tutte le parti, di tale circostanza si dà atto nel relativo verbale ed il giudice dell'esecuzione o il professionista designato possono senz'altro dar corso alla distribuzione, ordinando il pagamento delle singole quote. La mancata compari azione alla prima udienza fissata per l'esame del progetto - oppure alla nuova udienza eventualmente fissata dal giudice a norma dell'art 485. quando appare probabile che alcuna delle parti non sia potuta comparire per cause indipendenti dalla sua volontà - implica ex lege l'approvazione del progetto medesimo (art 597). se invece permangono contestazioni e il progetto non viene approvato, la relativa controversia deve essere decisa nelle forme di cui all'art 512. L’ESPROPRIAZIONE CONTRO IL TERZO PROPRIETARIO 82. I PRESUPPOSTI. Vi sono ipotesi in cui l'espropriazione può colpire legittimamente i beni appartenenti ad un soggetto diverso dal debitore esecutato, che pertanto subisce l'azione esecutiva pur senza essere esso stesso titolare passivo dell’obbligazione risultante dal titolo. Art 602 - riprendendo le medesime fattispecie contemplate dall'art 2910 cc - due distinte situazioni, a seconda che l'espropriazione riguardi: - un bene la cui alienazione è stata revocata poiché compiuta in frode dei creditori; - un bene gravato da pegno o ipoteca per debito altrui (in realtà l'art 2910 discorre di beni di un terzo vincolati a garanzia del credito, sicché si presta a ricomprendere anche l'ipotesi del privilegio speciale assistito (al pari di pegno e dell'ipoteca) Ehi dà diritto di seguito). La prima ipotesi si realizza in conseguenza del vittorioso esperimento dell'azione revocatoria da parte dei creditori dell'alienante, i quali in tal modo ottengono che il trasferimento sia dichiarato inefficace nei loro confronti e possono pertanto assoggettare il bene ad espropriazione come se appartenesse ancora al loro debitore, pur dovendo dirigere l'azione esecutiva contro il terzo acquirente (in tal caso, poiché l'atto di disposizione compiuto dal debitore non è invalido, bensì inefficace nei confronti dei soli creditori che abbiano esperito l'azione revocatoria, solamente questi ultimi potranno concorrere all'espropriazione, avendo oltretutto il diritto di essere preferiti, nella distribuzione del ricavato, agli eventuali creditori dell'acquirente). Art 2929bis cc - laddove si tratti dell'alienazione di immobili o di mobili iscritti in pubblici registri, compiuta a titolo gratuito successivamente al sorgere del credito, l'esecuzione forzata contro l'acquirente possa essere esercitata prescindendo dal previo esperimento della revocatoria, a condizione che il pignoramento sia trascritto entro un anno della trascrizione dell'atto pregiudiziale. La seconda ipotesi si spiega col diritto di seguito che caratterizza il pegno e l’ipoteca e presuppone che il terzo abbia acquistato il bene già gravato dal diritto reale di garanzia, oppure che abbia egli stesso concesso il pegno o l'ipoteca a garanzia di un debito altrui. L'acquirente di un bene ipotecato potrebbe anche evitare l'espropriazione rilasciando il bene stesso ai creditori iscritti (artt 2858 ss cc), oppure liberandolo dalle ipoteche secondo il procedimento di cui agli artt 2889 ss cc – gli artt 2859 e 2870 attribuiscono al terzo acquirente ed al terzo datore di ipoteca, il quale non abbia preso parte al giudizio di condanna del debitore, la facoltà di opporre al creditore procedente (tramite opposizione all'esecuzione) sia le eccezioni che avrebbe potuto opporre il debitore, sia quelle che spetterebbero al debitore medesimo dopo la condanna. Disciplina da applicare alla peculiare ipotesi contemplata dall’art 189, c. 2, cc, in cui il creditore particolare di uno dei coniugi intende agire esecutivamente, in via sussidiaria, sui beni della comunione legale, fino al valore corrispondente alla quota del coniuge obbligato. Tale disposizione consente al creditore di uno dei coniugi di chiedere il pignoramento per l'intero di qualunque bene della comunione legale e conseguentemente di soddisfarsi sull'intero ricavato della vendita o dell'assegnazione del bene medesimo, con il solo limite rappresentato dal valore della quota idealmente spettante al debitore obbligato sul complesso dei beni della comunione legale; sicchè la sua posizione corrisponde perfettamente a quella di un soggetto responsabile per un debito altrui. L'implicito presupposto per l'applicazione degli artt 602 ss è che l'acquisto del terzo sia anteriore Al pignoramento, o più esattamente, allorché si tratti di un bene immobile, che la relativa trascrizione sia anteriore alla trascrizione del pignoramento; se così non fosse, l'espropriazione sarebbe legittimamente diretta contro il solo debitore, e l'acquirente potrebbe tutt'al più far valere la sua successione nella titolarità del bene per contestare eventuali vizi della procedura esecutiva o comunque per partecipare alle parentesi di cognizione che dovessero scaturire da tale procedura. 83. DISCIPLINA SPECIFICA. Il terzo, responsabile per un debito altrui, ha il diritto di partecipare al processo esecutivo con i poteri del tutto analoghi a quelli del debitore; e a lui non si applica la disposizione dell'art 579, c. 1, che preclude al debitore la possibilità di fare offerte di acquisto dei beni pignorati. In concreto la partecipazione del terzo è assicurata dalla circostanza che il titolo esecutivo ed il precetto devono essere notificati anche a lui e nel precetto stesso - in cui l'intimazione ad adempiere è rivolta al solo debitore - deve essere espressamente menzionato il bene del terzo che si intende assoggettare al pignoramento (art 603). Tutti gli atti dell'espropriazione, a cominciare dal pignoramento stesso, si compiono nei confronti del terzo, che ha diritto di essere sentito nei medesimi casi in cui deve essere sentito il debitore (art 604), nonché di prender parte, in qualità di litisconsorte necessario del debitore, all'eventuale giudizio di opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi. L’ESPROPRIAZIONE DI BENI INDIVISI 84. LA FUNZIONE E I PRESUPPOSTI. Art 599 - il creditore ha il diritto di espropriare anche i beni appartenenti pro indiviso, oltre che al debitore, a soggetti che non siano direttamente obbligati, né siano responsabili per il debito altrui (es terzo con proprietario datore di ipoteca sul bene comune, cui si applicherebbero le disposizioni esaminate nella sezione precedente). Occorre per un verso procedere, nel corso dell'espropriazione, alla separazione della quota spettante al debitore - il che potrebbe rendere necessario un vero e proprio giudizio incidentale di divisione, destinato a concludersi con sentenza - e per altro verso coinvolgere nel processo esecutivo tutti i comproprietari del bene indiviso. Peculiare ipotesi contemplata dall'art 189, c. 2, cc – da ricomprendere in queste fattispecie allorché il creditore particolare di uno dei coniugi, pur volendo soddisfarsi, in via sussidiaria, su beni oggetto della comunione legale, non intende pignorare tali beni per l'intero e preferisca espropriare la sola quota indivisa idealmente spettante al coniuge debitore. 85. LA DISCIPLINA SPECIFICA. L'esecuzione forzata si dirige esclusivamente contro il debitore, sicché è logico che il titolo esecutivo ed il precetto debbano notificarsi solo a lui e che lo stesso pignoramento debba eseguirsi esclusivamente nei suoi confronti; esso riguarda solamente la quota di appartenenza del debitore, ché, altrimenti, l'espropriazione investirebbe l'intero bene e di comproprietari erano obbligati sarebbero legittimati a proporre opposizione, a norma dell'art 619. deve procedere all'esecuzione e delle persone che devono provvedere al compimento dell'opera non eseguita oppure alla distruzione di quella illegittimamente compiuta, l'opinione prevalente ammette che il giudice dell'esecuzione possa specificare ed integrare il comando eventualmente generico contenuto nel titolo, optando anche, discrezionalmente, tra le più soluzioni che dovessero essere in astratto praticabili realizzare l'obiettivo in esso indicato. Il problema consiste nell’individuare i confini concreti di tale potere; ehm si esclude che il giudice dell'esecuzione possa travalicare i limiti del titolo esecutivo, stabilendo modalità che si pongano con esso in contrasto. Il giudice decide con ordinanza, dopo aver sentito la parte obbligata, su istanza dell’u.g. incaricato può impartire anche con decreto (e dunque inaudita altra parte) le opportune disposizioni occorrenti per superare le difficoltà sorte nel corso dell'esecuzione (art 613). In entrambi i casi il provvedimento sarà soggetto al rimedio tipico dei provvedimenti del giudice dell'esecuzione -> opposizione agli atti esecutivi. Regime del provvedimento - più incerto - laddove il giudice dell'esecuzione abbia risolto questioni attinenti all'interpretazione e alla portata del titolo esecutivo ovvero si assuma che, nel determinare le modalità di attuazione dell'obbligo in esso indicato, abbia comunque travalicato i propri poteri. Orientamento tradizionale: esso avrebbe carattere decisorio, in quanto investirebbe il diritto stesso di procedere ad esecuzione forzata, indipendentemente dalla forma concretamente adottata per la pronuncia, natura di sentenza appellabile. Ultimamente un diverso orientamento: il provvedimento avrebbe natura sommaria (anche qualora il giudice avesse definito il procedimento esecutivo, pronunciando sulle relative spese), in quanto equivarrebbe al provvedimento con cui si conclude la prima fase dell'opposizione all'esecuzione; sicché esso non sarebbe autonomamente impugnabile, mentre il rimedio sarebbe rappresentato dalla possibilità di instaurare il giudizio di merito (a cognizione piena) ai sensi dell'art 616 - dovrebbe comunque ammettersi la reclamabilità del provvedimento, ai sensi dell'art 624, c. 2, laddove il giudice avesse accolto o rigettato l'istanza di sospensione del procedimento esecutivo. 90. LE MISURE COERCITIVE PER L’ATTUAZIONE DI CONDANNE NON AVENTI AD OGGETTO IL PAGAMENTO DI SOMME DI DENARO. Art 614bis - riforma del 2009 aveva introdotto (per la prima volta nel nostro ordinamento; in precedenza le misure coercitive erano previste esclusivamente in relazione ad ipotesi tipiche) una misura coercitiva di natura civile (vol I, §16) Ehi dalla portata piuttosto ampia, diretta ad assicurare l'esecuzione indiretta delle condanne aventi ad oggetto obblighi di fare infungibile o di non fare, che non possono trovare attuazione attraverso il processo esecutivo. d.l. n. 83/2015 Ehi ah esteso l'ambito applicativo dell'istituto, stabilendo che esso può essere utilizzato per garantire l'attuazione di qualunque provvedimento di condanna all'adempimento di obblighi diversi dal pagamento di somme di denaro (nel contempo è stata modificata anche la rubrica della norma che ora discorre semplicemente di misure di coercizione indiretta); e dunque a fronte di obblighi di fare, di non fare, di consegnare (beni mobili) o di rilasciare (beni immobili), indipendentemente dalla loro fungibilità o infungibilità. Il giudice, con il provvedimento di condanna, fissa su richiesta di parte, salvo che ciò sia manifestamente iniquo, la somma di denaro dovuta dall'obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento; somma che è determinata tenuto conto del valore della controversia, della natura della prestazione, del danno quantificato e prevedibile e di ogni altra circostanza utile. Il relativo provvedimento costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per ogni violazione o inosservanza -> misura coercitiva civile di carattere generale, mirante ad assicurare la collaborazione dell'obbligato per l'adempimento di qualunque obbligo che non abbia ad oggetto il pagamento di una somma di denaro. L'applicazione di tale misura coercitiva compete esclusivamente al giudice della cognizione; dalla norma si deduce che l'imposizione della stessa debba aver luogo con lo stesso provvedimento di condanna cui accede, restando invece esclusa la possibilità di chiederne la pronuncia con un'azione successiva -> ciò perché il giudice cui è richiesta la condanna all'adempimento di un determinato obbligo si trova nella posizione migliore per valutare l'an ed il quantum della sanzione alla luce degli elementi indicati dallo stesso art 614 bis. Applicazione della misura coercitiva - costituisce una statuizione accessoria rispetto alla condanna principale concernente l'adempimento dell'obbligo di fare, non fare, consegnare o rilasciare; ogni qualvolta quest'ultima sia caducata dal giudice dell'impugnazione ne resterà automaticamente travolta anche la condanna comminata per l'ipotesi dell'inadempimento e sorgerà il diritto alla ripetizione delle somme eventualmente pagate in esecuzione della sentenza riformata o cassata (vol II, §167). Problemi e incognite interpretative.  Ambito di applicazione dell'art 614 bis - espressamente escluse le controversie di lavoro subordinato, pubblico o privato, e quelle relative ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all'art 409 -> naturale incoercibilità delle obbligazioni gravanti sul lavoratore, mentre appare molto meno scontata relativamente alle obbligazioni del datore di lavoro- imprenditore. Ciò che colpisce è che un'analoga esclusione non sia stata prevista per i rapporti di lavoro autonomo o professionale, per i quali si profilano esigenze del tutto analoghe dal punto di vista della tutela della dignità e della sfera di libertà del prestatore d'opera (es cantante o scrittore). Dubbi di illegittimità costituzionale.  come deve intendersi l'ulteriore limite interno indicato dal legislatore per cui l'applicazione della misura coercitiva deve escludersi allorché sarebbe manifestamente iniqua; soprattutto dal momento che non si distingue più tra obblighi fungibili e obblighi infungibili. Premessa: il ricorso all'esecuzione indiretta, intanto ha senso e può comunque giustificarsi in quanto l'interesse del titolare del diritto leso non possa trovare piena e comoda realizzazione o soddisfazione per altre strade. Es ove si consideri che l'inadempimento dell'obbligo di concludere un contratto (di per sé infungibile) consente di ottenere dal giudice una sentenza costitutiva che tenga senz'altro luogo del contratto non concluso (la sentenza è costitutiva, in quanto tale, non necessita di esecuzione, poiché una volta passata in giudicato produce direttamente, sul piano sostanziale, la modificazione giuridica perseguita dall'attore), è lecito dubitare che l'attore possa, in luogo di tale azione, optare per una domanda di condanna del convenuto a stipulare il contratto, corredata dall'applicazione di una misura coercitiva. Un'altra importante indicazione sul piano sistematico può desumersi dall'art 2058 cc, per cui la reintegrazione in forma specifica può essere accordata al danneggiato, in luogo del risarcimento per equivalente, soltanto a condizione che essa non risulti eccessivamente onerosa per il debitore. (ogni qualvolta si escluda l'esecuzione indiretta, è possibile la tutela meramente risarcitoria). l'imposizione di una misura coercitiva deve essere negata quantomeno nelle seguenti ipotesi:  quando l'adempimento dell'obbligo implicherebbe una penalizzazione eccessiva per il debitore, magari sacrificando anche un suo interesse non patrimoniale;  quando il facere si concreti in una prestazione dal carattere strettamente personale (es qual è quella richiesta al lavoratore autonomo o al professionista) cui si contrappone, dal lato del creditore, un interesse di natura meramente patrimoniale che può trovare piena soddisfazione nel risarcimento per equivalente - queste limitazioni riguardano essenzialmente in concreto gli obblighi positivi di fare infungibili, mentre sembra più difficile ipotizzare che l'adempimento di un obbligo di non fare possa confliggere con un apprezzabile interesse non patrimoniale del debitore. - Profilo della compressione che può derivarne in danno del diritto di difesa del debitore - questione legata al fatto che il provvedimento che impone la misura coercitiva ha efficacia di titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per ogni violazione o inosservanza successiva: si è in presenza di una sorta di condanna in futuro dall'oggetto indeterminato, che l'attore vittorioso può porre in esecuzione in qualunque momento, adducendo semplicemente l'intervenuta violazione dell'obbligo assistito dalla misura coercitiva. Il debitore, laddove voglia contestare tale violazione, ha a propria disposizione il rimedio tipicamente offerto nei confronti di un'esecuzione ingiusta, ossia l'opposizione all'esecuzione di cui all'art 615; ù questo però non lo pone al riparo dal rischio di subire un pignoramento del tutto arbitrario nell'an o nel quantum, fondato esclusivamente sulle affermazioni del creditore - ciò perché, sebbene l'opposizione all'esecuzione sia proponibile ancor prima del pignoramento, la sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo è subordinata alla sussistenza di gravi motivi. L'articolo 614 bis discorre solamente di violazione o inosservanza successiva (che parrebbe sottintendere un dovere negativo di astensione) e non anche (come nel primo periodo) del ritardo nell'esecuzione del provvedimento (che presuppone un obbligo di fare), distintamente menzionato nel primo periodo della stessa norma -> interpretazione restrittiva, che limiti l'esecutività della condanna in futuro alla sola violazione o inosservanza di provvedimenti recanti la condanna ad un non facere; tenuto anche conto che il risarcimento del danno da mero ritardo nell'adempimento di un obbligo di fare infungibile potrebbe sollevare, ad es, non lievi questioni legate all'accertamento dell'effettiva imputabilità del ritardo al debitore, soprattutto quando l'adempimento non possa avvenire uno actu. - Dubbi connessi alla disciplina strettamente procedimentale dell'istituto. L’istanza diretta all'applicazione dell'art 614 bis costituisce una vera e propria domanda accessoria (art 31, vol I, §81), che concorre a determinare il valore della causa (art 10, c. 2), vincola il giudice quanto al limite massimo della relativa condanna (art 112), e deve tener conto delle ordinarie preclusioni riguardanti la proposizione delle nuove domande, tanto più che l'accertamento dei relativi presupposti potrebbe rendere necessaria una specifica attività istruttoria. Parallelamente, la statuizione che impone la misura coercitiva costituisce un capo di sentenza autonomo, ancorché accessorio rispetto a quello concernente la condanna all'adempimento dell'obbligo di fare o di non fare suscettibile di inibitoria in sede di impugnazione (vol II, §102). L'eventuale inibitoria della condanna principale, anzi, tenuto conto che le misure in questione ne presuppongono l'esecutività, dovrebbe definitivamente escludere, pure in caso di successiva conferma della condanna ad opera del giudice dell'impugnazione, la possibilità di applicare le sanzioni alle violazioni intervenute medio tempore . L'intervenuto ampliamento dell'art 614 bis induce a ritenere che esso sia utilizzabile anche nell'ambito della tutela cautelare, ogni qualvolta il provvedimento richiesto al giudice abbia ad oggetto obblighi di consegna, rilascio, fare o non fare. CAPITOLO IX LE OPPOSIZIONI DEL DEBITORE E DEI TERZI 91. IL SISTEMA DEI RIMEDI NEI CONFRONTI DELL’ESECUZIONE FORZATA INGIUSTA O ILLEGITTIMA. L'esecuzione può essere ingiusta, poiché il diritto risultante dal titolo si è già estinto o non è mai esistito, oppure deve considerarsi comunque illegittima, vuoi perché non avrebbe dovuto neppure iniziare, vuoi Il modo di instaurazione del giudizio di opposizione cambia a seconda che l'opposizione stessa sia proposta prima o dopo l'inizio dell'esecuzione forzata. Se l’esecuzione non è ancora iniziata (ma è già stata preannunciata con precetto), l'opposizione si dirige propriamente contro il precetto e va proposta con atto di citazione dinanzi al giudice individuato secondo gli ordinari criteri di competenza per materia e valore (avuto riguardo al diritto risultante dal titolo esecutivo), nonché utilizzando, per ciò che concerne la competenza per territorio, i criteri risultanti dal comb.disp. degli artt 27 e 480, c. 3 - sicché si farà riferimento, rispettivamente, al giudice del luogo risultante dalla dichiarazione di residenza o dalla elezione di domicilio contenute nel precetto ovvero, quando esse manchino o debbano reputarsi inefficaci, al giudice del luogo in cui il precetto è stato notificato. L’art 480 poiché esige la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione, si ritiene che sia onere del creditore, allorché l'opposizione a precetto sia stata proposta dinanzi al giudice del luogo in cui era avvenuta la notifica del progetto stesso, dimostrare che nel comune indicato nella dichiarazione di residenza o nell’elezione di domicilio sarebbe stata possibile l'esecuzione, ad es perché vi si trovano i beni del debitore assoggettabili all'espropriazione; fermo restando che l'opposizione deve essere notificata nel luogo in cui il creditore aveva dichiarato la propria residenza o eletto domicilio nell'atto di precetto -; al relativo procedimento si applica integralmente la disciplina del processo di cognizione, tenuto anche conto dell'eventuale rito speciale prescritto in ragione della materia. Il giudice dell'opposizione può disporre su istanza di parte ed in presenza di gravi motivi la sospensione dell'efficacia esecutiva – eventualmente anche solo parziale (art 615, c. 1, prevede che se il diritto di procedere ad esecuzione forzata è contestato solo parzialmente, il giudice procede alla sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo esclusivamente in relazione alla parte contestata. La sospensione parziale può essere accordata pur quando, sebbene la contestazione sia totale, il giudice ravvisi gravi motivi solamente in relazione ad una parte del diritto per cui era stato intimato il precetto) – del titolo, che ovviamente impedisce di utilizzare quest’ultimo per avviare l’esecuzione. Ad esecuzione già iniziata, l'opposizione si propone sempre con ricorso allo stesso giudice dell’esecuzione, il quale fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti dinanzi a sé ed il termine perentorio entro cui l’opponente deve provvedere alla notificazione del ricorso e del decreto. Siffatta competenza del giudice dell'esecuzione ha un carattere del tutto provvisorio ed è giustificato dalla circostanza che l'opposizione si accompagna normalmente ad una richiesta di sospensione dell'esecuzione; richiesta sulla quale spetta al giudice dell'esecuzione decidere. Prima fase che dovrebbe ridursi ad un'unica udienza. II - giudizio di cognizione – si torna ad applicare non soltanto i criteri ordinari di competenza (eccezione: competenza territoriale; art 27 – luogo dell’esecuzione), ma pure lo specifico rito pertinente alla materia della causa. Art 616 - due ipotesi: se i criteri ordinari portano ad affermare la competenza dello stesso ufficio giudiziario (tribunale) cui appartiene il giudice dell'esecuzione, questi fissa un termine perentorio per l'introduzione del giudizio di merito secondo le modalità previste in ragione della materia e del rito, previa iscrizione al ruolo, a cura della parte interessata, osservati i termini a comparire di cui all'art 163 bis, o altri se previsti, ridotti alla metà; se risulta competente un diverso ufficio giudiziario, il giudice dell'esecuzione deve rimettere ad esso la causa, assegnando un termine perentorio per la riassunzione della causa stessa (non esperibile il regolamento di competenza). Sebbene la formulazione della norma sia piuttosto ambigua (è palesemente contraddittorio discorrere in un caso di introduzione del giudizio di merito sull'opposizione, lasciando intendere che esso non sia ancora iniziato, e nell'altro di riassunzione del medesimo giudizio, che allora si assume già pendente), essa deve interpretarsi nel senso che quantunque la causa concernente l'opposizione debba considerarsi già instaurata e pendente dal momento del ricorso introduttivo di cui all'art 615, c. 2, la parte interessata (che potrebbe non coincidere con quella che aveva presentato il predetto ricorso) è tenuta a dare nuovo impulso relativo a giudizio, entro il termine perentorio all'uopo assegnato dal giudice, vuoi (quando il giudizio sia di competenza dello stesso tribunale) con un atto introduttivo di forma adeguata al rito della causa (e dunque con citazione, allorché debba applicarsi il rito ordinario), vuoi (se la competenza spetta ad altro ufficio giudiziario) tramite una comparsa di riassunzione. La ragione della necessità di un nuovo atto d'impulso - potrebbe anche rappresentare l'occasione per integrare gli originari motivi di opposizione - deve ricondursi all'eventualità che nessuna delle parti, alla luce dell'esito della preliminare fase inibitoria, si mostri interessata ad ottenere una sentenza sul merito dell’opposizione. Sentenza soggetta a tutte le impugnazioni proprie della sentenza di primo grado, e dunque anche all'appello. 94. L’OPPOSIZIONE AGLI ATTI ESECUTIVI. Essa può servire a contestare la regolarità formale del titolo esecutivo o del precetto, così come pure la legittimità di qualunque altro singolo atto del processo esecutivo o provvedimento del giudice dell'esecuzione (non anche di atti del professionista cui il giudice abbia eventualmente delegato le operazioni di vendita). Prescindendo da quest'ultimo caso, nel quale si può dire che l'opposizione operi come una sorta di impugnazione a critica libera (ammessa per qualunque motivo, in fatto o in diritto) del provvedimento, non è del tutto chiaro in quale senso debba intendersi il concetto di irregolarità formale adoperato dal legislatore, e se esso implichi la rilevanza anche dei vizi che non sarebbero motivo di nullità, ma di mera irregolarità, in base ai principi desumibili dall'art 156 (vol I, §§ 144 e 145), non essendo previsti espressamente come tali né potendo precludere il raggiungimento dello scopo dell'atto. Considerato che l'articolo 480, c. 2, contiene un'elencazione dettagliata delle possibili cause di nullità del precetto, che non avrebbe senso se poi si attribuisse rilievo alla mera irregolarità dell'atto, è lecito pensare che l'inclusione di quest'ultima tra i possibili motivi di opposizione debba riguardare esclusivamente il titolo esecutivo (es omessa apposizione della formula esecutiva, ove necessaria a norma dell'art 475) e non anche tutti gli altri atti - a cominciare dalla stessa notificazione del titolo esecutivo e del precetto - che saranno censurabili solamente per nullità, ai sensi del citato art 156, c. 1 e 2. L'opposizione è assoggettata ad un termine di decadenza di 20 giorni, che decorrono: - dalla notificazione del titolo esecutivo o del precetto, quando riguardino vizi propri di tali atti; - dal primo atto di esecuzione, se attengono alla stessa notificazione del titolo esecutivo o del precetto (che di conseguenza potrebbero non essere pervenuti a conoscenza del debitore esecutato) ovvero nei casi in cui, pur investendo direttamente il titolo esecutivo o il precetto, è stato impossibile proporre l'opposizione prima dell'inizio dell'esecuzione; - dal giorno del compimento dell'atto, allorché il vizio riguardi un diverso atto o provvedimento. Ehi in quest'ultima ipotesi la giurisprudenza più recente ritiene che il dies a quo si identifichi col momento in cui l'interessato acquisisce conoscenza effettiva (non necessariamente legale o comunque integrale) dell'atto o del provvedimento, ovvero di un diverso e successivo atto che necessariamente lo presuppone; il che, tenuto conto della brevità del termine, può rendere assai problematica all'opposizione. Da applicare art 157, c. 2, per cui le nullità sono di regola dichiarabili su eccezione della parte interessata, il rilievo di ufficio di un vizio a formale può ammettersi solamente quando, in ragione della peculiare natura del vizio stesso, la nullità debba ritenersi prevista non già nell'interesse esclusivo delle parti, bensì a tutela del corretto esercizio della funzione giurisdizionale; nel qual caso deve pure ammettersi, per coerenza, che la rilevabilità d'ufficio sopravviva alla scadenza del termine per l'opposizione agli atti e possa condurre anche alla revoca o modifica del provvedimento che ne è affetto, finché quest'ultimo non abbia avuto esecuzione (art 487). Modo di instaurazione del giudizio - distinzione basata sul momento in cui viene introdotta; qualora l'esecuzione non sia ancora iniziata (il vizio si riferisce al titolo esecutivo o al precetto), l'opposizione deve essere proposta con un atto di citazione dinanzi al giudice (inteso come ufficio giudiziario), indicato nell'art 480, c. 3, di regola coincidente col tribunale competente per l'esecuzione; altrimenti si fa col ricorso allo stesso giudice dell'esecuzione (inteso come magistrato persona fisica). La disciplina di questa seconda ipotesi è analoga a quella dettata per l'opposizione all'esecuzione già iniziata: il giudice fissa con decreto l'udienza di comparizione delle parti nonché il termine perentorio entro cui tale decreto deve essere notificato, insieme al ricorso, alle altre parti, e poi, all'udienza, si limita a pronunciare con ordinanza i provvedimenti che ritiene indilazionabili – es differimento di un determinato atto del processo esecutivo - oppure a sospendere la procedura, assegnando un termine perentorio per l'introduzione del giudizio di merito ecc - secondo la disciplina del rito concretamente applicabile, in relazione alla materia del contendere. Nella specie è espressamente previsto che il giudice, già col decreto di fissazione dell'udienza, possa dare, nei casi urgenti, i provvedimenti opportuni (che potrebbero anche anticipare, a titolo provvisorio, la sospensione), ed inoltre la decisione della causa spetta in ogni caso al giudice dell'esecuzione (art 27, c. 2), sicché è esclusa la rimessione ad un diverso ufficio giudiziario. Il giudizio è poi definito con sentenza non impugnabile (art 618, c. 3), che è però ricorribile per Cassazione, ed è altresì soggetta a regolamento di competenza. Rimedio di carattere generale rispetto alla illegittimità degli atti e dei provvedimenti del processo esecutivo -> è utilizzabile non soltanto dal debitore esecutato, bensì da tutti i soggetti coinvolti in tale processo e dunque interessati al suo corretto svolgimento; i quali, laddove possano risentire effetti positivi o negativi dall'accoglimento dell'opposizione, si ritiene assumano la qualità di litisconsorti necessari nel relativo giudizio. 95. L’OPPOSIZIONE DI TERZO ALL’ESECUZIONE. L'espropriazione forzata può colpire per errore beni di proprietà di un terzo o sui quali un terzo vanti un diritto reale di godimento (il che non può verificarsi quando, trattandosi di un terzo avente causa del debitore esecutato, il suo acquisto risulti, in forza degli artt 2913 ss, inopponibile al creditore pignorante e a quelli intervenuti) -> il terzo ha a propria disposizione una specifica opposizione, artt 619 ss, ed esperibile senza particolari limiti temporali (purché prima che l'esecuzione si concluda, ossia prima che sia disposta la vendita o l'assegnazione dei beni) e introduce un giudizio a cognizione piena avente ad oggetto il diritto affermato dall'opponente. Non sempre l'opposizione ora considerata rappresenta per il terzo uno strumento esclusivo ed indispensabile, §60: in alcuni casi - in particolare quando, trattandosi di un'espropriazione immobiliare, non sia applicabile il principio per cui l'acquisto del possesso in buona fede vale titolo - egli potrebbe anche agire in rivendica, successivamente alla conclusione del processo esecutivo, direttamente nei confronti dell'acquirente o dell'assegnatario. Ciò non toglie che il terzo ha sempre interesse ad evitare che i propri beni vengano coinvolti dall'appropriazione; sicché la scelta dell'opposizione mira proprio ad ottenere la sospensione dell'esecuzione, nel tempo occorrente perché si decida sull'esistenza del diritto che egli vanta sui beni pignorati. Se la sospensione non viene concessa, oppure l'opposizione proposta in un momento successivo alla vendita (ed anteriore al riparto), il terzo può far valere il proprio diritto sulla somma ricavata dalla vendita (art 620). Art 621 - per proteggere i creditori da possibili accordi fraudolenti tra debitore e terzi - impedisce all'opponente di provare con testimoni il suo diritto sui beni mobili pignorati nella casa o nell'azienda del debitore, a meno che l'esistenza del diritto stesso sia resa verosimile dalla professione o dal commercio esercitati dal debitore o dal terzo (es pignorati degli orologi ad un debitore che, per mestiere, svolge attività di riparazione di tali oggetti) -> presunzione legale relativa di appartenenza al debitore di tutti i beni mobili esistenti presso la sua abitazione o azienda, che la giurisprudenza intende in modo molto rigoroso, c. 3 - in caso di sospensione, se la relativa ordinanza non viene reclamata o viene confermata in sede di reclamo, e il giudizio di merito non è stato introdotto nel termine perentorio assegnato ai sensi dell'art 616, il giudice dell'esecuzione, anche d'ufficio, dichiara l'estinzione del processo esecutivo - nonché, qualora si tratti di espropriazione immobiliare, la cancellazione della trascrizione del pignoramento - e provvede anche sulle relative spese. In altre parole, una volta che sia divenuto definitivo il provvedimento di sospensione (che potrebbe essere stato negato dal giudice dell'esecuzione e concesso dal giudice del reclamo), il debitore o terzo opponente può optare liberamente – entro il termine perentorio assegnato dal giudice per l'introduzione o per la riassunzione del giudizio di merito - tra il proseguimento della causa relativa all'opposizione e l'estinzione del processo esecutivo; fermo restando che anche il creditore procedente e gli altri creditori muniti di titolo esecutivo potrebbero, nel medesimo termine perentorio, dare impulso al giudizio di opposizione al fine di impedire l'estinzione del processo dell'eventuale pignoramento - è lecito pensare che il termine perentorio per l'introduzione o la riassunzione del giudizio di opposizione debba essere assegnato o calcolato con riferimento allo spirare del termine per l'eventuale reclamo ovvero, per l'eventualità che il reclamo sia proposto, alla comunicazione del provvedimento che lo definisce. Sebbene l'art 624, c. 3, prende espressamente in considerazione la sola ipotesi in cui il giudizio di merito relativo all'opposizione non sia stato tempestivamente instaurato, deve ritenersi che il provvedimento di sospensione sopravviva pur quando tale giudizio, introdotto nel termine assegnato dal giudice, si sia successivamente estinto. La medesima disciplina trova applicazione, in quanto compatibile, in caso di sospensione del processo disposta ai sensi dell'art 618, ossia in conseguenza di un'opposizione agli atti esecutivi (art 624, c. 4). Qualora il giudizio di opposizione non venga coltivato, il provvedimento di sospensione lascia impregiudicata ogni questione relativa all'esistenza del diritto di procedere all'esecuzione forzata, che ovviamente potrebbe riproporsi nell'ipotesi di successiva reiterazione dell'azione esecutiva. 98. LA SOSPENSIONE SU ISTANZA DEI CREDITORI. Art 624bis - il giudice dell'esecuzione, su istanza di tutti i creditori muniti di titolo esecutivo e dopo aver sentito il debitore, può discrezionalmente sospendere il processo esecutivo, una volta soltanto, per un periodo massimo di 24 mesi. L’istanza è soggetta a precisi limiti temporali, diversi a seconda del tipo di espropriazione di cui trattasi e l'ordinanza che dispone la sospensione comunque revocabile in ogni momento, anche su richiesta di una soltanto dei creditori, dopo aver sentito il debitore. La ripresa del processo, per la quale è prevista la presentazione di un'istanza di fissazione dell'udienza, deve infine avvenire entro i 10 giorni successivi alla conclusione del periodo di sospensione. 99. LA DISCIPLINA COMUNE ALLE IPOTESI DI SOSPENSIONE. Per l'istanza di sospensione dell'esecuzione non sono previste particolari forme, sicché, quando non sia già contenuta nel medesimo ricorso con cui è stata proposta un'opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi, essa potrebbe essere avanzata con un autonomo ricorso oppure anche oralmente in udienza - l'istanza di sospensione potrebbe essere proposta finanche prima della instaurazione di un giudizio di opposizione. Sull'istanza il giudice dell'esecuzione provvede con ordinanza dopo aver sentito le parti. Nei casi urgenti gli è consentito di disporre la sospensione già col medesimo decreto con cui fissa l'udienza di comparizione delle parti; nella quale udienza dovrà poi decidere con ordinanza confermando o revocando il provvedimento reso inaudita altera parte (art 625). L'ordinanza di sospensione, oltre ad essere reclamabile nelle ipotesi contemplate dall’art 624, resta revocabile e modificabile dal giudice ai sensi dell’art 487. Gli effetti della sospensione del processo esecutivo – art 626 – sono analoghi a quelli previsti dall’art 298 per il processo di cognizione, risolvendosi nel divieto di porre in essere alcun atto esecutivo (tuttavia l’art 626 non disciplina la sorte dei termini in corso al momento della sospensione; sicché, prescindendo dalla sospensione del termine di efficacia del pignoramento, che deriva ex lege dalla proposizione di un’opposizione agli atti esecutivi, si può pensare che la lacuna debba colmarsi attraverso un’applicazione analogica dell’art 298, c. 2. È fatta salva la possibilità di una diversa disposizione del giudice dell'esecuzione, che potrebbe ad es autorizzare il compimento di atti urgenti o comunque indifferibili. Ripresa del processo esecutivo - essa deve effettuarsi con ricorso, da proporsi entro il termine perentorio eventualmente fissato dal giudice dell'esecuzione (col provvedimento stesso che aveva disposto la sospensione) e comunque, in ogni caso, entro sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza di primo grado o dalla comunicazione della sentenza d'appello che rigetta l'opposizione (art 627); sull’implicito presupposto che l'accoglimento dell'opposizione travolga definitivamente l'intera procedura esecutiva. 100. L’ESTINZIONE DEL PROCESSO ESECUTIVO. L'estinzione può derivare sia dalla rinuncia agli atti, proveniente dai creditori, sia dall'inattività delle parti. Art 629 - prima ipotesi - si distingue, con esclusivo riferimento all'espropriazione forzata, a seconda del momento in cui la rinuncia interviene: prima dell'aggiudicazione o dell'assegnazione, l'estinzione presuppone che la rinuncia provenga da tutti i creditori muniti di titolo esecutivo (non importa se intervenuti tempestivamente o tardivamente) e soltanto da essi; dopo la vendita, al contrario, occorre la rinuncia di tutti i creditori concorrenti, ancorché sprovvisti di titolo esecutivo. Gli effetti della rinuncia (che può costituire un vero e proprio obbligo per i creditori, laddove i loro crediti siano stati interamente soddisfatti) - in quanto possibile, art 306 (vol II, §107) - prescindendo dall'accettazione della parte esecutata (sicché il successivo provvedimento di estinzione ha natura meramente dichiarativa), Che del resto non avrebbe alcun interesse ad evitare l'estinzione. La rinuncia può aversi pure nei processi di esecuzione forzata diversi dall'espropriazione; la lacuna è parzialmente colmata dall'art 608 bis, che prevede l'estinzione dell'esecuzione per consegna o rilascio nel caso in cui prima della consegna o del rilascio la parte istante consegni all'ufficiale giudiziario un atto di rinuncia previamente notificato dell'esecutato. L'estinzione per inattività si verifica: - quando le parti omettono di proseguire o riassumere il processo esecutivo entro il termine perentorio stabilito dalla legge o dal giudice (art 630): es dopo la definizione del giudizio di opposizione all'esecuzione (art 627). Al medesimo gruppo di fattispecie possono ricondursi l’inefficacia del pignoramento conseguente al decorso del termine di 45 giorni previsto dall'art 497 (art 562), e l'ipotesi in cui, dopo la sospensione dell'esecuzione, nessuna delle parti dia impulsi al giudizio di opposizione entro il termine perentorio all'uopo fissato dal giudice (art 624, c. 3). In ogni caso l'estinzione opera di diritto e, analogamente a quanto è previsto per il processo di cognizione, è dichiarabile dal giudice dell'esecuzione anche d'ufficio, ma solo non oltre la prima udienza successiva al verificarsi della stessa; - quando le parti, nel corso del processo, omettono di comparire a due udienze consecutive (art 631): in questo caso il meccanismo è analogo a quello contemplato dall'art 181, c. 1, per il processo di cognizione, sicché il giudice dell'esecuzione fissa una nuova udienza, di cui il cancelliere dà comunicazione alle parti, e l'estinzione viene dichiarata - anche in questo caso d'ufficio - se neppure a tale udienza alcuna delle parti compare. Art 631 - sottrarre a questa disciplina l'udienza in cui ha luogo la vendita, lasciando in tal modo intendere che, per dar corso alla vendita, non occorre la presenza delle parti; - in altre ipotesi specificamente previste dalla legge: es Ehi fattispecie contemplate dagli artt 518, c. 6, 543, c. 4, e 557 (omesso o tardivo deposito della nota di iscrizione a ruolo e degli altri documenti ivi indicati), dall’art 567 (mancata produzione della documentazione prescritta a corredo dell'istanza di vendita immobiliare), dall’art 619 (raggiungimento dell'accordo tra le parti ed il terzo opponente, tale da precludere la persecuzione dell'espropriazione) e dall’art 631bis (omessa o tardiva pubblicazione sul portale delle vendite pubbliche), nelle quali l'estinzione deve intendersi dichiarabile d'ufficio. Sulla estinzione del giudice dell'esecuzione provvede con ordinanza, soggetta a reclamo al collegio - sia quando dichiari l'estinzione, sia quando rigetti la relativa eccezione - entro 20 giorni dalla pronuncia in udienza ovvero dalla comunicazione; ed il conseguente procedimento, cui si applicano le disposizioni dell'art 178, c. 4 e 5, è definito in ogni caso in camera di consiglio con sentenza (ovviamente impugnabile nei modi ordinari) (pag 226). Gli effetti dell'estinzione del processo esecutivo, disciplinati dall'art 632, sono diversi a seconda del momento in cui essa si verifica: qualora intervenga prima dell'aggiudicazione anche provvisoria o dell'assegnazione, l'estinzione rende inefficaci tutti gli atti già compiuti (a cominciare dal pignoramento); nel caso contrario, l'aggiudicazione o l'assegnazione non ne vengono travolte e l'estinzione implica solo il diritto del debitore alla consegna della somma che ne è stata ricavata. Con l'ordinanza di estinzione il giudice deve anche disporre la cancellazione della trascrizione del pignoramento e provvedere tanto alla liquidazione del compenso spettante al soggetto cui erano state eventualmente delegate le operazioni di vendita, tanto, se richiesto, alla liquidazione delle spese sostenute dalle parti - l'eventuale impugnazione della sola pronuncia sulle spese conseguente all'estinzione del processo esecutivo, dovrebbe proporsi comunque con il reclamo previsto dall'art 630, mentre sarebbe escluso il ricorso per cassazione a norma dell'art 111 Cost. Art 632 - richiama l'ultimo c. dell’art 310, per cui le spese del processo estinto per inattività delle parti restano definitivamente a carico di coloro che le avevano anticipate, si ritiene che il diritto del creditore procedente e di quelli intervenuti al ristoro delle spese sopportate, possa derivare esclusivamente da un accordo col debitore in occasione della rinuncia agli atti. PARTE TERZA – I PRINCIPALI PROCEDIMENTI SOMMARI CAPITOLO XI IL PROCEDIMENTO PER INGIUNZIONE 101. CARATTERISTICHE GENERALI. Il procedimento per ingiunzione, introdotto nel nostro ordinamento nel 1922, è oggi il più importante fra tutti i procedimenti sommari, costituendo lo strumento attraverso il quale trovano soddisfazione un grandissimo numero di diritti di credito, altrimenti destinati a passare attraverso il processo ordinario comunque attraverso un processo a cognizione piena. In molti casi, e cioè quando il debitore non propone o non coltiva l'opposizione nei confronti del provvedimento sommario, tale procedimento fornisce rapidamente al creditore una tutela stabile e definitiva, traducendosi indirettamente in un considerevole fattore di deflazione del numero dei giudizi civili. Anche detto procedimento monitorio, ciò che lo contraddistingue è l'assoluto difetto del contraddittorio nella sua prima fase , molto semplice, che in realtà esaurisce il procedimento sommario propriamente detto. Qualora il giudice reputi fondata la domanda del creditore, tale fase si conclude con la pronuncia di un decreto, in cui viene ingiunto al debitore di pagare una certa somma di denaro (oppure, più in generale, di adempiere, tenuto conto che il diritto vantato dal creditore potrebbe anche avere un oggetto diverso Il giudice parrebbe vincolato tanto alla parcella quanto allo stesso parere dell’ordine professionale, cui deve attenersi nei limiti della somma domandata, salva la correzione degli errori materiali (art 636, c. 2). 104. IL GIUDICE COMPETENTE E LA DOMANDA DI INGIUNZIONE. Competenza: consueti criteri di competenza; essa spetta, a seconda dei casi, al giudice di pace o al tribunale (in composizione monocratica) che avrebbe dovuto conoscere della domanda proposta in via ordinaria (art 637). In aggiunta a tali criteri, il ricorrente, qualora si tratti di un credito relativo a prestazioni fornite in occasione di un processo (art 633, c. 1, n. 2), può adire anche l'ufficio giudiziario che ha deciso la causa con cui il credito si riferisce. Gli avvocati e i notai possono rivolgersi al giudice competente per valore (giudice di pace o tribunale) del luogo in cui ha sede il consiglio dell'ordine o il consiglio notarile di appartenenza - disposizione da considerarsi superata qualora il cliente dell'avvocato fosse qualificabile come consumatore, dovendo in tale ipotesi aversi riguardo all'art 33, c. 2, lett. u), d.lgs. n. 206/2005, che prevede la competenza esclusiva e inderogabile del giudice del luogo di residenza o domicilio elettivo del consumatore. Forma della domanda di ingiunzione - essa va proposta con un ricorso, contenente i consueti requisiti prescritti, in via generale, dall'art 125, nonché l'indicazione delle prove (documentali) fornite a supporto dell'istanza - allorché la domanda riguardi la consegna di una determinata quantità di cose fungibili, l'art 639 fa obbligo al ricorrente di indicare anche la somma di denaro che sarebbe disposto ad accettare in luogo della prestazione in natura; e prevede che il giudice, qualora ritenga la somma indicata non proporzionata, possa, prima di provvedere, invitare il ricorrente a produrre un certificato della Camera di commercio. Elemento importante - anche se estraneo alla domanda - è rappresentato, nei casi in cui il ricorrente possa stare in giudizio personalmente (art 82), dalla dichiarazione di residenza o elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il giudice adito: ove essa manchi, le notificazioni dirette al ricorrente - a cominciare da quella dell'eventuale opposizione proveniente dal debitore - potranno essere eseguite presso la cancelleria (art 638, c. 2). Se si avvale del difensore con procura, è sufficiente che il ricorso contenga l'indicazione dello stesso, a meno che non si tratti di un giudizio che si svolge al di fuori della circoscrizione del tribunale cui l'avvocato è assegnato; nel qual caso l'elezione di domicilio nel luogo in cui ha sede l'ufficio giudiziario adito è ugualmente prescritta dall’art 82 r.d. n. 37/1934 – vol. I, §96. Il ricorso deve essere depositato in cancelleria unitamente ai documenti allegati, che non potranno essere ritirati prima della scadenza del termine accordato al debitore per l'opposizione. 105. IL POSSIBILE RIGETTO DELLA DOMANDA. IL CONTENUTO DEL DECRETO INGIUNTIVO E LA SUA NOTIFICAZIONE AL DEBITORE. Fase sommaria del procedimento: l'unica attività che compete al giudice, una volta che il cancelliere gli abbia sottoposto il ricorso con la documentazione allegata, è quella di provvedere, accogliendo o rigettando la domanda. Il rigetto può aversi per qualunque ragione, processuale o di merito, che implicherebbe il rigetto della domanda di condanna proposta in via ordinaria: es per la mancanza di un presupposto processuale, quale la giurisdizione o la competenza (secondo la Corte costituzionale i principi costituzionali impongono di ritenere che il giudice in questa prima fase sommaria del procedimento possa sempre rilevare d'ufficio la propria incompetenza, anche quando essa derivi dalla violazione di criteri territoriali derogabili), oppure per il difetto di liquidità o di esigibilità del credito vantato dal ricorrente, per nullità del contratto sottostante (nei casi in cui sia rilevabile d'ufficio), ecc. se il giudice ritiene di non poter accogliere la domanda perché insufficientemente giustificata, ossia perché reputa non adeguata la prova fornita dal ricorrente, deve darne notizia a quest'ultimo tramite il cancelliere, invitandolo ad integrare la prova. In tal caso il rigetto viene pronunciato - con un decreto motivato - solamente se il ricorrente non adempie all'invito né ritira il ricorso, o comunque quando il giudice ritenga di non poter accogliere la domanda neppure dopo l'integrazione della prova. Il rigetto della domanda di ingiunzione non ha alcun effetto preclusivo, non impedendo la riproposizione della medesima domanda né in via monitoria, né tantomeno in via ordinaria (art 640) - si ritiene che tale principio valga anche per il rigetto parziale, ossia relativamente alle domande non accolte nel decreto ingiuntivo. Se invece sussistono le condizioni per l'accoglimento (eventualmente parziale) della domanda, il giudice, entro 30 giorni dal deposito del ricorso (termine ordinatorio), ingiunge all'altra parte - anche in questo caso con decreto motivato - di pagare la somma o di consegnare la cosa o la quantità di cose dovute (oppure, in luogo di queste ultime, la somma indicata dal creditore ai sensi dell'art 639) nel termine di 40 giorni (tale termine in base all'art 641, c. 2, è elevato a 50 e 60 giorni, rispettivamente quando l'intimato risiede in un altro Stato dell'Unione europea o in un diverso Stato estero, e può essere altresì ridotto o aumentato, entro certi limiti, allorché concorrono giusti motivi), con l'espresso avvertimento che in questo stesso termine potrà proporre opposizione e che, in mancanza di opposizione, si procederà senz'altro ad esecuzione forzata in suo danno (art 641). Col medesimo provvedimento il giudice liquida le spese e le competenze del procedimento, ingiungendone il relativo pagamento. Una volta che la domanda sia stata accolta, il ricorso e il decreto devono essere portati a conoscenza del debitore - rimasto finora estraneo al procedimento - tramite notificazione in copia autentica, cui il ricorrente è tenuto a provvedere entro 60 giorni dalla pronuncia (90 se la notifica debba avvenire all'estero) (art 644). Art 643, ult.c. - tale notificazione determina la pendenza della lite, che normalmente, nel caso del processo ordinario, è prodotto dalla notificazione dell'atto di citazione (art 39, ult.c.) (pag 238). Qualora la notifica non sia effettuata nel termine, il decreto ingiuntivo diviene inefficace - ferma restando la riproponibilità della domanda - e l'intimato ha a propria disposizione un procedimento semplificato per far sì che lo stesso giudice che l'aveva pronunciato dichiari, con ordinanza non impugnabile, tale sopravvenuta inefficacia. Questo procedimento è utilizzabile solamente per il caso di mancata notifica; se invece il creditore ricorrente notifica tardivamente, l'intimato può reagire solo attraverso l'opposizione nel termine per quest'ultima stabilito. 106. L’EVENTUALE ESECUTIVITA’ PROVVISORIA ORIGINARIA DEL DECRETO INGIUNTIVO. Di regola il decreto ingiuntivo acquista la qualità di titolo esecutivo solamente con lo spirare del termine per l'opposizione oppure, nel caso in cui l'opposizione sia stata proposta, dal giorno in cui essa viene rigettata. Il giudice, ricorrendo determinate condizioni, possa o addirittura debba concedere l'esecuzione provvisoria del decreto; vuoi dall'origine, ossia fin dal momento in cui pronuncia l'ingiunzione (e dunque prima ancora che il preteso debitore abbia avuto modo di interloquire), vuoi dopo l'instaurazione del giudizio di opposizione da parte dell'intimato. Art 642 – prima ipotesi - il decreto ingiuntivo reso immediatamente esecutivo, su istanza del ricorrente: - quando il credito è fondato su cambiale, assegno bancario o circolare, certificato di liquidazione di borsa oppure su atto ricevuto da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato; - quando vi è pericolo di grave pregiudizio nel ritardo (es al possibile compimento di atti fraudolenti da parte dell'intimato - stando la soluzione che appare preferibile tra gli elementi che il giudice può a tal fine valutare rientra anche la mancata adesione all'invito a stipulare una convenzione di negoziazione assistita, sebbene l'art 4 del d.l. 132/2014 richiami a tal proposito l’art 642, c. 2, che contempla le ipotesi in cui la concessione della provvisoria esecutorietà è obbligatoria; - quando il ricorrente ha prodotto documentazione sottoscritta dal debitore, comprovante il diritto fatto valere (quest'ultima ipotesi ha suscitato le giuste critiche della dottrina poiché a prescindere da ogni altra considerazione è chiaro che l'attribuzione della sottoscrizione al debitore si fonda in questo caso sulla mera affermazione del creditore). Nel primo caso si tratta di un provvedimento vincolato; negli altri due casi la provvisoria esecuzione è rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice, il quale potrebbe anche subordinarla alla prestazione di una cauzione (per le eventuali restituzioni e per le spese) da parte del ricorrente. Se la provvisoria esecutività è concessa, il provvedimento ingiunge al debitore di pagare (o di consegnare) senza dilazione (onde evitare l'esecuzione forzata), ed il termine previsto dall'art 641 viene fissato ai soli fini della proposizione dell'opposizione. In questi casi il giudice può anche dispensare il ricorrente dall'osservanza del termine dilatorio di 10 giorni prescritto dall'art 482 (quello, cioè, che deve essere normalmente assegnato al debitore, con l'atto di precetto, prima di poter iniziare l'esecuzione vera e propria). Il decreto provvisoriamente esecutivo è anche titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale sui beni del debitore (art 655). 107. L’OPPOSIZIONE DEL DEBITORE, TEMPESTIVA E TARDIVA. L'opposizione deve essere proposta entro il termine indicato nel decreto stesso (di solito 40 giorni), dinanzi all'ufficio giudiziario a cui appartiene il giudice che ha emesso il provvedimento, di regola nella forma di un atto di citazione (tenuto anche conto dell'articolo 645, c. 2, che richiama le norme del procedimento ordinario davanti al giudice adito, l'opinione dominante ritiene che l'opposizione debba rivestire la forma del ricorso allorché la domanda di condanna avanzi in sede monitoria , se fosse stata formulata in via ordinaria, avrebbe dovuto per l'appunto proporsi con ricorso (es alla domanda concernente un credito di lavoro o previdenziale oppure derivanti da un contratto di locazione o di affitto di azienda) notificato al ricorrente, a seconda dei casi, presso il difensore procuratore oppure nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto per il giudizio (art 645, c. 1). La possibilità di un'opposizione tardiva, al di là del predetto termine, è circoscritta dall’art 650 alle sole ipotesi in cui l'intimato prova di non avere avuto tempestiva conoscenza del decreto per irregolarità della sua notificazione ovvero per caso fortuito o forza maggiore, o comunque, pur avendo avuto conoscenza del provvedimento, di non aver potuto proporre tempestiva opposizione per caso fortuito o forza maggiore; disposizione infelice ed incongrua poiché per un verso sembra addossare all'ingiunto un onere probatorio assai gravoso (in quanto la prova verte su un fatto negativo) e, per altro verso, se applicata anche alle ipotesi di vera e propria nullità della notificazione, contraddice il principio secondo cui quod nullum est nullum producit effectum; principio in base al quale la notifica del decreto, nel caso ora considerato, dovrebbe essere inidonea a far decorrere il termine per l'opposizione. Anche l'opposizione tardiva quando è ammessa incontra un limite temporale insuperabile rappresentato dal decorso del termine di 10 giorni dal compimento del primo atto dell'esecuzione forzata (e dunque, quando l'ingiunzione abbia ad oggetto il pagamento di una somma di denaro dal compimento del pignoramento). 108. SEGUE: LA NATURA E L’OGGETTO (DUPLICE) DEL GIUDIZIO DI OPPOSIZIONE. chiamata deve intendersi regolata dall'art 269, c. 2, sicché dovrà essere richiesto nella stessa comparsa di risposta ed accompagnata dalla contestuale istanza di differimento della prima udienza, al fine di poter citare il terzo nel rispetto dei consueti termini minimi di comparizione. 111. L’ESECUTIVITA’ PROVVISORIA DEL DECRETO IN PENDENZA DEL GIUDIZIO DI OPPOSIZIONE. Il decreto ingiuntivo può acquistare l'efficacia di titolo esecutivo solo in seguito al rigetto dell'opposizione o all'estinzione del relativo processo (o art 642). Artt 648 e 649 - Il giudice dell'opposizione, in presenza di determinati presupposti, può per un verso concedere la provvisoria esecuzione nella pendenza del giudizio, e per altro verso sospendere l'esecutività che fosse stata già concessa ab initio. Art 649 - stando alla lettera, esso parrebbe consentire, su istanza dell'opponente ed in presenza di gravi motivi, solamente la sospensione del processo esecutivo, e non anche la revoca dell'esecutività provvisoria del decreto (ne la cancellazione dell'ipoteca giudiziale eventualmente iscritta in base ad esso), neppure quando quest'ultima fosse stata concessa per errore, in assenza dei presupposti richiesti dalla legge; tale soluzione è comprensibilmente contestata da una parte della dottrina e dalla stessa giurisprudenza, giacché penalizza pesantemente il debitore, costringendolo a subire, fino all'esito del giudizio di opposizione, gli effetti negativi di un provvedimento illegittimo pronunciato in assenza di contraddittorio. Art 648 - se il decreto ingiuntivo non è già esecutivo ai sensi dell'art 642, che il giudice, provvedendo già nella prima udienza: - deve concedere l'esecuzione provvisoria parziale limitatamente alle somme non contestate, a meno che l'opposizione sia stata proposta per vizi procedurali, che evidentemente prescindono dalla contestazione del credito vantato dal ricorrente; - può concedere l'esecuzione provvisoria se l'opposizione non è fondata su prova scritta o di pronta soluzione; - deve concederla in ogni caso se l'istante offre cauzione per l'ammontare delle eventuali restituzioni, spese e danni. Sull'ultima ipotesi ha inciso una pronuncia additiva della Corte costituzionale, per cui il giudice, anche se il creditore offre cauzione, conserva il potere di valutare, ai fini della concessione della provvisoria esecuzione, gli elementi probatori di cui al c. 1 (quelli richiamati dalla seconda ipotesi) nonché la congruità della cauzione stessa. (pag 249). 112. L’ESITO DEL GIUDIZIO DI OPPOSIZIONE. Il giudizio di opposizione può concludersi per conciliazione, estinzione o sentenza definitiva – artt 652 e 653. Conciliazione: il giudice, con ordinanza non impugnabile, deve adeguare il decreto ingiuntivo all'accordo raggiunto dalle parti, eventualmente riducendo la somma o la quantità di cose fungibili per cui è stata pronunciata l'ingiunzione, e rendendo quest'ultima esecutiva, qualora non lo fosse già prima. Se interviene una riduzione del quantum relativamente ad un decreto provvisoriamente esecutivo, in base al quale il creditore aveva intrapreso l'esecuzione forzata, gli atti esecutivi già compiuti, al pari dell'ipoteca giudiziale eventualmente iscritta, restano validi fino a concorrenza della somma o quantità ridotta (art 652). Estinzione: il decreto ingiuntivo, che non sia già esecutivo, acquista efficacia di titolo esecutivo (art 653, c. 1 - si è giustamente escluso che produca il medesimo effetto l'estinzione determinata dal trasferimento in sede penale, a norma dell'art 75, c. 1, dell'azione civile esercitata col ricorso per ingiunzione); quantunque non sia chiaro se ciò presuppone o no la definitività del provvedimento di estinzione (vol II, §114). Sentenza: quest'ultima, sia essa di accoglimento o di rigetto dell'opposizione, si sovrappone e si sostituisce in ogni caso al decreto, con una relazione non troppo diversa da quella che correrebbe tra una sentenza di appello e una sentenza di condanna di primo grado. - In caso di accoglimento totale dell'opposizione, il decreto, pure se provvisoriamente esecutivo, resta immediatamente caducato, indipendentemente dal passaggio in giudicato della sentenza; - se l'opposizione viene integralmente rigettata, la relativa pronuncia equivale a sua volta ad una condanna, provvisoriamente esecutiva ipso iure a norma dell'art 282, anche se il legislatore, presumibilmente per ragioni di semplificazione, prevede che in tal caso sia lo stesso decreto ad acquistare o a conservare l'efficacia di titolo esecutivo; - se l'accoglimento dell'opposizione è solo parziale, il titolo esecutivo è costituito esclusivamente dalla sentenza, e gli atti esecutivi anteriormente compiuti conservano efficacia nei soli limiti della somma o quantità riconosciuta dalla sentenza stessa. In tutti questi casi, ove occorra, l'esecutorietà del decreto ingiuntivo viene conferita con un'ulteriore decreto dello stesso giudice che aveva pronunciato il primo provvedimento, scritto in calce all'originale dell'ingiunzione, e che, per dare inizio all'esecuzione forzata, non è richiesta una nuova notificazione del provvedimento, che costituisce il titolo esecutivo, essendo sufficiente che nell'atto di precetto si faccia menzione di tale decreto di esecutorietà (art 654). 113. L’INEFFICACIA DEL DECRETO INGIUNTIVO DIVENUTO (RELATIVAMENTE) IMMUTABILE E LE IMPUGNAZIONI STRAORDINARIE. Art 647 - allorché l'opposizione non è proposta nel termine, oppure l'intimato, dopo averla tempestivamente proposta, non si costituisce, il giudice, su istanza anche verbale del creditore ricorrente, dichiara esecutivo il decreto (ammesso che non lo fosse già prima); a meno che, trattandosi di omessa opposizione, non gli risulti o appaia probabile che l'intimato non abbia avuto conoscenza del provvedimento e che debba disporsi la rinnovazione della sua notificazione. La scadenza del termine per l'opposizione o di quello per la costituzione dell'opponente rende l'opposizione, rispettivamente, improponibile o improcedibile e determina anche la liberazione della cauzione eventualmente prestata dal ricorrente. In questi casi, come pure nell'ipotesi in cui il giudizio di opposizione si estingua, il decreto ingiuntivo acquista un'efficacia del tutto analoga a quella di una sentenza passata in giudicato, e dunque pienamente corrispondente a quella menzionata nell'art 2909. Una parte della dottrina è dell'avviso che il decreto ingiuntivo in cui manca un vero e proprio accertamento del credito paragonabile a quello tipico della sentenza, non possa fare stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa, ma debba avere un'efficacia preclusiva più circoscritta, impedendo al debitore le sole azioni, di natura restitutoria, tendenti a privare il creditore della somma o del bene attribuitogli (preclusione pro iudicato) – pag 252. Il decreto ingiuntivo, una volta divenuto esecutivo a norma dell'art 647, può impegnarsi - oltre che con l'opposizione tardiva, qualora ne ricorrano i presupposti - esclusivamente per revocazione, Ehi nei casi indicati nei numeri 1, 2, 5 e 6 dell’art 395, nonché con opposizione di terzo revocatoria, ai sensi dell'art 404, c. 2 (art 656). Disciplina lacunosa e infelice: trascura l'ipotesi del decreto divenuto esecutivo per estinzione del giudizio di opposizione; pur alludendo alle fattispecie di revocazione straordinaria (vol II, §233), vi include, inspiegabilmente, il vizio consistente nel contrasto con un anteriore giudicato ed omette invece di considerare, altrettanto inspiegabilmente, quello contemplato dal numero 3 dell'articolo 395 (il ritrovamento di documenti decisivi ecc). Il primo ostacolo viene solitamente superato mettendo un'interpretazione estensiva dell'art 656; la seconda incongruenza - probabilmente derivante da una vera e propria svista materiale del legislatore - parrebbe emendabile solo attraverso un intervento della Corte costituzionale. 114. BREVI CENNI SUL PROCEDIMENTO EUROPEO D’INGIUNZIONE. Regolamento (CE) n. 1896/2006; procedimento di ingiunzione di pagamento per crediti pecuniari non contestati che si affianca alla normativa nazionale, limitatamente alle controversie transfrontaliere (almeno una delle parti, il debitore, ha il proprio domicilio e la propria residenza abituale in uno Stato membro diverso da quello del giudice adito). Procedura utilizzabile per i soli crediti esigibili di natura contrattuale - si tratta di un procedimento monitorio puro, giacché nella relativa domanda, da redigersi secondo un apposito modello standard e senza la necessaria intermediazione di un legale, è richiesta una mera descrizione delle prove (non necessariamente documentali) disponibili, e pertanto la verità dei fatti allegati dal ricorrente si basa unicamente sulla dichiarazione di quest'ultimo di fornire incoscienza e in fede informazioni veritiere - la consapevole falsità di tali dichiarazioni potrebbe implicare sanzioni penali in base alla legislazione dello Stato membro d'origine. Il giudice adito, sulla scorta del contenuto del modello di domanda, valuta se sussistono le condizioni per l'emissione dell'ingiunzione, e può anche all'occorrenza invitare il ricorrente a completare o integrare la domanda, a meno che il credito sia manifestamente infondato o la domanda stessa irricevibile. L'eventuale rigetto della domanda non è impugnabile, anche se non preclude una nuova istanza di ingiunzione. Se invece il riscontro è positivo, l'ingiunzione viene emessa utilizzando un modulo standard (cui è allegata una copia del modulo di domanda compilato dal ricorrente), che informa il convenuto della possibilità di proporre opposizione entro 30 giorni, del fatto che l'ingiunzione è stata emessa soltanto in base alle informazioni fornite dal ricorrente e non verificate dal giudice, e che essa acquisterà forza esecutiva in caso di mancata opposizione. L'ingiunzione deve essere notificata al convenuto. Si distingue a seconda che il procedimento utilizzato provi o no l'effettivo ricevimento dell'atto da parte del destinatario o di un suo rappresentante; distinzione che può assumere rilievo in alcune particolari ipotesi nelle quali l'ingiunto può chiedere il riesame dell'ingiunzione nonostante la scadenza del termine per l'opposizione. Eseguita la notifica, il convenuto ha 30 giorni per proporre attraverso un'altro modulo standard l'opposizione dinanzi al giudice che ha emesso l'ingiunzione; opposizione che non ha nulla a che vedere con l'opposizione al decreto ingiuntivo disciplinata dal nostro codice, poiché consiste in una mera contestazione del credito, che non esige alcuna motivazione e neppure, al pari della domanda di ingiunzione, la rappresentanza di un legale. Il termine per l'opposizione è rispettato purché entro i predetti 30 giorni la relativa domanda sia inviata, su supporto cartaceo o tramite qualsiasi altro mezzo di comunicazione, anche elettronico, accettato dallo Stato membro d'origine e di cui dispone il giudice d'origine. L'effetto dell'opposizione tempestiva è quello di impedire che l'ingiunzione acquisti forza esecutiva e di far proseguire il procedimento, dinanzi ai giudici competenti dello Stato membro d'origine, secondo le norme di un rito processuale civile nazionale appropriato (vedi nota 53, pag 255); a meno che il ricorrente, già nella domanda di ingiunzione, non avesse esplicitamente richiesto, per tale eventualità, l'estinzione del procedimento. Se invece l'opposizione non è presentata nel termine, il giudice che aveva emesso l'ingiunzione la dichiara senza ritardo esecutiva; nel qual caso quest'ultima è riconosciuta ed eseguita negli altri Stati membri, senza che sia necessaria alcuna procedura di exequatur e senza che sia possibile opporsi al suo riconoscimento - se non quando essa sia incompatibile con una decisione o ingiunzione anteriormente emessa in uno Stato membro o in un paese terzo e ricorrono le ulteriori condizioni previste dall'art 22 del reg.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved