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Appunti "Vita di Vittorio Alfieri scritta da esso"- Prof. Melosi, Appunti di Letteratura Italiana

Appunti completi corso monografico su Vittorio Alfieri e sulla sua autobiografia per l'esame di "Istituzioni di letteratura italiana", prova orale.

Tipologia: Appunti

2023/2024

In vendita dal 08/03/2024

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Scarica Appunti "Vita di Vittorio Alfieri scritta da esso"- Prof. Melosi e più Appunti in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! 05 OTTOBRE Distinzione principale tra:  POESIA  lirica, epica, poema cavalleresco  PROSA  romanzo, novella, saggio, epistolario, pamphlet, biografia e autobiografia AUTOBIOGRAFIA: termine di invenzione recente (fine XVIII secolo) usato per la prima volta nella rivista londinese " monthly review" nel 1797 in Inghilterra, compare infatti la parola "self-biography" ma viene contestata dagli autori che volevano un termine più aulico cioè "autobiography". Dal 1826 questo termine viene canonizzato perché esce una raccolta in 33 volumi chiamata "Autobiography". Questo genere letterario è davvero nuovo? A questa domanda ha cercato di rispondere un critico tedesco che ha pubblicato 8 volumi di testi autobiografici a partire dagli egizi fino a “La vita Nova” di Dante che implicitamente evoca il concetto di una scrittura che ha per oggetto se stessi. Si può parlare di genere letterario quando riusciamo a distinguere i testi in base a caratteristiche scelte per convenzione. Gli scritti anteriori al 1797 appartengono a tradizioni specifiche non strettamente autobiografiche (vite di filosofi, apologie, res gestae, confessioni..) che confluiscono nelle “scritture dell'io” ma non sono autobiografie. Il primo testo che si avvicina al genere autobiografico sono le "Confessiones" di Sant'Agostino, questa esperienza letteraria si ricollega alle “Confessions” di Rousseau del 1770. Le “Confessiones” è un testo in cui c'è una formalizzazione letteraria molto consapevole perciò è compreso nella tradizione letteraria, tanto che Petrarca nell'epistola al Monte Ventoso sta leggendo le Confessiones. Distinzione tra modernità e antichità L'autobiografia di Alfieri è moderna e sviluppa caratteristiche diverse da quella antica. Marziano Guglielminetti, un importante critico del 1977 ha pubblicato " Memorie e scrittura da Dante a Cellini" in cui si è occupato della autobiografia antica. Nel Settecento la scrittura autobiografica inizia ad essere un GENERE LETTERARIO poiché approda alla stampa cioè i libri vengono letti da un pubblico c'è uno slittamento tra la dimensione privata e quella pubblica, ad esempio Franklin scrive la sua biografia in due tempi: la prima per i figli e la seconda per il pubblico  visione diversa. Nel titolo delle autobiografie è condensata la linea di svolgimento dell'opera, ci sono però autobiografie senza nessun accenno alla parola “vita”. Oggi la biografia ha perso la sua identità. Secondo alcuni la scrittura autobiografica sarebbe un genere circoscritto sia nel tempo che nello spazio (Europa settentrionale) questa idea viene chiamata EGOCENTRISMO CULTURALE  come se l'Europa fosse il centro della cultura mondiale però, in realtà, per la prima volta le autobiografie nascono nel Medio Oriente con Egizi e Babilonesi, essi sono però documenti autobiografici e non autobiografie anche se l'inclinazione dell'uomo a scrivere di sé non è nata in Europa. Un precedente delle Confessiones si può trovare in Gregorio Nazianzeno con "Carmen di vita sua", in cui si racconta l'evoluzione di un processo che riguarda la propria anima, la vita come processo dinamico  questa convinzione non c'è nel mondo classico, ci sono solo ritratti a tutto tondo dove il personaggio è su un piedistallo e vengono descritte le sue virtù. La prima volta in cui compare il tormento umano è con Nazianzeno. CONFESSIONE= nella tradizione antica è la professione di fede dei martiri davanti all'altare, è una lode di fede In Sant'Agostino ci sono tutti questi elementi narrando dall'infanzia al momento in cui scrive. Agostino ha un monologo con sé stesso e dialogo con Dio al quale si confessa. Rousseau si rivolge a un giudice supremo in forma monologante  riformula il rapporto autore-destinatario, non è più un ambito cristiano ma secolarizzato  è cambiato il senso dell'individualità (in epoca romantica emerge l'io con Agostino). Ci sono diverse tesi dei critici sulla nascita dell'autobiografia:  Prima tesi: Fine 1700 - inizio 1800  è la più sostenuta dai critici.  Seconda tesi: 1600 - 1700 con una serie di testi autobiografici che trattano vite di letterati Qualunque sia la nascita essa ha interessi filosofici  vite di filosofi e storici  vita di Giovan Battista Vico (1728), scrive una sua autobiografia che è un prototipo poi per altre autobiografie. Il salto dalle vite dei letterati alle autobiografie si ha quando soggetto e oggetto coincidono. AUTORIALITÀ: Il soggetto è autore, è libero di organizzare il testo come il meglio ritiene. È una dimensione che si rafforza nell'800 nelle autobiografie religiose (per esempio nelle vite delle sante) dove la posizione della scrittrice non è affermazione della sua autorità  emerge la parte spirituale, non l'io. AUTORE=SOGGETTO=OGGETTO  AUTOBIOGRAFIA  accade in Giovan Battista Vico che però parla di sé in terza persona. Alfieri invece è oggetto, soggetto e autore della sua autobiografia. Tra 700 e 800 cosa spinge a scrivere di sé? Uno dei motivi forti è la CONVERSIONE = una crisi che cambia la prospettiva dell' io  getta una luce nuova sul passato, ricostruisce l'identità dell'individuo su basi nuove, è un momento catartico. La scrittura autobiografica presuppone un momento positivo  l'io che si afferma dopo la conversione è migliore (questa è una dinamica romantica / preromantica). Tutte le autobiografie parlano del momento in cui l’io passato lascia il posto al nuovo io  tema centrale. INTRODUZIONE “VITA” DI ALFIERI Introduce l’opera citando una frase in latino tratta dall’Agricola di Tacito. Alfieri nel proemio spiega le ragioni per cui ha deciso di scrivere:  Prima di tutto l’amor di sé stesso, che non è superbia ma senso di sé, idea di sé stesso necessaria per costruire la virtù  è un elemento positivo su cui si fonda la consapevolezza di se stessi.  Fa riferimento alla " moda " di scrivere biografie, infatti nel 700 e 800 nelle opere c’era l'usanza di inserire una biografia dell'autore e Alfieri non vuole che qualcuno scriva la sua vita senza conoscerlo perché di solito queste biografie sono esaltazioni non veritiere per favorire la vendita dell'opera. Alfieri dice di essersi esaminato e aver capito che i punti di forza sono maggiori di quelli di debolezza e che cercando di essere più scientifico possibile scriverà la sua vita patto con il lettore. Si sofferma poi sull'elemento di brevità delle tragedie  non vuole dilungarsi. Dice che parlerà solo di sé stesso. Per quanto riguarda lo stile dice che è scritta solo con il cuore ma in realtà questa è un'opera sincera e veridica con formalizzazione retorica che non può provenire solo dal cuore ma anche dall'ingegno. L'idea di Alfieri della scrittura della propria vita è studiare la natura dell'uomo partendo da sé (poiché l’uomo di cui si può parlare meglio è proprio sé stesso), vuole studiare la “pianta uomo”. Tra le prime autobiografie intellettuali troviamo anche:  Vita di Pietro Giannone  Vita di Antonio Genovesi  Vita di Filippo Mazzei  Vita di Giuseppe Gorani Appena scritte interessano solo a un gruppo limitato di persone, la loro scoperta avviene nella seconda metà dell’800. Nel passaggio dall’autobiografia intellettuale all’autobiografia borghese/romanza non c’è più il topos della malasorte, lo scopo non è più pedagogico, interessa rappresentare la propria unicità, non si deve essere più modelli per altri:  Memorie di Lorenzo Da Ponte  Memorie di Giacomo Casanova 12 OTTOBRE L’avvio della composizione dell’autobiografia di Alfieri (1749 Asti - 1803 Firenze) va collocata nel 1790, a 41 anni, età in cui ha già scritto le opere più importanti della sua attività: le tragedie (sono 19)  si è già posto all’attenzione italiana e europea come autore tragico. La predisposizione alla scrittura autobiografica ha origini lontane, essa negli uomini come Alfieri si sviluppa come un dovere mondano, una partica che fa parte del sistema educativo dell’epoca, lo scrivere di sé è raccomandato da maestri e pedagoghi come esercizio pratico da condurre in maniera sistematica. Due opere famose all’epoca che hanno impostazione autobiografica e fanno da modelli sono:  “Le Veritable Mentor Ou L’education De La Nobless” del marchese Caraccioli  detta i principi che servono all’educazione dei giovani. Ci si riferisce all’educazione dei nobili (siamo nel 700 e la classe borghese si affermerà solo nell’800). Caraccioli dice che nell’educazione di un giovin signore un obbligo è il viaggio di formazione, durante il viaggio è necessario tenere un diario con le proprie impressioni di viaggio forma di educazione all’autobiografismo.  “Memoires Et Aventures D’un Homme De Qualitè“ di Antoine-Francois  raccomanda di scrivere il proprio diario di lettere dai luoghi che vengono visitati. Nel 1773 inizia l’epoca quarta (virilità), ha 24 anni, ha alle spalle gli anni di educazione al collegio reale di Torino e gli anni dei viaggi (7 anni con tappe diverse), torna, prende casa a piazza San Carlo a Torino e qui fonda una società letteraria (société di piazza San Carlo , un gruppo goliardico - massonizzante  goliardico perché vogliono divertirsi con i passatempi dell’epoca, massonizzante perché è un’ associazione che cerca di trovare spazi di libertà rispetto al regime della monarchia assoluta, temperare il potere assoluto dei regnanti. In questo gruppo la letteratura è coltivata come para-salottiera, non vogliono diventare veri letterati. Nel Piemonte dell’epoca retto dalla dinastia dei Savoia si parla in francese, la formazione di Alfieri è in francese, per lui l’italiano è una conquista  è appresa come lingua letteraria, non di comunicazione. Le prime prove che nascono in questa società sono:  L’Esquisse du Jugement Universel (Abbozzo del giudizio universale)  Tragedia Cleopatra  Una satira suoi poeti Vengono scritti anche dei giornali, cioè diari scritti in francese dal novembre del 1974 al febbraio del 1975 e poi da aprile a maggio 1777 in italiano  2 esperienze diaristiche condotte parallelamente alle prime esperienze poetiche. Inizialmente Alfieri sente di doverlo fare ma piano piano diventa una scrittura intima, che risponde ad un’esigenza interiore e così viene maturando la sua esperienza come scrittore. In questi diari confessa a sé stesso di aver perso del tempo  ciò che precede la sua decisione di dedicarsi alla letteratura è denunciato come negativo. Passando dal diario alla composizione della vita si afferma l’ideale alfierico con una monumentalizzazione progressiva della propria esistenza. Alfierico è un aggettivo ormai comune che definisce una forte volontà di affermazione di sé. Quali sono le occasioni che portano Alfieri a scrivere una sua biografia? Sicuramente influisce la tradizione letteraria ma influiscono su di lui fatti accaduti mentre si trova a Parigi:  nel 1787 escono i Mémoires di Goldoni, dove Alfieri è citato in maniera onorevole da Goldoni  nel 1788 esce la seconda parte delle Confessions di Rousseau  nel 1789 si fa leggere dal suo segretario l’autobiografia di Benvenuto Cellini  Nel 1789 è testimone della Rivoluzione francese  Alfieri dice di aver steso a Parigi tra il 3 e il 27 aprile 1790 uno scritto sulla propria vita STRUTTURA DELLA “VITA”  Divisione in due grandi blocchi: parte prima e parte seconda (che inizia ad un certo punto della quarta epoca)  Ulteriore divisione in 4 epoche: puerizia, adolescenza, giovinezza e virilità.  Suddivisa in 31 capitoli ELABORAZIONE DELLA “VITA” Per capire come è stata elaborata bisogna ricorrere ai manoscritti presenti nella biblioteca di Firenze  riferendoci all’edizione del filologo Luigi Fassò nel 1951 possiamo risalire al fatto che le fasi di elaborazione della parte prima dell’ opera sono almeno 3: 1. Prima stesura 2. Seconda stesura 3. Fase intermedia tra la prima e la seconda stesura 4. Terza stesura PRIMA E SECONDA STESURA Nel 1790 a Parigi, si basa su una serie di appunti, prospetti cronologici, commentari  sono materiali preparatori dell’ “officina dell’autore”  noi non conserviamo né la prima stesura né i materiali. La seconda stesura è conservata in un manoscritto chiamato “Alfieri 13” , troviamo il secondo momento della stesura che avviene sempre a Parigi, dove attua una revisione della prima stesura, la completa la riordina e la trascrive in questo manoscritto  è una trascrizione perciò sappiamo che c’è una prima stesura anche se non la conserviamo. Il manoscritto “Alfieri 13” è uno scartafaccio, cioè un manoscritto d’uso rilegato in pergamena 25x20 cm, comprende testi di varia natura (epigrammi, satire, rime..). Nei manoscritti non si contano le pagine, si numerano le carte che hanno un recto (fronte) e un verso (retro)  Alfieri le ha numerate di proprio pugno. Secondo Fassò anche la seconda stesura risalirebbe al 1790, invece secondo Ferrero la seconda stesura risalirebbe tra la primavera del 1790 e l’agosto del 1792 quando Alfieri fuggì rapidamente da Parigi. FASE INTERMEDIA Alfieri torna a lavorare sul manoscritto 13, che modifica e amplia (con aggiunte ai margini e spostamenti con asterischi), questo lavoro probabilmente inizia a Parigi nell’agosto 1792 e continua in modo sistematico nel marzo 1798. Le correzioni del manoscritto rispondono alla volontà dell’autore di testimoniare la sua conversione alla letteratura . Le principali correzioni riguardano infatti la sua vita intellettuale. TERZA STESURA Nel 1798 Alfieri decide di trascrivere il testo, si fa preparare due volumetti 18x12 cm con copertina azzurra e taglio dorato. Dopodiché trascrive in copia calligrafica (in bella grafia) la “Vita di Vittorio Alfieri da Asti scritta da sé stesso”, questo lavoro dura dal 1789 al 2 maggio 1803. ELABORAZIONE PARTE SECONDA “VITA” Anche per questa parte troviamo 3 fasi di stesura, non abbiamo la fase finale perché Alfieri muore e rimane incompiuta. Compie la prima stesura tra il 1797 e il 1803. La copia calligrafica è apografa, di Francesco Tassi CARATTERI GENERALI “VITA”:  La puerizia copre i primi 9 anni della vita di Alfieri  anni che egli chiama “di vegetazione”  si compone di 5 capitoli  L’adolescenza abbraccia 8 anni di ineducazione fino ai 17 anni di età  visione negativa  10 capitoli  La giovinezza  anni di viaggi e dissolutezze  15 capitoli  La virilità visione non più negativa, è avvenuta la conversione e qui parla soprattutto della sua conversione letteraria e del rapporto con la contessa di Albany, per lui amore e poesia vanno di pari passo, se è riuscito a dedicarsi alla poesia è grazie alla serenità dell’amore.  19 capitoli che vengono poi continuati nella parte seconda (continuazione) fino a un 31esimo capitolo finale. Il capitolo 31 è un congedo al lettore, perciò per quanto incompiuta ha una delimitazione in chiusura. In totale l’opera ha 60 capitoli +1  il numero 60 per Alfieri è anagraficamente importante poiché era il termine che aveva fissato per descrivere una vita compiuta/ideale. Questa struttura dei capitoli per multipli di 5 secondo alcuni critici ripeterebbe il principio costitutivo di questa biografia  l’uomo è l’accrescimento e la continuazione del bambino, quello che è il bambino è una dimostrazione piena di quello che sarà l’adulto e quello che è l’adulto è una continuazione di ciò che è stato il bambino  idea molto moderna. IL PARADIGMA DELL’INFANZIA NELLA “VITA” DELL’ALFIERI È un saggio di Maria Antonietta Terzoli, la quale ci fa notare che Alfieri nel rappresentare sé stesso esercita un controllo serrato nel rispetto del vero. Inoltre la Terzoli nota che Alfieri attua una sottile strategia di persecuzione per indurre il lettore a costruirsi da sé l’interpretazione che l’autore non ha voluto esprimere, per questo nell’affidare lo scritto agli editori chiedi di non aggiungere altri fatti e non modificare quelli trattati  offre al lettore un paradigma interpretativo attraverso il racconto dell’infanzia. La conversione letteraria segna il rovesciamento di segno nei fatti. C’è un’antitesi tra prima e dopo la conversione:  dall’ansia di fuga alla chiusura volontaria in casa dove si dedica alla scrittura e variato, l’endecasillabo di Alfieri non è cantilenante (ha un timbro forte e tragico). Il fraseggiare è breve e forte  frasi brevi con timbro forte. In questo modo Alfieri crea il suo endecasillabo. Prende degli elementi dalla tradizione classica della tragedia:  La tragedia è in 5 atti  Rispetta le unità di tempo, di luogo e d’azione  Non utilizza il coro Caratteri nuovi della tragedia alfieriana:  Nuda semplicità dell’azione, non ci sono troppe complicazioni, solo l’essenziale  Pochissimi personaggi (solitamente 4 o pochi di più)  Verso rotto per lo più su diverse sedi, ed impossibile quasi a cantalenarsi. (Vita, Epoca IV, cap. X)  Azione scenica entro le 24 ore in un solo luogo e deve raccontare un solo fatto tragico, deve essere unitario Nel 1783 per la prima volta Alfieri si sottopone al giudizio del pubblico con la stampa a Siena (prima di questa stampa si parla solo di manoscritti non copiati) dall’editore Pazzini Carli, dell’editio princeps, cioè l’edizione prima (4 tragedie). I vari critici letterari si esprimono su questi quattro testi pubblicati. Tutti concordano su un fatto, biasimano lo stile di queste tragedie, che risulta “durissimo, oscurissimo e stravagantissimo”, nessuno di costoro ha però saputo dire ad Alfieri dove, come e perché lui sia risultato in quel modo. Questa accusa sarà rivolta ad Alfieri anche da editori postumi a lui, è una polemica che durerà per anni. C’è chi difende e chi accusa il sistema tragico alfieriano. 25 OTTOBRE EPOCA SECONDA: CAPITOLO PRIMO Siamo nel 1758, Alfieri ha 9 anni e viene mandato in un collegio d’élite, molto importante da almeno un paio di secoli, l’Accademia di Torino, dove studiano anche i figli delle maggiori famiglie europee. Vi rimarrà fino al 1766. È un’accademia maschile che deve formare ai ranghi della diplomazia europea o al servizio militare avviarli alla carriera militare o diplomatica. È un’accademia sabauda, sotto l’egida diretta del re di Savoia. Le poste di cui parla Alfieri sono le stazioni di posta in cui avvenivano i cambi dei cavalli perché era attraverso essi che si svolgeva la comunicazione. L’espressione “correre le poste” è ricorrente, una delle sue passioni è correre con i cavalli. Si ritrova a casa dello zio ma invece di aspettare ottobre, lo zio lo manda in collegio ad agosto poiché vivace. Prima protesta forte l’accademia è un luogo in cui forse insegnano qualcosa sul piano degli studi ma non proviene da lì nessun insegnamento di vita perché gli insegnanti stessi non conoscevano il mondo né in teoria né in pratica. L’accademia ha una pianta quadrangolare con al centro un cortile, dove due lati sono destinati agli appartamenti dei ragazzi, sugli altri lati uno è occupato dal regio teatro e l’altro dagli archivi reali  divisione in appartamenti che procedono dal basso verso l’alto, i più piccoli sono collocati nel Terzo e man mano che si va avanti si arriva al Primo, che è occupato anche dai paggi del re, coloro che faranno servizio a corte (20-25 persone) che sono separati dagli educanti. In Terzo e Secondo appartamento ci sono almeno 4 camerate di 11 giovani ciascuna. Il giudizio sul personale addetto alla custodia degli studenti è negativo, dice che non sono preparati a fare ciò, o sono studenti che non possono pagarsi la retta o sono preti ignoranti.. Nel primo appartamento ci sono pochissimi torinesi e quasi tutti sono dell’Europa centro- settentrionale (boreali), di cui parla con disprezzo, qui non c’era nessuna regola, se non quella di trovarsi in camera prima di mezzanotte. Il capitolo si chiude con una costatazione di ordine morale, siccome per andare alla scuola di ballo/scherma i ragazzi del Secondo appartamento devono passare nella galleria del Primo vedono quanto è più lieta la vita per i più grandi  chi ha fatto questa distribuzione non si è accorto della funesta influenza che la vista dei frutti proibiti avrebbe avuto sui giovani, è un errore educativo. EPOCA SECONDA: CAPITOLO SECONDO Alfieri fu collocato al Terzo appartamento e dopo una valutazione delle sue capacità fu giudicano un buon quartano. Si procede dal quinto al primo livello. Quartano=un alunno della classe quarta (corsi quinquennali) che entra con un anno di vantaggio  impostazione dell’educazione all’epoca di Alfieri era quella dei gesuiti, la ratio studiorum della compagnia di Gesù adottata da tutta Europa: corsi quinquennali di studi di grammatica, umanità (letteratura) e retorica divisi poi in 5 livelli. Il livello della retorica è il livello più alto, vuol dire aver raggiunto la piena capacità espressiva e argomentativa. Un buon quartano significa che viene ammesso alla classe quarta di grammatica con la possibilità di passare in qualche mese alla classe terza di prosodia (poesia) e grammatica superiore. Finché è stimolato da competizione ed emulazione si attiva e riesce ad avere successo, quando non c’è la sfida ricade nel torpore. La gioventù la tradisci senza rimedio quando non la formi, quando non consenti ai ragazzi di formare la propria personalità e la propria cultura.  pensiero di grande modernità, di chi si pone nell’ottica di costruire una civiltà. A novembre 1759 passa alla classe terza (Cornelio Nepote, egloghe di Virgilio). La sfida e l’emulazione verso il migliore lo spronavano, appena tornava ad essere primo ricadeva nel torpore. Alfieri dice che tradisci la gioventù senza rimedio nel momento in cui non la formi, quando non consenti ai giovani di acquisire le competenze per vivere nel mondo  pensiero di grande modernità, di chi si pone nell’ottica del costruire una civiltà, se non formi questo tessuto distruggi la possibilità di una costruzione sociale che funzioni. Il novembre successivo passa alla classe seconda. Anche qui si ritrova a fare a gara ed emulare un ragazzo. Era un sistema di studio basato molto sulla memoria. Nonostante fosse battuto da questo compagno nella gara della memoria, si rifaceva sul tema, inoltre non poteva portargli rancore perché era bello e la bellezza nella vita di Alfieri ha sempre avuto molta importanza, finendo anche per avere più credito della verità. Racconta la storia poi interrompe e fa un commento su di sé, di come lui ha vissuto e valuta quello che sta succedendo continuo flashback, in cui racconta vicende del passato poi ritorna nel presente ed esprime un giudizio su ciò che è stato in età matura. Dice che Ariosto, il primo contatto che ha con un’opera di grande fantasia (ambito romanzesco) lo acquista barattandolo con il pranzo della domenica, nonostante non fosse in quel momento un libro di lettura dell’accademia, se lo procura semiclandestinamente. Inoltre barattava il pranzo anche per le storie del Lignana esigenza di nutrire la fantasia. Si avvertono i primi turbamenti adolescenziali in Alfieri e nel suo competitore, avverte qualcosa di stimolante nell’Ariosto ma non li sa comprender e cerca di parafrasarli senza riuscirci. EPOCA SECONDA: CAPITOLO TERZO Descrizione dei parenti di Torino a cui è affidata la sua adolescenza. In questo periodo mangia e dorme poco e si strapazza molto (orari pesanti in accademia). Gli vengono delle pustole e si annerisce sulle tempie  malattia dermatologica quasi psicosomatica (anche a causa delle condizioni igieniche). Lo zio era partito per Cuneo poiché era diventato governatore, l’unico parente rimasto a Torino è il cugino di suo padre, Benedetto Alfieri, che è un personaggio importante (architetto)  ci racconta delle opere realizzate da lui e delle opere che ha fatto in dimore private in virtù dell’amicizia. Dallo zio apprende anche alcune cose riguardo il padre morto. Successivamente torna a parlare dell’adolescenza e inizia il quarto capitolo. EPOCA SECONDA: CAPITOLO QUARTO Siamo nel 1760, è già passato 1 anno e mezzo di vita accademica. I compagni lo chiamavano “Fracida carogna” a causa del suo stato di salute, era sempre malato. Passa alla classe di retorica, il primo livello, ha modo di recuperare i 4 tometti dell’Ariosto recandosi nella stanza di questo insegnante, anche se aveva raggiunto il primo livello di retorica non riusciva a comprendere bene l’Orlando Furioso, questo però era anche dovuto alla continua spezzatura degli episodi dell’Orlando Furioso (intreccio delle storie, sospende la storia e parla di altro). Il Tasso si sarebbe adattato meglio ad Alfieri grazie al carattere più malinconico però non entrava nel programma d’esame di Alfieri. Si trovò a leggere la traduzione dell’Eneide di Annibal Caro, un letterato del 500 nativo di Civitanova Marche, questa traduzione in lingua italiana è un’opera di grande poesia. Alfieri dice di aver letto Metastasio, un poeta settecentesco che esplode come autore di melodrammi, momento di pieno fulgore di questo genere letterario e musicale. È l’unico poeta italiano di cui Alfieri ha notizia, a parte Ariosto non cita altri autori. Lo disturba l’interruzione della lettura perché nei libretti di Metastasio c’è la parte recitativa, si innervosisce. Lesse il Goldoni e lo divertì ma già qui aveva un piccolo interesse per il teatro ma senza nessuno che lo aiutasse a nutrirlo era rimasto lì. Subisce bullismo da un suo compagno che lo costringe a farsi scrivere i componimenti. Nel 1761 entra in Filosofia, corso di 2 anni che prevedeva gli insegnamenti di geometria, logica, fisica ed etica. Egli dice di avere una testa anti- geometrica. La filosofia peripatetica del dopo pranzo diventava un posto in cui dormire per tutti gli studenti. Si svegliavano alle 5 e tre quarti per le prime Orazioni e successivamente studiavano fino alle 7 e mezza. Per Alfieri diventa pesante e si fa concedere di dormire fino alle 7. 26 OTTOBRE L’ACCADEMIA: L’edificazione dell’Accademia di Torino si ebbe tra il 1674 e il 1680  il palazzo costruito aveva lo scopo inizialmente di accogliere un’accademia cavalleresca. Il primo gennaio del 1679 venne inaugurata la Reale Accademia di Savoia alla quale affluirono i giovani di nobili casati, soprattutto europei  Torino centro importante per la cultura di allora. Alfieri tende a sminuire l’accademia ma se noi leggiamo questo nell’ottica del ribaltamento (principio che presiede nell’autobiografia) è in funzione della conversione che si avrà, dopo la quale ricomunicò a formarsi negli studi letterali  quello che afferma va interpreta, ciò che scrive è vero però parzialmente. Il re Vittorio Amedeo II nel 1729 da un primo assetto all’istituto e lo apre agli studi universitari. Nel 1756 i giovani che entrano in accademia per intraprendere la carriera militare vengono indirizzati verso un preciso percorso di studi (si differenziano i percorsi).Nel 1798 i francesi che hanno occupato lo stato sabaudo sopprimono questa accademia, Napoleone intraprende la campagna d’Italia tra il 1796 e il 1799  occupa l’Italia almeno fino allo stato pontificio. Nell’accademia si insegnava letteratura, storia, italiano, francese ma anche ballo, scherma ed esercizi equestri (nell’edificio della cavallerizza)  il ballo serviva perché era l’intrattenimento principale nelle feste di corte. Inoltre gli studenti dovevano seguire alcune lezioni all’Università di Torino. Le materie militari comprendevano architettura, fortificazioni e strategie militari. L’accademia è stata eletta patrimonio dell’Unesco nonostante fosse stata colpita dal bombardamento nell’estate del 1943. EPOCA SECONDA: CAPITOLO QUINTO Lo zio dell’infanzia tornò per qualche giorno a Torino nel 1762 e gli diede dei privilegi nel mangiare e in questo modo Alfieri riprese un po’ di salute e iniziò a crescere (rimpannucciarmi= fiorentinismo). La sorella si trova in monastero ad Asti, l’educazione che si riceve in monastero è pessima in quegli anni mettere una figlia in convento costa meno che pagare la dote per il matrimonio; inoltre la vita in monastero non  malinconia profonda  ricerca dell’oggetto amato e trovatolo sfuggirlo  mancanza di argomenti al suo cospetto  ricerca nei luoghi pubblici  incapacità di reggere l’emozione al sentirla nominare Insomma tutti gli effetti descritti dal Petrarca Questa citazione di Petrarca ci sorprende un po’ perché ancora non lo abbiamo mai incontrato tra i libri e gli studi che Alfieri ci ha raccontato di aver fatto (anche perché Petrarca tratta di tematica amorosa che all’interno dell’Accademia non viene affrontata).Infatti questo accostamento a Petrarca successivo, che viene fuori ripensando a 51 anni ciò che ha provato a 16 anni. Provare una passione amorosa per Alfieri è importantissimo, vuol dire uscire dalla folla volgare, è un sentimento nobile. Anche se poi vedremo che gli oggetti della passione di Alfieri, fino alla contessa di Albany, non sono degni, ma questo non significa che ciò che si prova non sia degno solo perché l’oggetto non lo è. Innamorarsi di una donna traditrice, come sarà poi Penelope Pitt, non significa che Alfieri non abbia provato una vera, reale, alta e nobile passione amorosa. Non c’è contatto con questa prima ragazza, sempre sotto la cerchia dei parenti. Questo amore seppur non consumato rimane un mezzo di paragone per Alfieri. Tutto viene involontariamente declinato in base al fatto che questo sentimento amoroso, se Alfieri acquista determinate doti etiche e morali, potrà avere il suo svolgimento. Primo viaggio all’ingresso delle truppe. LEOPARDI E ALFIERI Leopardi legge la Vita Alfieri nel 1817 (ce lo dice nel suo primo sonetto) e quando racconta dell’amore per la cugina Gertrude nel Diario del primo amore si rifà ad Alfieri e alla fenomenologia amorosa da lui descritta. Diario del primo amore o Memorie del primo amore: diario, perché sono tutte osservazioni e descrizioni di questa passione amorosa suscitata dalla cugina con tanto di data (14-23 dicembre). Però non è diaristica perché la visita si è svolta dall’11 al 14 dicembre, non è diretta ma è ricostruita successivamente (memorie). Questo testo in prosa riporta tutte le sensazioni che Leopardi ha provato in quei 3 giorni, 16 e 17 dicembre egli sintetizza tutte le emozioni che ha provato e scrive il canto “il primo amore” (canto decimo), pubblicato nei “Canti” non è una canzone, è formato da terzine con la particolarità di essere anche incatenate (terzina dantesca). Quando descrive la sua passione amorosa ritroviamo la fenomenologia amorosa descritta da Alfieri. Viene descritto anche il primo viaggetto a Genova e descrive la prima volta che ha visto il mare (topos), dice però che questo viaggio era nulla in confronto ai posti da dove venivano i suoi compagni perciò nasce in lui la voglia irrefrenabile di visitare il mondo. Successivamente ottiene il ruolo di Porta Insegna del reggimento provinciale di Asti e lascia l’Accademia. Con uno stratagemma riesce a farsi dare la licenza per un viaggio a Roma e Napoli. Qui finisce la Seconda epoca caratterizzata da 8 anni di ozio, ignoranza e infermità. 8 NOVEMBRE EPOCA TERZA : CAPITOLO PRIMO Abbraccia circa dieci anni di viaggi, e dissolutezze. L’epoca terza può essere studiata come un testo di odeporica, cioè un settore di studi di sviluppo piuttosto recente (anni 70) che si occupa di viaggi, in particolare del documento di viaggio a partire dalle sue attestazioni chi studia odeporica lo fa raccogliendo una serie di altri documenti di tipologia varia che serve a ricostruire il contesto di questa esperienza (esempio: la lista delle cose da mettere in valigia) sono testimonianze utili a discipline non letterarie, ad esempio la geografia. Ci sono però alcuni documenti di viaggio, come i diari, ai quali è stata riconosciuta una qualità estetica diventano testi odeporici rilevanti per le discipline letterarie. Tra i più grandi studiosi di questi testi troviamo: Attilio Brilli ed Emanuele Kanceff. Kanceff è un torinese, egli dice nel suo saggio “Odeporica e letteratura contro la dislessia”, che tutto quello che si occupa di viaggio non è letteratura di viaggio, il più delle volte sono sotto casi, qualcosa che non ha raggiunto la bellezza letteraria che noi ricerchiamo ma sono comunque documenti importanti. I testi di viaggio sono davvero quelli dove viene descritto un viaggio? La risposta è no, è un’idea dannosa perché ha evitato che si sviluppassero studi riguardo questo genere. La letteratura di viaggio non coincide con i testi in cui si descrive un viaggio, non è mera descrizione ma fotografia dell’esistere (scolpire con tratti letterari un’immagine e non solo descrivere dei dati documentari, qualcosa che diventa dato letterario) e con un salto di qualità rimane intrappolata in questa produzione superiore, diventa un prodotto letterario. La forma più neutra e utile della scrittura di viaggio è la guida, un tempo fatta solo di descrizioni linguistiche letterarie, senza immagini, talvolta c’erano degli schizzi. Se è vero che nessun genere come la scrittura di viaggio dimostra di essere legato ai modelli, è anche quello che ha faticato a trovare l’elemento innovativo. Sono testi standardizzati ma implicitamente c’è stata una rivoluzione, ciò che li distingue è la capacità inventiva/di narrazione di un autore rispetto ad un altro. Ogni scritto di viaggio implica l’adozione di una struttura di fondo, che lo distingue dalla scrittura utilitaristica e gli conferisce dignità di creazione. Esiste un’elaborazione che si può fare dal grado zero di descrizione di viaggio che raggiunge un livello di narrazione letteraria ed entra a far parte dei nostri interessi. Il viaggio produce spaesamento, un’esperienza fondante dell’antropologia culturale, dovuta ad altri modi di essere uomini e donne, ad altre abitudini. Il viaggio attraverso le esperienze degli altri è il migliore per riflettere su di noi. Le nostre abitudini sono il paradigma di riferimento in base al quale giudichiamo le altre. Lo spaesamento non avviene improvvisamente, dice Brilli che tra il nostro essere individuo con una serie di riferimenti domestici e il nostro essere individuo spaesato si pongono delle condizioni che ci portano allo spaesamento e uno di questi è la carrozza, tra il viaggiatore e il paese. L’immaginario dell’Italia del viaggiatore dell’epoca di Alfieri è legata alla grandezza antica ma consapevole della decadenza contemporanea. Le differenze delle caratteristiche di coloro che vive al Nord e al Sud è condizionato dal clima (rigore e gelo del nord). ITINERARIO DEL VIAGGIO DI ANDATA IN ITALIA (1766):  Partenza da Torino il 4 ottobre 1766 e arrivo a Milano  Milano  Parma e Piacenza  Emilia e Toscana (Modena, Bologna, Firenze, Lucca, Pisa, Livorno e Siena)  Roma  Napoli EPOCA TERZA: CAPITOLO PRIMO Quattro padroni, i padroni sono i giovin signori che viaggiano, Alfieri e i suoi compagni e l’istruttore inglese di uno dei 2. Una carrozza con 4 padroni e 2 servitori a cassetta, 2 servitori sul calesse che hanno ruolo di postiglioni (precedeva la carrozza, raggiungeva le stazioni di posta e prenotava pasto e pernottamento per coloro che stavano per arrivare), a cavallo da solo il cameriere che non è più lo stesso ma è Francesco Elia, che svolge il ruolo di avanguardia, precede e controlla la strada prima che arrivi il caselle e la carrozza. È un personaggio importante, sarà uno dei protagonisti perché è molto intelligente e sagace. Dice che si porta dietro alcuni libri di viaggio e racconta della sua prima tappa, Milano. Alfieri parte da Torino il 4 ottobre del 1766, la seconda tappa è Milano, non descrive la città, ne approfitta per parlare di Petrarca e del suo rapporto con Petrarca. Qui visita la biblioteca Antoniana, dove si conservano i manoscritti più importanti di Petrarca, gli viene tra le mani il De Rerum Vulgarum Fragmenta, capostipite della tradizione lirica italiana e lui da vero barbaro lo butta via come se non avesse valore, perché quando frequentava la classe di Filosofia non aveva inteso nulla dalle Rime di Petrarca. Alfieri si era formato in lingua francese, scriveva sul diario di viaggio in francese e parlava in francese con i compagni. La terza tappa è Parma, Piacenza e Mantova, visita le prime 2 in un giorno e Modena in poche ore, infatti, il suo interesse non era visitare la città ma andare veloce a cavallo. La quarta tappa è Bologna, resta forse una decina di giorni non vedendo nulla della città. Alla fine di Ottobre arriva alla quinta tappa, che è Firenze, la prima città che gli piace veramente, ma meno di Genova. Resta a Firenze per un mese, della città non riesce a trattenere nulla riguardo la pittura, dell’architettura si per via dello zio architetto. L’unica cosa che lo attrae è la tomba di Michelangelo in Santa Croce, sulla quale fa alcune riflessioni, dicendo che colui che realizza opere stabili lascia traccia nel mondo  ci dice questo perché sta riflettendo sul tema della gloria, dell’immortalità dell’arte, è un tema romantico che prelude a ciò che lui vorrà essere in analogia con Michelangelo. A Firenze invece di imparare l’italiano si mette a studiare l’inglese. Non gli piace il francese per la smorfia della bocca, simile a quella delle scimmie (mette in ridicolo la lingua). Da Firenze partono via Prato e Pistoia, verso Lucca, città che non gli piace e che considera noiosa. Riparte per Pisa, dice solo che gli è piaciuto il campo santo perché vede le tombe dei grandi scienziati e umanisti. Da Pisa in un giorno raggiunge Livorno, egli dice che assomiglia a Torino, dal punto di vista della pianta urbanistica della città (strade perpendicolari, non di impianto medievale con le viuzze non ben ordinate), inoltre Livorno ha il mare, che Alfieri ama. In questo momento c’è un rifiuto dell’italianità. Siena è una bellissima città ma è strano che sia più interessato ad essa rispetto a Firenze e che trovi questa parlata più bella del fiorentino. Alfieri coglie le differenze del toscano e preferisce il senese, è un falso storico perché egli ne parla così per ciò che diventerà Siena per lui. Partì poi per Roma molto emozionato, ha una visione mitica della città. Si meraviglia del fatto che i suoi amici fossero così colpiti della bellezza del Panteon, Alfieri si renderà conto della bellezza dell’Italia solo dopo aver visitato tutta Europa (spaesamento) e capirà lo stupore dei suoi compagni vedendo la bellezza di Roma. Per lui ora Roma rappresenta la grandezza degli antichi. EPOCA TERZA: CAPITOLO SECONDO Viaggio di ritorno. Arriva a Napoli (sicuramente dopo il 25 dicembre). Dopo Napoli si doveva attraversare un territorio impervio dove c’erano solo briganti per raggiungere la Sicilia quindi il Grand Tour finiva a Napoli. Qui egli trova una città molto bella ma non ne era entusiasmato in senso vitale, attirava solo le donne che non gli piacevano e non aveva fatto amicizie. Passa il tempo sulla spiaggia di ghiaia con il cavallo dove fa passeggiate solitarie  tratto solitario del suo carattere tipico anche della maturità. Altro principio: Tappe nelle grandi capitali europee. La prima è Parigi, raggiunta nel 1767, l’ingresso a Parigi è sconfortante, un po’ per il cielo nebbioso ad Agosto e un po’ perché appena entra a Parigi trova strade fangose e sporcizia. Per ogni luogo visitato Alfieri scolpisce un’etichetta (Parigi è una fetente cloaca). I punti di debolezza di Parigi (città sporca, abitazioni rozze) non venivano compensate dai punti di forza (carrozze, bei posti per passeggiare, facciata del Louvre, le facce rosse di trucco delle donne). Passa quindi il tempo a Parigi tra prostitute, gioco, passeggiate, teatri e dolore. Da Parigi si reca a Londra. Visitare luoghi nuovi gli fa attribuire il giusto valore ai luoghi noti (rivaluta le città italiane). Capodanno 1768 viene invitato ad andare alla corte di Versailles, per la curiosità di vistate una corte straniera. Episodio dell’incontro con Luigi XVI alla corte, egli non si degna di prestargli attenzione così come fa anche con persone più importanti. È interessante quanto dice riguardo l’episodio della domanda del re che chiede perché non ci sono coloro che stanno insieme al preposto per andare alla funzione e gli rispondono che sono stati impantanati, dice che anni dopo, nel 1789, un altro re ha risposto a una domanda del sindaco di Parigi assai più benignamente di Luigi però questo tratto di democrazia è valutato negativamente da Alfieri, egli teme che i re plebei siano ancora più funesti di quelli carolingia, è un giudizio che da sulla Rivoluzione Francese, non è della parte dei rivoluzionari, nel 1782 ha anche rischiato di essere ghigliottinato e questo ce lo anticipa 20 anni prima. 15 NOVEMBRE EPOCA TERZA: CAPITOLO SESTO Alfieri da Parigi si sposta a Londra, viaggia con il Marchese di Rivarolo e arriva a Londra nel gennaio del 1768. Era pericoloso viaggiare per le strade perché molto trafficate dalle carrozze. Di Londra apprezza le strade, le osterie, le donne, il non trovare pezzenti per strada… tutti questi aspetti positivi che riscontra sia nella capitale che nei dintorni sono dovuti alla forma di governo che vi è in questo paese rispetto agli altri Paesi europei. C’è una monarchia che si è dotata di una costituzione. Risale a questo periodo lo sviluppo dovuto dalla rivoluzione industriale che secondo Alfieri deriva anche dai principi di cui l’Inghilterra si è dotata prima del resto di Europa. Alfieri nell’estate del 1768 arriva all’Haya, in Olanda, dove avviene quello che chiama “primo intoppo amoroso”, primo di tre. Non sono amori felici, sono amori che definisce non degni. Si innamora di una donna sposata. Tenta il suicidio abbandonato dall’amata, che si trasferisce all’estero per seguire il marito. A questo momento storico risale l’inizio della lettura di Machiavelli. Dopo varie peripezie e dopo esser guarito da questa caduta amorosa decide di tornare in Piemonte. La durata del primo viaggio in Italia, Francia, Inghilterra e Olanda dura 2 anni e qualche giorno. EPOCA TERZA: CAPITOLO SETTIMO Rientrato a Torino si dedica per 6 mesi agli studi filosofici, in particolare dei filosofi illuministi (Rousseau, Montesquieu, Voltaire, Hevelius), riprende Plutarco e lo legge 4/5 volte. C’è un tentativo di matrimonio con una nobile ereditiera, scampa il matrimonio e agli impegni diplomatici parte per il secondo viaggi in Europa. EPOCA TERZA: CAPITOLO OTTAVO TAPPE SECONDO VIAGGIO:  Vienna (estate 1769)  Budapest  Praga e Dresda (ottobre-novembre 1769)  Berlino (ottobre-novembre 1769)  Copenaghen (dicembre 1769-marzo 1770)  Stoccolma (fino ad aprile 1770)  San Pietroburgo (fine maggio-fine giugno 1770)  Londra (novembre 1770-giugno 1771)  Olanda, Francia, Spagna, Portogallo Questo secondo viaggio è interessante per le descrizioni delle città che visita, immortala con pochi giudizi fulminei le realtà di queste grande capitali che andrà visitando. Questo viaggio lo porta in Germania, Danimarca e Svezia. Per partire richiede il permesso del re di Torino. Si dirige verso Vienna nel maggio 1769. Il suo carattere si è un po’ mitigato, dall’irruenza del primo viaggio, nel secondo è più riflessivo e malinconico. Ha completamento dimenticato il latino imparato in accademia quindi deve ricorrere alle note mentre legge il libro di Montaigne (analfabetismo di ritorno=imparare una cosa e poi scordarla per il disuso). Dice che Vienna di Torino ha solo le cose piccole, ma al contrario non ha la bellezza della posizione (Torino è contornata dalle Alpi). Il conte di Canale gli propone di frequentare il salotto di Metastasio (circolo più importante di Vienna) ma Alfieri rifiuta perché pensa sia una compagnia di pedanti e perché vide Metastasio inchinarsi a Maria Teresa D’Austria con un viso talmente convinto che Alfieri avendo letto i miti di Plutarco che celebrano la ribellione al potere, avendo visto questo si riempie di sdegno e chiama Metastasio con una metafora “musa appigionata”, cioè vive nella corte e viene pagato e in questo modo svende la propria arte, proprio come tutti gli altri uomini di cultura all’interno della corte. Il fidatissimo Elia è sempre meno servitore e più compagno di viaggio (in questo secondo viaggio infatti Alfieri gestirà da solo il denaro, cosa che prima faceva fare a Elia). Nel mentre va anche a Budapest, molto vicina a Vienna, per dire a se stesso di aver visto l’Ungheria. Si sposta poi a Praga e a Dresda nel settembre del 1769 e qui si ferma un mese. Va poi a Berlino, capitale della Prussia, dove si fermò per un altro mese. Su Berlino dà un giudizio molto caustico e acido. In Prussia governa Federico II, un despota illuminato (il dispotismo illuminato è quella fase del potere in cui raccogliendo suggerimenti dei filosofi illuministi si arriva a mitigare il potere assoluto facendo qualche piccola concessione di carattere sociale ed economico, tutto questo per evitare la rivoluzione del popolo. La lezione che i francesi non hanno voluto apprendere, che ha poi portato alla rivoluzione francese, è invece assorbita da questi altri potenti d’Europa). È uno stato fortemente militarizzato. Alfieri si presenta all’incontro con Federico II in abiti civili, Federico è sorprese e chiede perché non si sia messo l’uniforme e Alfieri dice che lì di uniformi (persone tutte uguali) ce e sono troppe e voleva distinguersi. La Prussia gli risulta una “universal caserma”, quindi lui non vuole indossare l’uniforme militare perché vuole in qualche modo ribadire la sua autonomia da questa uniformità militare che Federico II ha imposto nel suo paese. Risale tutta la Germania e arriva in Danimarca, a Copenaghen nei primi di dicembre del 1769 (Danimarca, Olanda e Inghilterra sono per lui paesi tollerabili, sono infatti i paesi in cui c’è la monarchia costituzionale che porta benessere e maggiore attività). Comincia a farsi largo quel sentimento che sarà poi sentimento ispiratore di larga parte delle tragedie di Alfieri, il rifiuto della tirannia (Federico II è proprio il moderno tiranno che si sostiene attraverso la militarizzazione del proprio stato). In Danimarca incontra altri gentiluomini torinesi con i quali intrattiene rapporti di tipo culturale. A Copenaghen resta fino a marzo 1770 e poi parte alla volta della Svezia. Raggiunge Stoccolma con fatica, attraversando il freddo inverno ghiacciato che gli impedisce di proseguire con le ruote, sono costretti a togliere le ruote e proseguire con le slitte. Alfieri associa quei paesaggi e immagini del nord ai Canti di Ossian (Macpherson finge di aver ritrovato delle poesie in antica lingua celtica di questo Ossian e di averle tradotte, in realtà è lui stesso che le compone. Cesarotti le tradurrà poi in italiano). Quando visita la Svezia non conosceva ancora i Canti di Ossian ma successivamente, leggendoli, in questi troverà molto ben descritta quell’atmosfera invernale e ghiacciata del nord Europa. Gli piaceva la Svezia e chi ci abitava. La forma di governo della Svezia non era né una monarchia assoluta né una monarchia costituzionale, c’era una semilibertà che funzionava bene. Se pur nella convivenza delle 4 classi (i nobili, gli ecclesiastici, i borghesi e i contadini) il regime politico prevedesse una giusta distribuzione delle risorse in modo che i contadini non siano troppo poveri e i nobili non siano troppo ricchi, laddove questo esiste c’è anche più concordia sociale. Se invece i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri allora non c’è concordia e scoppia la rivoluzione. Questa è la sua riflessione dopo aver girato i vari paesi europei ed essere venuto a contatto con varie realtà politiche e sociali. Si divertiva con le slitte e rimase qui fino a metà aprile 1770 quando avvenne il disgelo 16 NOVEMBRE EPOCA TERZA: CAPITOLO NONO Parte per San Pietroburgo alla metà di maggio del 1770. Arriva in Russia passando per la Finlandia (viaggio parecchio pericoloso durato due settimane). La solitudine e il silenzio del ghiaccio erano una dimensione fantastica irreale che lo affascinava moltissimo. Qui in Russia vive un senso di spaesamento, talmente forte che perde anche l’orientamento rispetto alla dimensione del tempo (non veniva mai notte quindi lui non sapeva più che ore fossero). Ha altissime aspettative di questa città, ne ha sentito parlare anche dai suoi compagni in accademia. Si aspetta di trovarsi di fronte a un grande impero, quello di Pietro il grande, in realtà appena arriva vede un accampamento di baracche tutte in fila e ne rimase deluso. Man mano che vedeva altre cose confermava sempre di più la sua prima impressione. Non volle vedere neanche Caterina II, moglie di Pietro il grande, il prodotto più alto della filosofia illuminista, colei che si è contornata di pensatori illuministi e ha cercato di tradurre in politica questi insegnamenti. Questo la rese molto popolare ai tempi di Alfieri, passava per essere una sovrana illuminata che aveva portato grandezza al suo impero. EPOCA TERZA: CAPITOLO DECIMO Nel novembre del 1770 parte alla volta di Londra. Si entra nella narrazione romanzesca. Alfieri ha 45 anni e racconta di questo “secondo intoppo amoroso” che è anche più intenso di quello che aveva vissuto nell’Aia. Questa donna è Penelope Pitt (lui in realtà non dichiara mai il nome delle donne per una questione di riservatezza). Era moglie di un visconte appartenente all’alta nobiltà inglese. Frequenta il teatro d’opera italiano (Metastasio). A differenza del marito della donna di cui si era innamorato in Olanda, il marito di Penelope è molto geloso. Alfieri e la donna si incontravano fugacemente, si passavano biglietti di nascosto e si scambiavano sguardi rubati. Questi piccoli ostacoli accendevano sempre di più in lui la passione. La passione si trasforma in malinconia e felicità perché non vede il modo di instaurare un rapporto più stretto con lei. Alfieri quasi spera in uno scontro a due con il marito. I VIAGGI IN TOSCANA:  1766-1774 Alfieri compie i suoi primi viaggi.  Firenze è importante perché la segnala subito come la prima città che gli piacque dopo Torino. Una delle poche cose che lo colpisce è infatti la tomba di Michelangelo in Santa Croce (questa viene vista come un messaggio che il destino gli riserva. L’autore sembra già iniziare a ragionare sul voler lasciare qualcosa alla posterità che lo ricordi come uno tra i più grandi). Qui Alfieri segue delle lezioni di inglese su cui fa ironia perché lo diverte il fatto di essersi recato a Firenze per studiare un’altra lingua.  Livorno gli piace perché viene affascinato dal mare.  1766 arriva a Siena. È una delle città in cui si parla meglio il toscano. Si recherà successivamente a Siena, oltre che per gli affetti che lo legano alla città, anche per la lingua. Preannuncia la sua conversione letteraria e politica che avverrà qui In Alfieri il bello coincide con il vero. Lo scandire per epoche, il ricordare tutti gli anni per specificare ancora meglio quando avvengono gli eventi, c’è una volontà di aderire alla realtà che per Alfieri coincide con la poesia. Niente di quello che viene raccontato è falso, può quindi essere definita un’autobiografia a tutti gli effetti. C’è però questa volontà di farlo coincidere con il bello, con la poesia in maniera da non dare una forza centrifuga al romanzo, quindi che spinga verso la storia, ma centripeta, quindi è la storia che si piega un po’ alla vicenda dell’autore. La lingua toscana è un altro fil rouge dell’autobiografia, infatti la Vita può essere anche interpretata come una ricerca da parte dell’autore di questo oggetto del desiderio che diventa la lingua stessa. All’inizio, nell’epoca terza, l’autore parla di una situazione anfibia nel quale si trova, perché studia il francese, vive in Piemonte quindi non è a stretto contatto con la lingua che egli considera italiana, ossia il toscano. Quindi c’è una conquista continua da parte dell’autore sia dello stile che della lingua toscana che non è la sua lingua materna. In questo primo viaggio Alfieri è pervaso da una sorta di malinconia che non gli fa trovare pace, non c’è ancora la consapevole dell’autore. Alla fine dell’epoca terza e inizio della quarta viene annunciata la conversione letteraria, Alfieri è vittima di una seconda rete amorosa, la sua amata è malata quindi per assisterla in queste ore inizia a scrivere. Le prime opere che Alfieri produce sono in francese o un po’ in francese e un po’ in italiano. Poi si vuole perfezionare nella lingua italiana, ha il desiderio di diventare il primo autore tragico italiano. Racconta del forte sentire che deve poi essere tradotto in tecnica. Si vuole quindi recare subito in toscana per imparare il toscano. Primo viaggio letterario (Pisa e Firenze): Nel 1776 (aprile-giugno) si reca a Pisa perché c’è un’importante università dove viene introdotto da Paolo Maria Paciaudi e dove riesce a entrare in contatto con tutti i professori dell’università. Il periodo di Pisa è ricordato con parole poco lusinghiere, soprattutto nei confronti dei professori che egli definisce “barbassori”, non li considera dei maestri in quanto a tragedia. Deride addirittura un professore che gli consiglia di leggere le tragedie del giovane Michelangelo Buonarroti. Allo stesso tempo però questi mesi si dimostrano indispensabili perché lui è lì per imparare il toscano, non per perfezionarsi nello stile tragico, quindi grazie all’esperienza di Pisa i suoi lavori si sbloccano. L’amarezza con la quale ricorda questa esperienza probabilmente è dovuta anche alle recensioni negative che riceverà sulle sue prime tragedie dai professori. A Pisa c’è una cultura, una civiltà pronta a progettare uno stile tragico, ad accogliere questa novità, mentre a Torino no. A fine giugno 1776 si sposta a Firenze. Qui verseggia per la seconda volta il Filippo e ascolta l’aneddoto di Don Garzia ucciso dal padre dal quale nascerà poi la tragedia il Don Garzia. Resta qua fino ad ottobre per poi tornare a Torino, dove riprende il suo obiettivo, cioè creare uno stile tragico. I SOGGIORNI SENESI Secondo viaggio letterario (Siena): Sono importanti per la conversione politica, più che per lo stile tragico. Comunque nell’autore le due parti convivono e si intersecano. Siena è piena di targhe che ricordano Alfieri proprio perché è stato molto presente nella città e viene ricordato con affetto. Inizia il secondo viaggio letterario. Alfieri decide di recarsi subito a Siena perché Pisa era importante perché è presente un gruppo di intellettuali e studiosi della lingua italiana poi però ci sono motivazioni varie, tra cui ad esempio l’invaghimento per una bella e nobile signorina, che lo spingono ad andare a Siena. A Siena non ci sono distrazioni amorose, scontri con intellettuali come a Pisa, Siena diventa un po’ un locus amoenus e viene anche eletta la città dove si parla meglio. Durante la descrizione dell’arrivo a Siena Alfieri interrompe la narrazione del viaggio per spiegare come comporre le tragedie. Questo è importante perché si attribuisce in qualche modo alla città di Siena anche una rinomanza da questo punto di vista. Il contesto toscano e la città di Siena diventano importanti perché condividono le pagine con la poetica dell’autore. Alfieri spiega il metodo che ha praticato per tutte le tragedie: ideare, stendere in prosa e poi verseggiare. La volontà di inserire quindi questa riflessione sul suo modo di lavorare mentre parla della città di Siena può essere un suggerimento di come l’autore voglia proprio far diventare questa città un luogo letterario dove l’autore può raccogliersi in sé. Qui a Siena stringerà anche importanti rapporti con i membri del salotto di Teresa Regoli Mocenni, uno dei più importanti all’epoca. In questo salotto si riuniscono le personalità più importanti della città che recitano poesie e discutono anche di politica. Il granducato di toscana, pur non essendo arrivato alla concessione di una costituzione vera e propria, stabilisce una sorta di patto con i circoli nobiliari, con le élite culturali dello stato che si fanno cerniera di trasmissione con i ceti subalterni. Non c’è una costituzione ma c’è una sorta di relazione diretta fra queste élite nobiliari e culturali che in qualche modo fanno sentire la loro voce al granduca, che non opera in maniera tirannica ma piuttosto ha un suo gruppo di consiglieri che riescono a mitigare l’assolutismo di questo governo. Questa forma di governo esiste in Toscana ma non esiste altrove. È una città che mantiene ancora saldi i valori repubblicani. Alfieri stringe un’amicizia con Francesco Gori Gandellini che durerà fino alla morte di quest’ultimo. È una figura fondamentale perché si pone un po’ come l'alter ego dell’autore dell’autobiografia ed è il personaggio a cui Alfieri attribuisce la conoscenza di Machiavelli. È vero che nei suoi precedenti viaggi Alfieri viene già a conoscenza di Machiavelli da alcuni nobili ma è in una fase in cui non è interessato alla lettura e quindi non dedica l’attenzione che merita agli scritti di Machiavelli. È con l’ambiente senese e con Gandellini che poi legge davvero le sue opere. Machiavelli e la prima stesura del trattato Della Tirannide costituiscono l’humus primordiale dell’ideologia politica dell’autore. Quindi Siena diventa un luogo fondamentale per la sua conversione politica. Il trattato Della Tirannide ispirato principalmente dalla lettura del Machiavelli ha due scopi principali, definire cosa sia la tirannide e come si vive sotto una tirannide. Dopodiché c’è il rapporto con Montesquieu. Alfieri dice che il tiranno che è al di sopra della legge va abbattuto, bisogna vivere lontano dalle corti quanto possibile. La vera liberazione non si ottiene con l’uccisione del tiranno ma con una sollevazione popolare che instauri la repubblica. Lo spirito antitirannico di Alfieri va in una direzione ben precisa, cioè la rivolta affinché si instauri un nuovo tipo di governo, la repubblica, che è perfettamente in linea con l’idea della legge. Per Alfieri la repubblica è qualsiasi governo all’interno del quale tutti i cittadini siano sottoposti alla forza delle leggi. Per lui ad esempio la repubblica di Venezia non è una repubblica perché c’è un doge. Sono invece repubbliche quei governi come la monarchia costituzionale inglese, perché sebbene ci sia un re, comunque c’è una predominanza delle leggi che devono essere rispettate anche dal sovrano. Il modello di repubblica che Alfieri indica come obiettivo è quello inglese. Alfieri vuole leggere l’Oreste di Voltaire per poter produrre una sua tragedia ispirandosi a questa. Il Gori gli nega il prestito di quest’opera e lo invita a scrivere la sua opera senza leggere quella di Voltaire per tentare di mantenere una sua originalità. Questo consiglio diventa poi per lui un sistema. I soggiorni a Siena fino al 1777 sono abbastanza sistematici perché Alfieri vuole tornare nel salotto senese, perché è ospite del suo amico e perché è la città in cui si parla meglio il toscano. Si interrompono ad un certo punto quando Alfieri si reca a Firenze e viene ospitato nel salotto di Luisa Stolberg, quello che Alfieri definisce il suo degno amore, saranno compagni per la vita. Luisa è sposata con Carlo Stuart, definito il giovane pretendente perché prima di lui suo padre aveva provato a riprendere il trono inglese. Carlo Stuart ci riprova con una battaglia ma fallisce e con questa sconfitta finiscono anche le speranze di riprendere la corona d’Inghilterra. Dopo la sconfitta viene allontanato dall’ Inghilterra e viene ospitato prima in Francia, dove conosce Luisa la quale accetta il matrimonio puntando alla corona inglese. I due si trasferiscono in Toscana. Qui Carlo, vedendo andare perse le sue aspirazioni e rendendosi conto che non diventerà mai re d'Inghilterra, viene sempre visto in pubblico ubriaco, maltratta sia la moglie che i suoi inservienti. A un certo punto quindi si rende fondamentale l’aiuto di Alfieri per liberare questa donna dalle grinfie del marito. La Stolberg passerà prima un periodo a Roma sotto la protezione di suo cognato cardinale e poi riuscirà ad ottenere il via libera per vivere a Bologna. Da questo momento in poi Alfieri si muoverà principalmente per seguire la sua amata e per riuscire in qualche modo ad incontrarla. Questi spostamenti per avvicinarsi alla Stolberg lo portano più spesso a Roma. Qui entrerà in contatto con i salotti romani nei quali viene invitato e recita l’Antigone (1782). Il successo ricevuto da questa tragedia in particolare lo spinge a “tentare per la prima volta la terribile prova dello stampare”. Un anno dopo la recita dell’Antigone, nel 1783, decide di stampare a Siena, quindi ancora una volta torna la rinomanza di questa città. Egli dice di voler stampare a Siena perché non c’era particolare censura, al contrario di Roma (il dispotismo illuminato del granduca di toscana Pietro Leopoldo si riversa anche sulla cultura, quindi esiste una sorta di libertà di stampa a Siena e in generale nel granducato di Toscana. È possibile pubblicare un po’ Il numero definitivo delle tragedie alfieriane è 19. Inizialmente però aveva fissato il numero a 12. Poi si trova a scriverne 14 e a queste se ne aggiungeranno altre 5. 23 NOVEMBRE EPOCA QUARTA: CAPITOLO OTTAVO Nel 1778 Alfieri si spiemontizza. Nello stesso anno mette mano a varie opere. Verseggia la Virginia e l’Agamennone. Si dedica anche alla stesura di un poemetto in ottava rima perché sente diventare questo lavoro di verseggiatura quasi meccanico, quindi ha bisogno di comporre in un altro metro, l’ottava rima, per sbloccare questo meccanismo e per evitare di fare versi facili e poco incisivi. Questo poemetto è l’Etruria vendicata, dedicato all’uccisione del duca Alessandro da parte di Lorenzino de Medici. Ha come soggetto un fatto storico tragico, originale per il tempo, trova una sua forma espressiva molto originale. Comincia a scrivere anche rime d’amore, dopo aver conosciuto Luisa Stolberg ed essersi innamorato di lei. Qui Alfieri petrarcheggia, il modello che lo ispira sono le rime del Canzoniere di Petrarca. Nei periodi di allontanamento forzato che i due sono costretti a vivere, Alfieri scrive rime d’amore e scrive e riceve lettere dalla Stolberg. Sempre nel 1778 ideò la Congiura dei pazzi e il Don Garzia, che insieme all’Etruria vendicata formano un trittico legato alla permanenza di Alfieri a Firenze tra il 1777 e il 1778. Su suggerimento dell’amata ideò la Maria Stuarda. Nel 1779 scrisse la Congiura dei pazzi e ideò la Rosmunda, l’unica tragedia di argomento medievale. Stringe un’amicizia con il Caruso. Nel 1780 verseggia la Maria Stuarda e ritorna sul Filippo I, quella più tormentata tra tutte le tragedie. La scrive prima in francese poi lo traduce in italiano. È un testo di cui non è mai soddisfatto, continua a lavorare su questa tragedia riducendo l’ampiezza degli atti. Questo è un chiaro indizio della sua concezione della tragedia, è inutile fare atti lunghi e poco efficaci. La linea prevalente nelle tragedie di Alfieri è quella della riduzione, dell’essenzialità, perché togliendo si aggiunge efficacia. EPOCA QUARTA: CAPITOLO OTTAVO Ci porta fuori da Firenze. Alfieri sente la necessità di recarsi a Roma per avvicinarsi alla contessa e si stabilisce a Napoli. Dice che non ha mai visto un matrimonio come quello della contessa e dello Stuart in cui nelle uscite in pubblico l’uno sia uscito senza l’altro  escono sempre insieme, è indice di controllo del marito sulla moglie, Alfieri la chiama tirannide. Questo controllo morboso rende molto difficile liberarla ma Alfieri riesce a farlo senza creare scandalo, senza offendere le convenzioni sociali. Tutto il 1780 della contessa prosegue tra il monastero di Firenze e Roma. Nel 1781 si stabilisce a Napoli. Compie il viaggio verso Roma, qui incontra la contessa d’Albany. A Napoli rivede i luoghi che aveva già visitato durante il suo primo viaggio. Recupera anche una qualche facoltà letteraria. Scrive il Polinice, anch’essa lo soddisfa poco quindi è costretto a rimetterci mano, come per il Filippo. Si accinge a terminare il poemetto. Per amore Alfieri si trova a doversi piegare presso la corte del papa per poter ottenere di restare a Roma. EPOCA QUARTA: CAPITOLO NONO E DECIMO Nel 1782 Alfieri arriva al compimento delle prime 14 tragedie e si dedica a qualche pubblica presentazione. Il fatto di vedere ogni sera la donna amata gli dà l’energia necessaria per riprendere gli studi. Riprende il Polinice e termina la verseggiatura di questa tragedia. L’Antigone viene di nuovo presa in mano. Torna quattro volte sulla verseggiatura del Filippo I, che resiste a tutti gli sforzi che l’autore viene compiendo su di essa. Scrive le prime quattro odi dell’America Libera, raccolta di versi dedicati alla rivoluzione America. Sempre in questo anno legge la Merope del Maffei, ritenuta, al tempo di Alfieri, perfetta dal punto di vista tragico. Lui ne rimane deluso e per questo decide di scrivere la sua Merope. È talmente forte l’istinto della creazione che la Merope viene ideata e scritta immediatamente. Anche il Saul nasce d’impulso per ispirazione dalla lettura della Bibbia. Alla fine di settembre del 1782 tutte e 14 le tragedie furono dettate, ricopiate e corrette. A questo punto Alfieri si ferma con la composizione delle tragedie e le dà a copiare. Si rende però conto che c’è bisogno di rimarle, correggerle e portare una serie di adeguamenti sui testi perché ancora non hanno raggiunto la loro forma definitiva e soddisfacente per l’autore. Nell’arco di 10 mesi (fra la fine del 1781 e il settembre del 1782) compie un lavoro enorme. Alfieri è soddisfatto di se stesso, sa che ancora dovrà perfezionare le 14 tragedie però il fatto di aver fatto un lavoro enorme in così poco tempo, di avere non ancora 34 anni e di dedicarsi alle lettere solo da 8 anni, gli fa dire a se stesso che può essere soddisfatto di quanto ha compiuto. Questa soddisfazione intima lo porta alla necessità e l’idea di ottenere delle conferme anche all’esterno, lo induce a realizzare una lettura pubblica di alcune tragedie per vedere l’effetto sul pubblico. Le aveva lette lui stesso in varie società a Roma e anche nell’accademia dell’Arcadia. Sempre nel 1782 non legge ma mette proprio in scena una tragedia, l’Antigone. Subito dopo questo episodio le cose per lui si complicano. Probabilmente tutta la notorietà ottenuta nuocerà gravemente alla considerazione del rapporto con la contessa d’Albany sul piano pubblico. Il marito della donna si ammala, lei con Alfieri si vedono tutte le sere e questo suscita scandalo. Alfieri è entrato nell’occhio del ciclone perché sta crescendo anche la sua fama letteraria allora a questo punto la decisione è quella di allontanarsi momentaneamente da Roma per sedare tutte le voci e riportare un po’ di calma. Nel maggio del 1783 si muove dalla Villa Strozzi, la sua residenza, e attraverso la solita strada ritorna a Siena. Da un momento di crisi personale nascerà un’esperienza importante, qui infatti stamperà le sue prime tragedie. Le prime 4 tragedie sono state date alla stampa. Arrivano le prime recensioni. “Il giornale dei letterati” sono fra i primi lettori delle tragedie e tra i primi a recensirle in queste pagine di giornale. Queste critiche gli fanno poco effetto. Gli viene criticato lo stile, non i temi. Si limitano solo a etichettare, non danno una motivazione delle critiche. In realtà sono giornalisti di parte, lodano o criticano le opere che stanno recensendo in base a se abbiano ricevuto dei doni o piuttosto siano stati ignorati e disprezzati. Poiché Alfieri è la prima volta che si imbatte in questi giornali e non ha né pagato né lusingato i giornalisti e quindi si è beccato critiche negative in cui viene accusato ma non viene spiegato il perché. Parte da Siena e si reca in una sorta di pellegrinaggio letterario nel Nord Italia. Questo ispirerà anche altri viaggiatori sulle orme dei grandi letterati italiani. È molto probabile che Foscolo abbia preso ispirazione da queste pagine di Alfieri. Da Siena si muove verso Venezia, poi passa per Firenze e arriva a Bologna per poi andare a Ravenna, sulla tomba di Dante. Questo viaggio lo riporta in qualche modo alla scrittura lirica. Si reca poi ad Arquà, sulla tomba di Petrarca (anni fa, durante il suo primo viaggio aveva criticato il Canzoniere di Petrarca, ora piange sulla sua tomba). C’è una sezione delle Rime, soprattutto quelle dedicate alla contessa d’Albany che hanno una marca petrarchesca ben riconoscibile. Arriva a Padova. Poi passa a Ferrara per visitare la tomba e i manoscritti dell’Ariosto. Arriva poi a Sorrento, luogo di nascita di Tasso (la tomba del Tasso l’aveva già visitata a Roma). Questa descrizione fonda un topos letterario, il pellegrinaggio nella tomba dei grandi poeti (che Foscolo ci ripropone nelle vicende di Jacopo Ortis che parte con lo stesso animo gonfio di dolore e amarezza. Il parallelismo è molto preciso). Durante l’ultimo soggiorno milanese frequenta Parini e gli chiede, come anche ad altri letterati che incontra negli anni, dove lo stile delle sue tragedie sia difettoso. Nessuno ha saputo dargli una spiegazione sensata. 24 NOVEMBRE EPOCA QUARTA: CAPITOLO UNDICESIMO Riparte da Milano e torna in Toscana. Non passa da Bologna ma sperimenta un percorso alternativo. Si passa dalla poesia lirica a quella satirica. Gli Epigrammi sono rivolti soprattutto ai letterati fiorentini che erano stati i primi critici delle sue tragedie, tendono a criticarli e ridicolizzarli. Ha stampato il primo volume contenente 4 tragedie, adesso stampa altre 6 tragedie in due volumi. Alfieri segue direttamente il lavoro in tipografia, contratta con i revisori, controlla il lavoro degli stampatori ma pur avendo prestato la propria attenzione a questa operazione, il prodotto che ne esce non lo soddisfa perché rimangono in questa stampa molti errori. Questa per lui infatti non fu l’edizione definitiva. EPOCA QUARTA: CAPITOLO DODICESIMO Giunge a Londra e comincia a comprare i cavalli. Nel Marzo 1784 si trova con 14 cavalli (14 numero significativo, erano anche le tragedie). A Torino accadono due cose significative: la visita che è costretto a fare al suo sovrano e la recita della Virginia a cui assiste. EPOCA QUARTA: CAPITOLO TREDICESIMO non accade anche perché non ci arriverà ai 60 anni. Riprenderà infatti queste carte in mano neanche una decina di anni dopo, nel 1798). Afferma che se nei prossimi 10 anni avrà ancora la forza di comporre opere letterarie continuerà l’epoca quarta, se invece avrà deposto la penna e sarà un vecchio rimbambito allora scriverà l’epoca quinta o vecchiaia. PARTE SECONDA: CONTINUAZIONE EPOCA QUARTA Viene stesa nel 1798. Poi gli ultimi eventi ci riportano direttamente al 1803, anno di morte di Alfieri. Questa seconda parte si propone di essere una continuazione della quarta epoca quindi questo ci fa capire che Alfieri non è né invecchiato né rimbambito e in questi anni ha continuato a produrre e scrivere. Questa parte si apre con un proemietto in cui afferma che adesso a 55 anni sente di aver compiuto tutto quello che ha desiderato di fare. Si è speso molto non solo artisticamente ma anche fisicamente, non c’è dubbio che abbia fatto una vita estremamente dispendiosa, è tutto un galoppare in giro per l’Europa EPOCA QUARTA: CAPITOLO VENTESIMO Nel 1790 comincia a dedicarsi all’arte comica, il modello che tiene presente è Terenzio. Così come per le tragedie si determina a trovare il proprio verso comico, non ripartire semplicemente dalla tradizione ma inventare un verso proprio dell’arte comica. Legge anche Giovenale, nell’ambito satirico. EPOCA QUARTA: CAPITOLO VENTUNESIMO Nella primavera del 1791 compie con la contessa d’Albany il quarto viaggio in Inghilterra e in Olanda, torna poi a Parigi. Durante il terzo viaggio si era molto divertito a Londra, questa volta di meno perché è invecchiato. La rivoluzione francese porta anche dei problemi economici e Alfieri e la contessa si vedono diminuire giorno dopo giorno il capitale che hanno depositato presso i banchi francesi. Alfieri ritrova del tutto casualmente Penelope Pitt. Decide di scriverle una lettera e lei gli risponde. EPOCA QUARTA: CAPITOLO VENTIDUESIMO Sulle librerie di Alfieri sono stati condotti tanti studi. Lui ha cambiato molte abitazioni e ogni volta nell’abitazione raccoglieva i propri libri. Noi abbiamo notizia di almeno 3 biblioteche d’autore: i libri della giovinezza che possedeva a Torino, la biblioteca che allestisce a Roma nel 1783 nella palazzina di Villa Strozzi (importante perché questi sono gli anni in cui Alfieri scrive e pubblica le tragedie). Quando si è stabilito a Parigi si fa arrivare i libri che aveva a Roma. Racconta la fuga rocambolesca da Parigi nell’agosto del 1792 perché il re è fuggito e nel frattempo stanno incarcerando e ghigliottinando tutti i nobili di Parigi. Percorrono mezza Europa prima di arrivare in Toscana. EPOCA QUARTA: CAPITOLO VENTITREESIMO Risiedono nell’ultimo periodo di vita, dal 1792 al 1803, a Firenze nella palazzina Gianfigliazzi dove poi Alfieri morirà.
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