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L'INCLUSIONE NEL DIBATTITO INTERNAZIONALE SULL'EDUCAZIONE E SULL'ISTRUZIONE, Sintesi del corso di Didattica generale e speciale

RIASSUNTO del libro di M.V. ISIDORI

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 22/01/2019

lauradibattista99
lauradibattista99 🇮🇹

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Scarica L'INCLUSIONE NEL DIBATTITO INTERNAZIONALE SULL'EDUCAZIONE E SULL'ISTRUZIONE e più Sintesi del corso in PDF di Didattica generale e speciale solo su Docsity! L’INCLUSIONE NEL DIBATTITO INTERNAZIONALE SULL’EDUCAZIONE E SULL’ISTRUZIONE, Isidori. CAPITOLO PRIMO- TEMI DELLA RICERCA EUROPEA NELLE SCIENZE PEDAGOGICHE 1. I PRINCIPALI TEMI DELLA RICERCA EUROPEA DIDATTICA OGGI IN EUROPA Uno dei principali temi della ricerca didattica oggi in Europa è la centralità della persona, nel processo educativo, relativo ai temi dell’istruzione che raccomandano come le strategie didattiche debbano costantemente tenere conto della singolarità di ciascun individuo, della sua articolata identità, delle sue capacità e delle sue fragilità. Dunque, lo studente deve essere sempre posto al centro dell’attività educativa in tutti i suoi aspetti: cognitivi, affettivi, relazionali, corporei, estetici, etici, spirituali. Come afferma Cambi, il movimento europeo delle scuole nuove ha trovato negli anni più recenti una ricca interpretazione dei principi di Cousinet e di Freinet. Cousinet ha sviluppato un modello di “educazione progressista” in cui il lavoro scolastico deve realizzarsi in un ambiente capace di stimolare e soddisfare la curiosità infantile. Freinet attraverso l’uso della stampa nella scuola sviluppa invece il metodo della cooperazione. Negli ultimi trenta anni la pedagogia e la didattica si sono trovate a dover affrontare nuove emergenze educative legate, sostanzialmente, a tre fenomeni: il femminismo, il problema ecologico e la crescita di etnie nei paesi sviluppati, e quindi i problemi multiculturali che tali presenze sollevano. L’intero processo pedagogico, educativo e didattico deve essere in grado di considerare le differenze tra le persone, sia in termini personali e familiari che di appartenenza ad una cultura. Questo significa che fin dai primi anni di scuola i docenti dovranno formulare le loro proposte didattiche in relazione ai bisogni fondamentali dei bambini e degli adolescenti. Ogni metodologia didattica mirerà a promuovere il processo di apprendimento e l’acquisizione di conoscenze fino a far coincidere questi due momenti dell’esperienza soggettiva e interpersonale. In questo senso apprendere significa: raggiungere la conoscenza attraverso lo studio, fissare nella mente, memorizzare, acquisire con l’esperienza. Per conoscere possiamo invece intendere: essere certi di, essere capaci di, essere in grado di riconoscere. Apprendere e conoscere si articolano all’interno di un processo circolare in cui sono previsti delle fasi distinte: l’esperienza concreta, le riflessioni, la formulazione di concetti astratti, la verifica. Si tratta di un ciclo di ricerca conoscitiva. Il punto di partenza di ogni apprendimento è l’esperienza concreta di un oggetto su cui viene effettuata un’osservazione. Dunque, è importante sollecitare nell’alunno lo sviluppo di determinate modalità di rapportarsi alla realtà e all’esistenza. Tutto ciò deve essere applicate in classe mediante l’applicazione di modalità operative impiegate dall’insegnante e sviluppate con la collaborazione dello studente. Due principali problemi che si riscontrano nella didattica quotidiana sono: -la frequente mancanza di partecipazione attiva e di interesse da parte del discente, al proprio percorso educativo; -il concepimento dell’educazione come un qualcosa legato al semplice possesso di dati conoscitivi; -la mancanza di personalizzazione dell’offerta educativo-formativa. 2. SETTORI DI INDAGINE DELLA RICERCA DIDATTICA All’interno del contesto educativo internazionale cresce la consapevolezza dell’esigenza di mutamenti profondi nei sistemi educativi e nei processi di insegnamento-apprendimento. Ciò per numerose ragioni legate ai mutamenti culturali, sociali ed economici negli Stati membri dell’unione. Mutamenti che coinvolgono il sistema educativo. Il problema si complica quando si cerca di delineare le differenze tra gli oggetti di indagine della ricerca pedagogica e di quella didattica. Dagli anni 30 la ricerca pedagogica si è andata sviluppando ed hanno avuto inizio studi e ricerche di carattere empirico o sperimentale come quelli legati allo sviluppo di tecniche di valutazione oggettiva, gli strumenti docimologici. Per entrare nel vivo della distinzione tra ricerca didattica e ricerca pedagogica è possibile affermare che quella didattica, pur tenendo in grande considerazione i paradigmi epistemologici delle scienze dell’educazione, li connetterà al mondo fenomenico. È possibile intendere per educazione la configurazione e trasmissione di un certo percorso o itinerario concettuale. Gli elementi comuni alle situazioni educative possono essere individuati: ♦ Nella presenza di un soggetto rappresentato dall’insegnante che ha il ruolo di stimolo. ♦ Nella presenza di un soggetto destinatario di tale stimolo. ♦ Nella messa a punto di un progetto educativo che identifichi gli obiettivi dell’apprendimento. ♦ Nell’identificazione di un metodo atto a raggiungere tali obiettivi. ♦ Nella definizione di un sistema di valutazione per verificare come e in che misura tale obiettivi siano stati raggiunti. La ricerca didattica si concentra sulla specificità fenomenica dell’educazione. Quando la ricerca mira a produrre un atteggiamento didattico prende forma un progetto educativo che propone uno specifico obiettivo. La ricerca didattica è incentrata su diverse tematiche come: gli orientamenti e gli obiettivi, nazionali e internazionali riguardanti le normative scolastiche, le strategie didattiche, le problematiche legate ai ruoli rivestiti dalle diverse figure impegnate nel processo educativo. Quando si parla di un’indagine realizzata su scala ridotta, come può essere una classe, siamo nell’ambito della microdidattica. Un’indagine che trasceglie fenomeni particolari. In questo caso il ricercatore è un INSIDER che partecipa alla realtà studiata. Mentre quando un fenomeno viene studiato, osservato e spiegato sulle quantità e qualità globali si parla di macrodidattica. La ricerca in questo caso si concentra sugli elementi primari del sistema istruzione trascurando contesti specifici. Si tratta di ricerche sul campo e necessitano di osservazioni a distanza di tempo. Una delle principali e delle più frequenti difficoltà incontrate nella ricerca didattica è rappresentata dalla mancanza di capacità di mettere in luce la situazione problematica all’interno della complessità delle situazioni educative. Infatti, anche quando il problema viene identificato esso può essere mal posto, mal formulato tanto da impedirne la soluzione. CAPITOLO SECONDO- LA PRATICA EDUCATIVA A SCUOLA 2.1 SPUNTI DI RIFLESSIONE PER LA RICERCA MESODIDATTICA A Lisbona 2000 l’Unione europea ha lanciato un avvertimento agli Stati membri, sulla necessità di investire sul tandem educazione-istruzione pena grave rischio di allargare la forbice tra umanità colta e incolta. Tale tentativo di difesa del soggetto dell’educazione, quale il bambino, dal punto di vista del curricolo è stato realizzato attraverso due principali quadri: quello cognitivista e quello socioculturale. L’apprendimento può essere descritto attraverso lo sviluppo, da parte del soggetto, di un progressivo controllo sui processi cognitivi quali l’immagazzinamento, la connessione tra contenuti, l’elaborazione e il recupero delle informazioni. La diffusione in Europa e negli Stati Uniti di tale approccio ha determinato una grande rilevanza sulla riflessione attorno ai processi di apprendimento. Mediante l’acquisizione di conoscenze e abilità si svilupperanno funzioni cognitive progressivamente più complesse. La didattica, l’insegnamento, il modo in cui l’apprendimento viene sollecitato, assumono un’importante funzione di responsabilità sociale. L’istruzione è una delle principali fonti di sviluppo. Le attività scolastiche devono fondarsi: ♦ Sulla centralità dell’interazione sociale con soggetti più competenti; ♦ Sul coinvolgimento dei ragazzi in attività formative che forniscano; soddisfazione per il senso di competenza che accompagna l’impegno svolto con efficacia; ♦ Sull’uso di strumenti che potenziano le diverse abilità; ♦ Sulla sollecitazione nei singoli e nel gruppo sociale di riferimento, formazione e crescita positiva. ♦ Ciò implica un profondo ripensamento del programma, della programmazione e del curricolo. Strumenti intesi il primo come un documento di carattere normativo riguardante i contenuti e i metodi di insegnamento riferito a un determinato sistema scolastico. La programmazione è il frutto dell’interazione tra ricerca, esigenze istituzionali e applicazione didattica. La programmazione contestualizza le indicazioni in base alle esigenze delle diverse comunità. Distinzione relativa alla differenziazione tra l’aspirazione a una cultura globale, tesa a produrre una “modernità del pensiero” e l’aspirazione a una cultura locale che patrimonizza la tradizione. E’possibile, però, notare come in gran parte degli studi internazionali tesi a verificare le competenze acquisiste dagli studenti al termine dei percorsi scolastici atti a realizzare le varie forme di programmazione e di curricolo venga in genere trascurata la componente emotivo-affettiva dell’educazione. Nei contesti educativi in cui il ragazzo vive quotidianamente e per molte ore, cioè nella classe, la riduzione dell’apprendimento al solo aspetto cognitivo crea notevoli problemi in quanto nelle stesse competenze che si svolgono e si devono certificare entrano in gioco aspetti quali la motivazione, l’autostima, l’autoefficacia e la relazione affettiva. Applicazioni particolari di tale modello didattico, sono quelle della cosiddetta pastoral care, applicata in alcuni paesi dell’Inghilterra, cioè l’esercizio di una funzione guida e supporto per l’educazione personale e sociale mirata all’educazione affettiva dello studente. In Francia sono molto diffuse le esperienze di peer tutoring per il quale gli studenti degli ultimi anni del corso di studio favoriscono l’inserimento scolastico dei neoiscritti facilitando, ad esempio, la conoscenza dell’ambiente e la capacità di organizzare lo studio. Nella microdidattica il terreno d’azione è la relazione insegnate/discenti. Il ragionamento sulla didattica in classe, deve riprendere dalla centralità dell’agire comunicativo, dalla incidenza della relazione empatica e dalla motivazione sull’apprendimento. A ciò si aggiunge un’altra difficoltà, l’assenza di una reale traduzione della comunicazione, dell’empatia, della sintonia in competenze, legittimate e in qualche modo valutate, delle professionalità educative. 2.2 AZIONI E PROGRAMMI OPERATIVI PER LA SCUOLA La strategia di Lisbona, in Italia, ha costituito un’occasione per promuovere il dialogo all’interno del sistema dell’istruzione. Si è giunti alla necessita di realizzare un progetto comune nel quale poter definire modelli di intervento che consentano di migliorare significativamente la qualità della scuola. Sono state, quindi, individuate le strategie operative, le prassi più significative, le aree in cui incrementare gli interventi, per offrire a tutti l’opportunità di accedere all’istruzione e assicurare a ciascuno la possibilità del successo formativo. La particolare situazione di disagio socioculturale che caratterizza il Sud Italia ha condotto a definire degli obiettivi di miglioramento del servizio d’istruzione il cui raggiungimento è ritenuto indispensabile per lo sviluppo e l’innovazione di tali. Si rilevano preoccupanti segnali di debolezza che riguardano sia la quantità, sia la qualità del servizio educativo-formativo. Sono necessari urgenti interventi mirati a contrastare il fenomeno della dispersione scolastica descritto da situazione come: mancati ingressi, evasione dall’obbligo, abbandoni, proscioglimento dell’obbligo senza acquisizione del titolo, ripetenze, frequenze irregolari. In particolare, gli elementi di maggiore criticità si riscontrano nei casi di abbandono, di bocciature e di ripetenze delle prime due classi dell’istruzione secondaria; altrettanto critici risultano i9 dati emersi da recenti indagini che hanno evidenziato un deficit della conoscenza della lingua madre, della matematica e della capacità di problem-solving. La situazione rischia di peggiorare in relazione alla presenza di alunni stranieri, allievi con difficoltà di apprendimento o disabilità, aree a rischio di criminalità giovanile. Nella realizzazione di tali iniziative si coinvolgono, oltre ai docenti, i genitori e altre persone che erogano servizi finalizzati a migliorare la qualità della vita. Per raggiungere risultati concreti nel breve/medio tempo è necessario incidere su tutti quei fattori che influenzano direttamente ed indirettamente sulla qualità del sistema dell’istruzione attraverso azioni dirette, indirette e a domanda. Questo significa che la scuola deve essere concepita come luogo di inclusione ed integrazione sociale e culturale in modo che essa si apra all’ascolto delle differenze. E’ necessario, inoltre, che in ogni area territoriale sia garantito un livello qualitativo del servizio scolastico che assicuri a tutti i cittadini le condizioni ottimali e l’opportunità di acquisire le competenze chiave che contribuiscono alla realizzazione personale, all’inclusione sociale, alla cittadinanza attiva e all’occupazione. Le azioni comunitarie intendono promuovere e valorizzare le eccellenze, così da veicolare modelli positivi e promuovere lo spirito di emulazione. 2.3 LE PROPOSTE COMUNITARIE PER I DOCENTI La crescita professionale dei docenti è molto importante per la qualità del servizio scolastico e per il miglioramento scolastico degli alunni. Gli insegnanti sono chiamati a saper motivare gli studenti allo studio e all’apprendimento, a saper valutare e saper auto- valutarsi, ad essere in grado di confrontarsi e comunicare con generi e generazioni diverse. Tra i principali motivi della criticità degli insegnati troviamo l’assenza di un sistema nazionale di valutazione del personale scolastico, la mancata valorizzazione della formazione continua dei docenti. Tra le varie iniziative volte a promuovere negli insegnanti l’acquisizione di competenze didattico-metodologiche ricordiamo il Piano Nazionale Poseidon, il Piano M@tabel, il Piano ForTic. In Italia, il piano nazionale per la formazione dei docenti individua le priorità tematiche che dovranno orientare le scuole per la formazione in servizio dei docenti: -autonomia didattica e organizzative; -didattica per competenze; -innovazione metodologica e competenze di base -competenze digitali -competenze di lingua straniera -inclusione e disabilità -coesione sociale e prevenzione del disagio giovanile -integrazione -scuola e lavoro -valutazione e miglioramento. 2.4 OLTRE LA SCUOLA La scuola rappresenta uno dei modi della didattica ed è chiamata a trovare cittadinanza in uno spazio che assume il valore di uno spazio simbolico all’interno del quale non esistono più le distanze geografiche e chilometriche tra luoghi. Di conseguenza ogni persona deve quotidianamente confrontarsi con una pluralità di culture. Inoltre, la scuola di base deve garantire un’istruzione e una formazione minima ai tanti. Cambia così il ruolo della formazione primaria; lo scopo della scuola nel passato era il superamento dell’analfabetismo. La legge Casati proponeva l’obbligo formativo per un biennio realizzando un sistema di istruzione da cui erano esclusi i poveri. Oggi l’obbligo formativo passa dai 14 ai 16 anni, ma continua ad esserci un grave decifit di istruzioni che caratterizza la attuali generazioni. È necessario promuovere ricerche empiriche che facciano acquisire dati sulle strategie più efficaci per l’inserimento scolastico degli allievi stranieri sul piano cognitivo, affettivo- motivazionale e relazionale. L’opzionalità dei percorsi, il credito didattico, la cooperazione tra gli alunni, il progetto didattico, il laboratorio possono risultare adeguati e, in parte, colmare le disparità linguistico – culturali tra alunni culturalmente diversi. Il concetto di opzionalità dei percorsi risulta perciò particolarmente prezioso. Le opzioni, la possibilità di scegliere il proprio percorso di cui aveva già parlato Claparède agli inizi del novecento. Claparède insiste sul concetto di motivazione all’apprendimento che soddisfa un interesse intrinseco all’alunno; una motivazione per la quale è necessario trovare linguaggi e attività alternative a quelle usualmente utilizzate. Nella scuola è spesso possibile intravedere le caratteristiche della decontestualizzazione: ♦ La separazione netta dall’esperienza diretta; ♦ La scomposizione delle esperienze; ♦ La sola rappresentazione delle esperienze. L’interpretazione narrativa dell’orientamento è finalizzato a sviluppare nelle persone il senso di autoefficacia e la consapevolezza dell’immagine di sé nei diversi contesti. I punti di forza di questo modello di orientamento introdotto nella pratica scolastica sono: adeguamento al contesto scolastico, sia perché agisce sul gruppo classe, sia perché introduce nella scuola la figura del professionista dell’orientamento con competenze primariamente pedagogiche e non psicologico-cliniche, facilita l’utilizzo di materiali e strumenti vicini alla cultura di appartenenza degli alunni e inoltre agendo sulle motivazioni e sulle dinamiche relazionali potenzia e orienta le strategie comportamentali mirate al raggiungimento dei risultati. Loiodice parla invece di un orientamento a scuola inteso come un accompagnamento per l’intero corso della vita tra le mille diversità degli studenti, di ogni ordine e grado. Un’azione didattica che aiuta a promuovere la crescita personale. Alcuni possibili temi di riflessione da condividere con gli studenti, avendo sempre come riferimento la loro esperienza quotidiana, sono quelli che concepiscono lo studio come: ♦ Un’esigenza dell’individuo, non solo in termini di esigenza sociale dell’individuo, ma in termini di integrazione e di adattamento alla realtà. Seguendo questo ragionamento lo studio e la conoscenza diventando indispensabili, come il cibo, l’acqua… ♦ Facilita il rapportarsi con la realtà attraverso l’attivazione della voglia di conoscere e ricercare cose sempre nuove. 3.2 LA PRATICA DELL’AUTONOMIA E DELLA RESPONSABILITA PERSONALI DELL’ALUNNO Le scarse possibilità, da parte dell’alunno, di partecipare attivamente al proprio percorso educativo e il concepire l’apprendimento e la conoscenza come semplice possesso di dati conoscitivi, rappresentano elementi all’origine delle difficoltà dei ragazzi di costruire un costruttivo progetto di vita. Si parla infatti di realizzazione, di valorizzazione del piano nazionale per il benessere dello studente, per incentivare stili di vita sani e per prevenire i disturbi con maggiore intensità in questa fascia d’età, compresi quelli comportamentali e relazionali come il bullismo. Altrettanto numerose sono le proposte finalizzate a promuovere uno stile di cittadinanza attiva e una cultura della legalità. Dal punto di vista dell’educazione alla cittadinanza esistono diverse problematiche da affrontare. Tra queste il rapido incremento della popolazione urbana mondiale che costituisce una sfida particolare nell’ambito della difesa dei diritti umani. I bambini costituiscono la fascia particolarmente a rischio. Essi sono le vittime di piani urbanistici che non li prendono in considerazione e non ne rispettano i punti di vista. In questo modo, si perde l’importante contributo che i bambini potrebbero dare nel cercare soluzioni a numerosi problemi delle città. Concentrarsi sui più giovani crea una sfida ovvero quella di considerare il reale valore dell’universalità dei diritti umani e dei principi di uguaglianza e di non discriminazione. In questo senso esistono numerose iniziative, anche in Italia, delle “città amiche dell’infanzia”. Gli elementi che hanno caratterizzato l’evoluzione di queste iniziative sono: ♦ L’affermarsi di una nuova cultura dell’infanzia come soggetto attivo del presente e di politiche innovative in suo favore; ♦ L’emergere di una nuova cultura della città, sostenibile e partecipata; ♦ L’attenzione a un nuovo rapporto tra il bambino e l’ambiente urbano. Il discorso dell’autonomia del bambino e l’evoluzione della cultura dell’infanzia ha condotto a un’evoluzione dello stesso concetto di competenza in Europa. La commissione europea ha adottato la distinzione tra competenze e competenze chiave, meglio chiamate “competenze di base”, che indicano la capacità di lettura scrittura e calcolo. Il termine competenza viene riferito a una combinazione di conoscenze, abilità e attitudini appropriate al contesto. Le competenze chiave come: ♦ La comunicazione della madrelingua; ♦ La comunicazione nelle lingue straniere; ♦ La competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia; ♦ La competenza digitale; ♦ Imparare ad imparare; ♦ Le competenze sociali e civiche; ♦ Lo spirito di iniziativa; ♦ La consapevolezza vengono definite come quello di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione. E se dovrebbero essere acquisite al termine del ciclo obbligatorio di istruzione e servire come base al raggiungimento dell’apprendimento permanente. Purtroppo non esiste ancora una sufficiente e consolidata tradizione della didattica delle competenze chiave. Il tema dello sviluppo delle competenze chiave riconduce al rapporto dei giovani con lo studio che rappresenta il filo rosso dell’intero discorso sinora sviluppato. Infatti l’impossibilità, da parte del ragazzo, di intravedere nello studio la soddisfazione di un bisogno esistenziale, è legata alla ancora non sufficiente valorizzazione, nei contesti educativi, della distinzione tra avere conoscenza e conoscere. Per conoscenza si intende il conoscere si basa . sull’elaborazione mentale produttiva l’assumere e il mantenere Il possesso delle conoscenze Disponibili che potremmo Definire ‘informazioni’ Le espressioni di intellettualità emozionale e emozionalità intellettuale invitano a non perdere di vista la fusione tra: ♦ La dimensione cognitiva e quella emotiva in ogni momento dell’esistenza; ♦ Una dimensione individuale e personale della propria identità. Ciò ci fa comprendere che nel processo conoscitivo, educativo e formativo c’è il contatto tra i nostri saperi individuali con la specificità storica dei saperi della società della conoscenza. 3.3 VERSO L’EPISTEMOLOGIA DELLA PRATICA Gli argomenti sinora oggetto di riflessione, che coincidono con i principali temi e criticità della ricerca didattica in Europa, verranno trattati focalizzando l’attenzione sul contributo offerto alla loro risoluzione dalle politiche di sviluppo dell’istruzione a livello della macrodidattica. Guardando ora le stesse problematiche nei termini di didattica della classe, di microdidattica, appare evidente la necessità di concentrarsi, anche in un’ottica europea, sul tema della “relazione educatore-educando” sul tema della “relazione tra pari” all’interno della classe. Relazione che deve essere oggetto di ricerca didattica. Il problema anche nel caso delle professionalità educative è però, come afferma Petracca, rappresentato dal fatto che il rapporto tra “teoria e pratica” in ogni settore dell’agire umano pur essendo sostenuto a volte viene negato e rifiutato. Gli insegnanti sono portati a considerare le proposte della lettura pedagogica, didattica e i contenuti delle stesse riforme come troppo teorici, non applicabili nell’agire professionale quotidiano. La scuola, in sostanza, non realizza ricerca e continua a mantenersi distante da teorie e teorizzazioni. Quindi promuovere, individuare e stabilire competenze è importante per realizzare qualunque iniziativa di riqualificazione e per evitare diseconomie psico-educative e finanziarie. La competenza comunicativa e la competenza empatica, strumenti indispensabili all’insegnamento, vengono spesso incluse nella categoria delle competenze trasversali di carattere esistenziale, ma non necessariamente professionali. Esse vengono spesso sottovalutate, in ambito professionale, in quanto non producono un effetto direttamente osservabile. In realtà hanno conseguenze significative e producono effetti incisivi tanto quanto le competenze legittimate professionalmente. dello spazio; “all’aptica”, cioè l’insieme di azioni di contatto corporeo con l’altro; alla “cronemica” che indica la percezione e l’uso del tempo nelle attività. L’intero processo indicato come “comunicazione” rappresenta quella fitta rete di scambi, di informazioni e di relazioni sociali che coinvolgono ogni essere vivente nella vita quotidiana. Un processo in cui è possibile distinguere le seguenti componenti: ♦ La regolazione dell’interazione, la forma che una conversazione assume è determinata prima che questa inizi; ♦ I connotati della relazione interpersonale che derivano da informazioni relative all’identità sociale e personale dell’interlocutore, agli stati d’animo temporanei o agli atteggiamenti soliti; ♦ Lo stile rappresentazionale o referenziale, ciò cui pensiamo quando parliamo del significato di ciò che è stato detto in termini linguistici e paralinguistici. La comunicazione educativa è sempre una “comunicazione fatica”, è dono di uno “spazio comune”, di un legame, non della trasmissione dell’informazione attraverso un semplice canale che ogni comunicazione vivente presuppone per poter funzionare. Questa forma di comunicazione rende tangibile l’intreccio originario di essere con l’altro e dell’essere in un modo condiviso. La comunicazione comporta anche un suo specifico saper fare. Trisciuzzi individua una serie di livelli, di cui è bene essere consapevoli nell’esercizio dell’attività didattica, attraverso cui si realizzano i processi di comunicazione: ♦ “livello esplicito” in cui è presente una comunicazione formale regolata dalla grammatica, dalla sintesi e dal lessico; ♦ “livello implicito” nel quale alla componente grammaticale e sintattica si aggiunge quella affettiva; ♦ “livello sub-liminale” espressa dall’atteggiamento e dall’espressione dell’emittente ♦ Livello motivazionale e psichico che genera il bisogno di emettere il messaggio e ne recupera le aspettative. Trisciuzzi sottolinea l’importanza della comunicazione non verbale come strumento metodologico. È perciò importante costruire e realizzare un modello formativo integrato volto a creare un clima educativo e comunicativo efficace. La parola chiave è inclusione che richiede il ripensamento di una serie di dimensioni educative e pedagogiche. Una proposta metodologica che prevede la gestione del gruppo classe a favore dell’integrazione, l’utilizzo consapevole della comunicazione non verbale al fine di realizzare di rispettare il contratto formativo, la valorizzazione dell’integrazione tra pari. Un approccio che richiede un interesse rivolto sempre alle potenzialità del ragazzo. L’elemento chiave dell’integrazione è, dunque, la “motivazione” sia da parte del docente che degli alunni dentro la classe. La motivazione rappresenta una delle modalità d’espressione della competenza che può essere analizzata in base a due criteri: • I contenuti, cioè le ragioni che spingono a produrre un certo comportamento • La dinamica, attraverso la quale si passa da un insieme di bisogni a una linea di condotta che nell’esito finale, può essere o meno coerente con la soddisfazione del bisogno. Alcune delle dinamiche motivazionali, sollecitate e agite nella relazione educativa e didattica possono essere ricondotte ai meccanismi di affiliazione, di potere e di riuscita. Quando la domanda relazionale/comunicativa si fonda sulla dinamica affiliativa, la motivazione del rapporto è quella di evocare un atteggiamento di accettazione e di presa in carico di sé, dei propri bisogni di dipendenza. Nel caso della motivazione al potere, la dinamica del potere si riferisce al bisogno di esercitare un controllo sull’interlocutore nella relazione. Un controllo che può manifestarsi anche attraverso atteggiamenti di passività, di disimpegno, di provocazione da parte del ragazzo che andrà a dettare le regole della relazione. Anche in questo caso può essere invocata una risposta complementare nell’insegnante, attraverso meccanismi di formazione reattiva. È la condizione in cui l’insegnante diventa eccessivamente permissivo o assume, al contrario, atteggiamenti di intransigenza. Infine abbiamo “la motivazione alla riuscita” che comporta l’aspirazione a realizzare compiti e obiettivi al di fuori del comune, misurandosi con parametri di eccellenza. CAPITOLO QUINTO: GLI OBIETTIVI E GLI STRUMENTI COMUNITARI: PROSPETTIVE DI SVILUPPO DELLA RICERCA MACRODIDATTICA. 5.1 Gli obiettivi prioritari verso i quali l’Unione Europea dirige gran parte delle politiche di gestione dei Fondi Strutturali, per quanto riguarda l’argomento “istruzione” sono le aree tematiche della cultura, della gioventù, dell’istruzione, dei media e dello sport sono di competenza della “commissione parlamentare europea”. In particolare essa si occupa del miglioramento della conoscenza e della diffusione della cultura, della conservazione e della salvaguardia del patrimonio culturale, delle politiche dell’Unione nel campo dell’istruzione, della mobilità di studenti e insegnanti e delle politiche giovanili. L’analisi delle sfide che attendono l’unione europea nel 21° secolo viene descritta nei documenti agenda 2000, agenda 2010 e Agenda 2020. In essi vengono indicate le linee dello sviluppo delle politiche comunitarie, le sfide da affrontare nei pochi paesi che non hanno ancora fatto ingresso nell’unione e il quadro finanziario complessivo della Unione. È possibile individuare 5 tematiche, d’interesse comunitario, cui corrispondono altrettanti settori di ricerca didattica che richiedono ulteriori sviluppi: ♦ La competitività e la coesione per la crescita dell’occupazione. L’attenzione è concentrata sulla formazione, sull’istruzione, sulla ricerca e sull’innovazione tecnologica; ♦ La protezione delle risorse naturali che dal punto di vista educativo comporta lo sviluppo dell’educazione all’ambiente; ♦ L’affermazione dei principi di cittadinanza attiva, libertà, sicurezza, giustizia e pari opportunità; ♦ Il progressivo avvicinamento alle esigenze del cittadino; ♦ La configurazione dell’Unione Europea come partner di sviluppo globale rispetto agli altri interlocutori mondiali. I problemi principali che si riscontrano in gran parte dell’Europa sono quelli relativi all’occupazione, allo sviluppo di un’economia basata sulla conoscenza, all’invecchiamento della forza lavoro e alla messa a puto di strategie per affrontare i decifit di competenza delle Regioni europee che ancora devono fare ingresso nell’Unione. In questo senso il Consiglio ha individuato 4 strategie di intervento: ♦ Aumentare l’adattabilità dei lavoratori e delle imprese; ♦ Migliorare l’accesso all’occupazione, prevenire la disoccupazione, prolungare la vita lavorativa e accrescere la partecipazione al lavoro; ♦ Favorire l’integrazione sociale facilitando l’accesso al mondo del lavoro per persone con difficoltà o discriminate; ♦ Promuovere nei settori dell’occupazione e dell’integrazione. Tra i temi rappresentati nella programmazione delle azioni di sviluppo troviamo le politiche delle pari opportunità, il superamento delle condizioni di discriminazione indicando con essa qualunque comportamento che comporti, direttamente o indirettamente una distinzione, esclusione, restrizione basata sulla razza, il colore, l’origine nazionale o etnica, le convinzioni, le pratiche religiose. Il governo rivela come principali fonti di discriminazione quelle derivate dalla diversa “appartenenza di genere, etnica, religiosa e culturale”; quelle legate alla “disabilità” che comportano discriminazioni sui luoghi di lavoro, scuola, nell’utilizzo dei trasporti, nell’accesso ai beni e ai servizi; quelle legate “all’orientamento sessuale” o all’età come la condizione degli anziani o dell’infanzia. Vengono quindi proposti interventi in continuità con le “azioni positive”, strumenti per combattere varie forme di discriminazione, in particolare nei confronti delle donne. Tali azioni diventeranno il mezzo operativo per promuovere la partecipazione delle donne a tutti i livelli e i settori dell’attività lavorativa. 5.2 IL BILANCIO DELL’INTANGIBILE, UNO SGUARDO PANORAMICO SULL’ISTRUZIONE IN ITALIA A partire dal 2005 in Europa nell’ambito delle politiche attive per lo sviluppo dei sistemi di scolarizzazione e di professionalizzazione, viene attribuito un valore agli “intangibile asset”. Viene cioè, redatto quello che nel linguaggio organizzativo e manageriale è definito al
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