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Italiani scritti di Luca Serianni, Appunti di Linguistica

Riassunto del libro Italiani Scritti

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 31/01/2023

Tati955
Tati955 🇮🇹

4.7

(10)

7 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Italiani scritti di Luca Serianni e più Appunti in PDF di Linguistica solo su Docsity! SCRITTO E PARLATO Accanto al linguaggio parlato, che rappresenta la dimensione fondamentale del fenomeno lingua, sussistono codici secondari, e precisamente:  Il linguaggio mimico, affidato all’atteggiamento del volto e all’espressione dello sguardo. La mimica può servire per esprimere un sentimento generale, per esempio approvazione o disapprovazione. Normalmente il linguaggio mimico serve come sussidio al linguaggio verbale, per rafforzare i contenuti o magari per segnalarne la corretta chiave di lettura.  Il linguaggio gestuale, costituito dall’insieme dei gesti che compiamo soprattutto con le mani o con la testa per significare qualcosa.  Il linguaggio prossemico, legato alla distanza fisica che stabiliamo rispetto al nostro interlocutore. In molte culture, la distanza è in relazione al diverso grado di confidenza: quanto più ci collochiamo vicini al nostro interlocutore tanto più siamo a nostro agio. Rientra nella prossemica anche la postura del corpo. Questi tre linguaggi sono ausiliari rispetto al parlato. Tranne che per i sordomuti, sono poche le occasioni in cui un’espressione o un gesto possano davvero sostituire il linguaggio verbale. Il parlato esaurisce la sua funzione nell’immediatezza della comunicazione ed è il veicolo della quotidianità individuale. Lo scritto si rivolge invece anche a destinatari lontani temporalmente o psicologicamente. Perché abbia senso l’azione stessa del parlare, occorre che ci siano degli interlocutori interessati ad ascoltarci e ad interagire con noi, esattamente nel momento e nella situazione in cui noi realizziamo il nostro discorso. Con lo scritto, invece, possiamo rivolgerci a un pubblico indifferenziato: non solo ai posteri ma anche a destinatari imprevisti che potrebbero essere interessati a prendere conoscenza di quel che noi abbiamo scritto. In generale il parlato è molto più libero dello scritto. Ha un minore controllo, una minore pianificazione e un minore obbligo di esplicitare le circostanze della comunicazione. Il parlato può permettersi di essere implicito, facendo riferimento al contesto in cui la comunicazione si svolge, e in particolare a due meccanismi fondamentali: la presupposizione e la deissi. La presupposizione consiste nel dare per noto un elemento non esplicito nel discorso, perché ricavabile dalle conoscenze dell’interlocutore o dal modo in cui il discorso viene presentato (Teresa va d’accordo con Sandro che non fa molti paragoni con la prima moglie). La deissi consiste nel riferimento al contesto, in relazione al tempo, allo spazio, o alle persone implicate (è arrivato ieri; siediti qui). Rispetto allo scritto, il parlato abitualmente presenta i seguenti tratti:  Possibilità di retroazione (feedback): solo il parlato dialogico dà la possibilità a chi parla di aggiustare il tiro del discorso in base alle reazioni dell’interlocutore  Obbligo di svolgimento lineare: a differenza di un testo scritto, con il parlato non possiamo tornare indietro poiché il parlante è costretto ad accumulare ogni sequenza verbale in modo progressivo. Con il testo scritto, invece, posso organizzare la lettura a piacimento: leggerlo dalla prima parola all’ultima, scorrerlo rapidamente alla ricerca delle informazioni essenziali o cominciare da un punto qualsiasi del testo. In questo senso, il parlato è rigido, mentre lo scritto è duttile, sensibile alle sollecitazioni e alle esigenze di chi lo legge.  Limitazione alla sfera uditiva: a differenza del discorso orale, il testo scritto è fatto sia per essere letto ad alta voce, sia per essere letto in modo endofasico, cioè attraverso una lettura mentale, non articolata. Il testo scritto, invece, deve soddisfare non solo l’orecchio ma anche l’occhio: le parole devono essere separate anche dove nella pronuncia costituiscono un unico blocco; bisogna adottare adeguati segni grafici; rappresentare efficacemente la gerarchia delle informazioni e il procedere dell’argomentazione andando a capo. Si può anche osservare il differente peso della norma tra scritto e parlato. Nel parlato è del tutto normale lasciarsi andare a pronunciare regionali, mentre una norma scritta è relativamente rigida. IL TESTO E I SUOI REQUISITI FONDAMENTALI Condizione perché si possa parlare di testo è che si abbia una produzione linguistica (orale o scritta) fatta con l’intenzione e con l’effetto di comunicare e nella quale si possano individuare un’emittente è un destinatario. I testi possono essere distinti a seconda che siano più o meno rigidi in base al vincolo interpretativo posto al destinatario. Tra i testi molto rigidi rientrano i testi scientifici che non che non ammettono margini di interpretazione soggettiva e non lasciano zone d’ombra. Anche il linguaggio giuridico presenta una notevole rigidità interpretativa. All’estremo opposto sta invece il linguaggio poetico, soprattutto quello moderno. I linguisti distinguono 7 requisiti che devono essere assolti affinché si possa parlare di un testo. I due fondamentali sono la coesione e la coerenza. La coesione consiste nel rispetto dei rapporti grammaticali e della connessione sintattica tra le varie parti. I rapporti grammaticali possono essere violati in vario modo, per esempio: non rispettando la concordanza di numero tra soggetto e predicato; non rispettando la concordanza di genere tra sostantivo e articolo, aggettivo o participio; non rispettando l’abituale ordine delle parole. I due strumenti fondamentali per garantire la coesione testuale sono i coesivi e i connettivi. I coesivi sono i vari modi attraverso i quali si può richiamare un elemento già espresso in precedenza. Il primo strumento chi viene in mente è costituito dai pronomi, in particolare quelli personali dimostrativi. Può anche avvenire una sostituzione lessicale mediante sinonimi, iperonimi, nomi generali. Essi sono coesivi costituiti non da una forma grammaticale, come pronomi, ma da un vocabolo, che condivide più o meno precisamente il significato di un altro (sinonimo: vecchio-anziano), lo include, mantenendo un carattere semanticamente specifico (iperonimo: gatto-felino) oppure lo include, ma ricorrendo ad un termine di significato generico (nome generale: cosa fatto, persona). Un altro strumento è la riformulazione che consiste nel sostituire al già detto un’espressione che richiami nel contesto, senza possibilità di dubbio, ciò di cui si è parlato. Il richiamo avviene facendo appello ad una conoscenza largamente diffusa ma funziona altrettanto bene di fronte a conoscenze nuove (Bonaparte è la riformulazione di Napoleone). Inoltre c’è l’ellissi, che consiste nell’omettere un riferimento esplicito al già detto. L’ellissi è non solo praticata, ma anche obbligatoria nell’italiano moderno quando il soggetto di una frase coordinata o subordinata è lo stesso della reggente. Dei connettivi fanno parte le congiunzioni della grammatica tradizionale (perché, dunque). Qualche volta i connettivi possono essere omessi, anche se l’omissione non ci consente sempre di esplicitare il rapporto sintattico tra le due frasi: non è arrivata: ha perso il treno  perché ha perso il treno o quindi ha perso il treno. Il limitato uso dei connettivi è tipico della scrittura giornalistica e si accompagna con uno stile rapido che tende a singole frasi. La coerenza riguarda il significato ed è legata alla reazione del destinatario, che deve valutare un certo testo chiaro e appropriato alla circostanza in cui è stato prodotto. Le incoerenze logiche apparenti sono abituali in due tipi di comunicazione scritta che puntano a sconcertare le attese del destinatario: il linguaggio letterario quello pubblicitario  io nacqui ogni mattina cioè ogni mattina si sente rinnovato; un tuffo nella rete, non un buco nell’acqua violano consapevolmente la coerenza logica ma ciò non è possibile per un testo informativo o argomentativo. Esistono due aspetti della coerenza, la coerenza semantica e quella stilistica. La coerenza semantica è legata all’uso della parola specifiche specificatamente richiesta in un certo contesto (ombrellino per ombrello da sole), ma anche al rispetto delle solidarietà di significato che devono sussistere tra le varie parti della frase (i genitori devono coltivar ei figli, invece di educare). La coerenza stilistica richiede un registro congruente con un certo tipo di testo. L’ALLESTIMENTO DELLA PAGINA I segni che indicano una pausa (pausa forte . pausa media ; : pausa debole ,) non riflettono di norma corrispondenti pause del parlato, ma contrassegnano i vari rapporti sintattici che si stabiliscono tra le varie parti di una frase o di un periodo. La punteggiatura mette in molti casi più possibilità di scelta, o sostanzialmente indifferenti o legate ad abitudini individuali. I quattro segni interpretativi sono: la virgola, il punto e virgola, i due punti, le virgolette. medici sono in parte noti ed adoperati anche dai profani (aids, tac), mentre gli eponimi sono denominazioni di un organo, una malattia, uno strumento chirurgico che fanno riferimento al nome dello scienziato che li ha studiati o scoperti (tuba di Falloppio, morbo di Parkinson). Molto ricco è l’insieme dei tecnicismi collaterali, che si distinguono in lessicali, i più numerosi, e morfo-sintattici, quando riguardano un aspetto grammaticale. Alcuni tecnicismi collaterali lessicali sono nomi generali: danno, fatto, fenomeno, processo; altri sono sinonimi di registro più eletto rispetto a forme della lingua corrente: conclamato, elettivo, inibire; altri presentano uno scarto semantico rispetto alla lingua comune. Spesso si tratta di parole che correntemente presuppongono come soggetto un essere umano e che vengono adoperate in riferimento a enti inanimati (una malattia, una parte del corpo). Altre volte cambia la connotazione, da positiva a non marcata. Ciò può dare luogo ad equivoci. La sofferenza epatica, ad esempio, non dà necessariamente sofferenza fisica all’ammalato. Non mancano infine, tra i tecnicismi collaterali le spinte eufemistiche, dovute o all’istintivo rispetto di fronte alla morte o al desiderio di non allarmare il paziente (esito infausto quando la diagnosi prevede la morte; lesioni ripetitive invece di metastasi. Meno numerosi sono i tecnicismi collaterali morfosintattici. Caratteristico è il plurale urine e il maschile di faringe. IL LINGUAGGIO GIURIDICO La lingua del diritto non ha confini precisi. Vi rientra tutto ciò che può avere interesse per la vita associata degli uomini. In nessun altro linguaggio settoriale la lingua ha tanta importanza quanto nel diritto. Gran parte dei termini giuridici sono attinti dalla lingua comune ma si tratta spesso di nozioni che hanno un contenuto diverso (più ristretto, più comprensivo o addirittura differente) e ciò può generare equivoci. Accanto al lessico e alle sottili distinzioni semantiche, ha grande importanza la testualità, a cominciare dall’ordine delle parole e dalla progressione tema-rema. Grande importanza ha anche la progressione degli argomenti negli articoli di legge, in un contratto, in una sentenza. I tecnicismi collaterali relativi al linguaggio giuridico si suddividono in quattro gruppi:  Nomi generali  Tecnicismi collaterali di uso stabile, così da essere divenuti insostituibili (delazione, rigettare)  Tecnicismi collaterali dettati dalla ricerca di sinonimi più eletti rispetto alla lingua comune  Tecnicismi collaterali morfo-sintattici: i più caratteristici sono quelli rappresentati da certe locuzioni preposizionali adoperate in luogo delle rispettive preposizioni (ai fini di  per) Nella grammatica e nella sintassi le caratteristiche salienti del linguaggio giuridico sono la maggiore presenza del congiuntivo nelle subordinate, la forte diffusione del participio presente con valore verbale (fatto costituente reato), la frequente anteposizione del participio passato al nome, l’omissione dell’articolo. IL LINGUAGGIO BUROCRATICO Il linguaggio burocratico può essere adoperato nelle circostanze più diverse. L’artificiosità del linguaggio burocratico dipende da due ragioni: la prima riguarda la lingua, la seconda i contenuti. Sul piano linguistico, la consapevolezza che il messaggio coinvolge o come emittente o come destinatario un interlocutore astratto fa sì che lo stile si innalzi rispetto al livello usuale o variamente personalizzato che ciascuno di noi adopererebbe con un ben individuato corrispondente in una lettera privata. Quanto ai contenuti, occorre ricordare che la massima parte dei testi burocratici nasce in ambiente giuridico: potremmo dire che il linguaggio burocratico è il parente povero di quello legale. Una delle caratteristiche del linguaggio burocratico è la quasi assoluta assenza di tecnicismi specifici. In qualche caso si incontrano originari tecnicismi collaterali che si sono consolidati, stabilizzandosi in un significato fisso: si pensi alla visura, cioè la verifica catastale dell’effettiva consistenza di un bene immobile. In molti casi il tecnicismo collaterale risponde a mere esigenze stilistiche, cioè per evitare ripetizioni. Altre volte il tecnicismo collaterale risponde ad esigenze eufemistiche, in quanto è comprensibile che cieco e sordo tendano ad essere velati da litoti come non vedente e non udente. Alcune caratteristiche lessicali del linguaggio burocratico sono la diffusione degli acronimi e la presenza di frasi ad alto tasso di nominalizzazione. Una caratteristica saliente del linguaggio burocratico è il suo precisionismo, vale a dire l’ossessione di non dar luogo a possibili equivoci, richiamando continuamente il già detto e sovrabbondando in puntualizzazioni superflue. Infatti si può notare un continuo ricorso a elementi anaforici, cioè ad aggettivi, sostantivi o locuzioni che rimandano indietro a qualcosa di già affermato in precedenza e la tendenza alla ridondanza, soprattutto col ricorso ad aggettivi o avverbi che, in quel contesto, sono poco informativi perché altamente prevedibili, e quindi potrebbero essere tralasciati. LA VOCE ENCICLOPEDICA Mentre il dizionario dà delle informazioni strettamente grammaticali, che prescindono dal significato della parola, ragguaglia sulle varie accezioni del termine e definisce l’ambito di frequenza d’uso delle varie eccezioni, nella voce enciclopedica sono eliminate tutte le indicazioni di tipo linguistico. La voce invece abbonda nei dati puntuali, mirando a far emergere la portata del fenomeno e il suo significato. L’universo lessicale del dizionario è chiuso, nel senso che tutte le parole adoperate nel metalinguaggio, ossia nella definizione di un vocabolo, dovrebbero essere registrate anche in ordine alfabetico con una loro definizione. Invece l’enciclopedia riflette un universo aperto: voci secondarie (soprattutto nomi di personaggi storici) possono essere menzionate in un articolo di carattere generale, ma non avere uno spazio loro dedicato. Inoltre la consultazione di un dizionario dovrebbe essere sufficiente allo scopo che si propone l’utente; la consultazione di un’enciclopedia rappresenta solo un assaggio, uno stimolo che il lettore interessato al tema deve approfondire attraverso letture specifiche. Un’altra importante differenza tra dizionario ed enciclopedia riguarda la consistenza del lemmario. Il dizionario comprende solo quelli che si chiamano nomi comuni, mentre l’enciclopedia comprende una quota consistente di nomi propri considerati significativi e di nomi comuni che hanno un rilievo oltre il puro significato linguistico. Un’altra caratteristica della voce enciclopedica e del dizionario è la loro costruzione per accumulo. I vari periodi sono raramente collegati da connettivi che segnalino il cambiamento del tema e non compare mai il connettivo grafico del capoverso. Uno dei requisiti fondamentali di un dizionario enciclopedico, costretto a condensare in poco spazio una massa di notizie eterogenee, è la corretta selezione delle informazioni da offrire al lettore, ispirata al criterio della sistematicità. IL TESTO SCOLASTICO Il testo scolastico è per la maggior parte delle persone il libro più importante incontrato nella propria vita. L’attuale assetto linguistico dei libri di testo dipende in gran parte dal mutamento dei programmi. E molte volte i programmi risentono dei rinnovati indirizzi di ricerca propri delle rispettive discipline. I libri di testo sono più smilzi di un tempo, la presentazione grafica è accattivante, si fa largo ricorso a tavole fuori testo e a illustrazioni multicolori, si insiste molto sul percorso didattico che lo studente deve compiere, sollecitandolo con verifiche e con test di autovalutazione. Una caratteristica non nuova, ma fortemente accentuata, è proprio questo forte orientamento sul destinatario, espressamente individuato come l’interlocutore del libro di testo. La novità rispetto al passato è rappresentata dai vari sussidi scolastici come il sommario, i prerequisiti, gli obiettivi per un determinato modulo, gli esercizi di vario tipo. La porzione di testo scritto riservata a un singolo argomento può essere ridotta rispetto ad un tempo ma questo non implica che la materia sia banalizzata e che si debba rinunciare a un apparato terminologico e concettuale avanzato. Può accadere addirittura che un testo scolastico presenti un certo numero di termini specialistici che sono assenti dai dizionari correnti. L’attenzione a spiegare termini settoriali è in genere abbastanza vigile. Molti testi sono forniti di un glossario, altri presentano finestre aperte nel corso della trattazione per spiegare determinate parole-chiave. L’ARTICOLO DI GIORNALE In Italia si legge poco rispetto al resto d’Europa e si comprano pochi quotidiani. Il giornale cartaceo ha avuto una ripresa, nelle grandi città, con la distribuzione mattutina dei quotidiani gratuiti. Ma questo prodotto non ha molto in comune col quotidiano tradizionale: usura rapidissima, grande spazio alla pubblicità, notizie stringate, mancanza di commenti e di reportages, forte sviluppo della cronaca. Il quotidiano classico mantiene la sua precisa rappresentatività nella società contemporanea. È il luogo dei commenti sui grandi fatti della politica, del costume, della cultura e propone vastissimi temi. Sono tre le principali tipologie di articoli giornalistici: l’articolo di cronaca, l’articolo di fondo e l’intervista. La cronaca è forse il settore in cui più si avverte il cambiamento di stile del giornale rispetto a quarant’anni fa. Prima di tutto c’è una drastica selezione delle notizie, si evitano i tradizionali stereotipi e si punta su ciò che fa, di un certo avvenimento, una notizia realmente meritevole di essere comunicata ai lettori. Una tecnica a cui si ricorre è quella della circolarità: la notizia viene raccontata per tre volte, aggiungendo ogni volta qualche particolare che, in sé, non avrebbe interesse ma che serve a mantenere alta la tensione del racconto, riproponendone gli snodi essenziali. L’articolo di fondo è generalmente letto da tutti coloro che comprano il quotidiano in quanto la titolazione dice poco sulla tematica, tipicamente di politica nazionale o internazionale o di costume, e non si può far altro che leggere l’articolo. L’articolo di fondo è un testo argomentativo che procede in modo lineare, senza riprese del già detto e senza picchi emotivi. Tipica dell’articolo di fondo è l’ interrogativa didascalica con la quale chi parla rivolge una domanda a se stesso, quasi fingendo che la domanda provenga dall’uditorio, per vivacizzare l’esposizione. Il lettore tipo di un articolo di fondo è una persona sufficientemente curiosa delle vicende internazionali, ma non necessariamente un esperto. Le interviste ad alte cariche istituzionali e politiche avvengono spesso a distanza ed in genere vengono lette dall’interessato prima che ne sia autorizzata la pubblicazione. Invece le interviste a personaggi di minore autorevolezza offrono al giornalista l’occasione di rappresentare una conversazione reale, con il vantaggio che l’intervistato di turno appare spontaneo, con tutte le esitazioni e le approssimazioni di discorso proprie del parlato.
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