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Italiano Alessandro Manzoni, Appunti di Italiano

Appunti di italiano presi in classe (liceo linguistico)

Tipologia: Appunti

2016/2017

Caricato il 16/12/2017

jezintha-jeyasingham
jezintha-jeyasingham 🇮🇹

2 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Italiano Alessandro Manzoni e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! Manzoni Vita: conduce una vita discreta, riservata, pur essendo testimone e partecipe agli eventi storico- politico del tempo, ma rimane in secondo piano. Non ci sono grandi eventi che segnano la sua vita, va a Parigi a trovare la madre. Vive diversi lutti: la moglie, i figli, la seconda moglie. Nel 1810 si converte al cattolicesimo, ed è uno degli eventi più significativi della sua vita. Sua madre è Giulia Beccaria, figlia di Cesare Beccaria. Non è un figlio legittimo di Pietro Manzoni ma è figlio di uno dei fratelli Verri. La madre si separa dal marito e va a Firenze con Carlo Imbonati, il suo amante. Nel 1801 Manzoni esce dal collegio e ha un atteggiamento di rifiuto verso la religione. A Milano conosce Vincenzo Cuoco, Foscolo, Monti, e frequenta ambienti liberal democratici e classicisti. Nel 1805 va a Parigi e nel 1806, Carlo Imbonati muore e Manzoni scrive un carme che rappresenta lo scritto migliore tra la produzione letteraria precedente alla conversione (di stampo neoclassico). Nel carme immagina che Carlo gli appaia in sogno e gli dia consigli di vita e letterari. Ci sono dei versi che rappresentano il programma letterario e poetico a cui sempre rimarrà fedele, versi che esortano a vivere in modo sobrio, senza scendere mai a compromessi e perseguire il vero -> manifesto di vita e poesia. A Parigi frequenta Mme de Stael e gli ideologi (gruppo di intellettuali di tradizione illuministica ma già aperti alle concezioni romantiche, forte interesse per la storia e il ruolo delle masse). Frequenta Claude Fauriel con cui rimarrà in contatto epistolare per tutta la vita, e che gli darà consigli che spesso Manzoni mette in pratica. Bisogno di Manzoni di avere delle conferme. Nel 1808 si sposa con Enrichetta Blondel, donna religiosa ma calvinista. Il matrimonio ravvicina Manzoni alla religione e nel 1810 si convertono entrambi al cattolicesimo e viene ricelebrato il matrimonio con rito cattolico. Il percorso Spirituale è segnato dal giansenismo, Manzoni è cattolico con un orientamento giansenista (Giansenismo = influenzato dalla lettura di Pascal, il giansenismo lo induce a formulare una visione cupa della vita che conduce ad un rigorismo morale accentuato, si tende a interpretare come negativo tutto ciò che non è perfetto). La conversione rafforza i valori di Manzoni che li sente come un dovere della sua coscienza più che come impegno civile e sociale. Nel 1810 ritorna a Milano dove ricomincia a scrivere gli Inni Sacri. Si appassiona alle vicende risorgimentali scrivendo le Canzoni Civili e le Tragedie. Poi scrive l’Adelchi, l’ultimo degli Inni Sacri e infine si dedica al romanzo. Dal 21 al 27 c’è un’intensa produzione letteraria. Scrive testi teorici che diventano manifesti del romanticismo italiano in seguito alla sua adesione al romanticismo. Manzoni intende che il poeta romantico deve farsi interprete delle esigenze degli uomini e dei popoli. Nel 27 viene pubblicata la prima edizione dei Promessi Sposi, intitolata Fermo e Lucia; dopo fa una revisione e nel 40’ c’è una seconda edizione dei Promessi Sposi. Tra il 27 e il 40 c’è un presa di distanza dalla scrittura creativa. Viene meno l’idea del vero poetico. Si convince che lo scrittore non possa scrivere altro che la realtà. Nel 1845 scrive un saggio del romanzo storico e esclude qualsiasi forma di invenzione. Scrive dei saggi sulla lingua. Nel 1868 viene nominato presidente della commissione statale per l’unificazione della lingua. Nel 1860 viene nominato senatore del Regno d’Italia anche se la Chiesa non pensava che avrebbe accettato. Il 22 maggio 1873 muore. Per Manzoni il cattolicesimo non è dogmatico ma è liberale, calato nella realtà della vita in tutti i campi dell’azione dell’uomo. Manzoni sente l’esigenza di calare i principi evangelici nella società. La speranza di questi principi evangelici si scontra contro la realtà dei fatti. Non è possibile realizzare nel mondo quei principi perché il mondo è caratterizzato dalla violenza, dall’ingiustizia. Per l’uomo buono non c’è altro che la rassegnazione e la rinuncia all’intervento per modificare le cose. Nei primi Inni Sacri è evidente il pessimismo cristiano di Manzoni, presente anche nell’Adelchi, con cui ribadisce che o si è malvagi, o buoni e vittime: bisogna solo accettare la realtà e aspettare la morte. Manzoni supera questa fase pessimista pensando che nella vita dell’uomo ci sia una presenza provvidenziale che stimola l’uomo ad agire. Le azioni dell’uomo produrranno risultati minimi ma ci saranno. Poetica: arte obiettiva e oggettiva che si ispira al vero storico in cui l’uomo si possa trovare coinvolto. Questi principi si possono trovare nella lettera a Monsieur Chauvet (manifesto di Manzoni), insiste sulla necessità di rifarsi al vero storico rifiutando la fantasia. Si possono recuperare gli eventi del passato nei quali ci sono drammi che si ripetono ancora oggi. In questa 1 lettera si distingue il vero storico e poeta e parla dello storico e del poeta. Lo storico deve trascurare la storia basandosi sui fatti, il poeta deve trascrivere, scoprire cosa c’è dietro la storia. Nei romanzi bisogna adattare i sentimenti ai fatti. Altro testo in cui precisa la sua poetica è la Lettera sul Romanticismo, la scrive a Cesare d’Azeglio, inviata nel 1823 e pubblicata nel 46 senza l’autorizzazione di Manzoni, poi nel 70 con l’autorizzazione. Vi sono esposti gli obiettivi e caratteri della poesia. La lettera si può dividere in due parti: 1) Destruens (detta così appunto perché Manzoni smonta le tesi della precedente poetica, posta sotto accusa la poetica classicista) 2) Costruens (detta così perché qui Manzoni fissa le nuove regole poetiche, vengono proposte le caratteristiche della poesia romantica). La poetica di Manzoni si può riassumere con la frase “Utile per scopo, vero per soggetto, interessante per mezzo”. L’arte insomma deve avere per fine l’utilità morale e pratica degli uomini; deve fondarsi sul vero storico e sulla realtà, deve servirsi di una materia e di argomenti che interessi il maggior numero possibile di persone. Opere successive alla conversione: 12 Inni Sacri, uno per ogni festività liturgica dell’anno, lui ne scrive solo cinque, le prime 4 scritte tra 1812- 15 (Laresur, Il nome di Maria, il Natale, la passione), tra il 1817 e il 1822 scrive la Pentecoste. Alcuni frammenti di Inni. È Manzoni che parla ma quello che dice riguarda tutti quanti gli uomini, portavoce di tutti. Le tre parti sono ben individualizzabili, linguaggio non omogeneo (aulicismi, arcaismi con termini più colloquiali) Si impone l’intento morale e letterario: Morale -> messaggio cristiano è l’unico che può dare risposte ai dubbi dell’uomo. Letterario -> rinnovare sia dal punto di vista tematico che linguistico la letteratura. La materia cristiana è sostituita dal mito, inoltre rinuncia alla lirica adattando uno stile ardito che sia più attento alla sostanza piuttosto che al mondo in cui si racconta la sostanza, linguaggio rigoroso accessibile a un pubblico e metro agile. Struttura: più o meno uguale per tutti, 3 parti: 1) Enunciato il tema (cioè la festività di cui si parla) 2) Narrazione storica dell’evento 3) Riflessione religiosa e morale di questo evento continuamente rinnovato liturgicamente La Pentecoste, invece, ha una struttura solida, tono omogeneamente alto, senza riferimenti ai testi sacri. Ambientata cinquanta giorni dopo l’ascensione di Cristo al cielo, funzione di evangelizzazione degli apostoli per diffondere il messaggio di Cristo (Chiesa Militante). Nei primi 48 versi c’è una celebrazione della Chiesa militante, poi apostrofe alla chiesa primitiva e descrizione ascensione. Dal v49 al v80 è descritta la conseguenza dell’ascensione sugli apostoli: nuova civiltà ed epoca spirituale basata sull’amore, uguaglianza spirituale. Dal v81 al 84, preghiera rivolta allo spirito santo perché continua a scendere, preghiera corale allo spirito santo perché è la voce di tutti gli uomini. I versi sono solo settenari quindi c’è un ritmo rapido, periodi ampi ma questa estensione del discorso non genera alcuna fatica, numerose figure retoriche che vogliono rendere più efficace il messaggio (allitterazione, anafora). Nei primi versi si rivolge alla chiesa attribuendole tante definizioni diverse. Si descrive la predicazione degli apostoli che pur parlando in aramaico venivano compresi da tutti. La voce dello spirito Santo si diffonde attraverso gli apostoli in modo che essi vengano compresi da tutti coloro che li ascoltano. Ascoltate il grido dello spirito santo, la terra è stanca dei riti pagani quindi ritorna a Dio. Si rivolge alle spose, agli schiavi. Lo Spirito Santo dà inizio a una nuova civiltà di uguaglianza spirituale. Una nuova libertà viene annunciata. Lo spirito Santo promette pace e speranza, pace che può anche essere derisa dal mondo intero ma non può essere sottratta (pace interiore). Nella terza parte c’è una preghiera allo spirito, la invocano a continuare a scendere. Versi che ricordano il cinque maggio. Serie di parallelismi. Discesa dello Spirito Santo anche su coloro che non credono. Il sole è paragonato allo spirito Santo che fa crescere i fiori i quali, se non fossero continuamente alimentati, morirebbero. Deve risollevare l’animo di chi è infelice. Nelle ultime due strofe c’è un riferimento ai promessi sposi: Lucia che arrossisce, il rossore delle donzelle, Renzo che è spesso irruento. 2 La vicenda inizia con Ermengarda (figlia di Desiderio, re dei Longobardi), ripudiata dal marito Carlo Magno che torna dal padre e chiede di potersi ritirare nel monastero di Brescia dove era badessa la sorella, Ansberga. Ermengarda ama suo marito, soffre e cerca di dimenticarlo cercando la pace nel convento, cerca difesa dalla passione nell’amore per Dio. Il padre si sente offeso nella sua dignità di sovrano e reagisce anche contro Adelchi (suo figlio), che vorrebbe evitare lo scontro contro i Franchi. Inizia lo scontro. Carlo Magno si ferma in Val Susa, sulle Alpi, non riesce a trovare un passaggio per invadere la Pianura Padana. Quasi rinuncia ma poi, il diacono Martino li indica il percorso e avviene lo scontro. La maggior parte dei duchi longobardi erano passati dalla parte di Carlo Magno. I longobardi subiscono una sconfitta pesante e Desiderio si trincera in Pavia mentre Adelchi a Verona dove viene ferito e catturato e portato a Pavia dove c'è l'incontro tra Carlo Magno, Adelchi e Desiderio. Adelchi, ferito, muore. Muore anche Ermengarda che quando viene a sapere delle nozze di Carlo, cade in delirio e muore. Il centro della tragedia è il conflitto tra bene e male, ideale e reale, sogno e realtà, conflitto che trova la sua conclusione nella morte di Adelchi. Adelchi è un principe pacifica del VIII secolo che crede nel valore della pace, ma è figlio primogenito del Re Desiderio e deve obbedire, si sente in dovere di svolgere gli ordini del padre, nasce in un periodo in cui la via per raggiungere il potere è la guerra. Nella figura di Adelchi, Manzoni abbandona l'aspetto storico perché muore combattendo in medio oriente: non corrisponde alla realtà storica ma vuole farlo apparire come personaggio ideale. La morte di Ermengarda segna un conflitto interiore diverso tra la passione per il marito e l'attesa della morte cristiana. Anche questo conflitto si conclude con la morte → intervento Provida Sventura (la sofferenza generata dalle prove dolorose è vista come uno strumento imperscrutabile della provvidenza, che offre in questo modo all'uomo un'occasione di salvezza). Entrambi sono due eroi romantici, lacerati dal conflitto e salvati dalla morte. Anche gli altri personaggi sono ben delineati e costituiscono il sistema di personaggi (più articolato nei promessi sposi) ovvero i personaggi sono in relazione gli uni con gli altri, c'è equilibrio. Si possono raggruppare a coppie per similarità e contesto: 1 Adelchi ed Ermengarda rappresentano personaggi ideali; 2 Desiderio e Carlo Magno, coppia di sovrani, Carlo è rappresentato in maniera più positiva ma anch’egli è guidato dalla logica del potere; 3 Svarto e Anfrido, Svarto è uno dei duchi longobardi che ha tradito Desiderio e che sostiene e guida il tradimento. Anfrido è compagno d'armi di Adelchi e gli rimane fedele fino all'ultimo, coppia speculare per contrasto (traditore≠fedele). Struttura più solida nella delineazione dei personaggi. Due cori: il primo, alla fine del terzo atto, guerra tra franchi e longobardi, riflessione di Manzoni sulla situazione storico-politico del passato e del presente; il secondo coro, la morte di Ermengarda. Adelchi è censurato dall’Austria perché è un evidente riferimento al presente. Descrive i tre popoli: i latini sbandati e sottomessi dai longobardi, i longobardi in fuga e i franchi che incalzano i longobardi. Evidente riferimento alla situazione tra italiani, austriaci e franchi. Esorta i latini a non sperare nell’aiuto straniero. La Guerra è solo fonte di distruzione, chi conduce una guerra in aiuto di altri, lo fa solo per interesse. I latini sono i primi ad essere descritti e se ne parla come un volgo disperso, e non hanno la forza di reagire da soli per conquistare la libertà ma hanno bisogno di aiuto. Strofa: 6 versi divisi a metà, ritmo incalzante. 1° Coro: i latini, antica virtù che sembra ricomparire nei loro volti. Misto di senso di umiliazione subita e orgoglio del passato, non sanno cosa pensare, si riuniscono e poi si disperdono. Guardano i longobardi che sono in fuga, descrizione dei Longobardi da parte dei latini. Le donne longobarde guardano i loro figli preoccupati, questa volta depongono la loro arroganza, temono per la sorte dei figli. I latini sono spettatori dello scontro tra franchi e longobardi. I franchi sono visti come dei cani, presi da una contentezza sconosciuta. Dal v31 fino alla fine c'è una parte esortativa. 5 Il tema patriottico è affrontato con tono oratorio e sarcastico, i franchi si aspettano qualcosa di più concreto, un vantaggio. Ci si rivolge ai latini “tornate alle vostre cose in rovina”. Alla fine vincitori e vinti si uniscono, non si può sperare nell’aiuto di altri popoli. Condanna della guerra. 2° Coro: riguarda Ermengarda, si compiange la morte e si annuncia la liberazione del suo spirito, interviene la Provida Sventura che lo riscatta dal destino dei Longobardi attraverso il dolore, dagli oppressori, entrano a far parte degli oppressi. Le prime quattro strofe sono dedicate al trapasso di Ermengarda e raccordo a cosa le era successo (lei in convento, raggiunta dalla notizia delle nozze di Carlo cade in delirio e muore) e lei si trova nel letto so morte circondata dalle suore, sudata nel volto, giace guardando il cielo, le suore piangono ma ad un certo punto smettono. Ermengarda muore, scende sulla sua fronte una mano (o di una suora o di Dio) che le chiude gli occhi, il suo destino era quello di chiedere invano la dimenticanza delle passioni terrene ed elevarsi a Dio. Ricordi di giorni felici che la tormentano. Dal v25 al 60, momenti felici, Ermengarda sposa, ricordo che la tormenta. Primo ricordo: Ermengarda giunge sulle coste franchi, ricordi che ritornano nonostante lei provi ad allontanarli. Ignara di un futuro ingannevole, assiste ad una battuta di caccia alla guida della quale c'era Carlo. Riferimento ai capelli, cavalli sudati per la corsa, i cani ansimanti. Terzo ricordo: momenti di pausa tra una guerra e l'altra del marito trascorsi con lei nel palazzo di Aquisgrana. La situazione di Ermengarda di fronte a questi ricordi è descritta attraverso due similitudini: Ermengarda confortata dalla Fede come la rugiada ridà vigore alla giornata, come al mattino il sole torna a risplendere ritornano alla mente di Ermengarda i ricordi che provocano angoscia. Di nuovo il poeta si rivolge a Ermengarda e la esorta a offrire se stessa a Dio, liberarsi dai piaceri terreni per essere sepolta con le altre donne. V109-110 → Provida Sventura, attraverso la sua sofferenza può morire compianta da tutti e trovare nella morte quell’aspetto sereno che aveva in vita durante la gioventù, ignara del suo futuro. La Provida Sventura l’ha collocata negli perché discendente di uomini malvagi, lei è diventata una vittima. Ultima strofa: immagine di un tramonto, così come si spegne Ermengarda così il sole al tramonto. Manzoni fa un augurio di un giorno sereno per il contadino. Ermengarda muore ma è solo l'inizio di una nuova vita. I Promessi Sposi Manzoni con il romanzo riesce a realizzare la sua concezione poetica (il vero per soggetto, interessante per mezzo e l’utile per scopo) in quanto il romanzo permette una rappresentazione della realtà e quindi il soggetto è il vero, si rivolge ad un pubblico vasto e non solo agli uomini colti, quindi usa un linguaggio accessibile e tratta argomenti che coinvolgono questo pubblico più ampio. I temi sono interessanti, ed attraverso il romanzo si possono trasmettere informazioni storiche, valori e principi morali e quindi diventa anche utile. La scelta del romanzo però è una scelta decisamente forte e di rottura, sia perché si scontra con la tradizione letteraria sia per l’impatto che può avere sul pubblico. Sul genere del romanzo c’erano dei pregiudizi, che circolavano in Italia al tempo: pregiudizi retorici (in Italia non esiste una tradizione del romanzo, e per questo viene guardato con diffidenza) e pregiudizi moralistici (il romanzo rappresenta la realtà, la vita ed una rappresentazione realistica della realtà potrebbe avere influenze negative nel lettore). In Italia questo genere letterario non esisteva ancora, è un genere nuovo quindi non c'è una robusta tradizione dietro come per gli altri generi letterari; veniva anche criticato perché una rappresentazione così realistica della vita poteva avere un’influenza negativa e pericolosa dal punto di vista morale per i giovani. Il romanzo nella letteratura di altri Paesi stranieri, era l’espressione della mentalità e della concezione del mondo della classe borghese (es. Inghilterra); in Italia però la borghesia diventa classe dirigente solo dopo le lotte rinascimentali. È il romanticismo che, anche in Italia, da dignità e valore al romanzo. I romantici in Italia però erano intellettuali moderati e riconoscevano che questo genere era un po’ inferiore rispetto ad altri (es. Silvio Pellico afferma che il romanzo è un genere letterario per donnette), tuttavia uno scrittore di valore avrebbe potuto appropriarsene e nobilitarlo. Manzoni va oltre queste posizioni e dice che il romanzo è un genere di pari dignità rispetto agli altri generi letterari, soprattutto quando il romanzo tratta fatti inventati e riesce ad esporre in modo molto più efficace il reale; secondo lui, il romanzo nonostante sia un genere nuovo, ha più possibilità di imporsi e lascia più libertà di espressione allo 6 scrittore perché non ha modelli con cui confrontarsi. Tra i romanzi, il più adatto a rappresentare la realtà è proprio il romanzo storico (con Ivanhoe di Scott come modello di riferimento, dove l’autore racconta le reazioni private difronte alle azioni pubbliche, alla legge, al potere) con personaggi storici (non?) realmente esistiti e dove viene raccontato quello che la storia non dice e dove sono inseriti eventi, personaggi e reazioni inventate ma plausibili, cioè che avrebbero potuto vivere realmente quelle esperienze. Non deve essere un’invenzione fantastica ma credibile che racconta la storia della società in generale. Le parti inventate devono essere così credibili che quello che è stato scritto deve sembrare come appena scoperto dagli storici [VEROSIMILE] con protagonisti e fatti realmente esistiti dei quali però l’autore deve raccontare reazioni e costumi privati di fronte alla volontà dei potenti. Quindi occorre inserire nel quadro storico anche eventi ed azioni inventate ma comunque plausibili in quel contesto, in funzione di rendere al meglio le condizioni di vita reali di tutti i cittadini di quel tempo, chi legge deve avere l’impressione che quello che sta leggendo sia appena stato scoperto dagli storici. Manzoni inizia a scrivere il romanzo dal ’21 (dopo il suo ritorno da un viaggio a Parigi dove Manzoni è stato influenzato da Fauriel,per l’interesse per la Storia e l’attenzione verso le masse), ritirato a Brusuglio comincia a scrivere la prima stesura che viene completata nel ‘23 col titolo di “Fermo e Lucia”, ma il romanzo non viene pubblicato perché Manzoni non è soddisfatto ne’ per il contenuto ne’ per la lingua. Nel ‘24 revisiona l’opera e nel ‘27 viene pubblicata la prima edizione con il titolo “I Promessi Sposi”. Lo scrittore però non è ancora soddisfatto sia dal punto di viste dei contenuti che linguistico e nel ‘28 si trasferisce a Firenze per “sciacquare i panni in Arno” cioè per migliorarne l’aspetto linguistico a favore del fiorentino. Tra il ‘40 e il ‘42 il romanzo viene pubblicato a puntate su una rivista col titolo completo “I promessi sposi – Storia milanese del 17esimo secolo scoperta e rifatta da Alessandro Manzoni”. In appendice alla quarantana (1^edizione= ventisettana; 2^ edizione quarantana) viene pubblicata anche La Storia del “La Colonna Infame” che è un’appendice storica sui processi a cui venivano sottoposti gli untori e dove la responsabilità morale e civile del singolo viene messa in questione con riferimento a Cesare Beccaria, nonno di Manzoni, che si era occupato di problemi di diritto/giustizia. Il termine Colonna perché ricorda come venivano condannati gli untori accusati di diffondere la pestilenza, che venivano imprigionati e mandati a morte, le loro case erano distrutte; a Milano era stata piazzata una colonna presso la casa di uno di loro per ricordare la sua colpa e la giusta pena, ma nel ‘700 questa colonna fu rimossa perché era considerata una vergogna. Il romanzo ha avuto Tre diverse stesure con differenze contenutistiche: - “Fermo e Lucia”: 37 capitoli suddivisi in quattro blocchi abbastanza slegati tra loro che costituivano 4 tomi a sé stanti: primo libro matrimonio, secondo libro con protagonista Lucia, terzo libro con protagonista Renzo e quarto libro con protagonista la peste. - Stesura del ‘27 c'è più omogeneità tra le due parti i blocchi e non c’è più una divisione netta. Vengono eliminate del Ridimensiona le digressioni storiche, amorose, morali o narrative che hanno grande spazio nella prima come la vicenda della Colonna Infame che aveva grandissimo spessore nella prima edizione e che in questa viene eliminata. Viene ridimensionata anche la parte della storia di Gertrude che nella prima edizione è una sorta di romanzo nero nel romanzo; vengono anche contenute le concessioni al gusto romantico che ci sono nel Fermo e Lucia come ad esempio la morte di Don Rodrigo che verranno poi cambiate, vengono modificati appunto anche i nomi dei personaggi come Fermo che diventa Renzo e Lucia che cambia cognome, il Conte del Sagrato diventa l’Innominato, Fra Cristoforo prima era Fra Galdino ecc. Nella seconda stesura vengono però aggiunte alcune parti, come la fuga di Cecilia o la Pioggia Purificatrice, però sono comunque poche aggiunte rispetto alle parti tolte. Il discorso ideologico che Manzoni cerca di trasmettere nel romanzo (critica della società del tempo) non cambia nelle due stesure ma è diversa la tecnica con cui il messaggio viene veicolato, nel “Fermo e Lucia” c'era un tono più violento nei confronti della Storia e della società e nella 27ana i toni si fanno più pacati. Manzoni non è soddisfatto della lingua usata in” Fermo e Lucia” e la definisce come un “impasto indigesto” 7 Per ruolo nella società: possono anche essere divisi dal punto di vista del loro ruolo nella società: 4 laici e 4 ecclesiastici raggruppabili in coppie antitetiche tra di loro come Federigo e Fra Cristoforo che rappresentano la chiesa buona e Gertrude e Don Abbondio come chiesa cattiva. Federigo e Gertrude rappresentano la Chiesa potente mentre Fra Cristoforo e Don Abbondio rappresentano la Chiesa povera. La stessa opposizione avviene anche tra i personaggi laici: Renzo e Lucia, umili, contro l’Innominato e Don Rodrigo, nobili. Il Romanticismo si diffonde nel 1827 e diventa un genere di massa in Italia. Presenta le caratteristiche della letteratura di consumo: tecniche che portano facili effetti (commozione), ripetizioni di situazioni e personaggi. Questo successo durò per metà dell’ottocento. A partire dagli anni quaranta si ha un cambio nel romanzo storico con un passaggio dai riferimenti del passato ai riferimenti della storia contemporanea. Ci sono diverse scuole del Romanticismo: • Storico-scottiani → imitatori di Walter Scott. Insistono sull’aspetto pittoresco e avventuroso, diventano quasi romanzi di maniera. • Scuola Manzoniana → imitatori di Manzoni. Cercano di riproporre il tono medio della narrazione in cui sono presenti sia elementi patetici sia eroici ma su cui prevalgono soluzioni paternalistiche e moralistiche come in Alessandro, nessuno di loro però riesce a raggiungere i livelli di Manzoni. Due importanti autori sono Tommaso Grossi (Che scrive il Marco Visconti) e Massimo Da Zeglio (Genero di Manzoni e scrittore di Ettore Fieramosca). • Un’altra corrente con a capo Guerazzi che è antitetica a quella Manzoniana perché lui era un anticlericale, democratico, repubblicano, Mazziniano e nei sui romanzi vi è un particolare gusto per il macabro e la passionalità con stile enfatico ricordante Foscolo nell’Ortis. Dal 40 vi è una trasformazione verso un romanzo storico che inizia ad occuparsi della contemporaneità, il più importante autore è Ippolito Nievo (Le Confessioni Di Un Italiano/Di Un Ottuagenario). Nasce nel 31 a Padova e muore nel 61, Padovano ed appassionato alla questione politica italiana partecipando anche alle battaglie del risorgimento arruolandosi nei Mille di Garibaldi, muore durante un naufragio ed il romanzo viene pubblicato dopo la sua morte col titolo errato. Racconta qui 80 anni di storia italiana, dal 1775 al 1855 scritto in prima persona ed a parlare è Carlo Altoviti che racconta le tappe della sua vita ormai anziano. Racconta la sua infanzia e l’evolversi del rapporto amoroso con sua cugina La Pisana, presente sin da piccoli. Le imprese della sua vita si intrecciano con i momenti più salienti della storia italiana. Questo Romanzo più che storico è meglio definirlo di Formazione, perché attraverso il processo di formazione dell’Italia si incontra anche il processo della formazione di Carlino che inizia la sua storia come Veneziano e la conclude come Italiano. Temi storico-patriottici, particolare attenzione alla vita in Campania che corrisponde al periodo felice dell’infanzia e poi vista da un punto di vista sociale in quanto viene denunciata la condizione di sfruttamento di libertà contro cui i contadini dovevano sopravvivere. La figura della Pisana è la figura femminile più importante del romanzo e la più bella figura femminile dell’800, antitesi della Lucia di Manzoni, è una donna complessa e già da bambina dimostra un carattere ribelle, provocatore, capriccioso e volubile, ma anche generoso e impulsivo poiché si sottoporrà a fatiche incredibili per Carlino. L’amore tra i due è il filo conduttore di tutta la vicenda. Un altro romanzo importante, di Giuseppe Rovani, è i Cento Anni, vengono raccontate le vicende private del protagonista che si intrecciano con quelle storiche, dal 1750 al 1849. Rovani si avvicina al modello Manzoniano, ad esempio lui predilige gli avvenimenti 10 meno noti della storia, ci sono delle digressioni nel romanzo in cui l’autore riflette e commenta, ma il valore del romanzo è minore rispetto a Carlo Altoviti. Nella seconda metà dell’800 il romanzo storico entra in crisi anche in seguito alla delusione del risorgimento, viene sostituito dal romanzo naturalista e da quello verista. Il romanzo sociale in Italia non si impone come nel resto d'Europa. Nicolò Tommaseo è autore di un romanzo che rientra nel genere del Romanzo Psicologico, “Fede e Bellezza” in cui insiste sul rapporto tra sensualità e fede religiosa. Nel secondo 800 abbiamo come reazione a questo infiacchimento della poesia, l’intervento di alcuni autori e movimenti che si oppongono in modi diversi al romanticismo, soprattutto a quello sentimentale e languido, al secondo Romanticismo. Come ad Esempio Gli Scapigliati che si oppongono al romanticismo in maniera provocatoria, Carducci che si oppone attraverso il recupero del Classicismo. I Veristi, Verga che usano una rappresentazione oggettiva della realtà attraverso un linguaggio semplice ed immediato. Non tutti però riuscirono ad avere successo attraverso le loro critiche, all’epoca si impose più degli altri Carducci rispetto a Verga e gli scapigliati. Scapigliatura p.154 Movimento di contestazione antiborghese sorto a Milano negli anni ’60 ed attivo in Lombardia e Piemonte per più di un decennio. Nasce a Milano perché centro più dinamico della borghesia italiana. La polemica si manifesta in campo politico, morale e letterario. Campo politico perché la borghesia viene accusata di aver tradito gli ideali liberali di uguaglianza e giustizia del risorgimento e di aver soppresso le masse popolari. Campo morale perché la polemica accusa l’ipocrisia della morale comune, viene sottolineata attraverso comportamenti provocatori e la volontà di scandalizzare e suscitare reazioni tra i ben pensanti. Campo letterario poiché gli scapigliati rifiutano sia l’enfasi patriottica del primo romanticismo sia il sentimentalismo del secondo romanticismo. Gli scapigliati si propongono di produrre una poesia nuova in sintonia delle avanguardie europee perché l’Italia era indietro rispetto ad essi (ma il risultato non è dei migliori). Gli scrittori erano anche pittori o musicisti e sono un gruppo di giovani intellettuali amici tra di loro, accomunati da un atteggiamento anticonformista che li portava a rifiutare l’etica borghese ed a elaborare programmi rivoluzionari. I più famosi sono: Praga, Tarchetti, Dossi, i fratelli Boito. Il nome è questo perché deriva dal titolo di un romanzo di Cletto Arrighi (pseudonimo di Carlo Righetti) intitolato “La Scapigliatura è il 6 Febbraio” in cui vengono descritti i moti mazziniani del 6 febbraio 1853 sfortunati i cui protagonisti erano dei giovani impulsivi. Scapigliatura è la traduzione di Bohème, cioè vita da zingari, termine reso noto da Burgè in “scene della vita Bohème” del 1851 in cui vengono descritte le vite oscillanti tra miseria e momenti di precario benessere degli artisti francesi che vivevano nel quartiere latino di Montparnasse. Nel romanzo di Arrighi i personaggi hanno tratti simili agli Scapigliati, vivono entrambi vite spensierate e scapestrate ma fanno contemporaneamente esperienze tragiche e dolorose, alcuni si dedicano alla droga e all’alcool e muoiono precocemente o addirittura suicidi. Gli Scapigliati si accaniscono contro la società del loro tempo, ed il loro attacco è molto violenta però anche confusa e tutto sommato superficiale, caratterizzata da un atteggiamento individualistico e di anarchismo generico. Effettivamente agiscono in un periodo complesso pieno di grandi trasformazioni in tutti gli aspetti del mondo, in Italia si stava faticosamente realizzando il passaggio da una struttura ancora feudale ad un assetto industriale. Questi autori non riescono a comprendere la portata di questo fenomeno e si limitano a criticarne soprattutto le conseguenze negative, come il fatto che ci sono dei nuovi arricchiti che pensano di essere arrivati e poter fare come vogliono, critica anche nella trasformazione del nuovo assetto industriale che rovina il paesaggio e la natura. Però loro non propongono nessuna alternativa concreta, non si assumono la responsabilità del loro ruolo ma incolpano gli altri o i tempi in cui vivono. Loro si sentono esclusi proprio perché si sentono superiori a coloro del loro tempo. Da un punto di vista letterario si definiscono realisti, dicono di voler rappresentare il vero però non il vero manzoniano ma neppure quello del naturalismo francese. Il loro è un realismo polemico che vuole soprattutto sottolineare gli aspetti abnormi della realtà ossia quelli peggiori. Si possono definire cantori dell’orrido e delle realtà squallide, c'è un gusto per il macabro. Secondo Petronio (critico letterario) il loro non è il reale ma solo schegge di 11 realtà, solo la parte che vogliono evidenziare. Rivolgono la loro attenzione al romanticismo d’oltralpe come quello tedesco dove prevalgono le situazioni e gli ambienti irrazionali che comunque si ricollegano sempre a questo gusto per l’orrido e per la allucinazione, demoniaco, follia, forze oscure che troviamo in alcuni felici racconti di Tarchetti. Tarchetti scrive anche un romanzo “Fosca” in cui due figure femminili, Clara e Fosca rappresentano due donne e due immagini completamente diverse tra di loro. Il protagonista alla fine si sente attratto da Fosca. Gli scapigliati sono meritevoli di aver tentato di operare una sprovincializzazione della letteratura italiana inserendola nel contesto europeo. Baudelaire è il loro modello di riferimento e si rifanno a lui sia a riguardo della poesia sia della vita, a volte la vita irregolare di Baudelaire si ripropone più che i suoi testi e i suoi motivi. Cercano di riprendere il gusto per il dualismo dai decadentisti (dualismi molto macabri presenti nel francese: vita/morte, bellezza del corpo/putridità della morte) ma non sono sempre proposti in maniera adeguata e tendono ad essere un po’ superficiali. Per loro la letteratura deve, riprendendo l’idea di antichi testi francesi, rientrare nel concetto di arte per l’arte, ad eccezione di Tarchetti che riteneva che la letteratura dovesse avere uno scopo didattico. Per gli Scapigliati “arte per arte” si riduce ad un fatto esteriore, non approfondiscono molto. Verismo e Naturalismo Verismo versione italiana del Naturalismo francese che si afferma in Francia nella seconda metà del secolo sotto l'influenza del positivismo, movimento di pensiero che affonda le radici nel pensiero di Auguste Comte. Positivismo oppure all’idealismo e spiritualismo romantici con atteggiamenti socialmente ottimisti. Positivismo prende a modello, in qualsiasi specie di conoscenza, il metodo sperimentale cioè l’osservazione, analisi dei fatti da cui si traggono le leggi che regolano i fenomeni. Di solito il metodo è applicato a discipline scientifiche ma nella seconda metà del ottocento si ritiene che possa essere applicato allo studio dell'uomo e i naturalisti francesi pensano che sia applicabile anche alla letteratura. Il Naturalismo rifiuta ogni intervento dell'autore nella rappresentazione dei fatti che deve essere oggettiva, l'autore non deve intervenire, la natura deve essere come fotografata. Il linguaggio adottato per rappresentare la realtà oggettiva è un linguaggio diretto, lineare, privo di artifici retorici e stilistici per dare una rappresentazione credibile della realtà. Viene privilegiata la materia più che la forma. L'uomo stesso viene considerato una sorta di fenomeno, l'uomo è soggetto alla legge deterministica di causa e oggetto, l'uomo è il risultato, il prodotto delle influenze che agiscono su di lui, che sono, secondo il filosofo e letterato Hippolyte Taine, la razza, l'ambiente, il momento storico e l'ereditarietà. I veristi partono dal presupposto che la natura umana è più facilmente riconoscibile là dove non ci sono costumi, educazione, quindi parla dei ceti bassi. Per esempio Zola parla dei villaggi parigini, con i poveri ammassati. Le opere dei naturalisti francesi diventano strumento di denuncia sociale. I generi letterari preferiti sono: il dramma, il romanzo (soprattutto il romanzo ciclico in cui si raccontano le vicende di più generazioni che si succedono per dimostrare il principio di ereditarietà). L’esponente più importante è Zola, grazie a lui si diffonde il naturalismo in Italia, e scrive uno scritto teorico Romanzo Sperimentale 1880 in cui definisce il metodo narrativo naturalistico. Felice Camerone è un’esponente degli scapigliati grazie al quale si diffonde l’opera di Zola anche in Italia. Felice apprezzava l’impegno civile e sociale di Zola. Francesco de Sanctis scrive Studio su Emilio Zola, non si trova in sintonia con il naturalismo ma esprime riconoscimenti che si possono ritrovare in una frase con cui si rivolge agli scrittori e chiede loro di essere più oggettivi e distaccati, ciò che ritrova in Zola e nei naturalisti. Luigi Capuana è autore del romanzo Il Marchese di Rocca Vermiglia, contribuisce nella diffusione dell’opera di Zola, si occupa della relazione tra naturalismo e verismo italiano che ha come massimo esponente Verga. Verismo italiano nelle opere c’è la realtà del tempo, ci si rivolge alla plebe rimasta ai margini della rivoluzione, plebe che aveva provocato disagi all’Unità d’Italia. 12 condizione. L'amore ha un ruolo determinante, è sempre in sintonia con l'ambiente e i personaggi, l'amore è sempre passionale, divoratore che sfocia sempre in tragedia. Spesso anche l'amore come triangolo amoroso con la cavalleria Rusticana. Affiorano in queste novelle anche il tema della roba. Una novella della seconda raccolta si intitola la roba. Il tema della roba che prevale nella seconda raccolta, Affiora anche nella prima raccolta. Al motivo economico vengono subordinati altri valori. Questa prima raccolta di novelle si può considerare la prima opera verista ma in apertura di raccolta “Fantasticheria” costituisce il prologo dei Malavoglia e il manifesto della raccolta, si distacca dalla tecnica verista dell’impersonalità nonostante faccia parte della prima raccolta, si tratta di una novella in forma di lettera, che Verga scrive ad una nobildonna con la quale aveva soggiornato per un paio di giorni ad Acitrezza ricordando quel soggiorno, la donna subito ne era rimasta colpita (dal posto) ma dopo 48 ore era annoiata e scappò via, chiedendosi come la gente facesse a vivere lì per tutta la vita. Verga qui cerca di spiegare le ragioni per cui i cittadini vivono lì, perché stanno nel posto in cui sono nati, l’attaccamento degli abitanti al loro paese, difende queste ragioni, da una visione positiva del villaggio e dei cittadini che si contrappone alla società mondana. Tutto di Acitrezza viene presentato in modo positivo. Introduce “l’ideale dell’ostrica” che è alla base soprattutto dei Malavoglia, è l’attaccamento alle proprie radici e origini, al porprio luogo di nascita. Verga immagina che la donna, sentendo la descrizione di questi personaggi e il loro legame con questa terra, pensi all’ideale dell’ostrica cioè “il tenace attaccamento allo scoglio sul quale la fortuna li ha lasciati cadere”. Gli uomini, come le ostrichette, devono rimanere attaccate al proprio scoglio, nel momento in cui si staccano dallo scoglio, le ostriche vengono divorate dal pesce vorace. Nei malavoglia si staccano dallo scoglio Toni, Lia e Luca (quest’ultimo non volontariamente). Anche Bastianazzo tenta di cambiare allontanandosi dallo scoglio ma cade in rovina. Fantasticheria non è una novella verista perché propone un’immagine ideale del mondo dei “poveri” contrapposto al mondo dell’alta società. Rosso Malpelo La novella viene scritta e pubblicata su un quotidiano romano nel 1878 e poi inserita nel 80 nelle raccolta Vita dei Campi, viene pensata per influenza del dibattito dell’inchiesta Franchetti-Sonino 1866-67 sullo sfruttamento del lavoro minorile. Era un problema molto evidente e grave nella Sicilia di quel tempo perché nelle miniere venivano impiegati come carusi, dei bambini. Tratta delle vicende di questo ragazzo caruso (lavoro di trasporto) in una miniera di rena (sabbia). I carusi erano quindi dei bambini dati dalle famiglie ai minatori che diventano quasi proprietà dei minatori, erano soggetti e sottoposti dei minatori, di solito venivano adibiti al trasporto, sottoposti ad un orario di lavoro massacrante e spesso si ammalavano all’apparato scheletrico perché vivevano in condizioni inadeguate, malattie alle vie respiratorie ecc. erano trattati anche molto duramente. Rosso Malpelo è uno di questi carusi, che lavora nella cava di rena assieme al padre, che poi morirà, e lui continua a lavorare nella miniera, isolato, marginato e maltrattato e veniva considerato malvagio e cattivo perché aveva i capelli rossi. Finché il padre era in vita aveva avuto il suo affetto e la sua comprensione, con il quale aveva un rapporto importante, dopo la sua morte la sua condizione nella miniera peggiora, la madre e là sorelle non hanno nessuna comprensione o tenerezza nei suoi confronti, condividono l’idea negativa di tutti gli altri, si disinteressano di lui e lo lasciano a sé stesso. Dopo la morte del padre instaura un rapporto di affetto con un altro caruso, Ranocchio, si ferisce gravemente ad una gamba e per questo viene mandato in miniera. Rosso si propone si insegnare a Ranocchio la legge della vita: cioè la legge del più forte, la legge che vige nella miniera e che vige nel mondo intero. Poi muore anche Ranocchio e alla fine anche Rosso, che si propone come esploratore di nuove gallerie nella miniera, si perde e muore. La novella ci propone una visione desolata del mondo, in cui il fato fissa per ogni uomo un destino che non può cambiare, immutabile, l’impossibilità di uscire dalla propria condizione. Manca sempre la solidarietà, la comprensione tra i vari personaggi, Rosso è soggetto ad una violenza da parte dei minatori, violenza non solo fisica ma anche psicologica, c’è una doppia persecuzione nei confronti di Rosso, riescono a farlo sentire davvero colpevole e lo inducono ad assumere la stessa loro prospettiva. La collettività che si accanisce su di lui fa sì che lui accetti questa idea. Rosso 15 accetta la logica della violenza come legge che governa i rapporti tra gli uomini. Lui subisce violenza e a sua volta è violento nei confronti di chi è più debole, perché ha assimilato la lezione. La vita non è altro che una lotta continua tra vinti e vincitori. Rosso a volte percuote e colpisce Ranocchio, vuole fargli capire. Gli dice “il povero asino va picchiato perché non può picchiar lui”. Rosso, guardando la carcassa dell’asino morto di stenti, dice che sarebbe meglio se non fosse mai nato. La sua versione pessimistica della vita ricorda molto Leopardi. Rosso, nonostante questa accettazione della vita, sembra ribellarsi e lo fa quando esprime tenerezza e senso di protezione nei confronti di Ranocchio, gli dà la sua parte di cibo e anche nel suo culto del ricordo del padre: dopo che il padre è morto conserva gli abiti e le scarpe del padre come se fossero delle reliquie, le pulisce e le tiene bene, in questo modo mantiene vivo l’affetto per il padre. Il punto di vista è quello di un narratore popolare anonimo, che condivide la cultura e i pregiudizi dei minatori, del paese di Rosso Malpelo. Qui c’è la tecnica dell’impersonalità, perché c’è la regressione del narratore al popolare: interpreta ogni gesto di Rosso come espressione di malvagità, ogni gesto di Rosso viene presentato come male. Racconti terribile in cui la realtà viene rovesciata, viene fatto passare come strano un comportamento che è invece del tutto naturale e giustificabile. La Lupa E una novella diversa rispetto a Malpelo, è più breve. Gli avvenimenti si succedono rapidamente, si individuano 4 momenti successivi importanti (la vicenda racconta eventi di anni): 1. Ritratto della protagonista: la Lupa, il soprannome di una donna che assume comportamenti trasgressivi rispetto al modello femminile rurale della Sicilia, in realtà si chiama Dina. Viene chiamata Lupa perché si abbandona e segue i propri istinti, appetiti sessuali. 2. L’amore per Nanni: un giovane di cui lei si innamora. Amore vano, perché lei glielo manifesta ma il giovane le risponde che vuole sposare la figlia. Nanni bada solo al proprio interesse, pensa che sposando Maricchia (la figlia) starà bene a vita. 3. La passione: amore incestuoso perché Nanni dopo aver sposato Maricchia va a vivere con le due donne. Maricchia si arrabbia e difende il proprio amore e matrimonio, si scaglia contro la madre, gli scrupoli di Nanni che tenta di reagire contro questa passione, viene minacciato di essere imprigionato (il paese ne parla). 4. Alla fine vedendo che non riesce a resistere alla passione per la suocera uccide la Lupa, che va in contro alla morte consapevole perché sapeva che era l’unico modo per placare la sua passione. È un atmosfera quasi stregata, quasi fuori del tempo e della storia, l’immagine della donna viene presentata quasi come demoniaca, vista prima come una Santa e poi all’incarnazione del diavolo. Non viene definito il tempo, che è scandito dalle stagioni. È una dimensione quasi magica. A creare questa atmosfera è la ripetizione dei caratteri ripetuti della donna. Nanni è la personificazione della natura siciliana. Il racconto è in stile parlato, come in Rosso Malpelo. La Lupa viene descritta attraverso il punto di vista e il linguaggio popolare. La Lupa come Rosso Malpelo è un’emarginata. Tutti i protagonisti dei racconti di Verga lo sono, destinati oltretutto ad essere sconfitti. Nelle singole novelle troviamo degli emarginati destinati alla sconfitta che sono i protagonisti assoluti delle novelle. I Malavoglia I Malavoglia escono nell’81 ma già nel 75 scrive un bozzetto marinaresco che si chiama Padron ‘Ntoni ma che poi abbandona. Il romanzo è diviso in quindici capitoli molto diversi per lunghezza ma non ci sono fratture interne, l'opera è caratterizzata da una certa continuità narrativa grazie a temi e vocaboli ripresi nei capitoli. 16 Una prima sezione comprende i capitoli che vanno dal primo al nove in cui il protagonista è nonno 'Ntoni mentre una seconda sezione che va dal 11 al 15 parla del piccolo 'Ntoni , il nipote. Il capitolo dieci fa da cerniera tra le due sezioni. Struttura compatta e simmetrica a cui corrisponde un trattamento unitario del tempo e lo spazio. Lo spazio del villaggio non viene descritto mai in modo dettagliato ma viene presentato come una realtà già nota al lettore e si articola in una serie di luoghi chiave che hanno una determinata funzione. Per esempio nella farmacia si svolgono i discorsi politici tra gli uomini. Nell'osteria si incontrano gli sfaccendati mentre il barbiere è il luogo del pettegolezzo degli uomini mentre le donne si incontravano in strada. I confini del villaggio composti da un mare e la sciara. Il mare è una presenza costante e bivalente: positiva perché è una forma di sostentamento per gli abitanti che vivono di pesca ma anche negativi perché è luogo di morte e pericolo per i Malavoglia. La sciara pianura deserta e desolata che separa il villaggio dal mondo esterno e che ha una valenza sempre negativa. Il mondo esterno è considerata come luogo di perdizione. 'Ntoni che si allontana per il servizio militare, una volta terminato non accetterà più la vita del villaggio che lo fa sentire insoddisfatto. Il tempo è uniforme e monotono, poco rilevato, pochi riferimenti agli anni e ai mesi della storia ma la scansione temporale si basa sulle cadenze religiose, I periodi di raccolto, sugli eventi dei personaggi della storia. Il ritmo narrativo cambia: viene accelerato o rallentato a seconda del tempo e del capitolo. Nei capitoli finali vengono riassunti dieci anni mentre alcuni capitoli descrivono solo poche ore. Il tempo viene dilatato quando si racconta la vita e dei rapporti dei personaggi di Aci Trezza. La durata della vicenda è di circa dieci anni dal 1863 fino al 1878. Due diverse concezioni di vita che si contrappongono: la concezione di vita del nonno 'Ntoni che si sente legato alla tradizione e riconosce la saggezza dei valori antichi come il culto della famiglia, il senso del lavoro, il senso del dovere, la rassegnazione e poi invece la concezione del giovane 'Ntoni che si ribella a questo stato di cose, si sente condizionato, limitato e aspira a uscirne, aspira ad una vita diversa, più dinamica e soddisfacente. Tra le due concezioni di vita quella di 'Ntoni è sbagliata, lui alla fine torna al villaggio ed è consapevole dell'errore, il fratello lo accoglie e lo invita a rimanere ma entrambi sanno che non è più possibile. 'Ntoni ritorna ma capisce subito che non c'è più spazio per lui, il cane gli abbaia contro. I Malavoglia sono un esempio del ideale dell'ostrica. Le scelte stilistiche e le tecniche narrative costituiscono l'aspetto più originale del romanzo che lo rendono un capolavoro. Evidente l'eclissi dell'autore. Lettera L’Amante di Gramigna a Salvatore Farina che costituisce il manifesto del Verismo. Analisi psicologica dei personaggi che viene affidata alla struttura della vicenda stessa. Il narratore in questo caso è la voce popolare, lo scrittore sparisce e diventa uno scrivano pubblico che ascolta e riporta le voci popolari. Le voci del paese raccontano e interpretano i fatti dal loro punto di vista di gente del popolo. I punti di vista sono due che si contrappongono: il punto di vista degli abitanti del villaggio, ottica egoistica con personaggi maligne, egoisti e maliziosi che esprimono giudizi negativi sui malavoglia e poi c'è il punto di vista dei Malavoglia stessi che si basa sui valori nazionali e il codice dell’onore con un’ottica più positiva che tiene conto dei sentimenti e dei valori. Non c'è mai comprensione o solidarietà per tutte le disgrazie che capitano ai malavoglia e spesso i loro comportamenti sono considera strani e inusuali dalla gente popolare. Quando i malavoglia decidono di tenere in casa il nonno invece di metterlo in una casa di riposo, la loro scelta non viene compresa mentre i malavoglia lo fanno per amore del nonno. Questi due punti di vista vengono espressi attraverso il discorso diretto con monologhi e dialoghi tra i personaggi ma soprattutto attraverso il discorso indiretto libero che prevale e domina il romanzo (p322) Vengono riportati le opinioni e i giudizi dei personaggi di Aci Trezza attraverso il discorso indiretto libero. La scelta dell'autore di far propria la concezione di vita degli abitanti di Aci Trezza si attua anche con la scelta di un lessico povero, ripetitivo, monotono. Vengono introdotte e adottate 17
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