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Italiano: Luigi Pirandello, Appunti di Italiano

L. Pirandello: vita e opere; Comicità e Umorismo; la "prigione della forma"; i romanzi; le novelle; teatro e metateatro L'umorismo: lettura dalla seconda parte del saggio (Un'arte che scompone il reale) Novelle per un anno: Ciaula scopre la luna; Il treno ha fischiato; La carriola; La patente I romanzi: Il fu Mattia Pascal (Capitoli VIII e IX. La costruzione della nuova identità e la sua crisi, XII e XIII, Lo "strappo nel cielo di carta" e la "lanterninosofia", XVIII "Non saprei proprio dire ch'io mi sia"): Quaderni di Serafino Gubbio operatore (Capitolo II, "Viva la Macchina che meccanizza la vita!"): Uno nessuno e centomila: explicit ("Nessun nome") La produzione teatrale: le fasi; II teatro del "grottesco": II giuoco delle parti; il metateatro e I sei personaggi in cerca d'autore: il teatro dei miti

Tipologia: Appunti

2023/2024

In vendita dal 11/09/2023

letizia-schena
letizia-schena 🇮🇹

4.6

(5)

69 documenti

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Scarica Italiano: Luigi Pirandello e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! Pirandello Pirandello Vita • Pirandello nasce nel 1867 in Sicilia, da una famiglia abbiente • Completati gli studi, nel 1889 pubblica una prima raccolta di versi • Nel 1891 si laurea, a Bonn, con una tesi di filologia sul dialetto di Girgenti • Nel 1893 entra in contatto con il mondo letterario romano e comincia a scrivere il suo primo romanzo, che pubblicherà nel 1901 con il titolo L’esclusa • Nel 1898 scrive il primo testo teatrale che sarà messo in scena (nel 1910), con il titolo La morsa • La sua famiglia ha un tracollo economico, che coincide con i primi sintomi della malattia mentale della moglie, dalla quale ha avuto tre figli • Pubblica diversi volumi di novelle e, nel 1904, il suo romanzo più famoso, Il fu Mattia Pascal • 1911 > pubblica il romanzo Suo marito • 1913 > pubblica I vecchi e i giovani • nel 1915 esce a puntate un romanzo ambientato nel mondo del cinema, Si gira… (ripubblicato nel 1925 con il titolo Quaderni di Serafino Gubbio operatore) • Del 1926 è il romanzo Uno, nessuno e centomila • 1936 > muore a Roma poesie • diverse raccolte, scritte in tutto l’arco della vita • sono poco famose novelle • sono diverse e molto più conosciute delle poesie • sua attività di scrittore > obbligatoria (da quando si allaga la miniera di zolfo + moglie che impazzisce = difficoltà economica) • era insegnante, ma in più scrive anche novelle • vengono scritte in un lungo arco di tempo > pubblicate in piccole raccolte o riviste → vengono poi pubblicate tutte insieme come NOVELLE PER UN ANNO • Progetto originario > 12 libri (12 mesi), poi viene modificato > sarebbero dovuti diventare 24 libri (per questioni economiche) - si fermano al quattordicesimo • Sono novelle che rispecchiano i diversi punti di riferimento culturale di Pirandello (ambiente siciliano, città, Roma…) • Alcune novelle in seguito sono diventate rappresentazioni teatrali (prima in siciliano, poi in italiano) • Novelle Siciliane > caricatura di certi tipi umani Romanzi IL TURNO • un ragazzo ama una ragazza e vorrebbe sposarla • Padre di lei > vorrebbe che sposasse un anziano pretendente ( dovrebbe morire presto e lasciare un grande patrimonio, ma non muore) • Ragazza è sofferente in questo matrimonio > divorziano • Viene incaricato per il divorzio un avvocato che è amico dell’innamorato • Ragazza alla fine si sposa con l’avvocato (fa corte alla donna) • Avvocato muore d’infarto > ribaltamento a normalità delle cosa (vecchio vive, ragazzo muore) • Protagonista (ragazzo innamorato) alla fine riesce a sposare la ragazza • Grottesco > caratteristico dei romanzi, di alcune novelle e di alcune rappresentazioni teatrali di Pirandello - esagera le cose in modo che ne esca un lato strano Teatro • Pirandello > italiano più rappresentato • Vera e propria rivoluzione - prima > vita tipica borghese > triangolo amoroso, difficoltà economiche/ familiari - rivoluzione > teatro del grottesco (storie tradizionali trattate in maniera assurda) - idea delle maschere e della società che soffoca - alcuni testi > scritti in siciliano e poi tradotti (ex. Pensaci Giacomino) • Pirandello comincia a fare teatro quando è a Roma > inizia a scrivere novelle PENSACI GIACOMINO Agostino Toti ha settan’anni ed è un professore di liceo prossimo alla pensione. Da poco tempo si è preso in moglie la giovane Maddalena, la figlia del bidello della scuola. Pur sapendo che questa non avrebbe mai potuto ricambiare l’amore per lui, anziano e non particolarmente affascinante 1, il professor Toti ha deciso di “beneficare” la donna con la propria imminente pensione, cui s’aggiungeuna cospiscua eredità di duecentomila lire da un fratello emigrato in Romania, di cui però il professore non vuole godere. Quello di Toti è un gesto disinteressato e volto a far del bene a una giovane di bassa estrazione sociale (“se l’è presa povera e l’ha inalzata”). Così il professor Toti ha deciso che a godere della sua generosità sarà anche “il suo buon Giacomino”, che era stato uno dei suoi alunni prediletti al liceo. Non solo ha trovato al ragazzo un posto alla Banca Agricola, dove nel frattempo ha messo al sicuro la somma di denaro, ma addirittura gli ha permesso di avere dei rapporti con la sua giovane moglie, di lui coetanea, tanto che ne è nato un bambino. Del resto, sposando Maddalena con solo scopo di far del bene, il professore l’aveva amata “quasi paternamente soltanto”. Ma il piccolo di due anni e mezzo già fa parlare male la gente del paese, che è scandalizzata dall’atteggiamento del professore. Toti non se ne è mai preoccupato più di tanto, senonché la moglie da tre giorni è agitatissima e non vuole più uscire dalla camera da letto. Per porre fine alla situazione il professore prende la “risoluzione eroica” di uscire con il bimbo diretto a casa di Giacomino, con l’intento di capire che cosa stia succedendo. Gli apre la porta la sorella, che lo accoglie freddamente e tenta di mandarlo via. Ma il professore riesce a convincerla a farlo entrare. Nel dialogo con Giacomino il professor Toti scopre cheil ragazzo si è fidanzato con un’altra giovane e non vuole avere più niente a che fare né con lui, né con Maddalena, e che rinuncia a tutto. Ma il professore non può accettare che i suoi piani vengano stravolti per motivi sentimentali e d’onore, e affronta il giovane minacciandolo di andare con il bimbo a fare una scenata dalla sua nuova fidanzata e di fargli perdere il lavoro che gli aveva trovato in banca. Prima di andarsene, sulla soglia, il professor Toti ha l’ultima parola: “Pensaci, Giacomino! Pensaci!”. COSÌ È (SE VI PARE) • tema incomunicabilità e di stabilire la realtà + follia • deriva da “la signora Frola e signor Ponza suo genero” • uomo che prende una casa per la suocera > é molto legato • uomo porta ogni giorno la madre a vedere la figlia > figlia comunica con la madre calandole un cesto con dei bigliettini • vengono date due spiegazioni opposte a questa situazione - suocera (signora Frola) > dice che il genero era sposato con sua figlia, ne era molto geloso tanto che era stato messo in manicomio > quando esce da manicomio si convince che la moglie fosse morta, per questo ne sposa un’altra (ma in realtà è la stessa donna) → madre e figlia si comunicano con i bigliettini perché uomo non sa che sono madre e figlia - signor Ponza > dice che lui si è sposato due volte con due donne diverse, ma la suocera non vuole convincersi che la figlia sia morta, allora la seconda moglie accetta lo scambio - chi guarda la storia da fuori > non vuole dare il tormento ≠ vicini > voglio scoprire come stanno in realtà la cosa • si va a consultare gli archivi anagrafici > era impossibile farlo perché c’era stato un terremoto • in scena appare una donna con un velo nero > quando si chiede chi sia, lei dice “io sono chi vi pare, per me nessuna” - nessuno sa la verità TESTI GROTTESCHI IL PIACERE DELL’ONESTÀ - uomo modesto che accetta per denaro di sposare l’amante di un’altro, per esserne il marito di facciata - Crede molto nel suo ruolo > vuole tenere il ruolo fino in fondo (geloso della moglie, cerca di impedire la relazione con amante) - Cerca di attirare l’amante in una truffa - Alla fine la donna si innamora veramente di lui > vede che è molto onesto IL GIUOCO DELLE PARTI Scritta nel 1918, Il gioco delle parti venne pensata da Luigi Pirandello per il grande Ruggero Ruggeri. Tuttavia, nonostante una straordinaria interpretazione, lo spettacolo non piacque e ben presto venne dimenticato. Dovettero trascorrere quasi cinquant’anni perché questa commedia, a tutt’oggi considerata una delle espressioni più mature della produzione pirandelliana, fosse ripresa e riportata al successo grazie alla Compagnia dei Giovani, in uno storico allestimento che debuttò al Teatro Eliseo di Roma nel 1965. Tratta dalla novella Quando si è capito il giuoco del 1913, la commedia si svolge nell’arco di trentasei ore. Leone Gala è tradito dalla moglie Silia, con il suo migliore amico, Guido Venanzi ma, da uomo di mondo, accetta di andarsene da casa e di lasciare il suo posto a Guido. Questo tanto civile perbenismo indispettisce Silia, che appena le si presenta una fortuita occasione (un’ offesa fattale da un giovane nobile ubriaco) non esita a mettere a repentaglio la vita del marito, trascinandolo in un duello. Leone accetta: dovrà essere lui, secondo le regole, a sfidare il gentiluomo, ottimo tiratore, e l’amico Guido gli farà da padrino. Ma al momento fissato per lo scontro, Leone rivela di non aver alcuna intenzione di scendere sul terreno, così Guido è obbligato a battersi. Nel corso del duello Guido muore. TRILOGIA DEL METATEATRO • meta= che ragiona su se stesso > è una trilogia di opere teatrali dove si parla di teatro • sono 3 opere teatrali - 6 pesonaggi in cerca d’autore - questa sera si recita a soggetto - ognuno a suo modo • parlano tutti e tre della difficoltà dovute alla diversa interpretazione delle scene SEI PERSONAGGI IN CERCA D’AUTORE • riassunto I 6 personaggi arrivano in teatro mentre una compagnia si accinge a provare il secondo atto della commedia pirandelliana Il giuoco delle parti, e dalla conversazione con il capocomico si intuisce la loro storia. Il padre e la madre nei primi anni del matrimonio hanno un figlio, che viene tenuto in campagna a causa della costituzione debole della madre. A causa di ciò la madre ha rancore verso il marito, e lo tradisce con il segretario. Venuto a sapere il fatto, il padre allontana la madre e il segretario, i quali formano una nuova famiglia: la figliastra di 18 anni, il giovinetto di 14 e la bambina di 4. Il padre dapprima aiuta la nuova famiglia e spesso va a prendere a scuola la figliastra, ma poi ne perde le tracce perché la famiglia si trasferisce. Morto il segretario, la famiglia torna in città, e la madre è costretta a lavorare ccome sarta presso Madama Pace, la quale ufficialmente dirige una sartoria, in realtà gestisce una casa di appuntamenti . Il dramma scoppia quando la madre sorprende il padre tra le braccia della figliastra, ignari l’uno dell’altra. Il padre si difende, dicendo che la madre e la figliastra non hanno diritto ad insultarlo per un atto compiuto in un momento di debolezza. Ognuno di noi si crede uno, ma in realtà è tanti, dunque non può essere giudicato per una sola azione. Nel secondo atto segue la prova dell’incontro tra il padre e la figliastra nella casa di Madama Pace e la constatazione dell’impossibilità degli attori di rivivere il dramma dei personaggi nella sua verità. Il terzo atto ha come oggetto lo sdegno del figlio legittimo quando il padre decide di accogliere in casa moglie e figliastri, il dolore della madre attaccata ai figli, l’affogamento della bambina nella vasca e il suicidio del giovinetto con un colpo di pistola. Verità o finzione? Alcuni gridano verità, altri finzione: per i 6 personaggi è verità, per gli attori è finzione. Insomma, pirandellianamente, ognuno giudica a suo modo. • rappresenta la difficolta di rappresentare quello che l’autore vuole condividere con il pubblico • Quando sono stati rappresentanti per la prima volta (Roma) > grandissimo insuccesso • pubblico arriva a teatro e trova teatro aperto (quarta parete, separa pubblico e palco) • Apertura sipario = inizio rappresentazione, • Chiusura sipario = fine rappresentazione (o intervallo) • Qui > sipario aperto con tecnici che preparano scena → sconcerto • Persone pensano che siano in ritardo > entra regista che dice di muoversi perchè attori devono provare “il gioco delle parti” • Dal fondo del teatro entrano 6 personaggi (vestiti di nero) e salgono sul palco • Dicono di essere 6 personaggi in cerca d’autore > autore inizia personaggi, ma non la porta a termine • Personaggi dicono di essere prigionieri della storia non finita • personaggi > non hanno nome, si chiamano madre, padre, figlio, figliastra, bambino e bambina • Attori chiedono che la storia venga rappresentata > regista acconsente • 6 personaggi non si ritrovano nella rappresentazione data dagli attori della storia > non riescono a rendere la storia - si impadroniscono della scena e recitano loro • Quando vengono presentati a Milano piace molto CIASCUNO A SUO MODO • rappresenta la difficoltà del rapporto con il pubblico • Storia di paese > prende spunto dal luogo da cui vengono gli spettatori • Alcuni attorni sono mischiati nel pubblico e creano scompiglio La rappresentazione inizia all’ingresso del teatro dove viene distribuito al pubblico un opuscolo che spiega il soggetto della commedia ispirato a un fatto di cronaca; lo scultore La Vela, innamorato dell’attrice Moreno, si è ucciso quando ha scoperto che l’amata lo tradiva col barone Nuti. Sulla scena lo scultore si chiama Salvi, l’attrice Morello e il barone Rocca. Nella ricostruzione scenica si hanno discussioni fra gli attori sulla responsabilità della Morello nel suicidio di Salvi e mentre Doro Palegani la difende, Francesco Savio le addossa tutte le responsabilità; ne nasce un tale contrasto che i due si sfidano a duello. Intanto la Morello e Rocca che, dopo il suicidio di Salvi, non si erano più visti, si incontrano in casa di amici e si confessano il reciproco amore che avevano cercato di nascondere. Su questa scena termina l’episodio ma non la commedia: la vera attrice Moreno e il barone Nuti, che assistevano alla rappresentazione, si precipitano sul palcoscenico perché si sono riconosciuti nei singoli personaggi e vogliono protestare sul finale, ma presi anch’essi dal vortice della recitazione, si accorgono che la finzione scenica ha scoperto i loro veri sentimenti e, come gli attori che li rappresentavano, fuggono insieme. QUESTA SERA SI RECITA A SOGGETTO • regista tedesco duro che vuole imporre il suo modo di vedere il testo > gli attori si ribellano e decidono di presentare come commedia dell’arte Il regista Hinkfuss propone una recita a soggetto sulla trama di una novella pirandelliana; gli attori accettano, ma si rifiutano di recitare il dramma come vuole il regista: non vogliono essere delle marionette, ma vogliono recitare guidati dalla passione. Nasce sulla scena un conflitto, ma la spuntano gli attori. Questa è la trama da rappresentare: Nico Verri ha sposato Mommina, una ragazza che, insieme alle tre sorelle, si era data alla bella vita con gli ufficiali. Nico è geloso e, pensando al passato della moglie, la obbliga a trascurarsi e a stare sempre chiusa in casa, ignorando ogni svago. Un giorno arriva in città una delle sorelle, divenuta cantante, per recitare nel Trovatore di Verdi. Mommina, quando sa la notizia, ripensa alla sua giovinezza, a quando andava a teatro ed era felice, e racconta alle sue bambine, di quei tempi e del contenuto dell’opera, anzi canta loro alcuni brani fra cui Leonora addio. E’ tanta la passione con cui Mommina canta che cade morta. Anche nella ricostruzione scenica è tale la passione con cui la prima attrice interpreta Mommina, che si sente male davvero, ma il regista è trionfante: lo spettacolo è tanto più vivo e riuscito, quanto più gli attori si sono compenetrati nella loro parte facendola rivivere al vero. Il treno ha fischiato (p.916) Il protagonista della novella Il treno ha fischiato si chiama Belluca ed è un impiegato modello, un uomo schivo, modesto e sottomesso, che svolge con dedizione e scrupolosità l’arida mansione di contabile. Proprio per quel suo carattere docile e mite, Belluca è bersagliato con battute, scherzi crudeli, angherie da parte dei colleghi e dello stesso capo ufficio, ed egli subisce tutto con mansuetudine e rassegnazione, ma un giorno Belluca si ribella, dà in escandescenze, inveisce e farnetica, discutendo furiosamente con il capo ufficio. Quella mattina Belluca aveva già dato segni di stranezza, lui sempre estremamente puntuale era arrivato in ritardo, aveva un’aria sognante e frastornata, uno strano sorriso sulle labbra, non aveva dimostrato la solita dedizione al lavoro perdendo tempo e non combinando nulla per tutta la giornata. Ripreso dal capo ufficio aveva iniziato a raccontare di un treno e di viaggi in paesi lontani, con un sorriso serafico sul volto che aveva sempre più irritato il capo ufficio. La discussione era degenerata ed i colleghi richiamati dalle urla pensano che Belluca sia impazzito, lui sempre così irreprensibile e scrupoloso sul lavoro, mansueto e sottomesso con tutti, sembra un’altra persona, inveisce e continua a gridare quella stramberia del treno che aveva fischiato. Richiesto l’intervento dei medici questi lo imbragano in una camicia di forza, mentre lui continua ad urlare di viaggi in paesi lontani imitando il fischio del treno, e lo ricoverano in un ospizio per matti. Non tutti però credono che egli sia impazzito. Il narratore della vicenda, che è stato vicino di casa di Belluca e quindi lo conosce bene, mette in dubbio questa tesi e ritiene che l’evento sia una conseguenza naturale alle condizioni di vita in cui viveva Belluca che, si scopre, è oppresso non solo a una squallida situazione lavorativa ma anche ad una misera situazione familiare. Egli deve provvedere ad una numerosa famiglia composta da: moglie, suocera e sorella della suocera, tutte colpite da cecità, più 2 figlie rimaste vedove con i loro 7 bambini. Oltre al lavoro di ufficio egli aveva dovuto procurarsi un’altra mansione che svolgeva alla sera nella propria casa fino a tarda ora, tra le urla e le liti delle cinque donne e dei sette bambini. Il vicino di casa quando va a trovare Belluca in manicomio ha la conferma che la sua tesi, che non si tratti di pazzia ma di una normale reazione ad una situazione di vita insopportabilmente squallida e monotona, è fondata. E’ lo stesso Belluca a riferirglielo. Egli racconta che una notte, mentre cercava di prendere sonno, ha sentito in lontananza fischiare un treno. Questo evento insignificante provoca in lui uno scossone perché improvvisamente gli rivela l’esistenza di un mondo lontano, un mondo che sta oltre quella casa orrenda in cui vive e quell’ufficio triste in cui lavora, un mondo che lui con l’immaginazione poteva raggiungere quando avesse voluto: città sconosciute, mari, monti, oceani, foreste….Belluca si rende conto che nel suo tormento quotidiano evadere ogni tanto in luoghi lontani gli avrebbe dato quella boccata d’aria necessaria per sopravvivere a quella vita misera. Il primo giorno ammette di avere ecceduto, preso dall’euforia di quella scoperta si era come ubriacato, ma d’ora in poi avrebbe amministrato meglio quella sua valvola di sfogo e tutto sarebbe rientrato nella normalità. Dimesso dal manicomio avrebbe chiesto scusa al capo ufficio e ripreso la sua solita vita ma gli si doveva concedere, adesso che il treno aveva fischiato, di evadere ogni tanto in quel mondo lontano, con la fantasia e l’immaginazione si sarebbe estraniato intraprendendo viaggi in posti sconosciuti. • esempio di epifania • i cui compagni di ufficio del protagonista lo vanno a trovare perché è in manicomio • Suono del treno > gli fa capire che fuori c’è altro → non sopporta più la sua vita La carriola (non sul libro) Il protagonista della novella, narratore in prima persona, è un uomo d’autorità: è avvocato e stimato professore di diritto, ha una moglie e dei figli; gli obblighi e i doveri a cui prestare continua attenzione sono numerosissimi. Eppure, confessa, da una quindicina di giorni ha trovato il modo di concedersi una tregua temporanea da tutti questi doveri. Di cosa si tratta? Chi è la "vittima" coinvolta in questi secondi di "cosciente follia"? Per poterlo spiegare, serve che il racconto parta da più lontano. Quindici giorni prima, al rientro da un viaggio di lavoro, mentre il treno attraversava le campagne umbre e il protagonista stava studiando alcune carte di lavoro, l’uomo era caduto in uno strano dormiveglia, una sospensione in cui non riusciva più a guardare i documenti, ma nemmeno il panorama che scorreva fuori dal finestrino. Mentre si trovava in questo stato particolare, lo aveva colto un improvviso smarrimento ("un senso d’atroce afa della vita"): tutto gli appariva confuso, non più al suo posto, insopportabile. Una volta arrivato sul pianerottolo di casa, la sensazione anziché svanire si era acuita e l’uomo aveva avuto un’improvvisa epifania. Come se avesse potuto guardarsi dall’esterno, si era visto vivere e si era reso conto di essere cristallizzato in una forma in cui non si riconosceva, che la società gli aveva imposto, ma di cui allo stesso tempo non poteva fare a meno per il bene della sua stessa vita, dei suoi clienti, della sua famiglia. L’unica soluzione possibile per il protagonista, acquisita questa consapevolezza, è concedersi un momento di follia. Chiuso nel suo ufficio, fa fare la carriola alla propria cagnetta, che lo guarda poi con occhi terrorizzati, inquietata dal fatto che il padrone si conceda una tale pazza, e inconcepibile, libertà. • fare carriola al cane > momento in cui “esce” dal personaggio in cui deve essere • Qui > racconto in prima persona (≠ da Belluca, in cui il pdv è esterno) La patente (non sul libro) La patente si apre con la descrizione di uno dei suoi due protagonisti: il giudice D’Andrea. È un uomo magro, un "ragnetto smarrito", sconvolto dalla vita, pronto a perdersi la notte in riflessioni; integerrimo sul lavoro, sempre puntuale. Proprio questa sua nota e inscalfibile puntualità sul lavoro viene messa a rischio da un caso particolare, quello di Rosario Chiàrchiaro. L’uomo, ex impiegato al banco dei pegni licenziato perché ritenuto portar iella, ha denunciato per diffamazione due ragazzi che al suo passaggio hanno fatto le corna. D’Andrea è preoccupato: come aiutare l’uomo a vincere il processo se persino tutti gli avvocati e tutti i giudici sono convinti del suo essere uno iettatore? Lui certo non crede all’esistenza della sfortuna e vorrebbe a tutti i costi aiutare il suo cliente, che non solo ha perso il lavoro, ma deve mantenere una moglie paralitica e due figlie ormai condannate al nubilato. La soluzione migliore gli sembra parlare con Chiàrchiaro e fargli ritirare la denuncia: dal processo non potrebbe venire nulla di buono, se non una conferma esibita della sua condanna a portatore di iella. Il caso, però, si rivela presto paradossale: Chiàrchiaro, raggiunto l’uomo nel suo studio, spiega che non ha citato in giudizio i due ragazzi per scrollarsi finalmente di dosso la stigma di iettatore, ma per poterla rivendicare legalmente con un riconoscimento ufficiale, una patente (il titolo della novella deriva proprio da questo). Rosario Chiàrchiaro ha infatti capito che non c’è modo di disfarsi del ruolo che ormai gli ha imposto la società. Tutto ciò che può fare, piuttosto, è fare in modo di far fruttare quel ruolo, iniziando a esercitare ufficialmente la professione di iettatore. D’Andrea, spaesato, non può che promettere di aiutarlo. A questo primo finale la commedia del 1917 ne aggiunge un secondo, ancor più incisivo: non appena finito il dialogo tra i due, la finestra dell’ufficio si apre, urtando la gabbia con il cardellino e uccidendo il povero animale e l’episodio, subito attribuito alla presenza del Chiàrchiaro, spinge i giudici presenti a firmare ancora più in fretta la tanto attesa patente. BRANI TRATTI DAI ROMANZI Lo strappo nel cielo di carta e la lanterninosofia (p.941-945) Mattia Pascal (Adriano Meis), si è ormai stabilito a Roma,in casa di un certo signor Paleari. Una sera, quest’ultimo propone a Adriano di andare ad assistere insieme ad uno spettacolo in cui delle marionette automatiche recitano l’Elettra. di Sofocle. Adriano resta perplesso nel sapere che si ricorre a delle marionette meccaniche per rappresentare una tragedia greca. Paleari continua esponendo un’eventualità e chiedendo a Adriano che cosa succederebbe se nel momento in cui Oreste sta vendicando la morte del padre si aprisse uno strappo nel cielo di carta dello scenario. Adriano non trova risposta, ma Paleari spiega che “Oreste rimarrebbe terribilmente sconcertato da questo buco nel cielo….. insomma diventerebbe Amleto”. In questa frase, apparentemente sibillina, è racchiuso il concetto che Pirandello ha della condizione umana. Oreste è un eroe classico che nella vicenda non ha alcuna esitazione: è sicuro di sé, di quello che deve fare mai una volta un ripensamento. Va dritto verso il suo scopo e non esita ad assassinare la madre. Amleto, eroe moderno, come Oreste, sa che il padre è stato ucciso, ma, preso da mille dubbi, non si decide mai a vendicarlo. Alla fine della tragedia, Amleto vendicherà il padre, ma quasi costretto dagli eventi e non dalla sua ferrea volontà. Quindi l’uomo antico aveva delle certezze, l’uomo moderno vive nel dubbio e nell’incertezza. LANTERNINOSOFIA: RIASSUNTO DELLA CONCEZIONE PIRANDELLIANA Mattia Pascal abbandona la sua identità, facendosi credere morto, per vestire i panni di Adriano Meis. Vorrebbe però sposare Adriana Paleari ma, non esistendo formalmente, non può farlo. Dopo un intervento all'occhio Adriano deve passare un periodo di convalescenza a casa di Adriana e del padre Anselmo Paleari. In questa occasione Anselmo Paleari carca di convincere il suo ospite che quel buio è tutt’altro che reale ma pura immaginazione, e per fare ciò ricorre ad “…una sua concezione filosofica, speciosissima, che si potrebbe forse chiamare lanterninosofia…”. Intanto, spiega il Paleari, a noi uomini è capitata la sorte di sentire noi stessi vivere e il sentimento della vita è mutabile e vario. Proprio questo sentimento della vita è per il Paleari come un lanternino, che ciascuno di noi porta acceso in sé, in grado di farci vedere sulla terra il bene e il male, la felicità e la tristezza. Al di là del cerchio di luce proiettato dal lanternino vi è l’ombra paurosa della morte, ma l'ombra esiste proprio perché esiste anche quel lanternino.  Il sopraggiungere di quest’ombra che rappresenta la morte, fa affievolire la luce del lanternino fino a lasciarci, una volta spentosi, in totale soggezione dell’Essere, al di là delle vane forme della ragione umana. Smarriti nel buio della sorte umana, nel mondo delle apparenze e delle illusioni, questi lanternini tendono ad orientarsi verso dei lanternoni. Secondo il Paleari questa concezione pò mutare durante periodi detti di transizione, ed ecco allora sopraggiungere “…fiere ventate che spengono d’un tratto tutti quei lanternoni”; lasciando tutti quei poveri lanternini nel buio più totale, nel caos, costretti a sbandare alla cieca: "come le formiche che non trovino più la bocca del formicajo”. Viva la macchina che meccanizza la vita (p.955-957) I due passi hanno al centro l'immagine della macchina, simbolo per eccellenza della civiltà moderna e industriale. Serafino ha un rapporto problematico con le macchine e dà un La cancellazione giudizio critico estremamente negativo sul loro trionfo. La meccanizzazione della vita ha dei sentimenti cancellato i sentimenti, che prima l'uomo deificava e adorava: essi sono ormai un ingombro. Le macchine bro inutile e dannoso nel sistema produttivo moderno. Così le macchine si sono imposte padrone dell'uomo come le nuove divinità dell'uomo ed egli è divenuto il loro schiavo: i «mostri» che dovevano essere puri strumenti al suo servizio si sono trasformati in suoi padroni. Per questo il narratore, con amaro sarcasmo, esclama «Viva la macchina che meccanizza la vita!» Se l'umanità conserva ancora un poco di sentimento e di intelligenza lo dà in pasto alle macchine, ed esse ne ricavano solo stupidità: la macchina non solo disumanizza l'uomo, ma lo rende ottuso, stupido; il trionfo delle macchine si risolve in un trionfo universale della stupidità. Esse riducono a pezzettini la vita, la riproducono in centinaia di pezzi tutti uguali; l'anima dell'uomo si aliena negli oggetti che esso stesso produce, le merci sfornate a ritmo folle dalle macchine. Un esempio perfetto di questa alienazione è Serafino stesso: l'operatore si riduce a una parte sola del suo corpo, la mano, asservita al funzionamento della cinepresa. Questa macchina, producendo film commerciali, ingoia la vita autentica e la restituisce trasformata in storie banali e stereotipate, all'insegna anch'esse della stupidità trionfante.
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