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ITALIANO - Luigi Pirandello, Appunti di Italiano

Appunti quinta liceo scientifico: la vita; il pensiero; la realtà; le tematiche principali e i personaggi; il rapporto con il fascismo; l'umorismo; la vita è; l'arte umoristica; l'arte epica e l'arte umorista; le novelle per un anno, le tematiche e i personaggi; la patente; la poetica dell'umorismo; il treno ha fischiato e il testo; il fu Mattia Pascal e la storia; Uno, nessuno e centomila, la spiegazione del titolo e la storia

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 28/01/2023

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Scarica ITALIANO - Luigi Pirandello e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! Luigi Pirandello LA VITA: Luigi Pirandello nasce nel 1867 a Girgenti, ovvero l’attuale Agrigento in una modesta famiglia borghese. Già dai primi studi mostra un grande interesse per il teatro andando nel verso contrario di quello che aveva pensato per lui il padre Stefano. Quest'ultimo era il proprietario di una miniera e avrebbe voluto che il figlio si dedicasse verso studi più tecnici, come la matematica o l’economia. Ma nonostante ciò si iscrisse prima al liceo classico e poi nel 1867 si iscrisse alla facoltà di lettere a Roma. Gli studi li concluse in Germania, facendo una tesi proprio sulla lingua del suo paese natale (Girgenti). Nel 1893 scrive il suo primo romanzo, Marta Ajala, pubblicato solo nel 1901 con il titolo "l'esclusa"; l'anno successivo, si sposò con Antonietta Portulano, con cui ebbe 3 figli. Nel 1903 la vita di Pirandello avrà una svolta tragica perché la famiglia subirà un grave tracollo finanziario e oltre a questo, si aggiungerà la malattia mentale della moglie. Pirandello si prese la famiglia sulle spalle per riuscire ad andare avanti e un anno dopo nel 1904 uscì “fu Mattia Pascal" che, fortunatamente, ebbe un grandissimo successo. Questo è un romanzo innovativo, in cui il tempo della narrazione e il punto di vista mutano più volte nel corso della storia, dando vita a un antiromanzo in cui la struttura e il finale aperto si contrappongono alle forme tradizionali del romanzo ottocentesco. L'opera è anche uno specchio della crisi filosofico-scientifica di inizio secolo: l'inutile tentativo di Mattia pascal di sfuggire alla trappola della famiglia e della società approfittando della propria presunta morte, diventa infatti una lucida critica al concetto di identità. IL PENSIERO Dalle opere letterarie di Pirandello emerge una complessa visione della realtà, incentrata su un pessimismo che rispecchia il tipico senso di disorientamento e disagio esistenziale tipico del primo Novecento. Pirandello vive in un epoca segnata dal fallimento degli ideali risorgimentali e dal tramonto del ottimismo positivistico. L'affermarsi della moderna società industriale sembra portare una società anonima e spersonalizzata, oppressa dai ritmi produttivi alienanti. Parallelamente, la filosofia dei maestri del sospetto corrode il razionalismo del tardo ottocento, portando al crollo di certezze e valori secolari, sostituiti da un diffuso atteggiamento di relativismo. Pirandello assume posizioni analoghe ai grandi autori europei contemporanei ed esprime in forme paradossali e talora grottesche il disagio della modernità, giungendo a mettere in dubbio l'esistenza di una realtà esterna univoca oggettiva e anche l'identità del singolo individuo. LA REALTÀ Pirandello riprese in parte le teorie di un filosofo francese Henri Bergson per fondare un pensiero basato su una concezione vitalistica del reale. La realtà per lui è percorsa da un flusso vitale inarrestabile, in continua trasformazione e dominato dal caso. Anche l'uomo è parte di questo libero fluire ma a differenza di altre creature sente il bisogno di ingabbiare la vita in "forme" fittizie, che coincidono con le convenzioni sociali e con le regole del vivere collettivo. Ogni individuo si costruisce una forma, attribuendosi una personalità che però è solo una costruzione artificiale. Nella dimensione sociale, in cui l'apparire prevale sull'essere, l'uomo assume in realtà non una ma diverse forme, che corrispondono a diversi ruoli che la società gli attribuisce: ogni persona si riduce ad un insieme di maschere a seconda del contesto e a seconda delle persone con cui ci rapportiamo e queste maschere ci rendo infelici perché nemmeno noi conosciamo il profondo di noi stessi. Per questo l’uomo non riesce a comunicare con gli altri, perché se non sappiamo nemmeno noi cosa siamo, dobbiamo sempre parlare con gli altri mettendo in relazione le nostre maschere. Da questo modo di vivere non vi è via d’uscita, e chi cerca di ribellarsi è considerato folle. Costretta all'interno di questa enorme trappola, la persona si riduce a maschera, o meglio un insieme di maschere, tutte diverse e tutte ugualmente inconsistenti. LE TEMATICHE PRINCIPALI E PERSONAGGI: Le opere di Pirandello spaziano su diversi generi letterari: poesie romanzo teatro articoli e saggi Nonostante ciò si può individuare un’unità profonda, sia nel ricorso di alcune tematiche in particolare (il rapporto tra vita e forma - la contraddizione tra essere e apparire-il dramma dell'incomunicabilità), sia nell’adozione di un linguaggio volutamente semplice; infatti fu anche accusato di non curare la forma, perché si era abituati anche alle opere di scrittori come Gabriele D’Annunzio che incarnavano proprio l’opposto. D’Annunzio fu un decadente mentre Pirandello è un modernista come tutti quelli che scrivono nei primi del 900, ed è una corrente collegata al relativismo (e quindi ad Einstein). Pirandello inoltre opera una continua trasportazione di idee, personaggi e vicende da un testo all’altro, aldilà della differenza di genere. I personaggi che vediamo nelle sue opere sono sempre molto umili e fanno parte della vita quotidiana. Di solito questi personaggi sono tartassati da una maschera che devono indossare e e per questo il loro io più bello non può uscire fuori. Oltre a questo l’autore scrive delle opere aperte ovvero non vi è un finale conclusivo. RAPPORTO CON IL FASCISMO Nel 1924, all'indomani del delitto Matteotti, Pirandello si schiera pubblicamente con Mussolini, aderendo al partito fascista. Questa sua scelta in realtà ha diverse spiegazioni: da un lato la sua educazione politicamente conservatrice può aver indotto Pirandello a vedere nel fascismo una garanzia di ordine, ma è possibile che del movimento fascista egli abbia apprezzato soprattutto l'iniziale richiamo ai principi anarchico socialisti, interpretandolo come una forma di affermazione vitalistica. Non è escluso che alla base della scelta vi fossero anche motivazioni opportunistiche: nel 1925 l'appoggio di Mussolini permette a Pirandello di diventare direttore del teatro d'arte di Roma. Ben presto però gli entusiasmi politici si raffreddano, lasciando posto un atteggiamento di crescente insofferenza verso regime. L’UMORISMO La concezione della realtà e degli scopi della letteratura viene espressa a livello teorico nel saggio "L'umorismo" del 1908, in cui l'autore sostiene che il fine dell'arte moderna non consiste più nella costruzione di personaggi coerenti e vicende lineari, ma consiste nell'analisi delle contraddizioni dell'esistenza. Se l'uomo moderno vive in una condizione di inautenticità e disorientamento l'artista deve farsi interprete di questo disagio e riproporlo nelle sue opere, demistificando la falsità delle convenzioni sociali e smascherando gli autoinganni su cui si basa l'esistenza. Pirandello sostiene che l'arte umoristica deve fondarsi sull'analisi e sulla riflessione, per mettere in luce il contrasto tra ciò che appare e ciò che è. Per Pirandello, l'artista moderno non deve limitarsi alla percezione di un contrasto tra l'apparenza e la realtà, ma deve analizzare a fondo le ragioni della condotta dei personaggi, comprendendo le cause dei loro comportamenti apparentemente paradossali. Solo assumendo il punto di vista del personaggio e osservandolo attraverso l'analisi e la riflessione si giunge al sentimento del contrario, ossia all'umorismo. Ben diverso dalla comicità, che si arresta alle apparenze, l'umorismo nasce dal ragionamento che porta l'artista osservare la realtà con lucido distacco e anche con profonda partecipazione emotiva. In tutta l'opera pirandelliana senso critico e pietà si compenetrano è il sorriso per i paradossi della vita non esclude mai la viva compassione per gli uomini e per la pena di vivere così. LE NOVELLE PER UN ANNO Nel 1922 Pirandello decise di riunire tutte le novelle che aveva scritto sino ad allora, in un'unica opera dal titolo “novelle per un anno”. Come si deduce dal titolo la raccolta doveva contenere 365 novelle ma riuscì a raccoglierne soltanto 225. Anche se la struttura richiama esplicitamente la distribuzione delle novelle in un certo arco temporale, non vi è un criterio prestabilito per la distribuzione dei testi, dato che la loro successione non risponde ne ad un principio tematico ne ne ad un ordine cronologico di composizione. Queste novelle possono essere considerate una sorta di laboratorio, di esercitazione da cui attingerà per opere teatrali e romanzi; inoltre permettono all’autore di cimentarsi nell’opera breve appunto la novella e anche di approfondire più personaggi e situazioni da cui poi scegliere per altre opere. Anche se la struttura appare rigida, l’autore sembra proporre una serie di racconti senza un preciso ordine, che formano un testo aperto con più chiavi interpretative. Questo rapporto tra ordine apparente e varietà dei contenuti sembrano rappresentare proprio la caoticità della vita stessa. TEMATICHE: All’interno di questa novella abbiamo, una prima parte con novelle di ambientazione siciliana, dove si allontana dagli intenti di analisi sociale. La maggior parte però sono le novelle di ambientazione cittadina, spesso romana che rappresentano gli ambienti della piccola borghesia impiegatizia. Le tematiche sono le solite tematiche di pirandello: l’oppressione delle convenzioni sociali, la trappola della “famiglia”, l’alienazione e la ricerca di una via di fuga. Oltre a queste si aggiungono dei racconti che abbandonano la poetica umoristica per trattare vicende fantastiche e surreali. I PERSONAGGI: Sono personaggi portati sempre verso una storia complessa, nonostante siano delle storielle abbastanza semplici, con una scrittura molto semplice senza virtuosismi. Ma la reale bravura di Pirandello sta nel mostrare che la coerenza del personaggio dall’inizio alla fine dell’opera è una finzione, in quanto nemmeno noi stessi siamo coerenti. E dato che lo scopo della letteratura è quello di riprodurre la realtà, secondo Pirandello allora si è fatto un errore sino ad allora, perché si sono creati si dei personaggi interessanti, ma che contemporaneamente sono dei personaggi fittizi che quindi non rappresentano la realtà. E per questo lui crea dei personaggi reali che incarnano le vere persone della realtà . In questa novella però affronta un caso che non lo farà dormire la notte e che lo obbligherà a lasciarlo in sospeso. Solo in una seconda parte entra in scena il personaggio su cui è incentrata la novella, ovvero Rosario Chiarchiero, un uomo che prese la decisione di denunciare due ragazzi dopo che questi ultimi, incrociandolo per strada, avevano iniziato a compiere dei gesti scaramantici, come se lui fosse un vero e proprio iettatore; dato che questo avvenimento succedeva spesso decise di denunciarli. Il giudice d’Andrea non sapendo che fare chiese aiuto ai suoi colleghi, ma loro quando il giudice nominò il signor Chiarchiero iniziarono a fare degli scongiuri. Allora decise di convocare nel suo studio Chiarchiero per cercare di fargli cambiare idea in quanto andando avanti avrebbe potuto peggiorare la sua situazione. Chiarchiero si presentò nel suo ufficio vestito proprio come uno iettatore ( vestito lustro nero, un bastone, capelli unti). Di fronte alle richieste del giudice lui ci rimase deluso, iniziò ad andare in crisi, perché voleva convincere il giudice a farsi dare una vera e propria “patente da iettatore” così da sfruttare questa situazione per guadagnare. Per questo ad un certo punto scoppia e racconta la verità al giudice. Racconta che aveva perso il lavoro, in quanto quando lavorare in banca, i clienti avevano incominciato a non recarsi più in essa quando lui era presente e per questo il datore l’aveva licenziato; in più ogni volta che si recava in qualche posto, le persone scappavano e facevano gesti scaramantici. Oltre a questo gli dice che ha una famiglia da mantenere, con una moglie e due figli, e che viene mantenuto da un altro figlio, residente a Napoli che aveva anche lui altri 4 figli da mantenere. A questo punto il giudice d’Andrea per cercare di convincerlo a lasciar perdere, diventa molto compassionevole e lo abbraccia. La poetica dell’umorismo Questo fatto dello iettatore incarna perfettamente la poetica dell’umorismo, abbiamo prima l’avvertimento e poi il sentimento del contrario perché si scopre che il protagonista era in una situazione molto difficile, e quindi si passa da un qualcosa di comico a un sentimento molto più serio ovvero di compassione verso questo personaggio. Oltre a questo si nota perfettamente il pensiero di Pirandello, perché è chiaro il fatto che per andare avanti e sopravvivere ci sia bisogno di un riconoscimento all’interno della società, e infatti il protagonista cerca di prendere la forma che la società gli dà per riuscire ad andare avanti. LA PATENTE La patente è una novella scritta nel 1911 e inserita nel 1922 nelle Novelle per un anno, all’interno del volume La rallegrata. Si tratta di una delle più famose novelle pirandeliane anche per il tema trattato, ovvero gli iettatori. La prima parte inizia con la figura del giudice d’Andrea, tanto che si inizia a pensare che sia lui il protagonista; appare come un uomo molto magro con una grande chioma riccia e inoltre è una persona molto ansiosa, anche perché se durante la giornata gli capita tra le mani un caso particolarmente difficile, la notte di conseguenza sia perderà in mille pensieri. Oltre a questo è schiavo del suo lavoro, infatti si trattiene in ufficio fino a che non ha concluso tutte le pratiche. IL TRENO HA FISCHIATO Questa novella fu pubblicata per la prima volta nel 1914 nel corriere della sera, ma apparve nel 1922 nel progetto finale delle novelle per un anno. Parla della storia dell’umile impiegato Belluca che un giorno improvvisamente decide di ribellarsi al datore di lavoro, pronunciando frasi senza senso e per questo fu rinchiuso in manicomio dato che sia colleghi che medici pensavano fosse impazzito. Grazie alla narrazione del testimone (un suo vicino) che analizza la situazione in cui viveva questo Belluca, il lettore comprende che questo suo comportamento era stato un comportamento più naturale di come poteva sembrare. TESTO La novella comincia in medias res, ovvero siamo proprio in mezzo alla storia e dunque ci saranno una serie di flash back progressivi per far comprendere la storia al lettore. Si parte con dialogo tra delle persone che stavano parlando di un loro collega finito in manicomio; questo collega è Belluca e grazie al narratore interno, riusciamo a conosciamo la sua storia prima che venne rinchiuso in manicomio. Il fatto che scatenò il tutto risale ad un giorno in cui Belluca si era ribellato improvvisamente al capo ufficio. Belluca veniva sempre preso in giro dai colleghi e sgridato dal capo ma solitamente non reagiva mai, anzi stava zitto e chinava il capo. Quel giorno però dopo esser stato sgridato per esser arrivato mezz’ora in ritardo, invece di star silenzio come al solito sbottò e si pose in maniera aggressiva contro il capo, dicendogli che era stufo di questa vita e che la notte aveva sentito il treno fischiare. Questo è considerato l’avvertimento del contrario, che poi diventerà sentimento del contrario dopo che il testimone spiega effettivamente in che situazione viveva Belluca) Il capo era già nervoso di suo e quindi chiamò i medici che portarono Belluca in manicomio. Dopo di chè il testimone racconta la situazione in cui viveva Belluca prima di essere rinchiuso in manicomio, e da questo racconto capiamo chiaramente il malessere in cui viveva quest’uomo : Belluca aveva con se tre cieche da come ci dice il testimone :la moglie, la suocera, la sorella della suocera. La moglie era cieca, e le altre due erano vecchissime. Tutte e tre volevano essere servite, ma oltre a lore tre c’erano anche due figlie vedove con rispettivamente 3 e 4 figli. Per mantenere tutte queste persone Belluca era costretto a fare dei lavori extra da fare durante la sera, sempre carte da ricopiare. Il testimone poi racconta altri avvenimenti, che ci fanno capire che inferno era la vita di quest’uomo. E secondo lui lo scoppio di Belluca è proprio dovuta a questa situazione in cui viveva. Un giorno improvvisamente dopo non esser riuscito a prendere sonno aveva sentito fischiare un treno e da li capisce di dover cambiare la sua vita e di veder quel mondo che non aveva visto per tanto tempo. Questo desiderio di vita rompe la maschera che era costretto a tenere e permette al suo io più vero di uscire fuori e di vivere, portandolo anche dei gesti duri come l’affronto verso il suo capo nonostante avesse torto, un gesto che neanche Belluca si sarebbe mai immaginato di fare, ma il suo io più profondo che nemmeno lui conosce esplose completamente. Il risultato è che Belluca finisce come sappiamo in manicomio in quanto considerato un folle (fuori di chiave come dice Pirandello), perché si rifiutò di indossare quella maschera che aveva indossato tanto tempo. E come sappiamo per Pirandello coloro che cercano di ribellarsi alle proprio maschere che li identificano nella società vengono considerati dei folli. Belluca era consapevole di aver sbagliato, ma non era sto in grado di gestire tutta questa vita che all’improvviso l’aveva travolto. Belluca infine dopo essersi ripreso accetterà di tornare alla sua grigia e monotona vita, ma potrà consolarsi con la fantasia e ogni tanto prendere con l’immaginazione una boccata d’aria nel mondo.
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