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Italiano Maturità 2023: Verga e contesto storico, Dispense di Italiano

Dispense dettagliate sul Verismo/Naturalismo/vita di Verga. Analisi della poetica di Verga: - Rosso Malpelo - Vita dei campi - Il ciclo dei vinti (analisi Mastro-don Gesualdo) - Novelle rusticane (analisi della novella "Libertà") -Cavalleria rusticana

Tipologia: Dispense

2022/2023

Caricato il 05/04/2023

MariannaRussoo
MariannaRussoo 🇮🇹

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Scarica Italiano Maturità 2023: Verga e contesto storico e più Dispense in PDF di Italiano solo su Docsity! La corrente storica del Verismo Il periodo in cui si sviluppa va dal 1861 in poi, l’età post-unitaria. IN ITALIA Con l’Unità si avvia il processo della cosiddetta “piemontesizzazione” dell’Italia; l’Italia diviene una monarchia costituzionale, regolata dallo Statuto albertino (entrato in vigore nel 1848), la costituzione del Regno d’Italia. Tutta la legislazione sabauda viene estesa a tutta la penisola (scuola, esercito ecc): il governo del Regno tuttavia era espressione di una ristretta minoranza (2% popolazione) e la base elettorale era costituita da grandi proprietari terrieri. L’economia Nelle strutture economiche l’Italia rimane un paese fortemente arretrato e dal 1861 al 1876 la classe politica al potere è la cosiddetta destra storica (costituita da molti piemontesi, “storica” perché ebbero un ruolo fondamentale per la storia d’Italia). La destra storica mostrò ostilità nei confronti dello sviluppo industriale, riteneva che l’Italia non potesse competere con il resto d’Europa, dall’altro lato temeva le rivolte delle masse operaie; piuttosto preferì sostenere le attività agricole e commerciali. Un settore in cui la destra storica si distinse fu quello delle infrastrutture (strade, ferrovie, opere pubbliche in genere). Il quadro cambia con l’ascesa della sinistra storica (1876-1896) al governo. La sinistra storica coagulava al suo interno gli interessi di gruppi sociali differenti e tra questi cominciano ad avere maggiore peso i capitalisti (grandi imprenditori industriali), che premevano per un protezionismo doganale (per prendere quota gli industriali italiani avevano bisogno che lo Stato proteggesse i loro prodotti interni dalla concorrenza dei prodotti stranieri, si incrementano dunque le tasse sui prodotti dediti all’esportazione, andando a scoraggiare tuttavia i commerci internazionali), per garantire i loro interessi. Il forte all’industrializzazione che il governo diede è da ricondurre alle scelte aggressive in politica estera che appunto la sinistra storica intraprese. Nel 1882 infatti l’Italia stipulò un patto con l’Austria-Ungheria. Ebbe un potenziamento nell’industria incentivando la corsa agli armamenti. Per quanto riguarda l’agricoltura la sinistra storica cerca di aiutarla, modernizzandola (la crisi del 1880 aveva determinato la scomparsa della classe contadina) accentuando la presenza capitalistica nelle campagne. Tuttavia questa scelta accentuò il divario fra Nord e Sud. La società italiana  L’aristocrazia (nobili e prelati) gode di grande prestigio sociale ed è protagonista di gran parte della letteratura. Questa classe sociale fornisce i modelli di comportamento che la società deve assumere.  Tuttavia la stratificazione sociale comincia ad articolarsi, nasce l’alta borghesia (grandi proprietari terrieri, magistrati, finanzieri, industriali), i quali si arricchiscono dei beni della nobiltà decaduta. Questa, insieme all’aristocrazia, costituisce la classe dirigente del paese.  Il ceto medio (professionisti, commercianti, artigiani, impiegati, lavoratori della pubblica amministrazione) subisce un grave danno in seguito alla crisi agraria, è il ceto maggior colpito, che diventerà ambiente di provenienza di molti scrittori letterari (es. Verga, siciliano, ha vissuto la crisi agraria).  Il ceto popolare (braccianti, contadini, operai) è fortemente penalizzato dalla forte pressione fiscale e dalla leva militare obbligatoria. Vive in condizioni di miseria, costretto ad emigrare (Nord Italia-Estero) Gli intellettuali Possiamo distinguere tre atteggiamenti da parte degli intellettuali italiani: 1. Atteggiamento di rifiuto romantico (del progresso), in nome dei valori del passato 2. Atteggiamento di curiosità 3. Atteggiamento apologetico (di sostegno). Gli intellettuali esaltano i mutamenti come realizzazione del progresso. Questo atteggiamento è proprio del positivismo (culto della scienza e della tecnica, la fede nel progresso), secondo i positivisti il metodo della scienza è l’unico modo per comprendere la realtà e nessun aspetto del reale deve sfuggire all’indagine scientifica (nasce la psicologia dell’uomo con Freud). La politica Nel 1861 c’è l’unità d’Italia ma il suo complemento avviene nel 1871 con l’annessione dello stato pontificio. La chiesa tuttavia non vive bene questa conquista e la prima reazione è quella di invitare i cattolici a non partecipare alla vita politica del nuovo stato. Si formano in questo periodo tre schieramenti:  I liberalisti laici: assumono un atteggiamento patriottico e conservatore per alcuni aspetti. Raccoglie un lato consenso.  Gli anarchici. L’anarchismo è un atteggiamento radicale, responsabile di attentati (ad esempio l’assassinio di Umberto I)  I socialisti (nascita del partito socialista:1892). Inizialmente si ispirano alle idee di Marx. Successivamente si assiste a una scissione: socialisti riformisti e comunisti radicali. Le istituzioni culturali L’unificazione d’Italia fa sì che si crei un mercato nazionale dell’editoria, si dà un impulso all’editoria, attraverso la vendita di libri, annunci ecc. Vengono a crearsi nuove riviste culturali: “la cronaca bizantina” e “la nuova antologia” L’unificazione dà avvio a una società moderna e anche il teatro assume una nuova centralità, che da un lato mantiene la sua funzione prettamente storica, ma diventa anche luogo d’incontro mondano. Il teatro in particolar modo diventa promulgatore di modelli e comportamenti, rappresenta la borghesia italiana. L’istituzione scolastica in Italia Nel 1859 era stata applicata la legge Casati che obbligava a tutti i bambini italiani di frequentare la scuola per almeno due anni. Con la legge Coppino (1877) si assiste all’innalzamento dell’istruzione fino al terzo anno e di conseguenza viene strutturato il modello scolastico. Nei primi decenni post-unità si possono evidenziare due tendenze della poesia italiana che si oppongono al Romanticismo:  La prima tendenza è quella della Scapigliatura: composto da un gruppo di scrittori che si raccolgono soprattutto a Milano e ostentano atteggiamenti di rottura delle convenzioni e seguono il modello della “boheme parigina”. - Rifiutano l’impegno politico e civile del Romanticismo - Rifiutano la visione cristiana della storia e il sentimentalismo romantico. - Si chiudono nella loro sfera soggettiva, rifiutano ogni sfera religiosa e perseguono la rappresentazione del vero, attraverso la rappresentazione degli aspetti più crudi e materiali della realtà. La loro visione della realtà deriva in parte dall’influenza di Baudelaire (“i fiori del male”, 1857) da cui traggono l’utilizzo di temi provocatori che mirano a scandalizzare “l’ipocrita lettore” e tendono a sovvertire la forma poetica in quanto viene abbandonato il linguaggio aulico, viene prediletto l’uso di un linguaggio vicino a quello quotidiano ma ricco di forzature espressive. L’obiettivo di questa nuova letteratura è quello di creare un linguaggio anticlassico che verte verso una disarmonia, artificiosamente creano il contrasto tra questo nuovo linguaggio e il linguaggio tradizionale. La letteratura deve rappresentare la lacerazione che l’intellettuale prova.  La seconda tendenza è quella Carducciana: si scaglia contro il romanticismo criticando l’aspetto popolare in favore della Restaurazione delle forme classiche. Il romanzo Nel secondo Ottocento anche in Italia il romanzo diviene il genere più diffuso e amato dai lettori. Per i letterati rappresenta il mezzo espressivo che appare più adatto a interpretare le porzioni di realtà e intrecciarle tra di loro. I modelli che agiscono sul romanzo italiano sono quelli europei e in particolar modo: 1. Francesi: Honorè de Balzac, Emile Zola, Rougon Macquart, Gustave Flaubert 2. Inglesi: Charles Dickens. Il romanzo inglese. 3. Russi: Fedor Dostoevskij, Lev Tolstoj. Il romanzo russo. A partire dal 1875 il Verismo diviene la corrente letteraria principale europea e prende le mosse dal naturalismo francese. Il naturalismo francese si afferma in Francia negli anni settanta dell’ottocento e prende avvio dalla corrente filosofica del positivismo, che domina per tutto il 1800. Il positivismo è una corrente filosofica che diviene nuova organizzazione della società borghese, della comunità scientifica e delle svolte tecnologiche. L’uomo matura in sé una grande fiducia nella scienza e nel progresso: le armi che l’uomo ha per controllare la realtà. Il metodo scientifico diventa il metodo impiegato da tutte le scienze in quanto strumento utile per conoscere la realtà e dominarla. Tutto il reale è regolato da leggi ferree, meccaniche, spiegate scientificamente. Da questa condizione ne discende il rifiuto di ogni concezione metafisica e religiosa, in quanto tutto ciò che non è spiegabile attraverso il metodo scientifico non è oggetto di studio. Il naturalismo trae i suoi fondamenti da Hippolyte Taine. La sua concezione era fondata su un determinismo materialistico che affermava che i fenomeni spirituali dell’uomo (i vizi, le virtù) sono prodotti dalla fisiologia umana e determinati dall’ambiente in cui l’uomo vive. Taine applica questo concetto alla natura: il compito della letteratura è l’analisi scientifica della realtà sulla base del principio deterministico della razza e dell’ambiente. Da ciò ne deriva l’esigenza di trasformare il romanzo in uno strumento scientifico. I precursori di Taire  Honorè de Balzac, autore della “Comédie humaine”, delinea il quadro della società francese nell’epoca della Restaurazione. Taire sottolineò la sua precisione di anatomista e di chimico nell’analizzare la natura umana.  Gustave Flaubert, autore di “Madame Bovary”, con la teoria dell’impersonalità nel suo romanzo, l’autore diviene pressoché invisibile e la vicenda viene rappresentata dai personaggi.  Edmond e Jules de Goncourt, all’interno dei loro romanzi documentano in maniera minuziosa e diretta gli ambienti sociali analizzati, l’attenzione per i ceti sociali inferiori e in particolare i fenomeni di degradazione sociale e umana. Il romanzo più celebre è “Germinie Lacerteux” (1865) analizza la degradazione fisica e psicologica di una serva isterica. La prefazione al romanzo è considerato il manifesto del naturalismo: - Il rifiuto della letteratura di consumo - L’intenzione di raccontare storie reali, che narrano delle miserie e dei drammi delle classi sociali inferiori - L’attribuzione alla letteratura di fini scientifici - L’analisi delle miserie della società attraverso una visione umanitaria solidaristica (nat. Francese) Èmile Zola All’interno del “Romanzo sperimentale” (1880), Zola sostiene che il metodo proprio delle scienze debba essere applicato anche alla sfera spirituale, dunque alle scelte intellettuali e passionali dell’uomo. Ne consegue che la filosofia e la letteratura, che hanno come oggetto l’indagine dell’anima e dell’intelletto dell’uomo, devono far parte delle scienze, adottando per le loro indagini il metodo sperimentale, da qui il titolo dell’opera, inteso come resoconto di una esperienza scientifica esposta al pubblico. Il romanziere- scienziato, mediante l’esperimento, ha il compito di individuare il pensiero e i sentimenti dell’uomo, far agire l’uomo in determinate situazioni per verificare come quei sentimenti si sviluppano e come esse vengano modificate dall’ambiente. Per Zola due principi si possono affermare al determinismo dell’essere umano sono: 1. l’ereditarietà biologica 2. l’impulso esercitato dall’ambiente sociale Come la scienza vuole che l’uomo diventi padrone dei fenomeni per dominarli, cosi il fine del romanzo è quello di impadronirsi dei meccanismi psicologici dell’uomo per poi poterli dirigere. Il romanziere ha quindi l’obiettivo sociale di aiutare le scienze politiche e le scienze economiche nel regolare la società ed eliminare le sue storture, fornendo ai politici gli strumenti per dirigere al meglio i fenomeni sociali. Il Verismo in Italia Sin dai primi anni settanta del novecento in Italia si diffusero i romanzi di Zola, romanziere- scienziato e sociale. Furono gli ambienti di sinistra a diffondere e ad esaltare l’opera di Zola. Il centro di diffusione del Naturalismo francese fu Milano, sia per l’apertura verso le influenze europee ma anche perché Milano era la città più vicina alle forme dello sviluppo economico e sociale degli ambienti stranieri. Milano era maggiormente predisposta ad accogliere il nuovo prodotto: il Naturalismo. Due intellettuali, che operavano a Milano ma di origini del sud Italia, svilupparono una letteratura vicina al Naturalismo: Verga e Capuana. Capuana era un critico letterario del “Corriere della sera” e si pone come divulgatore del Naturalismo francese però nei suoi articoli si coglie un modo di intendere la letteratura diverso dal naturalismo; Capuana respinge la subordinazione della letteratura a scopi estrinseci alla letteratura: - Respinge l’impegno politico e sociale - Respinge la dimostrazione scientifica del fenomeno sociale, poiché Capuana ritiene che gli scopi estrinseci portano alla morte della letteratura stessa La scientificità della letteratura non deve consistere nella trasformazione della narrazione in esperimento ma nella tecnica con cui l’autore rappresenta la realtà. Dunque la scientificità solo nel prodotto dell’opera, nella creazione dei personaggi, nell’uso dei materiali linguistici, riassunti nel principio dell’impersonalità dell’opera. Consiste nella scomparsa del tradizionale narratore che spiega nel testo. L’impersonalità diventa centrale nelle opere di Verga e Capuana in luogo dello sperimentalismo del naturalismo francese. Una volta affinati gli strumenti e la tecnica per analizzare la società Verga rivolgerà la sua analisi alle classi sociale più alte che presentano dei meccanismi più complessi (responsabilità di stato, potere, ricchezza). Il ciclo dei vinti infatti parte da una famiglia di pescatori, a un borghese e a una duchessa. Analisi Il racconto è fondamentale in quanto occupa una posizione nella letteratura verghiana, il punto di svolta della sua letteratura. Nella prima parte c’è una descrizione di Rosso Malpelo (i suoi comportamenti sono visti dall’esterno, Verga è portavoce di una mentalità bassa costellata da pregiudizi e superstizioni) mentre nella seconda parte si analizza la psicologia di Rosso Malpelo (qui approda pienamente il pessimismo verghiano). L’incipit del racconto palesa la tecnica dell’impersonalità e della regressione. Si tratta di una stortura logica in quanto rivela un pregiudizio superstizioso proprio di una mentalità primitiva, dunque la voce che narra non coincide col livello dell’autore (l’autore è un borghese, la voce analizza un contesto prettamente basso). L’autore si fa infatti portavoce non della visione del suo mondo ma della visione del mondo che hanno i personaggi. La voce narrante è interna. Mediante la tecnica della regressione si compie il principio di impersonalità (non c’è il narratore onnisciente, di conseguenza non è depositario della verità). Il narratore non comprende alcuni comportamenti del personaggio di Malpelo e dunque il suo personaggio viene deformato sistematicamente. Es. Rosso Malpelo si ferma ed ascolta perché nutre la speranza di sentire la voce del padre, il narratore non comprende il perché dell’atteggiamento filiale di Malpelo e asserisce che Malpelo si fermava ad ascoltare quello che il diavolo gli suggeriva. Es. Malpelo prende a benvolere Ranocchio, gli dà il suo pane e il narratore filtra la generosità di Malpelo attribuendogli un atteggiamento tirannico. Quello che si evince dal racconto è che Rosso Malpelo abbia conservato alcuni valori autentici e disinteressati (es. la pietà filiale, il senso di giustizia e la solidarietà nei confronti di Ranocchio) ma il punto di vista basso del narratore attua su questi atteggiamenti virtuosi un processo di “STRANIAMENTO”: fa apparire strano ed incomprensibile ciò che è assolutamente normale. Verga si fa portavoce di un mondo che non gli appartiene e che è connotato dalla lotta per la vita e dalla lotta del più forte. Il suo obiettivo è manifestare al meglio la realtà, una realtà bassa. La tecnica dell’impersonalità di Verga: LA TECNICA DELLA REGRESSIONE Nel 1879 nella novella “l’amante di Gramigna” Verga aveva esposto chiaramente i suoi impedimenti nella lettera dedicata al giornalista Salvatore Farina: “Il prodotto letterario deve possedere l’efficacia di essere stato, deve conferire al racconto l’impronta di una cosa realmente accaduta, per fare ciò deve portare documenti umani; non basta che ciò che è raccontato sia reale e documentato, occorre inoltre porre il lettore faccia a faccia col fatto nudo e schietto, di modo che il lettore non abbia l’impressione di vederlo attraverso la lente dello scrittore. Lo scrittore deve perciò eclissarsi, non deve cioè comparire nel narrato con le sue visioni, con le sue interpretazioni, non è semplice ma l’autore deve farlo e per farlo deve mettersi nella pelle dei suoi personaggi, vedere le cose con i loro occhi ed esprimere le cose con le loro parole; in tal modo la sua mano rimarrà assolutamente invisibile, deve sembrare che l’opera si sia fatta da sé”. Rispetto alla tecnica narrativa Verga elabora una tecnica efficace. L’autore si cala infatti nella pelle dei suoi personaggi e il punto di vista dello scrittore non si avverte mai, la voce narrante si colloca tutta all’interno del mondo che viene descritto ed è allo stesso livello dei personaggi. Il narratore dunque si mimetizza nei personaggi stessi, adotta il loro modo di pensare, sentire, fa riferimento agli stessi criteri interpretativi che quei personaggi hanno della realtà, fa riferimento agli stessi principi e usa i loro modi di esprimersi (la logica che sta dietro a questa interpretazione è la logica superstiziosa e primitiva, delle realtà popolari: es. rosso di capelli = cattivo e malizioso). Verga adotta la tecnica della regressione (fondata sull’utile e l’interesse sociale, proprio delle classi sociali basse). Conseguenza di ciò è un mutamento del linguaggio, che non è di uno scrittore colto, ma povero, spoglio, punteggiato da imprecazioni, superstizioni popolari e una struttura dialettale (italianizzata). I temi chiave: 1. La scomparsa del narratore 2. Il rifiuto della drammaticità 3. L’oggettività del racconto L’IDEOLOGIA DI VERGA In un passo della prefazione “ai Vinti” Verga scrive “chi osserva questo spettacolo della lotta dell’esistenza non ha il diritto di giudicarlo, è già molto se riesce a trarsi un istante fuori dalla lotta per studiarla senza passione e rendere la scena nettamente coi colori adatti”. Verga ritiene che l’autore debba eclissarsi in quanto non ha il diritto di giudicare. Tutto parte dal pessimismo verghiano, alla base della visione di verga troviamo delle visioni radicalmente pessimiste, per Verga la società umana è retta dal meccanismo della lotta per la vita, che consiste in un meccanismo crudele in cui il più forte schiaccia il più debole, da ciò ne discende che sentimenti come la generosità, la solidarietà, la pietà sono solo dei valori ideali che non trovano collocazione nella realtà effettiva composta da uomini egoisti mossi dall’interesse personale e dall’utile. Questa è una legge universale che regge e governa ogni tipo di società in ogni tempo e in ogni spazio, da sempre, ed è valida tanto per il mondo animale quanto per gli uomini, una vera e propria legge di natura. Ed essendo una legge di natura, come tutte le altre, è immutabile. È inutile che l’autore giudichi poiché la società non si può modificare, dunque allo scrittore non rimane il compito di riprodurre la realtà così com’è senza l’impiego di filtri della sua lente correttiva, dunque la letteratura ha il compito di studiare la realtà e non deve avere alcuno scopo civile/politico. Questo tipo di concezione determina la negazione di ogni trasformazione storica, nega il progresso; questo tipo di pessimismo ha una connotazione fortemente conservatrice, ne discende che ogni posizione politica, democratica e socialista vengano rifiutate da Verga, in quanto utopiche. È vero anche che questo pessimismo non implica una accettazione della realtà in maniera acritica, il pessimismo pur impedendo a Verga di indicare delle alternative consente di cogliere con lucidità ciò che di negativo è presente nella realtà. Verga infatti descrive in maniera consapevole le atrocità della realtà, le condizioni disumane della misera gente. Il pessimismo diviene la condizione essenziale del valore critico e conoscitivo della letteratura. Differenze tra verismo di Verga e naturalismo di Zola In Zola la voce che racconta riproduce il modo di vedere e sentire dell’autore, un borghese colto, che guarda a ciò che descrive dall’esterno e dall’alto e spesso l’autore interviene con giudizi che rispondono al codice morale borghese, ne discende che tra l’autore e i personaggi vi è un distacco netto, perfino il linguaggio è colto. Per Zola la tecnica dell’impersonalità consiste nell’assumere il distacco dello scienziato dall’oggetto osservato e descritto; per Verga consiste nell’eclissarsi all’interno dell’oggetto, non fuori. Zola esprime dei giudizi apertamente in quanto è convinto che la letteratura possa cambiare la realtà, Zola mantiene una posizione progressista della letteratura mentre per Verga la realtà è immodificabile e la letteratura non può incidere nella vita, di conseguenza l’autore non ha il diritto di giudicare. Alla base di queste due concezioni ci sono tuttavia delle condizioni sociali differenti: - In Francia Zola vive in una società dinamica, pienamente sviluppata sul piano industriale, all’interno della quale i conflitti capitalistici hanno raggiunto uno stato avanzato. Esistono infatti due classi sociali che hanno preso piena consapevolezza di sé: la borghesia e il proletariato (combattivo ed organizzato). L’autore ha di fronte un pubblico che reagisce di fronte allo stimolo della letteratura. - In Italia Verga, nel suo rifiuto per l’impegno politico, rimanda alla condizione arretrata del paese, vive e cresce in un mondo agrario immobile ed estraneo, la borghesia del sud è ancora timida nell’affermarsi e le masse contadine sono estranee alla storia. Inoltre in Italia in generale l’affermazione del capitalismo aveva inasprito i conflitti sociali. Questa è la realtà di Verga, da qui scaturisce l’inutilità della letteratura per quanto riguarda l’impegno civile e politico. Vita dei campi Verga, in alcune lettere a Farina e altri amici letterali, riferisce che la letteratura di Zola influenza l’adozione di nuovi modi narrativi, in particolar modo la lettura de “l’Assemoir” Afferma che la voce narrante riproduce il linguaggio e i modi di pensare del popolo, dei personaggi popolari. È questo romanzo a suggerire a Verga la tecnica della regressione. Se per Zola questa tecnica rappresenta l’eccezione, in Verga diventerà l’elemento caratterizzante della sua letteratura. La sua tecnica narrativa viene inaugurata da Rosso malpelo del 1878; questa tecnica verrà utilizzata dal 1878 in poi in altri racconti che Verga scriverà fino al 1880 e che verranno organizzati nella raccolta “Vita dei campi”. 3. La repressione dei garibaldini e il processo che li coinvolsero. Nella terza sezione i contadini diventano da carnefici a vittime, rispetto a queste vittime Verga manifesta la sua pietà, rappresentata dalla figura del taglialegna prima della sua fucilazione. La pietà viene resa palese dall’autore, il processo viene rappresentato attraverso un punto di vista basso, con gli occhi dei popolani, attraverso la paura che provano, la diffidenza che sentono. Nell’affermazione finale vv. 161-163, Verga mostra l’estraneità dei popolani ai fatti, non si rendono conto di quello che è stato. Il finale viene racchiuso dalla battuta conclusiva del carbonaio, si coglie tutta l’estraneità della plebe rispetto alle leggi del mondo civile e rispetto agli ideali patriottici (gli ideali del Risorgimento). Mastro-don Gesualdo Nel 1889 esce il secondo romanzo del ciclo dei vinti. A differenza de I Malavoglia, ambientato introno al 1863, Mastro-don Gesualdo si svolge nell’Italia pre-unitaria, nei primi decenni dell’Ottocento. Il protagonista del romanzo è Gesualdo Motta, un muratore che, con la sua energia ed intelligenza, arriva ad accumulare una fortuna gigantesca. Il racconto viene inaugurato da un lieto evento: il matrimonio di Gesualdo con Bianca Trao, una nobildonna. Il matrimonio tuttavia è di convenienza, l’intento di Gesualdo, borghese, è quello di progredire socialmente. Ma nonostante ciò la società aristocratica non solo non lo accetta ma lo etichetta con il nome di mastro-don: “mastro” indica la provenienza umile dell’arricchito, “don” è l’appellativo che si attribuiva ai nobili. In questo modo vogliono ribadire la sua impossibilità di riscattarsi socialmente. La moglie Bianca Trao, una nobile decaduta, non lo ama, prova orrore nei suoi confronti e lo respinge; tuttavia nasce da questo matrimonio Isabella, figlia avuta da una relazione clandestina con il cugino di Bianca. Isabella respinge suo padre adottivo in quanto si vergogna delle sue umili origini, compie una fuitina col cugino (del quale è innamorata) ma, dopo essere stata ritrovata, viene obbligata da Gesualdo a sposarsi col duca di Leyra attraverso un matrimonio forzato. (N.B. storia continuata nel romanzo successivo “la duchessa di Leyra”) Dopo questi dolori Gesualdo si ammalerà di cancro e verrà ospitato nella villa della figlia, tuttavia egli morirà nella solitudine, ad assisterlo, in maniera beffarda, è un servo. Nel Mastro-don Gesualdo Verga resta fedele al principio dell’impersonalità e alla Prefazione nei Malavoglia (per quanto riguarda il linguaggio adattato ai personaggi che narra) e nell’amante di Gramigna. Nel caso di Gesualdo la classe sociale che Verga narra è la sua classe di appartenenza, per la prima volta autore e protagonista coincidono; l’autore infatti conosce molto bene la realtà che egli descrive e non si verifica più lo straniamento e quindi le deformazioni che invece caratterizzavano le basse sfere. L’autore mette in luce la meschinità, l’arroganza, l’atteggiamento compulsivo nel raccogliere le ricchezze, tipico della sua classe sociale. DIFFERENZE CON I MALAVOGLIA 1. Prevale un personaggio principale, il protagonista è Mastro-don Gesualdo; 2. Manca inoltre la narrazione degli antefatti, Verga dà per scontato alcuni aspetti, il passato di Mastro-don Gesualdo è stato narrato già nei Malavoglia, la duchessa di Leira racconterà il destino della figlia di Mastro-don Gesualdo; 3. Manca l’aspetto bipolare della narrazione che nei Malavoglia invece prevale (pensiamo alla contrapposizione tra la famiglia Malavoglia, depositaria di valori tradizionali, e il coro popolare, coloro che rispondono alla legge del più forte); la coralità (in questo caso la società borghese) è interiorizzata nella figura di Mastro- don Gesualdo, il quale da un lato preserva il culto della famiglia, ama la moglie, soffre per il suo rifiuta ma dall’altro lato, quegli stessi valori che in Mastro-don Gesualdo si incarnano, sono soverchiati dall’attenzione che Gesualdo ripone verso l’interesse economico, l’accumulo della roba è il fine primario della sua vita e sarà causa della sua rovina. Verga rinuncia a ogni ideale romantico in quanto per l’autore la logica dell’economicità e dell’interesse egoistico diviene il modello unico di comportamento. Verga dimostra anche come il frutto di quella scelta, a favore dell’accumulo della roba, è una sconfitta umana, se è vero che Mastro-don Gesualdo dal punto di vista materiale è un vincitore dal punto di vista umano è un vinto, dalla sua lotta egli non ha ricavato altro che dolore e amarezza. Il critico Russo ha parlato nei Malavoglia di “religione della famiglia” in Mastro-don Gesualdo si parla di “religione della roba”. Verga rispetto Mastro-don Gesualdo non adotta un atteggiamento univoco ma bivalente perché egli riconosce quanto di eroico c’è nel protagonista anzi esalta la sua ambizione ma da un lato mostra ciò che la roba provoca nella vita di Mastro-don Gesualdo mostrando l’insensatezza dei suoi sacrifici. Gesualdo rappresenta sicuramente l’eroe tipico di quel progresso, un self-made man, che Verga tanto stigmatizza all’interno dei Malavoglia. Ma con la morte drammatica di Gesualdo è ancora più evidente il giudizio di Verga rispetto al progresso, un giudizio assolutamente negativo. La morte di Gesualdo (analisi) Il brano racconta gli ultimi giorni di Mastro-don Gesualdo, il quale colpito dalla malattia, vien accolto a Palermo nel palazzo nobiliare della figlia e trascorre gli ultimi giorni come un intruso nella foresteria (stanza riservata agli ospiti). È circondato da una servitù che in realtà lo disprezza per le sue umili origini. All’inizio del brano egli spera di trovare una cura ma i medici in realtà affermano con certezza che la sua fine è prossima, Gesualdo infatti morirà da solo, in preda ai rimorsi e al dolore, infastidito dal servo che si beffa di lui. Possiamo notare che nella prima parte domina il punto di vista di Gesualdo, che osserva la vita del palazzo e non la capisce, non appartengono al suo mondo (ricordiamo che è un self-made man); prevale dunque la contrapposizione dei valori borghesi e lo sperpero aristocratico, attraverso la visione radicale di due mondi. Gesualdo infatti da un lato giudica, secondo i valori borghesi che si basano sulla laboriosità, l’aristocrazia che, non abituata al sacrificio, sperpera le proprie ricchezze ma dall’altro lato emerge anche il disprezzo per il ceto parassitario dei servi, che ozia grazie a quella stessa ricchezza sperperata. Verga preannuncia il concetto maschere (analizzato poi da Pirandello) perché l’occhio di Gesualdo coglie subito la falsità, l’inautenticità del mondo nobiliare e dei suoi ideali che sono impostati su “una recita di facciata”, una realtà falsa e fatta di rituali cerimoniali inutili. Emerge l’incomunicabilità tra la figlia e Mastro-don Gesualdo. Nel dialogo infatti si nota che Gesualdo possiede il culto della famiglia e dei sentimenti autentici e vorrebbe ricavare dalla figlia affetto e intimità. In punto di morte desiderava rivelare i suoi segreti e sapere quelli della figlia, i cosiddetti “sospetti odiosi”. Chiede infine alla figlia di avere cura dei suoi averi e di non permettere al marito di sperperarli: neppure in punto di morte Gesualdo comprende il vero significato della vita, egli è fortemente legato ancora alla sua roba. Nell’ultima parte del brano però il punto di vista muta, attraverso l’impiego di una prospettiva estranea, affidando la descrizione della morte di Gesualdo non alla figlia bensì agli occhi indifferenti di un servo; Verga infatti trova il modo più efficace per far sentire al lettore il fallimento umano del protagonista.
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