Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Italiano: Pavese, Primo Levi, Appunti di Italiano

Riepilogo di vita e opere degli autori.

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 16/10/2023

ma_tri_co_la
ma_tri_co_la 🇮🇹

32 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Italiano: Pavese, Primo Levi e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! NEOREALISMO Perché nasce il Neorealismo e i suoi caratteri Alcuni autori sentono l'urgenza di raccontare in modo oggettivo e diretto la loro esperienza recente (la guerra, la Resistenza, la miseria del dopoguerra). È la fase del cosiddetto Neorealismo, durante la quale l'ansia del dire e l'importanza del messaggio e del contenuto dominano sull'interesse per la forma. Degli autori partono dalla loro esperienza autobiografica per trasfigurare ciò che hanno vissuto personalmente in un'esperienza che acquista valore universale; l'esperienza individuale diventa così emblema della condizione umana. Altri autori, alcuni dei quali hanno partecipato all'esperienza del Neorealismo, considerano l'impegno politico e civile come un dovere del letterato e si interrogano su quale sia il ruolo dell'intellettuale nel labirinto di una realtà sempre più caotica. Questi autori esprimono un’illuministica volontà di capire, di orientarsi nella complessità del mondo. Altri autori ancora infine, volgono uno sguardo al tempo stesso critico e disincantato verso la storia passata, elevando il fatto storico particolare a emblema di una verità temporale ed eterna. Questa smania di raccontare attraverso una cronaca fedele degli avvenimenti, dei gesti, delle parole dei personaggi si traduce in opere narrative che, per il loro carattere documentario e pedagogico, per il loro messaggio etico-politico e per l'intenzione più o meno esplicita di celebrare l'eroe positivo di estrazione popolare, appartengono al cosiddetto Neorealismo. Questo nome non viene usato per indicare una vera e propria scuola di artisti e letterati ma definisce piuttosto una disposizione collettiva che, in letteratura come nel cinema, portano alla scoperta di un'Italia più variegata, fatta di realtà sociali e regionali diverse, rimaste a lungo escluse dalla rappresentazione artistica. Un romanzo neorealista prima del neorealismo (Gli indifferenti di Moravia) Qualche anno dopo Rubè, Alberto Moravia pubblica Gli indifferenti (1929), romanzo che scava nel malessere di una borghesia in piena decadenza la quale, schiava dei falsi valori del benessere, è ormai indifferente alla realtà perché ha perduto ogni contatto autentico con il mondo. Da un punto di vista formale, Moravia accoglie di fatto l'eco delle tesi di Borgese sulla necessità di un ritorno al contenuto, rifiutando qualunque dibattito sul rinnovamento della forma romanzesca. Per Moravia il romanzo deve puntare all'uomo, alla profondità del suo carattere, non alla bellezza formale. A interessare il romanziere sono tutti gli aspetti della realtà, a cui la forma deve essere subordinata. Il realismo lirico/simbolico di Pavese (La luna e i falò, La casa in collina) Tra gli autori che, sin dagli anni Trenta, sentono la necessità di passare da una letteratura concentrata prevalentemente sulla parola a una letteratura più attenta alle cose, all'uomo, alla società, i più significativi sono Elio Vittorini e Cesare Pavese. Benché convinti dell'esigenza di un impegno politico del letterato (sono entrambi iscritti al Partito comunista e collaboratori della casa editrice Einaudi), i due autori esprimono, ognuno a suo modo, uno stato di lacerazione, di contraddizione interiore che li porta, sul piano letterario, verso un'interpretazione lirica e simbolica della realtà più intima e dolente, lontana dai problemi concreti del presente. Dai nuovi e vigorosi romanzi della giovane letteratura americana degli anni Trenta che entrambi traducono, i due autori colgono, oltre a un metodo di rappresentazione della realtà più veritiera e brutale, anche il tema del contrasto fra la civiltà e la realtà primitiva che sarà fondamentale nelle loro opere. A rappresentare questo tipo di realismo simbolico sono in particolare le opere narrative di Pavese Feria d'agosto (1946), La casa in collina (1948) e La luna e i falò (1950) e il romanzo di Vittorini Conversazione in Sicilia (1938-39), nei quali la realtà appare al tempo stesso vincolata all'esperienza regionale (la Sicilia per Vittorini, il Piemonte per Pavese) e metaforica, trasfigurata in qualcosa di più assoluto, arcaico, universale. In queste prose i riferimenti locali non figurano come elementi pittoreschi, ma vengono elevati a mito (miti come l'infanzia, l'esilio, la fecondità, l'impossibile ritorno) e acquistano in tal modo un significato simbolico valido per tutti. Nei romanzi di Pavese tutto assurge a simbolo universale: le colline delle Langhe, il cielo d'agosto, i falò destinati alla fecondazione della terra, i campi, l'arnese rustico, e ogni gesto, ogni discorso appare come l'eco di un'origine remota che rinvia al fondo mitico dell'infanzia. La realtà "mitica" di Pratolini (Metello) e quella ispirata a Verga di Silone (Fontamara) Il romanzo più emblematico di questa tendenza è Metello (1955) di Vasco Pratolini (1913-1991), il cui protagonista è un giovane muratore che rappresenta il proletario impegnato politicamente, generoso e onesto, emblema della sana vitalità della classe popolare. Se alcuni critici imputano al romanzo un eccesso di ottimismo e un'insufficiente penetrazione di giudizio storico, altri invece vedono nel personaggio l'incarnazione di un punto di vista popolare convincente, che segna di fatto la fine della superficialità cronachistica del Neorealismo e l'inizio di un nuovo realismo. Riconducibile al Verismo di Verga, in particolare per il modo in cui il narratore limita i suoi interventi diretti per far emergere il punto di vista corale, è anche il romanzo Fontamara (composto nel 1930 e pubblicato per la prima volta in lingua tedesca in Svizzera nel 1933) di Ignazio Silone, che narra il momento fondamentale del riscatto dei contadini abruzzesi (i cosiddetti “cafoni") contro le prepotenze dei piccoli proprietari terrieri collusi con il potere fascista. Un romanzo realista dell'ex futurista Palazzeschi (Sorelle Materassi) In questi anni di richiamo alla costruzione romanzesca, lo stesso Aldo Palazzeschi, che pure ai suoi esordi, in particolare con Il codice di Perelà (1911), storia fiabesca di un omino di fumo che scende dal camino per andare incontro agli uomini, si era distinto per l'uso di uno sperimentalismo formale che lo aveva avvicinato all'avanguardia futurista, pubblica il romanzo Sorelle Materassi (1934) nel quale, pur conservando la leggerezza ironica delle sue prime opere e una sostanziale unità di ispirazione, adotta una prosa di impianto realistico per raccontare la storia di due mature zitelle la cui vita viene sconvolta dall'arrivo di un giovane e affascinante nipote. La visione non eroica della Resistenza: il neorealismo fiabesco di Calvino (Il sentiero dei nidi di ragno) e il contrasto ideale-reale di Fenoglio (Il partigiano Johnny) Per parlare della sua esperienza della Resistenza, Italo Calvino prende le distanze dalla retorica celebrativa delle contemporanee narrazioni neorealistiche: nel suo romanzo Il sentiero dei nidi di ragno (1947) lo scrittore affronta il tema di scorcio, raccontando una storia dal ritmo picaresco che rimane «in margine alla guerra partigiana, ai suoi eroismi e sacrifici». La realtà viene vista attraverso gli occhi di un bambino, Pin, che guarda al mondo degli adulti con una disposizione fiabesca e avventurosa, mentre i partigiani stessi appaiono per lo più come vagabondi e marginali, ben lungi dal modello neorealistico dell'eroe positivo. A demistificare la Resistenza, liberandola da ogni schematica opposizione tra bene e male, è anche il romanzo Il partigiano Johnny di Beppe Fenoglio, di origine autobiografica e uscito postumo nel 1968. Nel romanzo l'ideale morale del protagonista, un giovane studente di estrazione borghese, si scontra con l'esperienza brutale e deludente della lotta partigiana, fatta di disagi, di pericoli assurdi e di una sgradevole promiscuità con le classi sociali popolari che qui non vengono idealizzate. Fenoglio, per il quale la ricerca della verità e la scelta morale dell'individuo sono più importanti di qualunque ragione ideologico-politica, esprime il contrasto tra l'ideale di Johnny e la realtà caotica che egli incontra con una lingua travagliata, formata da un singolare impasto di dialetto, parole in inglese, termini colti, neologismi e deformazioni lessicali di alto valore espressivo. Il realismo magico del Deserto dei Tartari di Buzzati Tra i cultori del bello scrivere e i difensori del contenuto che considerano la realtà come un dato univoco che l'artista si limita a rappresentare, si fa strada in quegli anni una generazione di scrittori per i quali il mondo si rivela più complesso, più ampio, ricco di infinite possibilità. Per questi autori, che spesso prediligono forme narrative più brevi del romanzo, la realtà non può essere semplicemente rappresentata: in essa il narratore si deve addentrare per esplorarne i lati in ombra, scoprirne le distorsioni, conoscerne il groviglio. Tra gli autori che modificano il proprio sguardo sul reale per andare oltre il visibile, senza tuttavia inventare mondi irreali, figura Dino Buzzati, le cui opere (tra cui Barnabo delle montagne, 1933-35, e Il deserto dei tartari, 1940), ispirate all'assurdo di Kafka, rappresentano una realtà che appare magica e inquietante soltanto perché è filtrata dall'angoscia dell'uomo, vittima di un destino beffardo e imperscrutabile. Dalla realtà storica individuale all'universale (Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi e Se questo è un uomo/La tregua di Primo Levi) Il contrasto fra la figura autobiografica di un intellettuale e la classe popolare, presente in molte opere narrative del dopoguerra, si ritrova anche nel romanzo Cristo si è fermato a Eboli (1945) di Carlo Levi, in cui il narratore racconta l'esperienza del confino in Lucania che gli fu inflitto dal regime fascista negli anni Trenta, e in particolare la sua scoperta di un mondo contadino arcaico e superstizioso, sfruttato da una borghesia senza scrupoli. Nel romanzo lo sguardo di Levi sul mondo lucano trascende l'esperienza storica individuale e si sdoppia tra l'esplicita mitizzazione di una civiltà contadina e l'implicita denuncia della condizione disumana in cui questa da secoli è costretta a vivere.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved