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Italo Svevo e La Coscienza di Zeno, Sintesi del corso di Italiano

Italo Svevo vita e opere + la coscienza di zeno

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

In vendita dal 04/11/2020

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4.5

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Scarica Italo Svevo e La Coscienza di Zeno e più Sintesi del corso in PDF di Italiano solo su Docsity! Italo Svevo 1. Svevo e la nascita del romanzo d’avanguardia in Italia D’Annunzio e Svevo sono quasi coetanei ma molto diversi. Il primo chiude un periodo, il secondo ne apre un altro. D’Annunzio fonda un’uguaglianza tra arte e vita e vita e spettacolo, mentre per Svevo conta la vita interiore. Il primo inoltre tende al sublime, si differenzia dal resto conservando l’aureola, mentre il secondo tende all’umoristico, dà per scontata la perdita dell’aureola. Svevo è il fondatore del romanzo moderno italiano perché nella sua opera maggiore (La Coscienza di Zeno) sostituisce il tempo soggettivo a quello oggettivo mettendo in gioco la psicoanalisi, motivo per il quale è anche l’unico romanziere che si avvicina di più ai caratteri europei del Novecento. 2. Vita e opere Svevo appartiene a Trieste e ciò ha condizionato la sua appartenenza alla cultura mitteleuropea. Già il suo nome infatti rivela la sua duplicità culturale divisa tra Italia e Germania. Nella sua vita si possono distinguere tre fasi: 1. Giovinezza e formazione letteraria che si chiude nel 1899 con l’abbandono alla letteratura; 2. Il silenzio letterario (1899-1918) 3. Ritorno alla letteratura e stesura della Coscienza di Zeno e ultima produzione novellistica e teatrale (1919-1928). Ettore Schmitz nacque a Trieste nel 1861 da un’agiata famiglia ebrea e svolse i suoi studi prima in una città commerciale e poi in un collegio sulla Baviera dove imparò il tedesco. Nel 1880 è costretto a impiegarsi in una banca di trieste e nel frattempo legge romanzi francesi, italiani e studia filosofia e comincia ad occuparsi di teatro. Legge anche Darwin e aderisce alla cultura positivista e naturalista avvicinandosi anche al socialismo. La morte del fratello (1866) non lo allontanò dalla letteratura ed è infatti il periodo in cui scrive “Una lotta”, “L’Assassinio di via Belpoggio” e “Una vita”. Nel 1892 morì il padre ed incontrò la cugina Livia Veneziani che sposò 4 anni dopo. E’ la figlia di un grande industriale cattolico appartenente quindi ad una famiglia molto benestante con la quale Svevo avverte una certa distanza. Nel 1898 pubblica Senilità sull’Indipendente. Questo matrimonio però sembra allontanarlo dalla letteratura con la quale ha sempre avuto un rapporto ambiguo. Nel 1899 fa parte dell’industria Veneziani ed è lo stesso anno che rinuncia solennemente alla letteratura. A trieste poi entra a contatto con Joyce e Freud. Nel 1919, a guerra concluse, si riapre il periodo letterario. Nel 1923 pubblica la coscienza di Zeno e successivamente scrive altri racconti e commedia. Morì nel 1928 a seguito di un incidente d’auto. 3. La cultura e la poetica: attività giornalistica e saggistica Per capire cultura e poetica abbiamo diverse opere di Svevo: l’epistolario del profilo autobiografico, articoli e saggi. Nella cultura di Svevo confluiscono vari filoni di pensiero contraddittori: positivismo, Darwin, marxismo, Schopenhauer, Nietzsche e Freud. Dal positivismo e da Darwin, così come anche da Freud, riprende la propensione ad avvalersi di tecniche scientifiche di conoscenza e il rifiuto qualunque ottica metafisica. Da Darwin però rifiuta la fiducia nel progresso e dal positivismo la presunzione di fare della scienza una base oggettiva del sapere. Il marxismo non viene accettato come soluzione sociale, ma solo come strumento analitico e prospettiva critica sulla civiltà. Anche da Schopenhauer riprende la caratteristica critica, ovvero la denuncia degli autoinganni, ma rifiuta del tutto l’idea di raggiungere la saggezza attraverso la noluntas (rinuncia alla volontà). Da Nietzsche, anticipatore di Freud, accetta l’idea della pluralità dell’io, ma rifiuta il vitalismo dionisiaco (istinti). Freud è colui che studiò la psichiche, la complessità dell’io, parte che quindi Svevo accetta (psicoanalisi come conoscenza dell’io). Dall’altro lato però di Freud rifiuta la concezione di psicoanalisi come come visione totalizzante della vita e come cura. Questo rifiuto nella coscienza di Zeno rivela la difesa dei diritti degli ammalati rispetto ai sani. L’ammalato è colui che non vuole rinunciare alla forza del desiderio, per cui la terapia lo renderebbe normale, ma spegnerebbe le pulsioni vitali. L’ultimo Svevo infatti preferisce essere un inetto, ovvero una forma di resistenza all’alienazione circostante. La letteratura è concepita da Svevo come recupero e salvaguardia della vita e l’esistenza viene sottratta al passare del tempo e quindi alla morte. Solo infatti se la vita viene letteraturizzata è possibile e possibile sottrarla alla vita orrida e vera: solo con la letteratura è possibile fare rivivere le pulsioni, i desideri e l’esperienza vitale che sono spesso repressi nella vita reale. La vita può essere difesa solo dall’ammalato e inetto perché non nasconde e non si adegua agli standard della società, anzi lascia trasparire le pulsioni vitali. Possiamo quindi dire che Svevo considera sano colui che la società definisce malato e malato chi viene in realtà definito sano. Anche per quanto riguarda le scelte di poetica Svevo spazia da realisti e naturalisti con Flaubert e Zola; Bourget e Dostoevski dove quest’ultimo aveva ben studiato la psiche umana. Prende spunto anche dalla letteratura inglese, soprattutto da quella umoristica di Swift e Sterne. Dalla letteratura realista e naturalista deriva la critica al bovarismo, gli atteggiamenti di sognatori romantici e la struttura narrativa, mentre da Sterne e Dostoevskij l’analisi dell’io e il rinnovamento delle strutture narrative. 4. La prima produzione novellistica e teatrale Fra il 1880 e il 1889 Svevo scrisse un’ampia gamma di novelle e commedie. Una lotta, pubblicata sull’indipendente nel 1888 anticipa la trama di senilità: una fanciulla preferisce l’atleta al poeta sognatore. L’assassinio di via Belpoggio mostra il protagonista che ha ucciso per denaro il quale scopre la dissociazione tra fra azione e volontà. Il racconto analizza la parte oscura dell’uomo analizzando i sensi di colpa (influenza di Dostoevskij e Schopenhauer). Cimutti e In Serenella affrontano i problemi legati al socialismo operaio. La madre e una serie di altri racconti fantascientifici risalgono al periodo del silenzio letterario. Tra il 1880 e 1890 Svevo scrisse otto commedie e poi abbiamo la nona che è del 1903; mentre altre quattro le scriverà nell’ultima fase della sua vita. Il suo teatro rientra in quello borghese di fine Ottocento dove i temi trattati sono sopratutto quelli della coppia e della famiglia. 5. Caratteri dei romanzi sveviani: vicende, temi e soluzioni formali in “Una vita” Nei tre romanzi sveviani (Una vita, Senilità e La coscienza di Zeno) l’autore vuole smascherare gli autoinganni, ovvero svelare le “razionalizzazioni” che nascondono le pulsioni inconsce. In Una vita e Senlità abbiamo un giudice esterno al piano della narrazione, infatti le due opere sono in terza persona e costui, voce narrante, interviene con giudizi che marcano il dislivello fra la sua coscienza e quella dei fatti. La coscienza di Zeno non presenza invece questo dislivello in quanto è una confessione in prima persona del protagonista che coincide con la voce narrante. Nei primi due romanzi, a causa di un impianto narrativo scandito e oggettività, abbiamo l’influenza di Balzac, Flaubert e Zola. l’autore inoltre vuole qui creare un duplice livello di consapevolezza in quanto oppone il punto di vista del protagonista a quello del narratore per creare lo spazio narrativo dell’analisi. La coscienza di Zeno 1. La situazione cultura triestina e il romanzo: la redazione e la pubblicazione, il titolo Esce nel 1923, Una vita è del 1892 e Senilità del 1898. I 25 anni di silenzio sono decisivi per Trieste. Quando Svevo inizia a pensare all’opera è da poco finita la Prima guerra mondiale e da che era città internazionale, Trieste diventò una provincia italiana. Anche il contesto culturale è completamente cambiato: non siamo più nell’epoca del positivismo, ma della psicoanalisi, teoria della relatività. Svevo ha una situazione particolare in quanto era sempre stato estraneo agli ambienti culturali e quindi rilegato al margine della cultura contemporanea, ma allo stesso tempo questo gli aveva dato il vantaggio di anticipare le nuove tendenze con lo studio della psicoanalisi, ai suoi tempi diffusa solo a Trieste. Il titolo dell’opera riflette il carattere sperimentale e alternativo: l’autore gioca sui vari significati che può avere la parola “coscienza”. Può significare “coscienza morale” o “consapevolezza” e quest’ultima può a sua volta essere intesa in due modi: o come consapevolezza già acquisita o che si sta acquistando. La “coscienza di Zeno” può a sua volta intendersi in modo positivo o negativo: consapevolezza delle proprie azioni con le loro motivazioni, oppure come loro inconsapevolezza. Può quindi intendersi anche come “inconsapevolezza di Zeno”. Il protagonista è un inetto, tema molto diffuso nel romanzo del Novecento a causa della condizione storica caratterizzata dall’aggressività economica e tecnologica. S1 La parabola dell’inetto sveviano: Zeno appartiene alla ricca borghesia imprenditoriale, ma è incapace di sostituire il padre nella direzione dell’azienda. Tra Zeno e il padre infatti c’è un conflitto; l’odio e la distima verso il padre spiegano la tendenza del figlio alla diversificazione e la sua vita inconcludente e instabile. La diversità, che separa Zeno dal mondo dei “sani” e dalla normalità, è l’attitudine alla autoanalisi. Distruggendo ogni verità, Zeno rende tutto ambiguo, complesso e irriducibile, per cui, come la salute di Augusta diventa malattia, alla fine anche la sua malattia si trasforma in salute. L’inettitudine di Zeno è diversa da quella di Alfonso e di Emilio, poiché si trasforma nell’ottica ironica ed estraniata di colui che svela la “malattia” della vita e della condizione storica in cui egli vive. Dopo la morte del padre e il matrimonio, Zeno trova nel suocero il padre in cui identificarsi e nella solidarietà della materna Augusta le forze necessarie per intraprendere la lotta contro il rivale Guido. Il rapporto tra i due a poco a poco cambia, il rivale bello si indebolisce. I ruoli si invertono: Guido diventa inetto, fa un errore dopo un altro, getta la famiglia nel caos e alla fine si suicida, mentre Zeno è promosso al “Miglior uomo della famiglia”. Zeno guarisce dall’inettitudine, diventando come gli altri uomini sani, un cinico profittatore di guerra: si sente sano in una società di malati. Il suo giudizio sull’inetto è ormai ribaltato: l’inetto non è bloccato in una forma definitiva, ma vive in una condizione di apertura e di disponibilità al mutamento, che è l’unico modo di cogliere la fluidità delle occasioni e l’originalità della vita. Nella sua malattia egli cova perciò la possibilità di un futuro e di una vita diversa da quella ormai corrotta, cristallizzata e alienata della civiltà degli ordigni 2. L’organizzazione del racconto: la coscienza di Zeno come opera aperta L’opera è suddivisa in sette capitoli prima dei quali vi è una prefazione. Nei sette capitoli a scrivere è Zeno che parla della propria vita e della “coscienza” che ne ha e che ne ha avuta. Abbiamo dunque un “io narrante” e “io narrato” e l’ordine dei capitoli è più tematico che cronologico. Si presenta come una memoria inviata da Zeno al suo psicanalista, il Dottor S., il quale non ha trovato di meglio che indurre il paziente a raccontare la sua malattia e di ciò Zeno si scusa nella Prefazione. Zeno è quindi il protagonista e il narratore dell’opera, quindi il giudizio sta a lui, ma vi è solo una avvertenza: egli è un nevrotico e si sa che i nevrotici operano in modo forte la rimozione della coscienza dagli eventi traumatizzanti che vengono sepolti nell’inconscio, per cui Zeno è un giudice non attendibile. Altrettanto inattendibile è però lo psicanalista che lo ha in cura a causa della sua scarsa conoscenza freudiana, il carattere vendicativo, l’interesse economico. Precedentemente Svevo aveva scritto un articolo su come dovrebbe essere uno psicanalista e, dato che un parente era stato in cura presso Freud, era impossibile la mancanza di un metodo analitico; per cui il Dottor S è un rovesciamento ironico della figura dello psicanalista. Se i due personaggi sono quindi inattendibili e l’autore non interviene, il lettore deve agire interpretando da sè. La narrazione è quindi organizzata in modo sa richiedere una continua collaborazione del lettore. Di conseguenza appare come “opera aperta” dove il significato non è univoco ed è lasciato alla libera interpretazione del lettore. 3. Il rifiuto dell’ideologia. L’ironia L’effetto di demistificazione viene raggiunto da Svevo non nella narrazione di una vicenda, ma piuttosto nel modo in cui questa viene narrata, ad esempio l’autore non pronuncia mai il proprio giudizio sui fatti, né personalmente, né attraverso i personaggi. Egli però rifiuta anche l’impersonalità dei veristi, in quanto anche il raccontare in maniera oggettiva contiene qualcosa di soggettivo, nel modo ad esempio in cui i fatti vengono esposti secondo una scala di importanza. Nella coscienza di Zeno invece, non sappiamo mai quanto un fatto sia rilevante e ciò è dato dal fatto che la narrazione riguarda le memorie di un nevrotico che non vuole guarire. Ogni affermazione infatti non va presa alla lettera, ma deve essere decifrata dal lettore. Non solo manca un giudizio sulla vicenda, ma sulla vita in generale: “la vita non è né bella né brutta, è originale”, frase che allude alla totale mancanza di giudizio e di ideologia. Il carattere aperto è poi sottolineato anche dall’ambiguità, ambivalenza e ironia dei procedimenti formali: l’invenzione su cui è fondato il racconto, narratori senza legittimità (inattendibili), ricorso frequente dell’ossimoro. Anche l’ironia è fondamentale in quanto serve a rendere doppio il senso dell’opera. 4. L’io narrante e l’io narrato. Il tempo narrativo La coscienza di Zeno non è un’autobiografia, ma la narrazione dell’inizio e del decorso della malattia di un nevrotico, Zeno. Lo Zeno che scrive ricorda come la malattia sia iniziata e si pensa che egli abbia più consapevolezza di colui (sempre se stesso) di cui scrive, tipico dislivello dell’autobiografia. A differenza di quest’ultima però, dove l’autorità del narratore era indiscussa, il nevrotico Zeno non può affatto giudicare il suo presente né tantomeno il suo passato e di ciò ne è celatamente consapevole anche quando crede di aver raggiunto la “sanità”. Il rapporto tra io narrante e io narrato non è quindi gerarchico in quanto il primo è insicuro e produce molti dubbi e interrogativi. Zeno non può quindi contare sul tempo della narrazione, tipica dell’Ottocento, per cui in questo romanzo il tempo della narrazione è quella interiore della coscienza, tempo impuro e misto perché gli avvenimenti raccontati non seguono l’ordine cronologico, ma vengono rielaborati e a volte del tutto reinventati in quanto le esperienze passate vengono sconvolte da quelle presenti. Dato che l’ordine cronologico non viene più seguito gli avvenimenti si muovono su diversi piani temporali: il passato entra nel presente e il presente nel passato. 5. La vicenda: la morte del padre Il tema dell’opera è la malattia del protagonista, non la sua vita, per cui da questo tema deriva l’organizzazione dell’opera. Dopo la prefazione, nel preambolo, prende la parola lo Zeno anziano che dovrebbe utilizzare la scrittura come cura, ma già vediamo come lui stesso crede che la salute sia qualcosa di irraggiungibile. Segue il capitolo “il fumo” dove la nevrosi viene rappresentata nel suo modo più tipico: la dilazione, ovvero rimandare continuamente. Zeno ad esempio vuole togliersi il vizio del fumo, per cui afferma sempre che quella che sta per fumare sarà l’ultima sigaretta. Questo non fa altro che permettergli di assaporare ogni volta quella che per lui dovrebbe essere l’ultima sigaretta ma poi non lo è mai. Nel Capitolo “la morte di mio padre” viene narrato il rapporto che l’autore ha con il padre e come, anche se celato sotto lo standard rapporto che ci debba essere tra padre e figlio, Zeno riceve uno schiaffo da suo padre prima che questi muoia, gesto involontario ma che per Zeno è l’estrema punizione che il padre ha voluto infliggergli. Abbiamo quindi una realtà che risulta completamente oggettiva: il fatto che Zeno provi senso di colpa significa che è colpevole dato che ha effettivamente desiderato la morte del padre. 6. La vicenda: il matrimonio di Zeno Fino ad ora la narrazione aveva la forma di una trattazione per argomento. Il modello formale è quello del trattato psicologico dove gli esempi non seguono un ordine cronologico, ma hanno funzionalità dimostrativa. Nei tre capitoli successivi invece, la vicenda si sviluppa secondo un ordine cronologico lineare dato che il criterio dell’ordine cronologico si associa a quello tematico. A Zeno viene improvvisamente l’idea di sposarsi. Prima della futura sposa, conosce il suocero e deve scegliere tra le figlie. Tra tutte preferisce Ada, ma appare ridicolo ai suoi occhi ed in ogni caso lei è innamorata di un altro. Ha però fatto innamorare di sé Augusta, la più brutta. Nonostante ciò chiede prima di sposarlo ad Ada, poi ad Alberta che rifiutano ed infine ad Augusta che lo accetta facendogli da mamma in quello che è il più borghese dei matrimoni. 7. La vicenda: la moglie e l’amante Nella parte opposta della città rispetto a quella di Zeno si trova una fanciulla molto bella ma molto povera: Carla che Zeno vuole aiutare economicamente. Questo rapporto tra beneficiante e beneficiario però si trasforma in un rapporto più intimo. Carla tende spesso alla mercificazione del proprio corpo a causa della misera condizione in cui vive; ha però talento artistico e forte senso di dignità di rispettare le decisioni che prende. Zeno pretende di averla sempre a sua disposizione e di poterla trattare come un oggetto. Dato che però la sua coscienza gli impedisce di fare qualcosa che è contro la sanità borghese, comprende che questo rapporto deve finire e si propone di congedare l’amante. L’ultimo saluto a Carla viene però sempre rimandato, un po’ come l’ultima sigaretta. L’abbandono di Carla però non avviene in maniera esplicita da Zeno, ma per volontà di lei e delle circostanze. Il suo nuovo maestro di musica la mette in condizioni di fare carriera che Zeno però non capisce e le mette davanti sempre la figura della moglie, mondo borghese dal quale Carla si sente nettamente inferiore, anzi, alle richieste di Carla di conoscere la moglie, Zeno fa in modo che si imbatta con Ada anziché con Augusta. Così Carla si convince a sposare il maestro di musica e tronca la relazione con Zeno che però non è felice di questa decisione tanto da cercare di continuare il rapporto, ma Carla è irremovibile.
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