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Italo Svevo - La coscienza di Zeno, Appunti di Italiano

Appunti di liceo scientifico presi in classe, sistemati a casa e integrati con il manuale di testo di italiano riguardanti la spiegazione e i riassunti dei capitoli de La coscienza di Zeno di Italo Svevo. Perfetti per la maturità.

Tipologia: Appunti

2020/2021

In vendita dal 20/11/2021

martinabernasconi2
martinabernasconi2 🇮🇹

5

(6)

62 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Italo Svevo - La coscienza di Zeno e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! La coscienza di Zeno Romanzo rivoluzionario. Zeno è il protagonista. La coscienza di Zeno è ciò di cui lui è consapevole. Il romanzo si divide in due parti: Prima parte = costituita da un insieme di memorie scritte da Zeno e suggerite dal suo psicanalista. Zeno soffre di nevrosi e il suo medico (Dottor S) gli consiglia di scrivere memorie per la cura. Zeno però deciderà poi di smettere la cura e il medico per vendicarsi decide di pubblicare tutte queste memorie. Il Dottor S ha fatto una cosa alquanto scorretta. Seconda parte = costituita da una specie di diario breve in cui Zeno spiega i motivi per cui ha abbandonato la terapia e spiega che è guarito e che la sua non era una vera malattia. La seconda parte si sviluppa secondo un ordine cronologico, a differenza della prima parte che si sviluppa in capitoli. Il narratore è interno (Zeno stesso), narratore di cui però non possiamo fidarci. Capitoli tematici Capitolo 1 - Prefazione Il primo capitolo del romanzo consiste nella prefazione scritta dal dottor S., lo psicanalista che ha avuto in cura Zeno, che in poche righe spiega che ha deciso di divulgare le memorie del suo paziente per vendetta, dato che quest'ultimo ha abbandonato la cura. Capitolo 2 - Preambolo Da questo capitolo in poi la narrazione è fatta da Zeno che è dunque sia il protagonista che il narratore. Il secondo capitolo del romanzo rappresenta l’introduzione del protagonista in cui Zeno raccoglie l’invito del suo psicanalista, Dottor S. di scrivere la sua autobiografia come cura, in modo da facilitare la riemersione dei ricordi remoti > una sorta di memoriale. Non si tratta di un vero diario perché il tema della narrazione non è la vita del protagonista ma la storia della sua malattia, e le tappe che Zeno ripercorre sono quelle della sua malattia dell'anima. La malattia che lo affligge è la nevrosi che si manifesta attraverso il senso di insoddisfazione costante, l'angoscia, la paura incontrollabile, il conflitto costante con l’ambiente che lo circonda. Capitolo 3 - Il fumo Zeno inizia il suo diario partendo dal vizio del fumo che mette in evidenza la sua nevrosi basata sul continuo rinviare ciò che si ripromette di fare. Zeno in questo capitolo analizza il suo rapporto con le sigarette che aveva iniziato a fumare per imitare il padre. Capitolo 4 - La morte del padre Il Dottor S esamina il rapporto conflittuale di Zeno con il padre, rapporto estremamente ambi valente > il padre è forte, disciplinato, senza dubbi, senza incertezze, con un carattere solido; lui invece non vuole aderire a questo comportamento. Zeno racconta che poco prima della morte, per un equivoco, il padre gli tirerà uno schiaffo e, anche in punto di morte, il figlio si sentirà punito. Nel momento della morte del padre però si sente perduto. Capitolo 5 - La storia del mio matrimonio Questo capitolo parla del rapporto con le donne, un rapporto conflittuale e immaturo anche con loro. Zeno è un donnaiolo ma decide improvvisamente di “mettere la testa a posto” sposandosi. Inizia a frequentare le tre sorelle Malfrenti, figlie di un uomo d'affari triestino. Zeno si innamora della primogenita Ada, la più bella, alla quale si dichiara. Ada lo respinge per cui Zeno decide di dichiararsi alla secondogenita Alberta, la quale a sua volta lo rifiuta. Finisce quindi per sposare quella che gli piace di meno, Augusta, la più brutta delle tre sorelle con un occhio strabico. Augusta rappresenterà per lui un affetto tiepido ma anche sincero e in grado di garantirgli una vita coniugale regolare e serena. Lei è una donna ottusa, una compagna forte, affidabile e sdrammatizzante: compagna giusta per lui. Zeno così trova una seconda madre che lo accudisce e lo ama. Anche in questa situazione il personaggio di Zeno si caratterizza come inetto > inetto alla vita che non è in grado di fare delle scelte e che si lascia trascinare dagli eventi. - Capitolo 6 — La moglie e l'amante Zeno diviene l'amante di Carla Greco, una povera ragazza che gli rimarrà fedele per tutto il periodo della relazione ma che, come tutto, non lo coinvolge in maniera profonda. Rapporto matrimoniale ed extraconiugale sviluppato tra sensi di colpa e l'attrazione per l’esperienza trasgressiva, finché Carla stanca della situazione sposa il suo insegnante di canto. - Capitolo 7 - Storia di un'associazione commerciale Narra dell'impresa commerciale portata avanti da Zeno con Guido Speier, marito di Ada, e del rapporto con il cognato nei confronti del quale Zeno prova forte antipatia e un sentimento di rivalsa. | due cognati sono estremamente diversi, Guido è una persona espansiva e brillante, ma anche superficiale e incapace, Zeno è inconcludente, insicuro e passivo. L'azienda va in completa rovina, sia a causa dell’inadeguatezza e la disattenzione di Guido sia per la svogliatezza e l'incertezza di Zeno. Guido simula un suicidio, pensando così di salvare il proprio onore e di riuscire ad avere un ulteriore prestito dalla famiglia della moglie. Le cose vanno però diversamente perché per errore sbaglia la dose del sonnifero e muore. Zeno, dovendosi occupare delle questioni pratiche ed economiche legate alla morte del cognato, cerca di riavvicinarsi ad Ada, sembra che tra loro possa nascere qualcosa ma anche questa situazione si conclude in niente. - Capitolo 8 - Psicoanalisi Nella conclusione del racconto, Zeno ha sospeso la terapia e rifiuta e condanna con disprezzo la psicoanalisi che non gli ha arrecato alcun beneficio ed è stata fonte di nuove malattie dell'animo. AI termine del romanzo Svevo, tramite il personaggio di Zeno, fa una amara riflessione sulla condizione esistenziale dell’uomo. Attraverso il protagonista Svevo rivela che la malattia interiore che affliggeva Zeno è una condizione comune a tutta l'umanità, è congenita in quanto insita nella civiltà dell’epoca che il progresso da una parte ha migliorato ma dall’altra ha irrimediabilmente compromesso. Il progresso è in realtà per l’uomo un falso progresso, è solo degenerazione e malattia, dovuti alla continua ricerca di qualcosa che la sete di denaro e potere e il desiderio di possesso non possono dare. Capitoli in cui passato e presente si intrecciano, in cui c'è uno Zeno raccontato da uno più vecchio che si racconta. Ritornai e per molto tempo rimasi nella religione della mia infanzia. Immaginavo che mio padre mi sentisse e potessi dirgli che la colpa non era stata mia, ma del dottore. La bugia non aveva importanza perché egli oramai intendeva tutto ed io pure. E per parecchio tempo i colloqui con mio padre continuarono dolci e celati come un amore illecito, perché io dinanzi a tutti continuai a ridere di ogni pratica religiosa, mentre è vero - e qui voglio confessarlo - che io a qualcuno giornalmente e ferventemente raccomandai l’anima di mio padre. È proprio la religione vera quella che non occorre professare ad alta voce per averne il conforto di cui qualche volta - raramente - non si può fare a meno. La proposta di matrimonio Mi guardai d'intorno per trovare Augusta. Era uscita sul corridoio con un vassoio sul quale non v'era che un bicchiere semivuoto contenente un cal- 180 mante per Anna?!, La seguii di corsa chiamandola per nome ed essa s'addossò alla parete per aspettarmi. Mi misi a lei di faccia e subito le dissi: - Sentite, Augusta, volete che noi due ci sposiamo? La proposta era veramente rude”. Io dovevo sposare lei e lei me, ed io non domandavo quello ch’essa pensasse né pensavo potrebbe toccarmi di essere 185 io costretto di dare delle spiegazioni. Se non facevo altro che quello che tutti volevano! Essa alzà gli occhi dilatati dalla sorpresa. Così quello sbilenco* era anche più differente del solito dall'altro. La sua faccia vellutata e bianca, dapprima impallidì di più, eppoi subito si congestionò. Afferrò con la destra il bicchiere 190 che ballava sul vassoio. Con un filo di voce mi disse: — Voi scherzate e ciò è male. Temetti si mettesse a piangere ed ebbi la curiosa idea di consolarla dicen- dole della mia tristezza. — Io non scherzo,- dissi serio e triste. — Domandai dapprima la sua mano 195 ad Ada che me la rifiutò con ira, poi domandai ad Alberta di sposarmi ed essa, con belle parole, vi si rifiutò anch’essa. Non serbo rancore né all'una né all’altra. Solo mi sento molto, ma molto infelice. Dinanzi al mio dolore essa si ricompose e si mise a guardarmi commossa, riflettendo intensamente. Il suo sguardo somigliava ad una carezza che non 200 mi faceva piacere. — lo devo dunque sapere e ricordare che voi non mi amate? - domandò. Che cosa signific sibillina*? Preludiava” ad un consenso? Voleva ricordare! Ricordare per tutta la vita da trascorrersi con me? Ebbi il sentimento di chi per ammazzarsi si sia messo in una posizione pericolosa 205 edora sia costretto a faticare per salvarsi. Non sarebbe stato meglio che anche Augusta m’avesse rifiutato e che mi fosse stato concesso di ritornare sano e salvo nel mio studiolo nel quale neppure quel giorno stesso m'ero sentito troppo male? Le dissi: — Sì! Io non amo che Ada e sposerei ora voi... 210 Stavo per dirle che non potevo rassegnarmi di divenire un estraneo per Ada e che perciò mi contentavo di divenirle cognato. Sarebbe stato un eccesso, ed Augusta avrebbe di nuovo potuto credere che volessi dileggiarla*. Perciò dissi soltanto: — Io non so più rassegnarmi di restar solo. 31. calmante per Anna: la 5am- 33. sbileni Zeno pur sapendo che egli non la _—dainterpretare. bina nella caduta si era ferita ll —34. frase sibillina: , - ama.Sibilla er= la sacerdotessa —35. Preludiava: preannunciava. labhro ma in real ispirata del cio Apollo che predi- 36. dileggiarla: schemirla, pren- 32. rude: rozza, brutale. accetta di essere |a moglie d ceva il futuro con profezie difficili derla in giro. 25 225 230 235 240 245 250 255 37. sostegno; appoggio. 38. saviamente: saggia- mente. 260 Essa rimaneva tuttavia poggiata alla parete del cui sostegno” forse sentiva a bisogno; però pareva più calma ed il vassoio era ora tenuto da una sola mano. Ero salvo e cioè dovevo abbandonare quel salotto, 0 potevo restarci e dovevo sposarmi? Dissi delle altre parole, solo perché impaziente di aspettare le sue che non volevano venire: — Io sono un buon diavolo e credo che con me si possa vivere facilmente anche senza che ci sia un grande amore. Questa era una frase che nei lunghi giorni precedenti avevo preparata per Ada per indurla a dirmi di sì anche senza sentire per me un grande amore. Augusta ansava leggermente e taceva ancora. Quel silenzio poteva anche si- gnificare un rifiuto, il più delicato rifiuto che si potesse immaginare: io quasi sarei scappato in cerca del mio cappello, in tempo per porlo su una testa salva. Invece Augusta, decisa, con un movimento dignitoso e che mai dimenticai, si rizzò e abbandonò il sostegno della parete. Nel corridoio non largo essa si avvicinò così ancora di più a me che le stavo di faccia. Mi disse: - Voi, Zeno, avete bisogno di una donna che voglia vivere per voi e vi assi- sta. Io voglio essere quella donna. Mi porse la mano paffutella ch'io quasi istintivamente baciai. Evidente- mente non c’era più la possibilità di fare altrimenti. Devo poi confessare che in quel momento fui pervaso da una soddisfazione che m’allargò il petto. Non avevo più da risolvere niente, perché tutto era stato risolto. Questa era la vera chiarezza. Fu così che mi fidanzai. Fummo subito festeggiatissimi. Il mio somigliava ‘un poco, al grande successo del violino di Guido, tanti furono gli applausi di tutti. Giovanni mi baciò e mi diede subito del tu. Con eccessiva espressione di affetto mi disse: — Mi sentivo tuo padre da molto tempo, dacché cominciai a darti dei con- sigli per il tuo commercio. La mia futura suocera mi porse anch'essa la guancia che sfiorai. A quel bacio non sarei sfuggito neppure se avessi sposato Ada. Vede che io avevo indovinato tutto, — mi disse con una disinvoltura incre- dibile e che non fu punita perché io non seppi né volli protestare. Essa poi abbracciò Augusta e la grandezza del suo affetto si rivelò in un singhiozzo che le sfuggì interrompendo le sue manifestazioni di gioia. Io non potevo soffrire la signora Malfenti, ma devo dire che quel singhiozzo colorì, almeno per tutta quella sera, di una luce simpatica e importante il mio fidanzamento. Alberta, raggiante, mi strinse la mano: — Io voglio essere per voi una buona sorella. E Ada: — Bravo, Zeno! - Poi, a bassa voce: — Sappiatelo: giammai un uomo che cre- da di aver fatta una cosa con precipitazione, ha agito più saviamente* di voi. Guido mi diede una grande sorpresa: — Da questa mattina avevo capito che volevate una o l’altra delle signorine Malfenti, ma non arrivavo a sapere quale. Non davevano dunque essere molto intimi se Ada non gli aveva parlato della mia corte! Che avessi davvero agito precipitosamente? La vita è una malattia Pagina 689 24 marzo 1916 Dal maggio dell'anno scorso non avevo più toccato questo libercolo. Ecco che dalla Svizzera il dr. S. mi scrive pregandomi di mandargli quanto avessi ancora annotato. È una domanda curiosa, ma non ho nulla in contrario di mandargli anche questo libercolo dal quale chiaramente vedrà come io la pensi di lui e della sua cura. Giacché possiede tutte le mie confessioni, si tenga anche queste poche pagine e ancora qualcuna che volentieri aggiungo a sua edificazione. Ma al signor dottor S. voglio pur dire il fatto suo. Ci pensai tanto che oramai ho le idee ben chiare. Intanto egli crede di ricevere altre confessioni di malattia e debolezza e invece riceverà la descrizione di una salute solida, perfetta quanto la mia età abbastanza inoltrata può permettere. lo sono guarito! Non solo non voglio fare la psicoanalisi, ma non ne ho neppur di bisogno. E la mia salute non proviene solo dal fatto che mi sento un privilegiato in mezzo a tanti martiri. Non è per il confronto ch'io mi senta sano. lo sono sano, assolutamente. Da lungo tempo io sapevo che la mia salute non poteva essere altro che la mia convinzione e ch'era una sciocchezza degna di un sognatore ipnagogico di volerla curare anziché persuadere. lo soffro bensì di certi dolori, ma mancano d'importanza nella mia grande salute. Posso mettere un impiastro qui o là, ma il resto ha da moversi e battersi e mai indugiarsi nell'immobilità come gl'incancreniti. Dolore e amore, poi, la vita insomma, non può essere considerata quale una malattia perché duole. Ammetto che per avere la persuasione della salute il mio destino dovette mutare e scaldare il mio organismo con la lotta e sopratutto col trionfo. Fu il mio commercio che mi guari e voglio che il dottor S. lo sappia. Attonito e inerte, stetti a guardare il mondo sconvolto, fino al principio dell’Agosto dell’anno scorso. Allora io cominciai a comperare. Sottolineo questo verbo perchè ha un significato più alto di prima della guerra. In bocca di un commerciante, allora, significava ch’egli era disposto a comperare un dato articolo. Ma quando io lo dissi, volli significare ch'io ero compratore di qualunque merce che mi sarebbe stata offerta. Come tutte le persone forti, io ebbi nella mia testa una sola idea e di quella vissi e fu la mia fortuna. L’Olivi non era a Trieste, ma è certo ch'egli non avrebbe permesso un rischio simile e lo avrebbe riservato agli altri. Invece per me non era un rischio. lo ne sapevo il risultato felice con piena certezza. Dapprima m’ero messo, secondo l’antico costume in epoca di guerra, a convertire tutto il patrimonio in oro, ma v'era una certa difficoltà di comperare e vendere l’oro. L'oro per così dire liquido, perché più mobile, era la merce e ne feci incetta. lo effettuo di tempo in tempo anche delle vendite ma sempre in misura inferiore agli acquisti. Perché cominciai nel giusto momento i miei acquisti e le mie vendite furono tanto felici che queste mi davano i grandi mezzi di cui abbisognavo per quelli. Con grande orgoglio ricordo che il mio primo acquisto fu addirittura apparentemente una sciocchezza e inteso unicamente a realizzare subito la mia nuova idea: una partita non grande d’incenso. Il venditore mi vantava la possibilità d’impiegare l'incenso quale un surrogato della resina che già cominciava a mancare, ma io quale chimico sapevo con piena certezza che l'incenso mai più avrebbe potuto sostituire la resina di cui era differente toto genere. Secondo la mia idea il mondo sarebbe arrivato ad una miseria tale da dover accettare l'incenso quale un surrogato della resina. E comperai! Pochi giorni or sono ne vendetti una piccola parte e ne ricavai l'importo che m’era occorso per appropriarmi della partita intera. Nel momento in cui incassai quei denari mi si allargò il petto al sentimento della mia forza e della mia salute. Il dottore, quando avrà ricevuta quest’ultima parte del mio manoscritto, dovrebbe restituirmelo tutto. Lo rifarei con chiarezza vera perché come potevo intendere la mia vita quando non ne conoscevo quest’ultimo periodo? Forse io vissi tanti anni solo per prepararmi ad esso! Naturalmente io non sono un ingenuo e scuso il dottore di vedere nella vita stessa una manifestazione di malattia. La vita somiglia un poco alla malattia come procede per crisi e lisi ed ha i giornalieri miglioramenti e peggioramenti. A differenza delle altre malattie la vita è sempre mortale. Non sopporta cure. Sarebbe come voler turare i buchi che abbiamo nel corpo credendoli delle ferite. Morremmo strangolati non appena curati.
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