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ITALO SVEVO MATURITA', Appunti di Italiano

contiene dati riguardanti Italo Svevo, utili per la maturità

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 05/06/2021

ranjana-repetto
ranjana-repetto 🇮🇹

4.4

(9)

8 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica ITALO SVEVO MATURITA' e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! SVEVO Hector Schmitz nacque a Trieste allora territorio dell’impero asburgico da un’agiata famiglia borghese il padre la madre erano di origine ebraica. Per quanto riguarda gli studi furono indirizzati dal padre verso la carriera commerciale, in seguito studia in un collegio in Germania e legge scrittori tedeschi da autodidatta. Nel 1895 morì la madre e al suo capezzale incontrò la cugina Livia Veneziani con cui si fidanzò e successivamente nacque la figlia. Il matrimonio rappresenta per lui una svolta poiché l’inetto trova un terreno solido su cui poggiare e inoltre il poeta poteva essere la figura del padre di famiglia che gli era apparsa irraggiungibile. La famiglia veneziani era proprietaria di una fabbrica di vernici per navi così svevo abbandonò l’impiego alla banca ed entrò nella ditta dei suoi suoceri trovandosi così nel mondo dell’alta borghesia facendo quindi un’avanzata sociale poichè passo da intellettuale a dirigente d’industria. Dopo questa avanzata sociale egli lasciò l’attività letteraria guardandola con sospetto e come qualcosa che poteva compromettere la sua nuova vita attiva e produttiva e a ciò probabilmente contribuì anche l’insuccesso di senilità del 1898. Negli anni tra l’ingresso dell’attività industriale e lo scoppio della prima guerra mondiale ci furono due incontri molto importanti per svevo ovvero l’incontro con Joyce e l’incontro con la psicoanalisi, Per quanto riguarda l’incontro con Joyce questo avvenne poiché Joyce insegnava a Trieste e fece ripetizioni di inglese a Svevo utili per i suoi viaggi e inoltre fu una figura molto importante per lui poiché gli fece leggere i suoi romanzi che furono molto apprezzati. L’amicizia con Joyce fu certo importante per Svevo: lo scrittore irlandese con i suoi giudizi positivi su una vita e senilità, contribuì sicuramente a rafforzare nello scrittore triestino, che aveva deciso di abbandonare la letteratura, la fiducia nelle proprie forze intellettuali nonché nella validità delle opere già scritte, così il generoso adoperarsi per diffondere la sua opera letteraria dovete costituire uno stimolo all’ultima stagione creativa di Svevo.tuttavia non si può dire che nella narrativa dello Svevo maturo si riscontrino influenze di Joyce. Mentre per quanto riguarda l’incontro con la psicoanalisi e quest’ultimo avvenne perché il cognato aveva sostenuto una terapia a Vienna con Freud e Svevo considera la psicoanalisi importante come elemento di indagine ma non come l’elemento di guarigione. Il rapporto di Svevo con la psicoanalisi ebbe un posto importante nella sua riflessione e nella sua scrittura letteraria già a partire dal primo incontro avvenuto intorno al 1910.verso Freud lo spingeva l’interesse per le ambivalenze della psiche profonda, ma Svevo non apprezzò la psicoanalisi come terapia, che pretendeva di portare alla salute il malato di nevrosi, bensì come strumento puramente conoscitivo, capace di indagare più a fondo la realtà psichica e di conseguenza come strumento narrativo. A causa della guerra la fabbrica in cui lavorava fu requisita e quindi poter riprendere la sua attività intellettuale tant’è che nel 1923 pubblica la coscienza di Zeno che però non ebbe risonanza e, esasperato, mando’ il romanzo a Joyce che si adoperò per imporlo all’attenzione degli intellettuali francesi, E grazie a ciò lo scrittore triestino arrivo acquistare larga fama in Francia e per questo tramite su scala europea. Solo in Italia rimase intorno a lui un’atmosfera di diffidenza e di sostanziale disinteresse.l’unica eccezione o quasi fu costituita da un giovane poeta Eugenio Montale che gli dedicò un ampio saggio sulla rivista “l’esame”, riconoscendo immediatamente la sua grandezza e definendolo “intellettuale di grande calibro“. La fisionomia di Svevo appare diversa da quella del tradizionale letterato italiano —> in primo luogo presenta caratteristiche peculiari l’ambiente in cui egli si forma, infatti Trieste che fino al 1918 non fa parte dello Stato italiano è una città di confine in cui convergono tre civiltà quella italiana quella tedesca e quella slava quindi appare come una fusione di popoli e di culture diverse. E non bisogna poi trascurare il fatto che Svevo pur non essendo religioso era di famiglia israelitica e che le radici ebraiche hanno un peso nella sua fisionomia culturale complessiva.l’ambiente in cui si forma ed opera permette e quindi a Svevo di assumere una prospettiva ben più ampia di quella di tanti scrittori italiani del suo tempo ma soprattutto gli consente uno stretto rapporto con la cultura dell’Europa centrale. E anche nella sua fisionomia sociale Svevo non coincide con la figura tradizionale dello scrittore italiano la cui attività dominante è la letteratura infatti lo scrittore fu prima impiegato di banca poi dopo il matrimonio dirigente d’industria e uomo d’affari. Anche la formazione di Svevo non fu quella umanistica che era propria del letterato italiano: i suoi studi furono commerciali e la sua cultura letteraria e filosofica fu di un autodidatta conquistata attraverso letture personali. Il pensatore che ebbe un peso determinante nella sua formazione fu Schopenhauer e lo Schopenhauer a cui faceva riferimento era soprattutto quello del “carattere effimero e inconsistente della nostra volontà e dei nostri desideri”, difatti nei suoi romanzi e nei suoi racconti Svevo mira sempre a smascherare gli autoinganni dei suoi personaggi, a smontare gli alibi che essi si costruiscono per occultare ai propri stessi occhi le vere motivazioni dei propri atti allo stesso. Tuttavia importanti nella sua vita furono anche Nietzsche da cui prende l’idea del soggetto come pluralità di stati in fluido divenire e Darwin, l’autore della teoria evoluzionistica, fondata sulle nozioni di “selezione naturale“ e di “lotta per la vita“. Egli però usava questi maestri in modo critico, come strumenti conoscitivi che fornissero risposte alle sue personali esigenze. Sul piano letterario gli autori che ebbero più peso nella formazione di Svevo furono i grandi romanzieri realisti francesi dell’ottocento: Balzac, Stendhal, Flaubert. Dal Flaubert di Madame Bovary egli sembra aver preso la maniera di rappresentare la miseria della coscienza piccolo borghese.infatti il varismo è un tratto caratterizzante gli eroi dei suoi due primi romanzi, Alfonso Nitti ed Emilio Brentani: in primo luogo essi sono dei sognatori che evadano dal grigiore della loro vita quotidiana costruendosi con l’immaginazione una fittizia realtà alternativa più piena e gratificante; in secondo luogo esattamente come Emma Bovary, filtrano tutta la loro esperienza attraverso stereotipi ricavati dai libri sino a restarne vittime. Da Flaubert riprende anche l’atteggiamento di revisione fredda e corrosiva nei confronti di quei due personaggi.motivo di tale irrisione sono componenti che lo scrittore sa essere anche proprie della sua personalità: l’inettitudine, la tendenza al sogno, gli alibi costruiti a tacere i sensi di colpa, ma persino le stesse ascendenza culturali, il pessimismo Schopenaueriano, il determinismo Darwiniano, l’utopia socialista. Un’influenza determinante ebbe sicuramente Dostoevskij, lo scrittore che si addentra nelle zone segrete della psiche, a cogliere gli impulsi più ambigui. Per lungo tempo la critica sostenuto che Svevo “scrive male“.effettivamente la sua prosa e lontana dal bello scrivere della tradizione letteraria italiana, caratterizzato da un lessico prezioso dall’ornamento retorico e dalla ricerca di armonie musicali.occorre però tener presente che la lingua quotidianamente parlata dallo scrittore non era l’italiano ma il dialetto triestino, e per bocca del suo personaggio Zeno e gli confessa la difficoltà nel trovare i vocaboli italiani appropriati. Non solo ma Svevo conosceva perfettamente il tedesco dati i suoi studi giovanili in Germania, E tracce di costrutti della lingua tedesca si riconoscono nella sua scrittura. Tuttavia non autorizza a concludere che che Svevo scrive male: la sua prosa in realtà efficacissima nel rendere le tortuosità della psiche in cui si addentra la sua ricerca. La scrittura sveviana tende a riprodurre il modo di esprimersi dei personaggi.ciò vale per una vita e per senilità, che sono narrati in terza persona manchi in cui domina il discorso indiretto libero, dove si riflette la caratteristica espressione del personaggio, E ancor di più vale per la coscienza di Zeno che è in prima persona, narrato da Zeno stesso: la critica a messo in luce come nel romanzo la scrittura riproduca fedelmente il linguaggio tipico di un borghese triestino che usa l’italiano. E imperfezioni stilistiche sono dunque volute al fine di rendere più da vicino lo stile di Zeno, in cui si riflette il suo modo di pensare.per questo il preteso “scriver male“ di Svevo e in realtà una ricerca stilistica estremamente sofisticata e soprattutto coerente con l’oggetto della narrazione. IL PRIMO ROMANZO: UNA VITA Svevo iniziò il suo primo romanzo nel 1888 e lo pubblico a proprie spese nel 1892 presso un piccolo editore triestino. avrebbe voluto intitolarlo “un inetto” ma sconsigliato dall’editore, che riteneva tale titolo poco accattivante, si risolse per il più neutro una vita.il romanzo suscitò scarsissima attenzione nella critica e nel pubblico. E la storia di un giovane, Alfonso Nitti, che abbandona il paese e la madre per venire a lavorare a Trieste, dopo che la morte del padre, medico condotto, ha lasciato la famiglia in ristrettezze.si Il primo titolo pensato da Svevo era il carnevale di Emilio.esso si riferiva in anzitutto al fatto che gran parte della vicenda si svolge nel periodo di carnevale ma poi assumeva un valore allusivo: la reazione di Emilio con Angiolina, in cui il protagonista gode un breve momento di felicità e gioventù per poi tornare la sua vita squallida e vuota di sempre, e simile a carnevale, in cui per breve tempo ci si diverte ma presto si torna all’esistenza consueta alla noia al dolore e alle preoccupazioni. Il nuovo romanzo non offre più un quadro sociale ma si concentra quasi esclusivamente sui quattro personaggi centrali i cui rapporti le cui vicende si compongono in una struttura essenziale. In secondo luogo, a differenza di una vita, non sono più affrontati direttamente i problemi di natura sociale. Di conseguenza i fatti esteriori, l’intreccio romanzesco, le descrizioni di ambienti fisici e sociali in senilità hanno poco rilievo: è la dimensione psicologica che l’autore si preoccupa in primo luogo di indagare. La parte principale della narrazione è assunta dall’analisi del protagonista. Emilio Brentano e fratello carnale di Alfonso Nitti.dal punto di vista sociale è un piccolo borghese la cui squallida condizione e anche nel suo caso effetto di un processo di declassazione; al tempo stesso è un intellettuale che ha scritto in gioventù un romanzo ed è intriso di letteratura tanto da interpretare costantemente il reale attraverso schemi letterari.dal punto di vista psicologico è un debole, un inetto che ha paura di affrontare la realtà e per Questo si è costruito un sistema protettivo, conducendo un’esistenza cauta che gli garantisce calma e sicurezza ma implica la rinuncia al godimento.è una sorta di limbo di sospensione vitale che il titolo del romanzo definisce senilità.questo sistema protettivo si oggettiva nella chiusura entro il nido domestico, che si compendia nella figura materna della sorella Amalia. Però, nonostante il rifugio in questo sistema di rinuncia, resta in Emilio un’inquietudine che nasce da un desiderio irrefrenabile di godimento, di piaceri. La vita e il godimento assumono ai suoi Occhi le sembianze di Angiolina, che diventa per lui un simbolo di salute e di pienezza vitale. Con lei Emilio assapora per la prima volta il piacere, esce dal nido e viene a contatto con il mondo esterno.Ed è proprio la relazione con la donna e il reagente che fa venire alla luce l’inettitudine di Emilio ad affrontare la realtà. Questa è attitudine e soprattutto immaturità psicologica.nonostante il suo proposito di godere di un’avventura facile breve Emilio a paura della donna e per questo sostituisce alla donna reale di carne una donna ideale trasformando nei suoi sogni Angelina in una creatura angelica e purissima, equivalente della madre. E nel rapporto con la donna Emilio rivela soprattutto un bisogno di dolcezza materna e il possesso fisico lo lascia insoddisfatto e turbato perché contamina quel puro ideale. Emilio maschera ai propri occhi la sua immaturità psicologica nel rapporto con la donna costruendosi fittiziamente quell’immagine virile che non sa incarnare nella realtà, e si compiace di recitare un ruolo paterno nei confronti di Angiolina, immaginandosela ingenua, debole e proponendosi di educarla, di insegnarle la conoscenza della vita. In realtà l’immaturità infantile messa in luce nel rapporto con Angiolina denuncia come Emilio non riesca più a coincidere con una certa immagine virile, quella dell’uomo forte, sicuro, capace di dominare la realtà. È il modello di uomo proposto dalla società borghese ottocentesca nella fase della sua pienezza: l’individuo borghese, energico, libero, attivo, capace di crearsi il suo mondo con la sua iniziativa e la sua volontà è un vero e proprio stereotipo culturale. Quella figura era entrata in crisi in quell’età di trasformazioni col trionfo dell’assetto monopolistico e della società massificata (si perde l’individualità).Emilio incarna questa free crisi: in lui l’impotenza sociale del piccolo borghese declassato si traduce in impotenza psicologica ad affrontare la realtà esterna al nido domestico. Per questo Emilio si appoggia all’amico balli, forte, sicuro di sé, dominatore. In realtà anche balli, dietro l’apparenza della forza, cela un’intima debolezza. I due personaggi incarnano due risposte diverse ma complementari alla stessa crisi dell’individuo: Emilio rappresenta il chiudersi vittimistico nella sconfitta e nell’impotenza; balli, con la sua fisionomia di piccolo superuomo che agisce su scala privata e provinciale, rappresenta il tentativo di rovesciare l’impotenza in onnipotenza, mascherando la debolezza con l’ostentazione della forza dominatrice. Verso il suo eroe Svevo a quindi un atteggiamento decisamente critico.anche senilità è un romanzo focalizzato quasi totalmente sul protagonista.i fatti sono filtrati attraverso la sua coscienza e sono presentati come li vede lui.ma poiché Emilio è portatore di una falsa coscienza e si costruisce continuamente maschere, autoinganni, alibi, la sua prospettiva e deformante quindi il suo punto di vista e inattendibile.questa inattendibilità viene denunciata da Svevo attraverso tre procedimenti narrativi. In primo luogo la voce del narratore interviene a smentire e a correggere la prospettiva del protagonista, a smascherare i suoi autoinganni. Nel romanzo si presentano due prospettive, quella di Emilio, che è mente a se stesso e quella del narratore, che dotato di una lucidità infinitamente superiore a quella del personaggio e dall’alto lo può giudicare quasi crudelmente. Altre volte invece i giudizi sono affidati a minime sfumature ironiche.questi interventi espliciti del narratore sono il procedimento più appariscente che tradisce l’atteggiamento critico di Svevo verso il suo personaggio inetto.ma spesso dinanzi alle menzogne e agli alibi più vistosi di Emilio, il narratore tace, non interviene direttamente a smentire, chiarire, correggere, per denunciare la falsa prospettiva del personaggio: basta il contrasto che si viene a creare tra le mistificazioni di quest’ultimo e la realtà oggettiva, quale scaturisce in piena Evidenza dal contesto narrativo. Poiché tale ironia scaturisce dall’oggettività stessa del montaggio narrativo può essere definita ironia oggettiva o implicita. Il terzo procedimento usato da Svevo e la semplice registrazione del suo linguaggio. Il linguaggio di Emilio appare stereotipato come le idee che veicola, pieno di espressioni enfatica, melodrammatiche, ad effetto ma al tempo stesso banali. In questi casi Svevo mima con abilità e linguaggio caratteristico del suo personaggio, che allo specchio più diretto della sua cultura, della sua ideologia, e della sua psicologia. Questi procedimenti sono la più chiara testimonianza dell’atteggiamento implacabilmente critico di Svevo nei confronti del suo eroe. Quindi quindi, attraverso quello che può sembrare un puro romanzo psicologico, svevo fornisce in realtà l’anatomia critica lucidissima di tutta una mentalità e di tutta una cultura in un dato momento storico, dei suoi stereotipi concettuali, letterari e linguistici. LA COSCIENZA DI ZENO Il terzo romanzo di Svevo appare ben 25 anni dopo senilità, nel 1923: non c’è pertanto da meravigliarsi se nella sua struttura appare molto diverso dai romanzi precedenti. Erano stati anni di evoluzione interiore dello scrittore, ma anche densi di trasformazioni radicali nell’assetto materiale della società europea. Ad esempio ci fu la prima guerra mondiale ed esplosero avanguardie letterarie artistiche all’affacciarsi della psicoanalisi e della teoria della relatività. Per gran parte del romanzo la coscienza è costituita da un memoriale, o confessione autobiografica, che il protagonista Zeno cosine scrive su invito del suo psicoanalista, il dottor S, a scopo terapeutico. E lo scrittore finge che il manoscritto di Zeno venga pubblicato dal dottor S stesso per vendicarsi del paziente, che si è sottratto alla cura. Al testo del memoriale si aggiunge infine una sorta di diario di Zeno in cui questi spiega il suo abbandono della terapia e si dichiara sicuro della propria guarigione. Il romanzo e dunque narrato dal protagonista stesso, dietro la finzione narrativa dell’autobiografia e del diario, pertanto un impianto autodiegetico. Nuovo e originale è il trattamento del tempo, quello che Svevo chiama tempo misto. Il racconto non presenta gli eventi nella loro successione cronologica lineare ma in un tempo tutto soggettivo, che mescola piani e distanze, in cui il passato riaffiora continuamente e si intreccia con il presente, in un movimento incessante. La narrazione va continuamente avanti e indietro nel tempo. Dopo la prefazione del dottor S ed un preambolo in cui Zeno racconta i propri tentativi di risalire alla prima infanzia, gli argomenti dei vari capitoli sono: il vizio del fumo e i vani sforzi per liberarsene, la morte del padre, la storia del proprio matrimonio, il rapporto con la moglie e la giovane amante, la storia dell’associazione commerciale con il cognato Guido Speier; alla fine si colloca il capitolo psicoanalisi, in cui Zeno sfoga la propria ostilità contro lo psicoanalista e racconta la propria presunta guarigione. Il protagonista narratore è una figura di inetto che Svevo stesso definisce un fratello di Emilio e Alfonso. Abulico (mancante di volontà, noluntas) E in costante negli anni giovanili conduce una vita oziosa e scioperata passando da una facoltà universitaria all’altra, senza mai giungere ad una laurea e senza dedicarsi ad alcuna attività seria.il padre commerciante non ha la minima stima per il figlio e nel testamento lo consegni in tutela al fidato amministratore olivi, sancendo così la sua irrimediabile immaturità e la sua responsabilità infantile. I rapporti col padre sono improntati alla più classica ambivalenza: pur amandolo sinceramente, Zeno, con il suo ozio e la sua inconcludenza negli studi, non fa altro che procurarli delusioni, rivelando così inconsci impulsi ostili ed aggressivi.il vizio del fumo, a cui Zeno collega intollerabili sensi di colpa, A nel suo fondo inconscio proprio l’ostilità contro il padre, il desiderio di sottrargli le sue prerogative virili e di far le proprie (Zeno ragazzo comincia a fumare rubando un sigaro acceso dimenticato dal padre).quando già è sul letto di morte, il padre lascia cadere un poderoso schiaffo sul viso del figlio che lo assiste, e Zeno resta nel dubbio angoscioso se il gesto sia il prodotto dell’incoscienza dell’agonia O scaturisca da un’intenzione punitiva, e cerca quindi di costruirsi giustificazioni per pacificare la propria coscienza, per dimostrare a se stesso di essere privo di ogni colpa nei confronti del padre e della sua morte (che in realtà, nel suo inconscio, fortemente desiderava). Privato della figura paterna, l’inetto Zeno, che ha sempre bisogno di appoggiarsi ad un “padre“, va subito in cerca di una figura sostitutiva, e la trova in Giovanni Malfenti, uomo d’affari che incarna l’immagine tipica del borghese, abile e sicuro nell’attività pratica, dalle poche ma incrollabili certezze, dominatore incontrastato del suo mondo, costituito dal lavoro e dalla famiglia. Malfenti è dunque il modello di uomo con cui l’inetto Zeno non riesce più a coincidere e rappresenta perciò nel sistema dei personaggi l’antagonista. Si innamora della più bella, Ada, ma con il suo comportamento goffo e stravagante sempre a far di tutto per alienarsi i sentimenti della ragazza. Respinto da lei, rivolge la domanda di matrimonio alla sorella minore Alberta, e al rifiuto anche di questa, fa la sua proposta alla sorella più brutta, Augusta. In realtà Augusta era la moglie che Zeno aveva scelto inconsciamente: si rivela infatti la donna di cui egli ha bisogno, sollecita e amorevole come una madre, capace di creargli intorno un clima di dolcezza affettuosa e di sicurezza. Augusta a un limitato ma solido sistema di certezze che ne fanno un perfetto campione di sanità borghese. È l’antitesi di Zeno che è invece incapace nel suo intimo di integrarsi veramente in quel sistema di vita e di concezioni Anche se vi aspira con tutte le sue forze. Zeno è malato: la sua malattia è la nevrosi. Egli proietta nella malattia la propria inettitudine, ed attribuisce la colpa dei propri malanni al fumo: la sua esistenza e pertanto caratterizzata da tentativi di liberarsi dal vizio, nella convinzione che solo così potrà avviarsi verso la salute.alla moglie Zeno affianca la giovane amante Carla, una ragazza povera che egli finge di proteggere in modo materno. Il rapporto però è reso difficile e ambiguo dai sensi di colpa di Zeno verso la moglie, sinché Carla non lo abbandona per un uomo più giovane. Zeno aspira ad entrare nella normalità borghese non solo divenendo buon padre di famiglia ma anche accorto uomo d’affari. Si propone infatti come collaboratore esterno dell’associazione commerciale fondata dal cognato Guido, che ha sposato Ada. Egli è un bell’uomo, disinvolto, sicuro di sé, fornito delle doti più versatili; e quindi l’antitesi di Zeno ed incarna perciò il ruolo del rivale. L’amicizia e l’affetto fraterno ostentati nei suoi confronti mascherano un odio profondo, e si tradisce ai funerali di Guido, morto suicida per un dissesto finanziario: Zeno sbaglia corteo funebre, Uno di quegli atti mancati che Freud ha dimostrato essere estremamente rivelatori dei nostri impulsi inconsci. Zeno ormai anziano decide di intraprendere la cura psicoanalitica e qui inizia la stesura di quel memoriale che costituisce il corpo più cospicua del romanzo. Zeno però si ribella alla diagnosi dello psicoanalista, che individua in lui il classico complesso edipico. Lo scoppio della guerra favorisce alcune sue speculazioni commerciali, che trasformano paradossalmente l’inetto Zeno in un abile uomo d’affari,( In realtà Zeno perderà tutto con la fine della guerra: il successo era stato frutto solo del caso.). E Zeno si proclama così perfettamente guarito.ma in realtà ciò non è vero e queste resistenze sono un tipico sintomo della malattia. Ma Zeno sottolinea nelle pagine finali il confine tra malattia e salute nelle condizioni attuali, in cui la vita è “inquinata alle radici“. Il narratore della coscienza, l’inetto, nevrotico, malato immaginario Zeno, è chiaramente un narratore inattendibile.lo denuncia subito la prefazione del dottor S, che insiste sulle tante verità e bugie accumulate nel memoriale. L’autobiografia in essa contenuta è tutta un gigantesco tentativo di autogiustificazione di Zeno, che vuole dimostrarsi innocente da ogni colpa nei rapporti col padre,
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