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John Dewey e il mio credo pedagogico, Appunti di Pedagogia

Biografia e riassunto del suo credo pedagogico

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 26/01/2019

isi98
isi98 🇮🇹

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Scarica John Dewey e il mio credo pedagogico e più Appunti in PDF di Pedagogia solo su Docsity! JOHN DEWEY Biografia: - 1859 nasce a Burlington (Vermont) e muore a New York nel 1952. - Studia filosofia all'università del Vermont e a Baltimora, riceve una formazione neo hegeliana e pragmatista (si pone il problema delle antinomie). - Si laurea nel 1884 con una tesi su Kant e sull’idea di ragione finalistica (fine=giustizia sociale) che ha una dimensione etica. Immanuel Kant sostiene che l’illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato minorità dato dalla non conoscenza. La conoscenza deve essere laica, la fede è nella ragione e non nella religione. - diventa insegnante all'Università di Chicago e qui fonda la scuola- laboratorio nel 1896 uno dei primi esempi di scuole attive; “educare a fare e a fare in gruppo” (difatti Dewey e un esponente del pragmatismo). Con questa fondazione si collocherà nella corrente dell’attivismo pedagogico. Il nome rimanda alla compresenza di teoria e prassi, cioè una scuola che grazie al suo curricolo permette agli allievi di elaborare idee per perseguire il progresso scientifico e tecnologico. Dal 1904 al 1929 insegna alla Columbia (new York) e la sua fama nel frattempo diventa mondiale. Compie numerosi viaggi in Cina, Giappone e Unione sovietica che lo mette a contatto con un’educazione di stampo marxista e si accorge della necessita di riforme politico-sociali in America e per questo si interesserà anche alla politica. Nel suo pensiero è influenzato da diversi pensieri: • Filosofia kantiana: per Kant la conoscenza deve essere laica e centrata sulla ragione, come per Dewey la scuola deve essere laica. Inoltre la ragione è finalistica e ha come fine la giustizia sociale (la scuola deve educare a questa ragione). • Idealismo hegeliano (abbandonato poco dopo). La sua influenza sta nel fatto che l’esperienza avviene sempre con gli altri. • Filosofia pragmatista: importanza dell’azione. • Evoluzionismo darwiniano: Riprende da Darwin una visione biologica dell’uomo e con questo giustifica l’evoluzione, per cui l’uomo impara attraverso esperienze che descrive nel rapporto con l’ambiente sia fisico sia umano e sociale. • L’influenza di Hall: Fornirà un contributo riguardo alla psicologia dell’adolescenza (e non solo sull’infanzia come in precedenza). Si inizia a pensare che lo sviluppo e l’apprendimento non riguardano solo la prima parte della vita. • Influenza di Charles Peirce: Appartiene alla corrente del pragmatismo americano e le sue ricerche partono sempre da un dubbio che si apre e che causa un’investigazione. Scrive Come rendere chiare le nostre idee: rendere chiare le nostre idee significa avere un atteggiamento di costante ricerca in una concezione laica e pragmatica (basata su un’esperienza concreta). Il pensiero non è quindi solo teorico, ma un pensiero che raggiunge livelli più alti attraverso un’esperienza concreta. Dewey, sostenendo una conoscenza laica, utilizza una logica dell’investigazione: Di fronte a un dubbio, si dà una spiegazione che verifica con l’esperienza. La spiegazione viene considerata una propria credenza. Questa credenza continua ad essere verificata dall’esperienza e dopo un po’ viene definita un abito = credenza consolidata Tutto questo va bene fino a non sopraggiunge qualcosa che le pone un nuovo dubbio che costringe a trasformare la credenza e l’abito. Il problema della coscienza di Dewey è di tipo conoscitivo. Si chiede quindi come deve essere la scuola: problema del fine (a cosa devo educare) e del mezzo (in che modo devo educare). Contesto storico Dewey vive in America durante la rivoluzione industriale. Il problema che si pone deriva da una riflessione concreta: il contadino che viveva immerso nella natura aveva una conoscenza della natura. • Durante la rivoluzione industriale il contadino si trasferisce in città e lavora in fabbrica, quindi non ha più conoscenza della natura, ma della cultura/tecnica (utilizzo della tecnica, minima alfabetizzazione). L’uomo deve essere alfabetizzato a una conoscenza di carattere scientifico, perché porti a innovazioni tecnologiche. Si educa quindi a una logica della scienza: vengono inserite nel curricolo tante materie scientifiche. Inoltre, con lo spostamento dalla campagna alla città si pone un altro problema: nello stesso spazio fisico vanno a convivere differenze significative (uomini con donne, soggetti sani e con deficit, soggetti di diverse classi sociali, di diverse etnie). Si pone il problema del conflitto tra le differenze: che cosa Dato che l’educazione è un processo sociale e individuale anche la scuola è un’istituzione sociale ed individuale al tempo stesso, che porta al pieno sviluppo dell’individuo e alle sue capacità di collaborazione. Se l’educazione deve essere naturale, la scuola va contro questa idea perché è intenzionale, non spontanea. Per questo in Dewey la scuola deve essere una piccola comunità di vita. La scuola non deve preparare alla vita futura, deve semplificare la struttura sociale esistente. Deve svolgersi gradualmente dalla vita domestica, deve prendere in continuità le attività svolte in casa dal fanciullo per poi renderle gradualmente sempre più complesse. Deve avere continuità quindi nei luoghi e nei tempi di vita. C’è una necessità psicologica di continuità (se no il bambino frammenta le esperienze e si frammenta) e una necessità sociale di continuità. • ARTCOLO III: La materia dell’educazione. La vita sociale del fanciullo è il fondamento della sua educazione. Le materie scolastiche devono differenziarsi gradualmente dall’unità originaria della vita sociale per evitare una troppo brusca e massiccia introduzione di studi specializzati. Il leggere, lo scrivere, le scienze…etc devono nascere dalla partecipazione a una vita sociale scolastica ed extrascolastica, a progetti, a studi dell’ambiente… per eseguire i quali sarà lo stesso ragazzo a sentire la necessità di quegli studi. Perciò l’educazione deve essere concepita come una ricostruzione continua dell’esperienza, per cui il mezzo e il fine dell’educazione coincidono (il fine è il dar luogo a un individuo sociale, il mezzo deve essere l’esperienza di vita sociale). Per questo il centro della materia è la vita sociale del bambino stesso. • ARTICOLO IV: La natura del metodo. Occorre adeguare l’ordine dello sviluppo delle facoltà, ai bisogni e agli interessi del fanciullo. Considerato che la parte corporea si sviluppa prima della consapevolezza, il lavoro scolastico deve partire dall’azione per assecondare la natura dell’uomo ed essere quindi più efficace. Non si può insegnare a pensare prescindendo dall’azione, perché questo porta il fanciullo di fronte ad astrazioni che non è in grado di comprendere e lo si sottopone a pressioni esterne. Perciò l’interesse non è il punto d’arrivo dell’istruzione, ma il punto di partenza. Reprimere l’interesse significa smorzare la curiosità e mortificare l’iniziativa, l’autoespressione, il desiderio di apprendere; dall’altra pare, indulgere sull’interesse significa essere superficiali e incoraggiare il capriccio e l’impulso immediato. Nel tentativo di soddisfare l’interesse, il fanciullo incontra ostacoli che lo portano ad un conflitto tra impulso ed idea e ciò crea la tensione che costituisce l’emozione. L’emozione nasce per destare la sufficiente energia per affrontare le difficoltà e situazioni nuove, per destare l’impulso. Se il soggetto compie azioni di routine, in cui non è interessato e impegnato, non ha spinte ad agire, in caso di difficoltà non compare l’emozione genuina ma un artificioso sentimentalismo, un’attivazione artificiale. • ARTICOLO V La scuola e il progresso sociale. L’educazione è la base del progresso sociale e di una migliore convivenza. L’educazione è sia individualista (riconosce la formazione individuale da cui si deve partire) che socialista (questa crescita individuale deve essere attuata tramite la partecipazione a un certo modo di essere in società; bisogna fare esperienza di vita sociale). Attraverso l’educazione la società formula scopi, organizza mezzi e risorse per riorganizzarsi e perfezionarsi. Se la società desidera provvedere al proprio benessere deve innanzitutto aver cura dell’educazione. L’educazione deve essere unione perfetta di arte e scienza, perché l’educare stesso è un arte che richiede maturità ed empatia, capacità di osservazione e intuizione e va coniugata a tutte le conoscenze scientifiche possibili (psicologiche-biologiche-sociologiche..) L’uomo con la sua moralità sociale sente di assolvere un compito che ha valore universale, si sente così strumento di un più grande disegno, si sente necessario per l’ordine delle cose. Questa comunione universale, questa devozione, costituiscono per D la religione. È un sentimento di totalità. L’insegnante ha quindi funzione religiosa in quanto tramite di questo sentimento.
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