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John Locke (XVII - XVIII secolo d.C.), Appunti di Storia Del Pensiero Politico

La figura di John Locke, padre del Liberalismo moderno e dell'Empirismo. Si analizzano le sue opere principali, in particolare i 'Due trattati sul governo', che influenzarono il pensiero politico occidentale. Si approfondiscono i concetti di sovranità, potere legislativo ed esecutivo, stato di natura e stato civile, diritti naturali e diritto di proprietà.

Tipologia: Appunti

2019/2020

In vendita dal 17/09/2022

AuroraAlt
AuroraAlt 🇮🇹

4.7

(12)

74 documenti

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Scarica John Locke (XVII - XVIII secolo d.C.) e più Appunti in PDF di Storia Del Pensiero Politico solo su Docsity! John Locke John Locke, vissuto tra il XVII e il XVIII secolo, è il padre del Liberalismo moderno, che intende limitare il potere sovrano, e dell’Empirismo, che ritiene l’esperienza l’unico fondamento della conoscenza. La sua formazione liberale viene influenzata dall’incontro con Lord Ashley-Cooper, conte di Shaftesbury, cancelliere d’Inghilterra caduto in disgrazia. Locke lo segue in Francia dove si lascia influenzare dal Razionalismo cartesiano (secondo Cartesio non tutte le idee scaturiscono dall’esperienza o dalla fantasia, ma alcune sono innate in quanto poste nell’uomo da Dio) e poi nei Paesi Bassi dove conosce Guglielmo d’Orange, futuro successore di Giacomo II Stuart. Il Liberalismo lockiano si trae essenzialmente dai “Due trattati sul governo”, opera fondamentale che ha largamente influenzato il pensiero politico occidentale. Pubblicata nel 1690, essa fu inizialmente ritenuta dalla critica come un’opera giustificatoria della Gloriosa Rivoluzione (o Seconda Rivoluzione inglese) degli anni 1688-1689. Tuttavia, la sua stesura avvenne molto tempo prima dello scoppio di quest’ultima e quindi essa ne fu poi ritenuta piuttosto come un’opera preparatoria. Nel primo trattato, Locke critica i principi contenuti nel “Patriarca” dell’assolutista Robert Filmer, secondo il quale il potere sovrano ha origine divina. Nel secondo trattato (il più importante), invece, egli afferma che la sovranità ha dei limiti e risiede nei sudditi che concedono la propria fiducia al sovrano. Quest’ultimo è vincolato dalle leggi e quindi dal contratto con il quale si fonda lo Stato civile tanto quanto il popolo. Locke, infatti, è un antiassolutista, padre del Costituzionalismo moderno, in quanto ritiene che: • al Parlamento spetta il potere legislativo (sovranità); • al re spetta il potere esecutivo, che è subordinato al potere legislativo e riguarda l’applicazione delle leggi, nonché il potere federativo, che riguarda la gestione della politica estera. In quanto giusnaturalista come Hobbes, anche Locke riconosce il modello dicotomico secondo il quale l’uomo può trovarsi o nello stato di natura o nello stato civile. Secondo Locke, nello stato di natura non vige la sfrenata libertà dalla quale scaturisce il conflitto, poiché gli uomini sono comunque spinti ad agire dalla ragione, attraverso la quale si manifesta la legge naturale che li porta a non danneggiare i propri simili. Nello stato di natura, però, ciascun individuo è giudice di se stesso e quindi l’imparzialità non è garantita. Ciò costituisce una situazione di precarietà per i diritti naturali di cui godono gli uomini, i quali decidono quindi di abbandonare lo stato di natura e di istituire uno stato civile per la loro tutela. La fondazione di quest’ultimo avviene tramite il consenso della maggioranza, che dev’essere considerato l’equivalente di una decisione unanime. Secondo Locke, dal momento che il fine dello stato civile è quello di tutelare i diritti inalienabili dell’uomo, ossia la vita, la libertà e la proprietà, qualora il sovrano attenti a uno di questi, i sudditi possono ribellarsi e revocare la fiducia che in lui avevano riposto. Il diritto di proprietà è il diritto naturale per eccellenza che consente la vita e la libertà personale e consiste nel possesso dei beni guadagnati tramite il lavoro.
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