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Ju. M. Lotman - Il testo e la storia (capitoli I - VIII) - Riassunto, Sintesi del corso di Letteratura Russa

Riassunto dei capitoli da 1 a 8 del libro "Il testo e la storia" di Ju. M. Lotman. Riassunto discorsivo per lo studio e/o il ripasso. Argomento del documento: l'analisi di Lotman dell'opera di A. S. Pushkin "Evgenij Onegin".

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 10/09/2019

AliceBrekker
AliceBrekker 🇮🇹

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Scarica Ju. M. Lotman - Il testo e la storia (capitoli I - VIII) - Riassunto e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Russa solo su Docsity! Il testo e la storia – Ju. M. Lotman I – IL PRINCIPIO DELLE CONTRADDIZIONI Puškin lavora all’EO dal 9/5/1823 a Kišinëv al 25/9/1830 a Boldino (7 anni, 4 mesi e 17 giorni). Pubblicazione dei capitoli: 1. 1825 2. 1826 3. 1827 4. Inizio anno 1828 5. Inizio anno 1828 6. Marzo 1828 7. 1830 8. 1832 Il 20/3/1833 l’EO viene pubblicato sotto forma di volume. Arco di tempo molto lungo, nel quale penetrarono nel romanzo correzioni e discordanze. Es:  Cap. 3, strofa XXXI  la lettera di Tat’jana è in mano a Puškin; cap. 8  la lettera è nell’archivio di Onegin  Cap. 3  si dice che Tat’jana sapeva poco il russo; cap. 5  si dice che Tat’jana è russa nell’anima  Ecc. ecc. Le contraddizioni sono così numerose che è impossibile considerarle casuali, e anzi l’autore stesso sottolinea che non lo sono. Perché? Dobbiamo considerare che il primo capitolo fu scritto a Kišinëv (odierna Moldavia), in una situazione di estrema tensione politica, quando l’autore era in stretto contatto con il circolo decabrista di Orlov-Raevskij. I rapporti con la cellula di Kišinëv si riflettono su tutto il carattere delle opere di questo periodo. 2 Caratteristico delle opere di Puškin negli anni 1822-23 è infatti l’interesse per la satira, che corrispondeva alle posizioni programmatiche della poesia decabrista. Il metodo satirico derivava dall’impegno politico dell’arte come propaganda. Il Sojuz blagodenstvija1 manifesta un vivo interesse per l’impegno della letteratura. Tuttavia si esigeva anche dalla satira speciali requisiti. L’opera di Puškin A Licinio, per esempio, consentiva attraverso le immagini convenzionali della romanità di condannare la contemporaneità e celebrare la repubblica, ma una composizione poetica di quel tipo perdeva di concretezza sul piano della denuncia satirica. Invece il Sojuz b. presupponeva la denuncia di avversari del tutto concreti. In queste condizioni particolare importanza assunse l’epigramma. Puškin scrisse: “Dove non giunge la spada della legge, là arriva la sferza della satira”. E l’interesse che a Kišinëv l’autore manifestò per la satira corrispondeva alle direttrici dello sviluppo della letteratura progressiva dell’epoca e alle teorie letterarie del Sojuz b. In questo contesto si spiega il frammento della commedia di Puškin Skaži, kakoj sud’boj. Si descrive la società nel quale passa il suo tempo l’eroe: sono uomini che avevano partecipato fin da molto giovani alle campagne militari del 1805, 1807 e 1812-15; si faceva riferimento a una parte della società che esisteva realmente (per esempio Griboedov si era arruolato nell’esercito a 17 anni). Nella commedia si delinea un determinato tipo di gioventù che non frequenta le feste, non balla, fa discussioni su cose impegnative. L’eroe però non assomiglia a quei giovani, in quanto non ha mai combattuto e gioca a carte. È evidente come qui P. cercasse non solo di condannare la servitù della gleba, ma anche creare la figura satirica di un rappresentante della “infiacchita stirpe di slavi degenerati” (come li definiva Griboedov), cioè persone non dedite ai valori fondamentali per i decabristi: delo (impegno concreto) e del’noe (cose impegnative). Sono noti l’evoluzione delle valutazioni che Puškin dette dell’EO nelle sue lettere e il passaggio da poema satirico a romanzo a sfondo sociale. Ma sono mutati solo lo schema dell’intreccio e il tono della narrazione, o ci sono stati anche cambiamenti più profondi attinenti al carattere del metodo artistico? Progetto iniziale: contrapposizione satirica tra società mondana e personaggio tratto da quella società VS alti ideali dell’autore. Nella strofa V infatti troviamo che all’eroe interessavano le discussioni “Su Byron, su Manuel / sui carbonari, su Parny / sul generale Jomini”. Gli argomenti sono sì alti, ma il fatto che gli interlocutori del protagonista siano dame del gran mondo conferisce all’intera strofa una sfumatura ironica. La contraddizione tra oggetto della conversazione e fisionomia politico-intellettuale degli interlocutori conferisce al tono della narrazione un carattere ironico. Questo procedimento caratterizza Onegin in tutto il primo capitolo. Onegin non ha una nobile passione per i versi e si sente attratto dall’economia politica. I decabristi da una parte rifiutavano la poesia leggera e auspicavano la presenza di più prosatori, e dall’altra avevano 1 Unione delle prosperità, società segreta decabrista fondata nel 1818 5 II – IL DISCORSO ALTRUI NELL’“EVGENIJ ONEGIN” Per Bachtin: mentre la parola poetica tende al monologismo, l’essenza della parola nel romanzo ha come suo orientamento di principio il discorso altrui. Per il prosatore l’oggetto è un centro di voci pluridiscorsive, tra le quali deve risuonare anche la sua voce; queste voci creano lo sfondo necessario per la sua voce. Per quanto riguarda l’essenza della costruzione artistica e l’impiego funzionale, i principi narrativi dell’EO furono talmente innovatori da non essere compresi dai contemporanei. Il tipo di narrazione artistica dell’EO è una delle principali innovazioni del romanzo; parlare soltanto di discorso “altrui” e discorso dell’autore sarebbe semplicistico, in quanto ci troviamo di fronte a un’organizzazione assai più complessa. Modi in cui è presentato del romanzo in versi il discorso altrui: 1. Monologhi dei personaggi messi in risalto dai segni grafici e dialoghi tra i personaggi del romanzo. Essi svolgono un ruolo importante come mezzo di diretta caratterizzazione linguistica e ideologica degli eroi e si avvicinano al dramma, ma non furono i mezzi più utilizzati all’interno dell’opera. 2. Monologhi non evidenziati da segni grafici. In questo caso all’inizio della lettura possono essere percepiti come discorso dell’autore, ma poi diventa chiaro che il portatore del discorso e l’autore non coincidono (es: Cap. 8, strofa VIII (ultimi 4 versi) vs primi due versi strofa IX). Si ha un’oscillazione dell’orientamento generale del testo, il testo oscilla nel campo “discorso dell’autore-discorso altrui”. 3. Discorso altrui sotto forma di discorso indiretto o indiretto libero. Non espone una posizione testuale esterna rispetto all’autore, ma una sorta di rinvio a essa. Si distinguono due gradi di intensità: a. Evidenziamento delle parole-rinvio mediante il corsivo, che all’epoca spesso corrispondeva alle nostre virgolette. Es: “disse che era sempre pronto”. Sempre pronto è un’espressione ritualizzata di consenso al duello. Il corsivo è dunque importante perché segnala le inclusioni nella narrazione di elementi del discorso altrui. b. Assenza dell’evidenziamento. Es: “Il vecchio, avendo molto da fare, / altri libri non sfogliava”. Avendo molto da fare è anch’esso una formula convenzionale che rappresenta un rinvio al discorso diretto del personaggio. Qui non è usato il corsivo per non dargli troppo rilievo rispetto alla narrazione dell’autore. 4. Citazioni e reminiscenze. Esse svolgono svariate funzioni: a. Collocano il testo dell’autore in contesti esterni. 6 b. (soprattutto le cit. nascoste) creano un’atmosfera allusiva, che suddivide il pubblico di lettori in intimi-estranei, vicini-lontani, quelli che capiscono- quelli che non capiscono. C’è un sistema scalare di avvicinamento del lettore al testo: i più estranei percepiscono il testo come diretto pensiero dell’autore; altri percepiscono l’allusione ma non sanno decifrarla; altri correlano la citazione al testo esterno di riferimento; i lettori più vicini a Puškin conoscono infine l’uso specifico che una cerchia ristretta di amici fa di quella citazione, la “semantica familiare”. Es: capitolo 4, strofa XLV  “immagine di altre cose” è percepito dal lettore come un rinvio ironico alla similitudine tra lo champagne e la giovinezza e l’amore, mentre i conoscenti intimi di Puškin sapevano che era un riferimento a una frase di un’opera di Baratynskij che era stata censurata. Così le citazioni creano un’immagine del lettore di un testo, che indirettamente caratterizza il testo stesso. 5. Testi in lingua straniera. 6. Epigrafi e note dell’autore. Al discorso altrui si contrappone la narrazione dell’autore. I tipi funzionalmente significanti sono: 1. “Consueta” narrazione romanzesca in forme neutrali, che non crea un’immagine avvertibile del portatore del discorso. Una variante più marcata della stessa struttura sono le narrazioni costituite da costruzioni intonative (cioè le domande e le esclamazioni). 2. Discorso rivolto all’interlocutore. La narrazione monologica è sostituita dal discorso dialogico (immaginario). I destinatari possono essere immaginari, storicamente reali, vicini all’autore, lontani in senso storico, spaziale, culturale ecc. Con il variare del tipo dei dialoghi immaginari si trasforma anche il tipo del portatore del discorso. 3. Narrazione dell’autore sulla narrazione dell’autore. La presenza di uno strato metastrutturale e la presenza di riflessioni sul romanzo modificano la funzione della narrazione dell’autore. Al metalivello del testo appartengono anche tutti quegli elementi grafici che Tynjanov ha definito “equivalenti del testo”: la numerazione delle strofe con le omissioni, la sostituzione del testo con i puntini di sospensione ecc. Tutti i tipi di parola altrui e di parola dell’autore hanno una semantica naturale, extratestuale. Tuttavia il significato che assumono nel romanzo è determinato non dalla loro essenza isolata, ma dalla reciproca correlazione. Così Puškin cercava di imitare con i mezzi della narrazione verbale non un testo letterario, bensì la stessa realtà extratestuale. IV – IL PROBLEMA DEL PUNTO DI VISTA NEL ROMANZO Punto di vista artistico = rapporto del sistema con il proprio soggetto. 7 Soggetto del sistema = coscienza capace di generare una simile struttura, e perciò suscettibile di essere ricostruita nell’atto della percezione del testo. Il concetto di “avere significato” presuppone un nesso di relazione, cioè un orientamento. Ma siccome il modello artistico riproduce l’immagine che una data coscienza ha del mondo, questo orientamento sarà del tipo soggetto-oggetto. Esempio (pag 94): “Così, le narici impolverate conficcate nella arida sabbia, / l’affamato leone segue del cervo la traccia afrosa”. Le due espressioni sottolineate hanno punti di vista diversi. La prima ha come soggetto l’uomo che osserva il leone e vede che ha le narici impolverate e l’orientamento è del tipo uomo-leone; la seconda ha come soggetto il leone stesso, in quanto l’uomo non può percepire la traccia di un cervo come emanante odore. Abbiamo quindi non uno, ma più punti di vista, i cui rapporti diventano fonte di ulteriori significati. Nella poesia russa prepuškiniana era caratteristica la convergenza di tutti i rapporti soggetto-oggetto espressi nel testo in un unico fuoco fisso, che coincideva con il concetto di verità. Il pdv artistico era quindi il rapporto tra la verità con il mondo raffigurato. La verità, pur essendo immutabile, era gerarchica, cioè si rivelava in misura diversa alle diverse coscienze. A ciò corrispondeva una gerarchia di pdv artistici che stava alla base delle leggi dei generi letterari. Anche nella poesia romantica i pdv convergevano in un centro fissato, che coincide con la persona dell’autore. Puškin invece già con Ruslan e Ljudmila inizia a creare un sistema artistico diverso. Ciascuno dei singoli frammenti del testo poteva rientrare nelle interpretazioni tradizionali, ma la confusione dei pdv aveva l’effetto di tramutare il mondo della creazione artistica in regno della relatività. Vediamo ora invece l’EO. La prosa perifrastica (soprattutto quella di Karamzin) è considerata da Puškin non veridica, e al testo strutturalmente organizzato viene contrapposto il “semplice” contenuto, inteso come la vita stessa. Sorge quindi il compito di creare una struttura che possa essere percepita come assenza di struttura. Come si sviluppa nel romanzo questa costruzione del testo? Si raggiunge l’effetto di semplicità non semplificando la struttura, ma complicandola. Al metodo di costruzione del testo falso e letterario è contrapposto quello vero e semplice; il contenuto “semplice” è l’idea, contrapposta alla convenzionalità dell’espressione artistica. Nel 1822 Puškin sostiene che il “linguaggio semplice” sia indispensabile solo nella prosa, ma poi si verifica un’espansione della prosa (intesa come semplicità e rifiuto della letterarietà) anche in poesia. L’aspirazione a svelare il contenuto vitale delle espressioni romantiche facendole entrare in collisione con la “prosa” della realtà è uno dei procedimenti più diffusi dell’EO. Il testo che emerge è quindi costituito da parti in correlazione binaria, dove uno 10 La sua struttura presupponeva sia confini ritmici sia la loro violazione, quindi lo schema strofico aveva 16 possibilità di coincidenza o non coincidenza dei segmenti ritmici e sintattici a livello delle quartine substrofiche. Oltre a ciò, ogni verso poteva avere una pausa con una diversa intonazione sintattica, dando luogo a cinque varianti: (1). (2) , (3) ; (4) pausa sintattica al centro del verso (5) pausa sintattica al centro del verso successivo. Tenendo in conto entrambi i fattori, le varietà possibili sono 516. La costante sensazione che tale ricchezza distrugga l’intonazione suggerita dalla struttura ritmica crea l’impressione della scioltezza che vince la convenzionalità del discorso poetico. Quindi anche qui per effetto della complicazione della struttura si produce l’illusione della sua distruzione. Le parti della strofa, grazie alla varietà dei rapporti che tra loro si stabiliscono, sono quasi sempre portatrici di intonazioni diverse, ma l’informazione veicolata dall’intonazione dell’intera strofa risulta non dalla somma delle varie intonazioni, ma dal loro rapporto. E a sua volta la strofa è percepita in rapporto alle altre strofe. Lo stesso vale per la melodica lessicale (ossia l’intonazione propria di determinati generi di poesia + l’intonazione definita dalla sfera del lessico). Nel XVIII secolo e nel romanticismo ciascun genere poetico presupponeva un tipo di lessico rigidamente prefissato. Nell’EO non solo il lessico ammesso nella poesia viene ampliato, ma c’è anche un livellamento di diversi e opposti strati stilistici (vedi cap. precedente). V – LETTERATURA E LETTERARIETÀ NELL’ONEGIN Le reminiscenze letterarie nell’EO sono fondamentali, ma la “letterarietà” è sempre mediata dall’ironia dell’autore. Puškin infatti muove dal rifiuto di ogni forma di letterarietà: a classicismo e romanticismo contrappone la poesia della realtà, e nell’EO si prefigge di riprodurre non una situazione reale filtrata attraverso il prisma della poetica del romanzo, ma una situazione reale in quanto tale. I lettori contemporanei si rifiutavano di ravvisare nell’EO una totalità artistica organizzata, e cosideravano l’opera un insieme di quadri e descrizioni, non un romanzo. Romanzo era infatti considerata quell’opera che, anziché copiare la realtà, la traduceva nella lingua delle condizioni artificiali richieste dalla critica. Puškin, però, eluse tutte le norme considerate imprescindibili non solo per il romanzo, ma per tutto ciò che fosse definito testo letterario. In primo luogo l’oggetto della narrazione non era presentato al lettore come un testo compiuto, ma come un frammento arbitrariamente ritagliato da una vita arbitrariamente scelta. A ciò si collega la mancanza dell’inizio e della fine nel senso che questi concetti hanno nella letteratura. L’incipit non poteva in alcun modo essere associato a un proemio, e proprio per sottolineare l’assenza di un vero e proprio inizio Puškin concluse il settimo capitolo con una introduzione parodica. Ancor più evidente è l’assenza della fine: nel XVIII sec. il romanzo si concludeva con il trionfo della virtù, mentre nel romanticismo era richiesto l’opposto (il vizio). Puškin inoltre evitò i segni tradizionali della fine, ossia la morte e il matrimonio. 11 Per questi motivi la critica considerava futile il contenuto del romanzo e gli amici gli chiedevano di concluderlo. Inoltre, tutta la storia dell’interpretazione dell’EO da parte di lettori e critici si riduce al tentativo di dare al romanzo una “fine”. Una fine proposta con insistenza è quella della conclusione dell’amore di Onegin e Tat’jana con l’adulterio. Un’altra era quella della morte dell’eroe, e in molti ritenevano che Onegin avrebbe aderito alla rivolta decabrista e quindi sarebbe stato confinato in Siberia o morto nel Caucaso. Tutte queste ipotesi rivelano la propria debolezza: il desiderio di integrare il testo reale con una “fine”. Ma anche la struttura stessa interna all’intreccio ingannava le aspettative dei lettori. Quasi tutti i critici ritenevano i caratteri dei personaggi mal delineati o incoerenti. Ma questa impressione era frutto degli sforzi dell’autore, che segue il principio per cui il testo suscita una certa aspettativa artistica, la quale poi diventa oggetto di discussione al metalivello, viene sconfessata come stereotipo letterario e respinta dall’autore. Gli eroi dell’EO si trovano spesso in situazioni già note ai lettori sulla base di altri testi letterari, ma essi non si comportano secondo le norme della letterarietà, e per questo i nodi dell’intreccio suggeriti al lettore non si realizzano. L’intreccio è costituito da eventi che non si verificano. Secondo la tradizione del romanzo c’erano gli eroi che si amavano e dall’altra gli ostacoli da superare per potersi amare (es. norme della società). Se vincevano gli amanti si aveva il lieto fine, se gli ostacoli erano invalicabili la fine tragica. Invece nell’EO c’è il mancato verificarsi degli eventi non perché questi spunti dell’intreccio manchino, ma perché rimangono inoperanti. Es: all’inizio non ci sono ostacoli al matrimonio tra Evgenij e Tat’jana, ma i due non si sposano; alla fine c’è un ostacolo all’amore (il matrimonio di Tat’jana) che dovrebbe essere superato, ma è Tat’jana stessa a non volerlo superare o rimuovere considerandolo un valore morale. Gli eventi non possono essere dunque considerati anelli di un intreccio, perché non portano a niente; il loro verificarsi non porta a qualcosa, gli eventi si verificano e basta. Questa ostentata disorganizzazione è solo apparente: essa non nasce dal rifiuto delle regole dell’intreccio, ma dal loro intersecarsi reciproco, che mette in luce qualsiasi convenzionalità dell’intreccio romanzesco rispetto alla realtà. Ma questa “non strutturazione” della vita, considerata legge di verità dall’autore, determina la tragedia dei suoi eroi, che non possono realizzare le loro possibilità interiori e il loro diritto alla felicità. Un’altra peculiarità del romanzo è che è costruito secondo il principio dell’aggregazione di nuovi episodi. Questo tipo di struttura non è raro nella letteratura: è tipico delle narrazioni incentrate sugli eroi popolari (es: Sherlock Holmes, ma ci sono anche esempi precedenti a Puškin). Comune a queste narrazioni è l’autonomia dei singoli capitoli, in cui vengono aggiunti sempre nuovi elementi intorno all’eroe, che rimane immutato. Una volta conferito all’EO questo carattere di romanzo a puntate, tuttavia, Puškin modificò questo principio strutturale: non presenta un eroe che in situazioni diverse dimostra le stesse qualità, bensì un protagonista che ogni volta ci si presenta diverso. Conseguentemente, mentre nel romanzo a puntate ci si interessa alle azioni dell’eroe e a quello che fa nelle diverse situazioni, nell’EO emerge ogni volta in primo piano il confronto dei caratteri. 12 I capitoli sono infatti costruiti secondo delle opposizioni binarie, per es: Onegin-società pietroburghese; Onegin-autore; Onegin-Lenskij; ecc. (per liste complete vedere pagg 137- 139). Tutti gli eroi sono correlati con il personaggio centrale, ma non stanno mai in rapporto tra loro. Gli altri eroi del romanzo si suddividono in due gruppi: quelli che esistono solo in rapporto alla figura di Onegin e quelli che hanno una certa autonomia, la quale è data dalla presenza di personaggi correlati e dal numero di tali correlazioni. Per es.: la njanja è correlata solo a Tat’jana; Ol’ga a Tat’jana e a Lenskij; Lenskij ha solo tre opposizioni; Tat’jana ne ha quasi quante Onegin4. Per effetto di questa struttura ogni carattere si risolve in un complesso di tratti distintivi5. È interessante notare che, nonostante il testo fosse costruito volutamente come narrazione/chiacchierata, i caratteri non siano presentati con il fluire del discorso (la descrizione), bensì con i mezzi della “lingua del sistema6”. Come sappiamo, i destini degli eroi si svolgono in un complesso intersecarsi di reminiscenze letterarie. L’attività di questi nessi extratestuali si manifesta però nel fatto che l’aspettativa da essi suscitata è sempre consapevolmente delusa. E più l’eroe si avvicina al mondo della letterarietà, più l’autore è ironico nei suoi confronti. Il fatto che Onegin e Tat’jana nel cap. 8 siano fuori di vincoli delle associazioni letterarie è avvertito come il loro ingresso nel mondo autentico della vita reale: un mondo semplice e tragico. VI – “LA POESIA DELLA REALTÀ” L’obiettivo dell’EO è creare un’opera letteraria la quale, superando la letterarietà, venisse percepita come la realtà extraletteraria, senza cessare di essere letteratura. E abbiamo visto che per farlo Puškin aveva respinto apertamente la ritualistica del romanzo. Il tipo di struttura scelto dall’autore è molto complicato. Da un lato, presuppone che si superi costantemente la struttura, mettendola in evidenza e facendola oggetto di cosciente descrizione. Dall’altro, queste continue definizioni dei vari aspetti della narrazione sono inserite nella sfera dell’ironia dell’autore e si rivelano vane al lettore, convenzionali, inadatte a rendere l’essenza dei fenomeni. La struttura narrativa così costituita otteneva l’effetto della “non strutturalità” non attraverso la semplificazione della struttura artistica, bensì tramite la massima complicazione del testo. Soltanto un testo che soggiacesse a questo complicato tipo di organizzazione poteva essere percepito come non strutturato, come “chiacchiera”. Allo stesso modo, gli eroi sono spesso messi a confronto, identificati e contrapposti a determinati personaggi letterari. Ma questi accostamenti caratterizzano l’eroe in modo approssimativo e superficiale. Sin dal primo capitolo Onegin aveva di fronte più di un possibile percorso letterario: l’epigrafe rimandava all’eroe della poesia elegiaca; altre parti rimandavano alla maschera stereotipa del dandy; l’insieme di queste tradizioni letterarie, infine, evocava nella memoria 4 Da notare che il marito di Tat’jana non svolge mai il ruolo di carattere a lei contrapposto: è solo una circostanza di intreccio personificata. 5 Proseguimento simile in Geroj našego vremeni di Lermontov. 6 Io direi: con i mezzi della struttura. 15 permette a Puškin da un lato di ricordare al lettore che i suoi personaggi sono frutto della sua fantasia artistica e devono rispettare le leggi della letteratura, dall’altro che, essendo allo stesso tempo persone reali, con la letteratura non hanno niente a che fare. Inoltre Puškin creò un rapporto nuovo tra il testo artistico e la teoria letteraria che a esso corrispondeva. Abbandona infatti l’idea che per la creazione di metodi artistici nuovi sia necessario rifiutare quelli precedenti, e la sostituisce con la concezione dell’immediata vitalità di tutto lo spessore delle stratificazioni culturali artistiche passate e a lui contemporanee. Oltre a ciò, quello che lui stesso aveva già sperimentato non era respinto, ma diventava costitutivo del nuovo. Questo principio, comunissimo per i livelli del testo che si sviluppano spontaneamente, è qui trasferito nella sfera dei sottoinsiemi artistici consapevolmente organizzati. Si deve quindi esaminare la correlazione tra “spontaneo” e “teorico” nell’EO. Di solito il lettore vive il testo di un romanzo in due dimensioni: (1) immergendocisi e indentificandolo con la realtà; (2) valutando il testo e confrontandolo con la vita, e quindi il romanzo ci si presenta non come parte della realtà, ma come sua spiegazione. L’EO invece esige una percezione diversa: (1) gli elementi metastrutturali ci ricordano che abbiamo a che fare con un testo letterario, e quindi non abbiamo l’illusione della realtà, perché l’autore ci mostra le scenografie del retro; (2) ma osservando l’opposizione “letteratura/realtà” ci rendiamo conto che l’EO esce dalla sfera letteraria per irrompere nel mondo della realtà; (3) allo stesso tempo, molti elementi (il sottotitolo “romanzo in versi", l’impostazione del racconto, la storia d’amore…) inducono il lettore a inserire l’opera nella serie delle opere romanzesche a lui già note e fanno sì che la interpreti proprio come romanzo. È evidente dunque che la percezione del lettore lavorava in direzione opposta agli sforzi dell’autore: il lettore restituiva all’EO le proprietà del modello di arte che si collocava al di sopra della realtà empirica. Queste complesse variazioni del funzionamento del testo sono illustrate concretamente nel processo di trasformazione che la tradizione oneginiana ha avuto nel destino del romanzo russo. Ci interessano due aspetti della ricezione dell’EO. Da un lato, l’EO fu una sorta di campione che determinò molti aspetti che in seguito sarebbero diventati tipici del romanzo russo. Dall’altro, il testo dell’EO subì trasformazioni sostanziali. Ogni autore infatti traeva dalla totalità del romanzo singoli aspetti di senso. Il parallelismo più ovvio è quello Onegin-Pečorin. Ma come interpretò Lermontov il tipo oneginiano? Anche in Un eroe del nostro tempo è attivo il principio per cui i personaggi si autointerpretano attraverso gli stereotipi letterari. Ma se nell’EO l’autointerpretazione letteraria è segno di ingenuità, di una visione inautentica della vita, in UEDNT i personaggi più colti/ricchi/ecc. sono tutti codificati dalla tradizione letteraria, mentre quelli esenti da autocodificazione sono gente semplice. Ma attenzione: Pečorin è codificato dalla figura di Onegin, ma proprio per questo non è Onegin, bensì una sua interpretazione. Per lui essere Onegin è un ruolo. 16 Inoltre, da Onegin deriva l’“uomo superfluo”, ma Onegin stesso non lo è. L’uomo superfluo è colui che è romanticamente consapevole della sua fine (trionfo o morte) e vive per essa, ma, una volta che la sua fine arriva, continua a vivere, e ovviamente la sua vita successiva all’attività diventa una perdurante inattività. L’uomo inutile è uno che è rimasto vivo nonostante il fatto che la sua parte della vita mirasse tutta alla morte. Questo tema della fine percorre tutto Lermontov, e per la sua generazione esso era ancora pieno di un contenuto storicamente reale: il 14 dicembre, rivolta decabrista. In Tolstoj, invece, si ha l’eroe che risorge, il quale si contrappone ai personaggi della serie “uomo superfluo-eroe romantico” i quali, “morendo” a metà dell’azione, trascinano poi un’esistenza da morti viventi. Quindi la tradizione di Onegin non è la ripetizione dei tratti oneginiani ma la loro trasformazione. Analogo discorso può essere fatto per l’intreccio, che viene interpretato in due modi fondamentali. La prima tradizione conseguente all’EO è il conflitto “eroe oneginiano VS eroina”, e da questo deriveranno molti romanzi di Turgenev, Gončarov e Nekrasov. L’altra è quella dello scontro tra due personaggi maschili, originato dal conflitto Onegin-Lenskij; da questo discendono La principessina Mary in UEDNT e Padri e figli di Turgenev. Oltre a queste poi ci sono molte altre vie di assimilazione della tradizione oneginiana relative all’intreccio: vedi il progetto originario di Anna Karenina, che scaturiva dalla discussione sul comportamento di Tat’jana. (Inoltre non fu colta la struttura rigorosamente romanzesca, e spesso le figure del romanzo venivano interpretate come entità separate dall’opera, mentre per comprenderle è fondamentale comprendere il posto che esse occupavano nella struttura generale dell’opera.) Quindi, pur avendo dato origine a una complessa e multiforme tradizione romanzesca, l’EO resta sostanzialmente al di fuori di essa. Anche per quanto riguarda il rapporto arte/vita l’EO è un unicum. Se prima dell’EO la vita era vista come una sequenza di osservazioni slegate nelle quali l’artista, grazie al genio creativo, scopre armonia e unità, dopo l’EO l’osservazione quotidiana equivaleva all’affermazione che l’uomo è semplice e non contraddittorio, e l’artista vede lacerazioni e contrasti dove l’osservazione banale vede una volgare e consueta unità. L’EO segna un momento di equilibrio tra queste due tendenze: alla letteratura sono ascritte proprietà della vita e viceversa. Quando parliamo di Puškin, siamo solito definirlo un fondatore, sottolineando il legame all’epoca a lui successiva e la rottura con quella precedente, ma in realtà lui era molto incline a sottolineare la continuità dello sviluppo culturale. La forte originalità della struttura artistica dell’EO non fa che sottolineare il duplice legame con la cultura dell’epoca precedente e con quella dell’epoca successiva. L’analisi storica del rapporto dell’EO con la tradizione precedente e successiva ci impone uno studio del testo come tale con la stessa inevitabilità con cui l’analisi intratestuale ci 17 obbliga a indagare i legami storici extratestuali. Soltanto nel punto di intersezione tra queste due prospettive possiamo trovare l’accesso del mondo artistico dell’Evgenij Onegin.
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