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KAFKA vita e opere, Il processo, Appunti di Letteratura Classica

Kafka vita e opere, approfondimento su ''Il processo''

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 10/04/2022

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6 documenti

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Scarica KAFKA vita e opere, Il processo e più Appunti in PDF di Letteratura Classica solo su Docsity! Kafka (1883-1924): con Proust e Joyce condivide l’epoca (Praga 1883-1924, il più giovane), vivono lo stesso clima europeo del sapere e delle notizie, i tempi di pubblicazione. Di origine ebraico-boema, compì gli studi nelle scuole tedesche della città natale; a partire dal 1901 studiò anche all'università tedesca di Praga, seguendo prima corsi di germanistica, poi di giurisprudenza. Si laureò nel 1906 e, dopo un anno di pratica giuridica, nell'ottobre del 1907 trovò impiego nel ramo assicurativo che mantenne fino al 1922, quando dovette andare in pensione anzitempo perché minato dalla tubercolosi. Incompreso in famiglia, ebbe amici fedeli come Max Brod e cercò spesso affetto nel mondo femminile, vivendo esperienze oltremodo complesse, sintomatiche di un autentico disagio interiore. Fu con la berlinese Felice Bauer (1914 e 1917)* poi breve relazione con Grete Bloch, con Julie Wohryzek, boema; nel 1920 iniziò una relazione epistolare, con la giovane scrittrice boema, trapiantata e sposata a Vienna, Milena Jesenská-Polak; visse gli ultimi mesi accanto a Dora Diamant. Ad una vita esteriormente incolore corrispondeva interiormente una ricchezza problematica tale da promuovere, nella testimonianza letteraria, una delle prove più pure e più significative della "Weltliteratur" della prima metà del sec. 20°. La sua produzione letteraria è inseparabile da Praga, una città moderna, la terza città dell’impero, per importanza e grandezza dopo Vienna e Budapest, un mondo mitteleuropeo che raccoglieva sotto la stessa doppia corona una grande quantità di popoli ed etnie diverse. La gran parte degli abitanti è ceca, di classe lavorativa, con minoranza di lingua tedesca, e la maggioranza erano ebrei di questa minoranza, i quali avevano posizioni centrali importanti. Kafka apparteneva alla minoranza della minoranza. La città viveva una grande stabilità, differenze sociali con i cechi (esplodono 1918), industrializzata e ricca. Nasce in condizioni agiate, anche se il padre era arrivato dalla Moravia e aveva messo su da solo un negozio e una ditta di articoli di moda. Era borghese ma non alto, era una famiglia benestante ma non colta/attenta sulla cultura. Votato alla letteratura, ma mai professionalmente: fu scrittore non eccessivamente prolifico, di ciò che scrisse poco condusse a compimento e lasciò un’ampia produzione postuma: Prima del processo affronta sei anni di scrittura e pubblicazione di qualcosa, questo del 1914 è un suo punto maturo della poetica, ‘’entra’’ infatti nello stato dello scrittore consapevole dal 12 al 24, un periodo breve. -Nel 1908 inizia pubblicando piccole prose su giornali locali praghesi, sono raccolti nel primo libro chiamato Meditazione, oppure Contemplazione (Betrachtung, iniziate nel 1904, uscite nel 1912) -Era il suo secondo romanzo, il primo si chiamava ‘’Il Disperso’’ del 1912, così chiamato nei diari, non pubblicato. Max Brod, amico ed esecutore testamentario di Kafka, che ne curò la pubblicazione, lo cambiò in ‘’America’’, 1927. -Nel 1912 arriva con un’epifania a scrivere un racconto che per la prima volta lo soddisfa e gli dà delle informazioni salde sulla sua domanda da scrittore: si tratta di un racconto chiamato ‘’Il Verdetto’’, costituito da 6-7 pagine che scrisse tutta la notte in un unico tratto. E’ un atto di scrittura, un’opera piccola ma che ha giudicato profondamente ben riuscita. Kafka è totalmente originale e immerso nel suo mondo senza predecessori e successori. Scrive anche l'impressione che gli ha dato scrivere il racconto, cosa aveva visto riuscito. ‘’Il verdetto’’ prende forma di modello letterario per vita successiva, tale rimane paragone su cui misura tutto ciò che viene poi, rimanda a quella qualità e concentrazione. Non era scrittore di professione, di giorno lavorava in ufficio come giurista, burocrate, in ente per assicurazione per incidenti sul lavoro, e di notte scriveva. -Il processo 1914-1915. Non si sa bene quando fu scritto, le notizie sono nei suoi diari e quaderni. Romanzo non pubblicato, altra ottica: non si sa come lo avrebbe modificato in ultima stesura, abbiamo un qualcosa di suscettibile di ulteriori cambiamenti, incompiuto. Nel 1920, il manoscritto del romanzo arrivò nelle mani del suo amico Max Brod, pubblicò Il processo nel 1925. -Il terzo e ultimo romanzo è ‘’Il Castello’’ del 1922, stesso anno di Ulisse. Frammentario, non pubblicato, solo nel 1925-6. IL VERDETTO: (Fonte: dai diari di Franz Kafka, Tagebucher. Esistono 2 edizioni critiche-> quella di Francoforte e di Oxford.) La sera del 22 settembre 1912 è alla scrivania a scrivere un inizio narrativo, cosa gli veniva in mente, senza progetti, scrive appunti di diario, tira un frego e inizia a scrivere un inizio narrativo, per una volta gli riesce, tira un altro frego e commenta subito l’esperienza avuta, contemporanea alla scrittura, non ha interlocutore, ma è una testimonianza. Cenno esplicito a Freud-> non frequente in kafka essere esplicito. E’ un'esperienza di scrittura, nella letteratura critica considerato un passaggio dalla fase giovanile alla matura, rimasta una sorta di modello personale, suo modo di percepire che avrebbe segnato la misura del testo riuscito, prima spinta in avanti nella sua consapevolezza da scrittore. E’ un’ispirazione concepita in senso concreto nel trovare la fusione. E’ una dichiarazione di poetica che fa a se stesso, riconoscendo quest’intensità sa che non potrà scendere a livelli più bassi (negli anni successivi ritornerà a quella data). E’ anche un autocommento di Kafka, una scrittura privata senza intenzioni di pubblicazione, ma alto dal punto di vista stilistico e di qualità, come se fosse una pagina di letteratura. Qual è il limite? si deborda da entrambe le parti, e Kafka fa un uso particolare di questo limite. Relazione tra vita e scrittura in maniera drammatica (non tragica), ma anche umorismo straordinario. Kafka avrà a che fare con la non-progettazione, un lasciarsi andare alla concentrazione. (aveva in mente il racconto di un figlio che parte per la guerra, poi cambia idea e si ritrova davanti a qualcosa che non conosce e non ha pianificato come opera). Scrive di getto, registrando la ripercussione fisica, il fatto di essere atrofizzato e di avere provare la sensazione corporea di spostarsi dalla postazione rimasta uguale per ore. Lo svolgersi vuol dire che si dispiega, come un gomitolo che diventa filo e si svolge, e nel vederlo ed essere sorpreso, ne registra lo sforzo spaventoso e la gioia. E’ uno sforzo: di getto non vuol dire che sia facile, anzi gli costa parecchia fatica fisica. Nella notte gli riesce, ma usa la parola ‘’lavoro’’ per la scrittura, che si coniuga con degli stati di concentrazione, ‘’ispirazione’’. (E’ difficile che si incontrino). Lui aveva una concezione della scrittura legata al lust, piacere: sforzo ma contemporaneamente un piacere non sublimato, ma fisico, infatti parla spesso del suo corpo capace di tantissima felicità, che però perde velocemente le forze. ‘’Gluck’’ usata quando qualcosa gli riesce, una felicità psicofisica. E’ giusto accostare ‘’gluck’’ e ‘’lust’’ a Eros, passioni erotiche molto vitali che si trasformano in scrittura. Questo intenderà con Eros nella sua vita. persino di positivo essa comporta, la sua battaglia per l'esistenza. E’ un incubo legale/giudiziario e di sotto c’è la sua esperienza ravvicinata al mondo burocratico che viveva di parole, carte e leggi. E’ narratore di una società burocratizzata, effettivamente vedeva quanto stava accadendo: un mondo distopico, ma in realtà la burocrazia è complessa, non sempre funzionale, poco penetrabile e molto opaca, e crea molte angosce. Nei suoi romanzi vi sono meccanismi costituiti da quest’ultima. TRAMA La trama è fatta di discorsi dell’unico protagonista Joseph K. (gli altri personaggi non hanno personalità, sono funzionali all’accadere, dopodiché scompaiono) per cercare di capire gli altri che gli vengono incontro e sembrano dargli delle risposte. Alcuni capitoli sono strutturati in sequenza tra di loro, il che tiene insieme gli eventi interni. I capitoli si chiudono su se stessi per far iniziare una nuova scena. Questo dà grande forza al romanzo, ma rende difficile la consequenzialità. 1- K. si sveglia una mattina nella pensione borghese in cui abita e vede che c’è qualcosa di diverso dal solito: nessuno viene a portare la colazione, arrivano due sconosciuti che gli chiedono di restare in camera, dopodiché viene a sapere che è in arresto, senza preavviso. Non gli risulta di aver fatto qualcosa, cerca di capire chi sia che l’ha dichiarato in arresto, chi siano loro e l’istituzione, e il di tutto. Rivelatesi delle guardie, gli impongono di stare in silenzio ed aspettare di essere chiamato. Inizialmente si ribella. Vive quest’enigma che nessuno scioglie. Le sue domande iniziali e i suoi tentativi per venirne a capo non troveranno risposta per tutto il romanzo, fino al fallimento e la conseguente esecuzione. 2 - Dopo la prima giornata drammatica, è un rapido susseguirsi di udienze a cui è sottoposto per concludere ‘’il processo’’ velocemente. Il secondo e l’ultimo atto dell’autorità giuridica sarà telefonargli in ufficio e convocarlo, dando un indirizzo (Juliusstraße, una casa in periferia) senza orario. La prima udienza (preliminare) occupa l’intero capitolo. Un’assemblea con gente indaffarata e vestita in modo strano, quasi nessuno a rivolgergli l’attenzione. L’uomo sul podio lo rimprovera per il ritardo, fa tacere tutti intorno. Solo dopo un lungo discorso che sembrava convincere e sembrava umiliare tutti, si rese conto, vedendo i distintivi, che erano tutti dell’organizzazione. Joseph K fa l’errore di non chiedere e si mette a parlare all’assemblea che lo ascolta e spiega perché questo tribunale non funziona per quello che aveva visto fino a quel momento. Alla fine dell’udienza si ritrova esattamente al punto di prima. 3 - Segue l’altro chiamato ‘’nella sala delle udienze vuote’’: nessuno si fa più vivo e il protagonista ritiene di ritornare la domenica dopo nello stesso posto e lì incontra determinate persone che gli danno informazioni su questa identità sconosciuta, come uno studente e una donna di modesta condizione che abita in questo palazzo (che era entrata la domenica prima interrompendo l’udienza), la quale vuole aiutarlo, confidandogli che l’ispettore scrive moltissimo, fino a notte, ma poi delude K andando via con lo studente. Scopre che il tribunale è in un solaio. (‘’non ha nemmeno molto senso spendere nei vestiti, dal momento che siamo quasi perennemente nelle cancellerie, persino a dormire.’’). Si sente male, deve uscire dal tribunale, l’informatore e la ragazza lo aiutano anche se in modi strani. Prima era con l’usciere, poi è andato via. 4 - K. tiene un discorso con la signora Montag che faceva il trasloco per prendere il posto della sua amica, la signorina Bürstner, la quale non si fa vedere da tanto (nella sua stanza si è tenuto il primo dialogo con le guardie). 5 - Nel quinto capitolo ‘’il bastonatore’’, è primavera, le guardie Franz e Willem vengono trovate da K nel ripostiglio del suo ufficio, insieme ad un bastonatore: devono essere bastonati perché K ha parlato male di loro all’ispettore, per l’irruzione in casa sua. Lui intende liberarli e non vuole che accada, ritiene colpevoli solo gli alti funzionari. Il giorno dopo trova la stessa scena a lavoro: la scena sadomaso, modernamente comica, delle guardie nude con il bastonatore e la sua verga (chiede ai colleghi di pulire). 6 - Dopo questo intermezzo, nel sesto capitolo giunge lo zio Karl che vive in campagna (‘’il fantasma di campagna’’), preoccupato e venuto a conoscenza del suo processo, gli propone di trasferirsi da lui per un breve periodo, e intanto lo porta dallo stranissimo avvocato Huld, avvicinandosi alla periferia dove si era tenuta la prima udienza. L’avvocato era malato, gli faceva compagnia una ragazza di nome Leni, che sembrava una bambola e triste. L’avvocato malato sapeva tutto sul suo processo, poiché fa parte dell’’ambiente giudiziario’’. Dal buio esce il signor direttore della Cancelleria, un anziano. L’infermiera Leni rimane sola con K, gli consiglia di fare la sua confessione per svignarsela. 7 - Nel settimo capitolo (inverno), avverrà l’esplorazione dell’identità accusatrice attraverso altri personaggi: l’avvocato, l'industriale, il pittore. K è tormentato, pensa di stendere una difesa e nel frattempo i documenti del tribunale, soprattutto l'atto di accusa, non sono accessibili né all'imputato né alla difesa, quindi non si sa contro che cosa deve indirizzarsi la prima istanza (e mancavano gli interrogatori). 8 - K. continuerà ad ottenere informazioni dal Commerciante Block e deciderà di chiedere la revoca all’avvocato. Il commerciante è cliente dell’avvocato da circa 5 anni per un processo, oltre a lui è cliente di altri 6, che gli servono tutti, ed è spaventato perché è ‘’vendicativo’’, diventa però il suo cane fedele. 9 - Nel nono capitolo, la scena nella cattedrale dove vi è un cappellano del carcere che gli dà le informazioni, darà modo a Joseph K. di capire cosa sta per succedere. 10 - Alla vigilia del suo 31esimo compleanno arrivano alla sua abitazione due signori, con cappelli a cilindro: ‘’E’ per me che venite, vero?’’, K. era preparato nonostante non fosse stato avvisato della visita. Gli accompagnatori lo tenevano stretto sottobraccio. Inizialmente volle ribellarsi e non proseguire, poi non ritenne eroico opporre resistenza, ricominciare tutto da capo dopo un anno di processo, si rimise quindi ai suoi accompagnatori. Addirittura: sostavano o camminavano dei poliziotti e anche se uno si avvicinò, trascinò avanti i due signori con forza. Allontanati dalla città, trovarono il luogo adatto. K sembrava compiacente. I due avevano un coltello da macellaio e iniziarono i convenevoli su chi dovesse sbrigare la questione. Sapeva di doverlo impugnare lui, ma non lo fece. A vedere affacciarsi un uomo da una finestra, si interrogò su tutto, e nel frattempo gli fu introdotto il coltello nel cuore. ANALISI Come è evidente dal primo capitolo della strana udienza/tribunale/pubblico con un giudice inverosimile, l’ente che lo sta accusando, il suo antagonista è il tribunale (dal tedesco das Gerickt). Le forme di quest’ultimo le conosce, ma capisce che non si tratta di un tribunale normale. Qualcosa non si svolge nei fatti, ma nelle parole, nei discorsi: il punto è che Joseph K sta dentro il mondo del linguaggio, un mondo di parole, si tratta sempre di atti discorsivi. I meccanismi di potere passano attraverso le parole in maniera migliore che l’atto di violenza concreto. La violenza fatta dalla retorica non è facilmente individuabile, più insidiosa. Entra in questo meccanismo labirintico che non porta da nessuna parte. Quello che Joseph K sente come un andare avanti, in realtà poi non lo porta fuori e lo tiene dentro. Joseph K è oggetto di violenza in una questione legale, ed a contare sono le leggi e le sentenze, che non sono atti fisici bensì di parola: capisce vivendo lì che è attraverso questo che viene regolato il mondo. Si delinea la burocrazia giuridica, che tiene perfettamente nelle sue assurdità: funziona così bene proprio perché funziona così male. Le informazioni date dagli altri non sono mai complete ed esaustive, sono apparentemente chiare e interpretabili, date sempre da personaggi che non sono funzionari o giudici (parte parodistica). I Funzionari stessi, anche molto alti, dapprima sembrano farsi convincere, ma possono formulare una nuova presa di posizione contraria alla difesa, una volta rifilati nelle loro segreterie. In genere rilasciano per il giorno seguente un rapporto conclusivo di contenuto totalmente opposto, molto più severo per l'imputato. La gerarchia, i gradi del tribunale erano infiniti e il procedimento davanti alla corte era in generale segreto anche per i funzionari di livello inferiore. Un’altra volta non ci si può difendere poiché è stato tutto detto a parole, a quattr'occhi. K si trova sempre nella posizione inferiore e di impotenza rispetto a chi le informazioni le possiede, è la situazione di chi deve interpretare quello che ha intorno, perché niente ha forma da solo. E’ una sfida interpretativa del personaggio e del lettore stesso, la cui prospettiva è identica. Nel Capitolo 7 ‘’avvocato industriale pittore’’, K. risulta davvero stanco (era reattivo): dedicava le sue energie alla lotta di sopravvivenza all’interno della banca, piena dell'ideologia borghese della competizione e del prestigio, mentre dopo viene tutto assorbito da un pensiero che si complica senza arrivare a nulla. L’imputato non fa nulla, anzi entra sempre di più dentro il pensiero. Riflette sui discorsi dell’avvocato, poi entra in gioco un industriale che gli consiglia di andare da un pittore del tribunale che gli darà risposte fondamentali, ma che Joseph K. rifiuterà. Dopo una lunga tirata in discorso indiretto, si insiste sulla presenza delle bambine, che non dà alcun sostegno alla trama, bensì svolge la ‘’funzione poetica’’ del pezzo di prosa e ci mette di fronte ad un universo. K. sente alcuni sintomi come di soffocamento quando entra dal pittore, e lo stesso prima con le cancellerie dell’udienza. A seguito scopre le cancellerie del tribunale anche all’interno della stanza, dopo aver messo ed aver guardato fuori dalla porta. Non era stupito da quello, ma più dalla sua ignoranza in questioni giudiziarie. La parte sentimentale era un dilemma: faceva parte della borghesia e secondo il comandamento sociale, da bravi funzionari della monarchia asburgica, si aspettavano tutti la stessa cosa. In senso vitale, tramite terza istanza, pensava alla natura e che era giusto far qualcosa affinché la natura si riproducesse. Sentiva che quella era la vita degli altri, mentre la sua comprendeva la scrittura, era una vita da ‘’Macchina sterile’’, con richiamo solo per la sua soggettività. Kafka è un radicale della scrittura, tutte le forze andavano concentrate lì, se non andava bene qualcosa gli sembrava di aver perso tutto nella vita. Era destinata a fallire una forma di compromesso. La sua donna era Feliz Bauer, moderna, manager, che conosce a Praga e scrive di lei subito come ‘’non bella’’. Inizia fra i due un epistolario durato 5 anni. Lei era dall’altro estremo, voleva sposarsi e vivere in modo ‘’normale’’, una vita che si consuma. Perché uno scrittore così radicale cerca questo diametrale opposto? E’ perché vede una possibilità di futuro che ha sperimentato dopo diversi anni, ma dopo non se ne fa nulla. Dopo l’anno del verdetto e metamorfosi (1912), attraversa l’anno del processo, fino al 1917: scopre di essere malato e rinuncia a qualsiasi cosa. Vi sono tante ipotesi, potremmo considerarlo il tentativo di una persona che voleva la scrittura come la pensava, che fosse perfetta, ma pretendeva di avere forze superiori/vitali per essere allo stesso tempo normale come tutti, e non un isolato. LE INTERPRETAZIONI: modo di afferrare qualcosa, pensando di averla presa, sottoscrivendogli un significato. Sono numerosissime, dal processo ireale e proiezione di una turba psichica del personaggio (quando ripiomba nell’ansia si presenta), una sorta di allucinazione… Anche l’ebraismo (che ha una tradizione ermeneutica ed interpretativa differente dalla logica aristotelica occidentale) nella situazione praghese dell’epoca e del rinascimento ebraico con il tentativo di recupero la cultura del senso di appartenenza ebraica persa nell’800, si presentava come fortemente vitale e andava in contrasto con Kafka e il suo modo di vivere il suo ebraismo in maniera pietrificata come una specie di usanza. Riflette su questi temi e li riporta anche nel processo: è pieno di rimandi inerenti (come quelli della platea e la parabola del sacerdote). E’ raccontata anche nell’esegesi della parabola, il cappellano del carcere e K si mettono a ragionare su quello che è successo. Teoria della ricezione: una filosofia introdotta negli anni 60 in Germania, generalmente applicata alla letteratura, che riconosce il pubblico come un elemento essenziale per comprendere il significato più ampio dell’opera. Il significato generale è un processo di interazione e reazione tra il lettore e il testo e può cambiare in base a chi interpreta le parole. Kafka tiene vivo il dibattito fino ad oggi. L'interpretazione esistenzialista, una delle possibili letture, è degli anni 40, inizio 50. Camus, il grande rappresentante della corrente, all’interno del mito di Sisifo (1942) dedica un saggio su Kafka e l’assurdo. E’ un’interpretazione superata ma conservata. Ci troviamo di fronte ad una vicenda che non rivela il suo senso. Camus vede la narrazione della peripezia umana del mondo da un presupposto tutt’altro che religioso, bensì dell’uomo che entra nel mondo senza sapere perché e dove andare, con mille domande a cui deve dare sempre risposta. La vicenda di Joseph K viene vista come la vita di ogni uomo nella sua condizione umana, spesso labirintica che ti porta lontano dalla meta prefissata. E’ una posizione pessimista: Kafka con il suo romanzo fa una sorta di metafora lunga tutto il romanzo che racconta attraverso vicenda giudiziaria in realtà quella umana senza limitazione, il modo che ha l’uomo di ritrovarsi nel mondo ad affrontare cose più grandi di lui che non gli rivelano la verità e il loro senso, non danno risposte. L’uomo combatte sempre con situazioni imperscrutabili, senza ascoltare chi potrebbe dargli qualche direzione. Il personaggio scettico non si affida ad altri, lo sottopone a critica, si ritrova solo ad accettare la sua condanna a morte, ovvero l’eliminazione dalla società, l’essere solo. Le opere di Kafka hanno bisogno degli strumenti psicoanalitici, per esempio per leggere il verdetto va riconosciuto lo schema edipico. Il senso di colpa, mai si parla di ‘’crimine’’, ma di colpa-> richiama attenzione psicoanalitica per ragionare su come mai Kafka parli di colpa e di cosa consiste effettivamente. Tribunale come metafora dell’esistenza Nel suo funzionamento sincronico: secondo il funzionamento del testo, strutturalismo. A partire dagli anni 80 nessuno più ragiona in termini strutturalisti, bensì post strutturalisti. Questi ragionamenti hanno potenzialità ermeneutiche, interpretative. Dagli anni 80 in avanti si ragiona su Kafka in termini di politica, non pratica, concreta, ma filosofia politica-> pensatori, l’italiano Giorgio Agamben. Il più importante Michel Foucault (il grande teorico delle relazioni di potere, il potere include la violenza): studi di funzionamento di relazioni di potere nei meccanismi di società (civilizzate, che avrebbero abolito la violenza per statuto) e famiglia, sulla nascita della clinica, ospedali e manicomi, ha scritto ‘’sorvegliare e punire’’, su cosa significa la sorveglianza e la punizione, mostra infatti come si insedia la violenza a partire dai meccanismi stessi, con i grandi statuti dell’età moderni. Kafka non è critico della società, bensì descrive la macchina giuridica (il tribunale) che funziona come il mondo. Il potenziale critico è enorme, non sta nell'atteggiamento critico, ma nella capacità di far uscire fuori da un processo difficile, un'immagine fedele del funzionamento della burocrazia, all’interno del quale si sono in gioco le vite delle persone. Anche il rinvio del processo di K, rimanda al rinvio continuo che avviene nella burocrazia e nel sistema politico. E’ un mondo saldo, che perdura, che riesce a far funzionare tutto, che nonostante i cedimenti va avanti, e anzi sono le falle nel sistema che lo mandano avanti in circolo. Ci sarà una comunicazione autore-lettore in chi riconoscerà questo mondo in Kafka. Il Personaggio stesso di Joseph K. è un borghese in carriera, la sua figura è senza scrupoli e il linguaggio che usa con coloro che stanno sotto il suo potere fa capire che non è del tutto innocente, viene dallo stesso mondo da cui poi è stato inglobato. Quando si trova a dover esercitare la propria forza, lo fa anche brutalmente e anche con gli stessi mezzi del tribunale: il mezzo coercitivo, verbale (descrivere il contrario sarebbe stato un errore compositivo). Lui è già nel tribunale, gli viene solo mostrato esplicitamente la mattina dell’arresto. Gli ostacoli che incontra sono più grandi, ma della stessa natura. Il tribunale nell’accusa e nella condanna non è di per sé violento a parte l’ultimo esito. Ma a suo modo l’organismo si mantiene segreto e impone all’accusato un linguaggio tutto proprio che non viene compreso e non si sforza per farglielo comprendere: è in realtà violenza, che passa per il linguaggio e per i fatti, le decisioni. Sono tutti atti performativi di parola, basta la frase ‘’sei in arresto’’ affinché diventi realtà. Questo tribunale è violento, nel senso moderno di violenza. Le società trovano altri modi più oscuri di gestire quello che Hopps chiamava ‘’la lotta di tutti contro tutti’’. Il tedesco kafkiano ‘’Gewalt’’ e il francese ‘’force’’ del filosofo Michel, in tedesco è Gewalt (nel discorso kafkiano e del filosofo Michelle), lo stesso lessema rimanda alla violenza e al potere nel senso di una istituzione che ha il potere di fare qualcosa. Gewalt è inteso come giurisdizione, suscettibile di esercitare una certa podestà. (forza di legge). Secondo questo pensiero la violenza non è più vista come fisica, ma il male non è stato debellato, viene disciplinato in altra maniera. Prima era necessario uccidere, ora è sufficiente disciplinare. Non si impone con atti di violenza aperta, bensì tramite un lungo processo, su tutte le forze mentali e psichiche, indebolendo l’accusato. E non sono mai nei luoghi dove ci si aspetta che il Gewalt venga esercitato. La violenza diventa rarefatta, pura struttura o democrazia. Non aveva fatto nulla di esplicitamente violento, poi di colpo fa l’ultima violenza, capitale, che significa morte, esclusione, soppressione di una vita umana. Kafka è in avanti nei suoi tempi, con una sensibilità maggiore aveva compreso il presente, con il suo talento letterario che lo rendeva capace di creare mondi che potrebbero essere definiti distopie, ma sotto funzionano perfettamente. 8 anni dopo scrive ‘’Il Castello’’ e narra una storia parallela, il personaggio si chiama K, si mette in marcia verso un certo castello all’interno del quale vuole essere assunto come qualcuno che misura le terre, una sorta di ingegnere. Lui non riuscirà mai a salire, provandoci, si rivelerà una struttura democratica, amministrazione di un piccolo villaggio, farà in modo che K non venga mai a sapere se è stato assunto oppure se non può restare nel villaggio. I suoi tentativi sono destinati alla stessa prassi del Processo. Almeno nel Processo è un tribunale e si parla di leggi, accuse, difesa. Nel Castello è pura amministrazione. Lui ragiona sul mondo amministrato, che per la sua complessità ha bisogno di struttura legale, che faccia funzionare tutto. Per Kafka è di potere, e quindi violenza. La burocrazia per lui è un luogo, tempo, una vicenda umana di passaggio nel mondo, amministrata. Bisogna accettare la figura del paradosso, una cosa che funziona malissimo è proprio quella che funziona perfettamente ed è la peggiore violenza della nostra civiltà. Kafka non è un profeta, ma un acutissimo analista del presente novecentesco, ma tiene benissimo anche per il ventesimo secolo. Tutta l’assurdità è spiegabile, basti guardare la realtà. Il resto è una corsa iperbolica per farci vedere fino a dove si arriva. La grandezza della sua letteratura, un modo inimitabile di raccontare il suo mondo. Lo scarto, sentendo che la frase parte verso l’estremo (per esempio la spiegazione dell’avvocato nella stanza degli avvocati, con il buco nel pavimento-> meccanismo metonimico, andare avanti per associazioni, iperbole-> per descrivere inutilità degli avvocati difensori Kafka descrive una scena di un film muto, una sorta di partenza dell’immaginazione da punto reale fino a farlo diventare comico e grottesco, tipico di quegli anni)-> non ci si
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