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Kant., Dispense di Filosofia

sintesi chiara del pensiero filosofico di Kant

Tipologia: Dispense

2020/2021

Caricato il 04/12/2022

claudiafestinante03
claudiafestinante03 🇮🇹

4.5

(68)

34 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Kant. e più Dispense in PDF di Filosofia solo su Docsity! KANT ESTETICA TRASCENDENTALE Kant rappresenta il punto di convergenza tra: RAZIONALISMO EMPIRISMO Cartesio, Spinoza, Leibniz Locke, Hume (secondo cui l’io non esiste) La conoscenza avviene attraverso la ragione La conoscenza avviene attraverso i sensi La ragione possiede entro di sé, fin dalla nascita, delle "IDEE INNATE" le idee innate non esistono: la mente, quando nasce, è una TABULA RASA, cioè non possiede dentro di sé alcuna idea; le idee verranno dopo, con l'esperienza e con la conoscenza = Le IDEE sono CONTENUTI MENTALI conosce il mondo com’è realmente; la realtà è dotata da una struttura universale e necessaria, cioè non soggetta a variazioni a seconda della percezione conosce la rappresentazione mentale che il soggetto ha della realtà (RAPPRESENTAZIONISMO) Schopenhauer (il quale si ritiene l’unico vero erede di Kant) arriva a dire “il mondo e la sua rappresentazione sono due cose diverse” La conoscenza è OGGETTIVA La conoscenza è SOGGETTIVA Per loro la cosa più importante è la RES EXTENSA (realtà). Per comprendere ciò essi partono dall’intelletto (dalla mente), dunque il tema più importante del razionalismo è l’IO (RES COGITANS) e no la RES EXTENSA (realtà). UN RAZIONALISTA SI FIDA INNANZITUTTO DELLA PROPRIA COSCIENZA Per loro è più importante l’io perché attraverso i sensi si percepisce la realtà che è quindi SOGGETTIVA; però il processo rispetto a quello dei razionalisti è opposto perché è tramite i sensi che la realtà viene percepita dal soggetto. Un empirista scommette molto sulla realtà perché in definitiva non crede esista un Io prima di ciò che quell’Io percepisce della realtà. Entrambi hanno una CONCEZIONE MECCANICISTICA* della natura (tutti i fenomeni naturali avvengono sempre in maniera meccanica (cioè secondo rapporti di causa-effetto, leggi meccaniche e necessarie)) -> per cui, tutti i fenomeni sono misurabili tramite calcoli e metodi matematici (Galileo Galilei). *si contrappone a: ● concezione spiritualistica della natura (la natura è governata da un Essere superiore divino e trascendente) ● concezione panteistica della natura (dentro la natura, vi è uno spirito divino immanente che la anima). Kant è il primo, che pur appartenendo al razionalismo, per sua stessa missione, ha imparato dagli empiristi. Kant ha capito che il razionalismo non deve degenerare in dogmatismo e che quindi bisogna prendere delle intuizioni dell'empirismo e utilizzarle per correggere le deviazioni del razionalismo. ——> Kant condivide con l’empirista Locke la critica all’innatismo: non esistono le idee innate A rendere universale la conoscenza è il mio modo di conoscere i dati dell’esperienza: non sono gli oggetti ma le forme a priori dell’oggetto della conoscenza che garantiscono l’universalità e la necessarietà del conoscere. DOGMATISMO = forma di razionalismo in cui la conoscenza si esaurisce in una concatenazione di deduzioni logiche, in cui quindi la realtà e i suoi dati non contano più (perché non possono essere affidabili) per i dogmatici, la conoscenza è solo pensiero e deduzione logica e NON percezioni) − è un RAZIONALISTA, ma critica il razionalismo che degenera in DOGMATISMO perché (grazie a HUME, con il quale Kant dice di avere un debito poiché gli ha permesso di “svegliarsi dal sonno dogmatico”) riconosce che: (PARADOSSO) per il razionalista la conoscenza si fonda solo sul suo intelletto (e allo stesso tempo crede che la realtà sia oggettiva), ma non sa come conoscerla perché in realtà l’intelletto è AUTOREFERENZIALE (conosce solo se stesso), quindi non porta alla conoscenza della realtà. *SE NON HO L’ESPERIENZA COME PARAGONE, NON POSSO CAPIRE QUALI ERRORI COMPIE LA MIA RAGIONE (problema del DOGMATISMO) -> quindi riconosce che la conoscenza (anche se è fondata sulla ragione) deve comunque partire da qualche impulso esterno proveniente dalla sensibilità PER CONOSCERE ● la conoscenza parte sempre dall’esperienza sul mondo esterno: (non c’è nulla nell’intelletto che non sia prima passato dai sensi) ● per conoscere ciò che percepisco, è necessaria la mia FORMA A PRIORI (ragione) Alla risoluzione del problema della conoscenza è dedicata la teoria dei giudizi giudizio = attribuzione di un predicato ad un soggetto (es. Claudia è stupida) Infatti, Kant definisce 2 posizioni agli antipodi in base ai giudizi che dà l’uomo, che sono di 2 tipi: RAZIONALISTI EMPIRISTI GIUDIZI ANALITICI A PRIORI GIUDIZI SINTETICI A POSTERIORI ANALITICO (tautologico) = scompone un concetto in qualcosa che c’è già al suo interno (es. l’uomo è un essere vivente, perché è già compreso nel concetto di uomo) SINTETICO = aggiunge al concetto qualcosa che non è compreso nella sua definizione (es. la penna è nera, perché non è detto che una penna sia nera) A PRIORI = prescindono dall’esperienza (sono solo deduzioni logiche) A POSTERIORI = dipende dall’esperienza (sensi) per cui, è un giudizio OGGETTIVO per cui, è un giudizio SOGGETTIVO . Mentre secondo Kant, il Razionalismo dovrebbe basarsi su: KANT GIUDIZI SINTETICI A PRIORI (giudizi delle scienze esatte: della matematica e della fisica) SINTETICO = aggiunge al concetto qualcosa che non è compreso nella sua definizione A PRIORI = ma nel senso di TRASCENDENTALE (tipo di conoscenza che non dipende dall’esperienza, ma la fonda, la rende possibile, permette di farla la ragione non è contrapposta all’esperienza, è distinta da essa ma la fonda: è la ragione a dettare le condizioni di possibilità dell’esperienza). NOVITÀ KANTIANA -> ragione ed esperienza NON SONO PIÙ separate, ma permettono 2 FORME A PRIORI (INTUIZIONI, strumenti dei quali si serve per cogliere gli oggetti della propria esperienza: VERI FALSI LOGICA DELLA VERITÀ o ANALITICA LOGICA DELLA PARVENZA o DIALETTICA SPAZIO TEMPO SENSO ESTERNO: permette di collocare da qualche parte nel mondo esterno un oggetto SENSO INTERNO: permette di collocare all’interno della mia esperienza un oggetto (Agostino) non si può conoscere qualcosa se esso non è collocato uno spazio e un tempo —> Quindi al di là delle caratteristiche particolari del dato, le forme a priori sono uguali. SPAZIO E TEMPO KANT NEWTON EINSTEIN universali e trascendentali universali, trascendenti, divini (Sensoria dei = sensi di dio) non scorrono dappertutto nella stessa maniera funzionano per tutti alla stessa maniera ma non perché sono esterni al soggetto ma perché sono forme a priori del soggetto esistono indipendentement e dal soggetto ANALITICA descrive il mal funzionamento dell'intelletto (e spiega la formazione dei concetti e definizione dei principi), ovvero quando coincidono dati empirici e principi dell’intelletto L’intelletto produce le idee (dal materiale fornito dall’esperienza) attraverso la DEDUZIONE TRASCENDENTALE DELLE CATEGORIE (-> per questo è l’intelletto ad essere ATTIVO nella fase conoscitiva) e poi le cataloga nelle 12 CATEGORIE (o CONCETTI) dell’intelletto, divise in: 1. MATEMATICHE, si dividono in: - di Quantità - di qualità 2. DINAMICHE, si dividono in: - di Relazione - di Modalità L’intelletto è sempre accompagnato dall’IO PENSO (o APPERCEZIONE FONDAMENTALE), cioè una funzione dell’intelletto: l’intelletto, quando pensa le cose, pensa anche a se stesso che pensa le cose: è una sorta di consapevolezza, coscienza della propria coscienza del mondo per questo è il vero motore della conoscenza non è il… …ma il IO EMPIRICO IO TRASCENDENTALE, UNIVERSALE È l’io che non ha eguali, che è inimitabile (es. Claudia) è un io universale che ci accomuna tutti, è la funzione stessa di pensare, è l’essere coscienza che tutti abbiamo, è il modo in cui funziona l’intelletto di ciascuno di noi L’analitica si occupa anche di SCHEMI: regole/modelli che fanno da mediatori tra sensibilità e intelletto (permettono di trasferire qualcosa dall’intelletto alla sensibilità e viceversa): − dicono alla sensibilità come determinare le intuizioni che riceve − dicono all’intelletto come catalogare concettualmente le rappresentazioni che riceve dalla sensibilità DIALETTICA descrive il funzionamento corretto dell'intelletto Non funziona tutto bene perché l’intelletto vuole conoscere più di quello che può e pretende di concettualizzare qualcosa che ricade al di fuori di spazio e tempo, e questo non è possibile, infatti cadono nel campo delle ILLUSIONI, che quindi NON SONO OGGETTO DI CONOSCENZA) Le illusioni (IDEE DELLA RAGIONE) sono: Bisogna invece criticare aspramente le dottrine che hanno pretese di fare queste idee della ragione oggetti di conoscenza, cioè: DIO (esistenza di Dio) TEOLOGIA RAZIONALE (scienza che riguarda Dio) perché CONDANNARLA? Perché alla fine non riesce a dimostrare l’esistenza di Dio. Secondo Kant NON SI PUÒ DIMOSTRARE L’ESISTENZA DI DIO, dato che non può essere dato per certo perché non è oggetto di conoscenza (dato che L’ESISTENZA NON È UN PREDICATO REALE (una qualità), MA È LA POSIZIONE DI QUALCOSA NEL MONDO) Infatti, mette in discussione la prova ontologica a priori dell’esistenza di Dio (“dall’essenza di dio ne deriva la sua esistenza perché se dio ha tutte le perfezione allora se non esistesse mancherebbe di una delle perfezioni”) perché l’essenza di qualcosa non può comportarne l’esistenza (->non si può scambiare l’esistenza con l’essenza). La dimostrazione a posteriori è per Kant di per sé sbagliata perchè lui parte sempre dalla causa per arrivare all’effetto (a priori). Egli per dimostrare questo fa la prova dei 100 talleri (una moneta): pensare a 100 talleri è molto diverso dall’averli in tasca anche se essi hanno lo stesso valore (essenza, un predicato). La differenza sta nella posizione —> dunque per Kant non si può scambiare l’esistenza con l’essenza (una qualità). l’esistenza di dio è quindi indimostrabile razionalmente -> questo non significa che lui sia ateo ANIMA (immortalità dell’anima) PSICOLOGIA RAZIONALE (scienza che riguarda l’anima) PERCHÉ CONDANNARLA? Perché finisce sempre, secondo Kant, per affermare dei PARALOGISMI (contraddizioni: l’anima viene trasformata in una COSA): si pensa l’io come una sostanza mentre secondo Kant L’IO PENSO NON È UNA SOSTANZA CHE STA INDIPENDENTEMENTE DAL CORPO, ma una FUNZIONE (errore di Cartesio) MONDO (libera causalità del mondo) COSMOLOGIA RAZIONALE (scienza che riguarda il mondo come un tutto) PERCHÉ CONDANNARLA? Perché finisce sempre, secondo Kant, a ritrovarsi in 4 ANTINOMIE (tesi contrarie che possono essere entrambe vere): si può credere che il mondo proceda in maniera meccanica o anche libera (causalità libera/ causalità necessaria) secondo Kant, non si può conoscere la libertà -> NON SI PUÒ CONOSCERE IL MONDO COME UN TUTTO (nella sua globalità) -> non si possono conoscere perché non sono collocate in spazio e tempo; non possono essere eliminate perchè la natura della ragione è quella di farsi continuamente domande a cui non sa rispondere Ma dire che queste idee della ragione NON sono oggetti di conoscenza NON significa dire che non sono utili Kant le recupera come IDEE REGOLATIVE, perché la ragione, anche se non le conosce (quindi non sono oggetti di conoscenza), ne ha bisogno per regolarsi (come degli asintoti) e perché le danno una direzione (dicono alla ragione come orientarsi), in particolare una DIREZIONE MORALE. PARTENZA DELLA CRITICA DELLA RAGION PRATICA. RIVOLUZIONE KANTIANA FONDAMENTALE = distinzione, in ogni oggetto di conoscenza, tra: − Un fenomeno = ciò che appare, ciò che innanzitutto si dà ai miei sensi (ciò che si manifesta) − Un noumeno = la cosa in sé, ciò che è indipendentemente dai miei sensi (ciò che si può solo pensare) Noi possiamo conoscere solo i fenomeni, mentre il noumeno è destinato a rimanerci oscuro (dal punto di vista del sapere). Kant afferma che negli oggetti della conoscenza devo riconoscere sempre che io conosco il mondo nel modo in cui posso conoscerlo (fenomenico come mi appare il mondo). non è detto che il fenomeno corrisponda al noumeno (cioè non è detto che il mondo sia come esso mi appare (Schopenhauer). OBIETTIVO DELL’ILLUMINISMO = consentire all’uomo di uscire dallo stato di immaturità (ovvero l’incapacità di servirsi del proprio intelletto e dipendere da qualcuno) e raggiungere l’autonomia. L’uomo è colpevole di questo stato di immaturità non quando ha un deficit mentale, ma quando: − Manca di decisione e non ha il coraggio di: - di utilizzare il proprio intelletto (infatti il MOTTO DELL’ILLUMINISMO è proprio SAPERE AUDE (osa conoscere)) - di sbagliare: ha paura di sbagliare, quindi decide di non decidere da solo e di dipendere da altri (ma infondo se non sbaglia, non sarà mai capace di prendere decisioni da solo) − è pigro e vile, poiché gli fa comodo rimanere immaturo a vita (e quindi affidarsi ad altri senza sforzarsi) − si autoconvince di essere immaturo per natura (e gli piace anche farlo) è una profezia che si autoavvera: l’uomo si convince di non essere in grado di fare le cose→ non ci prova→ non è in grado di fare le cose. e tutto questo è un errore, perché quando l’uomo si disabitua a pensare, poi quelle poche volte in cui prova a farlo, non è più in grado di farlo. l’uomo deve passare dall’ETERONOMIA (legge viene data da una persona esterna) ALL’AUTONOMIA (dal greco nomos = legge: darsi le leggi da sé), in modo tale da far fruttare la propria disposizione naturale razionale (l’intelletto). CRITICA DELLA RAGION PURA, (prefazione 1° edizione: 1781; 2° edizione: 1787) La ragione umana, in una specie delle sue conoscenze, ha il destino particolare di essere tormentata da problemi che non può evitare, perché le sono posti dalla natura della stessa ragione, ma dei quali non può trovare la soluzione, perché oltrepassano ogni potere della ragione umana. La ragione, in UN ASPETTO delle sue conoscenze, ha un destino particolare, ovvero quello di essere caricata di domande che non può evitare (perché le sono assegnate per natura), a cui non può neanche rispondere (perché oltrepassano il suo potere, le sue competenze). la ragione per natura si pone domande (che deve porsi per forza), ma a cui non riesce a rispondere. (Questo non significa che queste domande siano inutili, anzi, per Kant, proprio perché non riesce a darsi una risposta, hanno un valore fondamentale per la ragione.) Il paradosso delle domande è che… In tale imbarazzo cade senza sua colpa. Comincia con principi, l'uso dei quali nel corso dell'esperienza e inevitabile, ed e insieme sufficientemente verificato da essa. Con essi (come comporta la sua stessa natura) la ragione sale sempre più alto, a condizioni sempre più remote. La ragione cade in questo imbarazzo, ma non è colpevole, perché è questa la sua natura: inizia da sola producendo dei princìpi razionali (a priori), grazie ai quali si spinge sempre più in là, oltre l’esperienza, verso delle situazioni sempre più remote. La ragione deve mantenersi all’interno dei limiti dell’esperienza. La ragione può conoscere solo ciò di cui si può fare esperienza. Ma, accorgendosi che in tal modo il suo lavoro deve rimanere sempre incompiuto, perché i problemi non cessano mai d'incalzarla, si vede costretta a ricorrere a principi, che oltrepassano ogni possibile uso empirico e, ciò malgrado, paiono tanto poco sospetti che il senso comune sta in pieno accordo con essi. Ma accorgendosi che non riesce mai a dare soddisfazione completa alle proprie domande (perché i problemi non finiscono mai di incalzarla), si vede obbligata a produrre principi che oltrepassano l’esperienza (ed è qui che la ragione incorre in problemi), e a noi ormai sembra naturale dover proseguire ad utilizzare la ragione anche se non si confonde più con l’esperienza. Se non che, per tal modo, incorre in oscurità e contraddizioni, dalle quali può bensì inferire che in fondo devono esservi in qualche parte errori nascosti, che pero non riesce a scoprire, perché quei principi, di cui si serve, uscendo fuori dei limiti di ogni esperienza, non riconoscono più una pietra di paragone dell'esperienza. Ora, il campo di queste lotte senza fine si chiama Metafisica. La ragione, quando si distacca dall’esperienza incorre in oscurità e contraddizioni, dalle quali può dedurre che Una volta che ti spingi troppo oltre con la ragione, non capisci più dov’è il problema perché hai già rinunciato a confrontarti con l’esperienza. Se non ho l’esperienza come paragone (come tavolo di verifica) non posso capire quali sono gli errori che sta compiendo la mia ragione. (è questo il problema del DOGMATISMO, la ragione è autoreferenziale) il campo di questo problema è la METAFISICA il razionalismo di Kant quindi è un razionalismo consapevole dei propri limiti (ovvero quelli dell’esperienza) IN BREVE La natura della ragione umana è di più domande di quelle a cui sa dare risposta, perché oltrepassano i limiti dell'intelletto e della conoscenza. ciò avviene quando va oltre il proprio "uso empirico" (oltre i limiti imposti dall’esperienza) infatti, quando il pensiero si applica ad oggetti dei quali non può fare esperienza sensibile (ovvero della metafisica), non si può più parlare di comprensione teoretica e di intelletto, non è più il campo del sapere. La ragione, per poter lavorare correttamente, deve mantenersi all’interno dei limiti dell’esperienza. La ragione può conoscere solo ciò di cui si può fare esperienza. Per Kant una cosa esiste nel momento in cui occupa uno spazio ed è collegata anche nel tempo. Ciò che sta fuori al di fuori dello spazio e del tempo ( Dio ) non ne posso fare esperienza. Spazio e tempo Kant le definisce come le forme a priori della sensibilità. CRITICA DELLA RAGION PURA, (II parte: Dottrina trascendentale del metodo) Ogni interesse della mia ragione (tanto quello speculativo quanto quello pratico) si unifica nelle tre domande seguenti: 1. Che cosa posso sapere? 2. Che cosa devo fare? 3. Che cosa mi è lecito sperare? La ragione ha degli interessi che si convogliano in 2 versanti, facoltà: SPECULATIVA (= teoretico, che presiede alla conoscenza, INTELLETTO) e PRATICA. La ragione serve quindi a porsi domande che si possono riassumere in 3 quesiti fondamentali. 1. Cosa posso sapere? (si tratta di potere, cosa ho il potere di conoscere) 2. Cosa devo fare? (non è relativo a un potere, ma si tratta del dovere, cosa devo fare) 3. Cosa mi è lecito sperare (è una licenza): se faccio quello che devo, cosa mi è concesso sperare? La speranza non è un mio potere, quello che è invece la mia conoscenza Queste tre domande racchiudono i principi intorno a quali si sviluppano le 3 critiche che muove Kant: 1. Critica della ragione pura 2. Critica della ragione pratica 3. Critica del giudizio la prima domanda è semplicemente speculativa. […] La seconda domanda è semplicemente pratica. […] la terza domanda − vale a dire: se faccio quello che devo, che cosa mi sarà lecito sperare? − e al tempo stesso pratica e teoretica, cosicché l’elemento pratico funge soltanto da filo conduttore che consente di rispondere alla domanda teoretica e, quando questa si elevi, di rispondere alla domanda speculativa. ● La 1° domanda è solamente speculativa, teoretica, conoscitiva (che ha a che fare con la facoltà speculativa della ragione (INTELLETTO) (e ad essa è dedicata la critica della ragion pura)). In questo ambito ci occupiamo della conoscenza, come funziona la conoscenza e quali sono i limiti entro i quali la mia ragione può conoscere. L’ambito teoretico o conoscitivo, nella misura in cui associa la ragione all'esperienza, trova i suoi oggetti della conoscenza che appartengono al mondo fenomenico. Fenomeno per Kant è tutto ciò che ha spazio e tempo e quindi tutto ciò di cui se ne può fare esperienza. Di tutto ciò che è fenomeno io non posso sperare, ma posso solo conoscere. I fenomeni rispondono alle leggi naturali (ad esempio quando faccio cadere la penna; non posso sperare che cada perchè è sicuro che cadrà in quanto segue la legge natura, la forza gravitazionale). La regione speculativa conosce che qualcosa è perché ne ho esperienza non perché deve essere, ma ha un tempo e un spazio. ● La 2° domanda è solamente pratica (fare è relativo alla praticità, dell’agire), (e ad essa è dedicata la critica della ragion pratica, che si occupa di tutto ciò che pur essendo razionale, non rientra nel campo dell’intelletto e della conoscenza). Ambito dell’agire è relativo al mondo del noumeno = termine di origine greca, ciò che si può solo pensare. Viene definito nell’ambito pratico, in cui si fanno le cose, non le si conoscono. La ragione si esercita in ambito pratico come volontà e a che fare con solo che si può solo pensare, il noumeno. ● La 3° domanda è sia teoretica che pratica, perché è una domanda teoretica che però posso farmi solo sulla base di un dovere pratico. Se io faccio tutto quello che devo, allora cosa posso sperare? C’è una premessa pratica e una conseguenza teoretica. In dio, io non posso conoscerlo ma posso sperare che ci sia perché deve esserci. C’è bisogno che ci sia ma non sono certo che ci sia, mi è lecito sperare che ci sia dio. È una considerazione quasi teoretica, ma in modo diverso perché qui non c’è una legge naturale perché legge meccanica}, non ci sarebbe bisogno di una legge morale (obbligazione del mio volere) di pensare cosa fare o non fare) → se non fossi libero, non esisterebbe alcuna legge morale (esisterebbe solo la legge fisica, la causalità meccanica) − La legge morale è la ratio cognoscendi della libertà = è la ragione di conoscenza della libertà, so di essere libero solo grazie alla legge morale, è solo attraverso l'obbligazione che mi rendo conto della mia libertà quando qualcuno prova a condizionarla, quando qualcuno prova a dirmi cosa fare → è solo grazie alla legge morale che mi accorgo di essere libero QUAL È LA RATIO ESSENDI DELLA LIBERTÀ? (perché esiste la libertà? perché l'uomo è libero?) Non si può dare risposta: la libertà è un fatto della ragione (factum del vernuft), è cosi e basta, non si può giustificare o spiegare. 5. COSA INTENDE PER LEGGE MORALE? É una legge che influisce sulla volontà, in base alla classificazione dei PRINCIPI PRATICI (preposizioni che determinano la volontà, che spingono a fare qualcosa), divisi in due categorie: MASSIME LEGGI PRATICHE (o IMPERATIVI) soggettivi (individuali, che valgono solo per me e non necessariamente per gli altri) oggettivi (universali, perché legato alla ragione e quindi valido per tutti) ↓ IMPERATIVI IPOTETICI IMPERATIVI CATEGORICI è un consiglio prudenziale, è costruito sempre secondo la formula se→allora (periodo ipotetico), ovvero dipende dal raggiungimento di una finalità ( non devi farlo perché è importante in sé ma perché è mirato al raggiungimento di un obiettivo): questo dipendere da altro è una forma di ETERONOMIA (farsi dettare la legge da una condizione esterna ed è un difetto per Kant) è un imperativo e basta, è categorico perché non dipende da nessuna condizione o finalità, si basa su un dovere stabilito a priori, fine a se stesso (non dipendono da un fine esterno) Es. se si dice a qualcuno "lavora e risparmia quando sei giovane, per non stentare quando diventerai vecchio", questo precetto è condizionato dal raggiungimento di un obiettivo, la volontà è diretta a qualcos’altro (al desiderio di qualcosa) Es. se si dice a qualcuno "non devi mai fare promesse false" La LEGGE MORALE deve basarsi su imperativi categorici, infatti per Kant: NON si deve basare su… …ma deve basarsi su… ETICA CONSEQUENZIALISTICA “basiamo le nostre decisioni sulle conseguenze/effetti delle nostre decisioni” ETICA DEI PRINCIPI (DEONTOLOGIA) le nostre decisioni devono basarsi su ciò che è giusto o sbagliato in sé, indipendentemente dagli effetti che possono provocare le nostre decisioni. Eteronomia (ci si fa condizionare dalle conseguenze) Autonomia (NON ci si fa condizionare dalle conseguenze) L’imperativo categorico ha 3 formulazioni: 1. agisci sempre secondo quella massima che vuoi che diventi anche una legge universale 2. agisci sempre in modo da trattare l’umanità sempre come FINE (e mai solo come mezzo) 3. agisci per la legge secondo la quale la volontà è auto legislatrice (dà la legge a se stessa) è l’unica massima che porta all’universalità 6. Per verificare se una massima per verificare se una massima è categorica (per individuare la legge morale perfetta), bisogna chiedersi se può essere una norma legislativa (se questa può diventare una legge universale (se può valere per tutti)) es. massima di vita = arricchirsi→ per farlo decido di appropriarmi dell’eredità di un uomo, che nessuno andrà a reclamare ↓ PUÒ VALERE PER TUTTI? NO, perché se tutti facessero in questo modo, non ci sarebbero più eredità non è un imperativo categorico (non è una vera legge morale) per Kant, seguire la legge morale significa essere INFELICI (quindi rinunciare alla propria felicità, perché la felicità è sempre dovuta al perseguimento di una propria massima personale, che quindi è soggettiva e non può avere a che fare con la legge morale) ma VIRTUOSI VIRTÙ FELICITÀ (amor proprio) Non dipende da nulla di esterno, centra solo con se stessi (la legge morale) dipende da qualcosa di esterno (è dovuta al perseguimento di una propria massima personale), dall’oggetto del desiderio (oggetto, persona) ↓ ↓ ↓ ↓ è una forma di AUTONOMI A è OGGETTIVA (universale) è una forma di ETERONOMI A è SOGGETTIVA (ognuno ha il proprio motivo di felicità) 7. non si può essere sia virtuosi che felici ARISTOTELE KANT l’obiettivo è raggiungere la felicità Chi sceglie di raggiungere la felicità non sarà mai virtuoso (e rinuncia ad agire secondo imperativi categorici, quindi all’universalità della volontà) nonostante questo, non contesta l’esistenza della felicità, dato che siamo esseri desideranti VIRTÙ FELICITÀ (amor proprio) è RAZIONALE (viene dall’uso della ragione) è EMPIRICA (impura = la si può conoscere solo attraverso l’esperienza) es. nessuno può identificare dalla nascita la persona che lo renderà felice: è solo quando incontro quella persona che mi innamoro e comprendo che la mia felicità è dovuta all’incontro di quella persona ( ne devo fare esperienza per conoscerla) ↓ ↓ è OGGETTIVA (universale) è SOGGETTIVA (ognuno ha il proprio motivo di felicità ciò che mi rende felice dipende dal MIO piacere/dispiacere) ma non nega che la felicità sia soggettivamente necessaria (per il singolo soggetto, quel qualcosa che lo rende felice è necessario per essere felice), per cui NON HA NULLA DI OGGETTIVO 8. non si può essere sia virtuosi che felici es. un amico viene da me dicendomi che due anni fa mi ha mentito dicendo che non era mai stato con la ragazza che ora è mia moglie per non farmi stare male/per non rovinare la nostra amicizia (a fin di bene) questa persona NON ha agito secondo la legge morale universale, ma per la volontà di renderci felici (una massima, quindi secondo l’immoralità) 9. . VIRTÙ FELICITÀ (amor proprio) Regolata da IMPERATIVI Regolata da MASSIME Non consiglia, COMANDA (è un obbligo che mi dà la mia stessa coscienza “SACRA LEGGE DEL DOVERE”) Non comanda, CONSIGLIA (ci viene suggerito dalla nostra coscienza ciò che dobbiamo fare per essere felici) 10. OGGETTI della ragion pratica: BENE MALE Qualcosa che si deve desiderare Qualcosa che si deve rifiutare (oggetto necessario della facoltà di aborrire) si basano sui principi della ragione (ovvero ciò che la ragione (la LEGGE) comanda di perseguire/rifiutare desiderare il bene, rifiutare il male) 11. PARADOSSO: NON è vero che è da ciò che è bene e ciò che è male che deriva la legge morale (che bene e male precedono la legge morale), è il contrario: NON si può sapere cosa è bene e cosa è male prima della legge morale: è la legge a dirmelo (è bene ciò che la legge COMANDA, è male ciò che la legge VIETA) Sulla base della distinzione bene/male, si distinguono 2 tipi di etiche: ETICA CONSEQUENZIALISTICA (dei valori/della felicità) ETICA DEI PRINCIPI (del dovere/DEONTOLOGIA) le decisioni si basano sulle conseguenze/effetti delle decisioni (e non su ciò che è bene o male in sé) le nostre decisioni devono basarsi su ciò che è bene o male in sé, indipendentemente dagli effetti che possono provocare le nostre decisioni. 12. differenza tra MORALITÀ e LEGALITÀ MORALITÀ LEGALITÀ Agire conformemente al dovere ma amando il dovere e volendo eseguirlo Agire conformemente al dovere (solo perché lo si deve fare) non basta obbedire alla legge morale (che mi dò io stesso perché sono autonomo) eseguendo e basta (come se me l’avesse data qualcuno di esterno), ma bisogna anche amare la legge e riconoscerla come qualcosa che io stesso ho voluto ( la legge è oggettiva ma devo anche renderla soggettiva) 13. inno al dovere Dato che il dovere è una cosa che mi impongo io stesso (grazie alla mia libertà, e quindi al mio non essere solo una legge fisica), io devo rispettarlo (oltre che eseguirlo e basta). Kant domanda al dovere (imposto solo da se stessi) qual è la sua origine, che rifiuta ogni parentela con le inclinazioni SOGGETTIVE. Il dovere definisce la PERSONALITÀ (l’essere persone), che significa =
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