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Kant Biografia-opere-pensiero, Appunti di Storia Della Filosofia

Riassunto della biografia e filosofia di Kant Argomenti chiave trattati BIOGRAFIA- CRITICA DELLA RAGION PURA-Problema generale ecc. Estetica trascendentale-Analitica trascendentale-Dialettica trascendentale **Avviso, viene menzionato uno schema (non è assolutamente necessario ai fini della comprensione, comunque sia il testo di riferimento è "protagonisti e testi della filosofia, Abbagnano Fornero)

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 21/01/2019

daniele-pruner
daniele-pruner 🇮🇹

4.5

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18 documenti

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Scarica Kant Biografia-opere-pensiero e più Appunti in PDF di Storia Della Filosofia solo su Docsity! 2 0 A F.K NT Biografia Kant nasce a Konisberg nel 1724, allora capoluogo della Prussia orientale. Fu educato nello spirito religioso del pietismo, nel collegio Fridericianum, con direttore Franza Albert Schultz, maggior personalità del pietismo del periodo. Uscito dal collegio studia filosofia,matematica e teologia all’università di Konigsberg, successivamente fu precettore privato in alcune case patrizie. Nel 1755 ottenne libera docenza presso l’università e svolse i suoi corsi per 15 anni. Diviene sottobibliotecario alla biblioteca reale e poi nel 1779 fu nominato professore ordinario di logica e metafisica nella stessa università, fino alla morte, tenendo scrupolosamente ai suoi doveri. L’esistenza di Kant è priva di avvenimenti drammatici e di passioni, pochi affetti e amicizie, interamente concentrata in uno sforzo di pensiero accompagnato da rigide abitudini (passeggiata pomeridiana sempre alla stessa ora spaccata ogni giorno).Non fu estraneo agli avvenimenti del suo tempo, simpatizzò con americani e francese nelle guerre e rivoluzioni.Il suo ideale politico che delineò nello scritto “per la pace perpetua” (1975) era una costituzione repubblicana. Il solo episodio notevole della sua vita fu il contrasto con il governo prussiano dopo la seconda edizione della “religione nei limiti della semplice ragione, poi con l’avvento di Federico Guglielmo 3 con l’opera “conflitto delle facoltà” potè rivendicare la libertà di pensiero e della parola contro gli arbitri del dispotismo, anche nei confronti della religione. Muore nel 1804, dopo debolezza senile che lo privò gradualmente di tutte le sue facoltà. Verso il punto di vista “trascendentale” Nell’attività letteraria di Kant si possono distinguere 3 periodi: Primo- fino al 1760 dove prevale l’interesse per le scienze naturali. Secondo- 1760-1781, dove viene pubblicata la critica della ragion pura, con un interesse filosofico e si determina orientamento verso empirismo inglese e criticismo. Terzo: 1781- in poi , si delinea la filosofia trascendentale. Gli scritti del primo e secondo periodo sono raggruppati come scritti del periodo “precritico”. Gli scritti del periodo precritico Primo periodo Gli scritti di questo periodo corrispondono a interessi naturalistici, propri della sua formazione universitaria. L’opera principale è “Storia naturale e universale della teoria dei cieli” (1755), scritto anonimo dove descrive la formazione del cosmo secondo le leggi della fisica newtoniana. Si aggiungono altre opere e ricerche, alcune sulle monadi fisiche e sul riconoscimento del principio supremo quale l’identità. Lo scritto “sull’Ottimismo” (1759) dibatte la questione trattata da Voltaire sul terremoto di Lisbona, dove Kant (difendendo in quel caso la visione Spinoziana) affermò che così doveva andare e non poteva verificarsi terremoto migliore. Fa questa affermazione basandosi su una visione totale ed esauriente dell’intero universo, per questo ripudia lo scritto di Voltaire. Secondo periodo Prevalgono gli interessi filosofici e si delineano temi che confluiranno nel criticismo. Nel “ la falsa sottigliezza delle 4 figure sillogistiche” (1762) Kant critica il valore della logica aristotelico-scolastica. Nel “unico argomento possibile per una dimostrazione dell’esistenza di Dio” (1763) chiama la metafisica un abisso senza fondo. Nel 1764 continua a trattare la metafisica attraverso una ricerca per un concorso. Anche qui va a definire la metafisica come una filosofia sui primi fondamenti della nostra conoscenza. Kant è infatti deciso a sostenere l’applicabilità del metodo matematico alla filosofia, consapevole però della differenza tra le due dottrine. Per quanto riguarda la morale si sofferma a considerare soprattutto il concetto dell’obbligazione. Il bene si identifica con la necessità morale, per cui la conoscenza non può dir nulla sulla natura del bene, che è rivelata invece dal semplice sentimento morale. Anche qui il suo pensiero si indirizza verso le analisi dell’empirismo. L’avvicinamento all’empirismo si fa ancora più chiaro nella “Notizia sull’indirizzo delle sue lezioni” in cui il distacco dal dogmatismo si fa netto e in coincidenza si aderisce allo spirito di ricerca e all’empirismo. Il documento più significativo del distacco è lo scritto “sogni di un visionario chiariti coi sogni della metafisica”, in cui ritiene che la metafisica debba considerare le proprie forze e “conoscere se il compito è in proporzione a ciò che si può sapere e che rapporto ha la questione coni concetti dell’esperienza sulla quale dobbiamo basare i nostri giudizi”. La metafisica è la scienza dei limiti della ragione umana e per essa importa più conoscere bene e mantenere le proprie convinzioni che andare alla cieca alla ricerca di conquiste. La dissertazione del 1770 Nel saggio “sul primo fondamento della distinzione delle regioni nello spazio” (1768) Kant fa vedere come le posizioni reciproche delle parti della materia suppongano già determinazioni spaziali e quindi il concetto dello spazio sia qualcosa si originario. La dissertazione “forma e principi del mondo sensibile e intelligibile” segna la soluzione critica del problema dello spazio e del tempo. Kant inizia con lo stabilire la distinzione tra conoscenza sensibile e intellettuale. Conoscenza sensibile : dovuta alla ricettività (passività) del soggetto, ha per oggetto il fenomeno, ossia la cosa come appare in relazione al soggetto. Conoscenza intellettuale : facoltà del soggetto, ha per oggetto la cosa così com’essa è nella sua natura intelligibile, come noumeno. Nella conoscenza sensibile si deve distinguere la materia dalla forma. La materia è la sensazione, modificazione dell’organo di senso e testimonia la presenza dell’oggetto dalla quale è causata. La forma è la legge, indipendente dalla sensibilità, che ordina la materia sensibile La conoscenza sensibile si chiama apparenza, e la conoscenza riflessa (che nasce dal confronto tra varie apparenze) si chiama esperienza. Dall’apparenza all’esperienza si va dunque attraverso la riflessione che si avvale dell’intelletto. Gli oggetti dell’esperienza sono i fenomeni, Forma è costituita da tempo e spazio, che non derivano dalla sensibilità che li presuppone, sono intuizioni pure.Non sono realtà oggettive ma condizioni soggettive e necessarie atte a coordinare, in virtù di una legge, tutti i dati sensibili. Quanto alla conoscenza intellettuale kant ritiene ancora che essa ,pur con limiti, abbia la possibilità di cogliere cose come sono nel loro ordine intelligibile, i noumeni, a differenza della sensibilità che le percepisce come fenomeni, come appaiono. Gli scritti del periodo critico Nei 10 anni dopo la dissertazione Kant elabora lentamente la sua filosofia critica, fino a “critica della ragion pura” (1781), ci fu anche una seconda edizione con alcune modifiche, la differenza tra le due edizione è problema di interpretazione di kant stesso (poiché spesso venne più apprezzata la prima). Vennero pubblicati poi una serie di scritti maggiori e minori. Ricapitolando diciamo che negli studi giovanili kant si è avvicinato alla filosofia naturalistica dell’illuminismo ispirata da Newton. Questa filosofia con il suo ideale di una descrizione dei fenomeni e con la rinuncia ad ammettere cause e forze che trascendessero tale descrizione, gli ha prospettato una metafisica che si costituisse in base agli stessi criteri limitativi. Tale metafisica avrebbe dovuto però avvalersi della del metodo della ragione fondante, che dominava l’ambiente filosofico in cui Kant si era formato. Le analisi degli empiristi inglesi gli prospettano questa metafisica come una scienza limitativa e negativa, quindi un’autocritica della ragione. Successivamente nella dissertazione questo punto di vista critico si chiarirà come punto di vista trascendentale,limitatamente alla conoscenza sensibile la validità di questa conoscenza viene fondata sui suoi stessi limiti. Il criticismo come “filosofia del limite” e l’orizzonte storico del pensiero kantiano. Il pensiero di kant è detto criticismo perché contrapponendosi al dogmatismo fa della critica lo strumento per eccellenza della filosofia. “Criticare” nel linguaggio tecnico di Kant significa conformemente all’etimologia greca : giudicare, valutare, distinguere ecc ,ossia interrogarsi programmaticamente circa il fondamento di determinate esperienze umane, chiarendone: possibilità (condizioni che permettono l’esistenza) validità(titoli di legittimità o meno che le caratterizzano) limiti(confini di validità). Nell’istanza critica di Kant risulta centrale l’aspetto del limite. La critica in senso kantiano non nascerebbe se non ci fossero termini di validità da fissare. Il criticismo si configura così come una filosofia del limite e può venir definito un’ermeneutica della finitudine, ossia un’interpretazione dell’esistenza volta a stabilire nei vari settori esperenziali le colonne d’Ercole dell’umano e quindi il carattere finito delle possibilità esistenziali. Questa filosofia del finito non equivale a una forma di scetticismo,poiché tracciare il limite per Kant Kant significa anche affermare la validità entro quel limite. Il riconoscimento e l’accettazione del limite divengono la norma che dà legittimità e fondamento alle varie facoltà umane. L’impossibilità della conoscenza di trascendere i limiti dell’esperienza diventa la base della validità della conoscenza stessa. L’impossibilità dell’attività pratica di raggiungere la santità diventa la norma della moralità. L’impossibilità di subordinare la natura all’uomo diventa la base del giudizio estetico e teleologico. Il legame che unisce e divide Hume e Kant è il fatto che Kant si propone di rinunciare ad ogni evasione dei limiti dell’uomo,e lo deve a Hume, tuttavia al contrario di Hume lui non rinuncia a fondare validità delle attività umane. Ovviamente il criticismo di kant non è una pura scoperta, ma l’esito di condizioni e istanze intellettuali che affondano le radici nell’epoca del filosofo. Il Kantismo si inserisce infatti tra la rivoluzione scientifica e tra la crisi delle metafisiche tradizionali. Questa condizione, eliminando la vecchia enciclopedia del sapere faceva nascere il problema di una morale autonoma, di una riflessione su arte, sul sentimento ecc ponendo una serie di interrogativi sulla loro struttura e validità. E’ così che nacque il criticismo, l’interrogativo verso sapere, morale, esperienza estetica e sentimentale, che si concretizza nella critica della ragion pura, della ragion pratica e del giudizio. Da questo punto di vista può esser visto come il seguito dell’empirismo inglese e dell’illuminismo, tuttavia si allontana dallo scetticismo proprio dell’empirismo filosofando a fondo su quelli che sono i limiti e le relative validità. Si distingue poi dall’illuminismo per una maggiore radicalità di intenti,kant si propone infatti di portare dinanzi al tribunale della ragione , la ragione stessa , per chiarire in modo esauriente le sue strutture e possibilità. Tuttavia anche in questo andar oltre l’illuminismo kant è pur sempre suo figlio in quanto ritiene che i confini della ragione possono essere tracciati solo dalla ragione, i limiti della ragione coincidono con i limiti dell’uomo. LA CRITICA DELLA RAGION PURA Il problema generale La critica della ragion pura è un’analisi critica dei fondamenti del sapere. Agli occhi di Kant e dei contemporanei la scienza e la metafisica sono a due lati opposti, grazie a Galileo e Newton la scienza è vista come sapere fondato, mentre la metafisica no. Tuttavia Hume aveva minato anche la certezza scientifica e questo portò a Kant a voler riesaminare entrambe le dottrine, sia scienza che metafisica, portandolo a sostenere la necessità di un riesame globale della struttura e della validità della conoscenza che fosse in di rispondere alla domanda circa lo statuto di scientificità di questi due campi del sapere. Lo spazio è la forma del senso esterno, la rappresentazione a priori necessaria che sta a fondamento di tutte le intuizioni esterne e del disporsi delle cose una accanto all’altra. Il tempo è la forma del senso interno, la rappresentazione a priori dei nostri stati interni e del loro disporsi l’uno dopo l’altro, secondo un ordine di successione. Tuttavia dato che è unicamente attraverso il senso interno che giungono i dati del senso esterno, il tempo si configura indirettamente come la forma del senso esterno, la maniera universale attraverso la quale percepiamo tutti gli oggetti.Cosa vuol dire?Che se non tutto è nello spazio (es. i sentimenti) però tutto è nel tempo. Kant giustifica l’apriorità dello spazio e del tempo sia come argomenti teorici e generali (esposizione metafisica) sia come argomenti tratti dalla considerazione delle scienze matematiche (esposizione trascendentale). Esposizione metafisica,Kant esprime il suo punto di vista confutando: Visione empiristica (locke)-spazio e tempo come nozioni tratte dall’esperienza. Visione oggettivistica (Newton)- spazio e tempo come entità a se stanti. Visione concettualistica (Leibniz) spazio e tempo come concetti che esprimono rapporti tra le cose. Non possono derivare dall’esperienza perché per poter fare un’esperienza dobbiamo già supporli, non possono essere qualcosa a se perché in tal caso dovrebbero esistere anche in assenza di oggetti, ma in assenza di oggetti non riesci a concepirli. Spazio e tempo non sono dei “contenitori” in cui ci sono gli oggetti, ma quadri mentali a priori entro cui connettiamo dati fenomenici. Pur essendo ideale o soggettivi rispetto alle cose sono anche reali e oggettivi rispetto all’esperienza. Si parla così di identità trascendentale e empirica di spazio e tempo. Infine non possono essere visti come concetti perché hanno una natura intuitiva e non discorsiva, perché non astraiamo il concetto di spazio dalla constatazione di vari spazio (come magari facciamo con il cavallo dai vari cavalli), ma intuiamo gli spazi come parti di un unico spazio,quindi la rappresentazione di spazio e è pura a priori. Pur rifiutando la visione di Newton di spazio e tempo come realtà a se stanti, lo riprende per quella che è la definizione di coordinate assolute dei fenomeni,rendendole condizioni a priori del conoscere. La fondazione kantiana della matematica. Nell’esposizione trascendentale, kant giustifica ulteriormente la apriorità di spazio e tempo mediante considerazioni sulla matematica. Kant vede nella geometria e aritmetica delle scienze sintetiche a priori per eccellenza. Sintetiche (non analitiche) in quanto ampliano le nostre conoscenze tramite costruzioni mentali che vanno oltre il già noto. A priori e non a posteriori in quanto i teoremi valgono indipendentemente dall’esperienza. Qual è allora il punto di appoggio delle costruzioni sintetiche a priori delle matematiche? Kant non ha dubbi che risieda nelle intuizioni di spazio e tempo.La geometria infatti dimostra a priori le proprietà delle figure mediante l’intuizione pura di spazio senza ricorrere all’esperienza (es .due parallele non chiudono uno spazio) Analogalmente l’aritmetica è la scienza che determina sinteticamente a priori la proprietà delle serie numeriche, basandosi sull’intuizione pura di tempo e successione,senza la quale il numero non sarebbe mai sorto. In quanto a priori la matematica è universale e necessaria, valida per tutti. Quindi, fatto questo discorso, per quale ragione allora le matematiche,pur essendo una costruzione della nostra mente valgono anche per la natura? Che cosa garantisce questa coincidenza su cui fa leva la fisica? Kant, senza presupporre armonie prestabilite, afferma che le matematiche possono venir applicate agli oggetti dell’esperienza fenomenica poiché quest’ultima essendo intuita nello spazio e nel tempo, che sono anche i cardini della matematica, possiede già di per se una configurazione geometrica e aritmetica. In altre parole se la forma a priori di spazio con cui ordiniamo la realtà è di tipo euclideo, risulta evidente che i teoremi della geometria di euclideo varranno anche per l’intero mondo fenomenico. L’analitica trascendentale Le categorie La seconda parte della dottrina degli elementi è la logica trascendentale, cioè un tipo di logica che presenta una fisionomia originale rispetto a quella della tradizione e che ha come specifico oggetto d’indagine : l’origine,l’estensione e la validità oggettiva delle conoscenze a priori che sono proprie dell’intelletto e della ragione. Sensibilità e intelletto sono entrambi indispensabili alla conoscenza perché: senza sensibilità nessun oggetto ci verrebbe dato e senza intelletto nessun oggetto verrebbe pensato. I pensieri senza contenuto (senza intuizioni) sono vuoti, le intuizioni senza concetti sono cieche. Cosa sono i concetti?Le intuizioni sono affezioni (qualcosa di passivo) mentre i concetti sono delle funzioni, ossia operazioni attive, che consistono nell’ordinare o nell’unificare diverse rappresentazioni sotto una rappresentazione comune. Quello di corpo è un concetto di quanto sotto di esso si trovano raccolte altre rappresentazioni (es. metallo). I concetti possono essere empirici, costruiti con materiali ricavati dall’esperienza, o puri, contenuti a priori nell’intelletto. I concetti puri si identificano con le categorie, cioè con quei concetti basilari che rappresentano le supreme funzioni unificatrici dell’intelletto. Poiché ciascun soggetto è il predicato di un giudizio possibile (ogni metallo [soggetto] è un corpo [predicato]), le categorie coincidono coni predicati primi, ossia le grandi caselle entro cui rientrano tutti i predicati possibili. Tuttavia al contrario delle categorie aristoteliche, dal valore ontologico e gnoseologico, quelle kantiane hanno una portata esclusivamente gnoseologico-trascendentale, in quanto rappresentano dei modi di funzionamento dell’intelletto che non valgono per la cosa in sé ma solo per il fenomeno. Stabilita la nozione di categorie si tratta di redigerne una tavola completa, seguendo però uno schema, nona caso come Aristotele. Kant dice: poiché pensare è giudicare, e giudicare significa attribuire un predicato ad un soggetto, ci saranno tante categorie (predicati primi) quante sono le modalità di giudizio (ossia quante sono le maniere fondamentale attraverso la quale si attribuisce un predicato ad un soggetto). E poiché la logica generale per Kant raggruppa i giudizi secondo quantità, qualità, relazione e modalità, fa corrispondere ad ogni giudizio una categoria secondo questo schema. [schema p.627] E’ facile vedere come le categorie kantiane entrino in azione in tutti i giudizi o le proposizioni in cui si concreta il nostro pensiero. Si parla sempre di una cosa o più cos, se è realo o meno o se una cosa è causa o effetto, e infine se esiste o no. La deduzione trascendentale Formulata la tavola delle categorie ci si trova di fronte al problema della giustificazione, della validità e dell’uso. Il problema, secondo Kant, più difficile di tutta la critica. Kant usa il termine “deduzione” ma non in senso logico matematico, ma quasi giuridico, dove allude alla “dimostrazione della legittimità di diritto di una pretesa di fatto”, parlando di quid iuris non quid facti, es se una persona possiede un oggetto ciò non determina che abbia diritti su di esso e vanno dimostrati. Con la deduzione delle categorie lui non vuole la sola prova che sono adoperate, ma giustificare che quest’uso è legittimo e quindi anche determinare i limiti dell’uso, cioè i diritti della ragione a impiegare le categorie, diritto che come tutti è soggetto a restrizioni. Tradotto concretamente il problema della deduzione suona in questo modo: perché le categorie, pur essendo forme soggettive della mente pretendono di valere anche per oggetti che non crea l’intelletto?O meglio, cosa ci garantisce che la natura obbedisce alle categorie? Per le forme della sensibilità non ci son problemi, ma per le categorie non è così semplice, in altri termini, dire che la realtà obbedisce oltre che alle forme delle nostre intuizioni anche ai nostri pensieri è un paradosso che esige una soluzione. Al di là della complessità testuale la soluzione kantiana risulta sufficientemente chiara, aritoclata in questo modo: 1) L’unificazione del molteplice non deriva dalla molteplicità stessa, che è sempre qualcosa di passivo, ma da un’attività sintetica che ha la sua sede nell’intelletto; 2) distinguendo tra unificazione (il processo tramite il quale si attua la sintesi del molteplice) e l’unità stessa ( il principio in base a cui si realizza l’unificazione) Kant identifica la suprema unità fondatrice della conoscenza(diverso alla semplice categoria di unità) con quel centro mentale unificatore che non identifica con la psiche ma con l’identica struttura mentale che accomuna gli uomini e che denomina con l’espressione “IO PENSO” o autocoscienza trascendentale, o perfezione. Senza tale autocoscienza le rappresentazioni non sarebbero “mie”, l’io penso deve quindi accompagnare tutte le mie rappresentazioni, in caso contrario si darebbe in me qualcosa che non possa essere pensata. 3) l’attività dell’io penso si attua tramite i giudizi che sono i modi concreti con cui il molteplice dell’intuizione viene pensato. 4) i giudizi si basano sulle categorie, ossia le diverse maniere di agire dell’io penso, ossia le 12 funzioni unificatrici in cui si concretizza l’attività sintetica. 5)gli oggetti quindi non possono venir pensati senza venire categorizzati. Sintetizzando il tutto concludiamo che: -tutti i pensieri presuppongono l’io penso. -l’io penso pensa tramite le categorie. -tutti gli oggetti pensati presuppongono le categorie. Questo vale a dire che la natura (fenomenica) obbedisce alle forme (a priori) del nostro intelletto. L’io si configura quindi come il principio supremo della conoscenza umana, ciò cui deve sottostare ogni realtà per poter entrare nel campo dell’esperienza e per divenire oggetto per noi. Nello stesso tempo rappresenta ciò che rende possibile l’oggettività (universalità e necessità) del sapere. Senza l’io saremmo chiusi nel cerchio della soggettività individuale e potremmo stabilire soltanto connessioni particolari L’io di Kant non è un io creatore,come quello di fitche, kant insiste sul carattere formale e finito dell’io, che si limita ad ordinare una realtà che gli preesiste e senza la quale la sua stessa conoscenza non avrebbe senso. Non a caso nella seconda edizione della critica c’è un’aggiunta confutazione all’idealismo. La sostanza di questa confutazione risiede nella tesi secondo cui l’interiorità non può essere concepita senza l’esteriorità. Gli schemi trascendentali Se nell’analitica dei concetti kant si occupa delle categorie, nell’analitica dei principi indaga il modo in cui si possano applicare ai fenomeni. Ciò avviene con la dottrina dello schematismo. Come è possibile che l’intelletto condizioni le intuizioni e quindi gli oggetti sensibili? Kant afferma che l’intelletto non può agire direttamente sugli oggetti, quindi agisce indirettamente con il tempo, medium universale. In altre parole se il tempo condiziona gli oggetti, l’intelletto condizionando il tempo, condiziona gli oggetti. Ciò avviene perché l’intelletto,attraverso quella facoltà che kant chiama immaginazione produttiva, determina la rete del tempo secondo degli schemi che corrispondono ognuno a delle categorie. In generale Kant intende per schema la rappresentazione intuitiva di un concetto,lo schema è simile all’immagine, ma distinto da essa. Lo schema di un cane non è l’immagine di un cane, ma solo una regola in base alla quale la mia immaginazione è posta in grado di delineare in generale la figura di un quadrupede,senza chiudersi in una particolare raffigurazione offerta dall’esperienza o in qualsiasi immagine da rappresentare nel concreto. Lo stesso vale per il triangolo e per quella classe di schemi che corrispondono alle categorie, che kant chiama schemi trascendentali. Gli schemi trascendentali sono la prefigurazione intuitiva (temporale) delle categorie, ovvero delle regole attraverso cui l’intelletto condiziona il tempo in conformità ai propri concetti a priori. Gli schemi trascendentali sono le categorie calate nel tempo,le categorie tradotte nel linguaggio temporale. Categorie di relazione: Schema di categoria di sostanza: permanenza nel tempo Schema di categoria causa-effetto: successione Schema da azione reciproca: simultaneità nel tempo Categorie di modalità Schema di categoria di possibilità: esistenza in un tempo qualsiasi. Schema di categoria di realtà: esistenza in un determinato tempo Categorie di qualità Il loro schema complessivo è la cosalità,la presenza assenza e intensità di fenomeni nel tempo. In conclusione con la teoria dello schematismo Kant ha inteso mettere in luce come la mente non si limiti a ricevere la realtà attraverso il tempo, ma riceva il tempo stesso secondo determinate dimensioni che sono il corrispondente (in chiave temporale) delle categorie. I principi dell’intelletto puro e l’io legislatore della natura Con la teoria dello schematismo la deduzione trascendentale raggiunge il suo coronamento, poiché con tale teoria kant chiarisce definitivamente perché gli oggetti, pur non essendo creati dalla mente nascano già nell’esperienza, sintonizzati con il nostro modo di pensarli. L’ultimo discorso è sviluppato sui principi dell’intelletto puro, che sono le regole di fondo tramite cui avviene l’applicazione delle categorie agli oggetti. Queste regole si identificano con le leggi supreme dell’esperienza e con le proposizioni di fondo del sapere scientifico. Kant le suddivide in 4 gruppi: 1)Assiomi dell’intuizione (corrispondenti alle categorie della quantità), affermano a priori che tutti i fenomeni intuiti costituiscono delle quantità estensive, ossia qualcosa che può essere conosciuto solo mediante la sintesi delle sue parti. Una durata può essere percepita solo suddividendola. 2)Anticipazioni della percezione(corrispondenti alle categorie della qualità) affermano a priori che ogni fenomeno percepito ha una quantità intensiva,ossia un certo grado di intensità che può essere infinitamente suddiviso (es luce).Il termine anticipazione indica che tutte le sensazioni sono date come tali soltanto a posteriori , tuttavia la proprietà che è loro, si può conoscere a priori. 3)Analogie dell’esperienza (corrispondenti alle categorie di relazione)affermano a priori che l’esperienza costituisce una trama necessaria di rapporti basata sui principi: della permanenza della sostanza, della causalità, dell’azione reciproca. Con il termine analogia designa un concetto filosofico di cui si serve per sottolineare come i principi in questione non si riferiscono a singoli oggetti ma a quelle analogie che fungono da regole generali per scoprirli e situarli nell’ordine della natura. Es. in presenza di un evento noi sappiamo a priori, che esso deve avere una causa, pur non sapendo quale sia tale causa, che va cercata nell’esperienza. I postulati del pensiero empirico in generale stabiliscono che: Ciò che è in accordo con le condizioni formali dell’esperienza è possibile, ciò che è connesso con le condizioni materiali dell’esperienza è reale, Ciò la cui connessione col reale è determinata in base alle condizioni universali dell’esperienza è necessariamente. Questa dottrina dei principi coincide con quella teoria dell’io come legislatore della natura e come massima espressione di quella rivoluzione copernicana. Se per natura intendiamo la conformità a leggi dei fenomeni,ossia l’ordine necessario e universale,risulta evidente che tale ordine non deriva dall’esperienza bensì dall’io penso e dalle sue forme a priori. L’io penso e le categorie però non possono rivelare se non quello che è la natura in generale, le leggi particolari nelle quali si esprime questa regolarità possono essere desunte solo dall’esperienza. Essendo il fondamento della natura l’io è anche il fondamento della scienza. In tal modo la gnoseologia di Kant si configura come epistemologia galileiano –newtoniana e come il tentativo di giustificare filosoficamente i principi di base contro lo scetticismo di Hume che riteneva come l’esperienza potesse, da un momento all’altro , smentire la verità su cui si regge la scienza. Le leggi della natura quindi sono pienamente giustificare nella loro validità, in quanto l’esperienza che le rivela non potrà mai smentirle, giacchè rappresentano le condizioni stesse di ogni esperienza possibile. Gli ambiti d’uso delle categorie L’originalità del copernicanesimo di kant, cercando nella mente l’istanza ultima di conoscenza, ha fondato le istanze dell’oggettività nel cuore stesso della soggettività. L’originalità della soluzione kantiana è consistita anche nell’intendere il fondamento del sapere in termini di possibilità e di limiti, cioè conformemente al modo d’essere di quell’ente pensante finito che è l’uomo.La messa in luce delle categorie implica però una delucidazione dei limiti e del loro uso. Le categorie, considerate di per sé sono vuote,costituiscono la facoltà di unire il molteplice della sensibilità, quindi funzionano solo in relazione al fenomeno. Di conseguenza il conoscere per Kant non può estendersi al di là dell’esperienza, in quanto una conoscenza che non si riferisce a un’esperienza possibile è solo un vuoto pensiero. Questo principio implica che il solo uso delle categorie sia quello empirico. La delimitazione della conoscenza al fenomeno comporta un esplicito rimando alla nozione di cosa in sé.
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