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Kant (breve biografia, fasi del pensiero, ecc.), Appunti di Filosofia

Appunti con integrazione da slide e libro

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 25/06/2024

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letizia-iazzolino 🇮🇹

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Scarica Kant (breve biografia, fasi del pensiero, ecc.) e più Appunti in PDF di Filosofia solo su Docsity! Immanuel Kant Kant è sia un punto di arrivo sia un punto di partenza nella filosofia. E’ un punto di arrivo per il vecchio filone gnoseologico. Egli confluisce nella svolta del criticismo, e proprio con Kant avremo un approccio alla filosofia critico. Il criticismo kantiano è la filosofia che va alla ricerca dei limiti della conoscenza umana. Kant imposta, ad un certo punto, il suo atteggiamento critico verso la filosofia. Dal punto di vista della figura umana, Kant è stato per alcuni, una figura abbastanza banale: nato nel 1724 a Königsberg e muore nel 1804 a Königsberg. È stata una persona molto puntigliosa e precisa e questo lo riscontriamo nelle sue opere metodiche, non trascurava alcun dettaglio. In compenso è stato uno dei giganti della filosofia: è considerato una pietra miliare.  È anche considerato l’iniziatore del criticismo, la filosofia che cerca i limiti entro cui la ragione umana agisce. Kant ha scritto 3 opere: “Critica della ragion pura” dove indaga veramente i limiti della ragione come strumento di conoscenza, “Critica della ragion pratica” uso della ragione come guida del comportamento umano, “Critica della facoltà di giudizio” ossia la ragione utilizzata per la realizzazione di giudizi estetici.  L’opera di Kant si muove in un ambito molto ampio. Per lui bisogna capire come funziona la nostra ragione e quale tipo di conoscenza e di uso ne possiamo fare e fin dove può spingersi. Kant cerca di capire se tra le varie scienze è possibile annoverare anche la metafisica o se è solamente un bisogno dell’uomo. Il criticismo di Kant può essere riassunto a 3 domande fondamentali alle quali Kant cerca di rispondere nelle opere. 1)Che cos’è il vero? 2)Che cos’è il giusto? 3)Che cos’è il bello? Queste sono la guida delle 3 opere kantiane. La “Critica della ragion pura” si occupa di rispondere alla prima domanda. Kant dice che bisogna interrogare la ragione e trovare i limiti entro i quali questa è in grado di produrre una conoscenza vera. L’oggetto di indagine è la ragione stessa. La ragione viene messa “sul banco degli imputati” per trovare i suoi limiti. Ma ciò vuol dire che c’è anche un giudice che è la ragione stessa. Questo atteggiamento risulta essere molto illuminista. L’aggettivo “pura” ha la sua importanza perché l'obiettivo di Kant è quello di studiare la ragione nelle strutture che lui chiama “a priori”, ossia secondo Kant la mente non è una “tabula rasa”. Per Kant quando noi entriamo in contatto con la conoscenza questa viene organizzata in delle strutture che ci permettono di dare forma alla conoscenza. Lo studio della ragione che Kant intende fare è lo studio di queste strutture a priori. Senza l’esperienza questi “contenitori” (strutture a priori) rimangono vuoti.  Nella “Critica della ragion pratica” per Kant la ragione è la facoltà che distingue l’uomo, quindi non ha solo una funzione conoscitiva. Kant analizza la ragione in tutti i suoi aspetti dicendo che è anche un elemento in grado di guidare l’uomo nelle scelte. La domanda fondamentale della “Critica della ragion pratica” è la seconda e il tentativo è quello di trovare delle leggi che valgono universalmente. Egli individua delle leggi fondamentali chiamate “Imperativi categorici”. Sono delle leggi di comportamento universale.  La “Critica della facoltà di giudizio” risponde alla terza domanda. Cerca di stabilire se esiste un criterio di bello universale. Kant cerca di trovare quali sono i limiti entro i quali è possibile esprimere un giudizio di bellezza universale. Due sono i concetti importanti in quest’opera: il concetto di bello e il concetto di sublime.  Kant con questo suo modo di impostare la filosofia, quindi prestare attenzione alla ragione, ha compiuto un passo importante che ha portato a parlare di rivoluzione copernicana: Copernico ha ruotato la concezione dell’universo geocentrico in universo eliocentrico. Kant compie una rivoluzione in senso antropocentrico, per lui l’elemento fondamentale della conoscenza è l’uomo, non più la realtà esterna. Il vero, il giusto, il bello risiedono nell’uomo. L’uomo con la sua capacità conoscitiva, uso pratico ed estetico della ragione, applica dei giudizi sul mondo esterno. Non è più una conoscenza che ruota attorno all’oggetto, alla realtà esterna, perché il soggetto conoscitivo al centro adesso è l’uomo. Per Kant l’uomo fa esperienza perché è corpo. L’uomo nella sua integrità che fa esperienza del mondo esterno riceve i dati della conoscenza. Kant cerca di fondare un’etica del dovere che sia il più possibile universale e anche un’estetica cercando di farci vedere come il bello e il sublime siamo già presenti nell’uomo.  La “Critica della ragion pura” è un’opera ambiziosa. Essa è il risultato di riflessioni di molto tempo prima. In precedenza, Kant, aveva pubblicato un’altra opera pubblicata nel 1770, dove però già troviamo degli accenni a molte tematiche sviluppate poi in successione. Della ragion pura vengono pubblicate 2 edizioni: nel 1781 e nel 1787. Il tema principale è quello di rispondere alla domanda “Che cos’è il vero?”. Per Kant la sua opera è un’indagine in cui la ragione umana è sottoposta al giudizio della ragione stessa. Vuole scoprire entro quali limiti la conoscenza che ricaviamo dalla ragione è vera. Quindi valuta le possibilità della ragione di produrre scienza. Oltre a questo cerca di valutare le pretese della ragione di fare metafisica. In Kant c’è il desiderio di capire se i tentativi della ragione di fare metafisica sono legittimi e se lo sono entro che limiti possono essere legittimi e se non lo sono allora perché facciamo metafisica? L’indagine riguarda le strutture a priori, quelle strutture attraverso le quali la ragione acquisisce la conoscenza. In Kant troviamo una sintesi tra l’empirismo e il razionalismo. Quest’opera può essere vista come il tentativo di rispondere a delle domande fondamentali: 1)È possibile una matematica pura? Ossia è possibile fare matematica al di là dell’esperienza in atto? 2)È possibile una fisica pura? Ossia è possibile fare fisica al di là dell'esperienza in atto? 3)È possibile una metafisica come scienza? Il risultato è Kant che stabilisce che la metafisica non rientra nelle scienze. La metafisica è una naturale tendenza dell’uomo. La metafisica serve però per fondare i giudizi etici. Per Kant conoscere significa giudicare, la conoscenza formula dei giudizi ossia delle affermazioni. Le scienze sono caratterizzate da alcuni tipi di giudizi: giudizi sintetici a priori. Un giudizio è la connessione tra soggetto e predicato.  Un giudizio scientifico deve aumentare la mia conoscenza, deve essere fecondo, necessario e universale. I giudizi sono di due tipi: analitico o sintetico. Un giudizio analitico, tipico dell’impostazione razionalista, è il giudizio che non aggiunge conoscenza, ma esplicita delle caratteristiche implicite dell’oggetto. Il giudizio analitico è a priori e non è fecondo, ossia non produce nuova conoscenza. Il giudizio sintetico è fecondo e produce nuova conoscenza, ma esistono due tipi di giudizi sintetici: il giudizio sintetico a posteriori e il giudizio sintetico a priori. Quello a posteriori si basa su un’esperienza concreta, ma non è universale. Quello a priori non ha bisogno dell’esperienza, è universale e necessario. La scienza è il risultato dell'esperienza sommata a dei giudizi sintetici a priori. La conoscenza per Kant è una sintesi di materia. Questa è composta da dati che una volta percepiti vanno nelle strutture a priori. Se io ho delle difficoltà fisiche (non sento bene, non vedo bene, ecc) i dati che mi arrivano saranno alterati. Queste sono le considerazioni di partenza della “Critica della ragion pura”. Essa è strutturata in due parti: la dottrina degli elementi e la dottrina del metodo. Nella dottrina degli elementi troviamo l’estetica trascendentale e la logica trascendentale a sua volta divisa in analitica trascendentale e dialettica trascendentale. E infine troviamo l’analitica trascendentale dei concetti e l’analitica trascendentale dei principi entrambe racchiuse nell’analitica trascendentale.  La dottrina degli elementi analizza quali sono le forme a priori della conoscenza. L’estetica trascendentale studia le forme a priori della sensibilità. Il termine estetica si rifà all’etimologia greca “hystesis” che significa proprio sensibilità. Mentre l’analitica trascendentale analizza le forme a priori dell’intelletto. Nella dialettica trascendentale Kant studia se è legittimo il tentativo della ragione di fare metafisica, prendendo in esame le idee della ragione, ossia dei sovra concetti che l’uomo usa per cercare di fare metafisica. L’aggettivo trascendentale non è sinonimo di trascendente. Trascendente è qualcosa che sta al di là, è molto usato in ambito religioso (il Dio cattolico è un Dio trascendente). Trascendentale, nel linguaggio kantiano, fa riferimento al linguaggio a priori. Quando Kant usa il termine trascendentale fa riferimento all’indagine filosofica, ossia allo studio del funzionamento degli elementi a priori della conoscenza. un’idea di unità incondizionata di tutte le esperienze interne che vengono assolutizzate. È come se venisse applicata la categoria di sostanza all’”Io penso”. Kant fa capire come l’idea di anima sia frutto di un errore logico, ossia il paralogismo. Il paralogismo è un ragionamento non valido, un falso sillogismo, che però riesce a presentarsi come ragionamento valido. Esistono oltre ai sillogismi, alcuni falsi come la “quaterna terminorum”, essa si verifica quando si ha un sillogismo in cui uno dei due termini viene usato in termini diversi, quindi le conclusioni a cui si arriva sono sbagliate. L’idea di anima è frutto di un ragionamento sbagliato. Così Kant ci presenta l’errore alla base dell’idea di anima. L’idea di mondo è anche essa frutto di un errore, l’antinomia. Il mondo è il risultato di 4 antinomie. L’antinomia è la contraddizione tra due proposizioni filosofiche che sono entrambe dimostrabili. L’antinomia in logica è l’enunciato tale che la sua affermazione e negazione implicano entrambe una contraddizione e conducono a un paradosso. Le antinomie alla base dell’idea di mondo sono l’idea di finito e di infinito: del mondo posso sia dire che è finito e infinito, ma implicano contraddizione. Vale la stessa cosa per l’idea di limitato e illimitato. Altre antinomie sono di tipo “causato” o “incausato”, quindi che può avere una causa o no, e un mondo che può essere “libero” o necessario”. La mia esperienza avviene sempre entro il limite, non posso avere l’esperienza di totalità di spazio e tempo e questo porta all’errore della ragione. L’idea di Dio è l’idea della totalità delle totalità, ossia l’idea che riesce a riunire in sé stessa anche l’idea di anima e mondo, idea di assoluto. Noi non abbiamo alcun modo di conoscere l’assoluto. Kant cerca di smontare, così, le prove dell’esistenza di Dio, per esempio la prova ontologica di Sant’Anselmo. Per Kant siamo di fronte a una tautologia che è una affermazione di un predicato che è già contenuto nel soggetto, ma sostiene che stia facendo un salto illegittimo perché non ha dimostrato l’esistenza. Kant passa ad analizzare la prova cosmologica, ossia quella che dice che ogni ente ha una causa di sé che è esterna, e sull’impossibilità di risalire di causa in causa. Kant dice che sta facendo un salto illegittimo verso un piano in cui la causa esiste oltre la natura. Questa causa ultima diventa trans fenomenica, non ne posso fare esperienza e quindi non può essere spiegata. L’ultima prova dell’esistenza di Dio è quella che si basa sul fatto che tutte le cose avvengono perché c’è un ordine, ossia quella che vede Dio come grande architetto. L’ordine della natura viene quindi predisposto da un ordinatore perfetto. Secondo Kant abbiamo anche qui un passaggio dall’ordine del mondo a uno che sta al di là. Non c’è nessuna prova che questo ordine sia tale da chiamare di un ordine che sta in un altro mondo. Anche qui c’è un salto dal piano materiale al piano metafisico. Con la dialettica trascendentale Kant dimostra che la metafisica deve svestirsi dell’abito della scienza. La metafisica non ha le caratteristiche di una scienza. Per essere scienza bisogna rispondere a delle caratteristiche ossia il riferimento all’esperienza, senza il quale non puoi avere conoscenza. Per Kant le ambizioni dell’uomo di fare metafisica sono naturali. Il problema è capire che quando facciamo metafisica non possiamo basarci su quello che diciamo in maniera scientifica. Il valore della metafisica si trova su altri piani. L’idea di anima e di dio hanno una funzione regolativa, sul paino pratico, etico. Non si può dimostrare che Dio esiste, ma noi agiamo come se esistesse. Nella critica della ragion pratica la ragione risulta essere la guida in campo etico del comportamento umano. Kant vuole fondare una morale che sia valida a livello universale, che vada al di là delle particolarità. Kant vuole individuare la struttura morale universale. Diventa quindi un teorico della morale assoluta. Il comportamento umano è caratterizzato da delle massime, ossia delle dichiarazioni, che indicano scelte di comportamenti. Esse sono sempre individuali e relative. Ci sono delle massime di valore più alto che sono le leggi. Le leggi possono anche loro essere relative o universali. Quando le massime sono universali parliamo di imperativi. Kant è come se avvertisse il bisogno di analizzare il comportamento umano e ciò che guida il comportamento umano. La prima cosa che individua, a livello di ragione pratica, ne possiamo parlare in due ambiti: una ragione pratica pura e una ragione pratica empirica. La ragione pratica pura è una ragione che prescinde dal fare esperienza. Per Kant questa è una ragione che gli uomini non possono avere, è quasi qualcosa della quale non ci dobbiamo preoccupare. Invece la ragion pratica empirica è quella propria dell’uomo perché egli si trova molto in contatto con il mondo empireo. È in questi contesti che l’uomo ha a che fare con la scelta e la possibilità di essere morale o immorale. Nella ragion pratica ha azione il comportamento umano. La ragion pratica agisce sempre nel teatro dell’esperienza concreta. È necessario compiere una critica perché la ragion pratica ha delle pretese non morali. Qualunque azione noi compiamo ha due validità: può essere legittima sul piano dell’agire, ma non è detto che sia legittima sul piano della moralità (es. saltare interrogazione programmata). Kant dice che noi possiamo compiere delle scelte, ma le nostre scelte vanno proiettate a livello universale. Kant invita a chiedersi se le nostre scelte possono essere proiettate a livello universale perché la mia scelta potrebbe avere conseguenze su altri, e in tal caso avrei usato gli altri come mezzo e non come fine. Kant cerca di fondare una morale che parta dall’uomo. La scelta che è eterodiretta, per Kant non è morale è legale. Quando io decido di non rubare e lo faccio solo perché non si fa non agisco per via morale, ma solo per via legale. Quando parliamo di una legge morale universale è valida per tutti indistintamente ed è incondizionatamente valida, ed è quindi anche necessaria. L’abbinamento non è “se devo allora è così” o “se voglio allora è così”, ma è “se devo comportarmi così è perché devo”. Questa è l’etica del dovere di Kant. I caratteri della legge morale di Kant sono 3: categorica, formale e autonoma. La legge morale non è irraggiungibile e non è un’utopia, essa sta dentro all’uomo. Essa ha la capacità di svincolarsi dalle inclinazioni sensibili. Se non potessimo svincolarci da queste emozioni, non potremmo essere morali. La morale è categorica, ciò vuol dire che è assoluta e che deriva da degli imperativi categorici. Un imperativo categorico è una prescrizione oggettiva e categorica. A differenza della morale delle massime che ci dà delle indicazioni di comportamento che sono soggettive. L’imperativo categorico ha una formulazione generale che poi si distingue in 3 azioni più specifiche. La formulazione generale dice: “agisci secondo quella massima che al tempo stesso puoi volere che diventi una legge universale”. Nel momento in cui agisco mi pongo questa domanda: Potrei volere che tutti gli altri si comportino come me?. Le altre formulazioni sono “agisci come se la massima della tua azione dovesse essere levata dalla tua volontà a legge universale della natura”. È una specificazione che ci dice la stessa cosa. “Agisci in modo da trattare l’umanità sia nella tua persona sia in quella di ogni altro uomo sempre e anche come fine e mai semplicemente come mezzo”. La tua scelta deve far si che il tuo rapporto con gli altri sia sempre tale da vedere gli altri uomini. C’è anche il rischio di fare un torto a sé stessi. “Agisci in modo che la volontà in base alla massima possa considerare contemporaneamente sé stessa come legislatrice”. Devo pensare se seguendo la massima la mia volontà possa diventare legislatrice.
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