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Kurt Vonnegut "Mattatoio nr 5", Dispense di Letterature comparate

Il pdf del libro. Letterature comparate. Università degli studi di Macerata.

Tipologia: Dispense

2018/2019

Caricato il 29/05/2019

martyna_trybus
martyna_trybus 🇮🇹

3

(1)

2 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Kurt Vonnegut "Mattatoio nr 5" e più Dispense in PDF di Letterature comparate solo su Docsity! Mattatoio n. 5 o LA CROCIATA DEI BAMBINI (Danza obbligata con la morte) DI Kurt Vonnegut, Jr. Tedesco americano da quattro generazioni il quale, attualmente residente in mezzo agli agi a Cape Cod (dove è eccessivamente dedito al vizio del fumo), ebbe modo di assistere molto tempo fa come soldato di fanteria hors de combat, prigioniero di guerra, al bombardamento di Dresda, Germania, «La Firenze dell'Elba», e di sopravvivere tanto da narrarne la storia. Questo è un romanzo scritto nello stile alquanto telegrafico e schizofrenico in uso nel pianeta Tralfamadore donde vengono i dischi volanti. Pace. Arnoldo Mondadori Editore 1 A Mary O'Hare e Gerhard Müller I buoi muggiscono, si sveglia il Bambino. Ma il piccolo Gesù manco piange un pochino. 1. È tutto accaduto, più o meno. I brani di guerra, in ogni caso, sono abbastanza veri. Un tale che conoscevo fu veramente ucciso, a Dresda, per aver preso una teiera che non era sua. Un altro che conoscevo minacciò veramente di fare ammazzare i suoi nemici personali, dopo la guerra, da dei killer. E così via. Ho cambiato tutti i nomi. Io tornai veramente a Dresda con i soldi della Fondazione Guggenheim (Dio la benedica) nel 1967. Somigliava molto a Dayton, nell'Ohio, ma c'erano più spazi vuoti che a Dayton. Nel terreno dovevano esserci tonnellate d'ossa umane. Ci tornai insieme a un vecchio compagno di guerra, Bernard V. O'Hare, e facemmo amicizia con un tassista che ci portò al mattatoio dove eravamo rinchiusi la notte come prigionieri di guerra. Si chiamava Gerhard Müller. Ci disse che era stato per un po' prigioniero degli americani. Gli domandammo che effetto faceva vivere sotto i comunisti, e lui disse che al principio era terribile, perché tutti dovevano lavorare molto duro, e perché non c'erano case e mancava da mangiare e da vestirsi. Ma adesso le cose andavano molto meglio. Lui aveva un bell'appartamentino, e la figlia frequentava una buona scuola. Sua madre era rimasta incenerita nell'incendio di Dresda. Così va la vita. A Natale mandò a O'Hare una cartolina, ed ecco cosa diceva: «Auguri a lei, alla sua famiglia e al suo amico buon Natale e felice anno nuovo e spero che ci incontreremo di nuovo in un mondo libero e in pace nel mio tassi, se il caso vorrà.» Mi piace molto quel «se il caso vorrà». Non vi dirò quanto mi sia costato, in soldi, tempo e ansietà questo schifoso libretto. Ventitré anni fa, quando tornai a casa dalla seconda guerra mondiale, pensavo che mi sarebbe stato facile scrivere della distruzione di Dresda, dato che tutto quel che dovevo fare era riferire quel che avevo visto. E pensavo anche che sarebbe stato un capolavoro o che per lo meno mi avrebbe fatto guadagnare un sacco di quattrini, dato che il tema era così forte. Ma allora non mi venivano molte parole da dire su Dresda, o almeno non abbastanza da cavarne un libro. E non me ne vengono molte neanche adesso, che son diventato un vecchio rudere con tutti i suoi ricordi sul gobbo e le sue Pall Mall e i figli ormai grandi. Penso a quanto mi siano stati inutili i miei ricordi di Dresda, e a quanto sia stato comunque tentato di scriverne, e mi viene in mente il famoso "limerick": C'era un giovin d'Istanbul, che al suo attrezzo parlò: «La borsa m'hai vuotato, la salute hai rovinato, e adesso, mio dannato, non funzioni neanche un po'.» E mi viene anche in mente quella canzone che fa: Mi chiamo Yon Yonson, 2 Mentre studiavo antropologia, lavoravo anche come reporter di cronaca nera per il famoso Chicago City News Bureau, per ventotto dollari alla settimana. Una volta mi cambiarono dal turno notturno a quello diurno, e così lavorai sedici ore di seguito. Eravamo legati a tutti i giornali della città, alla Associated Press, alla United Press, a tutta quella gente là. E ci occupavamo dei tribunali, delle sedi di polizia, dei pompieri, della guardia costiera del Michigan e di tutta quella roba. Ci tenevamo in contatto con gli enti per cui lavoravamo attraverso un sistema di posta pneumatica che passava sotto le vie di Chicago. I reporter dettavano per telefono il loro pezzo a dei redattori con cuffie riceventi, e questi lo stampavano su fogli a ciclostile, che venivano ficcati in cartucce d'ottone e velluto e ingurgitati dai tubi pneumatici. I reporter e i redattori più duri erano delle donne che avevano sostituito degli uomini andati in guerra. La prima storia di cui mi occupai dovetti dettarla al telefono a una di quelle schifose ragazze. Riguardava un giovane reduce che aveva avuto un posto come manovratore di un ascensore di vecchia foggia in un palazzo d'uffici. La porta dell'ascensore al primo piano era in una trama ornamentale in ferro battuto. Dentro e fuori dai buchi serpeggiava dell'edera di ferro. C'era anche un ramoscello con due pappagallini verdi appollaiati sopra. Il reduce aveva deciso di metter la macchina nel seminterrato, e così chiuse la porta e si avviò, ma gli rimase impigliata la fede in tutti quegli ornamenti. Così fu sollevato in alto e il pavimento della macchina andò giù, gli sfuggì di sotto, e il tetto lo schiacciò. Così va la vita. Io passai la notizia per telefono, e la donna che doveva preparare il ciclostile mi chiese: «Che cos'ha detto la moglie?». «Non lo sa ancora» dissi. «È appena successo.» «La chiami e cerchi di ottenere una dichiarazione.» «Cosa?» «Le dica che è il capitano Finn della polizia. Dica che ha delle brutte notizie da darle. Gliele dia, e senta cosa dice.» E così feci. Quel che disse potete immaginarvelo. Avevano un bambino; e così via. Quando tornai in ufficio, la donna mi domandò, per curiosità, che aspetto aveva il tizio schiacciato quando era rimasto schiacciato. Glielo dissi. «Non le ha fatto effetto?» disse. Stava mangiando un candito "Tre moschettieri". «Diavolo, no, Nancy» dissi. «Ho visto molto di peggio quando ero in guerra.» Già allora io avrei dovuto essere occupato a scrivere un libro su Dresda. A quell'epoca non era ancora diventato famoso, in America, quell'attacco aereo. Pochi americani sapevano che era stato peggio, per esempio, di Hiroshima. Non lo sapevo neanch'io. Non c'era stata molta pubblicità, in proposito. Mi capitò, a un cocktail party, di parlare a un professore dell'Università di Chicago di quel raid così come l'avevo visto io, e del libro che volevo scrivere. Era membro d'un affare chiamato Comitato per il pensiero sociale. E mi disse dei campi di concentramento, e di come i tedeschi avessero tirato fuori sapone e candele dal grasso dei cadaveri d'ebrei e così via. Tutto quel che potei dire fu: «Lo so, lo so. Lo so». La seconda guerra mondiale aveva reso tutti dei duri. E io divenni il responsabile delle pubbliche relazioni della General Electric a Schenectady, New York, e pompiere volontario nel villaggio di Alplaus, dove mi comprai la prima casa. Il mio capo era uno dei duri più duri che possa mai sperar di incontrare. Era stato tenente colonnello e aveva lavorato nel settore pubbliche relazioni a Baltimora. Mentre io ero a Schenectady lui entrò nella Chiesa riformata olandese, che era anche quella una Chiesa alquanto dura. A volte mi chiedeva, in tono canzonatorio, perché non fossi stato ufficiale, come se avessi fatto qualcosa di sbagliato. 5 Mia moglie e io avevamo perduto il nostro grasso. Quelli furono i nostri anni magri. Avevamo per amici un sacco di magri veterani e le loro magre mogli. I più simpatici veterani di Schenectady, i più gentili e i più divertenti, quelli che odiavano di più la guerra, erano quelli che avevano davvero combattuto. Scrissi all'Air Force, a quell'epoca, chiedendo che mi dessero dettagli sull'incursione aerea su Dresda, chi l'aveva ordinata, quanti aerei vi avevano partecipato, perché l'avevano compiuta, quali risultati ci si erano prefissi, eccetera. Mi rispose un tizio che era, come me, nelle pubbliche relazioni. Disse che era spiacente, ma che le informazioni al riguardo erano ancora tenute segrete. Lessi la lettera a voce alta a mia moglie, e dissi: «Tenute segrete? E a chi, Dio santo?». Allora eravamo nell'Associazione federalisti del mondo unito. Non so in che cosa siamo adesso. Nell'Associazione telefoni, credo. Telefoniamo un sacco - o almeno io lo faccio, la notte tardi. Un paio di settimane dopo aver chiamato il mio vecchio compagno di guerra, Bernard V. O'Hare, andai davvero da lui. Dev'essere stato nel 1964 o qualcosa del genere l'ultimo anno della Fiera mondiale di New York, comunque. Eheu, fugaces labuntur anni. Io mi chiamo Yon Yonson. C'era un giovin di Istanbul. Portai con me due ragazzine: mia figlia Nanny e la sua migliore amica, Allison Mitchell. Non erano mai state via da Cape Cod, finora. Quando vedemmo un fiume, dovetti fermarmi per lasciarle star sulla riva a meditarci un po' su. Prima non avevano mai visto dell'acqua non salata, e in quella forma lunga e stretta. Il fiume era l'Hudson. C'erano le carpe, dentro, e le vedevamo. Erano grosse come sottomarini atomici. Vedevamo anche delle cascate, torrenti, che saltavano da dirupi nella valle del Delaware. C'erano un mucchio di cose da fermarsi a vedere - e poi veniva l'ora di andare, veniva sempre l'ora di andare. Le ragazzine avevano degli abitini bianchi da party e scarpette nere da party. così tutti avrebbero visto subito com'erano carine. «È ora d'andare. ragazze» dicevo. E andavamo. Poi il sole calò, noi cenammo in un ristorante italiano, e io bussai alla porta della bella casa in pietra di Bernard V. O'Hare. Mi portavo dietro una bottiglia di whisky irlandese come un campanello per annunciare il pranzo. Venne ad aprire una donna graziosa, sua moglie Mary, cui dedico questo libro. Lo dedico anche a Gerhard Müller, il tassista di Dresda. Mary O'Hare è un'infermiera, il che è molto bello per una donna. Mary ammirò le due ragazzine che avevo portato con me, le mise insieme ai suoi bambini, e li mandò tutti di sopra a giocare e a vedere la televisione. Solo dopo che i bambini se n'erano andati ebbi la sensazione che io non piacessi a Mary, o che non le piacesse qualcosa di quella sera. Era educata ma fredda. «Bella casa comoda che avete» dissi, e lo era veramente. «Ho trovato un posto dove potrete mettervi a parlare senza essere disturbati» disse lei. «Bene» dissi, e immaginai due poltrone di pelle accanto a un camino, in una stanza a pannelli, dove due vecchi soldati avrebbero potuto bere e parlare. Ma lei ci portò in cucina. Aveva messo due seggiole davanti a un tavolo con il piano in porcellana bianca. Il piano era carico della luce riflessa di una lampada a duecento watt appesa proprio sopra. Mary ci aveva preparato una sala operatoria. Vi mise sopra un bicchiere solo, per me. Spiegò che, O'Hare non poteva bere roba forte, da dopo la guerra. Così ci sedemmo. O'Hare era imbarazzato, ma non voleva dirmi cos'era che non andava. Non riuscivo a capire cosa ci fosse in me che irritasse tanto Mary. Ero un uomo di famiglia. Mi ero sposato solo una volta. Non ero ubriaco. Non avevo fatto nessuna porcheria a suo marito durante la guerra. Si versò una Coca-Cola, e fece un sacco di rumore sbattendo il contenitore di ghiaccio nel 6 lavandino in acciaio inossidabile. Poi se ne andò via. Ma non si sedeva da nessuna parte. Girava per tutta la casa, aprendo e chiudendo porte e persino spostando mobili per sfogare la rabbia. Domandai a O'Hare cosa avessi detto o fatto per farla comportare in quel modo. «Non è nulla» disse. «Non preoccuparti. Non ha niente a che vedere con te.» Questo da parte sua era gentile; ma mentiva. Aveva molto a che vedere con me. Così cercammo di ignorare Mary e di ricordare la guerra. Mandai giù un paio di sorsi del beverone che mi ero portato dietro. Di tanto in tanto ridevamo o sogghignavamo, come se ci stessero tornando in mente le vecchie storie di guerra, ma nessuno dei due riusciva a rammentare niente di buono. O'Hare ricordava un tizio che a Dresda, prima che fosse bombardata, si era preso una gran sbronza, e a noi toccò portarlo a casa in una carriola. Non c'era gran che per scriverci un libro. Io ricordavo due soldati russi che avevano saccheggiato una fabbrica d'orologi. Avevano un carro a cavalli pieno d'orologi. Erano sbronzi e felici. Fumavano delle grosse sigarette che avevano arrotolato in carta di giornale. Questo era tutto, quanto a ricordi, e Mary seguitava a far rumore. Alla fine tornò in cucina per prendersi un'altra Coca-Cola. Tolse un altro contenitore di ghiaccio dal frigorifero, e lo batté contro il lavandino, anche se ne era già uscito fuori un bel po' di ghiaccio. Poi si voltò verso di me, per farmi vedere com'era arrabbiata e che quella rabbia l'avevo provocata io. Aveva parlato fra sé, prima, e così quel che disse era solo un frammento di una conversazione molto più lunga. «Eravate solo dei bambini, allora!» disse. «Cosa?» dissi. «Eravate soltanto dei bambini, quand'eravate in guerra... come quelli su di sopra!» Annuii; era vero. All'epoca della guerra eravamo degli stupidi sbarbatelli, appena usciti dall'infanzia. «Ma lei non ha intenzione di scriverlo, questo, vero?» Non era una domanda; era un'accusa. «Io... io non so» dissi. «Beh, io lo so» fece lei. «Fingerà che eravate degli uomini invece che bambini, e poi ne tireranno fuori un film recitato da Frank Sinatra e John Wayne o da qualcun altro di quegli sporchi vecchioni che vanno pazzi per la guerra. E la guerra sembrerà qualcosa di meraviglioso, e così ne avremo ancora un bel po'. E a combatterle saranno dei bambini come quelli che ci sono di sopra.» Allora capii. Era la guerra che la rendeva tanto rabbiosa. Non voleva che i suoi bambini o i bambini di chiunque altro si facessero ammazzare in guerra. E pensava che le guerre erano in parte incoraggiate dai libri e dai film. Così sollevai la mano destra e le feci una promessa. «Mary,» dissi «non credo che finirò mai questo libro. Ormai devo aver scritto cinquemila pagine, e le ho buttate tutte via. Se mai lo finirò, comunque, le do la mia parola d'onore: non sarà una cosa da Frank Sinatra o John Wayne. «Le dirò una cosa» feci. «Lo intitolerò La crociata dei bambini.» Da allora diventammo amici. O'Hare e io la smettemmo di ricordare, andammo in soggiorno, e parlammo di altre cose. Ci venne la curiosità di saper qualcosa della vera "crociata dei bambini", e così O'Hare la cercò in un libro che aveva, Straordinari inganni popolari e fanatismo delle folle, di Charles Mackay. Era stato pubblicato per la prima volta a Londra, nel 1841. Mackay aveva una scarsa opinione di tutte le crociate. La crociata dei bambini gli era parsa appena un poco più ignobile delle dieci per adulti. O'Hare lesse a voce alta questo brano: La storia ci dice nel suo tono solenne che i crociati non erano altro che uomini ignoranti e feroci, che a muoverli era un fanatismo sfrenato, e che il loro era un itinerario di sangue e lacrime. La leggenda, d'altra parte, si diffonde sulla loro religiosità e il loro eroismo, e dipinge a toni intensi e splendenti il loro valore e la loro magnanimità, la gloria imperitura che si sono 7 francese durante la prima guerra mondiale - finché non gli ruppero il cranio. Dopo non riusciva a dormire, e sentiva dei rumori nella testa. Diventò medico, e di giorno curava la povera gente, mentre la notte scriveva romanzi grotteschi. Non c'è arte se non c'è danza con la morte, scrisse. La verità è morte, scrisse. Io l'ho combattuta per bene finché ho potuto... ho ballato con lei, l'ho ornata di festoni, le ho fatto fare giri di valzer... l'ho decorata di nastri, l'ho solleticata... Il tempo lo ossessionava. La signorina Ostrovsky mi fece ricordare la stupefacente scena di Morte a credito, in cui Céline vuole por fine all'affaccendarsi della gente per la strada. Egli grida: Fermateli... non lasciateli più muovere... congelateli... una volta per tutte!... Così che non scompaiano più! Nella mia camera al motel sfogliai la Bibbia sul comodino in cerca di storie di grandi distruzioni. Il sole si era levato sulla terra quando Lot entrò in Zo-ar, diceva. Poi il Signore, dal cielo, fece piovere su Sodoma e Gomorra zolfo e fuoco; ed abbatté quelle città, e tutta la pianura, e gli abitanti delle città, e ciò che cresceva sulla terra. Così va la vita. Erano gente spregevole, quelli di Sodoma e Gomorra, come tutti sanno. Il mondo stette meglio senza di loro. E alla moglie di Lot, naturalmente, fu detto di non voltarsi indietro a guardare il luogo dove prima c'era quella gente con le sue case. Lei invece guardò, e per questo io la amo: perché fu un atto tanto umano. E così fu trasformata in un pilastro di sale. Così va la vita. Non è previsto che la gente si guardi indietro. Io non lo farò certo più. Ora ho finito il mio libro di guerra. Il prossimo che scriverò sarà divertente. Questo è un fallimento, e doveva esserlo, dato che è stato scritto da un pilastro di sale. Comincia così: Ascoltate: Billy Pilgrim ha viaggiato nel tempo. E finisce così: Puu-tii-uiit? 10 2. Ascoltate: Billy Pilgrim ha viaggiato nel tempo. Billy è andato a dormire che era un anziano vedovo e si è svegliato il giorno delle sue nozze. È passato per una porta nel 1955 ed è uscito da un'altra nel 1941. È tornato indietro per quella porta per trovarsi nel 1963. Ha visto la propria nascita e la propria morte molte volte, dice, e rivive di tanto in tanto tutti i fatti accaduti nel frattempo. Così dice. Billy è spastico, in questi suoi movimenti nel tempo; non sa dove andrà dopo, e le sue gite non sono necessariamente divertenti. È in uno stato costante di terrore da palcoscenico, perché non sa mai quale parte della sua vita dovrà recitare la prossima volta. Billy nacque nel 1922 a Ilium, New York, figlio unico di un barbiere di lì. Era un bambino dall'aria stramba che diventò un ragazzo dall'aria stramba - alto e gracile, e fatto a forma di bottiglia di Coca-Cola. Si diplomò al liceo di Ilium piazzandosi tra i primi tre della sua classe, e frequentò i corsi serali della Scuola d'optometria di Ilium per un semestre, dopo di che fu arruolato nell'esercito per la seconda guerra mondiale. Il padre morì in un incidente di caccia durante la guerra. Così va la vita. Billy prestò servizio in fanteria in Europa, e venne fatto prigioniero dai tedeschi. Dopo il suo congedo con onore dall'esercito, nel 1945, Billy si iscrisse di nuovo alla Scuola di optometria di Ilium. Durante l'ultimo anno di studi si fidanzò con la figlia del fondatore e proprietario della scuola, e poi ebbe un leggero collasso nervoso. Venne curato in un ospedale per veterani di guerra vicino a Lake Placid, e ricevette un trattamento a base di elettrochoc, dopo di che fu dimesso. Sposò la fidanzata, portò a termine gli studi, e il suocero lo sistemò nell'ottica a Ilium. Ilium è una città particolarmente fortunata per gli ottici in quanto vi ha sede la General Forge and Foundry Company. Ogni dipendente deve obbligatoriamente avere un paio di occhiali di sicurezza e portarli nelle zone in cui ha luogo la fabbricazione. La GF&F ha sessantottomila dipendenti, a Ilium. Questo fa sì che ci sia bisogno di una quantità di lenti e di montature. Le montature sono quelle che rendono di più. Billy diventò ricco. Ebbe due bambini, Barbara e Robert. A suo tempo, Barbara sposò un altro ottico, e Billy lo sistemò nel ramo. Il figlio maschio di Billy, Robert, al liceo se la cavò molto male, ma poi entrò nei famosi Berretti verdi. Si raddrizzò, diventò un bel giovanotto, e andò a combattere in Vietnam. All'inizio del 1968 un gruppo di ottici, fra cui c'era anche Billy, prenotò un aereo per andare da Ilium a Montreal, a un congresso internazionale di ottici. L'aereo si schiantò sulla cima della Sugarbush Mountain, nel Vermont. Morirono tutti tranne Billy. Così va la vita. Mentre Billy stava guarendo in un ospedale del Vermont, sua moglie morì accidentalmente di monossido di carbonio. Così va la vita. Quando Billy tornò a Ilium dopo l'incidente aereo, se ne stette per un po' tranquillo. Aveva una terribile cicatrice in cima al cranio. Non riprese il lavoro. In casa aveva una domestica. La figlia andava da lui quasi tutti i giorni. E poi, senza alcun preavviso, Billy andò a New York, e riuscì a entrare in un programma radio di conversazioni notturne. Disse che aveva viaggiato nel tempo. Disse anche che nel 1967 era stato rapito da un disco volante. Il disco volante veniva dal pianeta Tralfamadore, disse. Lui era stato portato a Tralfamadore, dove era stato esibito nudo in uno zoo. Lì era stato accoppiato a un'abitante della Terra, ex diva del cinema, di nome Montana Wildhack. 11 Alcuni tiratardi di Ilium sentirono Billy alla radio, e uno di loro chiamò la figlia di Billy, Barbara. Barbara ne fu preoccupata. Lei e il marito andarono a New York e riportarono Billy a casa. Billy seguitò tranquillo a ripetere che tutto quel che aveva detto alla radio era vero. Disse che era stato rapito dai tralfamadoriani la notte del matrimonio di sua figlia. Non si erano accorti della sua mancanza, disse, perché i tralfamadoriani avevano deformato il tempo della sua scomparsa, cosicché aveva potuto vivere a Tralfamadore per anni, e star lontano dalla Terra solo per un millesimo di secondo. Passò un altro mese senza incidenti, e poi Billy scrisse una lettera al «News Leader" di Ilium, e il giornale gliela pubblicò. In essa descriveva gli esseri di Tralfamadore. La lettera diceva che erano alti sessanta centimetri, erano verdi, e avevano una strana forma. Le loro ventose d'aspirazione erano a terra, e i loro gambi, estremamente flessibili, puntavano di solito verso il cielo. In cima a ogni gambo c'era una piccola mano con un occhio verde nel palmo. Questi esseri erano amichevoli, e erano in grado di vedere in quattro dimensioni. Sentivano pietà dei terrestri che avevano esclusivamente una capacità visiva tridimensionale. Sapevano molte cose meravigliose da insegnare agli abitanti della Terra, specialmente riguardo al tempo. Billy promise di dire quali fossero queste cose meravigliose nella sua prossima lettera. Billy stava scrivendo la sua seconda lettera quando venne pubblicata la prima. La seconda cominciava così: «La cosa più importante che ho imparato a Tralfamadore è che quando una persona muore, muore solo in apparenza. Nel passato essa è ancora viva, per cui è molto sciocco che la gente pianga ai suoi funerali. Passato, presente e futuro sono sempre esistiti e sempre esisteranno. I tralfamadoriani possono guardare ai diversi momenti come noi guardiamo un tratto delle Montagne Rocciose. Possono vedere come siano permanenti i vari momenti, e guardare ogni momento che loro interessi. È solo una nostra illusione di terrestri quella di credere che a un momento ne segue un altro, come nodi su una corda, e che una volta che un istante è trascorso è trascorso per sempre. Quando un tralfamadoriano vede un cadavere, tutto quel che pensa è che il morto è, in quel particolare momento, in cattive condizioni, ma che la stessa persona sta benissimo in una quantità di altri momenti. Ora, quando io sento che qualcuno è morto, alzo le spalle e dico quel che dicono i tralfamadoriani dei morti, e cioè "Così va la vita." E così via. Billy stava preparando questa lettera nella stanza da gioco nel seminterrato della sua casa vuota. Era il giorno di libertà della domestica. Nella stanza da gioco c'era una vecchia macchina da scrivere. Era un affare enorme che pesava quanto un accumulatore. Billy non poteva trasportarla molto facilmente, ed era per questo che scriveva nella stanza da gioco invece che da qualche altra parte. Il bruciatore si era guastato. Un topo aveva mangiucchiato l'isolante di un filo che portava al termostato. La temperatura in casa era scesa a dieci gradi, ma Billy non se n'era reso conto. Non era nemmeno ben coperto. Era a piedi nudi, e ancora in pigiama e vestaglia, benché fosse pomeriggio tardi. I suoi piedi nudi erano di un color azzurro e avorio. Il cuore di Billy, comunque, era come carbone incandescente. A renderlo tanto caldo era il convincimento di Billy di poter recar conforto a tanta gente grazie alla verità che egli possedeva riguardo al tempo. Il campanello della porta di sopra suonava da un pezzo. Era sua figlia Barbara che voleva entrare. Alla fine aprì, con una chiave, e attraversò le stanze sopra di lui, chiamando: «Papà! Papà, dove sei?». E così via. Billy non le rispose, e lei diventò quasi isterica, aspettandosi di trovarlo morto. E poi guardò nell'ultimo posto in cui le restava da guardare - la stanza da gioco. «Perché non mi hai risposto quando chiamavo?» voleva sapere Barbara, in piedi sulla porta della stanza da gioco. Aveva con sé il giornale del pomeriggio, quello in cui Billy descriveva i suoi 12 via dalla strada, brutto idiota fottimamma». Quest'ultima parola era ancora insolita nel linguaggio dei bianchi, nel 1944. Per Billy, che non aveva mai fottuto nessuno, era qualcosa di nuovo e di sorprendente, ed ebbe il suo effetto. Lo ridestò e lo fece andar via dalla strada. «Ti ho salvato di nuovo la vita, bastardo idiota» disse Weary a Billy nel fossato. Aveva salvato la vita a Billy per giorni e giorni, maledicendolo, tirandogli calci, schiaffeggiandolo, facendolo muovere. Era assolutamente necessario esser duri con lui, perché altrimenti Billy non avrebbe fatto nulla per salvarsi. Billy voleva mollare. Aveva freddo, aveva fame, era a disagio e non era capace di combinar niente. Al terzo giorno riusciva a stento a distinguere il sonno dalla veglia, e non vedeva neppure grandi differenze tra il camminare e lo star fermo. Voleva solo che tutti lo lasciassero solo. «Ragazzi, voi andate pure avanti senza di me» seguitava a dire. Weary era nuovo alla guerra quanto Billy. Era anche lui un rimpiazzo. Come servente di un pezzo anticarro da cinquantasette millimetri, aveva aiutato a sparare un unico colpo rabbioso. Il cannone mandò un rumore straordinario, come la cerniera lampo dei calzoni di Dio onnipotente, e tirò su neve e vegetazione con una scia di fuoco lunga dieci metri. La fiamma lasciò sul terreno una freccia nera, che mostrò ai tedeschi con esattezza dov'era nascosto il cannone. Il colpo andò a vuoto. Ciò che era stato risparmiato dal colpo a vuoto era un carro armato Tigre. Il Tigre girò attorno, fiutando, il suo naso da ottantotto millimetri, e scorse la freccia sul terreno. Fece fuoco. Il colpo uccise tutti i serventi del pezzo, salvo Weary. Così va la vita. Roland Weary aveva solo diciott'anni, ed era appena uscito da un'infelice adolescenza trascorsa per la maggior parte a Pittsburg, Pennsylvania. Era stato un tipo poco ben visto, a Pittsburg. Era poco ben visto perché era stupido, grasso e meschino, e puzzava sempre di lardo, si lavasse o no. A Pittsburg gli capitava sempre di esser piantato in asso da gente che non lo voleva con sé. Lo faceva star male esser piantato in asso. Quando veniva piantato in asso, Weary cercava qualcuno che fosse ancora meno ben visto di lui, e gli stava insieme un po', fingendosi gentile. E poi trovava qualche pretesto per tormentarlo. Era un rapporto folle, erotico, feroce quello che Weary instaurava con la gente che gli capitava di far fessa. Raccontava loro della raccolta di armi e spade e strumenti di tortura che aveva suo padre. Il padre di Weary, un idraulico, faceva effettivamente collezione di cose del genere, e la sua raccolta era assicurata per quattromila dollari. Non era solo, in questo. Faceva parte di un grosso club formato da gente che raccoglieva lo stesso tipo di cose. Il padre di Weary una volta diede alla madre di Weary uno strumento di tortura spagnolo per schiacciare i pollici, ancora funzionante, come fermacarte. Un'altra volta le diede una lampada da tavolo la cui base era un modello alto trenta centimetri della famosa «Fanciulla di ferro di Norimberga". La vera Fanciulla di ferro era uno strumento di tortura medievale, una specie di recipiente a forma di donna, tutto bordato di aculei. La parte davanti della donna era formata da due porte munite di cardini. La tortura consisteva nel mettere il criminale lì dentro e poi chiuder lentamente le porte. C'erano, in particolare, due aculei nel punto in cui si dovevano trovare gli occhi; e di dietro c'era un tubo di scarico per far colar fuori il sangue. Così va la vita. Weary aveva raccontato a Billy Pilgrim della Fanciulla di ferro, del tubo di scarico nel suo sedere e dell'uso cui era destinata. Aveva parlato a Billy delle pallottole esplosive dumdum. Gli aveva detto della pistola Derringer di suo padre, che si poteva tenere in una tasca del panciotto eppure era capace di fare nel corpo di un uomo un buco tale che la mazza di un toro poteva passarci attraverso senza toccare i lati. Weary scommise sprezzante con Billy che questi non sapeva neanche cosa fosse un condotto 15 per il sangue. Billy immaginava che fosse il tubo di scarico nel sedere della Fanciulla di ferro, ma aveva torto. Un condotto per il sangue, spiegò a Billy, era la leggera scanalatura nella lama di una spada o di una baionetta. Weary disse a Billy delle belle torture di cui aveva letto o che aveva visto nei film o di cui aveva sentito alla radio, e di altre belle torture che aveva inventato lui stesso. Una delle sue invenzioni era quella di ficcare un trapano da dentista nell'orecchio a qualcuno. Domandò a Billy quale pensasse che fosse la peggior forma di esecuzione. Billy non aveva opinioni in proposito. La risposta esatta era questa: «Lega un tizio su un formicaio nel deserto; mi segui? Lui sta lì faccia in su, e tu gli metti del miele sulle balle e sull'uccello, e poi gli tagli via le palpebre così deve star lì a fissare il sole finché muore». Così va la vita. Ora, mentre se ne stava giù nel fossato con Billy e gli esploratori, Weary fece vedere a Billy il suo coltello. Non era un coltello dell'esercito; era un regalo di suo padre. Aveva una lama lunga venticinque centimetri, di forma triangolare. L'impugnatura era a nocche d'ottone, una catena di anelli in cui Weary ficcava le sue dita tozze. Gli anelli non erano così semplici. Erano irti di punte. Weary sfiorò il viso di Billy con le punte, gli strofinò la guancia con prudenza ferocemente affettuosa. «Ti piacerebbe essere colpito da questo... hm? Hmmmm?» gli chiese. «No, non mi piacerebbe» disse Billy. «Lo sai perché la lama è triangolare?» «No.» «Perché produca una ferita che non si richiude.» «Oh.» «Ti scava in corpo un buco a triangolo. Prova a ficcare uno dei soliti coltelli in pancia a qualcuno; gli fa una fessura, vero? E una fessura si rimargina, vero?» «Vero.» «Merda. Cosa sai, tu? Cosa diavolo insegnano all'università?» «Non ci sono stato mica tanto» disse Billy, ed era vero. Era stato all'università solo per sei mesi, e non era neanche una vera università. Era solo il corso serale della Scuola d'optometria di Ilium. «Università del cazzo» fece Weary sarcastico. Billy scrollò le spalle. «Nella vita c'è più di quel che puoi leggere nei libri» disse Weary. «Lo scoprirai.» Billy non gli rispose neanche stavolta, dato che non voleva continuare il colloquio più del necessario. Era comunque vagamente tentato di dirgli che qualcosa lui sapeva, del sangue. Dopo tutto aveva contemplato torture e orribili ferite all'inizio e alla fine di quasi ogni giornata della sua infanzia. Billy aveva un crocifisso tremendamente macabro appeso alla parete della sua cameretta da letto a Ilium. Un chirurgo-militare avrebbe ammirato la fedeltà clinica dell'artista nel rendere le ferite di Cristo - la ferita della lancia, le ferite delle spine, i fori prodotti dalle punte di ferro. Il Cristo di Billy era morto in modo orribile. Era tragico. Così va la vita. Billy non era cattolico, anche se era cresciuto con un orribile crocifisso appeso al muro della sua stanza. Suo padre non era religioso. Sua madre era organista sostituta in parecchie chiese della città. Portava Billy con sé ogni volta che suonava, e gli aveva anche insegnato un po' a suonare. Diceva che sarebbe entrata in una Chiesa non appena avesse scoperto qual era quella giusta. Non l'aveva mai scoperto. Comunque le venne una gran voglia di un crocifisso, e se ne comprò uno in un negozio di ricordi di Santa Fe durante un viaggio che la famigliola fece nell'Ovest, all'epoca della Grande depressione. Come tanti altri americani, stava cercando di costruirsi una vita con un senso con cose trovate in negozi di ricordi. E il crocifisso finì sulla parete della stanza di Billy Pilgrim. 16 I due esploratori, accarezzando il calcio in noce dei loro fucili giù nel fossato, bisbigliarono che era ora di uscir fuori di nuovo. Erano passati dieci minuti senza che nessuno fosse venuto a vedere se erano stati colpiti o no, per finirli. Chiunque fosse stato a sparare, evidentemente era ormai lontano. E così i quattro strisciarono fuori dal fossato, senza altri danni. Si trascinarono carponi in una foresta, da quei grossi, sfortunati mammiferi che erano. Poi si rizzarono e cominciarono a camminar veloci. La foresta era scura e antica. I pini erano piantati in file. Non c'era sottobosco. Dieci centimetri di neve intatta coprivano di bianco il terreno. Gli americani non potevano che lasciare le loro tracce nella neve, inequivocabili come gli schemi di un testo di danza: passo, scivolata, riposo; passo, scivolata, riposo. «Zitto e muoviti!» Roland Weary avvertì Billy Pilgrim mentre uscivano. Weary era il soldato perfetto, armato fino ai denti e pronto per la battaglia. Era basso e grosso. Aveva addosso tutti i capi d'equipaggiamento che gli erano stati forniti, tutti i regali che aveva ricevuto da casa: elmetto, fodera da elmetto, berretto di lana, sciarpa, guanti, canottiera di cotone, canottiera di lana, camicia di lana, maglione, camiciotto, casacca, paltò, mutande di cotone, mutande di lana, calzoni di lana, calze di cotone, calze di lana, scarponi, maschera antigas, borraccia, gavetta, cassetta di pronto soccorso, coltello, coperta, impermeabile, Bibbia a prova di proiettile, un opuscolo intitolato Conosci il tuo nemico, un altro opuscolo intitolato Perché combattiamo, e un altro opuscolo ancora di frasi tedesche con l'indicazione di pronuncia, grazie al quale Weary avrebbe potuto fare ai tedeschi domande come: "Dov'è il vostro quartier generale?"; "Quanti obici avete?"; o dir loro: "Arrendetevi, la vostra situazione è disperata", e così via. Weary aveva un blocchetto di legno di balsa che avrebbe dovuto servire da cuscino da campo. Aveva una borsa profilattica contenente due anticoncezionali «da usarsi solo per la prevenzione di malattie». Aveva un fischietto che non avrebbe mostrato a nessuno finché non fosse stato promosso caporale. Aveva una foto sconcia di una donna che cercava di farsela con un pony Shetland. Aveva fatto ammirare a Billy Pilgrim la foto parecchie volte. La donna e il pony stavano davanti a dei drappeggi di velluto orlati di frange. Avevano attorno delle colonne doriche. Di fronte a una colonna c'era una alma in un vaso. La foto che aveva Weary era una riproduzione della prima fotografia sconcia della storia. La parola fotografia fu usata per la prima volta nel 1839, e fu in quell'anno che Louis J. M. Daguerre rivelò all'Accademia francese che un'immagine impressa su una lastra di metallo argentato coperta da una sottile pellicola di ioduro di argento poteva essere riprodotta in presenza di vapore di mercurio. Nel 1841, solo due anni dopo, un assistente di Daguerre, André Le Fèvre, fu arrestato nei giardini delle Tuileries mentre cercava di vendere a un signore una fotografia della donna con il pony. Era lì che anche Weary aveva comprato la sua foto - alle Tuileries. Le Fèvre sostenne che la fotografia era un prodotto artistico, e che il suo intento era di far rivivere la mitologia greca. Disse che le colonne e la palma stavano lì a provarlo. Quando gli fu chiesto quale mito avesse voluto rappresentare, Le Fèvre rispose che c'erano migliaia di miti come quello, con un mortale rappresentato da una donna e un dio simboleggiato da un pony. Gli furono dati sei mesi di prigione, e morì in prigione di polmonite. Così va la vita. Billy e gli esploratori erano dei tipi magri. Roland Weary aveva grasso da vendere. Era una fornace, sotto tutti quegli strati di lana, di cinghie e di tela. Aveva tanta energia che seguitava a muoversi su e giù tra i compagni e Billy, recando muti messaggi che nessuno aveva inviato e che nessuno desiderava ricevere. Cominciò anche a sospettare, dato che lui si dava tanto più da fare di tutti gli altri, di essere il capo del gruppo. Effettivamente, era così al caldo e così fatto su nei suoi indumenti, che non aveva alcun senso del pericolo. La sua visione del mondo circostante era limitata a quel che poteva vedere attraverso 17 portiera di sinistra, ed esplorò ogni centimetro quadro dello spazio che gli stava davanti. Risultava inutile una prima ricerca, si spostò in avanti d'una quindicina di centimetri, e si mise di nuovo a esplorare. Alla fine, con grossa sorpresa, si ritrovò contro la portiera di destra senza aver individuato il volante. Concluse che qualcuno glielo aveva rubato. Questo lo fece arrabbiare. Era seduto nella parte posteriore della macchina; era per questo che non riusciva a trovare il volante. Qualcuno stava scuotendo Billy per svegliarlo. Billy si sentiva ancora ubriaco, ed era ancora arrabbiato per via del volante rubato. Adesso era di nuovo nella seconda guerra mondiale, al di là delle linee tedesche. La persona che lo stava scuotendo era Roland Weary. Weary teneva Billy per il davanti della sua casacca militare; lo sbattè contro un albero, poi lo tirò via, e lo scagliò nella direzione che avrebbe dovuto prendere se fosse stato in sé. Billy si fermò e scosse la testa. «Andate avanti voi» disse. «Cosa?» «Voi ragazzi andate pure avanti senza di me. Sto bene.» «Stai cosa?» «Sono O.K.» «Oh Gesù... se c'è una cosa che non mi va è vedere qualcuno che sta male» disse Weary, da dietro i cinque strati umidi della sciarpa mandatagli da casa. Billy non aveva mai visto Weary in viso. Una volta aveva cercato di immaginarsela, la sua faccia, e si era figurato un rospo in una vaschetta per pesci. Weary mandò avanti Billy a calci e spintoni per quattrocento metri. Gli esploratori li stavano aspettando tra le rive di un ruscello gelato. Avevano sentito il cane. Avevano sentito degli uomini che urlavano - che urlavano come cacciatori che sapessero abbastanza bene dove poteva essere la preda. Le rive del ruscello erano abbastanza alte da permettere ai due esploratori di starsene in piedi senza esser visti. Billy scese giù per la sponda barcollando ridicolmente. Dietro a lui venne Weary, bello caldo e tutto tintinnante. «Eccolo qui, ragazzi» disse. «Non ha più voglia di vivere, ma vivrà, invece. Quando uscirà da quest'affare, per Dio, dovrà dire di dover la vita ai tre moschettieri.» Questa era la prima volta che gli esploratori sentivano Weary parlare di loro tre come dei tre moschettieri. A Billy Pilgrim, mentre era là nel letto del ruscello, pareva di trasformarsi in vapore, senza provare alcuna sofferenza. Se lo avessero lasciato solo appena un momento, pensava, non avrebbe più procurato guai a nessuno. Sarebbe diventato vapore e avrebbe cominciato a salire fluttuando fra gli alberi. Da qualche parte il grosso cane abbaiò di nuovo. Per effetto della paura, degli echi e dei silenzi invernali, il suono che mandò sembrò quello di un grosso gong di bronzo. Roland Weary, diciott'anni, s'infilò tra i due esploratori, e circondò loro le spalle pesantemente con le braccia. «E adesso cosa fanno i tre moschettieri?» disse. Billy Pilgrim in quel momento era in preda a una deliziosa allucinazione. Aveva addosso delle belle scarpe da pattini bianche, asciutte e calde, e stava pattinando in una sala da ballo. Migliaia di persone lo applaudivano. Questo non era un viaggio nel tempo. Non era mai successo, non sarebbe mai successo. Era la follia di un giovane che stava morendo con le scarpe piene di neve. Uno dei due esploratori chinò la testa e lasciò cadere uno sputo dalle labbra. L'altro fece lo stesso. Studiavano gli effetti infinitesimali dello sputo sulla neve e sulla storia. Erano piccoli esseri aggraziati. Erano già stati parecchie volte dietro le linee tedesche, e avevano provato a vivere come animali dei boschi, a vivere di momento in momento in un prezioso terrore, pensando, privi ormai di cervello, con il midollo spinale. Ora si sottrassero all'abbraccio affettuoso di Weary. Gli dissero che lui e Billy facevano 20 meglio a cercar qualcuno cui arrendersi. Loro non li avrebbero aspettati più. E piantarono in asso Weary e Billy nel letto del ruscello. Billy Pilgrim seguitò a pattinare, eseguendo virtuosismi che la maggior parte della gente avrebbe ritenuto impossibili - facendo svolte, fermandosi su una monetina e così via. Gli applausi continuavano, ma il loro tono mutava man mano che l'allucinazione lasciava posto al viaggio attraverso il tempo. Billy smise di pattinare, e si ritrovò davanti a un leggio in un ristorante cinese di Ilium, New York, in un primo pomeriggio dell'autunno 1957. Stava ricevendo un'ovazione da parte dei membri del Lions Club, che si erano alzati tutti in piedi. Era stato appena eletto presidente, e ora doveva parlare. Aveva una paura matta, pensava che doveva esserci stato un orribile sbaglio. Tutti quegli uomini solidi e prosperi adesso avrebbero scoperto di aver eletto un comico relitto. Avrebbero sentito la sua voce acuta, la voce che aveva avuto durante la guerra. Inghiottì; sapeva che la sua potenza vocale era paragonabile a un fischietto di salice. Peggio ancora, non aveva nulla da dire. La gente fece silenzio. Erano tutti rosei e raggianti. Billy aprì bocca, e gli uscirono frasi dalla tonalità profonda, risonante. La sua voce era uno strumento portentoso. Diceva spiritosaggini che facevano scompisciare la gente dalle risate. Ridiventava seria, poi ancora diceva spiritosaggini, e terminò in una nota d'umiltà. La spiegazione del miracolo era questa: Billy aveva preso lezioni per parlare in pubblico. E poi si ritrovò nel letto del ruscello gelato. Roland Weary stava per cominciare a tartassarlo a morte. Weary era pieno di tragico furore. Era stato di nuovo piantato in asso. Ficcò la pistola nella fondina, e infilò nel fodero il coltello, con la sua lama triangolare e i suoi condotti per il sangue su tutti e tre i lati. E poi scosse duramente Billy, gli fece risuonar lo scheletro, lo sbatté contro la sponda. Weary abbaiò e gemette da dietro gli strati della sciarpa. Parlò in modo incomprensibile dei sacrifici che aveva fatto per Billy; si dilungò sulla religiosità e l'eroismo dei tre moschettieri; dipinse, nei toni più intensi e splendenti, il loro valore e la loro magnanimità, la gloria imperitura che si erano guadagnati, e i grandi servizi resi alla cristianità. Era solo per colpa di Billy, secondo Weary, che questa organizzazione militare non esisteva più, e Billy adesso doveva pagare. Weary diede a Billy un bel cazzotto alla mascella, lo fece ruzzolar giù dalla riva e cascare sul ghiaccio coperto di neve del ruscello. Billy era giù carponi sul ghiaccio, e Weary gli piantava calci nelle costole, lo faceva rotolare. Billy cercò di trasformarsi in una palla. «Non dovresti neanche essere nell'esercito» disse Weary. Billy faceva involontariamente dei rumori convulsi che somigliavano alquanto a una risata. «Ti diverte, eh?» domandò Weary. E si portò dietro a Billy. Casacca, camicia e canottiera a furia di urti gli erano salite su fino alle spalle, così Billy aveva la schiena nuda. Lì, a pochi centimetri dalle punte degli scarponi di Weary, c'erano i pietosi bottoncini della spina dorsale di Billy. Weary tirò indietro il piede destro, e mirò alla spina dorsale di Billy, al tubo in cui c'erano tanti fili importanti di Billy. Weary lo avrebbe rotto, quel tubo. Ma in quel momento si accorse che aveva un pubblico. Cinque soldati tedeschi e un cane poliziotto tenuto al guinzaglio, stavano guardando giù nel letto del ruscello. Gli occhi azzurri dei soldati erano carichi di confusa curiosità: non capivano perché un americano volesse ammazzare un altro americano a tanta distanza da casa, e perché la vittima dovesse ridere. 21 3. I tedeschi e il cane erano impegnati in un'operazione militare che aveva un nome spassosamente esplicativo, un'attività umana che viene di rado descritta nei dettagli, e il cui solo nome, riportato nei giornali o nei libri di storia, dà a molti entusiasti della guerra una sorta di appagamento post-coitale. È nell'immaginazione degli appassionati di guerra, quello svagato gioco amoroso che segue all'eccitazione della vittoria; si chiama «rastrellamento» . Il cane, il cui abbaiare era parso tanto feroce nelle distese invernali, era un pastore tedesco, femmina. Tremava. Aveva la coda tra le gambe. Era stato preso a prestito quel mattino da un contadino, e non era mai stato prima in guerra. Non aveva alcuna idea di che gioco si stesse giocando. Si chiamava Principessa. Due dei tedeschi erano ragazzi di neanche vent'anni. Due erano vecchi malconci, sdentati come carpe. Erano degli irregolari, armati e vestiti in modo approssimativo con roba presa da soldati veri appena morti. Così va la vita. Erano contadini della zona appena al di là del confine tedesco, non lontana di lì. Il loro comandante era un caporale di mezza età, con gli occhi arrossati, magro, duro come carne di manzo seccata, e stanco della guerra. Era stato ferito quattro volte, ricucito su e rispedito in linea. Era un ottimo soldato, ma sul punto di dar partita vinta e di arrendersi. Le sue gambe storte erano infilate in stivali color oro da cavalleria, che aveva preso a un colonnello ungherese morto sul fronte russo. Così va la vita. Quegli stivali erano quasi tutto ciò che possedeva al mondo. Erano la sua casa, Un aneddoto: una volta una recluta lo guardava mentre ripuliva e lustrava quegli stivali dorati, e lui gliene mostrò uno e disse: «Se guardi bene in fondo qui dentro, ci vedrai Adamo ed Eva». Billy Pilgrim non aveva sentito questo aneddoto; ma, mentre se ne stava giù disteso sul ghiaccio nero, guardò nella patina degli stivali del caporale, e vide in quelle dorate profondità Adamo ed Eva. Erano nudi. Erano così innocenti, così vulnerabili, così desiderosi di comportarsi decorosamente. Billy Pilgrim li amava. Accanto agli stivali dorati c'erano un paio di piedi fasciati da stracci. Erano avvolti in bende di tela, e calzavano zoccoli di legno. Billy alzò gli occhi verso il viso collegato agli zoccoli. Era il viso di un angelo biondo, di un ragazzo di quindici anni. Il ragazzo era bello come Eva. Billy fu aiutato ad alzarsi dal ragazzo grazioso, dal divino androgino. E gli altri si fecero avanti per tirargli via la neve di dosso, e poi lo perquisirono per vedere se aveva armi. Non ne aveva nessuna. La cosa più pericolosa che gli trovarono addosso era un mozzicone di matita lungo cinque centimetri. Da lontano giunsero tre bang inoffensivi. Erano fucili tedeschi che sparavano. I due esploratori che avevano piantato in asso Billy e Weary erano appena stati colpiti. Si erano appostati per tendere un agguato ai tedeschi; erano stati scoperti e li avevano beccati alle spalle. Ora stavano morendo nella neve, senza più sentir nulla, e davano alla neve il colore del succo di lampone. Così va la vita. Roland Weary era dunque l'ultimo dei tre moschettieri. E Weary, pazzo di terrore, veniva intanto disarmato. Il caporale diede la pistola di Weary al ragazzo grazioso. Restò stupito davanti al suo terribile coltello, e disse in tedesco che a Weary sarebbe senz'altro piaciuto usare quel coltello su di lui, cavargli via la faccia con quelle nocche a punte, ficcargli la lama nel ventre o in gola. Non parlava inglese, e Billy e Weary non capivano il tedesco. «Bei giocattoli che hai» disse il caporale a Weary, e passò il coltello a uno dei due vecchi. «Non è carino? Hmmmm?» 22 americani non avevano altra scelta che combattere in Vietnam finché non avessero ottenuto la vittoria o fin quando i comunisti non si fossero resi conto che non potevano costringere dei paesi deboli ad accettare il loro modo di vivere. Il maggiore era stato laggiù due volte. Raccontò molte cose terribili e molte cose meravigliose che aveva visto. Lui era d'accordo per aumentare i bombardamenti, per bombardare il Nord Vietnam fino a farlo tornare all'età della pietra, se si rifiutava di essere ragionevole. Billy non si sentì spronato a protestare contro i bombardamenti sul Nord Vietnam, non rabbrividì di fronte agli orribili effetti prodotti dai bombardamenti e che lui stesso aveva veduto. Lui era lì a pranzo al Lions Club, di cui era presidente dimissionario, e basta. Billy aveva sulla parete del suo ufficio una preghiera incorniciata che esprimeva il suo metodo per tirare avanti, anche se vivere non lo entusiasmava molto. Parecchi pazienti che avevano visto la preghiera sulla parete dell'ufficio gli avevano detto che aiutava anche loro a tirare avanti, Diceva così: DIO MI CONCEDA LA SERENITÀ DI ACCETTARE LE COSE CHE NON POSSO CAMBIARE, IL CORAGGIO DI CAMBIARE QUELLE CHE POSSO, E LA SAGGEZZA DI COMPRENDERE SEMPRE LA DIFFERENZA. Tra le cose che Billy Pilgrim non poteva cambiare c'erano il passato, il presente e il futuro. Ora venne presentato al maggiore dei marine. La persona che lo stava presentando disse al maggiore che Billy era stato in guerra, e che aveva un figlio sergente dei Berretti verdi, nel Vietnam. Il maggiore disse a Billy che i Berretti verdi stavano comportandosi molto bene, e che doveva essere orgoglioso di suo figlio. «Lo sono; lo sono certo» disse Billy Pilgrim. Dopo il pranzo andò a casa a farsi un sonnellino. Aveva l'ordine del medico di fare un sonnellino tutti i giorni. Il medico sperava che così sarebbe guarito da un disturbo che aveva: ogni tanto, senza alcuna ragione apparente, Billy Pilgrim si metteva a piangere. Nessuno lo aveva mai visto mentre piangeva; solo il dottore lo sapeva. Era una cosa estremamente tranquilla, senza neanche molte lacrime. Billy aveva, a Ilium, una graziosa casa georgiana. Era ricco come Creso, pur non essendosi mai aspettato di diventarlo, nemmeno in un milione d'anni. Aveva altri cinque ottici che lavoravano per lui nello shopping center, e guadagnava sessantamila dollari all'anno. In più, era proprietario di un quinto del nuovo albergo sulla Strada 54, e di metà di tre chioschi Tastee-Freeze. Il Tastee- Freeze era una specie di budino di crema gelato. Aveva tutto il buono del gelato, senza averne la durezza e la freddezza sgradevole. La casa di Billy era vuota. Sua figlia Barbara stava per sposarsi, e lei e sua moglie erano andate in centro a scegliere la cristalleria e l'argenteria per le nozze. Avevano lasciato sul tavolo di cucina un appunto per dire dov'erano andate. Non c'erano cameriere. Non c'era più nessuno che volesse fare quel lavoro. Non c'erano neanche cani. 25 Una volta c'era un cane di nome Spot, ma era morto. Così va la vita. A Billy piaceva molto Spot, e lui piaceva a Spot. Billy salì per la scala moquettata ed entrò nella camera da letto sua e di sua moglie. La stanza aveva una tappezzeria a fiori. C'era un letto matrimoniale, con una radio-e-sveglia sul comodino. Sul comodino. c'erano anche i pulsanti per le termocoperte, e un interruttore, per azionare un dolce vibratore attaccato alle molle del materasso. L'etichetta del vibratore diceva "Dita magiche". Il vibratore era anche quello un'idea del dottore. Billy si tolse le trifocali, la giacca, la cravatta e le scarpe, chiuse le veneziane e le tende, e si distese sopra il copriletto. Ma il sonno non veniva. Vennero le lacrime, invece. Gocciolavano giù. Billy azionò le Dita magiche, e mentre piangeva cominciò a dondolare. Suonò il campanello. Billy si alzò dal letto e guardò da una finestra giù verso l'ingresso, per vedere se era arrivato qualcuno di importante. C'era uno storpio, spastico nello spazio quanto Billy Pilgrim lo era nel tempo. Le convulsioni lo facevano ballare di continuo, e gli facevano cambiare espressione, come se stesse cercando di imitare degli attori famosi. Un altro storpio con le stampelle stava suonando a una porta più avanti. Aveva una sola gamba ed era talmente schiacciato dalle stampelle che le spalle gli nascondevano le orecchie. Billy sapeva cosa venivano a fare gli storpi: cercavano di ottenere abbonamenti a riviste che non sarebbero mai arrivate. La gente accettava perché le persone che li offrivano facevano troppa pena per rifiutare. Billy aveva sentito parlare di questa organizzazione due settimane prima, da uno speaker al Lions Club; era uno dei Better Business Bureau, e diceva che se qualcuno vedeva degli storpi far quel lavoro dalle sue parti doveva chiamare la polizia. Billy guardò giù nella via, e vide una Buick Rivera nuova posteggiata a mezzo isolato di distanza. C'era dentro un uomo e Billy pensò, giustamente, che fosse il tizio che aveva ingaggiato gli storpi. Mentre osservava gli storpi e il loro padrone Billy seguitò a piangere. Il campanello faceva un rumore dannato. Chiuse gli occhi, e li riaprì. Stava ancora piangendo, ma ora era tornato nel Lussemburgo. Stava marciando insieme a un mucchio di altri prigionieri. C'era un vento invernale ed era quello che gli faceva venire le lacrime. Dal momento in cui era stato gettato nella boscaglia perché potessero scattargli una foto, Billy aveva veduto il fuoco di Sant'Elmo, una specie di radiosità elettronica attorno alle teste dei suoi compagni e dei suoi catturatori. La stessa radiosità circondava le cime degli alberi e dei tetti del Lussemburgo. Billy marciava con le mani sopra la testa, e così anche gli altri americani. Seguitava a zoppicare su e giù, su e giù. Finì per andare addosso a Roland Weary. «Scusami» disse. Anche gli occhi di Weary erano colmi di lacrime. Weary piangeva perché aveva un dolore terribile ai piedi. Gli zoccoli gli stavano trasformando i piedi in budini di sangue. A ogni incrocio, al gruppo di Billy si aggiungevano altri americani con le mani riunite sopra la testa aureolata. Billy aveva sorrisi per tutti. Si muovevano come acqua lungo un pendio, sempre in giù, verso il basso, finché sfociarono in una strada maestra su un fondovalle. Nella valle scorreva un Mississippi di americani avviliti. Decine di migliaia di americani si trascinavano verso est, le mani intrecciate sopra la testa. Sospiravano e gemevano. Billy e il suo gruppo si unirono al fiume dell'umiliazione, e dalle nuvole uscì il sole del tardo pomeriggio. Gli americani non avevano a disposizione tutta la strada. La corsia verso ovest ribolliva e rimbombava di automezzi che portavano riserve tedesche al fronte. Le riserve erano uomini violenti, ispidi, bruciati dal vento. Avevano dei denti che erano come tasti di pianoforte. Erano drappeggiati di cinghie di mitra, fumavano sigari e tracannavano alcoolici. Davano morsi da lupi alle salsicce, e facevano ballare sulle palme callose delle granate. 26 Un soldato in nero stava facendo un picnic su un carro armato, come un eroe ubriaco. Sputò agli americani. Lo sputo cascò sulla spalla di Roland Weary, e gli diede una fourragère di moccio. blutwurst, cicca di tabacco e Schnapps. Billy trovava il pomeriggio molto eccitante. C'erano molte cose da vedere: denti di drago, macchine mortali, cadaveri coi piedi nudi di un color azzurro e avorio. Così va la vita. Zoppicando su e giù, su e giù di continuo, Billy guardò incantato una luccicante fattoria color lavanda tutta schizzata di colpi di mitra. In piedi sulla porta sghemba c'era un colonnello tedesco. Accanto aveva la sua ganza, senza trucco. Billy finì addosso a Weary, e Weary gli gridò singhiozzando: «Cammina dritto! Cammina dritto!». Ora stavano salendo per un dolce pendio. Quando furono in cima non erano più in Lussemburgo; erano in Germania. Al confine era stata piazzata una macchina da presa, per eternare la fantastica vittoria. Quando Billy e Weary ci passarono davanti, due civili con un colbacco di pelle d'orso si stavano curvando sulla macchina. Erano senza pellicola già da ore. Uno di loro inquadrò per un momento il viso di Billy, poi puntò di nuovo verso il fondo. Sul fondo si alzava un sottile pennacchio di fumo. C'era una battaglia, laggiù; c'era gente che moriva. Così va la vita. E poi il sole calò, e Billy si trovò a zoppicare in un cortile di stazione. C'erano file e file di vagoni-merci in attesa: avevano portato le riserve al fronte, e ora aspettavano di portare i prigionieri nell'interno della Germania. Fasci di luce intermittente danzavano follemente. I tedeschi raggrupparono i prigionieri a seconda del grado. Misero i sergenti con i sergenti, i maggiori con i maggiori e così via. Vicino a Billy venne fatto fermare un gruppo di colonnelli. Uno di loro aveva la polmonite doppia. Aveva la febbre alta e le vertigini. Mentre il cortile della stazione gli sprofondava attorno, cercò di mantener l'equilibrio fissando i propri occhi in quelli di Billy. Il colonnello tossì e tossì, e poi disse a Billy: «Sei, uno dei miei ragazzi?». Era un uomo che aveva perduto tutto il suo reggimento, qualcosa come quattromilacinquecento uomini, parecchi dei quali erano in pratica solo dei ragazzi. Billy non rispose. La domanda non aveva senso. «Di che reparto eri?» disse il colonnello, seguitando a tossire. Ogni volta che inalava aria i polmoni gli gracchiavano come sacchetti di carta. Billy non riusciva a ricordare di che reparto era. «Sei del quattrocentocinquantunesimo?» «Quattrocentocinquantunesimo cosa?» disse Billy. Vi fu un silenzio, «Reggimento di fanteria» disse infine il colonnello. «Oh» disse Billy Pilgrim. Vi fu un altro lungo silenzio, e il colonnello intanto stava morendo. E poi gridò come un ubriaco: «Sono io, ragazzi! Sono Bob il Duro!». Era così che voleva che i suoi soldati lo chiamassero: Bob il Duro. Nessuno di quelli che potevano sentirlo era del suo reggimento, salvo Roland Weary, e Weary non lo ascoltava. Riusciva a pensare soltanto all'agonia dei suoi piedi. Ma il colonnello immaginava di rivolgersi per l'ultima volta ai suoi amati soldati, e disse loro che non c'era nulla di cui vergognarsi, c'erano tedeschi morti su tutto il campo di battaglia, tedeschi che avrebbero ringraziato il cielo per non aver dovuto vedersela col quattrocentocinquantunesimo. Disse che dopo la guerra avrebbe organizzato una riunione di reggimento nella sua città, Cody, nel Wyoming. Avrebbe cotto alla griglia interi manzi. Disse tutto questo seguitando a guardar Billy negli occhi. Fece risuonare il cranio del povero 27 4. Billy Pilgrim non riusciva a dormire, la notte del matrimonio della figlia. Aveva quarantaquattro anni. Il matrimonio si era svolto nel pomeriggio, in una tenda dipinta allegramente a strisce, nel cortile posteriore della casa di Billy. Le strisce erano nere e arancioni. Billy e sua moglie, Valencia, erano accoccolati come cucchiai nel loro grande letto matrimoniale. Le Dita magiche li facevano dondolare. Valencia non aveva bisogno di farsi dondolare per addormentarsi; russava, con un ronzio come quello di una sega a nastro. La povera donna non aveva più né ovaie né utero. Le erano stati tolti da un chirurgo - uno dei soci di Billy nell'affare dell'albergo. C'era luna piena. Billy uscì fuori dal letto nella luce lunare. Si sentiva spettrale e luminoso, si sentiva come avvolto in una pelliccia fredda piena di elettricità statica. Abbassò lo sguardo verso i piedi nudi. Erano color azzurro e avorio. Si trascinò per il corridoio del piano superiore, consapevole del fatto che sarebbe stato rapito da un disco volante. Il corridoio era tutto zebrato di ombra e luce lunare. La luce entrava nel corridoio attraverso le porte delle camere da letto vuote dei due bambini di Billy, che non erano ormai più bambini. Se ne erano andati per sempre. Billy era guidato dalla paura e dalla mancanza di paura. La paura gli diceva quando fermarsi, la mancanza di paura quando ripartire. Si fermò. Entrò nella camera di sua figlia. Armadi e cassettone erano vuoti. Ammucchiate in mezzo alla stanza c'erano tutte le cose che non aveva potuto portarsi dietro nella luna di miele. Aveva una propria derivazione telefonica sul davanzale della finestra la cui vaga luce notturna fissava Billy. E poi il telefono suonò. Billy rispose. All'altro capo del telefono c'era un ubriaco. Billy poteva quasi sentirne il fiato, che sapeva di iprite e rose. Aveva sbagliato numero. Billy riappese. Sul davanzale c'era una bottiglia; l'etichetta diceva che non conteneva nulla di nutritivo. Billy Pilgrim scese pian piano da basso coi suoi piedi azzurri e avorio. Entrò in cucina, dove la luce lunare richiamò la sua attenzione su una mezza bottiglia di champagne posata sul tavolo, tutto quel che era rimasto del ricevimento nella tenda. Qualcuno l'aveva tappata di nuovo. "Bevimi" sembrava dire. Così Billy fece saltar via il tappo con i pollici. Non fece nessun rumore. Lo champagne era svanito. Così va la vita. Billy guardò l'orologio sulla stufa a gas. Aveva un'ora da passare prima che arrivasse il disco volante. Entrò in soggiorno, facendo dondolare la bottiglia come una campanella per annunciare il pranzo, e aprì la televisione. Cominciò a confondere leggermente i tempi, vide l'ultimo film in programma a ritroso, e poi di nuovo in avanti. Era un film che parlava dei bombardieri americani durante la seconda guerra mondiale e dei loro coraggiosi equipaggi. Vista a ritroso da Billy, la storia era così: Gli aerei americani, pieni di fori e di uomini feriti e di cadaveri, ritornavano da un campo d'aviazione inglese. Quando furono sopra la Francia, alcuni caccia tedeschi li raggiunsero e risucchiarono proiettili e schegge di bombe da alcuni degli aerei e degli aviatori. Fecero lo stesso con degli apparecchi americani distrutti che erano al suolo, e questi volarono poi per unirsi alla formazione. La squadriglia aerea sorvolò una città tedesca in fiamme. I bombardieri aprirono gli sportelli delle bombe, quindi, grazie a un miracoloso magnetismo, risucchiarono le fiamme, le racchiusero nuovamente entro contenitori cilindrici d'acciaio che portarono infine nel ventre degli apparecchi. I contenitori furono sistemati ordinatamente su delle rastrelliere. I tedeschi, là sotto, avevano a loro volta degli strumenti portentosi, costituiti da lunghi tubi d'acciaio. Li usavano per risucchiare altri 30 frammenti dagli aviatori e dagli aerei. Ma c'erano ancora alcuni americani feriti, e alcuni dei bombardieri erano gravemente danneggiati. Arrivati sopra la Francia, comunque, furono raggiunti di nuovo da dei caccia tedeschi che rimisero tutti e tutto a nuovo. Quando i bombardieri tornarono alla base, i contenitori di acciaio vennero tirati fuori dalle rastrelliere e rimandati negli Stati Uniti, dove c'erano degli stabilimenti impegnati giorno e notte a smantellare i cilindri e a ridurre il pericoloso materiale che contenevano a minerale. Cosa commovente, erano soprattutto donne a fare questo lavoro. I minerali vennero poi spediti a degli specialisti in zone lontane. Era loro compito rimetterli nel terreno, e nasconderli per bene in modo che non potessero mai più far del male a nessuno. Gli aviatori americani si trasformarono, nelle loro uniformi, ridiventando ragazzi. E Hitler, immaginava Billy, tornava bambino. Questo nel film non c'era. Billy stava estrapolando. Tutti ridiventavano bambini, e tutta l'umanità, senza eccezione, cooperava biologicamente a produrre due individui perfetti di nome Adamo ed Eva; così immaginava Billy. Billy vide il film di guerra a ritroso e poi in avanti; quindi venne l'ora di uscire in cortile a incontrare il disco volante. Uscì, e i suoi piedi azzurri e avorio calpestarono l'erba umida del prato. Si fermò e prese un sorso di quello champagne svanito. Era come il SevenUp. Non avrebbe alzato gli occhi al cielo, anche se sapeva che lassù c'era un disco volante di Tralfamadore. Lo avrebbe visto presto, di dentro e di fuori, e avrebbe visto presto, abbastanza presto anche da dove veniva. Udì sopra la testa il grido di quello che avrebbe potuto essere un gufo melodioso. Era un disco volante di Tralfamadore, che navigava sia nello spazio che nel tempo, e quindi sembrava venuto, agli occhi di Billy Pilgrim, tutto a un tratto dal nulla. Da qualche parte un grosso cane abbaiò. Il disco aveva trenta metri di diametro e degli oblò lungo il bordo. Dagli oblò veniva una luce pulsante color porpora. L'unico rumore che faceva era quel suono da gufo. Scese a librarsi sopra Billy, e a racchiuderlo in un cilindro di pulsante luce purpurea. Vi fu il suono come di un bacio, mentre sul fondo del disco volante si apriva uno sportello a tenuta d'aria. Ne calò una scala a pioli tutta bordata di luci come una ruota da parco dei divertimenti. La volontà di Billy venne paralizzata da un'arma puntata verso di lui da uno degli oblò. L'ordine era di afferrare l'ultimo piolo della scala sinuosa, cosa che infatti fece. Il piolo era elettrificato, e così le mani di Billy vi rimasero attaccate. Venne trascinato nella camera d'equilibrio, e lo sportello di fondo fu richiuso. Solo allora la scala, avvolta attorno a un rullo nella camera d'equilibrio, lo lasciò andare. Solo allora il cervello di Billy riprese a funzionare. Nella camera d'equilibrio c'erano due spiragli, con degli occhi gialli premuti contro; alla parete era sistemato un altoparlante. I tralfamadoriani non avevano corde vocali. Comunicavano telepaticamente. Erano in grado di parlare a Billy per mezzo di un computer e di una specie di organo elettrico che serviva a dare suono a tutto ciò che dicevano ai terrestri. «Benvenuto a bordo, signor Pilgrim» disse l'altoparlante. «Nessuna domanda?» Billy si passò la lingua sulle labbra, pensò un momento. e infine chiese: «Perché io?». «Questa è proprio una domanda da terrestre, signor Pilgrim. Perché lei? Perché noi allora? Perché qualsiasi cosa? Perché questo momento semplicemente è. Non ha mai visto degli insetti nell'ambra?» «Sì.» Effettivamente, Billy aveva in ufficio un fermacarte formato da un globo di ambra levigata con tre coccinelle incastonate. «Beh, eccoci qui, signor Pilgrim, incastrati nell'ambra di questo istante. Non c'è nessun perché.» Introdussero un anestetico nell'ambiente in cui si trovava Billy, e lo fecero dormire. Lo trasportarono in una cabina dove venne legato a una poltrona gialla che avevano rubato in un 31 deposito della Sears & Roebuck. L'interno del disco volante era gremito di roba rubata, che sarebbe servita per fornire a Billy un habitat artificiale in uno zoo di Tralfamadore. La terribile accelerazione del disco volante mentre lasciava la Terra contorse il corpo addormentato di Billy, gli distorse il viso, lo spostò nel tempo rispedendolo all'epoca della guerra. Quando riprese conoscenza non era più sul disco volante; era, di nuovo in un vagone-merci e stava attraversando la Germania. Qualcuno si stava tirando su dal pavimento e altri si stavano mettendo distesi. Anche Billy aveva in mente di distendersi, adesso. Sarebbe stato bello dormire. Nel vagone era tutto nero, e nero anche fuori dal vagone, che sembrava viaggiare a circa tre chilometri all'ora. Pareva che non andasse mai più veloce. Passava molto tempo tra un clic e l'altro, tra un punto di giunzione e l'altro dei binari. C'era un clic, si aspettava un anno, e poi c'era un altro clic. Il treno spesso si fermava per lasciar passare, di corsa e con fracasso, qualche treno molto più importante. Un'altra cosa che faceva era fermarsi su binari di raccordo vicino alle prigioni, per abbandonarvi qualche vagone. Arrancava lento attraverso la Germania, facendosi sempre più corto. Billy si calò giù, molto piano, tenendosi appeso alla sbarra diagonale nell'angolo per parere quasi senza peso a quelli cui si stava aggregando sul pavimento. Sapeva quanto fosse importante acquistare, una volta disteso, consistenza quasi d'ombra. Aveva dimenticato perché, ma presto gli fu ricordato. «Pilgrim,» gli disse una persona cui si stava per accoccolare vicino «sei tu?» Billy non disse niente, ma si accoccolò molto educatamente, e chiuse gli occhi. «Dio sia dannato» disse il tizio. «Sei tu, vero?» Si mise a sedere e tastò ruvidamente Billy con le mani. «Sei proprio tu. Tirati via di qui, per la miseria.» Si mise a sedere anche Billy, disperato, vicino alle lacrime. «Vattene via di qui! Voglio dormire!» «Zitto!» disse qualcun altro. «Starò zitto quando Pilgrim se ne sarà andato via.» Così Billy si rimise in piedi, appendendosi alla sbarra. «Dov'è che posso dormire?» domandò calmo. «Non qui con me.» «Non con me, figlio di puttana» disse qualcun altro. «Non fai altro che urlare e scalciare.» «Io?» «Sì, puoi dirlo, proprio tu, per Dio. E piagnucoli, anche.» «Io?» «Stattene lontano di qui, Pilgrim, dannazione.» E a questo punto vi fu un astioso madrigale, cantato un po' dappertutto nel vagone. Quasi tutti, a quanto pareva, avevano da raccontare cose atroci, che Billy Pilgrim aveva fatto loro mentre dormivano. Tutti dissero a Billy Pilgrim di starsene lontano. Così Billy Pilgrim dovette dormire in piedi, o non dormire del tutto. E ora non veniva più passato cibo attraverso i ventilatori, e i giorni e le notti si facevano sempre più freddi. L'ottavo giorno, il vagabondo quarantenne disse a Billy: «Non va poi così male. Io riesco a star bene ovunque». «Ci riesci, sì?» Il nono giorno il vagabondo morì. Così va la vita. Le sue ultime parole furono: «Secondo te va tanto male? No, non va poi tanto male». Nono giorno e morte avevano qualcosa in comune. Ci fu un morto, sempre nel nono giorno, anche nel vagone davanti a quello di Billy. Morì Roland Weary, di una cancrena cominciata nei piedi. Così va la vita. Weary, nel suo delirio quasi ininterrotto, seguitò a parlare dei Tre moschettieri, ammise che stava morendo, e diede parecchi messaggi da comunicare alla sua famiglia, a Pittsburg. Soprattutto, 32 di lei sulla sua pancina gelatinosa faceva poc-poc. Billy gorgogliava e tubava. E poi Billy tornò di nuovo a essere un ottico di mezza età, che giocava a golf in una sfavillante domenica mattina d'estate. Billy non andava più in chiesa. Giocava con altri tre ottici. Giunse alla buca in sette colpi, e ora gli toccava il colpo finale. Era una distanza di due metri e mezzo e Billy ce la fece. Si chinò per tirar fuori la pallina dalla buca, e il sole scomparve dietro una nuvola. Billy fu preso per un istante dalle vertigini. Quando si riprese, non era più sul campo da golf; era legato a una poltrona gialla, in una camera bianca, a bordo di un disco volante diretto verso Tralfamadore. «Dove sono?» disse Billy Pilgrim. «Incastrato in un blocco d'ambra, signor Pilgrim. Siamo dove dobbiamo essere in questo momento, a cinquecento milioni di chilometri dalla Terra, e grazie a una alterazione del tempo. arriveremo a Tralfamadore in una questione di ore invece che di secoli.» «Come... come ho fatto a capitar qui?» «Ci vorrebbe un altro terrestre per spiegarglielo. I terrestri sono bravissimi nello spiegare le cose: sono capaci di spiegare perché questo fatto è strutturato in questo modo, come far verificare altri eventi, o come evitarli. Io sono un tralfamadoriano, e posso vedere tutto il tempo come lei vede un tratto delle Montagne Rocciose. Tutto il tempo è tutto il tempo. Non cambia. Non si presta ad avvertimenti o spiegazioni. È, semplicemente. Prenda la vita momento per momento, e vedrà che siamo tutti, come ho detto prima, insetti in un blocco d'ambra.» «Mi avete l'aria di non credere nella libera determinazione» disse Billy Pilgrim. «Se non avessi passato tanto tempo a studiare i terrestri,» disse il tralfamadoriano «non avrei alcuna idea di ciò che s'intende per "libera determinazione". Ho visitato trentun pianeti abitati dell'universo, e ho studiato i rapporti relativi ad altri cento. Solo sulla Terra si parla di libera determinazione.» 35 5. Billy Pilgrim dice che l'universo non è, per gli esseri di Tralfamadore, una quantità di puntini brillanti. Quegli esseri sono in grado di vedere dove si trova ogni stella e dove si sta dirigendo, così che i cieli, per loro, sono pieni di sottili spaghetti luminosi. E poi i tralfamadoriani non vedono gli esseri umani come creature a due gambe. Li vedono come grandi millepiedi - "con delle gambette da bambini a un capo e delle gambe da vecchi all'altro", dice Billy Pilgrim. Durante il viaggio a Tralfamadore Billy chiese qualcosa da leggere. I suoi rapitori avevano cinque milioni di libri terrestri in microfilm, ma non avevano il mezzo per proiettarli nella cabina di Billy. Di libri veri e propri, in inglese, ne avevano solo uno, che sarebbe stato messo in un museo tralfamadoriano. Era La valle delle bambole di Jacqueline Susann. Billy lo lesse, e gli parve che in certi punti non fosse affatto male. I personaggi avevano naturalmente i loro alti e bassi. Ma Billy non voleva seguitare a leggere di quegli alti e bassi. Chiese se c'era altra roba da leggere. «Solo romanzi tralfamadoriani, e temo che non potrebbe capirli» disse l'altoparlante alla parete. «Lasci che ne legga uno, comunque.» Così gliene misero davanti parecchi. Erano molto piccoli; ce ne sarebbe voluta una dozzina per eguagliare la mole della Valle delle bambole, con tutti i suoi alti e bassi. Billy non era capace di leggere in tralfamadoriano, naturalmente, ma poteva almeno vedere in che caratteri erano scritti i libri: erano dei blocchetti di simboli separati da stelle. Billy osservò che i blocchetti potevano essere telegrammi. «Esatto» disse la voce. «Sono telegrammi?» «Non ci sono telegrammi su Tralfamadore. Ma lei ha ragione: ogni blocchetto di simboli è un breve messaggio urgente, che descrive una situazione, una scena. Noi tralfamadoriani li leggiamo tutti in una volta, non uno dopo l'altro. Non c'è alcun rapporto particolare tra i messaggi, salvo che l'autore li ha scelti con cura in modo che, visti tutti insieme, producano un'immagine di vita bella, sorprendente e profonda. Non c'è principio, mezzo o fine, non c'è suspense, non ci sono morale, cause o effetti. Quel che ci piace nei nostri libri è la profondità di molti momenti meravigliosi visti tutti in una volta.» Pochi istanti dopo, il disco volante entrò in un'alterazione del tempo, e Billy fu respinto violentemente verso la sua infanzia. Ora aveva dodici anni, e se ne stava tremante di paura, con la madre e il padre, al Bright Angel Point, sull'orlo del Grand Canyon. La piccola famiglia umana guardava giù verso il fondo dei canyon, milleseicento metri più in basso. «Beh...» disse il padre di Billy, spedendo un sasso nel vuoto con un calcio vigoroso «eccolo qui.» Erano arrivati in quel posto famoso in automobile. Per strada erano partite sette volte le gomme. «Ne valeva la pena» disse estatica la madre di Billy. «Oh, Dio... ne valeva proprio la pena.» Billy odiava il canyon; era sicuro di andare a cascarci dentro. Sua madre lo toccò, e lui fece pipì nei calzoni. C'erano altri turisti che guardavano anche loro nel canyon, e c'era una guida che stava lì a rispondere alle domande. Un francese che era arrivato direttamente dalla Francia chiese alla guida, in un inglese impacciato, se c'era stata molta gente che si era suicidata buttandosi di lì. «Sì, signore» disse la guida. «Tre tizi all'anno, circa.» Così va la vita. Billy fece un brevissimo viaggio nel tempo, un saltino di appena dieci giorni: aveva ancora 36 dodici anni, e stava ancora viaggiando nell'Ovest con la famiglia. Ora erano giù nelle Carlsbad Caverns, e Billy stava pregando il Signore che lo tirasse fuori di lì prima che la volta crollasse. Una guida spiegava che le caverne erano state scoperte da un cowboy che aveva visto una nuvola di pipistrelli venir fuori da un buco nel terreno. E poi disse che adesso avrebbe spento tutte le luci, e quella sarebbe stata probabilmente la prima volta, per la maggior parte di loro, che si sarebbero trovati in una oscurità così totale. Si spensero le luci. Billy non avrebbe più neanche saputo dire se era ancora vivo o no. E poi qualcosa di spettrale gli volò accanto, sulla sinistra. Erano parecchie cose. Suo padre aveva tirato fuori il suo orologio da taschino. L'orologio aveva un quadrante fosforescente. Billy passò dal buio totale a una luce totale, e si ritrovò in guerra, nel centro di spidocchiamento. La doccia era finita. Una mano invisibile aveva tolto l'acqua. Quando Billy riebbe indietro i suoi vestiti, questi non erano più puliti di prima, ma tutti i piccoli animali che ci vivevan dentro erano morti. Così va la vita. E il suo nuovo cappotto ora era sgelato e si era smollato. Era davvero troppo piccolo per Billy. Aveva il bavero di pelo e una fodera di seta cremisi, e doveva essere appartenuto a un impresario grosso come la scimmietta di un suonatore d'organetto. Era pieno di fori di proiettile. Billy Pilgrim si vestì. Si mise anche il cappottino. Gli si scucì sulla schiena, e alle spalle le maniche si staccarono completamente. Così il cappotto si trasformò in un panciotto con il bavero in pelo. Avrebbe dovuto svasarsi alla vita, ma la svasatura era invece alle ascelle di Billy. Ai tedeschi parve una delle cose più spassose che avessero visto in tutta la seconda guerra mondiale. Risero a non finire. I tedeschi misero tutti gli altri in file di cinque, e Billy a fare da perno di manovra delle squadre. Poi il gruppo sfilò fuori, passando di nuovo per un cancello dopo l'altro. C'erano altri russi morti di fame con i volti che parevano quadranti fosforescenti. Gli americani erano più vivaci di prima; tutto quel ballare sotto l'acqua bollente li aveva tirati su. Giunsero a una baracca dove un caporale con un braccio solo e un occhio solo scrisse il numero di ciascun prigioniero su un grosso libro mastro rosso. Ora erano tutti legalmente vivi. Prima che nome e numero fossero scritti in quel libro, erano tutti dispersi in azione e probabilmente morti. Così va la vita. Mentre gli americani aspettavano di procedere oltre, scoppiò una lite nell'ultima fila. Un americano aveva mugugnato qualcosa che a una guardia non garbava. La guardia sapeva l'inglese; urlò all'americano di uscir di fila, e lo sbatté giù. L'americano era stupefatto. Si tirò su traballando, e sputò sangue. Aveva perduto due denti. Evidentemente non aveva voluto offender nessuno, e non immaginava che la guardia potesse sentirlo e capire quel che diceva. «Perché proprio io?» domandò alla guardia. La guardia lo spinse nella fila. «Perché tu? Perché chiunque altro allora?» disse. Quando il nome di Billy Pilgrim venne scritto sul libro mastro del campo di prigionia, egli ebbe anche un numero, e una medaglietta d'identificazione di ferro su cui era inciso quel numero. A fare l'incisione era stato un lavoratore schiavo della Polonia. Ora quel tale era morto. Così va la vita. Gli fu detto di appendersi la piastrina al collo insieme alle altre piastrine americane, il che fece. La piastrina era perforata nel centro, di modo che un uomo forte poteva spezzarla in due con le mani. Nel caso che Billy fosse morto, metà della piastrina avrebbe contrassegnato il suo corpo e l'altra metà la tomba. In seguito, quando il povero Edgar Derby, l'insegnante di liceo, venne fucilato a Dresda, un medico lo dichiarò morto e spezzò in due la sua piastrina d'identificazione. Così va la vita. 37 Visto che Billy non diceva nulla, l'inglese gli domandò: «Puoi parlare? Puoi sentire?» Billy annuì. L'inglese lo toccò esplorativamente qua e là, pieno di compassione. «Mio Dio, ma cosa ti hanno fatto, ragazzo? Questo non è un uomo; è un palloncino sgonfiato.» «Ma sei proprio un americano?» disse l'inglese. «Sì» disse Billy. «E il tuo grado?» «Soldato semplice.» «Dove sono andati a finire i tuoi scarponi, ragazzo?» «Non ricordo.» «E questo cappotto cos'è, uno scherzo?» «Come, scusi?» «Dov'è che hai preso quest'affare?» Billy dovette pensarci su con attenzione. «Me l'hanno dato» disse alla fine. «Te l'ha dato Jerry?» «Chi?» «Te l'hanno dato i tedeschi?» «Sì.» A Billy non piacevano le domande. Lo affaticavano. «Oooh... Yank, Yank, Yank...» disse l'inglese «questo cappotto è un insulto.» «Come, scusi?» «È un tentativo deliberato di umiliarti. Non devi permettere che Jerry ti faccia robe simili.» Billy Pilgrim svenne. Quando rinvenne, Billy si trovò su una sedia, di fronte al palcoscenico. In qualche modo aveva mangiato, e ora stava assistendo a Cenerentola. Una qualche parte di lui si era evidentemente già goduta per un po' lo spettacolo. Billy stava ridendo forte. Le donne della commedia qui erano uomini, naturalmente. L'orologio aveva appena battuto la mezzanotte, e Cenerentola stava lamentandosi: «Oh mio Dio sento l'ora suonare, e per me è tempo d'andare.» Billy trovava il distico così comico che non solo rise, ma si mise addirittura a urlare. Seguitò a urlare finché lo portarono fuori dalla baracca e lo misero in un'altra, dove c'era l'ospedale. Era un ospedale con sei letti. Non c'erano altri pazienti. Billy venne messo a letto e legato, e gli diedero una dose di morfina. Un altro americano si era offerto di sorvegliarlo. L'americano era Edgar Derby, l'insegnante di liceo che sarebbe poi stato ucciso a Dresda. Così va la vita. Derby si mise a sedere su uno sgabello a tre gambe. Gli diedero un libro da leggere. Il libro era Il segno rosso del coraggio di Stephen Crane. Derby l'aveva già letto. Si mise a rileggerlo mentre Billy Pilgrim entrava in un paradiso di morfina. Sotto l'effetto della morfina, Billy sognò delle giraffe in un giardino. Le giraffe seguivano dei vialetti di ghiaia, e si fermavano ogni tanto per addentare delle pere zuccherate sulle cime degli alberi. Billy era anche lui una giraffa. Mangiò una pera. Era dura. Resistette ai suoi denti sgranocchianti e si aprì di colpo in una protesta sugosa. Le giraffe accettarono Billy come una di loro, come un essere inoffensivo dotato della stessa assurda specialità, Due di esse gli si avvicinarono da lati opposti, e gli si appoggiarono contro. 40 Avevano un lungo, muscoloso labbro superiore cui potevano dare forma di campanula. Lo baciarono con queste labbra. Erano giraffe femmine, color crema e giallo limone. Avevano delle corna a forma di pomelli di porta. I pomelli erano coperti di velluto. Perché? Nel giardino delle giraffe venne notte, e Billy Pilgrim dormì per un po' senza sognare, e poi cominciò a viaggiare nel tempo. Si svegliò con la testa sotto le lenzuola, in un reparto per malati mentali non pericolosi di un ospedale per veterani di guerra vicino a Lake Placid, New York. Era la primavera del 1948, tre anni dopo la fine della guerra. Billy tirò via il lenzuolo dalla testa. Le finestre della corsia erano aperte. Fuori cinguettavano gli uccelli. «Puu-tii-uiit?» gli domandò uno. Il sole era alto. C'erano altri ventinove malati, nella corsia, ma in quel momento erano tutti fuori a godersi la bella giornata. Erano liberi di andare e venire come volevano, di tornare persino a casa, se gli garbava; e così pure Billy Pilgrim. Erano venuti lì di propria volontà, spaventati dal mondo di fuori. Billy era entrato lì a metà del suo ultimo anno alla Scuola d'optometria di Ilium. Nessun altro sospettava che stesse diventando pazzo. Tutti pensavano che avesse un'aria normale e si comportasse normalmente. Ora era all'ospedale. I medici erano d'accordo: stava diventando pazzo. Non pensavano che questo avesse qualcosa a che fare con la guerra. Erano certi che Billy stesse impazzendo per il fatto che suo padre lo aveva gettato a capofitto nella piscina della Y.M.C.A. quando era bambino, e che lo aveva portato sul bordo del Grand Canyon. L'uomo nel letto vicino a quello di Billy era un ex capitano di fanteria che si chiamava Eliot Rosewater. Rosewater era ammalato e stanco di esser sempre sbronzo. Fu Rosewater a far conoscere a Billy la fantascienza, e in particolare i libri di Kilgore Trout. Rosewater aveva sotto il letto una fantastica raccolta di paperback di fantascienza. Se li era portati in ospedale in un baule. Quei libri tanto amati e cincischiati mandavano un odore che permeava la corsia - un odore come di pigiami di flanella che non fossero stati cambiati da un mese, o di stufato irlandese. Kilgore Trout divenne l'autore vivente preferito di Billy, e la fantascienza diventò l'unico genere di storie che potesse leggere. Rosewater era il doppio sveglio di Billy, ma lui e Billy avevano crisi simili. Entrambi avevano trovato la vita insensata, in parte a causa di quel che avevano visto durante la guerra. Rosewater, per esempio, aveva ucciso un pompiere di quattordici anni, che aveva preso per un soldato tedesco. Così va la vita. E Billy aveva assistito al più grande massacro della storia europea, il bombardamento di Dresda. Così va la vita. Ora stavano cercando di ritrovare il proprio io e il proprio universo. La fantascienza in questo senso era un grosso aiuto. Rosewater un giorno disse a Billy una cosa interessante a proposito di un libro che non era di fantascienza. Disse che tutto quello che c'era da sapere della vita lo di poteva trovare nei Fratelli Karamazov di Fëdor Dostojevskij. «Ma quello ormai non basta più» disse Rosewater. Un'altra volta Billy sentì Rosewater dire allo psichiatra: «Credo che voi altri dovrete scovare un fracco di nuove meravigliose bugie, per far sì che alla gente non passi la voglia di vivere». C'era della natura morta, sul comodino di Billy: due pillole, un portacenere con dentro tre mozziconi bordati di rossetto, una sigaretta ancora accesa, e un bicchier d'acqua. L'acqua era morta. Così va la vita. L'aria stava cercando di uscir fuori da quell'acqua morta. C'erano bollicine che si arrampicavano su per le pareti del bicchiere, troppo deboli per saltarne fuori. Le sigarette erano della madre di Billy. Quest'ultima era andata a cercare la toilette delle 41 donne, che era vicino al reparto per le ex appartenenti al Corpo ausiliario femminile dell'esercito, alla Riserva femminile del corpo di guardia costiera e alla Riserva femminile della Riserva navale che erano diventate matte. Sarebbe tornata da un momento all'altro. Billy si ricoprì la testa con il lenzuolo. Si copriva sempre la testa quando la madre veniva a trovarlo all'ospedale; tutte le volte non faceva che peggiorare, finché non se ne andava. Non che fosse sgradevole, o che avesse il fiato cattivo o un carattere antipatico. Era una donna del tutto a posto, una donna bianca di proporzioni normali, dai capelli bruni e con una educazione liceale alle spalle. Metteva Billy a disagio solo per il fatto di essere sua madre. Di fronte a lei si sentiva imbarazzato, debole e ingrato, perché lei aveva faticato tanto per metterlo al mondo e per tenercelo, e a Billy quel mondo non piaceva affatto. Billy sentì Eliot Rosewater entrare e mettersi a giacere; le molle del suo letto lo provavano chiaramente. Rosewater era un uomo grosso, ma non molto in gamba. Sembrava fatto di moccio di naso. E poi la madre di Billy tornò dalla toilette delle donne, e si mise su una sedia che c'era fra il letto di Billy e quello di Rosewater. Rosewater le diede un melodioso, caldo saluto, e le chiese come stava. Parve felicissimo di sapere che stava bene. Stava facendo un esperimento: voleva cercare di stabilire il rapporto più cordiale possibile con chiunque incontrasse. Pensava che in questo modo avrebbe potuto rendere il mondo un tantino più piacevole. Chiamò la madre di Billy "cara". Stava sperimentando di chiamar chiunque "caro". «Un giorno,» promise lei a Rosewater «io verrò qui, e Billy si tirerà via il lenzuolo dalla testa, e sa che cosa dirà?» «Cosa dirà, cara?» «Dirà: "Ciao, mamma", e sorriderà. Dirà: "Ehi, son proprio contento di vederti, mamma. Come sei stata finora?"» «Potrebbe essere oggi, quel giorno.» «Ogni notte prego che lo sia.» «Molto bello, questo.» «La gente resterebbe sorpresa a scoprire quante cose a questo mondo sono dovute alle preghiere.» «Non ha mai detto una cosa più vera, cara.» «Sua madre viene qui a trovarla spesso?» «Mia madre è morta» disse Rosewater. Così va la vita. «Oh, mi spiace.» «Per lo meno, finché è vissuta è stata felice.» «Questa è una consolazione.» «Sì.» «Anche il papà di Billy è morto, sa» disse la madre di Billy. Così va la vita. «Un ragazzo ha bisogno di un padre.» Il duetto fra la madre ottusa e pregante e l'uomo grosso e fiacco, così pieno di affettuosità verso gli altri, andò avanti per un pezzo. «Era il primo della classe quando successe» disse la madre di Billy. «Forse studiava troppo» disse Rosewater. Aveva un libro che voleva leggere, ma era troppo educato per leggere e parlare insieme, facile com'era dare alla madre di Billy risposte soddisfacenti. Il libro era Pazzi in quarta dimensione, di Kilgore Trout. Parlava di gente le cui malattie mentali non potevano essere curate perché le cause delle malattie eran tutte nella quarta dimensione, e i medici tridimensionali della Terra non potevano vedere affatto quelle cause, e neppure immaginarle. Trout diceva una cosa che piaceva molto a Rosewater, e cioè che esistevano veramente 42 davvero un tizio qualsiasi, e costituiva una seccatura per un sacco di gente meglio imparentata di lui. Anche lì aveva da dire tutte le cose belle e imbarazzanti che diceva negli altri Vangeli. Così la gente un giorno si divertì a inchiodarlo a una croce e a piantare la croce a terra. Non potevano esserci ripercussioni di alcun genere, pensavano quelli che l'avevano linciato. Anche il lettore era indotto a pensarlo, dato che il nuovo Vangelo seguitava a ripetere che Gesù era proprio un ometto qualsiasi. E poi, appena prima che l'ometto morisse, i cieli si aprirono, e vi furono tuoni e lampi. Dall'alto scese scrosciante la voce di Dio. Questi disse alla gente che egli adottava il povero vagabondo, dandogli pieni poteri e privilegi di Figlio del Creatore dell'universo per tutta l'eternità. Ecco cosa disse: Da questo momento in poi, Egli punirà orribilmente chiunque tormenterà un vagabondo senza parenti importanti! La fidanzata di Billy aveva finito il suo "Tre moschettieri". Ora stava mangiando un "Via Lattea". «Lascia perdere i libri» disse Rosewater, gettando quello che teneva in mano sotto il letto. «Vadano al diavolo.» «Questo qui sembrava interessante» disse Valencia. «Gesù... se solo Kilgore Trout sapesse scrivere!» esclamò Rosewater. Aveva una sua idea in proposito: Kilgore Trout meritava la impopolarità di cui godeva. La sua prosa era tremenda; solo le idee erano buone. «Non credo che Trout sia mai stato all'estero» seguitò Rosewater. «Mio Dio... parla sempre di terrestri, e sono tutti americani. Sulla Terra praticamente non ci sono quasi americani.» «Dove vive?» domandò Valencia. «Non lo sa nessuno» rispose Rosewater. «Io sono l'unica persona che abbia mai sentito parlar di lui, per quel che ne so. Non ci sono due soli suoi libri che siano stati pubblicati dallo stesso editore, e ogni volta che gli scrivo all'indirizzo dell'editore, la lettera mi torna indietro perché l'editore è fallito.» A questo punto cambiò argomento, e si congratulò con Valencia per il suo anello di fidanzamento. «Grazie» disse lei, e lo tese a Rosewater perché potesse vederlo meglio. «Il diamante l'ha preso Billy quando era in guerra.» «Ecco l'aspetto attraente della guerra» disse Rosewater. «Tutti, assolutamente tutti, riportano indietro qualcosetta.» Quanto a Kilgore Trout: egli abitava in realtà a Ilium, città natale di Billy, disprezzato e senza amici. Billy di tanto in tanto lo incontrava. «Billy...» disse Valencia Merble. «Hm?» «Hai voglia di parlare della nostra argenteria?» «Certo.» «Non so ancora cosa scegliere tra il Royal Danish e il Rambler Rose.» «Rambler Rose» disse Billy. «Non è una questione su cui dobbiamo decidere su due piedi» disse lei. «Voglio dire... in qualsiasi modo decidiamo, è una cosa che ci porteremo dietro per tutta la vita.» Billy esaminò le fotografie. «Royal Danish» disse infine. «Anche il Colonial Moonlight è carino.» «Sì» disse Billy Pilgrini. E Billy viaggiò nel tempo sino ad arrivare nello zoo di Tralfamadore. Aveva quarantaquattro 45 anni, ed era lì in mostra sotto una cupola geodetica. Era ancora disteso sulla poltrona su cui aveva viaggiato nello spazio. Era nudo. I tralfamadoriani erano interessati al suo corpo: tutto il suo corpo. Lì fuori ce n'erano migliaia, che tenevano su in alto le loro piccole mani di modo che gli occhi potessero vederlo. Billy era su Tralfamadore da ormai sei mesi terrestri. Era abituato alla folla. La fuga era fuori questione. L'atmosfera al di fuori della cupola era al cianuro, e la Terra era lontana 713.700.000.000.000.000 chilometri. Nello zoo, Billy si trovava in un habitat terrestre artificiale. La maggior parte del mobilio era stata rubata in un deposito della Sears & Roebuck a Iowa City, nello Iowa. C'era una televisione a colori e un divano trasformabile in letto. C'erano, vicino al divano, dei tavolini con sopra delle lampade e dei portacenere. C'era un bar con due sgabelli. C'era un tavolino da salotto. C'era un tappeto da parete a parete color oro, salvo in cucina, nel bagno e sopra il tombino di ferro al centro del pavimento. C'erano riviste disposte a ventaglio sopra un tavolino davanti al divano. C'era un fonografo stereofonico. Il fonografo funzionava; la televisione no. Incollata allo schermo del televisore c'era la fotografia di un cowboy che ne ammazzava un altro. Così va la vita. Dentro la cupola non c'erano pareti, non c'era un posto dove Billy potesse nascondersi. Gli impianti color verde menta del bagno erano all'aperto. Billy si alzò dalla poltrona, andò in bagno e fece il suo bisogno. La folla impazziva. Billy si lavò i denti, si mise la sua dentiera parziale e andò in cucina. La bombola del gas, il frigorifero e la lavastoviglie erano anch'essi in color verde menta. Sulla porta del frigorifero era incollata una fotografia. Il frigorifero era arrivato lì già così: era una fotografia di una coppia degli anni novanta su un tandem. Billy guardò la fotografia, e cercò di pensare qualcosa a proposito della coppia. Non gli veniva nulla. Sembrava che non ci fosse nulla da pensare a proposito di quei due tizi. Billy fece una buona colazione a base di roba in scatola. Lavò il bicchiere, il piatto, il coltello, la forchetta, il cucchiaio e il pentolino e li mise via. Poi fece degli esercizi che aveva imparato nell'esercito: salti a gambe divaricate, elevazioni, piegamenti. La maggior parte dei tralfamadoriani non avevan modo di sapere che il corpo e il viso di Billy non erano belli. Pensavano che fosse un esemplare splendido. Questo ebbe su di lui un gradevole effetto, e cominciò così per la prima volta a compiacersi del proprio corpo. Dopo gli esercizi ginnici si fece una doccia e si tagliò le unghie dei piedi. Si fece la barba e si sprizzò del deodorante sotto le ascelle, mentre una guida dello zoo, fuori, spiegava da una piattaforma sopraelevata cosa stava facendo Billy, e perché. La guida faceva il suo discorso telepaticamente, stando semplicemente lì in piedi e inviando onde di pensiero alla folla. Accanto a sé, sulla piattaforma, aveva un piccolo strumento a tastiera con cui poteva trasmettere a Billy le domande che faceva la gente. Arrivò la prima domanda, dall'altoparlante sul televisore: «È felice, qui?». «Circa quanto lo ero sulla Terra» disse Billy Pilgrim, il che era vero. Su Tralfamadore c'erano cinque sessi, ciascuno dei quali compiva una delle funzioni necessarie per mettere al mondo un nuovo individuo. A Billy sembravano tutti identici, dato che le differenze sessuali lì erano tutte nella quarta dimensione. Uno dei più grossi colpi inferti a Billy dai tralfamadoriani, tra l'altro, aveva a che fare proprio col sesso così com'era sulla Terra. Gli avevano detto che gli equipaggi dei loro dischi volanti avevano individuato sulla Terra non meno di sette sessi, ciascuno dei quali essenziale per la riproduzione. Billy non riusciva a concepire come cinque di quei sessi potessero aver qualcosa a che fare colla nascita dei bambini, dato che svolgevano la loro funzione nella quarta dimensione. I tralfamadoriani tentarono di aiutarlo a immaginare il sesso nella dimensione invisibile. Gli dissero che sulla Terra non potevano nascere bambini senza dei maschi omosessuali. Non potevano 46 nascere bambini senza donne omosessuali. Non potevano nascere bambini senza donne sopra i sessantacinque anni d'età. Non potevano nascere bambini senza uomini oltre i sessantacinque anni d'età. Non potevano nascere bambini senza che ci fossero altri bambini, sopravvissuti per un'ora o anche meno alla nascita. E così via. Per Billy tutto questo era incomprensibile. Anche in quello che diceva Billy c'era molto di incomprensibile per i tralfamadoriani. Non riuscivano a immaginarsi come dovesse apparirgli il tempo. Billy aveva rinunciato a spiegarlo. La guida là fuori dovette spiegarlo meglio che poteva. La guida invitò i presenti a immaginare di essere davanti a un deserto e di guardare oltre il deserto verso una catena di montagne, in una giornata chiara e splendente. Potevano osservare un picco o un uccello o una nuvola, potevano vedere un sasso che avevano proprio davanti o addirittura un canyon dietro a loro. Ma fra loro c'era un povero terrestre, con la testa rinchiusa dentro una sfera d'acciaio che non poteva mai tirarsi via. In questa sfera c'era solo uno spiraglio da cui poteva guardar fuori, e a quello spiraglio era saldato un tubo lungo due metri. Questo, nella metafora, era solo il principio delle miserie di Billy. Egli era anche legato a una grata di ferro inchiodata a un pianale su rotaie, e non aveva modo di girare la testa o di toccare il tubo. L'estremità del tubo era appoggiata a un sostegno a due gambe imbullonato esso pure al pianale. Tutto quel che Billy poteva vedere era il puntino in fondo al tubo. Non sapeva di essere su un pianale, non sapeva neppure che in questa sua condizione ci fosse qualcosa di particolare. Il pianale a volte procedeva lentamente, a volte andava molto veloce, spesso si fermava; saliva, scendeva, faceva curve, seguiva rettilinei. Qualsiasi cosa vedesse il povero Billy attraverso il tubo, non poteva far altro che dirsi: «Questa è vita". Billy pensava che i tralfamadoriani fossero confusi e allarmati da tutte le guerre e gli assassinii che c'erano sulla Terra, Pensava avessero paura che la ferocia dei terrestri, unita alle loro armi potentissime, finisse per distruggere in parte o anche totalmente l'universo innocente che c'era attorno alla Terra. Era la fantascienza che l'aveva indotto a supporlo. Ma l'argomento della guerra non venne mai sollevato finché non lo tirò fuori Billy stesso. Qualcuno tra la folla dello zoo gli domandò attraverso la guida quale fosse la cosa più preziosa che aveva imparato finora su Tralfamadore, e Billy rispose: «Ho imparato come gli abitanti di un intero pianeta possano vivere in pace! Come voi sapete, io vengo da un pianeta che è stato impegnato in massacri insensati fin dai tempi dei tempi. Io stesso ho visto i corpi di ragazzine bruciate vive dai miei compatrioti, che erano tutti orgogliosi di combattere in quel modo il diavolo». Questo era vero. Billy aveva visto i corpi bruciati a Dresda. «E mi sono fatto luce, di notte, in una prigione con candele fabbricate col grasso di esseri umani massacrati dai fratelli e dai padri di quelle ragazzine. I terrestri devono essere il terrore dell'universo. Se altri pianeti non sono per ora minacciati dalla Terra, presto lo saranno. Ditemi quindi il segreto, così lo riporterò sulla Terra e saremo tutti salvi: come può un pianeta vivere in pace?» Billy sentiva di aver parlato in modo molto elevato. Si avvilì quando vide che i tralfamadoriani chiudevano le loro piccole mani occhiute. Sapeva per esperienza cosa significava questo: aveva fatto la figura dello stupido. «Vi... vi spiacerebbe dirmi...» disse alla guida, molto delusa «che cosa c'era di stupido in quel che ho detto?» «Noi sappiamo come finisce l'universo...» disse la guida «e la Terra non ha nulla a che vedere in questo, salvo che vien spazzata via anche lei.» «Come... come finisce l'universo?» disse Billy. «Lo facciamo saltar per aria, sperimentando nuovi combustibili per i nostri dischi volanti. Un pilota collaudatore tralfamadoriano preme un bottone d'avvio, e l'intero universo scompare.» Così 47 verde. «Sembrerebbe un sogno» disse Billy. «I sogni degli altri di solito non sono molto interessanti.» «Una volta ho sentito che parlavi a papà di un plotone d'esecuzione tedesco.» Si riferiva all'esecuzione del povero vecchio Edgar Derby. «Um.» «Hai dovuto seppellirlo tu?» «Sì.» «Lui ti ha visto, lì pronto con la pala, prima che lo fucilassero?» «Sì.» «E ha detto qualcosa» «No.» «Era spaventato?» «L'avevano narcotizzato. Aveva gli occhi come vitrei.» «E gli hanno attaccato un bersaglio?» «Un pezzo di carta» disse Billy. Si alzò dal letto, disse «scusami», e entrò nell'oscurità del bagno per fare un bisognino. Cercò la luce, e mentre tastava il muro ruvido si rese conto che aveva viaggiato all'indietro nel tempo sino a tornare al 1944, all'ospedale del campo di prigionia. Nell'ospedale la candela si era spenta. Il povero Edgar Derby si era addormentato nel lettino accanto a quello di Billy. Billy si era alzato e camminava a tastoni lungo la parete, cercando un'uscita perché doveva fare subito un bisogno. All'improvviso trovò una porta, che si aprì, e uscì fuori barcollando nella notte del campo di prigionia. Billy era rincretinito a furia di viaggi nel tempo e di morfina. Finì contro una cinta di filo spinato, che lo tagliuzzò ben bene. Cercò di tirarsi indietro, ma i fili metallici non lo lasciavano andare. Così Billy iniziò uno stupido ballo con la cinta, facendo un passo in una direzione, uno in un'altra, e poi tornando al punto di partenza. Un russo, uscito anche lui per un bisogno, vide Billy ballare dall'altro lato della cinta. Si avvicinò a quel curioso spaventapasseri, tentò di parlare gentilmente con lui, gli chiese da che paese veniva. Lo spaventapasseri non gli badò, seguitò a ballare. Così il russo lo scucì dalla cinta pezzo per pezzo, e lo spaventapasseri andò via nuovo ballando nella notte, senza una parola di ringraziamento. Il russo agitò un braccio in segno di saluto, e gli gridò dietro, in russo: «Ciao». Billy tirò fuori il suo affare, là nella notte del campo, e pisciò a lungo sulla terra. Poi lo rimise in qualche modo dentro, e affrontò un nuovo problema: da dove era venuto, e dove sarebbe andato adesso? Da qualche parte, nella notte, si levavano urla di dolore. Billy che non aveva nulla di meglio da fare, si mosse strascicando in quella direzione. Si chiedeva quale tragedia fosse successa perché tanta gente andasse fuori a lamentarsi. Billy si stava avvicinando senza saperlo alla latrina, dal di dietro. La latrina era formata da uno steccato a una sola sbarra, con sotto dodici tazze. Lo steccato era circondato su tre lati da un paravento di rottami di legno e scatolette di latta appiattite. Il lato aperto fronteggiava il muro nero, rivestito di carta catramata, della baracca dove aveva avuto luogo la festa. Billy camminò lungo il paravento e raggiunse un punto da cui poteva vedere una scritta dipinta di fresco sul muro di carta catramata. Le parole erano scritte con la stessa vernice rosa che ravvivava la scena di Cenerentola. Le percezioni di Billy erano così vaghe che vide le parole come sospese nell'aria, dipinte forse su una tenda trasparente. C'erano anche dei graziosi puntini argentei, sulla tenda. In realtà erano i chiodi che tenevan fissa la carta catramata al muro della baracca. Billy non riusciva a capire come la tenda potesse star su, nel nulla, e pensò che la cortina magica e le teatrali espressioni di dolore facessero parte di qualche cerimonia religiosa di cui lui non sapeva 50 nulla. Ecco cosa diceva la scritta: SIETE PREGATI DI LASCIARE QUESTA LATRINA PULITA COME L'AVETE TROVATA! Billy guardò dentro la latrina. I lamenti venivano di lì. La latrina era piena di americani che si erano tirati giù i calzoni. La bella festa li aveva messi in subbuglio come vulcani. Le tazze erano tutte piene, o rovesciate a terra. Un americano vicino a Billy si lamentò di aver cagato fuori tutto meno il cervello. Qualche istante dopo disse: «Ecco, se ne va anche lui, se ne va anche lui». Voleva dire il cervello. Ero io. Era l'autore di questo libro. Billy si allontanò barcollando da quella visione d'inferno. Passò accanto a tre inglesi che stavano guardando da una certa distanza la cerimonia dell'escrezione. Erano catatonici dal disgusto. «Allacciati i calzoni!» disse uno a Billy mentre passava. Così Billy si allacciò i calzoni. Giunse, per caso, alla porta del piccolo ospedale. Entrò, e si ritrovò in luna di miele a Cape Ann: stava tornando a letto con sua moglie dopo esser stato in bagno. «Mi sei mancato» disse Valencia. «Mi sei mancata» disse Billy Pilgrim. Billy e Valencia si addormentarono, accostati uno all'altra come cucchiai e Billy tornò indietro nel tempo sino al viaggio in treno che aveva fatto nel 1944, quando aveva lasciato le manovre militari nel South Carolina per andare al funerale del padre a Ilium. Non aveva ancora visto l'Europa e la guerra. Era ancora l'epoca delle locomotive a vapore. Billy doveva cambiare un sacco di treni. Tutti i treni andavano piano. Le carrozze puzzavano di fumo di carbone, di tabacco razionato, di alcool razionato e di scoregge di gente che mangiava cibo razionato. Il rivestimento dei sedili in ferro era ruvido, e Billy non riuscì a dormir molto. Si addormentò della grossa solo quando era a tre ore di viaggio da Ilium, con le gambe stese obliquamente verso l'ingresso della vettura-ristorante affollata. Quando il treno giunse a Ilium il facchino lo svegliò. Billy uscì barcollando con il suo sacco da campo, e restò lì in piedi sul marciapiede della stazione accanto al facchino, cercando di destarsi del tutto. «Si è fatto un bel sonnellino, eh?» disse il facchino. «Sì» disse Billy. «Ragazzo,» fece il facchino «devi essertela passata dura.» Alle tre del mattino, la notte che Billy passò in preda alla morfina nel campo di prigionia, due robusti inglesi portarono in ospedale un nuovo paziente. Era piccolo. Era Paul Lazzaro, il ladro di macchine butterato di Cicero, nell'Illinois. Era stato beccato a rubar sigarette da sotto il cuscino di un inglese. L'inglese, mezzo addormentato, gli aveva rotto il braccio destro e lo aveva steso svenuto. L'inglese che lo aveva colpito ora stava dando una mano a portarlo dentro. Aveva dei capelli rosso fuoco e niente sopracciglia. Nella commedia era stato la fata azzurra di Cenerentola. Ora teneva su la sua metà di Lazzaro con un mano mentre con l'altra si chiudeva dietro la porta. «Pesa meno di un pollo.» disse. L'inglese che teneva Lazzaro per i piedi era il colonnello che aveva dato la morfina a Billy. La fata azzurra era imbarazzata e arrabbiata. «Se sapevo che avevo a che fare con un pollo,» disse «non avrei colpito così duro.» 51 «Um.» La fata azzurra parlò con franchezza di come erano disgustosi tutti gli americani. «Fiacchi, puzzolenti, pieni di autocommiserazione: una massa di bastardi piagnucolosi, sporchi e ladri» disse. «Sono peggio dei russi.» «Sembrano proprio dei rifiuti, sì» assentì il colonnello. Entrò un maggiore tedesco. Considerava gli inglesi grandi amici. Faceva loro visita quasi ogni giorno, giocava con loro, dava loro lezioni di storia tedesca, suonava il loro piano, insegnava loro il tedesco. Diceva spesso loro che, se non fosse stato per la loro compagnia di uomini civili, sarebbe impazzito. Il suo inglese era splendido. Il maggiore si scusò per aver dovuto mettere dei soldati americani nelle baracche degli inglesi. Promise che l'inconveniente sarebbe durato non più di un giorno o due, dato che gli americani sarebbero stati mandati presto a Dresda, al lavoro coatto. Aveva con sé una monografia, pubblicata dall'Associazione tedesca degli ufficiali carcerari. Era un rapporto sul comportamento dei prigionieri di guerra americani in Germania, e lo aveva scritto un ex americano che aveva fatto molta carriera nel Ministero della propaganda tedesco. Si chiamava Howard W. Campbell, Jr. In seguito si sarebbe impiccato, mentre aspettava di esser processato come criminale di guerra. Così va la vita. Mentre il colonnello inglese sistemava il braccio rotto a Lazzaro e preparava il gesso, il maggiore tedesco tradusse a voce alta alcuni brani dello scritto di Howard W. Campbell, Jr. Campbell un tempo era stato un commediografo piuttosto noto. La monografia iniziava così: L'America è la nazione più ricca del mondo, ma il suo popolo è in gran parte povero, e gli americani poveri tendono a odiare se stessi. Per citare l'umorista americano Kin Hubbard: "Esser povero non è una disgrazia, ma potrebbe anche esserlo". Effettivamente per un americano è un crimine essere povero, benché l'America sia un paese di poveri. Ogni altro paese ha tradizioni popolari che parlano di uomini poveri ma molto saggi e virtuosi, e quindi più stimabili di qualsiasi individuo ricco e potente, Per gli americani poveri non esistono leggende del genere; loro deridono se stessi e esaltano quelli più ricchi di loro. I ristoranti e i caffè più modesti, di proprietà a loro volta di gente povera, hanno spesso sul muro una scritta con questa crudele domanda: "Se sei tanto intelligente, perché non sei ricco?". E non manca poi una bandiera americana non più grande della mano di un bambino, attaccata a una stecca di lecca-lecca e sventolante dal registratore di cassa. Si diceva che l'autore di questo scritto, nato a Schenectady, New York, avesse il più alto quoziente d'intelligenza tra tutti i criminali di guerra condannati all'impiccagione. Così va la vita. Gli americani, come tutti gli altri popoli, credono in molte cose che sono ovviamente false, seguitava la monografia. La loro illusione più perniciosa è che sia molto facile, per un americano, fare soldi. Non si rendono conto di quanto in realtà sia duro, e quindi quelli che non ne hanno non fanno altro che rimproverarsene. Questo senso di colpa è stato una vera fortuna per i ricchi e i potenti; in questo modo, infatti, hanno potuto permettersi di fare, per i poveri, meno di qualsiasi altra classe dirigente fin dall'epoca napoleonica. Molte sono le novità giunte dall'America. La più stupefacente è costituita da una massa di poveri privi di dignità: una cosa senza precedenti. Costoro non si amano a vicenda perché non amano neppure se stessi. Una volta compreso questo, lo sgradevole comportamento dei militari americani nei campi di prigionia tedeschi cessa di essere un mistero. Howard W. Campbell, Jr. passava poi a parlare dell'uniforme dei soldati americani nella seconda guerra mondiale: Ogni altro esercito della storia, ricco o no, ha cercato di vestire anche i 52 Billy fu portato a casa. La figlia gli chiese di nuovo: «Papà, papà, papà... cosa dobbiamo farne, di te?». 55 6. Ascoltate: Billy Pilgrim dice di essere andato a Dresda, in Germania, l'indomani della notte della morfina trascorsa nel settore inglese del campo di sterminio per prigionieri di guerra russi. Billy si svegliò all'alba, quel giorno di gennaio. Nell'ospedaletto non c'erano finestre, e le candele si erano spente. Così l'unica luce veniva da delle fessure nelle pareti e dal rettangolo irregolare che contornava la porta, non perfettamente, inserita. Il piccolo Paul Lazzaro, col braccio rotto, russava su un letto; Edgar Derby, l'insegnante di liceo che poi sarebbe stato fucilato, russava su un altro. Billy si mise a sedere sul letto. Non aveva idea di che anno fosse o su che pianeta si trovasse. Qualunque fosse il pianeta, era freddo. Ma non era il freddo che aveva svegliato Billy. Era una specie di magnetismo animale, che gli dava brividi e prurito, e gli procurava dei dolori profondi nella muscolatura, come se avesse fatto lunghi esercizi. Il magnetismo animale veniva da dietro. Se gli avessero detto di indovinarne la fonte, avrebbe detto che era un vampiro appeso a testa in giù dietro a lui. Billy si spostò in avanti sulla cuccetta, prima di voltarsi a guardare cosa fosse. Non voleva che l'animale gli cadesse sul viso e magari gli dilaniasse gli occhi o gli mordesse via il suo grosso naso. Poi si voltò. La fonte dei magnetismo somigliava veramente a un pipistrello. Era il suo paltò da impresario con il bavero in pelo che pendeva da un chiodo. Billy si avvicinò all'indietro al cappotto, guardandolo da sopra la spalla e sentendo il magnetismo crescere. Poi gli si mise di fronte inginocchiandosi sul lettino, e si arrischiò a toccarlo qua e là. Stava cercando il punto esatto della sorgente delle radiazioni. Trovò due piccole sorgenti, due grumi lontani due centimetri uno dall'altro e nascosti nella fodera. Uno era a forma di pisello; l'altro di un piccolo ferro di cavallo. Le radiazioni gli recarono un messaggio: non doveva cercar di scoprire che cos'erano i due mucchietti; doveva accontentarsi di sapere che potevano compiere per lui dei miracoli, sempre che non insistesse ad apprenderne la natura. Questo per Billy Pilgrim andava bene. Si sentiva pieno di riconoscenza; era felice. Billy sonnecchiò, e si svegliò di nuovo nell'ospedale del campo di prigionia. Il sole era alto. Fuori vi erano suoni da Golgota di uomini forti che scavavano buche per travi in un terreno duro, molto duro. Gli inglesi stavano costruendosi una nuova latrina. Avevano lasciato la vecchia agli americani - e anche il teatro, il posto dove si era svolto il banchetto. Sei inglesi passarono vacillando per l'ospedale con una tavola su cui erano ammucchiati parecchi materassi. Stavano trasportando quella roba negli alloggi collegati all'ospedale. Furono seguiti da un inglese che si portava dietro il suo materasso e una tavola da tirassegno. L'uomo con il tirassegno era la fata azzurra che aveva conciato male il piccolo Paul Lazzaro. Si fermò accanto al letto di Lazzaro, e gli chiese come stava. Lazzaro gli disse che dopo la guerra lo avrebbe fatto ammazzare. «Oh?» «Tu hai fatto un grosso errore» disse Lazzaro. «Nessuno mi tocca, me; meglio uccidermi, se no poi lo uccido io.» La fata azzurra ne sapeva qualcosa, di uccisioni. Rivolse a Lazzaro un attento sorriso. «Può darsi allora che ti uccida io,» disse «se riesci davvero a convincermi che è una cosa da fare.» «Perché non vai a'ffanculo?» «Non credere che non ci abbia provato» rispose la fata azzurra. La fata azzurra se ne andò, divertita e conciliante. Quando fu scomparsa, Lazzaro promise a Billy e al povero vecchio Edgar Derby che si sarebbe vendicato. La vendetta era una cosa dolce, disse. «È la cosa più dolce che ci sia» disse. «Se qualcuno cerca di fottermi,» disse «sicuro come Cristo che poi se ne pente. Mi diverte da pazzi. Uomo o donna, non ci bado. Fosse anche il presidente degli Stati Uniti, a farmela, poi mi vendico. Avreste dovuto vedere quel che combinai 56 una volta a un cane.» «Un cane?» disse Billy. «Quel figlio di puttana mi aveva morso. Così presi una bistecca e poi tirai fuori la molla da un orologio. Tagliai la molla in tanti pezzettini, e all'estremità dei pezzettini misi delle punte. Tagliavano come lamette di rasoio. Li ficcai nella bistecca, proprio dentro; e passai davanti a dove avevano legato il cane. Voleva di nuovo mordermi. Gli feci: "Su, bello, cerchiamo di essere amici. Basta essere nemici. Non sono matto". Lui mi credette.» «Davvero?» «Gli buttai la bistecca. La mandò giù tutta d'un colpo; io restai lì ad aspettare per un dieci minuti.» Ora gli occhi di Lazzaro brillavano. «Cominciò a uscirgli sangue di bocca. Si mise a guaire, e si rotolò a terra, come se le lame gli si fossero conficcate addosso da fuori invece che da dentro. Poi cercò di mordersi fuori le budella. Io ridevo, e gli dissi: "Ecco, ti è venuta l'idea giusta. Strappati fuori le budella, amico. Ci sono io lì dentro con tutte quelle lame».» Così va la vita. «Se qualcuno vi domanda cos'è la cosa più dolce questo mondo...» disse Lazzaro «è la vendetta.» Tra parentesi, quando Dresda fu distrutta, non esultò. Non aveva niente contro i tedeschi, Presi uno alla volta, diceva, li amava anche, i suoi nemici. Era orgoglioso di non aver mai fatto del male a un innocente. «Nessuno le ha mai prese da Lazzaro,» diceva «se prima non gliele ha date.» Il povero vecchio Edgar Derby, l'insegnante di liceo, entrò a questo punto nella conversazione. Domandò a Lazzaro se intendeva dar da mangiare anche alla fata azzurra una bistecca piena di molle d'orologio. «Merda» disse Lazzaro. «È un omone ben grosso» disse Derby, che era anche lui un omone ben grosso. «Grosso o piccolo non significa niente.» «Gli sparerà?» «Gli farò sparare» disse Lazzaro. «Dopo la guerra tornerà a casa. Sarà un eroe. Le signore gli si appicicheranno addosso. Si sistemerà. Passeranno un paio d'anni, e poi un giorno qualcuno busserà alla sua porta. Lui andrà a vedere e troverà un forestiero. Il forestiero gli chiederà se è il tal dei tali. Lui gli dirà di sì, e allora il forestiero dirà: "Mi manda Paul Lazzaro". E tirerà fuori una pistola e gli farà saltar via l'uccello. Il forestiero lo lascerà pensare un paio di secondi a chi era Paul Lazzaro e a come sia la vita quando si resta senza uccello; poi gli sparerà un colpo in pancia e se ne andrà via.» Così va la vita. Lazzaro disse che avrebbe potuto fare ammazzare chiunque, per mille dollari più le spese di viaggio. Aveva una lista in mente, disse. Derby gli domandò chi c'era sulla lista, e Lazzaro disse: «Stai solo attento a non finirci tu. Non rompermi le balle, e basta». Ci fu un silenzio, e poi aggiunse: «E non romper le balle ai miei amici». «Lei ha degli amici?» chiese Derby. «Qui in guerra?» disse Lazzaro. «Sì... avevo un amico, ed è morto.» Così va la vita. «Mi spiace.» A Lazzaro brillavano di nuovo gli occhi. «Era mio compagno nel vagone-merci. Si chiamava Roland Weary. È morto fra le mie braccia.» Puntò verso Billy la mano che poteva muovere. «È morto per colpa di questo stupido fottuto qui. Così gli ho promesso che, dopo la guerra, questo stupido fottuto lo avrei fatto ammazzare.» Lazzaro spazzò via con un gesto qualsiasi cosa Billy Pilgrim avrebbe potuto dire. «Non pensarci, ragazzo, dimenticatene» disse. «Goditi la vita finché puoi. Non ti succederà niente per magari cinque, dieci, quindici, vent'anni. Ma lascia che ti dia un consiglio: ogni volta che suonano alla porta, manda qualcun altro ad aprire.» 57 maturità e per la sua lunga esperienza di rapporti con la gente. Non vi furono altre designazioni, così l'elezione fu chiusa. «Tutti d'accordo?» Due o tre dissero: «Sì». Il povero vecchio Derby tenne un discorso. Ringraziò l'inglese per i suoi buoni consigli, e disse che intendeva seguirli fedelmente. Disse che era sicuro che tutti gli altri americani avrebbero fatto lo stesso. Disse che il suo compito principale, ora, era di fare in modo che tutti tornassero a casa sani e salvi. «Vai a farti una fottuta in cielo» mormorò Paul Lazzaro da dentro il suo nido azzurro. «Vai a fotterti la luna.» La temperatura salì in modo eccezionale, quel giorno. Il mezzogiorno fu gradevole. I tedeschi portarono minestra e pane in carretti tirati da russi. L'inglese mandò del vero caffè, zucchero, marmellata, sigarette e sigari, e le porte del teatro vennero lasciate aperte, di modo che potesse entrare il caldo. Gli americani cominciarono a sentirsi molto meglio. Erano in grado di tenere in pancia il cibo. E poi venne l'ora di andare a Dresda. Gli americani uscirono, marciando con una certa eleganza, fuori dal settore inglese del campo. Billy Pilgrim guidò di nuovo la sfilata. Adesso aveva degli stivali argentati, un manicotto, e un pezzo di tenda azzurra che portava come una toga. Aveva ancora la barba; così pure il povero vecchio Edgar Derby, accanto a lui. Derby stava immaginando lettere da scrivere a casa, le sue labbra si muovevano tremule: "Cara Margaret, stiamo partendo per Dresda. Non preoccuparti. Non verrà mai bombardata. È una città aperta. A mezzogiorno c'è stata un'elezione, e indovina un po?…" E così via. Giunsero di nuovo allo scalo ferroviario dei campo. Erano arrivati su due soli vagoni; ora sarebbero partiti, molto più comodamente, su quattro. Videro di nuovo il vagabondo morto. Giaceva, irrigidito dal gelo, nell'erba accanto ai binari. Era in una posizione fetale; anche nella morte cercava di allinearsi perfettamente agli altri. Ma non vi erano "altri" ora: soltanto aria e scorie. Qualcuno gli aveva portato via gli stivali. I suoi piedi nudi erano color azzurro e avorio. Il fatto che fosse morto appariva in un certo senso normale. Così va la vita. Il tragitto tra il campo di prigionia e Dresda fu una cosa da ridere; ci vollero solo due ore. Le piccole pance aggrinzite erano piene. Dai ventilatori entravano sole e aria mite. C'era una quantità di roba da fumare, regalata dagli inglesi. Gli americani arrivarono a Dresda alle cinque del pomeriggio. Le porte dei vagoni-merci furono aperte, e incorniciarono la più bella città che la maggior parte degli americani avesse mai visto. Il suo profilo era intricato, voluttuoso, incantato e assurdo. A Billy Pilgrim sembrava un dipinto del paradiso da scuola domenicale. Qualcuno dietro a lui, nel vagone-merci, disse: «Oz». Ero io. L'unica città che avessi visto sinora era Indianapolis, nell'Indiana. Ogni altra grande città tedesca era stata ferocemente bombardata e incendiata. Dresda non aveva ancora avuto neanche un vetro di finestra rotto. Ogni giorno suonavano le sirene, facendo un rumore del diavolo, e la gente scendeva nelle cantine e ascoltava di lì la radio. Gli aerei erano sempre diretti altrove: a Lipsia, a Chemnitz, a Plauen, in posti del genere. Così va la vita. A Dresda fischiavano ancora allegramente i termosifoni a vapore; le macchine rombavano per le vie; i telefoni suonavano e c'era chi rispondeva. Le luci si accendevano e si spegnevano quando venivano premuti i pulsanti. C'erano teatri e ristoranti; c'era uno zoo. Le attività principali della città erano costituite da industrie farmaceutiche, alimentari e di tabacco. Ora, a tardo pomeriggio, la gente stava tornando a casa dal lavoro. Era stanca. 60 Otto cittadini di Dresda attraversarono le strisce d'acciaio della stazione. Indossavano uniformi nuove. Erano stati arruolati il giorno prima. Erano ragazzi e uomini oltre la mezza età, più due veterani che erano stati fatti per metà a pezzi in Russia. Loro compito era far la guardia a cento prigionieri di guerra americani messi a lavoro coatto. Nel plotone c'erano un uomo e suo nipote. L'uomo, il nonno, era architetto. Gli otto, mentre si avvicinavano ai vagoni-merci con dentro i prigionieri, avevano un'aria tetra. Si rendevano conto di quanto loro stessi, come soldati, fossero malconci e ridicoli. Uno di loro aveva addirittura una gamba artificiale, e portava, oltre a un fucile carico, anche un bastone. Eppure ci si aspettava che riuscissero a ottenere obbedienza e rispetto da quegli alti, impudenti e pericolosi fanti americani appena giunti dal fronte. E poi videro il barbuto Billy Pilgrim con la sua toga azzurra, le sue scarpe argentate e le mani fatte su in un manicotto. Dimostrava almeno sessant'anni. Dopo Billy veniva il piccolo Paul Lazzaro col suo braccio rotto. Fremeva di rabbia. Dietro a Lazzaro c'era il povero insegnante di liceo, Edgar Derby, tristemente gravido di patriottismo, di mezza età e di saggezza immaginaria. E così via. Gli otto ridicoli dresdesi si accertarono che questi cento ridicoli individui fossero realmente soldati americani freschi di fronte. Sorrisero, e poi si misero a ridere. Il loro terrore svaporò. Non c'era nulla di cui aver paura; questi disgraziati erano più malconci e ridicoli di loro. Era una farsa. I personaggi della farsa uscirono dal cancello della stazione e sfilarono per le vie di Dresda. Billy Pilgrim era la star. Guidava la sfilata. Sui marciapiedi c'erano migliaia di persone che tornavano a casa dal lavoro. Erano slavati, dato che negli ultimi due anni avevano mangiato soprattutto patate. Non si aspettavano altre benedizioni dal cielo oltre alla mitezza dell'aria. E ora, all'improvviso, ecco lo spasso. Billy non incrociò molti degli occhi che lo trovavano tanto divertente. Era affascinato dall'architettura della città. Gai amoretti intrecciavano ghirlande sopra le finestre. Fauni furfanteschi e ninfe nude sbirciavan giù verso Billy da cornicioni festonati. Scimmie di pietra saltellavano tra volute, conchiglie e bambù. Billy, grazie ai suoi ricordi del futuro, sapeva che la città sarebbe stata distrutta e incendiata entro una trentina di giorni. Sapeva, inoltre, che la maggior parte della gente che lo stava guardando sarebbe presto morta. Così va la vita. Billy, mentre marciava, muoveva le mani nel manicotto. Le punte delle sue dita, che si agitavano dentro quella calda oscurità, volevano sapere cosa fossero le due piccole gobbe nella fodera del cappottino da impresario. Riuscirono a infilarsi nella fodera e palparono le due gobbe, quella a forma di pisello e quella a forma di zoccolo di cavallo. La sfilata dovette arrestarsi a un incrocio affollato. Il semaforo era rosso. Lì sull'angolo, nella prima fila di pedoni, c'era un chirurgo che aveva operato tutto il giorno. Era un civile, ma aveva un'aria da militare. Aveva combattuto in due guerre mondiali. La vista di Billy lo indignò, specie dopo che ebbe saputo dalle guardie che Billy era americano. Gli sembrava che Billy fosse acconciato in modo abominevole, e pensava che dovesse aver passato una quantità di stupidi guai per addobbarsi così. Il chirurgo parlava inglese, e disse a Billy: «Lei deve pensare che la guerra sia una cosa molto comica, vero?». Billy lo guardò in modo vago; aveva momentaneamente dimenticato dove fosse o come fosse capitato lì. Non immaginava affatto che la gente lo prendesse per un buffone. Era il Destino che lo aveva fatto agghindare in quel modo: il Destino, e una fiacca volontà di sopravvivere. «Si aspettava che ci saremmo messi a ridere?» gli domandò il chirurgo. Il chirurgo stava chiedendo in un certo senso soddisfazione. Billy era disorientato. Avrebbe voluto, potendolo, esser cordiale, esser d'aiuto, ma le sue risorse erano scarse. Le sue dita ora 61 stringevano i due oggetti trovati nella fodera del cappotto. Billy decise di mostrare al chirurgo cos'erano. «Pensava che ci sarebbe piaciuto esser presi in giro?» disse il chirurgo. «E si sente orgoglioso di rappresentare l'America in questo modo?» Billy tirò fuori una mano dal manicotto, e la mise sotto il naso al chirurgo. Sul palmo c'era un diamante due carati e una dentiera parziale. La dentiera era un prodotto d'infimo ordine: argento, perla e tingitano. Billy sorrise. La parata arrivò ondeggiando e pavoneggiandosi al cancello del mattatoio di Dresda, e poi entrò. Il mattatoio non era più un posto affollato. Quasi tutti gli animali tedeschi erano stati uccisi, mangiati e espulsi da esseri umani - specie soldati. Così va la vita. Gli americani vennero condotti al quinto edificio oltre il cancello. Era un cubo di cemento a un piano con delle porte scorrevoli davanti e di dietro. In origine serviva da luogo di raccolta dei maiali prima del macello. Ora avrebbe fatto da casa, lontano da casa, a cento prigionieri di guerra americani. Dentro c'erano cuccette, due stufe panciute e un rubinetto d'acqua.. Dietro a questo c'era una latrina, formata da uno steccato a una sola sbarra con sotto le tazze. Sopra la porta dell'edificio c'era un grande numero. Il numero era "cinque". Prima che gli americani potessero entrare, la guardia interprete disse loro di ricordare quel semplice indirizzo, nel caso si perdessero nella città tanto vasta. Il loro indirizzo era questo: Schlachthof-fünf. Schlachthof significava mattatoio; fünf era il vecchio buon "cinque". 62 Aveva due grossi recipienti pieni di minestra per gli americani. La minestra bolliva sul gas, tenuto basso. Aveva pronte anche parecchie forme di pane nero. Domandò a Gluck se non era troppo giovane per essere nell'esercito. Lui ammise di sì. Domandò a Edgar Derby se non era troppo vecchio per essere nell'esercito. Lui disse di sì. Domandò a Billy Pilgrim che cosa diavolo fosse. Billy disse che non lo sapeva. Stava solo cercando di tenersi caldo. «Tutti i veri soldati sono morti» disse la donna; ed era vero. Così va la vita. Un'altra cosa vera che Billy vide mentre era in stato d'incoscienza nel Vermont era il lavoro che lui e gli altri facevano a Dresda in quel mese prima che la città fosse distrutta. Lavavano finestre, spazzavano pavimenti, pulivano gabinetti, mettevano vasi dentro casse, chiudevano scatole di cartone in uno stabilimento che fabbricava sciroppo di malto per le donne in stato interessante. Lo sciroppo sapeva di miele e di fumo di legno di noce, e quelli che lavoravano nella fabbrica continuavano per tutto il giorno, senza farsi vedere, a prenderne cucchiaiate. Non erano in stato interessante, loro, ma avevano bisogno comunque di vitamine e di minerali. Billy il primo giorno non ne prese, ma un sacco di altri americani sì. Billy cominciò a prenderne delle cucchiaiate il secondo giorno. C'erano cucchiai nascosti in tutta la fabbrica, sui travetti, nei cassetti, dietro i termosifoni e così via. Li avevano nascosti in fretta e furia delle persone già abituate a servirsene, che avevano sentito dire che sarebbe arrivata altra gente. Prender cucchiaiate di sciroppo era un delitto. Il secondo giorno, Billy stava pulendo dietro un termosifone, e trovò un cucchiaio. Dietro a lui c'era un recipiente di sciroppo che stava cuocendo. L'unica persona che poteva vedere Billy e il suo cucchiaio era il povero vecchio Edgar Derby, che stava lavando una finestra all'esterno. Il cucchiaio era un cucchiaio da tavola. Billy lo ficcò nel recipiente, lo rigirò dentro, facendone un vischioso lecca-lecca, e se lo ficcò in bocca. Passò un momento, e poi ogni cellula dei corpo di Billy lo fece vibrare di ingorda gratitudine e di felicità. Sulla finestra dello stabilimento vi fu un cauto raschiare. Là fuori c'era Derby, che aveva visto tutto. Voleva anche lui un po' di sciroppo. Così Billy fece anche a lui un lecca-lecca. Aprì la finestra, e ficcò il lecca-lecca nella bocca aperta del povero vecchio Edgar Derby. Passò un momento, e poi Derby scoppiò in lacrime. Billy chiuse la finestra e nascose il cucchiaio appiccicoso. Stava arrivando qualcuno. 65 8. Due giorni prima che Dresda venisse distrutta, gli americani del mattatoio ebbero una visita molto interessante. Era Howard W. Campbell, Jr., un americano che era diventato nazista. Campbell era il tizio che aveva scritto la monografia sull'indecente comportamento dei prigionieri di guerra americani. Ora non stava facendo altre ricerche sui prigionieri; era venuto al mattatolo a reclutare uomini per un'unità tedesca chiamata "Corpo americani liberi". Campbell era il creatore e il comandante dell'unità, che avrebbe dovuto combattere solo sul fronte russo. Campbell era un uomo dall'aspetto comune, ma indossava una stravagante uniforme di sua invenzione. Portava un cappello bianco gallonato e degli stivali neri da cowboy decorati di svastiche e stelle. Era inguainato in una specie di calzamaglia azzurra con delle strisce gialle che andavano dalle ascelle alle caviglie. Sulle spalle aveva un'immagine formata dal profilo di Abramo Lincoln su campo verde pallido. Aveva un largo bracciale rosso, con una svastica azzurra in un cerchio bianco. Ora stava spiegando il significato di questo bracciale, nel recinto per i maiali del macello. Billy Pilgrim aveva un gran bruciore di stomaco, perché aveva mandato giù cucchiaiate di sciroppo tutto il giorno. Il brucior di stomaco gli faceva lacrimare gli occhi, per cui l'immagine che aveva di Campbell era distorta da lenti dondolanti d'acqua salata. «L'azzurro è il cielo americano» stava dicendo Campbell. «Il bianco è la razza che ha esplorato il continente, prosciugato le paludi, eliminato le foreste e costruito strade e ponti. Il rosso è il sangue dei patrioti americani, che è stato versato in passato con tanto entusiasmo.» Il pubblico di Campbell sonnecchiava. Avevano lavorato duro alla fabbrica di sciroppo, e poi avevano fatto marciando tutto il lungo percorso dalla fabbrica a casa, nel freddo. Erano macilenti e avevano gli occhi scavati. La loro pelle stava cominciando a sbocciare in piccole piaghe; e così pure la bocca, la gola e l'intestino. Lo sciroppo che mandavano giù alla fabbrica conteneva solo alcune delle vitamine e dei minerali di cui ogni terrestre ha bisogno. Campbell ora offriva agli americani cibo, bistecche, purè, sugo, pasticcio di carne e frutta secca, in cambio dell'arruolamento nel Corpo americani liberi. «Una volta sconfitti i russi,» seguitava «verrete rimpatriati attraverso la Svizzera.» Non vi fu risposta. «Prima o poi finirete per dover combattere contro i comunisti» disse Campbell. «Perché non farla fuori subito?» E poi si vide che qualcuno, alla fin fine, avrebbe dato una risposta a Campbell. Il povero vecchio Derby, lo sfortunato insegnante di liceo, si alzò pesantemente in piedi, per quello che fu probabilmente il più bel momento della sua vita. Non ci sono quasi personaggi, in questa storia, e non ci sono quasi confronti drammatici, perché la maggior parte degli individui che vi compaiono sono malridotti, sono solo giocattoli indifferenti in mano a forze immense. Uno dei principali effetti della guerra, in fondo, è che la gente è scoraggiata dal farsi personaggio. Ma il vecchio Derby in quel momento era un personaggio. La sua posizione era quella di un pugile ubriaco. Aveva la testa chinata; i pugni erano tesi in avanti, in attesa di istruzioni e piani di battaglia. Derby sollevò la testa, e chiamò Campbell serpente. Poi si corresse. Disse che i serpenti non potevano fare a meno di essere serpenti, e che Campbell, dato che era responsabile di quel che era, era molto peggio di un serpente o di un topo, o persino di una zecca piena di sangue. Campbell sorrise. Derby parlò commoventemente della forma di governo americana, della libertà, della giustizia, delle opportunità e del fair play che garantiva a tutti. Disse che non c'era un uomo, fra 66 loro, che non sarebbe stato contento di morire per quegli ideali. Parlò della fratellanza tra il popolo americano e il popolo russo, e di come le due nazioni avrebbero vinto il morbo del nazismo, che avrebbe voluto infettare il mondo intero. Le sirene d'allarme di Dresda ulularono lugubremente. Gli americani, le loro guardie e Campbell si rifugiarono in un deposito per la carne scavato nella roccia viva sotto il mattatoio, dove tutto echeggiava. C'era una scala di ferro, con porte di ferro in cima e in fondo. Giù nel deposito c'erano un po' di buoi, pecore, maiali e cavalli appesi a uncini di ferro. Così va la vita. C'erano poi degli uncini liberi per altre migliaia di animali. Dentro faceva un freddo naturale; nessuna refrigerazione. La luce era di candela. L'ambiente era imbiancato a calce e sapeva di acido fenico. Lungo una parete c'erano delle panchine. Gli americani andarono a sedervisi, spazzando via, prima, le scaglie d'intonaco che c'erano sopra. Howard W. Campbell, Jr. restò in piedi, come le guardie. Parlò alle guardie in un tedesco eccellente. Aveva scritto, a suo tempo, molte note commedie e poesie in tedesco, e aveva sposato una famosa attrice tedesca, Resi North. Ora lei era morta: era rimasta uccisa mentre intratteneva le truppe in Crimea. Così va la vita. Quella notte non avvenne nulla. Fu la notte dopo che morirono, a Dresda, centottentamila persone. Così va la vita. Billy sonnecchiava nel deposito per la carne. Si ritrovò impegnato di nuovo, parola per parola, gesto per gesto, nella discussione con la figlia con cui è cominciato questo racconto. «Papà,» diceva lei «che cosa dobbiamo farne, di te?» E così via. «C'è qualcuno che potrei uccidere. Sai chi?» domandò. «Chi potresti uccidere?» disse Billy. «Quel Kilgore Trout.» Kilgore Trout era ed è un autore di racconti di fantascienza, naturalmente. Billy non solo ha letto dozzine di libri di Trout, ma è anche diventato amico di Trout, nella misura in cui qualcuno può diventare amico di Trout, che è un uomo difficile. Trout vive in un seminterrato in affitto di Ilium, a circa tre chilometri dalla bella casa bianca di Billy. Lui stesso non ha idea di quanti romanzi possa aver scritto: forse settantacinque. Nessuno ha avuto successo. Così Trout si guadagna il pane occupandosi della diffusione della "Ilium Gazette"; capeggia i fattorini del giornale, tiranneggia e lusinga e imbroglia ragazzini. Billy lo incontrò per la prima volta nel 1964. Billy guidava la sua Cadillac giù per una stradina di Ilium, e trovò la via bloccata da dozzine di ragazzi e dalle loro biciclette. Si stava tenendo una riunione. Un uomo barbuto stava arringando i ragazzini. Era un tipo codardo e pericoloso, ed evidentemente molto abile in questo genere di cose. Trout allora aveva sessantadue anni. Stava dicendo ai ragazzi di darci dentro più che potevano e di convincere i loro clienti ad abbonarsi anche alla fottuta edizione domenicale del giornale. Disse che quello che avrebbe venduto più abbonamenti domenicali nei prossimi due mesi avrebbe ottenuto un viaggio gratis di una settimana, per sé e i genitori, alla fottuta Martha's Vineyard. E così via. Uno dei ragazzi era in realtà una ragazza. Era tutta elettrizzata. Il viso paranoico di Trout era estremamente familiare a Billy, che lo aveva visto sulle copertine di un sacco di libri. Ma, trovandoselo davanti così di colpo in una viuzza di casa sua, non riuscì a capire perché gli fosse familiare. Pensò che forse aveva conosciuto questo malconcio Messia a Dresda: Trout sembrava proprio un prigioniero di guerra. E poi la ragazza levò in alto la mano. «Signor Trout,» disse «se vinco, posso portare con me anche mia sorella?» «No, diavolo» disse Kilgore Trout. «Cosa credi, che i soldi crescano sugli alberi?» 67 giudizio le dirà tutte le cose che lei ha detto e ha fatto. Se si scopre che ha fatto delle cose cattive invece che buone, per lei sarà la fine, perché verrà gettata per sempre tra le fiamme. E le fiamme non smettono mai di bruciare.» La povera Maggie sbiancò. Credeva anche a questo, ed era pietrificata. Kilgore Trout rise fragorosamente. Un uovo di salmone gli volò fuori di bocca e atterrò sul seno di Maggie. Un ottico disse agli invitati di fare attenzione. Propose un brindisi per Billy e Valencia, di cui oggi era l'anniversario. Come stabilito, il quartetto canoro degli ottici, «I bastardi quattr'occhi», cantò mentre gli invitati bevevano e Billy e Valencia si abbracciavano, avvampando. A tutti luccicavano gli occhi. La canzone era "That Old Gang of Mine». "Ehi," diceva "darei il mondo per rivedere la mia vecchia compagnia." E così via. Un po' dopo diceva: "Addio per sempre, ragazzi e ragazze, addio per sempre amici e innamorate... Dio vi benedica...". E così via. Inaspettatamente, la canzone e la particolare circostanza misero Billy Pilgrim sottosopra. Lui non aveva mai avuto una compagnia, con amici e innamorate, ma ne rimpiangeva comunque una, ora che il quartetto compiva lenti, tormentati esperimenti con gli accordi - accordi intenzionalmente amari, sempre più amari, intollerabilmente amari, e poi un accordo soffocantemente dolce, e poi altri ancora amari. Billy reagiva con forti riflessi psicosomatici agli accordi che mutavano. La bocca gli si riempì di un gusto di limonata, e il viso gli si fece grottesco, come se in quel momento fosse legato a una ruota di tortura. Aveva un'aria così strana che parecchi, quando la canzone fu finita, uscirono in espressioni premurose. Pensavano che avesse avuto un attacco di cuore, e Billy parve confermare la supposizione andando verso una sedia e sedendovisi sopra con aria sofferente. Ci fu un silenzio. «Oh, mio Dio» disse Valencia, chinandosi su di lui. «Billy... stai bene?» «Sì.» «Hai un'aria così brutta.» «Davvero... sto bene.» E stava bene, infatti, salvo per il fatto che non riusciva a spiegarsi perché la canzone avesse avuto su di lui quell'effetto grottesco. Aveva pensato per anni di non aver segreti per se stesso; lì invece c'era la prova che aveva, in qualche punto dentro di sé, un grosso segreto, e non riusciva a immaginare quale fosse. La gente ora si allontanava, vedendo Billy riprender colore e sorridere. Valencia restò con lui; Kilgore Trout, che era rimasto ai margini dell'assembramento, gli si avvicinò con aria curiosa e perspicace. «Avevi l'aria di aver visto un fantasma» disse Valencia. «No» disse Billy. Non aveva visto se non ciò che gli stava realmente davanti: le facce dei quattro cantanti, quei quattro uomini, comuni, distrattamente angosciati, che seguitavano a passare dai toni dolci a quelli amari e viceversa. «Posso fare una supposizione?» disse Kilgore Trout. «Lei ha visto qualcosa attraverso la finestra del tempo.» «Cosa?» disse Valencia. «All'improvviso ha visto il passato o il futuro. Ho indovinato?» «No» disse Billy Pilgrim. Si alzò, si mise una mano in tasca, trovò la scatoletta con dentro l'anello. Tirò fuori la scatoletta, e la diede con aria assente a Valencia. Avrebbe voluto dargliela alla fine della canzone, mentre tutti gli altri guardavano. Ora c'era solo Kilgore Trout a guardare. «È per me?» disse Valencia. «Sì.» «Oh, mio Dio» disse. Poi lo disse più forte, così che altri la sentirono. Si fecero attorno, e lei 70 aprì la scatoletta, e si mise a gridare quando vide lo zaffiro. «Oh, mio Dio» disse. Diede a Billy un gran bacio. «Grazie, grazie, grazie» disse. Si fece un gran parlare dei magnifici gioielli che Billy aveva regalato a Valencia negli anni passati. «Mio Dio,» disse Maggie White «ha il più grosso diamante che abbia mai visto fuori da un film.» Stava parlando del diamante che Billy aveva portato dalla guerra. La dentiera che aveva trovato nel suo cappottino da impresario si trovava, invece, nell'astuccio dei gemelli nel suo cassetto. Billy aveva una magnifica raccolta di gemelli. In famiglia, avevano l'abitudine di regalargli dei gemelli a ogni Giorno del papà. Anche adesso aveva su dei gemelli del Giorno del papà. Erano costati più di cento dollari; erano fatti con antiche monete romane. Di sopra aveva un paio di gemelli formati da piccole ruote da roulette che funzionavano veramente. Un altro paio aveva in un gemello un vero termometro e nell'altro una vera bussola. Billy si aggirò tra gli invitati del party, con un'aria normale. Kilgore Trout lo pedinava, ansioso di sapere che cosa Billy avesse visto o intuito. La maggior parte dei romanzi di Trout, dopo tutto, avevano a che fare con alterazioni del tempo, percezione estrasensoriale e altre cose strane. Trout credeva in queste cose, ed era avido di dimostrarne l'esistenza. «Non ha mai provato a poggiare uno specchio sul pavimento, e a metterci sopra un cane?» domandò a Billy. «No.» «Il cane guarda giù, e tutto a un tratto si rende conto che sotto di lui non c'è niente. Pensa di esser sospeso nel vuoto, e balza via come un razzo.» «Davvero?» «È questa l'aria che lei aveva: come se tutto a un tratto si fosse accorto di esser sospeso nel vuoto.» Il quartetto si mise di nuovo a cantare. Billy provò di nuovo quell'emozione, quella tortura. Era una cosa che sicuramente aveva a che fare con quei quattro uomini e non con quel che cantavano. Ecco la canzone mentre Billy, nel proprio intimo, si tormentava: Undici cent il cotone, quaranta il manzo buono; come fa a campare un onesto pover'uomo? Prega che venga il sole, che tanto pioverà; le cose vanno peggio; chiunque ammattirà. Ho fatto su una baracca e l'ho ben pitturata; ma poi è venuto il fulmine, e me l'ha sconquassata. È inutile sperare di fare sempre pranzo finché il cotone è a undici, ed a quaranta il manzo. Undici cent il cotone, e tasse a tonnellate: il carico è pesante, per spalle affaticate... E così via. Billy volò su, al piano di sopra della sua bella casa bianca. Trout sarebbe salito con lui se Billy non gli avesse detto di no. Billy entrò nel bagno di sopra, che era buio. Chiuse la porta a chiave, senza accendere la luce e a poco a poco si rese conto di non essere solo. C'era suo figlio. «Papà?...» disse suo figlio nel buio. Robert, il futuro Berretto verde, allora aveva diciassette anni. A Billy piaceva, ma non lo conosceva molto bene. Billy non poteva fare a meno di sospettare che non ci fosse molto da conoscere, riguardo a Robert. 71 Billy accese la luce. Robert era seduto sul gabinetto con il pigiama alle caviglie. Aveva una chitarra elettrica appesa attorno al collo con una cinghia. Aveva comprato la chitarra giusto quel giorno. Non era ancora capace di suonarla e, per la verità, non imparò mai. Era di un rosa madreperlaceo. «Ciao, figliolo» disse Billy Pilgrim. Billy entrò in camera da letto, anche se c'erano, di sotto, degli ospiti da intrattenere. Si distese sul letto e accese le Dita magiche. Il materasso cominciò a vibrare, e da sotto il letto uscì un cane. Il cane era Spot. Il buon vecchio Spot era ancora vivo, a quell'epoca. Spot si mise giù di nuovo disteso in un angolo. Billy pensò intensamente all'effetto che il quartetto aveva prodotto su di lui, e scoprì che c'era un collegamento fra questo e un'esperienza che aveva avuto molto tempo prima. Non viaggiò nel tempo sino a rivivere quell'esperienza; la ricordò a lampi, così: Lui era giù nel deposito della carne, ed era la notte che Dresda venne distrutta. Sopra si sentivano dei passi di giganti: erano bombe ad alto esplosivo che cadevano. I giganti seguitavano a camminare. Il deposito della carne era un rifugio molto sicuro. Là sotto cadeva solo, di tanto in tanto, una pioggia di polvere d'intonaco. C'erano gli americani, quattro delle loro guardie e alcune carcasse d'animali, e nessun altro. Le altre guardie, prima che cominciasse il bombardamento, erano tornate al caldino delle loro case a Dresda. Sarebbero rimaste tutte uccise insieme alle loro famiglie. Così va la vita. Le ragazze che Billy aveva visto nude stavano morendo tutte anche loro, in un rifugio molto meno solido, in un altro punto del macello. Così va la vita. Ogni tanto una guardia saliva in cima alle scale a vedere come andava là fuori, e poi tornava giù e bisbigliava qualcosa alle altre. C'erano incendi, fuori. Dresda era tutta una sola, grande fiammata. Quell'unica fiammata stava divorando ogni sostanza organica, ogni cosa che potesse bruciare. Non fu prudente uscir dal rifugio fino a mezzogiorno dell'indomani. Quando gli americani e le loro guardie vennero fuori, il cielo era nero di fumo. Il sole era una piccola capocchia di spillo. Dresda ora era come la luna, nient'altro che minerali. I sassi erano caldi; nei dintorni erano tutti morti. Così va la vita. Le guardie si radunarono istintivamente insieme, e fecero roteare gli occhi. Passavano da un'espressione all'altra e non dicevano niente, pur aprendo di continuo la bocca. Formavano anche loro una specie di quartetto, ma silenzioso. "Addio per sempre, ragazzi e ragazze," avrebbero potuto cantare "addio per sempre, compagni e innamorate... Dio vi benedica..." «Raccontami una storia» disse un giorno Montana Wildhack a Billy Pilgrim nello zoo tralfamadoriano. Erano a letto, fianco a fianco, ed erano soli. La cupola era coperta dalla calotta. Montana ora era gravida di sei mesi, grossa e rosea, e di tanto in tanto chiedeva pigramente a Billy piccoli favori. Non poteva mandarlo fuori e prenderle del gelato o delle fragole, dato che l'atmosfera, fuori della cupola, era al cianuro, e le fragole e il gelato più vicini erano a milioni d'anni luce di distanza. Poteva mandarlo al frigorifero con l'immagine della coppia bianca sul tandem, o poteva sussurrargli, come adesso: «Raccontami una storia, Billy». «Dresda venne distrutta la notte del 13 febbraio 1945» cominciò Billy Pilgrim. «Noi uscimmo dal nostro rifugio il giorno dopo.» Raccontò a Montana delle quattro guardie che, nel loro stupore e nel loro dolore, somigliavano a un quartetto di dilettanti. Le parlò del macello con tutti i pali di cinta 72 sessantacinque anni. Citò Roosevelt, cui somigliava molto: «"Avrei potuto tirar fuori un uomo migliore da una banana."» Una delle cose che Rumfoord aveva detto a Lily di prendere a Boston era una copia del discorso con cui il presidente Harry Truman aveva annunciato al mondo il lancio di una bomba atomica su Hiroshima. Lily aveva con sé una fotocopia, e Rumfoord le chiese se lo aveva letto. «No.» Non leggeva bene, e questa era una delle ragioni per cui era stata espulsa dalle medie. Rumfoord le disse di sedersi e di leggere la dichiarazione di Truman. Non sapeva che non era in grado di legger molto bene. Sapeva molto poco di lei, salvo che era una dimostrazione in più del fatto che lui era un superuomo. Così Lily si sedette e lesse o cercò di leggere la faccenda di Truman, che diceva così: Sedici ore fa un aereo americano ha sganciato una bomba su Hiroshima, un'importante base militare giapponese. Quella bomba era più potente di ventimila tonnellate di trinitrotoluene. Aveva una potenza duemila volte superiore a quella del «Grand Slam» inglese, la più grande bomba mai usata nella storia militare. I giapponesi hanno cominciato la guerra con un bombardamento dal cielo, a Pearl Harbor; ora sono stati abbondantemente ripagati. E non è ancora tutto. Con questa bomba abbiamo creato un'arma nuova e rivoluzionaria, da aggiungere alla potenza crescente delle nostre forze armate. Ora queste bombe, nella loro versione attuale, sono in corso di produzione, e se ne stanno creando versioni ancor più potenti. È una bomba atomica. È un congegno in cui sono imbrigliate le forze fondamentali dell'universo. Le energie da cui il sole deriva il proprio potere sono state scagliate contro coloro che hanno scatenato la guerra nell'Estremo Oriente. Prima del 1939 era convinzione degli scienziati che fosse in teoria possibile ottenere l'energia atomica; nessuno però conosceva un metodo pratico che servisse a questo scopo. Nel 1942, comunque, noi sapevamo che i tedeschi stavano cercando febbrilmente un modo per aggiungere l'energia atomica a tutti gli altri congegni bellici con cui speravano di asservire il mondo. Ma non ce l'hanno fatta. Possiamo ringraziare la Provvidenza se i tedeschi sono riusciti a costruire le V-1 e le V-2 troppo tardi e in numero limitato, e possiamo esserle ancor più grati se non sono riusciti a realizzare la bomba atomica. La guerra dei laboratori di ricerca aveva per noi rischi fatali, così come la guerra nei cieli, in terra e sui mari, e ora abbiamo vinto la guerra dei laboratori così come le altre. Ora siamo pronti a cancellare in modo più rapido e completo ogni attività produttiva giapponese, diceva Harry Truman. Distruggeremo i loro bacini portuali, le loro industrie e le loro comunicazioni. Non ci devono essere dubbi, in proposito: noi distruggeremo completamente ogni capacità bellica del Giappone. È stato per risparmiare... E così via. Uno dei libri che Lily aveva portato a Rumfoord era Apocalisse a Dresda, di un inglese, David Irving, nell'edizione americana, pubblicata da Holt, Rinehart and Winston nel 1964. Quel che Rumfoord cercava nel libro erano alcuni brani delle prefazioni dei suoi amici Ira C. Eaker, tenente generale dell'aviazione statunitense a riposo, e il maresciallo dell'aria inglese sir Robert Saundby, K.C.B., K.B.E., M.C., D.F.C., A.F.C. Non riesco a capire quegli inglesi o americani che piangono sulla morte di civili nemici che, per parte loro, non hanno versato una lacrima per i nostri valorosi equipaggi caduti mentre combattevano un nemico crudele, scriveva il suo amico generale Eaker. Penso che Irving avrebbe fatto bene, mentre descriveva la terribile scena dei civili uccisi a Dresda, a ricordare che proprio in quell'epoca le V-1 e le V-2 cadevano sull'Inghilterra uccidendo uomini, donne e bambini - tutti civili - indiscriminatamente, secondo gli intendimenti di quelli che le avevano costruite e lanciate. 75 E avrebbe fatto bene anche a ricordare Buchenwald e Coventry. La prefazione di Eaker terminava così: Io mi rammarico profondamente del fatto che i bombardieri inglesi e americani abbiano ucciso 135.000 persone nell'attacco su Dresda, ma so bene chi ha dato inizio all'ultima guerra e rimpiango ancor più la perdita, da parte alleata, di oltre 5.000.000 di uomini, morti nello sforzo di sconfiggere e distruggere il nazismo. Così va la vita. Ed ecco quel che diceva, fra le altre cose, il maresciallo dell'aria Saundby: Che il bombardamento di Dresda sia stato una grande tragedia, nessuno può negarlo. Che fosse realmente una necessità militare, pochi, dopo aver letto questo libro, lo crederanno. È stata una di quelle terribili cose che talvolta accadono in tempo di guerra, causate da una sfortunata combinazione di circostanze. Coloro che l'approvarono non erano né malvagi né crudeli, benché può darsi che fossero troppo lontani dall'amara realtà della guerra per comprendere pienamente il terrificante potere distruttivo dei bombardamenti aerei nella primavera del 1945. I sostenitori del disarmo nucleare sembrano credere che, se potessero raggiungere il loro scopo, la guerra diventerebbe tollerabile e decente. Essi farebbero bene a leggere questo libro e a riflettere sul destino di Dresda, dove sotto un'incursione aerea fatta con armi convenzionali, perirono 135.000 persone. Nella notte del 9-10 marzo 1945, un'incursione aerea su Tokio da parte di bombardieri pesanti americani che impiegarono bombe incendiarie e ad alto potenziale esplosivo causò la morte di 83.793 persone. La bomba atomica lanciata su Hiroshima uccise 71.379 persone. Così va la vita. «Se capitate a Cody, nel Wyoming,» disse Billy Pilgrim da dietro il paravento di tela bianca «chiedete di Bob il Duro.» Lily Rumfoord rabbrividì, e, poi seguitò a leggere in qualche modo il discorso di Harry Truman. Più tardi, quello stesso giorno, giunse la figlia di Billy, Barbara. Era tutta imbottita di calmanti, e aveva lo stesso sguardo vitreo che aveva il povero vecchio Edgar Derby prima di essere fucilato a Dresda. I medici le avevano dato delle pillole di modo che potesse continuare a stare in piedi, anche se suo padre era tutto scassato e sua madre morta. Così va la vita. Era accompagnata da un dottore e da un'infermiera. Suo fratello Robert stava tornando a casa in aereo da un campo di battaglia del Vietnam. «Papà...» azzardò. «Papà...» Ma Billy era lontano di dieci anni, era tornato nel 1958. Stava esaminando gli occhi di un giovane idiota mongoloide, cui doveva prescrivere delle lenti correttive. Era presente anche la madre dell'idiota, che faceva da interprete. «Quanti puntini vede?» gli domandò Billy Pilgrim. E poi Billy viaggiò nel tempo, tornando a quando aveva sedici anni ed era nella stanza d'attesa di un dottore. Billy aveva un'infezione al pollice. C'era solo un altro paziente, insieme a lui: un uomo vecchio, molto vecchio. Il vecchio soffriva molto di gas di stomaco. Scoreggiava terribilmente, e poi ruttava. «Mi scusi» disse a Billy. Poi lo fece di nuovo. «Oh, Dio...» disse. «Lo sapevo che sarebbe stato brutto diventar vecchio.» Scosse la testa. «Ma non sapevo che sarebbe stato così brutto.» Billy Pilgrim apri gli occhi, nell'ospedale del Vermont, e non capì dove si trovava. Suo figlio Robert lo stava guardando. Robert indossava l'uniforme dei famosi Berretti verdi, e aveva i capelli 76 corti, come setole color frumento. Era tutto pulito e lustro. Era decorato del Purple Heart, della Silver Star e della Bronze Star con due filetti. Il ragazzo aveva smesso di studiare al liceo, era già alcoolizzato a sedici anni, si era ficcato in una banda di scapestrati, e una volta era stato arrestato per aver rovesciato centinaia di pietre tombali in un cimitero cattolico. Adesso però aveva messo giudizio. Aveva un modo d'atteggiarsi magnifico e le sue scarpe erano lucide e i calzoni ben stirati, e poi era un capo, un comandante. «Papà» Billy Pilgrim chiuse di nuovo gli occhi. Billy non poté presenziare al funerale della moglie perché stava ancora molto male. Non era più in stato d'incoscienza mentre sotterravano Valencia a Ilium. Billy non aveva parlato gran che da quando aveva ripreso coscienza, non aveva reagito in modo preciso alle notizie della morte di Valencia e del ritorno di Robert dal Vietnam e così via, per cui pensavano tutti che fosse un vegetale. Si parlava di sottoporlo, in seguito, a un'operazione che avrebbe migliorato la sua circolazione in modo da permettere un maggior afflusso di sangue al cervello. In realtà, l'apatia di Billy era un paravento; nascondeva una mente che sprizzava scintille, una mente che stava preparando lettere e discorsi sui dischi volanti, sulla scarsa importanza della morte e sulla vera natura del tempo. Il professor Rumfoord disse cose terribili su Billy, che Billy stesso poteva sentire, sicuro com'era che non fosse più in grado di intendere. «Perché non lo lasciano morire?» disse a Lily. «Non so» disse lei. «Questo non è più un essere umano. I medici servono per gli esseri umani. Dovrebbero passarlo alle cure di un veterinario o di un medico delle piante. Loro sì saprebbero cosa fare. Guardalo! Quella è vita, stando ai dottori. Non è meravigliosa, la vita?» «Non so» disse Lily. Una volta Rumfoord parlò a Lily del bombardamento di Dresda, e Billy sentì tutto. Rumfoord aveva un problema da risolvere, al riguardo. La sua storia in un volume dell'aviazione militare nella seconda guerra mondiale avrebbe dovuto essere un interessante condensato della Storia ufficiale dell'aviazione militare nella seconda guerra mondiale in ventisette volumi. Ora, il fatto era che in quei ventisette volumi non c'era quasi nulla a proposito del bombardamento di Dresda, benché fosse stato un successo strepitoso. Per molti anni, dopo la guerra, le dimensioni di quel successo erano state un segreto - un segreto per gli americani. Per i tedeschi, naturalmente, non fu un segreto, e neppure per i russi, che occuparono Dresda dopo la guerra e che ci stanno ancora. «Finalmente gli americani hanno sentito parlare di Dresda» disse Rumfoord, ventitré anni dopo il bombardamento. «Una quantità di loro ora sa quanto sia stata peggio di Hiroshima. Così bisogna che ne parli, nel mio libro. Dal punto di vista ufficiale dell'aviazione, sarà qualcosa di completamente nuovo.» «Perché dovrebbero tenerlo segreto per tanto tempo?» disse Lily. «Per paura che un mucchio di gente dal cuore tenero pensi che non fosse una cosa da fare» disse Rumfoord. Fu in quel momento che Billy Pilgrim parlò, tutto perspicace: «Io c'ero» disse. Era difficile, per Rumfoord, prender Billy seriamente, dato che lo aveva considerato per parecchio tempo un essere ripugnante e men che umano, che avrebbe fatto molto meglio a esser morto. Ora che Billy parlava tanto chiaramente e appropriatamente, le orecchie di Rumfoord avrebbero voluto prendere le sue parole per una lingua straniera, che non valeva la pena di ascoltare. «Cosa ha detto?» disse Rumfoord. 77 conto suo, ma mai più così rumorosamente. Ecco perché l'epigrafe di questo libro è una quartina tratta da una famosa canzoncina natalizia. Billy piangeva molto poco, anche se gli capitò spesso di vedere cose per cui valeva la pena di piangere, e sotto questo aspetto, per lo meno, somigliava al Cristo della canzoncina: I buoi muggiscono, si sveglia il Bambino. Ma il piccolo Gesù manco piange un pochino. Billy, viaggiò nel tempo e tornò all'ospedale nel Vermont. La colazione era finita ed era già stata portata via, e il professor Rumfoord stava cominciando, con riluttanza, a considerare Billy un essere umano e a provare interesse per lui. Gli pose in tono burbero delle domande, e si accertò che Billy fosse stato davvero a Dresda. Domandò a Billy com'era stato, e Billy gli raccontò dei cavalli e della coppia che faceva un picnic sulla luna. La storia finiva così: Billy e i due medici avevano staccato i cavalli, ma i cavalli non andavano da nessuna parte. Avevano troppo male ai piedi. E poi arrivarono i russi su delle motociclette e arrestarono tutti meno i cavalli. Due giorni dopo Billy fu consegnato agli americani, che lo mandarono a casa a bordo di una nave da carico molto lenta, la Lucretia A. Mott. Lucretia A. Mott era una famosa suffragetta americana. Era morta. Così va la vita. «Era necessario farlo» disse Rumfoord a Billy, parlando della distruzione di Dresda. «Lo so» disse Billy. «È la guerra.» «Lo so. Non mi sto lamentando.» «Dev'essere stato tremendo, laggiù a terra.» «Lo è stato sì» disse Billy Pilgrim. «C'è da aver compassione per gli uomini che l'hanno fatto.» «Davvero.» «Lei deve aver provato sentimenti molto contrastanti, laggiù.» «Era tutto in regola» disse Billy. «Era tutto assolutamente in regola, e ciascuno fa esattamente ciò che deve fare. L'ho imparato su Tralfamadore.» Quel giorno, più tardi, la figlia di Billy Pilgrim lo portò a casa, lo mise a letto e accese le Dita magiche. In casa c'era un'infermiera. Almeno per un po' Billy non doveva lavorare e neppure lasciare la casa. Era sotto osservazione. Ma Billy scivolò fuori, mentre l'infermiera non lo sorvegliava, e andò in macchina a New York, dove sperava di poter comparire in televisione. Avrebbe parlato al mondo delle cose apprese su Tralfamadore. Billy Pilgrim andò al Royalton Hotel, nella Quarantaquattresima Strada. Per caso gli diedero la camera dove aveva vissuto George Jean Nathan, il critico. Nathan, stando al concetto terrestre del tempo, era morto nel 1958. Stando al concetto tralfamadoriano, naturalmente, Nathan era ancora vivo da qualche parte e lo sarebbe sempre stato. La stanza era piccola e semplice, salvo che era all'ultimo piano e aveva delle porte-finestre che si aprivano su una terrazza grande come la camera stessa. E oltre il parapetto della terrazza c'era lo spazio sovrastante la Quarantaquattresima Strada. Billy si chinò sul parapetto, e guardò tutta la folla che si muoveva avanti e indietro là sotto. Assomigliavano a delle piccole forbici traballanti: delle cose comicissime. Era una sera gelida, e Billy dopo un po' rientrò e chiuse le porte-finestre. Questo atto gli fece tornare alla mente la sua luna di miele. C'erano delle porte-finestre, nella loro casetta per la luna di 80 miele a Cape Ann, c'erano ancora, e ci sarebbero sempre state. Billy aprì la televisione. schiacciando in continuazione il pulsante per il cambio di canale. Stava cercando dei programmi in cui gli avrebbero potuto permettere di comparire. Ma era troppo presto, non c'erano ancor a quei programmi in cui si consentiva alla gente di esprimere le proprie particolari opinioni. Erano passate da poco le otto, e così tutti i programmi parlavano solo di sciocchezze e di omicidi. Così va la vita. Billy uscì dalla camera, scese con il lento ascensore, camminò fino a Times Square, e si mise a guardare la vetrina di una vistosa libreria. Nella vetrina c'erano centinaia di libri che parlavano di scopate, di omosessualità e di assassinii, una guida di New York e un modellino della Statua della libertà con su un termometro. Sempre nella vetrina, macchiati di fuliggine e di cacchette di mosca, c'erano quattro romanzi in edizione tascabile dell'amico di Billy, Kilgore Trout. Frattanto, su un nastro di luci su un edificio alle spalle di Billy, venivano scritte le notizie del giorno. La vetrina rifletteva le notizie. Parlavano di potere, di sport, di rabbia e di morte. Così va la vita. Billy entrò nella libreria. Dentro, una scritta diceva che solo agli adulti era permesso di entrare nel retro. Nel retro c'erano degli apparecchi dentro i quali si potevano vedere dei filmetti con dei giovani, uomini e donne, senza niente addosso. Guardare in uno per un minuto costava un quarto di dollaro. C'erano anche delle fotografie di giovani nudi che si potevano comprare, là dietro. Le si potevano portare a casa. Le fotografie erano molto più tralfamadoriane dei filmetti, dato che le si poteva guardare ogni volta che se ne avesse voglia, e non cambiavano. Venti anni dopo, quelle ragazze sarebbero state ancora giovani, avrebbero ancora sorriso o mostrato il broncio o mantenuto semplicemente la loro espressione stupida, con le loro gambe spalancate. Alcune stavano mangiando banane o lecca-lecca. Vent'anni dopo sarebbero state ancora lì a mangiare. E gli uccelli dei giovanotti sarebbero stati ancora lì, semieretti, e i loro muscoli avrebbero continuato a esser grossi come palle di cannone. Billy Pilgrim comunque non era attratto dal retro del negozio, ma dai romanzi di Kilgore Trout in vetrina. I titoli gli erano tutti nuovi, o almeno così gli sembrava. Aprì un libro. Gli pareva molto normale farlo. Tutti quanti, nel negozio, toccavano libri. Il titolo del libro era La grande tavola. Ne lesse pochi paragrafi, e poi si rese conto che lo aveva già letto, anni prima, nell'ospedale per reduci di guerra. Parlava di un terrestre e di una terrestre che venivano rapiti da degli extra- terrestri. Venivano messi in mostra in uno zoo, su un pianeta chiamato Zircon-212. Nello zoo del romanzo c'era, su una parete, una grossa tavola su cui erano riportate quotazioni di borsa e prezzi, e inoltre una telescrivente, e un telefono che avrebbe dovuto essere collegato con un ufficio di cambio sulla Terra. Gli esseri di Zircon-212 dissero ai prigionieri che avevano investito a loro nome, sulla Terra, un milione di dollari, e che stava ora a loro fare in modo di ritrovarsi, una volta tornati, favolosamente ricchi. Il telefono, la grande tavola e la telescrivente erano tutti finti, naturalmente. Servivano solo a stimolare i terrestri, a far sì che dessero spettacolo al pubblico dello zoo; a farli saltar di gioia, o impazzire dalla voglia di far soldi, o immusonire, o disperare, o spaventare a morte, o a farli sentir contenti come bambini nelle braccia della mamma. I terrestri in teoria se la cavarono molto bene. Era tutto parte del trucco, naturalmente. E ci si mischiò anche la religione. La telescrivente rammentò loro che il presidente degli Stati Uniti aveva annunciato una settimana di preghiera nazionale, e che tutti dovevano pregare. i terrestri erano appena usciti da una brutta settimana di Borsa; avevano perduto una piccola fortuna con l'olio d'oliva. Così si misero a pregare. La cosa funzionò. L'olio d'oliva andò su. Un altro libro di Kilgore Trout che era in vetrina parlava di un uomo che aveva costruito una 81 macchina del tempo così da poter tornare indietro e vedere Gesù. La macchina funzionava, ed egli vide Gesù quando aveva solo dodici anni: stava imparando a fare il falegname dal padre. Due soldati romani entrarono nel negozio con il disegno, su un papiro, di un congegno che doveva essere costruito entro la mattina seguente all'alba. Era una croce che doveva servire per l'esecuzione di un agitatore. Gesù e suo padre la costruirono. Erano contenti di avere del lavoro. E l'agitatore venne inchiodato a quella croce. Così va la vita. La libreria era tenuta da cinque individui che parevano gemelli: cinque uomini bassi, calvi, che mangiucchiavano sigari spenti e bagnati. Non sorridevano mai, e ciascuno di loro aveva uno sgabello su cui appollaiarsi. Facevano soldi mantenendo una specie di bordello a base di carta e celluloide. Non avevano problemi di sesso, e neanche Billy ne aveva. Tutti gli altri sì. Era un negozio ridicolo, tutto a base di amore. Ogni tanto i commessi dicevano a qualcuno di comprar qualcosa o di andarsene, e di non stare semplicemente lì a guardare e a sfogliare. Alcuni dei clienti si guardavan l'un l'altro invece di guardare la mercanzia. Un commesso si accostò a Billy e gli disse che nel retro c'era della roba interessante: i libri che lui stava leggendo erano solo prodotti da vetrina. «Non è questo che lei vuole, per Dio, no?» disse a Billy. «Quel che lei vuole è nel retro.» Così Billy si diresse verso il retro, ma non fino a giungere nel reparto riservato ai soli adulti. Si mosse solo per una specie di distratta educazione, prendendosi dietro il libro di Trout, quello che parlava di Gesù e della macchina del tempo. Il personaggio del libro che viaggiava nel tempo tornò fino all'epoca della Bibbia, per scoprire in particolare una cosa: se Gesù era davvero morto sulla croce, o se era stato tirato giù ancora vivo, e se aveva davvero continuato a vivere. Il protagonista aveva con sé uno stetoscopio. Billy andò a vedere alla fine del libro, dove il protagonista si mischiava alla gente che tirava giù Gesù dalla croce. Lui fu il primo a montare sulla scala a pioli, vestito degli abiti dell'epoca; si chinò su Gesù così che nessuno lo vedesse usare lo stetoscopio, e si mise ad auscultare. Non c'era alcun suono dentro il torace emaciato. Il Figlio di Dio era proprio morto. Così va la vita. Il protagonista, che si chiamava Lance Corwin, riuscì anche a misurare l'altezza di Gesù, ma non a stabilirne il peso. Gesù era alto un metro e sessanta. Un altro commesso si avvicinò a Billy e gli domandò se voleva comprare il libro, e Billy disse di sì. Dava le spalle a una fila di libri in edizione tascabile che parlavano di contatti orali-genitali dall'epoca dell'antico Egitto a oggi e così via, e il commesso pensò che Billy stesse leggendo uno di questi; così fu stupefatto nel vedere qual era il libro di Billy. «Gesù Cristo,» disse «dove ha trovato questa roba?» e così via, e raccontò agli altri commessi di quel pervertito che voleva comprare la roba di vetrina. Gli altri inservienti sapevano già di Billy. L'avevano osservato anche loro. La cassa, dove Billy restò ad aspettare che gli dessero il resto, era vicina a uno scaffale pieno di vecchie riviste. Billy ne guardò una con la coda dell'occhio, e lesse la domanda scritta sulla copertina: Cosa è realmente accaduto a Montana Wildback? Così Billy lo lesse. Sapeva dove si trovava Montana Wildhack, naturalmente. Era a Tralfamadore, che si prendeva cura del bambino, ma la rivista, intitolata "Midnight Pussycats", assicurava che doveva trovarsi, ricoperta d'un rivestimento in cemento, sotto trenta metri di acqua salata nella Baia di San Pedro. Così va la vita. Billy aveva voglia di ridere. La rivista, destinata a uomini soli in cerca di diversivi, raccontava la storia per poter mostrare le fotografie prese dai film che Montana aveva fatto da teen-ager. Billy non le guardò con attenzione. Erano delle immagini granulose, fuligginose e sbiadite. Avrebbe 82 10. Due sere fa hanno sparato a Robert Kennedy, la cui casa estiva si trova a dodici chilometri dalla casa in cui vivo tutto l'anno. È morto la notte scorsa. Così va la vita. Un mese fa hanno sparato a Martin Luther King. È morto anche lui. Così va la vita. E ogni giorno il governo del mio paese mi comunica il numero dei cadaveri prodotti dalla scienza militare in Vietnam. Così va la vita. Mio padre morì molti anni fa, di morte naturale. Così va la vita. Era un uomo dolce. Era anche un fanatico di armi. Mi ha lasciato le sue armi. Si sono arrugginite. Su Tralfamadore, dice Billy Pilgrim, non hanno un grande interesse per Gesù Cristo. La figura di terrestre che più colpisce i tralfamadoriani, dice, è quella di Charles Darwin, che insegnò che coloro che muoiono devono morire, e che i cadaveri rappresentano un miglioramento. Così va la vita. La stessa idea è espressa nella Grande tavola di Kilgore Trout. Gli esseri dei dischi volanti che catturano il suo protagonista gli domandano di Darwin. Gli chiedono anche del golf. Se è vero quello che Billy Pilgrim ha appreso dai tralfamadoriani, e cioè che noi tutti viviamo per sempre, indipendentemente dal fatto che di tanto in tanto possiamo sembrare morti, non ne sono poi così felice. Comunque, se devo passare l'eternità trasferendomi ora in un determinato momento ora in un altro, sono grato che tanti di quei momenti siano gradevoli. Uno dei più gradevoli che ci siano stati negli ultimi tempi è stato durante il mio ritorno a Dresda con il mio vecchio compagno di guerra O'Hare. Prendemmo un aereo delle linee ungheresi a Berlino Est. Il pilota aveva dei baffi a manubrio. Somigliava ad Adolph Menjou. Mentre rifornivano l'apparecchio di carburante, fumava un sigaro cubano. Quando partimmo, non si parlò neanche di allacciarsi le cinture di sicurezza. Quando fummo su un giovane steward ci servì del pane di segale, salame, burro, formaggio e vino bianco. Il tavolino pieghevole davanti a me non si apriva. Lo steward andò in carlinga a prendere un arnese per aprirlo, e tornò con un apribarattolo. Lo usò per far venir fuori il tavolino. C'erano solo altri sei passeggeri. Parlavano molte lingue. Se la stavano passando bene anche loro. La Germania orientale era là sotto, e le luci erano accese. Immaginai di sganciare delle bombe su quelle luci, su quei villaggi, quelle città e quei paesi. O'Hare e io non avevamo mai immaginato di far soldi; e adesso eccoci qui, molto ben sistemati. «Se capiti a Cody, nel Wyoming,» gli dissi pigramente «chiedi di Bob il Duro.» O'Hare aveva con sé un piccolo taccuino, e sulla parte posteriore del taccuino erano stampate tasse postali, distanze aeree, l'altezza di montagne famose e altri fatti importanti. Stava cercando la popolazione di Dresda, che nel taccuino non c'era, quando gli capitò davanti questo brano, che mi fece leggere: Ogni giorno nascono in media, nel mondo, 324.000 bambini. Nello stesso giorno muoiono in media, di fame o per malnutrizione, 10.000 persone. Così va la vita. In più, 123.000 persone muoiono per altre cause. Così va la vita. Questo fa sì che resti una differenza in attivo di circa 191.000 persone al giorno. Il Population Reference Bureau prevede che prima dell'anno 2000 la popolazione totale del mondo raddoppierà, raggiungendo i 7.000.000.000 di unità. «Penso che vorranno tutte avere dignità» dissi. «Penso anch'io» disse O'Hare. 85 Anche Billy Pilgrim nel frattempo stava viaggiando verso Dresda, ma non nel presente. Stava tornando alla Dresda del 1945, due giorni dopo che la città era stata distrutta. Ora Billy e gli altri marciavano tra le rovine della città, sorvegliati dalle loro guardie. C'ero anch'io. C'era anche O'Hare, Avevamo passato due notti nella stalla del loncandiere cieco. Le autorità ci avevano trovato lì. Ci dissero cosa fare. Dovevamo farci prestare picconi, pale, piedi di porco e carriole, e dirigerci verso questo o quel posto tra le rovine, per cominciare a lavorare. Sulle strade che portavano alle rovine c'erano dei posti di blocco. I tedeschi dovevano fermarsi lì; a loro non era permesso esplorare la luna. Quella mattina confluirono in vari punti di Dresda prigionieri di guerra di vari paesi. Erano stati scelti i posti in cui doveva cominciare la ricerca dei corpi; e la ricerca cominciò. Billy si trovò a lavorare in coppia con un Maori che era stato fatto prigioniero a Tobruk. Il Maori aveva una pelle color cioccolata; sulla fronte e sulle guance, aveva tatuati come dei vortici. Billy e il Maori cominciarono a scavare nella ghiaia inerte della luna. Era una materia fluida, e c'erano di continuo delle piccole valanghe. Vennero scavate subito molte buche. Nessuno sapeva cosa si sarebbe trovato. La maggior parte delle buche serviva a niente: si arrivava all'asfalto, o a macigni così grossi che non si poteva spostarli. Non c'erano mezzi meccanici. Nemmeno i cavalli o i muli o i buoi potevano attraversare la superficie lunare. Billy e il Maori e gli altri, ciascuno scavando il suo piccolo buco, arrivarono a un intreccio di travi collegate sopra rocce che si erano accostate una all'altra formando una specie di cupola. Scavarono una buca lì dentro: sotto c'era buio e spazio vuoto. Un soldato tedesco scese nell'oscurità con una pila, e scomparve per un pezzo. Quando finalmente tornò su, disse a un superiore sul bordo della fossa che là sotto c'erano dozzine di corpi. Erano seduti su delle panche. Così va la vita. Il superiore disse che bisognava allargare l'apertura e infilarvi una barella in modo da poter portar fuori i corpi. Così ebbe inizio la prima miniera di cadaveri di Dresda. C'erano in funzione, qua e là, centinaia di miniere di cadaveri. Al principio non puzzavano, erano come musei delle cere; ma poi i corpi cominciarono a imputridire e a liquefarsi, e c'era un odore come di rose e iprite. Così va la vita. Il Maori che era con Billy morì di vomito, dopo che gli ebbero ordinato di scender giù in quella puzza a lavorare. A furia di vomitare si consumò tutto. Così va la vita. Inventarono una nuova tecnica. Non li si portavano più su, i corpi; dei soldati li cremavano con dei lanciafiamme lì sul posto. I soldati restavano fuori dai rifugi, e spruzzavano semplicemente dentro il fuoco. Lì da quelle parti, il povero insegnante di liceo, Edgar Derby, venne preso con in mano una teiera che aveva raccolto nelle catacombe. Venne arrestato per saccheggio; fu processato e fucilato. Così va la vita. E poi venne primavera. Le miniere di cadaveri furono chiuse; i soldati se ne andarono tutti a combattere i russi. Nei sobborghi, le donne e i bambini scavarono trincee. Billy e gli altri del suo gruppo vennero rinchiusi in una stalla, e una mattina si alzarono e scoprirono che la porta era aperta. La seconda guerra mondiale in Europa era finita. Billy e gli altri uscirono e si misero a vagabondare per la via ombreggiata. Gli alberi stavano mettendo le foglie. Non c'era nulla là fuori, non c'era traffico di alcun genere. C'era solo un veicolo, 86 un carro abbandonato con due cavalli. Il carro era verde e a forma di bara. Gli uccelli parlavano. Un uccello disse a Billy Pilgrim: «Puu-tii-uiit?» 87
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