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L'AGIRE EDUCATIVO: MANUALE PER EDUCATORI E OPERATIVO SOCIO-ASSISTENZIALI, Sintesi del corso di Didattica Pedagogica

Riassunto dettagliato di uno dei capisaldi della formazione di ogni educatore: progettazione, documentazione, valutazione, competenze richieste, percorso di formazione, ruolo di supervisore e coordinatore e molto altro.

Tipologia: Sintesi del corso

2016/2017

Caricato il 09/06/2017

martamare
martamare 🇮🇹

4.3

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Scarica L'AGIRE EDUCATIVO: MANUALE PER EDUCATORI E OPERATIVO SOCIO-ASSISTENZIALI e più Sintesi del corso in PDF di Didattica Pedagogica solo su Docsity! L’AGIRE EDUCATIVO INTRODUZIONE Il titolo Agire educativo rimanda a una esigenza che da tempo emerge nei banchi universitari da parte di studenti che chiedono una esperienza formativa più pratica, più attiva che fornisca non solo conoscenze teoriche ma anche conoscenze pratiche che non lasciano sprovvisti durante il proprio mestiere. Si ha quindi l’esigenza di attuare un cambiamento, di oltrepassare quella soglia che permetta quindi l’ingresso in una nuova fase. PARTE PRIMA CAPITOLO 1 Parada è una associazione rumena nata negli anni 90 che ha tolto numerosi ragazzi dalla strada e gli ha permesso di diventare clown. Il fil che ritrae questa storia mostra come Miloud, il fondatore, ha agito. Quando Miloud arriva a Bucarest, conosce questi ragazzi e la loro vita. Parla poco con loro ma cerca di entrare nel loro mondo e gli permette, poco alla volta, senza forzatura di aprirsi verso il mondo dei clown. Ogni educatore quando agisce, lo fa tenendo conto di alcuni elementi: • Contesto sociale • Dimensione culturale • Epoca storica • Esperienze pregresse: familiari, informali e non formali. Questo avviene perché l’educazione è un atto pubblico che ha la funzione conservatrice e trasformatrice. Nel 900 l’educazione viene intesa come strumento per garantire lo status quo delle persone o generare una determinata società. Questo è importante perché: • L’agire educativo è vincolato alle condizioni materiali che lo disciplinano • L’agire educativo è legato al paradigma socio culturale dell’educatore. Questo paradigma secondo Kuhn ha a che fare con il modo in cui le persone pensano e vedono la società. Con questo paradigma ogni persona acquisisce dei modelli: antropologici, sociali, culturali, educativi. Questi modelli fanno capo al senso comune o pedagogia popolare È importante studiare questi modelli per capire che ruolo abbiano nella pratica educativa. Con modello educativo si intende ciò che unisce teoria e prassi, ciò che unisce l’idea di educazione all’educazione praticata. Come sottolinea Dewey l’educazione è influenzata da valori e dimensioni esterne ma al tempo stesso ha anche una propria modalità di elaborazione di queste dimensioni. Per far si che il proprio agire educativo si discosti dal senso comune e dai modelli epistemologici impliciti è necessario comprendere ciò che rende educativa un’azione e interrogarsi anche sui modelli che la caratterizzano. Questo permette all’educatore di avere maggiore consapevolezza delle proprie possibilità di azione. XXI secolo età della tecnica e del disincanto: epoca di grande cambiamento caratterizzato da mutamenti economici e mutamenti della vita quotidiana. Questo ha portato ad avere difficoltà ad affrontare la propria vita, caratterizzata da contraddizioni. Questo ha portato anche all’esigenza di sperimentare nuove strade per dare nuovo senso all’esistenza. Tutto questo porta all’esigenza di modificare i modelli culturali, sociali e antropologici di riferimento, modelli che tengano conto del pluralismo, della diversità, della precarietà tipici della nostra vita. Fare educazione quindi non significa più solo tener conto dei modelli culturali ma significa anche tener conto della complessità della società. CAPITOLO 2 L’agire educativo assume varie forme in base alle condizioni che lo determinano. Bisogna però ricordare che nessuna forma di educazione avviene senza che l’educando sia coinvolto. Il compito della mediazione è quello di suscitare nel soggetto il desiderio della propria formazione. Sulla base di questo e delle nuove condizioni della società è importante introdurre un metodo e una nuova didattica dell’agire educativo: • Persone considerate come fini e mai come mezzi • Far prendere coscienza all’educando della persona che vorrebbe diventare COSA SI INTENDE PER METODO? È la via per far crescere uomini e donne nell’autenticità. Etimologicamente: ricerca verso una meta. È scrittura di sé nel mondo e di sé sul mondo. Tutte queste definizione riflettono la natura che oggi ha acquisito l’agire educativo. Se fino al 900 veniva considerato come struttura binaria (educando – educatore), successivamente diventa una struttura ternaria fondata sull’idea del triangolo pedagogico. Questo terzo elemento identificatore cambia a seconda della prospettiva. Nella logica di una nuova didattica dell’agire educativo il terzo elemento corrisponde al metodo educativo. Il metodo diventa importante anche per mediare nella relazione inizialmente difficile tra educatore ed educando. Deve mantenere equilibrio tra separazione e partecipazione. Nel metodo educativo diventa fondamentale adeguare i principi in base alla persona e agli obiettivi che si vogliono conseguire. I principi attorno a cui si costruisce un’esperienza educativa sono: • Soggetto educando • Mediatori specifici (pratiche) • Contesti in cui ha luogo l’esperienza • Lavoro educativo ▲ Bisogna tener conto anche della prospettiva inclusiva che ammette la persona come partecipante al processo educativo. Sulla base di questa prospettiva inclusiva i principi che regolano l’agire educativo devono tener conto di alcune caratteristiche: • Attivazione di una relazione autentica • Progettazione di ambienti in forma inclusiva • Attenzione verso le componenti strutturali del cervello: importanza delle emozioni, attivazione corteccia ecc.. ▲ Un principio fondamentale nell’agire educativo è il principio della valorizzazione rivolta a interventi con soggetti che non riescono a essere soggetti (situazioni di marginalità, disagio, disabilità). Valorizzare i gesti educativi significa ridare agli educandi la bellezza propria che in quel momento non riescono a percepire. ▲ Principio della personalizzazione: individuazione delle peculiari capacità di cui ogni individuo 8allievo) è portatore ▲ Principio della vicarianza: passaggio dalla logica diagnostica alla prospettiva in cui il corpo risulta educabile. Significa assumere le emozioni come condizione di cura. ▲ Principio della relazione CAPITOLO 3 Che ruolo viene attribuito dalla società all’educatore? • Da un lato si parla di educatore come di colui che agisce su indicazione che gli vengono fornite dalla società. Quindi educatore come esecutore • Dall’altro lato si parla di educatore come di colui che contribuisce attivamente alla progettazione degli interventi. L’idea di educatore è soggetta a molte indicazioni soprattutto perché non si tratta di un ruolo al quale la società da molto rilievo. Il paradosso delle società moderne è che nonostante il riconoscimento della figura • Fase di crisi della comunità educante 4. Educazione fenomenologica: ruolo dell’interpretazione 5. Personalismo pedagogico: soggetto è un movimento, è continuamente chiamato in causa a riprendere contatto con la dignità, con la sua personalità. 6. Interazionismo simbolico: l’attenzione non è legata ai comportamenti ma alle scelte dei soggetti motivate da significati personali e sociali. 7. Teoria sistemica: uomo come risultato dell’interazione tra fattori ambientali, personali e comportamentali. Nell’intervento diventa fondamentale considerare anche il territorio inteso come tessuto di relazioni tra soggetto e ambiente. Comunità come luogo privilegiato della prevenzione. Altro elemento importante nella prevenzione: ruolo delle emozioni. L’attuale contesto occidentale è caratterizzato dall’incapacità di incanalare nella giusta direzione la dimensione affettiva ed è inoltre caratterizzato da una scarsa formazione emotiva. Questo comporta una adultificazione dei bambini e una infantilizzazione degli adulti. Altro elemento decisivo: educazione al senso del limite, delle regole e della misura oggi non più sollecitate da alcuna forma o attività. Il senso del limite è strettamente connesso al tema della responsabilità. CAPITOLO 6 Il contesto acquisisce nella pratica educativa un ruolo centrale. La divisione in sillabe della parola sta a indicare la disponibilità, l’empatia e la socievolezza dell’educatore. Il contesto diventa importante per alcuni aspetti: • Sottolinea il ruolo dell’apprendimento attivo nella scuola. Se prima l’allievo era un passivo soggetto da formare dal 900 in poi viene visto come partecipante attivo alla formazione didattica. Con questo cambiamento viene però riconosciuta l’importanza anche dei luoghi informali dell’educazione. • Sottolinea l’importanza della dimensione della spazialità, del luogo e dell’ambiente entro cui svolgere l’attività educativa. Anche in questa prospettiva il primo luogo ad adottare questa logica p la scuola (Giardini dell’infanzia di Froebel, Casa del bambino della Montessori). Accanto a questa diffusione di nuovi sistemi di apprendimento nel contesto scolastico iniziano a svilupparsi movimenti che danno spazio all’educazione anche al di fuori della scuola: educazione extra scolastica. La diffusione di questi movimenti è avvenuta, nei primi anni (anni 60 – 80) in maniera molto caotica e disorganizzata. Questa situazione ha portato a una vera e propria crisi negli anni 90. Per far fronte a questa disorganizzazione sono stati elaborati alcuni meta modelli: • Sistema formativo Integrato il quale intende il contesto non come spazio ma come intreccio di relazioni. Questo sistema ha lo scopo di coordinare i vari movimenti con finalità educative presenti sul territorio. • Lavoro di rete, collegabile al lavoro educativo attraverso la pratica del lavoro di cura. Il lavoro di rete opera su due livelli: livello strutturale (analisi delle relazioni che avvengono nella rete) e livello emotivo – affettivo. • Modello Knotworking: la teoria nasce dal significato del termine contesto al participio passato e intende il contesto più che come luogo, come insieme di relazioni, persone ed eventi che favoriscono l’opportunità di apprendimento e crescita. Ciò che unisce questi elementi è la prossimità connettiva ovvero legami non basati su criteri geografici ma interazionali. Knotworking è un processo caratterizzato da discontinuità e contraddizioni. CAPITOLO 7 Dimensione del corpo: etimologia del verbo educare “Educere”: condurre fuori. Tra i vari significati che ha assunto nell’epoca moderna il termine educazione bisogna però ricordare che nasce dalla tradizione platonico –socratica e significa condurre fuori dal soggetto delle conoscenze di cui è naturalmente disposto. Attualmente il significato del termine educazione rimanda all’esigenza di far entrare qualcosa nel soggetto. La dimensione corporea unisce in sé questi due significati: da un lato si cerca di portare fuori la predisposizione del soggetto, dall’altro si cerca di mettere dentro nell’uomo valori culturali, sociali, modelli di riferimento. Il corpo diventa il medium essenziale per lo svolgimento dell’esperienza educativa. Il corpo è ciò che unisce in relazione i vari soggetti. Il significato di educere implica anche dei riferimenti etici che sono rappresentati da due filoni: 1. Etica delle neuroscienze: individua principi etici sulla base dei quali orientare le scelte scientifiche. 2. Neuroscienza dell’etica: impatto della conoscenze neuroscientifica sull’etica. Collegato al concetto di corpo troviamo: • Tema della responsabilità • Tema della intenzionalità Intenzionalità, responsabilità e corpo rimandano alla semplessità: le soluzioni che vengono trovate dagli organismi viventi in risposta alla complessità possono essere usate anche nell’ambito educativo. È un fenomeno interpretativo che consente all’educatore di trarre fuori caratteristiche e potenzialità presenti in natura indispensabili all’insegnamento. CAPITOLO 8 Una ricerca focalizzata sul tema dei media culturali deve tener conto di alcuni elementi come per esempio l’uso che ne viene fatto, gli apprendimenti che genera. • Per quanto riguarda l’uso bisogna tener conto della quantità di tempo trascorso ad usare i media oppure la modalità d’uso. • Per quanto riguarda l’apprendimento ci si focalizza principalmente su tre fattori: 1) apprendimento per ripetizione; 2) grazie all’esperienza; 3) per imitazione. • Concetto di competenza. I termini chiave della ricerca sui media digitali hanno prodotto tre ambiti di indagine: • Identità: i media oggi costituiscono un potente strumento per la costruzione della propria identità e della propria autostima. Siamo passati da un’epoca in cui si chattava usando un nickname e celando la propria identità a un’epoca in cui in rete viene raccontata la nostra vita reale. • Relazione: oggi ogni individuo vive in costante relazione con altri. Affianco alla relazione face to face si è generata anche una relazione mediata appunto dagli strumenti digitali. Questo non significa che le nuove generazioni non siano in grado di condurre una relazione diretta ma sentono la necessità di prolungare questo contatto anche quando la comunicazione diretta non è più possibile. Questa relazione mediata ha cambiato le relazioni intrafamiliare e la costruzione di legami amichevoli o sentimentali. • Partecipazione: la dimensione digitale permette ai giovani di essere sempre in contatto con tutto ciò che accade attorno anche a notevole distanza. Gee si è occupato di studiare i videogiochi proponendo una visione alternativa rispetto alla tradizione. Egli, attraverso il videogioco, studia come i soggetti apprendono e quali strategie mettono in atto per trovare una soluzione. Ogni videogioco è composto da: • Grammatiche interne: regole, limiti, linguaggio interno al videogioco. • Grammatiche esterne: dinamiche relazionali tra i giocatori. Le grammatiche interne si scoprono giocando e la motivazione per superare le difficoltà arriva dalle grammatiche esterne ovvero dal sentirsi parte di una comunità e dalla cooperazione che si genera coi compagni di gioco. La differenza che Gee individua tra videogiochi e scuola è che i primi a differenza della scuola permettono di apprendere per via esperienziale e contestualizzata. A scuola invece non è possibile sperimentare questo livello di apprendimento. Questo genera due competenze: • L’apprendimento non avviene solo all’interno del soggetto • L’apprendimento avviene anche senza conoscenze previe. Non si tratta di una generazione con caratteristiche differenti rispetto a quella precedente. La soluzione è quella di colmare il gap generazionale, costruendo ponti tra adulti e giovani. CAPITOLO 9 La relazione educativa è il luogo privilegiato dell’agire educativo, luogo in cui avviene il confronto con le proposte educative dell’educatore. Compito dell’educatore è far si che questi tempi e spazi diventino significativi per il soggetto che li esperisce. CONDIZIONI PER UNA RELAZIONE EDUCATIVA • Essere una presenza educativa significa saper gestire il quo ed ora, saper proporre attività quotidiane usuali ma anche fuori dal quotidiano, inusuali. • Saper gestire l’imprevisto e la mancanza di un setting preciso come nelle relazioni informali. • Educatore deve essere consapevole di sé stesso. • Dimensione relazionale • Avere cura della propria dimensione interiore Fasi di formazione di questa relazione educativa: 1. Agganciare la relazione 2. Costruzione di fiducia 3. Costruzione di un dialogo organizzato tra simmetria e asimmetria (intesa come giusta distanza emotiva). 4. Noi educativo: essere e sentirsi parte di una equipe. STRUMENTI: • Dialogo • Partecipazione INTRODUZI ONE CAP1 CAP2 CAP3 CAP4 CAP5 CAP6 CAP7 CAP8 CAP9 Oltrepassare la soglia Associazione Parada e di ciò che in essa c’è di educativo. • Educatore • Agire educativo • Paradigmi e modelli • Camb iamento nel XXI secolo Pluralità dell’agire educativo Necessità di un nuovo agre educativo. Concetto di metodo: triangolo. Caratteristich e del lavoro educativo. Poca riconoscenza del ruolo dell’educator e ma richiesta d interventi educativi. Crisi del welfare state. Valenze del lavoro educativo. Peculiarità educative. Interventi. Educazione deve stare al passo con i tempi. Memorandu m sull’istruzion e e la formazione permanente: educazione formale, informale e non formale. Entropia educativa. Disagio, devianza e marginalità . Fattori comuni. Intervento. Con – te –sto. Educazione informale: tentativi fino alla crisi degli anni 90. Soluzioni: • SFI • Lavoro in rete • Knot working Ruolo del corpo. Etimologi a educare . Corpo e relazioni. Cultura. Media digitali. • Uso- tempo e modalità • Appre ndimento imitazione, ripetizione ed esperienza • Competenze Elementi chiave: identità, relazione e partecipazione. Studio di Gee: videogiochi e scuola. Relazione educativa come luogo privilegiato dell’agire educativo. Condizioni. Strumenti. CAPITOLO 10 Gli eventi culturali vengono collocati in questa scatola dei giochi e hanno a che fare con: • Esperienze inaspettate del soggetto • Partecipazione attiva • Conseguenze sul suo sviluppo. CAPITOLO 14 Il tema della valutazione dell’agire educativo è molto complessa. Bisogna distinguere tra: • Valutazione alla persona: valutazione scolastica • Valutazione alle azioni: valutazione dell’agire educativo. Data la complessità e la varietà dell’agire educativo non è possibile stabilire criteri e modalità valutative fisse. L’impossibilitò di definire questi criteri dipende inoltre anche dalla mancanza di una chiarezza intorno al tema dell’agire educativo e dell’educazione in senso lato. Ma la valutazione è una dimensione vitale dell’esperienza educativa. L’agire educativo ha alcune costanti: • Costante relazionale • Costante intenzionale • Costante trasformativa Valutare l’agire educativo significa riconoscerne gli atti, le intenzioni, le attività di qualità. Significa anche riuscire a descrivere e tradurre questa qualità. Alla ricerca di criteri valutativi è da anni il Progetto edueval dell’Università di Bari che ha individuato due categorie di professionisti che si occupano di ricerca: • Valutatori ufficialmente riconosciuti: professionisti che certificano la qualità dei servizi educativi. • Valutatori non ufficialmente riconosciuti: personale formatosi in settori dell’educazione che ha principalmente un ruolo di coordinamento. La proposta del progetto edueval è quella di individuare delle caratteristiche operative per il professionista della valutazione. Accettando la complessità dei sistemi di valutazione e del mondo dell’educazione edueval ha avanzato una proposta triangolata che unisce la dimensione soggettiva (valutazione interna), oggettiva (valutazione esterna) e intersoggettiva (valutazione del contesto). Alla base di questa proposta si ha il modello della triangolazione secondo cui un fenomeno così complesso come la valutazione non può essere affrontato da un’unica prospettiva o punto di vista ma da prospettive differenti: • La valutazione interna o autovalutazione ha a che fare con il giudizio proveniente dallo stesso operatore. • La valutazione esterna ha a che fare con il giudizio espresso da personale esterno all’organizzazione. • La valutazione intersoggettiva analizza il contesto entro cui si sviluppa l’intera attività, ha a che fare sia con dati materiali (ambiente, spazi, oggetti…) ma anche con dimensioni intangibili come credenze. Cultura..). Questi tre livelli non sono posti in maniera gerarchica ma sono in continuo contatto e scambio. Questa molteplicità dei punti di vista apre a un nuovo impianto metodologico: mixed methods evaluation. Significa unire caratteristiche tipiche della ricerca qualitativa con elementi della ricerca quantitativa (questionari, ricerche). Tre strumenti significativi: 1. Portfolio: documentazione di un percorso formativo condotta dal singolo o dal gruppo tramite riflessioni sui diversi materiali usati (fotografie, immagini, filmati). 2. Audit: visita ispettiva finalizzata ad evidenziare la non conformità rispetto ai criteri adottati tramite interviste, osservazione, analisi documentazione del servizio. 3. Rubrica: utilizzata per individuare la qualità dei processi formativi, soprattutto in ambito scolastico. CAPITOLO 15 Con educatore possiamo intendere colui che, attraverso gli strumenti della relazione e della progettazione educativa, accompagna il soggetto per tutto il percorso della sua crescita personale, focalizzando la sua attenzione sulle potenzialità presenti in ogni soggetto. Se nel primo dopoguerra l’educatore era inserito in strutture chiuse come carceri, manicomi, oggi la sua attività viene svolta in una pluralità di luoghi. La formazione dell’educatore deve: • Unire teoria e pratica • Analizzare l’azione • Promuovere la formazione del sé professionale. Competenze: • Specifiche: saper agire, saper progettare, sapere dove, come, quando e perché. • Trasversali: competenze legate all’intenzione e alla costruzione della relazione educativa. Il compito dell’educatore unisce: saper agire, voler agire e poter agire. Dispositivo pedagogico per la formazione dell’educatore: alternanza: continuo collegamento tra teoria e pratica. Questo principio accompagna il soggetto in formazione verso la costruzione della propria identità. Questi elementi trovano la loro realizzazione nella formazione in servizio, momento in cui l’educatore costruisce il proprio modello pedagogico di riferimento. In questa fase gioca un ruolo centrale la supervisione, come momento di sospensione in cui guardare le proprie azioni da una prospettiva differente. Permette di riflettere sul proprio modo di operare e di gestire la situazione educativa. CAPITOLO 16 Competenze riflessiva: con riflessione si intende la capacità di analizzare, problematizzare una determinata situazione. Molto importanti sono gli studi di Schon. La società moderna è costantemente attraversata da cambi di prospettive, mutamenti e conflitti di valore, conflitti di interessi che portano il professionista a vivere in una condizione di instabilità e di mancanza di conoscenze adeguate per gestire la situazione. La competenze riflessiva non è naturale ma l’uomo ha bisogno di costruirla attraverso percorsi formativi creati ad hoc. Pratiche centrali nella formazione alla riflessione: 1. Differenziazione: processo che porta alla rinuncia alla propria soggettività e all’assunzione dei modi di vedere la realtà da parte degli altri. 2. Decentramento: processo che porta le persone a validare criticamente i propri punti di vista. CAPITOLO 17 La formazione dell’educatore deve anche tener conto delle competenze cliniche, clinico patologiche, relazionali e affettive. Queste emergono soprattutto per via del lavoro educativo in gruppo. 1. La prima competenze clinica è la conoscenza profonda di sé. Per poter entrare in relazione con chi ha bisogno del nostro aiuto, dobbiamo essere a conoscenza di noi stessi per sapere come agire. La psicanalisi ha dimostrato l’esistenza dell’inconscio come livello che condizioni fortemente i nostri comportamenti manifesti. Conoscere sé stessi mette in comunicazione con la parte della propria personalità meno visibile. Ogni soggetto è portato a perpetrare azioni, gesti subiti verso gli altri. Averne consapevolezza evita di mette in atto comportamenti negativi. 2. Capacità di costruire relazioni educative essendo ben consapevoli del loro spessore e della loro profondità e del fatto che sono influenzate da una molteplicità di fattori. 3. Assumersi la responsabilità emotiva dell’azione educativa 4. Saper narrare e far narrare CAPITOLO 18 Quando si parla di progettazione non è possibile considerarla esclusivamente come attività precedente rispetto all’esperienza educativa perché in realtà la progettazione accompagna l’intera attività, adeguandosi ad eventuali cambiamenti, modificando obiettivi e via dicendo. È seguito da una importante fase di riflessione. L’attività educativa: triangolo: educatore/educando e nucleo fondante, che svolge la funzione di mediatore tra le figure precedenti, che nella scuola ha a che fare con il sapere disciplinare. Nell’ambito dell’educazione il nucleo fondante è la qualità della vita: sviluppo personale, relazioni interpersonali, benessere emotivo, inclusione sociale. A partire dai principi del triangolo educativo basato sulla qualità della vita viene stilato il progetto di vita dell’educando. È un progetto che si modifica nel tempo in cui le varie dimensioni si intrecciano continuamente. Il risultato del processo educativo deve essere un miglioramento della vita del soggetto. Prevede due grandi fasi: 1. Progettazione del progetto di vita che può essere revisionato e modificato nel tempo. 2. Definizione del progetto formativo in cui si realizza il triangolo educativo. Queste due fasi si articolano in quattro momenti: 1. Indagine generale per indagare le varie dimensioni della qualità della vita: analisi del contesto, analisi dei bisogno, delle condizioni di vita tramite dati sia oggettivi che soggettivi. 2. Dall’analisi dei dati precedenti si costruisce il progetto di vita del soggetto: il progetto di vita deve essere negoziato e condiviso con le altre agenzie ma anche con gli educandi stessi. 3. Tramite una discussione tra educandi e agenzie formative si cerca di armonizzare il progetto di vita: l’educatore deve essere in grado di costruire percorsi ad hoc peri soggetti che incontra che rispecchino le loro caratteristiche, i loro bisogni, le loro potenzialità. 4. Definizione del percorso educativo da parte dei professionisti: è importante il momento della valutazione del percorso formativo che deve rispondere in maniera positiva alle categorie della qualità della vita. COMPETENZE DEL PROFESSIONISTA Tre aree: 1. Competenze necessarie per la definizione del progetto di vita 2. Competenze necessarie per la definizione del progetto formativo 3. Competenze costruttive CAPITOLO 19 All’educatore vengono richieste alcune competenze fondamentali: 1. Comprensione dei bisogni e delle necessità dell’utente in maniera tempestiva. 2. Competenze riflessive circa il proprio operato, riflessione personale e riflessione con altri membri dell’equipe. 3. Competenze valutative: la valutazione è pervasiva perché coinvolge tutti gli ambiti di intervento in cui opera il soggetto. Valutazione personale, dei soggetti, dei contesti. 4. Competenze per osservare 5. Competenze nell’apprezzare i processi: continua ricerca di nuovi modelli, soluzioni, riferimenti. STRUMENTI: • Check list: documenti cartacei usati per individuare la presenza e la frequenza di determinati comportamenti. Molto funzionali perché poco invadenti per il soggetto osservato. • Scale di valutazione: frequenza o intensità del comportamento • Guide di osservazione: contengono anche un quadro teorico di riferimento rispetto al comportamento osservato. • Diari di bordo: strumenti esperienziali senza alcuna griglia di riferimento. Sono costituiti da appunti presi dall’educatore secondo riferimenti e attività rilevanti dal suo punto di vista. • Bilancio di competenze: mettere a punto un progetto formativo attraverso l’analisi delle competenze individuali del soggetto individuate tramite strumenti precodificati. CAPITOLO 20 Nel settore pratica della formazione, documentare significa rendere conto, verificare i risultati e avallare nuove tecniche, metodologie. Mentre secondo il Modello Europeo la documentazione è una tra le competenze che l’educatore deve sviluppare, l’Italia insieme ad altri paesi mira al riconoscimento della documentazione come di una delle competenze principali da sviluppare durante la fase di formazione. 1. Organizzare il lavoro da documentare
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