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L'amore molesto TURCHETTA, Appunti di Letteratura

Appunti chiari e completi della spiegazione del libro "L'amore molesto" (Elena Ferrante) del professore G. Turchetta. Le lezioni risalgono all'anno 2019/2020, corso di "Letteratura e cultura nell'Italia contemporanea" primo semestre, facoltà di Mediazione Linguistica (UNIMI).

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 06/06/2020

claudia-casadei-1
claudia-casadei-1 🇮🇹

4.6

(45)

23 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica L'amore molesto TURCHETTA e più Appunti in PDF di Letteratura solo su Docsity! L’amore molesto ELENA FERRANTE Rimette in discussione certi valori e certe rappresentazioni. L’amore molesto è un libro molto complesso: la narratrice vuole sapere, ma non sa che cosa è successo alla madre. La narratrice vuole fare un po’ la detective, ma non riesce bene a sapere chi era sua madre, non solo perché non sa chi era sua madre, ma anche perché lei stessa si nasconde qualcosa. La narratrice non sa perché ha rimosso, è reticente. La ricerca dell’identità della madre diventa una ricerca della propria identità. La narratrice “va in analisi” (psicoanalisi) mentre racconta, scoprendo il rapporto controverso tra se e sua madre di amore geloso che diventa odio. Il percorso porterà la narratrice a risolvere in qualche modo il rapporto con la madre. Alla base del romanzo vi è la volontà di raccontare i problemi del rapporto tra madre e figlia, mettendo in discussione tutta la cultura maschilista (es. Edipo) e concentrandosi sulla psicoanalisi e la rimozione dei traumi dovuti a delle violenze. Nessuno come la Ferrante ha saputo rappresentare i problemi nei rapporti tra madre e figlia e in generale tutti i rapporti familiari. La storia comincia con la figlia Delia che viene a sapere che la madre, Amalia, è stata trovata morta, quasi nuda, al largo di una spiaggia vicino Napoli. Delia vuole sapere soprattutto in che modo è morta la madre. Il reggiseno che è sul cadavere di Amalia è troppo fine e provocante per essere il suo e forse c’è anche di mezzo un amante, Caserta. LA VITA Chi si nasconde dietro al nome di Elena Ferrante? Ci sono diverse ipotesi. Chiunque sia è uno che conosce il mondo intellettuale, che potrebbe aver avuto un certo tipo di attività saggistica o di traduttrice… È una scrittrice napoletana? È una donna? • IPOTESI 1: è Fabrizia Ramondino, scrittrice napoletana di grande talento. L’ipotesi è caduta perché la Ramondino è morta per un incidente in mare (—> è morta come Amalia…). • IPOTESI 2: è Goffredo Fofi, saggista e scrittore di Gubbio, ma vive a Napoli, fondatore di moltissime riviste, grande organizzatore culturale, critico vicino all’indagine sociologica e morale. Ma Goffredo Fofi è un uomo e questo sarebbe un po’ strano. • IPOTESI 3: forse la Ferrante è una comune attività del suo editore EO, nato alla fine degli anni 70 da Sandro Ferri e Sandra Rozzola. • IPOTESI 4: a partire da un’analisi de L’amica geniale, Marco Sant’Agata ne deduce che la Ferrante deve essere qualcuno che viveva nel collegio descritto in maniera dettagliata nel libro. La Ferrante era alla Normale di Pisa, è una donna e l’unica che potrebbe essere è Marcella Marmo, una storica, che però ha smentito. Uno scrittore non deve per forza essere stato nei posti che rappresenta (cit. “È una boiata colossale”). • IPOTESI 5: potrebbe essere Domenico Starnone, scrittore napoletano, autore di una serie di raccontini geniali e divertentissimi su quello che succede alle scuole medie e superiori (Ex cattedra). Alcuni dei suoi romanzi trattano di argomenti che toccano vicende molto vicine a quelli dei libri della Ferrante, soprattutto L’amica geniale. È stato utilizzato un software di analisi testuale che ha dichiarato che Starnone e la Ferrante hanno lo stesso modo di scrivere quindi è possibile che siano la stessa persona. Rimane il fatto che Starnone sia maschio e che è difficile scrivere determinate cose se non si è donna. • IPOTESI 6: è Anita Raia, traduttrice straordinaria della letteratura tedesca, ha vissuto molti anni all’estero (come molte narratrici della Ferrante), è la moglie di Starnone. Starnone non ha mai smentito. Un giornalista del Sole24ore ha voluto guardare i movimenti dei conti di Anita Raia, e anche se gli editori hanno reagito, è riuscito a scoprire grandi movimenti bancari. Vi sono comunque delle obiezioni: Anita Raia è troppo giovane per aver scritto L’amore molesto. 1992: pubblicazione de L’amore molesto 2003: prima pubblicazione di La frantumaglia, raccolta di lettere, interviste, dichiarazioni di poetica 2005: pubblicazione de I giorni dell’abbandono 2006: pubblicazione de La figlia oscura 2007: pubblicazione de La spiaggia di notte, racconto per bambini e nuova edizione integrata de La frantumaglia 2011-2014: tetralogia de L’amica geniale, Elena Ferrante guadagna un immenso successo 2014: Il Foreign Policy la mette tra i 100 più grandi pensatori del mondo 2016: il Times la mette tra i più grandi scrittori del mondo e terza edizione della raccolta di scritti La frantumaglia 2018: HBO produce la prima serie televisiva di L’amica geniale 2019: produzione della seconda stagione della serie che uscirà nel 2020 Alcuni critici sostengono che la scelta dell’anonimato si stata una scelta di marketing, ma è una critica totalmente infondata. La Ferrante infatti ha scelto un piccolo editore per pubblicare in anonimato perché è fermamente convinta che i libri debbano parlare da soli, che non abbiano bisogno degli autori. La Ferrante mette in discussione la necessità di farsi conoscere in relazione al fatto che i media provocano una sorta di distorsione: “I media aboliscono la distanza fra autore e libro, fanno in modo che uno si spenda a favore dell’altro” (da una lettera a Goffredo Fofi, pag. 56 della dispensa). La Ferrante fa la scelta drastica di evitare ogni tipo di coinvolgimento, ha rinunciato a tutto il successo “pubblico” per una pura scelta di poetica. La Ferrante ha insistito più volte sul suo carattere femminile (dalla Frantumaglia, in un testo delle risposte che la Ferrante ha dato aspetto un’importante trasmissione radiofonica di rai3, FareNight): “Io so che i miei libri non possono che essere femminili”. La Ferrante vuole trattare di donne, vuole trattare la maternità, i rapporti madre figlia, vuole parlare di differenza femminile, di messa in discussione della cultura maschilista. La Ferrante non si accontenta di raccontare le storie. La narrazione non è solo diegetica (narrazione in quanto tale), il lavoro della Ferrante è di tipo poetico: crea una serie di corrispondenze simboliche che obbligano il lettore ha considerare ogni significato come caricato di altri significati, altre immagini, altri personaggi simili.
 • Rapporto madre-figlia: Delia e Amalia; l’immagine della bambola: la bambola è una bambina per la figlia come la figlia lo è per la madre…
 • Rapporto con la città: la Ferrante è legatissima a Napoli, terra natia, ma le fa schifo. Il rapporto odio-amore con la sua città è simile al rapporto odio-amore tra madre e figlia. La figura della madre si intreccia con la figura della città. La Ferrante fa spesso riferimento al dialetto, ma non fa mai un’azione di simulazione del dialogato.
 
 INTERVISTATORE: È sbagliato pensare che la madre dell’amore molesto faccia la coppia con Napoli?
 FERRANTE (laconica): Credo di no.
 
 A Napoli si fugge e non si può non ritornare (tipico degli scrittori del Sud). Nella letteratura napoletana dell’ultimo decennio c’è la preoccupazione costante di voler smentire gli stereotipi della napolaneità (Napoli è la pizza, l’allegria, la mafia…) ma è anche una tradizione letteraria che ha da sempre mescolato il sentimentale e il comico. La Ferrante mette in discussione gli stereotipi di Napoli e le origini sono sentite come sgradevoli, la Napoli turistica non aggiunge niente, Napoli è rumorosa, è fastidiosa, non c’è traccia della generosità stereotipata dei napoletani. Discorso sulla necessità di mettere in discussione tutta la cultura e la tradizione MA Napoli è soprattutto la madre.
 
 —> 1953: Anna Maria Ortese pubblica Il mare non bagna Napoli, ovvero “Napoli non è un posto di vacanza felice in cui andare a mangiare la pizza”.
 —> Saviano, Napoli e la Camorra, libri che arrivano nel mondo come serie tv mostrando i camorristi come dei modelli (es. il gangster).
 • L’uso della lingua: il dialetto. Rischio di caduta nel folkloristico evitato. Romanzo scritto in una lingua che fa continuamente riferimento al dialetto, spesso lo cita, ma si rifiuta di usare il dialetto come lingue, perché è in gioco fin dall’inizio il complesso rapporto della narratrice con la sua città/madre. La lingua della violenza è spesso il dialetto e la narratrice la usa per offendere. La Ferrante mette in gioco il napoletano non come lingua utilizzata per far ridere, ma per fare male. Lo stile della Ferrante è l’unione di una spinta fortemente letteraria e di una spinta all’abbassamento con l’utilizzo del dialetto, spesso non praticato, ma inserito con delle - La narratrice ci rivela di non essere sincera, il lettore deve aprire gli occhi. Il lettore non è nelle condizioni di leggere in serenità. - Sottolineatura dell’aspetto olfattivo - Presenza della corporeità accentuata in modo vistoso - Amalia perdeva spesso i treni - Figlia esageratamente ansiosa: l’ansia della figlia adulta nei confronti della madre anziana è direttamente legata all’ansia originaria, ovvero l’ansia infantile legata alla paura dell’abbandono. La Ferrante mette in gioco delle situazioni estreme: rapporto tra il/la figlio/a e il corpo materno che rimanda alle più antiche e viscerali angosce. - Delia non controlla il proprio corpo quando è in preda all’ansia - Volontà di recludersi in un luogo chiuso e ostile per trovare un qualche tipo di tranquillità ai tormenti (es. stanzino, ascensore…) - Narrazione delle 3 telefonate:
 pag. 11: prima telefonata. La madre è con un uomo —> antica, arcaica e ingiustificata gelosia infantile suscitata. Ambivalenza emotiva rimessa in gioco. Delia è stupita ma anche gelosa, come quando era bambina, forse anche come era geloso il papà. L’uomo con cui è Amalia potrebbe essere un suo amante, magari proprio uno di quelli che il marito sospettava che avesse quando Delia era bambina… Amalia ride, forse è contenta.
 pag. 12: seconda telefonata. Delia fa domande a cui la madre non risponde.
 pag. 13: terza telefonata
 - Il lettore ha la sensazione che la madre avesse voluto farsi bella (gioielli, bel reggiseno…) —> tentativo di seduzione di uomo? Alone ambiguo sulla madre, forse la vittima ha qualche colpa? - Forse la madre è stata uccisa con una violenza? - La figlia va all’obitorio. Delia ha bisogno di stare stretta al corpo morto della madre perché ha un problema con la propria identità - Il corpo non presenta segni di una violenza sessuale - Il trucco intorno gli occhi è molto pesante e Delia sa benissimo che sua madre non si truccava mai per togliere al marito qualsiasi dubbio di voler piacere ad altri uomini
 - Funerale della madre: non compare il padre che non è stato inviato dalle altre due sorelle di Delia (Delia invece lo aveva invitato). Tra le sorelle vi è una sorta di affettuosità cerimoniale, non si sentono e non si vedono mai —> estraneità e distanza, rapporti disgregati anche tra sorelle. L’odio geloso del padre arriva perfino alla morte. 
 
 Al funerale compaiono tanti conoscenti e parenti che Delia neanche riconosce e che naturalmente la disturbano, sia perché lei non ha facilità di rapporti, ma anche perché le ricordano dei crediti che hanno nei confronti del padre. Delia vive una situazione di disagio. L’unico normale è lo zio 70enne Filippo, fratello di Amalia, ma non era estraneo a condividere le gelosie del padre —> familismo violento della tradizione napoletana (i maschi si sentono in diritto di controllare la vita delle donne della loro famiglia). 
 
 Il padre di Delia non appare ma si fa sentire involontariamente: accanto al corteo passa un uomo di colore che porta in spalla delle tele, dipinte dal padre. Nei quadri viene rappresentata in maniera provocante una zingara, che è la madre —> il padre mandava in giro ai suoi clienti immagini provocanti della moglie e allo stesso tempo IN CONTRAPPOSIZIONE era geloso di lei e le impediva di farsi bella. 
 
 Caserta compare alla fine del funerale. 
 
 Odore dei fiori che stanno già marcendo.
 - L’apparizione di Caserta:
 pag. 17: Delia ha le mestruazioni e sono inaspettatamente abbondanti e incontrollabili. Delia va in un bagno di un bar. Accentuazione della puzza. Somiglianza di Delia con Amalia. Delia piange —> sblocco emotivo = fluire dei liquidi (lacrime e sangue). Il pianto è un pianto di avvio ad una possibile liberazione. Delia poi si aggiusta e si sistema ed esce dal bagno. Fuori dal bagno incontra Caserta, che appare immediatamente al lettore come un tipo losco. Delia chiede a Caserta, facendo finta di nulla, se sa dove può trovare una farmacia.
 Fine Capitolo 2: inseguimento tra Delia e Caserta. Delia segue Caserta, ma Caserta segue Delia. Caserta è sospettato di essere stato testimone perché forse aveva a che fare con la madre. Il lettore sospetta con Delia. Caserta cercherà di appropriarsi dei vestiti di Amalia, rimasti nella cesta dei panni sporchi della casa di Amalia. Facile sospettare una relazione, ma potrebbe anche solo essere un poveretto che si limita ad operazioni di feticismo.
 pag. 20: Caserta insulta Delia con un “fiotto di oscenità in dialetto”. Caserta insegue con la voce Delia e subito dopo sparisce. In seguito sarà Delia ad inseguirlo.
 - pag. 24: Delia chiede alla madre se ha avuto a che fare con degli uomini. Amalia risponde di no, facendole vedere le “cosce molli” sotto la gonna. Delia però non crede alla madre e si convince che lei le menta sempre. Il lettore non conosce mai la vera verità, perché non sa se Amalia menta davvero o se sia solo una distorsione della realtà da parte degli occhi di Delia.
 - pag. 27: “Lo sapevo da sempre. C’era una linea che non riuscivo a varcare quando pensavo ad Amalia” Delia è in ascensore e torna a casa della mamma. Mentre torna per iniziare le indagini, incontra la vedova De Riso, pettegola, personaggio sgradevole (personaggio con ruolo simile alla custode della villa dove stava Fulvia, Una questione privata): dice a Delia che la mamma era contenta e che si presentava spesso con un signore che non era lo zio Filippo… A sua volta la vedova è un personaggio che mostra una ambivalenza emotiva. La sottolineatura della contentezza della madre non è priva di malizia, perché in questo modo la vedova sa di colpire Delia, donna di cui è invidiosa perché bella e piacevole, non vecchia come lei. 
 - pag. 29-30: Delia in seguito scopre che il cassetto della biancheria della madre è vuoto. ricordando i vestiti trascurati della madre, ha di nuovo un flash del passato e un nuovo ricordo emerge. Delia chiarisce che Amalia si vestiva male perché il padre la obbligava a non esser ne bella ne tanto meno appariscente. Successivamente si reca in bagno e trova dei vestiti sporchi della madre e nel bagno si ricorda della poca cura dei peli della madre. La scena è molto provocatoria: Delia ricorda la volta in cui ha cercato di fare la ceretta alla madre. Il gesto, di affettuosa sollecitudine, si trasforma in un gesto di violenza. Nel corso del ricordo della ceretta arriva una telefonata: è Caserta (pag. 36). Caserta chiama Delia “Amalia” —> confusione simbolica, inoltre parla in dialetto stretto. C’è un patto tra Amalia e Caserta su dei vestiti sporchi e una valigia. Caserta può restituire a Delia la valigia con i vestiti, ma chiede in cambio i panni sporchi di Amalia. Subito dopo Delia chiama lo zio Filippo e scambia di nuovo Delia per Amalia, ricoprendola di insulti non riportati del libro. Delia va a portare qualcosa al quinto piano, intanto Caserta si infila in casa e lascia la valigia dei vestiti per prepararsi allo scambio e prende tutto quello che trova, anche le mutande insanguinate di Delia che si era cambiata —> confusione simbolica. 
 - Capitolo 8: Delia apre la valigia e trova dei vestiti non adatti all’età della madre. Trova una vestaglia con della sabbia, dei vestiti molto fini, un vestito rosso ruggine, ci sono dei soldi… tutti abiti che non assomigliano all’abbigliamento solito di Amalia. A Delia sembra che Amalia, esaltata dal corteggiamento, avesse voglia di sentirsi bella e desiderata, ma non aveva i soldi per comprarsi quei vestiti. Essi infatti le erano stati regalati da Caserta, ma neanche lui aveva i soldi necessari per comprarli (quindi?). Delia pensa subito alla madre, ritenendola una disgraziata, ma in realtà la madre voleva che i vestiti fossero destinati alla figlia. Nella valigia c’è anche una trousse da trucco e senza saper neanche il perché, Delia inizia a truccarsi pesantemente. Continuano i malesseri fisici di Delia che cerca di mantenere un atteggiamento indifferente ma è molto turbata e quando trova degli slip strappati ha una situazione di disgusto e dei conati di vomito —> riproposta continua di immagini disgustose. Delia appare strana allo zio, che le fa delle lodi ma che rimane anche scandalizzato dal nuovo aspetto della nipote (trucco e vestiti vistosi). Inoltre non si cura, piove e il trucco le cola, diventa quasi una maschera distorta, si lascia andare —> Delia dovrebbe essere quella che rimette a posto le cose.
 - Delia, guardando la carta d’identità della madre, si rivede uguale alla foto di Amalia.
 - Sembra che una volta Caserta abbia cercato di baciare Amalia. Dallo zio Filippo, Delia apprende che Caserta è indegno, proprio perché appartiene alla sfera dei parenti/amici di Amalia. Inoltre Filippo accenna al fatto che lo avevano punito e che gli avevano dato una lezione, ma le informazioni restano imprecisate. Più avanti il lettore scoprirà che la lezione ha a che fare con la presa di coscienza di Delia. Delia scopre quindi che Caserta aveva preso un sacco di botte dal suo padre e dallo zio Filippo, sodale e complice del padre nei confronti di Amalia. 
 - Capitolo 9, pag 54-55: Delia va a trovare lo zio Filippo che ricostruisce a modo suo la vita della famiglia. Lunga analessi che copre la quasi totalità del capitolo, uno dei quattro più lunghi del romanzo. Da un lato Filippo elogia la sorella Amalia e continua a parlarne come se fosse viva (come fanno un po’ tutti), dall’altro continua ad attaccarla perché aveva un qualche modo ceduto alle avances di Caserta. Amalia aveva sempre mantenuto un atteggiamento rigoroso, semplicemente non buttava via i regali di Caserta. Lo zio ricorda aspetti molto importanti della storia: ricorda come Caserta sia un infame perché aveva aiutato il marito di Amalia a trovare una maniera per far fruttare meglio il suo lavoro. Il papà di Delia aveva un discreto talento come pittore e Caserta lo aveva convinto a dipingere quadri per i soldati americani che stavano a Napoli. Filippo rievoca il lungo periodo in cui c’erano gli americani a Napoli: navi regolarmente attraccate al porto della città ecc… I quadri dovevano rappresentare le mogli dei soldati, ma venivano fortemente idealizzati per portare conforto ai soldati malinconici e desiderosi di tornare a casa dalle loro mogli. Una volta Amalia aveva osato dissentire riguardo ai quadri ritraenti le zingare e aveva preso un sacco di botte. Filippo era d’accordo con il padre sul fatto che fosse necessario dare una lezione a Caserta che essendo della famiglia non poteva permettersi di provarci con Amalia. Delia sente comunque dentro di sé che, nonostante tutte le violenze, la madre sia lo stesso un po’ colpevole.
 pag. 58: Filippo costringe Delia a ricordare —> prima epifania. Filippo continua a dire a Delia che non ricorda nulla. “Tu dicesti tutto a tuo padre”: Caserta è stato massacrato di botte a causa di Delia che ha fatto la spia. Rappresentazione acuta dell’ambivalenza emotiva: è stata la figlia a voler colpire la madre. Ora Delia sa che è stata lei a rivelare al papà che la mamma lo tradiva con Caserta, li ha visti. Dopo questa rivelazione il racconto riprende e Delia esce dalla casa di Filippo, andando in giro per Napoli, caotica, puzzolente e fastidiosa. 
 - Capitolo 10, pag 61: Delia prende un autobus e constata l’aggressività aperta e meschina nei confronti delle donne: c’è folla e gli uomini accentuano la vicinanza con le donne per poterle toccare “per caso” grazie ai movimenti dell’autobus. Questo avvenimento spinge Delia a ricordare la Delia bambina che sull’autobus stringeva gelosa la madre per evitare che venisse toccata dagli uomini sull’autobus. Il ricordo è geloso e dolente, poiché era impossibile proteggere tutto il corpo della madre dalle mani degli uomini. Ricordo della carta moschicida nelle macellerie —> immagine schifosa di violenza. Con l’autobus Delia va dalle sorelle Fossi con la valigia piena di vestiti per scoprire chi li ha comprati.
 pag. 68: pubblico di signore prosperose e ostentanti carte abbondanti che parlano in dialetto che entrano ed escono dai camerini. Rappresentazione esageratamente impietosa —> disagio di Delia. Apparizione del buttafuori QUINDI regola della narrazione —> se compare qualcosa quel qualcosa servirà nel corso della narrazione. Il buttafuori fa l’effetto di uno violento e antipatico… ma è davvero così? Delia parla con le commesse, mostra i vestiti e chiede chi li ha comprati ma le commesse non si ricordano, anche dopo aver mostrato la carta d’identità. L’indagine è fallimentare e Delia si rende conto che la sua richiesta non è proprio normale. La situazione sta degenerando e così Delia si prova i vestiti: Delia pensa di stare male con quei vestiti, mentre le commesse le dicono che le calzano bene. A questo punto interviene il buttafuori che parla a Delia in italiano dandole del lei, ma Delia non molla e allora il buttafuori passa all’utilizzo del tu e del dialetto. Il buttafuori tratta male Delia che decide di andarsene. 
 pag. 76-77: Delia, dopo essere uscita dal negozio, ricorda la capacità della madre di sopportare il dolore e ricorda che lavorava tanto in casa, soprattutto come sarta. Ne La frantumaglia, l’immagine archetipica della mamma sarta che lavora in casa è un’immagine che torna in continuazione, portante della fantasia della Ferrante (la legherà anche ad Elsa Morante). Delia ricorda quando Amalia aveva sbagliato ad inserire la stoffa sotto all’ago della macchina da cucire Singer, facendosi terribilmente male con l’ago, ma senza lamentarsi si alzò, si fasciò e si rimise al lavoro. Delia aveva più volte immaginato di staccarle quel dito e di prenderselo lei, prendendo con esso anche parte del dolore provato e non mostrato dalla madre Amalia.
 - Capitolo 13-14: fuori dal negozio Delia incontra Caserta e Delia lo insegue. Caserta sembra scappare, piove, il trucco cola, Delia si infradicia e si sporca e mentre corre dietro a Caserta, viene avvicinata da un altro uomo che le fa delle avances al volo, proponendosi come qualcuno che la può aiutare, cercando di toccarla (—> ennesima rappresentazione di maschi aggressivi e scorretti). L’inseguimento procede e si complica quando compaiono lo zio Filippo e il buttafuori. ai bambini. Delia chiede all’uomo dei fiammiferi, ne prende 5 e quando lui le offre un sigaro, lei lo rifiuta, perché i fiammiferi (situazione fiabesca, ma ciò che ha detto il vecchio serve a preannunciare quello che scopriremo nel corso degli ultimi capitoli) non le servono per fumare, ma per entrare nel negozio buio. Delia entra quindi nel negozio buio e scopre che le cose non sono grandi come nel ricordo che aveva, ma sono molto più piccole. La Ferrante sta disseminando una serie di segnali che a breve dovranno chiarirsi e lo fa con una costruzione che va progressivamente in una certa direzione. Delia si accorge che in quel luogo sporco e abbandonato c’è il rifugio di Caserta che vive come un vagabondo. Caserta vive nella miseria, con una branda sulla quale Delia vede alcuni degli indumenti intimi di Amalia. Delia trova poi una torcia elettrica, con cui può illuminare meglio e trova delle camicie dello stesso modello di quelle trovate a casa della madre, un tailleur che utilizzava anni prima (Delia all’inizio pensa che sia una donna, poi si accorge che è solo un vestito). Delia fruga nelle tasche della giacca e trova dei biglietti ferroviari he le fanno capire che sua madre aveva preso un treno con Caserta per andare da Napoli a Roma via Formia; inoltre trova un conto molto salato di un ristorante e ricostruisce che sua madre è voluta scendere volutamente a Formia (luogo delle vacanze di Αmalia e Delia). Delia costruisce una serie di ipotesi sempre più fondate sulla morte della madre, come che probabilmente la madre si era resa conto che Caserta fosse un miserabile come suo marito che non poteva in nessun modo renderla felice e che quindi fosse possibile che Amalia si fosse uccisa, dopo aver perso la speranza (—> la “smarginatura” in L’amica geniale: le cose diventano angosciosamente prive di definizione).
 - Capitolo 24: ultima rivelazione, quarto segreto. Delia esce dalla “casa” di Caserta dove ha capito quello che stava succedendo tra Caserta e Amalia quando la madre è morta. Delia procede di nuovo nel palazzo nel quale si era accorta che i luoghi erano diversi come dimensioni e ha scoperto che era molto piccolo il passaggio, il bugigattolo, che faceva entrare nel sotterraneo, dove aveva immaginato che Caserta e la mamma facessero delle cosacca e si rende conto che non era possibile, poiché troppo piccolo. Tornando nel cortile si ricorda ancora meglio di quello che era successo quando il papà e zio Filippo avevano picchiato Caserta: il ricordo le fa capire quello che era successo davvero e zio Filippo non era a riempire di botte Caserta… aveva infatti preso il piccolo Antonio per i piedi e lo aveva tenuto tra i due piani di scale, minacciando di ucciderlo nel caso in cui Caserta avesse reagito. Mentre ricorda meglio il pestaggio di Caserta da parte del padre, Delia precipita in una fantasia in cui ricorda lei e Antonio (la piccola Delia odia Antonio perché non riesce bene nel gioco e così Delia si sente solo Delia e non Amalia) che si toccavano nel passeggino e si accorge che quello non è un ricordo, ma una fantasia e si rende conto che le manca qualcosa per capire a pieno la situazione. Delia ricorda il piacere e il terrore e capisce che forse non era il bambino Antonio a toccarla, forse era Caserta o forse… il padre di Caserta, il nonno di Antonio, il venditore di coloniali. (—> Il passaggio evoca il libro di Elsa Morante Il gioco segreto). Delia aveva raccontato una bugia al padre perché aveva subito una molestia e non riusciva ad elaborare la sua sofferenza. Delia ha capito davvero cosa è successo e il motivo della bugia: voleva nascondere anche a se stessa qualcosa che era indicibile.
 
 Il discorso dalla violenza, alla oscenità, dalle violenza sui bambini, nasce qualcosa di positivo. Il non sapere, la rimozione e poi la scoperta dolorosa, diventa la possibilità di dire, di dire anche questo. Il discorso sulla scoperta di Delia su quello che le era successo da bambina diventa un discorso sulla parola e sulla funzione che la parola può avere. La continuazione della scena è sorprendente: non è solo un discorso su quello che è capitatolo a Delia e sul nonno pedofilo padrone del Bar-Pasticceria. Delia dice che “Dire è incatenare tempi e spazi perduti”: le parole possono sconfiggere il trauma e la violenza, le parole possono controllare il dolore. 
 
 La rivelazione ha reso possibile dire quello che non era dicibile. Delia riconosce quanto odio, altra faccia dell’amore, aveva rovesciato sulla madre. Delia quando esce dal cortile non incontra subito Caserta, ma più avanti lo ritroveremo. Delia capisce che non ha più bisogno di parlargli e di chiedergli scusa. Delia ha capito che può raccontarsi e che non c’è bisogno di parlare con nessuno, lei ha ritrovato la sua verità e non necessità di conoscere i dettagli della morte della madre sulla spiaggia. 
 - Il finale del romanzo è pieno di forse. 
 - Le parole e i vestiti si assomigliano
 - Capitolo 26: il romanzo però non può finire se Delia non ritorna un’ultima volta alla spiaggia, luogo dove la storia è iniziata. Delia prende un treno per tornare a Minturno e si incontra ancora una volta con la violenza e la volgarità dei maschi: sul treno ci sono dei soldati di leva che immaginano delle violenze che potrebbero fare a dei loro superiori di leva e quando si accorgono che è presente anche una donna, esagerano ancora di più per mostrarsi forti e la guardano (guardare = controllare). Delia scende poi dal treno e va sulla spiaggia delle vacanze e della morte di Amalia. Delia aspetta l’alba e continua a ricordare quello che successe alla madre e ha un ultimo ricordo aggressivo, una domanda su chi fosse sua madre, che non viene risolta. Ricorda che la madre era stupita quando comparvero i primi bikini e che lei al contrario utilizzava un costume che le copriva anche le cosce. Ricorda poi anche quando andavano al cinema all’aperto, situazione di grande sofferenza, poiché la piccola Delia immaginava che qualcuno potesse toccare la madre o dire qualcosa (le ansie del padre ricadono tutte su Delia e sulle sorelle, costrette a sedersi intorno alla madre per proteggerla dagli uomini). Delia ricorda ancora una volta il sorriso (—> segnale di corporeità, rottura delle regole. Libro psichiatria esistenzialista, Il riso e il pianto) di Amalia. 
 
 Delia si domanda ancora una volta chi era sua madre: se sua madre senza il padre non rispettava le regole, MA la penultima immagine di Amalia che viene a Delia è di Amalia che poggia la testa sulla spalla del marito parendo felice. Amalia aveva forse amato suo marito? Delia ricorda come le desse fastidio scoprire che sua madre era felice e sapesse ritrovare la propria libertà. Delia si ricorda poi come se tutta la sua vita fosse stata orientata a non assomigliarle, poiché paradossalmente, nel suo inconscio, voleva essere lei. A questo punto Delia tira fuori la sua carta d’identità e, dopo averla modificata con un pennarello, si accorge che la ragazza nella foto sembra la madre Amalia (= foto della carta d’identità della madre che sembra Delia). 
 
 Delia ha riscoperto pienamente la sua vicinanza alla madre, che diventa quasi identificazione. Delia ha ritrovato l’equilibrio perché ha saputo riconoscere nella figura materna una donna vitale che ha cercato in tutti i modi di farla vivere normalmente. Il percorso è tornato al punto di partenza: la storia comincia adesso. Delia ha risolto la sua nevrosi, ha trovato la serenità, è pronta ad una nuova vita. Il romanzo di formazione si è concluso e Delia può finalmente andare per il mondo con serenità. 
 - Il discorso sul finale è un discorso sulla possibilità che le parole possano dire qualsiasi cosa e che sia possibile, attraverso le parole, ritrovare la serenità e “guarire”. La letteratura è un modo di dare senso e significato alla propria vita. 
 
 
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