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Teoria di Hull: Costruzione di un sistema teorico sull'apprendimento, Dispense di Psicologia Generale

psicologia cognitivaPsicologia Comparatapsicologia socialePsicologia evolutiva

Clark hull, teorico dell'apprendimento più importante della sua epoca e rappresentante del comportamentismo, concepiva la sua teoria come una struttura logica costituita da postulati e teoremi. Hull si occupava di ipotesi di ampia portata, sottoponendo i teoremi a verifica con esperimenti controllati. La teoria di hull si proponeva di esporre in tre volumi, con il secondo contenente analisi dettagliate di comportamenti individuali in diverse situazioni. Hull intendeva elaborare un sistema per prevedere le variabili dipendenti del comportamento in base a variabili indipendenti, organizzando le variabili intermedie in uno schema di previsione articolato in quattro stadi.

Cosa imparerai

  • Come organizzava Hull le sue variabili intermedie in uno schema di previsione articolato in quattro stadi?
  • Come Hull intendeva prevedere le variabili dipendenti del comportamento in base a variabili indipendenti?
  • Quali sono i postulati fondamentali della teoria di Hull sull'apprendimento?

Tipologia: Dispense

2018/2019

Caricato il 27/11/2019

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silvia-toscano-1 🇮🇹

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Scarica Teoria di Hull: Costruzione di un sistema teorico sull'apprendimento e più Dispense in PDF di Psicologia Generale solo su Docsity! CAPITOLO 5 Hull: la costruzione di un sistema teorico formalizzato La più ambiziosa tra le teorie dell’apprendimento di indirizzo connessionista è quella di Clark Hull. Hull è stato il teorico dell’apprendimento più importante della sua epoca e un esponente del comportamentismo. In lui vediamo il pieno dispiegamento logico della tradizione connessionista legata alla teoria del rinforzo. L’elaborazione della teoria con il metodo dei postulati Hull concepiva la teoria come una struttura logica fatta di postulati e di teoremi. I postulati sono asserzioni su vari aspetti del comportamento; non si tratta di leggi ricavate dagli esperimenti, ma di definizioni più generali circa i processi fondamentali in gioco. Ciascuno di questi postulati non è dimostrato, ma viene assunto come vero e utilizzato come punto di partenza per dimostrare come da esso discenda la verità di altre asserzioni. Da questi postulati si possono dedurre svariate altre asserzioni, denominate teoremi. Ciascuno di questi teoremi può essere dimostrato con argomentazioni logiche partendo da una qualche combinazione di postulati; questi teoremi assumono la forma di leggi del comportamento. Una teoria così concepita non è altro che una costruzione logica. Aver dimostrato un teorema significa che se sono veri i postulati di partenza, allora anche il teorema deve essere vero. Affinché la teoria abbia valore come descrizione del mondo reale, è necessario confrontare i teoremi con le effettive leggi del comportamento cui si è pervenuti mediante la conduzione di esprimenti. Una volta giunto a stabilire per via logica che quei dati teoremi derivano da quei dati postulati, deve poi stabilire per via sperimentale se tali teoremi sono veri. Se il risultato è positivo l’intera teoria ne esce suffragata; in caso contrario, ne viene indebolita e nasce quindi la necessità di apportare delle modifiche alla teoria. Il teorico parte da alcuni postulati che possono essere veri oppure no; dimostra poi sul piano logico che, se tali postulati sono veri, devono esserlo anche certi teoremi. Stabilisce, con esperimenti, se ciascun teorema è effettivamente vero; infine utilizza i risultati cui è pervenuto in merito alla verità o falsità dei teoremi per trarre conclusioni sulla verità o falsità dei postulati da cui è partito. Se un teorema si rivela falso, il teorico sa che è falso almeno uno dei postulati di cui si è avvalso per dimostrare il teorema. Di conseguenza è necessario modificare questo o quel postulato in modo tale che ne risultino veri i teoremi che ne discendono. Se invece tutti i teoremi si dimostrano veri, i risultati positivi di questa verifica rafforzano la sua fiducia nel fatto che tutti i postulati siano veri. Il teorico, in realtà, non può mai essere sicuro che tutti i suoi postulati di partenza siano veri, dato che a volte postulati falsi possono condurre a teoremi veri. Più sono numerosi i teoremi che si dimostrano veri, più il teorico giunge a convincersi che siano veri anche i postulati, ma esiste sempre la possibilità che prima o poi un teorema dedotto dai postulati iniziali si riveli falso. Hull si occupava di ipotesi di ampia portata, che abbracciavano l’intero ambito dei comportamenti degli esseri umani; Hull mise per iscritto i suoi postulati e sottopose a verifica i teoremi con esperimenti controllati. Hull non considerava la sua teoria un’esposizione definitiva sulla natura dell’apprendimento, ma piuttosto una formulazione provvisoria, suscettibile di correzioni e ampliamenti così da poter accogliere nuovi dati e nuove idee. Questa caratteristica era necessaria per il tipo di sistema teorico che egli voleva costruire; un insieme di postulati da cui si fanno discernere molte leggi del comportamento. Hull intendeva dar vita a una teoria abbastanza precisa affinché, nel caso in cui essa fosse contraria ai dati delle osservazioni, risultasse facile accorgersene. La teoria Hull si proponeva di esporre l sua teoria in tre volumi. Il primo libro doveva presentare e spiegare il suo sistema di postulati. Il secondo doveva contenere analisi particolareggiate di comportamenti individuali in svariate situazioni, questo libro espone 133 teoremi e le spiegazioni di come ciascuno di tali teoremi è stato dedotto dai postulati esposti nel primo volume, nonché i dati portati a conferma della correttezza dei teoremi in questione e della loro validità in quanto leggi del comportamento. A causa della malattia di cui soffrì Hull riuscì a malapena a finire la stesura di questo su secondo libro. Il terzo avrebbe dovuto presentare l’analisi di comportamenti osservati nel contesto di interazioni sociali. L’analisi articolata in quattro stadi Hull intendeva elaborare un sistema con il quale poter prevedere le variabili dipendenti del comportamento in base a diverse variabili indipendenti. Hull cercò di semplificare il problema di come formulare previsioni ricorrendo all’introduzione di variabili intermedie (o intervenienti). Hull ha organizzato le sue variabili intermedie in uno schema di previsione articolato in quattro stadi. Il primo stadio riguarda le variabili indipendenti da cui partire per avanzare le previsioni; il quarto stadio riguarda le variabili dipendenti in relazione alle quali si formulano le previsioni, mentre nel secondo e nel terzo stadio figurano le variabili intervenienti che hanno la funzione di mettere in collegamento variabili indipendenti e variabili dipendenti. Conoscendo i valori (ampiezza o grado) delle variabili indipendenti, Hull poteva calcolare i valori delle variabili intermedie del secondo stadio. In base a questi ultimi poteva calcolare il valore della variabie intermedia del secondo stadio. In base a questi ultimi valori poteva calcolare il valore della variabile intermedia del terzo stadio, e, sulla base di quest’ultima, prevedere i valori delle variabili dipendenti. Nelle variabili indipendenti rientrano tutte le variabili che lo sperimentatore è in grado di manipolare. Alcune variabili indipendenti riguardano il tipo di stimolazione che il soggetto riceve in un dato momento; altre riguardano avvenimenti immediatamente precedenti, mentre altre ancora si riferiscono alle esperienze fatte in precedenza nella stessa situazione di apprendimento. Il secondo stadio dell’analisi presenta le variabili intermedie; queste variabili consistono in stati ipotetici dell’organismo che non sono osservabili ma che si presume siano direttamente influenzati dalle variabili indipendenti. Le due variabili intermedie più importanti sono la forza dell’abitudine e la pulsione. La forza dell’abitudine è la forza della connessione che si crea tra un dato stimolo e una data risposta, un legame che si è andato formando grazie alla sistematica ripetizione delle sessioni di addestramento seguite dal rinforzo. La pulsione è uno stato di applicazione dell’organismo; una riduzione dell’intensità della pulsione agisce da ricompensa. Dato che Hull è un connessionista la forza dell’abitudine è un concetto chiave: è la forza del legame che connette un dato stimolo a una data riposta. Per indicare la natura di questa connessione, la forza dell’abitudine viene abbreviata in SHR, dove H sta per abitudine (habit), mentre le lettere S e R indicano lo stimolo (S) e la risposta (R) che l’abitudine mette in collegamento; l’abitudine è una connessione permanente la cui forza può aumentare ma non diminuire. Tutte le esperienze prolungate di apprendimento comportano la formazione e il consolidamento delle abitudini. Hull arriva ad affermare che ogni tipo di rinforzo porta alla riduzione dell’intensità di una pulsione. La velocità con cui la forza dell’abitudine va crescendo per effetto del rinforzo delle risposte che si susseguono segue che in economia è nota come “legge dei rendimenti decrescenti”; ciascuna successiva risposta rinforzata contribuisce all’aumento di SHR meno della risposta precedente, fino a quando si raggiunge un punto in cui il rinforzo che segue le ulteriore risposte successive non ha quasi più nessun effetto dell’abitudine. La pulsione è uno stato temporaneo dell’organismo indotto dalla privazione di qualcosa che è necessario al corpo oppure da una stimolazione dolorosa. Sono numerosi e di vario genere gli stati pulsionali. Le pulsioni hanno due funzioni diverse: in primo luogo ogni stato pulsionale genera un caratteristico stimolo intenso, associato a una pulsione, che indica la particolare condizione di necessità che causa sofferenza all’organismo. Una rapida riduzione dell’intensità di questo stimolo ha effetti rinforzanti; la risposta che compare subito prima che i verifichi una riduzione dell’intensità di uno stimolo pulsionale è quella che viene appresa quale risposta agli stimoli che siano presenti in tale circostanza. La seconda funzione che svolgono le pulsioni è una funzione attivante e stimolatrice; tutti gli stati pulsionali concorrono a determinare il livello complessivo di attivazione pulsionale dell’organismo; questa situazione pulsionale complessiva (abbreviata nel simbolo D) porta a un aumento del livello di attività dell’individuo. Questo effetto di attivazione determinato da D si può riscontrare sia 6
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