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L'architettura in villa in Lombardia tra Quattrocento e Cinquecento, Appunti di Storia Dell'arte

L'architettura in villa in Lombardia tra Quattrocento e Cinquecento (appunti generali del corso, con indice di consultazione)

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 23/06/2023

WilliamLimonta
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Scarica L'architettura in villa in Lombardia tra Quattrocento e Cinquecento e più Appunti in PDF di Storia Dell'arte solo su Docsity! STORIA DELL’ARTE LOMBARDA A.A 2022/2023 Prof.ssa Monica Visioli Dipartimento di Musicologia e Beni Culturali dell’Università di Pavia - Campus di Cremona- “L’architettura in villa in Lombardia tra Quattrocento e Cinquecento” Indice: I. Alcune premesse II. Le Ville Medicee (Trebbio, Cafaggiolo, Careggi, Poggio a Caiano) III. Le testimonianze in Lombardia (Castelletto di Mirabello, Castello di Cusago, Castelletto di Villanova, Villa Mirabello, Domus di Francesco Eustachi a Caselle, la Sforzesca, Castello di Branduzzo, Palazzo Bottigella, Bicocca degli Arcimboldi) IV. Villa Gualtiera - Gonzaga - Simonetta a Milano V. La letteratura in villa tra Quattro e Cinquecento VI. Villa Visconti - Borromeo - Litta e Ninfeo di Lainate Le Ville Medicee Villa del Trebbio (in Mugello) Costruita per Cosimo Il Vecchio De Medici Architetto: Michelozzo Edificio: situato lungo asse viario, con tre vie come punto strategico Adattamento della struttura precedente (dopo Giovanni de Bicci, padre di Cosimo, testimoniato dal catasto del 1427): a partire dagli inizi del XV sec. (1433 ca.) Cosimo: si rifugia nella residenza durante gli anni turbolenti a Firenze. Villa: con struttura ancora medievale della fortificazione, utilizzata dalla famiglia per residenza e supervisione dei lavori agricoli. Iconografia: dipinti di Giusto Uttens nelle 14 lunette su 17 rimaste (1580, in origine dovevano essere presso la villa di Artimino, oggi si trovano presso villa della Pietraia a Firenze), villa con ponte levatoio e fossato. Trebbio: villa con abitazioni dei contadini intorno, con piccola cappella. cortile: con scala interna per i piani superiori con i vari collegamenti. Michelozzo: realizza un terrapieno, per ottenere un giardino alla stessa altezza della villa. Giardino: con aiuole ordinate, simmetriche con grande fontana al centro. Ai lati: pergolati per la coltivazione di piante aromatiche. Pergolato: aveva un dislivello: con colonne in cotto e capitelli di Michelozzo tipici (ma non ancora all’antica), con campana scanalata Chiesa: con forme lineari del Quattrocento, anche se forse l’origine è trecentesca (testimoniato da una una lapide in chiesa). Villa di Cafaggiolo Situata presso Barberino del Mugello. Di proprietà dei Medici già dal 1359, ristrutturata anch’essa da Michelozzo. Villa: in pianura, come castelletto. Intorno al castello: struttura che utilizza il fiume Trebbio (con cascine produttive a lato) Stile architettonico: simile alla villa del Trebbio (struttura fortificata) Grande centro produttivo: 1400: presenti 21 fattorie 1500: presenti 60 fattorie Villa di Careggi Struttura imponente, con caratteristica nuova. Villa: come luogo di rappresentanza (verso una nuova idea di carattere umanistico) Sede dell’Accademia Neoplatonica fiorentina Con loggia e cappella + palazzi per lavoratori. Careggi: facciata con andamento curvo, estesa ed allungata Corpi di fabbrica sporgenti sul giardino. Uno dei due corpi con loggia. Vengono ospitati diversi personaggi illustri: figlio di Francesco Sforza (Galeazzo Maria), il quale viene inviato dal padre in alleanza (come collaborazione tra le due famiglie) Pianta edificio: stabile e coerente con le ville medicee precedenti. Svolta vera: a Poggio a Caiano, verso la villa rinascimentale Villa di Poggio a Caiano 1490: architetto Giuliano da Sangallo Stacco netto, con architettura ex novo su volontà di Lorenzo il Magnifico. Realizzazione di cascine medicee (nei pressi della villa), come centro produttivo. Le terre per la costruzione della villa vengono acquistate dai Rucellai, poi Strozzi e poi Medici. Terre: diventano più fertili, anche grazie alla creazione di nuovi canali (es. regolamentazione del torrente Ombrone, con operazioni idrauliche per acque ad uso agricolo) Modifica del territorio: introduzione dci razze pregiate di bacini, ovini, allevamento baco da seta, fagianaia, uccelli esotici…investimento di carattere produttivo ed economico. Lorenzo il Magnifico: condivide i suoi progetti al Moro (mentre veniva realizzata la Sforzesca, ma tale condivisione non verrà mai presa in considerazione). Cascina medicea (fattoria): quadrilatero recintato, con fossato intorno e torri angolari. struttura: con ampi spazi per le stalle, pavimentazione in pietra della parte interna della cascina, con pulizia degli interni. Lato sx: strutture abitative, per il fattore (dove risiedeva), altri spazi: locali di servizio. Innovativo sistema produttivo. Villa: chiamata ‘Ambra’ dal Magnifico su edificio precedente dei Rucellai. Villa: in posizione sopraelevata, con architettura nuova (molto diversa dal palazzo cittadino e dal castello). Figura di Giuliano da Sangallo: studia a Roma gli edifici antichi, costantemente aggiornato sull’architettura contemporanea (es. testimonianze di disegni per la chiesa di S.Spirito in Firenze di Brunelleschi) Lunetta di Uttens: giardini rialzati intorno. villa: ingresso con portico, poi vestibolo quadrato (stanza di primo accesso). Dal vestibolo: partono diversi percorsi, con. Salone centrale. Intorno alla villa: aiuole con parco immenso alle spalle Quattro angoli della villa: spazi abitativi per la famiglia e ospiti, con una struttura simile (come configurazione) e medesimo numero di stanze. Villa: struttura razionale, con precisa divisione tra spazi di rappresentanza e spazi privati. Esterno della villa: su un piano, con origine antica (infl. Virtuvio Basis portium,ovvero sopraeleva la struttura della villa). In posizione angolare: raddoppia i volumi per i pesi equamente da distribuire (aggiunta di due paraste angolari) Parte superiore: semplice (materiali: intonaco bianco + pietra serena) Nuovo elemento: frontone del tempio classico, al centro della facciata, per accoglienza degli ospiti. Tempio ionico, come fronte di tempio esastilo, con regio decorato da Della Robbia (scene di coltivazione, vita dei campi, connessione al contesto della villa), con al centro lo stemma mediceo. Volta che copre il portico: a botte, con la tecnica antica del calcestruzzo. Villa Ambra, perché si chiama così? Ambra: ninfa fluviale della mitologia etrusco - romana, inseguita dal satiro Ombrone (torrente) Sforzesca (Vigevano) Territorio di Vigevano: caro agli Sforza (si veda ad esempio il grande Castello Visconteo) Sforzesca: da una proprietà di Francesco Sforza Terreni incolti: per garantire l’irrigazione a partire da Giovanni Visconti, il quale devia il naviglio vigevanese Ludovico il Moro: interesse verso Vigevano (apertura piazza vicino al Castello, nuovo piano di irrigazione, avvio della Sforzesca) Attività alla Sforzesca: cavalli, coltivazione della seta, possedimenti vari e molteplici (autentica azienda agricola) Quadrilatero di 125 m x 109 m Sui lati: stalle + deposito, e agli angoli: abitazioni (struttura che ricalca quella di Pier de Crescenzi) Stalle: rimaste come in origine, divise in navate su piccoli pilastri di granito, con assetti originali + canali di scolo e mangiatoie. Edifici angolari: definiti come ‘colombarie’, intesa anche come strutture abitative (pianta rettangolare su tre piani) Pianterreno con finestre ad arco scemo, sopra con arco acuto Sforzesca: ricordata nelle poesie di encomio al Moro (vedasi le epigrafi sui lati delle colombari) Struttura: gestita da 4 affittuari, tra cui Filippo Guascone, uomo di fiducia del Moro. Colombari: ogni piano con due ambienti (uno più grande uno più piccolo), al centro: scala a rampe sovrapposte. Sforzesca: lasciata ai domenicani di S. Maria delle Grazie, ma non riescono a prenderla per arrivo dei francesi (rimane al Trivulzio) Struttura: anche parzialmente di delizia (con testimoniato labirinto), ma poco utilizzato dal Moro, in quanto preferiva il castello di Vigevano. Moro: dormì poche volte alla Sforzesca. Similitudini alle strutture delle cascine medicee di Tavola (Poggio a Caiano), anche se in quel caso il massaro risiedeva su un lato, mentre a Vigevano erano le 4 emergenze delle colombarie a svolgere la funzione residenziale. Stato di conservazione: precario, solo le colombari tenute meglio. Castello di Branduzzo (PV): A sud di Pavia, tra Pavia e Voghera (sud del Po) Dalla metà del 1400: terreni dei Botta, di origine pavese. Origini: non note, ma con Giovanni Botta, sostenitore dei Visconti prima e poi Sforza, grande prestigio economico. Giovanni Botta: diventa referendario e poi maestro delle entrate, ottenendo terre a sud del Po. Figlio Giacomo: diventa vescovo di Tortona (S/E di Voghera, in direz. Genova). Bergonzo Botta (altro figlio di Giovanni): eredità della posizione di maestro delle entrate, diventa uno dei due uomini di fiducia di Ludovico il Moro (insieme a Marchesino Stanga, di Cremona). Tombe del Moro: sepoltura delle figlie a S. Maria d. Grazie. Bergonzo: acquisto delle terre (Pavia - Voghera - Tortona), con al centro Branduzzo, baricentro. Bergonzo: abile politico, ricchezze conservate anche con l’avvento dei francesi. Branduzzo: deriva i canali per l’irrigazione dei terreni. Bergonzo botta: deviazione del corso del Po, prima creando nuove anse, forse tramite l’aiuto di Bramante o Leonardo, ma ciò provocò allagamenti, quindi si decise di operare tramite il taglio del fiume Tenuta di Branduzzo: struttura ibrida. Quadrilatero con perimetro, con due rettangoli (2 corti) 1° corte (piccola): sulla quale si apre il palazzo 2° corte (grande): corte agricola e rustica con le abitazioni dei salariati Vedendo la disposizione attuale delle strade, si ipotizza anche un 3° spazio, forse inerente alla struttura abitativa, ma mai realizzato. Palazzo di Bergonzo: struttura ad H, anche se non perfettamente regolare Corpo di fabbrica: rettangolare, con un corpo di spina che taglia a metà Pianta: parti quattrocentesche raggiunte nel ‘700 (ad esempio scalone a 3 rampe), dalla famiglia Botta - Adorno. È probabile che la struttura abitativa (intorno al cortile piccolo) sia preesistente, quindi venne demolito il lato corto a nord per completamento della costruzione del palazzo. Torrette agli angoli (lato corto a sud): costruite da Bergonzo. Stanze: situate verso la corte, con il portico dopo il quale si trova la sala grande. Corpo principale: a 3 piani Interrato: cantina con volta ribassata (ancora oggi rimasta secondo il modello 400’) Pianterreno: ambienti con copertura a cassettoni Piano superiore: copertura a volta Parte più antica: è il lato breve con le torrette quadrangolari (ricorda molto la struttura del castello di Pandino, anche per la sua funzione di luogo di delizia) Aspetti decorativi nelle torrette: Aperture a sesto acuto nelle torrette: risalgono alla prima metà del ‘400, poi parte conclusiva senza decorazioni, ad eccezione di un marcapiano con cornice a cuspide a denti di sega (come nella Sforzesca) Luisa Giordano: nota che sull’esterno vi sono tracce di redondone (cornice bombata connessa prima del termine: tipico delle strutture fortificate). Parte ricostruita: con torri nuove che inquadrano la facciata (torri: possiedono elementi architettonici) Facciata: tipica del palazzo, con corpo di fabbrica su 2 piani. Finestre di medesima altezza, divise da trabeazione e marcapiano. finestre: possiedono cornici, con rimandi all’architettura colta. Portico che da sul giardino: ricostruito nel ‘700, del ‘400 rimangono le finestre. Il portico, poi, proseguiva verso una corte chiusa, nel ‘400. Dettagli del portico: in cotto, ghiere degli archi con cornici modanate, foglie di acanto: tipiche dell’architettura padana del ‘400 (es. Cappella Collleoni a Bergamo). Chiave d’arco: profilo all’antica. Lato esterno: facciata su due ordini, con finestre che riprendono il ritmo regolare delle aperture. Tra le finestre: presenza di parasta. Finestre esterno: con decorazione in terracotta dell’esterno, cornice che corre sotto le finestre, tipiche dei palazzi pavesi terrecotte: in stampi, usati fino all’ottocento, dunque difficile datare delle terrecotte. 1° piano: finestre rettangolari, in cornice superiore, con semicerchio ribassato in stile rinascimentale (1492 - 95, oltre fino alla fine del secolo). Presenza anche a Piacenza (Palazzo Landi, sede attuale del Tribunale) Altre finestre: con timpano, tipiche dell’architetto Giovanni Antonio Amadeo (retaggio all’antico) Branduzzo: architetto non noto, ma sicuramente maestranza della corte ducale. Terrecotte: con tondi, presenti negli anni ’80 ma ora scomparsi. Tondi: con teste di profilo, intorno con testine di profilo più piccole; tradizione delle testine: derivanti dalla Certosa di Pavia (zoccolo in pietra / marmo con profili in medaglioni). Villa Gualtiera - Gonzaga - Simonetta a Milano Edificio (inizi ‘500) su diverse proprietà di varie testimonianze (struttura che testimonia il passaggio dal quattrocento al cinquecento) villa: ora sede della Scuola Civica ‘Claudio Abbado’ Villa: con struttura ad U VICENDE STORICHE: Primo corpo di fabbrica originale da Gualtiero Bascapè In origine: il luogo era una vigna (bene immobiliare dell’ospedale Cà Granda) Vigna: in connessione ad usufrutto (fam. Bossi / De Vegis) 1502: Bascapè acquista il terreno Bascapè: maestro delle entrate di Ludovico il Moro (segretario di fiducia, con contatti con maestranze). Quando il Moro lascia Milano, Bascapè non abbandona il castello, in quanto viene stipulata una trattativa alla difesa della sua figura. Dopo il Moro, lascia la vita politica, dedicandosi a quella religiosa: entra nella Confraternita della S. Corona (presso S. Maria delle Grazie) Confraternita: ente potente (commissione a Tiziano dell’Incoronazione di Spine) Gerolamo Ferrari: avvia alla vita ecclesiastica il Bascapè 1502-5: costruzione della villa, dal 1507 al 1509 vi vive il Bascapè. Bascapè muore senza eredi, fa richiesta al fratello e ai confratelli di vendere la villa (proventi in beneficenza). Villa: affidata alla famiglia Rabia (dal 1515), con terreni in gestione a privati. Rabia (1515 - 1544): interventi che modificano la struttura interna ma non di grande rilevanza 1544: al Cicogna, commissario sulle tasse dei cavalli (sotto gli spagnoli) Struttura: con elementi tipici della corte rustica lombarda. Giardino: cintato sul lato dx, sopra: loggia. 1550: terreno più valutato è quello dove sorge il palazzo. Cambio di funzione: non più centro produttivo, diventa luogo di svago e di rappresentanza (luogo ibrido) Dal 1546: interesse famiglia Gonzaga (governatore Ferrante Gonzaga): profondi lavori d’intervento alla villa Ferrante Gonzaga: si segnala subito per il suo coraggio (sacco di Roma 1527). 1531: premiato come uomo di fiducia dell’imperatore 1535: viceré fino al ’46 in Sicilia 1546: a Milano, rinnovamento della città (es. rinnovamento del Palazzo Ducale + viabilità di Milano: abbattimento delle botteghe davanti a piazza duomo) 1547: la Gualtiera diventa di proprietà della fam. Gonzaga (con un prestito fornito da Tommaso Marino) 1548: inizio di lavori alla Gualtiera (acquisto del materiale per la costruzione delle logge a 3 livelli) 1549: cerimonia di intitolazione della villa ‘Gonzaga’ 1551: la facciata viene completata (decorazione all’interno con scalone e giardini) 1554-55: fine lavori (Ferrante non è più governatore della città di Milano) Dopo Gonzaga: Simonetta (religioso), senza grandi interventi sulla struttura. Sette - Ottocento: declino (rimane famosa per l’Eco: meta di diversi viaggiatori nel Grand Tour) Ottocento: diventa ricovero di malati di colera Fine Ottocento: Osteria “al rinomato eco della Simonetta” Seconda Guerra Mondiale: bombardamenti che compromettono seriamente la struttura. Scuola Civica (post 1950): recupero importante della villa e decisivo ripristino. LA STRUTTURA DELLA GUALTIERA: Ipotesi di architetto della villa: Bernardo Zenale, pittore lombardo (con competenze architettoniche - cinque le ipotesi che sostengono questa posizione. Corpo: ad U, con 2 pescherie e campi. Pianta cinquecentesca: struttura con corpo centrale + corpo di fabbrica laterale con cappella (già presente nella struttura originale). Aspetto della Gualtiera originale: struttura centrale, con cappella con affreschi (separata dalla villa, non esisteva il portico), probabilmente su due piani (struttura di questa villa come unicum, senza precedenti e seguito) Ambiente centrale: vestibolo. Novità: aggiunta di 2 portici angolari gettanti verso il giardino. La parte abitativa dava sulla facciata, con scarsa per l’accesso. Struttura generale: tipica delle ville quattrocentesche, ma con portici che cambiano l’assetto. Cosa rimane della villa quattrocentesca? Dalle ricerche di Castellano: 2 archi a pieno centro, ritrovati sul lato dello scalone con un tondo (tipico dell’architettura lombarda del periodo), con al di sopra cartelle rettangolari con conclusione a coda di rondine. Su altro lato: oculo in una cornice orizzontale (come confronto: torre di palazzo Bottigella a Pavia, Chiostro di Sant’Abbondio a Cremona) CAPPELLA: Cappella: costruita contemporaneamente alla villa, ricavata dal piano terra della torre colombaria. Divisa in 2 spazi: prima, con altare; seconda, intesa come sagrestia o forse aula per preghiera individuale. Dopo il Bascapè, la cappella assolve ad altre funzione. Struttura dell’altare: scarsella (da Brunelleschi es. cappella dei Pazzi) Affreschi (opere dello Zenale): volta a botte con cornice (in origine, in stucco). Santi in ginocchio S. Ambrogio, S. Girolamo: affreschi di Zenale (deposizione / pietà). Penale: spazi, con fonte di luce che sembra arrivare dall’esterno (creazione di spazi nuovi). Opere di Zenale: Poldi - Pezzoli, Bagatti -Valsecchi (MI) Zenale fa scuola per la novità dello studio prosettico. Luce: con finestre rettangolari, rivolte verso i quadri, come illusione di fonte di luce reale. STRUTTURA DELLA GONZAGA: Architetto di Ferrante Gonzaga: Domenico Giunti (Prato, 1505) Viene citato nella 2° ed. delle Vite del Vasari (Domenico Giuntalochi, 1568), narrata all’interno della vita di Niccolò Soggi. Giunti: definito da Vasari ‘non bravo come pittore’, dopo lo studio dal Soggi va a Roma dall’ambasciatore di Portogallo. Attività di Giunti: disegni per incisioni, a Roma (es. Colosseo, incisione di Fagioli da un disegno originale del Giunti). In queste opere viene chiaramente messo in luce l’interesse architettonico del Giunti (opere e rilievi in prospettiva di edifici antichi) 1535: Giunti viene chiamato come artista tuttofare (fortificazione di luoghi / disegnatore / architetto), da Ferrante Gonzaga, allora viceré in Sicilia. Giunti: diventa ‘guardaroba’ di Don Ferrante. Dopo Sicilia: Ferrante e Giunti a Milano. Al termine della vita: lascia in eredità la sua fortuna ad una scuola di Prato Opere di Giunti a Milano: cosa resta? 1) Chiesa di Sant’Angelo (ora S. Maria degli Angeli), per i francescani: grande spazialità, in un unica aula con volta a botte lunettata (molto luminosa) 2) Costruzione delle nuove mura (demolizione di edifici, tra cui chiesa dei francescani precedente) Ultima fase della sua vita: progetti a Guastalla seguendo Ferrante (impianto generale della città + piazza con statua commemorativa di Ferrante Gonzaga) 1547-49: lavori alla Gonzaga Su una delle ali: decorazione con volta ad ombrello, con grottesche e vegetali. Altre decorazioni: con fregio (come a Branduzzo), motivi all’antica (retaggio dell’esperienza romana del Giunti, es Farnesina con Amore e psiche di Raffaello + finte architetture e paesaggi di Roma di Baldassarre Peruzzi) Le pareti della Gonzaga sono senza decorazioni: si presentavano con arazzi (dalle Fiandre, idea dalle corti europee). Arazzi: anche funzione termica per conservare il calore. Ferrante in possesso di arazzi di Raffaello Arazzo conservato, proveniente dalla Gonzaga: Arazzo dei piccoli putti (ora in Coll. Gonzaga). Camini: manieristi (con zampa di leone, con stemmi di famiglia e simbolo del ‘toson d’oro’), con sguardo importante a Giulio Romano. Finestre crociate presenti: non tipicamente lombarde, ma di origine avignonese (dopo Nicolò V: diffusione) Testo di Bartolomeo Taegio (‘L’antico regime in villa’): aspetto del vivere in villa, ma non parla della Gonzaga (forse considerata di più di villa) Affinità della Gonzaga: Palazzo di Andrea Dori (a Genova), committente diverso. Doria: acquista una villa già esistente e si affida a Pen del Vara (realizza una caduta dei giganti su modello di Giulio Romano). Struttura del Palazzo: aggregativa (come la Gonzaga), con portici verso l’esterno. La letteratura in villa tra Quattro e Cinquecento Cinquecento: letteratura della villa in campagna (con diversi interessi), es. agricolo (testo di Agostino Gallo ‘Le venti giornate della villa’, con illustrazioni) Testi sullo stile di vita del vivere in villa (Taegio, Borghini). Taegio: passa in rassegna 250 ville intorno a Milano + orti botanici. Modi di vivere: si riferiscono alla classe sociale ben specifica della nobiltà (Partemio e Vitauro, in Taegio: si discute della vita in villa in campagna, dicotomia tra la vita in campagna e città) Giuseppe Falcone (Piacenza): La nuova vaga et dilettevole villa 2° edizione: 1612 Opera di carattere agricolo, oltre alla produzione anche elogi nei confronti della vita in campagna. Città: definita subito come elemento negativo (ozio) Lode della vita in campagna: fin dalle fonti antiche (età repubblicana), lavoro nei campi dei romani che fuggono dalla città per la campagna a lavorare. Indicazioni precise su dove edificare la propria villa: luogo comodo, ascoltando i pareri degli esperti (contadini e ingegneri). Dove NON costruire la villa: su strada pubblica, senza case intorno. Villa: posta su punto più alto. Descrizione di ambienti (struttura di azienda agricola): ingresso da cortile, padroni che siano lontani dalla stalla. Colombaia: sia annessa alla casa del padrone (inteso come anche luogo di controllo) Casa padronale: divisa in ambienti per estate ed inverno. Negli appartamenti: comodità, che non rimandi però la vita in città Ala a sud: granaio Portici: dinanzi alla casa del massaro e del padrone (che sia davanti e dietro, da sfruttare in tutte le stagioni) Agostino Gallo (Verolanuova - Brescia): Le venti giornate della villa 1572 Nella sua narrazione prende ad esempio i luoghi della bassa bresciana Con tavole di strumenti agricoli: guida a come seminare, quando farlo etc. Testo: in forma di dialogo (Giovan Battista Avogadro, a.e. di Gallo + Cornelio Ducco) Agricoltore: visione arcadica di chi coltiva la terra (terra: come maestra d’umiltà, che trasmette valori positivi) Testo di Gallo: interesse anche linguistico (es. uso onomatopee). Costante riferimento alla vita e agli usi degli antichi. Ad esempio, già ne para Petrarca: apprezza la vita in villa (vita che favorisce lo studio), anche Marsilio Ficino e Poliziano (in merito alle Ville medicee) Alberto Loglio (Ferrara): Lode al vivere in villa 1544 Dedicata ad Ercole Perinato (segretario di Alfonso d’Este) In evidenza: la contrapposizione tra vita urbana e vita rustica, ed esaltazione di quest’ultima. Bartolomeo Taegio (Milano): La villa 1559, dedicato a Ferdinando I, testo con grande fortuna. Taegio: studioso di legge a Milano. Definizione degli stili in villa (villa: come luogo preferito di villeggiatura; villa come stile di vita di una classe sociale es. aristocrazia milanese). Testo: con all’inizio composizioni poetiche dedicate all’autore (componente tipica dell’epoca) Testo del Taegio: importante dal punto di vista storico /sociale (testimonianza di costume) Spazio: definisce i ritmi e le attività dei signori nei soggiorni in villa Vivere in villa: momento di svago, allontanarsi dalla vita cittadina (caratterizzata da aspetti negativi, costante nella produzione letteraria di questo tipo), verso un godimento della natura e verso il controllo delle attività agricole. Dialogo: tra Partemio e Vitalio (a.e Taegio) Contenuti: Lode ai frutti della terra (di ciò che si può godere), forte interesse al giardino come aspetto centrale (ricorda e menziona il giardino, come esempio, mostrato ad Alessandro Magno a Quinconce: retaggio di impostazione architettonica dall’oriente, ad es. Cattolica di Stilo, San Satiro a Milano). Lode nei confronti dei Medici per le loro ville. Critica alla villa in città, in quanto non assolve alla volontà di creare equilibrio (equilibrio: città + campagna con aspetti positivi) Menzione di alcune ville da lui conosciute (luoghi raggiungibili in una giornata, di rappresentanza) Ville del Taegio: non qualificate per le architetture, ma per il giardino, come emblema della vita. Castello di Frascarolo (Induno Olona, VA) Struttura precedente: derivata dagli avi di Giovanangelo de’ Medici (prima metà ‘500) COMMITTENTE: Pirro I Visconti Borromeo: figura di primo piano Figura di mecenate: produzione di artisti di altri contesti (ad esempio, Camillo Procaccini) Membro di un ramo cadetto dei Visconti - Borromeo 1564: ultimo membro della famiglia principale muore (Annibale), e tutti i beni passano a Fabio I Visconti -Borromeo. All’interno dei beni: feudo di Lainate Dal 1585: attenzione verso Lainate per costruzione di una villa A Lainate: sono imposte delle ipoteche per saldarne i debiti. Pirro: anni ’80 amministra i beni di famiglia (Lainate), ovvero: 1) valorizza il terreno, aumentano l’irrigazione 2) Investimenti matrimoniali (1° volta: con famiglia Porro, ampi possedimenti terreni, che assimila dalla moglie appena morta; 2° volta: famiglia Marino, nipote di Tommaso Marino. Pirro diviene ancora più ricco, uno dei proprietari terrieri più grandi di Milano) 1590: acquisto della Villa Pliniana (lago di Como), di proprietà degli Anguissola, costruita vicino ad una cascata con fonte che funziona per fenomeno carsico. Prima: diviene responsabile laico della fabbrica del Duomo di Milano (come mecenate delle arti): conoscenza di Camillo Procacccini e Prestinari. Fama di Pirro viaggia oltre Milano, tanto che nel 1586 viene invitato alle nozze del Granduca di Toscana a Firenze. 1590: festeggia la nomina al soglio pontificio di Gregorio XIV (unico papa cremonese: fam. Sfrondrati), con grande falò, architetture particolari e fuochi d’artificio (gusto per lo spettacolo) Pirro: era legato alla fam. Sfondrati. Nel 1597: diviene ‘decurione’ della città e, per affermarsi, deve risedere nella città: affitta Palazzo Medici a Milano e lo ristruttura (ristrutturazioni a cura di Martino Bassi). Diviene anche consigliere del duca di Mantova (Vincenzo Gonzaga) Ultimo acquisto: Palazzo Arrigoni (opere di trasformazioni evidenti, di vario tipo, sempre a cura del Bassi) Amministrazione dei beni di famiglia: miglioramento delle funzioni delle fontane e delle irrigazioni (zona a nord di Milano: crea una fitta rete di canali per la gestione e la suddivisione delle acque, come regolato dai contratti, nei quali le famiglie importanti potevano usufruire delle acque per un certo n° di ore al giorno per le proprie irrigazioni dai canali principali). LA STRUTTURA DELLA VILLA: Cosa vi era a Lainate prima di Pirro? Alla morte di Annibale: vi era una struttura quattrocentesca, struttura legata all’amministrazione dei terreni (non ne parla infatti il Taegio) Corpo di fabbrica centrale e sua trasformazione Costruzione: 1585-87 Con Ninfeo: ricordato nelle guide antiche (anche Beccaria e Verri ne parlano) Struttura architettonico- abitativa: villa con a metà il ninfeo Giardino: su 2 assi principali (S/N: da palazzo ad esedra attraversando il ninfeo; SE/NO: da palazzo fino a cortile di piante) Giardino con serre: successivo 1585-87: distinzione tra zona ludica e produttiva (con giardino e Ninfeo) Pianta: corpo di fabbrica obliquo a quello centrale (dei servizi: nel ‘500 abitazioni di servizio). Ingresso principale: ad esedra con stemma di famiglia sopra. Corpo di fabbrica: con portico Cortile grande della villa (dopo l’ingresso): con forma trapezoidale, con evidente gusto costante per la prospettiva. Visibilità oltre il portico: sala quadrata con angoli smussati (ambiente di passaggio tra corte e giardino) Corpo di fabbrica: 2 piani Pianterreno: portico architravato, con colonne binate Colonne: realizzate in granito, di tipo dorico, anche se tuscanico (che trasmette forza), con elegante entasi (bombate) Palazzo originale: trasformazione di Martino Bassi In origine: struttura ad U (come in Villa Simonetta) Edifico a dx: successivo a Pirro Giulio Visconti Borromeo, successore di Pirro (1700): ala occidentale del palazzo diverso, introduzione di elementi piemontesi a forma di C rovesciata, con ali verso il giardino. Ipotetici archetipi architettonici: disegno di villa (raccolta Ferrari all’Ambrosiana a Milano) Secondo Morandotti, potrebbe avere rapporti stretti con Lainate Somiglianze: struttura simile, percorso assiale con cannocchiale prospettico, edificio intorno a corte centrale con cortile trapezoidale. Pianta primo piano di villa: ambiente di passaggio dal giardino a doppia altezza. Nel disegno e nella villa di Lainate: riferimento a Sebastiano Serlio (in relazione alle impostazioni e legami con piante di suoi edifici, nel VI libro del trattato: es. pianta di palazzo con ricorrenti ambienti circolari verso il giardino, con a lato quinconce) Bassi: probabilmente conosceva i testi del Serlio (uso corrente come manuale nel 1500) NINFEO: Ninfeo: realizzato dagli anni ’80 Oltre il palazzo principale: con cannocchiale prospettico, con nicchia finale con all’interno nucleo di sculture (ratto di Proserpina) in terracotta (nicchia conclusiva: con caratteristiche di architetture manieriste) Nel Ninfeo: incrostazioni di calcare / roccia + ordini architettonici “naturalia e artificialia" Colonne doriche: reggono in frontone spezzato Sopra il frontone: vasi (tipici del tardo ‘500) Pianta del Ninfeo: progettato dal Bassi Fontana di dimensioni monumentali Prima di questa definizione finale: altre idee del Bassi Inizialmente: solo teatrino d’acqua più semplice (individuato da Morandotti in un disegno della coll. Bertanelli al Castello Sforzesco di Milano + progetto di Lainate non firmato, con un semplice teatrino d’acque ad esedra con fontane con criptoportico, scansioni architettoniche) Progetto non realizzato Pianta definitiva: sviluppo orizzontale Con ingresso vestibolo: terminazione con ‘bracci’ Sala ottagonale: snodo della struttura (uscita verso il giardino oppure verso dx e sx all’interno dei percorsi delle meraviglie) Sala ottagonale: parte inferiore con finta grotta e statue, sopra con affresco e lanterna sulla sommità Struttura della sala: 2 modelli: Serlio (progetto per Fontainebleu: padiglione /ninfeo con pianta ottagonale), Terme romane (es. Terme di Diocleziano a Roma, diffuse in diverse realtà, dalle quali nascono i battisteri) Architettura esterna del Ninfeo: ingresso in un mondo magico All’interno: zampilli d’acqua, statue antiche e stalattiti da grotte lombarde. Sorprese d’acqua: fontanieri nascosti nella grotta che attivavano l’acqua al passaggio delle persone (stile enfatico, evidente nel manierismo) Ali esterne: sobrie (devono celare la sorpresa all’esterno) Paolo Morigia (appartenente alla nobiltà milanese): guida antica di Milano Libro V: architetti della città, vengono citati gli artisti che lavorano a Lainate. Gruppo dell’edicola finale in giardino (esedra conclusiva): Ratto di Proserpina (con forti similitudini al Ratto delle Sabine del Giambologna: stessa impostazione fisica del corpi) Fuori il Ninfeo: Adone (oggi al Louvre) Si trovava ai piedi della torre dell’acqua, opera del Prestinari Grande attenzione l’anatomia della figura con torsione del corpo Adone: ferito a morte da un cinghiale, ma salvato da Venere (viene messo in scena il pianto di venere, difatti la statua era accompagnata da un’altra di Venere, collocata in un altro punto del giardino) Iscrizione: ‘Adone risorge grazie a Pirro’ (rinascita grazie al committente) Progetto complessivamente iconografico: su suggerimento di Lomazzo Torre: testimonianza del 1619 (ad opera di Girolamo Borsieri) Descrizione di fontana, sui mosaici del Procaccini Mosaici: allora considerate opere minori, ma Borsieri cita il talento e l’opera del Procaccini. Torre delle acque: suo funzionamento tramite il trattato di Ingegneria di Agostino Ratelli (diffusione nel Milanese) I PROCACCINI A LAINATE Camillo Procaccini: lavori sia al Ninfeo, sia nel Palazzo. Nato a Parma nella seconda metà del 1500, si forma a Bologna (Parmigianino, Correggio) Prime opere: San Giovanni Battista alla fonte del deserto (gall. estense di Modena), cultura manierista figure torte alla michelangiolesca (riprese di Tibaldi, Romano) Altre opere: Presbiterio della chiesa di San Prospero a Reggio Emilia. Martirio di Sant’Agnese (coll. Borromeo): opera voluta da Pirro Visconti Borromeo per il Duomo di Milano. opera: svolta nell’arte lombarda, perché riporta alla cultura emiliana; registro diverso rispetto al San Giovanni giovanile, con forte teatralità, concezione spaziale importante grazie ai colori. Lavori del Procaccini a Lainate: fino al 1604 (anno di morte di Pirro). Volta a padiglione: parte realizzata a mosaico + parte affrescata (con grottesche, inserite bene nel contesto del Ninfeo) Agli angoli: cariatidi (da un modello parmense: probabilmente dal presbiterio della Steccata di Parma del Parmigianino) Sala al pianterreno del Palazzo, a fianco al portico: grottesche di volte a crociera + paesaggi con scene di eremiti Tra un paesaggio e l’altro: finte grotte (paesaggio illusorio come se visto in una grotta) Grottesche: con sfingi da colori sgargianti e vivaci + allegorie delle varie fasi della vita + figure di eremiti. Decorazione di paesaggi: molto diffusa in tutto il Palazzo, probabilmente Carlo Antonio Procaccini, fratello. Mercurio: con paesaggi e stemmi di famiglia Mercurio: accompagna le anime e i visitatori del palazzo. Mercurio è gonfiato dal vento con in mano il bastone (caduceo). Rappresentazione del Procaccini: dal basso verso l’alto, segue precisamente le indicazioni del Lomazzo per l’impostazione della figura. Procaccini probabilmente si ispira al Correggio (con influenza di studi leonardeschi), con sua rilettura dalla produzione sacra a quella profana (stesse impostazioni degli affreschi a S. Angelo e San Vittore al porto) 1603-4: in collaborazione anche di altri con il Procaccini. Affreschi nel palazzo di Lainate: Soffitto con abbondanza di elementi: horror vacui (in decorazione di grottesche), con varie figure fitomorfe, telamoni, mascheroni fogliati (praticati dal Procaccini fin dalle esperienze di Tibaldi) Teste Mascheroni: derivati dagli studi leonardeschi sugli appunti di pittura (appunti che circolavano) Figura centrale: figura scorciata da basso all’alto, figura femminile con due ipotesi di identificazione nelle rappresentazioni: Minerva / Atena (armata? Ma scudo senza medusa con leone e clava), nell’altra mano regge la spada, quindi identificazione con fortezza. Figura dinamica, in movimento maggiore rispetto a mercurio. Simbolo della fortezza: presbiterio della Chiesa di S. Prospero (Modena), come modello giovanile dell’opera di Procaccini Procaccini: dopo Lainate si occupa di opere di carattere religioso a Milano. Decorazione della volta: a padiglione Al centro: putti con targa centrale (dettagli di paesaggio come base della volta, trapezio con oculi inquadrati in cornici) Scene di caccia e pesca alla balena: scene di genere, riscontravano grande fortuna nella Milano del secondo cinquecento (apprezzati i pittori fiamminghi per le rappresentazioni dei paesaggi, ad esempio Federigo Borromeo: Paul Brill, Jan Bruegel) Autore dei paesaggi a Lainate: Carlo Antonio Procaccini (guarda ai fiamminghi, ad esempio S. Margherita alla coll. Ala Ponzone di Cremona, dove il paesaggio predomina sul soggetto sacro) Grottesche e mosaici: molto presenti a Lainate Alcuni mosaici, oltre a bianco e nero, erano dipinti successivamente . ———————————————————————————————————————— Considerazione critica delle grottesche: 1480-90: riscoperta a Roma delle antiche decorazioni delle ville romane (pittura lontana ideologicamente dal loro contesto) Interesse: Giovanni da Udine, Raffaello Secondo ‘500: dalla Riforma, vengono viste con sospetto (nascita di disputa, cui ne deriva il declino) Stagione cinquecentesca: esponente Antonio Campi, in opere giovanili (Palazzo Barbò a Torre Pallavicina) Gabriele Paleotti (cardinale): detrattore delle grottesche (contro la moralità: senza norma, di fantasia, in contrasto con il luogo di genesi, pitture considerate immorali perché non rappresentano la natura e quindi la verità), dibattito in difesa dell’Aldrovandi Paleotti: pittura dev’essere strumento di evangelizzazione, con messaggi precisi (ideale controriformistico della pittura: torture crude dei santi, situazioni di estasi e preghiera) Si sentiva supportato dal trattato di Vitruvio (contro grottesche) Lomazzo: a favore delle grottesche, verso la ‘bizzarria’ (secondo l’opinione di Pirro), verso la libertà espressiva del pittore e fantasia Vasari: grottesche ‘licenziose e ridicole molto’ Ninfeo: volte a grottesche, con grande varietà di soluzioni (decorazioni diverse a seconda degli ambienti: tricromia, con volontà di disorientamento grazie all’uso di modelli decorativi che ricoprono interamente le pareti e il pavimento) Autore delle figure / disegni: Camillo Procaccini. Putto: con accenti correggeschi (occhi incavati, ombre) Procaccini: disegni di draghi Grotte: conservati anche dipinti (eccezione assoluta per quanto riguarda i ninfei)
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