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"l'educazione interculturale nella scuola", Sintesi del corso di Pedagogia

Riassunto del libro "l'educazione interculturale nella scuola" scritto dalla docente Giusti e affrontato durante il corso di pedagogia interculturale dell'anno accademico 2018/19

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 14/11/2019

G.T.0901
G.T.0901 🇮🇹

4.5

(92)

57 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica "l'educazione interculturale nella scuola" e più Sintesi del corso in PDF di Pedagogia solo su Docsity! L’EDUCAZIONE INTERCULTURALE NELLA SCUOLA (Mariangela Giusti) L’educazione interculturale non prevede grandi margini di delega: richiede a chi insegna e a chi educa un’autentica volontà di capire e una reale disponibilità ad adeguarsi al nuovo. Essa serve a creare ponti di conoscenza reciproca, a far si che le classinon si configurino come sommatorie di tanti piccoli ghetti; serve a far si che l’apprendimento sia un esperienza significativa per tutti e non sia un qualcosa di frustrante; serve ad abituarci a vedere l’educazione collegata a doppio filo con la società multiculturale all’interno della quale l’educazione vive, progredisce e cresce. Verso una comprensione dialogica La mobilità etnico-sociale degli ultimi decenni è fondata su bisogni primari di sussitenza, di sopravvivenza alla fame, di tutela dei diritti umani e di sussitenza per i figli; parte dai luoghi della miseria per arrivare a quelli del benessere. I nuovi immigrati arrivano da stranieri e tali rimangono per tot tempo, si trovano in una convivenza in molti casi forzata con coloro che vivono nei paesi di arrivo e gli abitanti non riescono a veder di buon occhio i nuovi arrivati; chi già vive avverte un’angoscia sottile per una cultura che si contamina, per la propria identità a rischio. Moravia partendo dal presupposto che la cultura è fatta di un identità in cammino, propone di sostituire al concetto di “monoidentità” quello di “poliidentità”. È un suggerimento preziono ma al contempo molto difficile da far passare; eppure chi svolge profesisoni educative comprende il compito di chiedersi attraverso quali veicoli potrebbero avvenire cambiamenti di questa potata nelle convinzioni etiche e sociali e negli atteggiamenti quotidiani delle persone. In epoca passata il sermone, la predica o il trattato erano veicoli di funzione pedagogica; sucessivamente lo furono anche il teatro, i fil, il reportage, il fumetto e il romanzo. Rorty ritiene che le opere narrative possiedono la caratteristica di far conoscere in modo dettagliato le diverse forme di sofferenza patite da persone a cui prima non avevamo prestato attenzione. È utile che gli insegnanti prendano consocenza di un appartenenza culturale; essi possono aiutare a comprendere le pluralità dell’identità di ciascuno. Per entrare in una prospettiva di educazione interculturale è necessario un apprendistato lungo. I docenti hanno compreso checi sono le storie di vita, le narrazioni, le autobiografie da cui è possibile imparare. Gli scrittori sono coloro fedeli al tema che testimoniano la verità e la patrisocno fino in fondo assumendola su di sé. Dunque, possono venirci in soccorso in campi come l’educazione interculturale, in una prospettiva di comprensione dialogica e di porci l’obbiettivo di raggiungere, con la ricerca e l’immaginazione, la vista degli individui come nostri simili, almeno nel dolore. Gadamer ”nell’altro e nel diverso noi possiamo in qualche modo incontrare noi stessi ma vi è oggi il dovere di riconoscere nell’altro e nel diverso quel che vi è in comune” Una prospettiva educativa che appare necessaria è quella che propone un dialogo che sappia riconoscere e mantenere le differenze. Nel corso di questi ultimi anni nelle scuole di ogni grado e ordine, si è progettato con la finalità dichiarata di insegnare agli allievi la solidarietà semplicemente mettendola in pratica nelle occasioni pedagogico- didattiche che la scuola mette in piedi. La solidarietà non la si scopre soltanto con la riflessione, la si crea, diventando più sensibili alla sofferenza e all’umiliazione di altrepersone sconosciute. Gadamer la varietà e la diversità sono privilegi della cultura europea, sono gli elementi che caratterizzano la sua identità; appartenere ad essa significa non poteresser integralmente se stessi, ad esmpio dobbiamo controllare i nostri preconcetti e i nostri implusi, dobbiamo imparare ad ammettere il tortoe a perdere il gioco MA questo ci permette, più di altre paesi, ad imparare a vivere con la diversità. Porta come esempio la vastità di lingue europee che può esser considerata come una scuola impareggiabile. All’Europa spetta il compito di trovare nuove forme di attualità: è giusto che si concentrino esperienze storiche antiche e ricchissime, una grande varietà di forme di vita, di abitudini, un semplice nuovo pluralismo linguistico, religioso e politico; essi sono si nuovi ma fanno comunque parte della storia dell’Europa. Essere individui che portano in sé culture diverse: questo significa essere europei. Secondo Gadamer, un luogo in cui l’uomo incontra se stesso nell’altro è proprio la letteraura = uno degli abienti più ospitali del linguaggio. È forse nei romanzi che possiamo trovare qualcosa di più che un semplice suggerimento. La scrittura narrativa ci fa ascoltare l’immediatezza della comunicazione, i toni brucianti dell’esclusione, del rifiuto e della distanza. Davidson due individui che si giudicano rispettivamente stranieri si formano ciascuno una teoria sul comportamento dell’altro. Il modo davidsoniano di costruire il linguaggio ci consente di guardare al linguaggio non come a qualcosa di esterno tra sogg e ogg, né come un mezzo tramite il quale cerchiamo di formare immagini della realtà, ma come parte del comportamento degli esseri umani. Si pensa al mondo e si pensano i nsotri scopi solo usando il linguaggio. La comunicazione potrà essere soddisfacente e facile se le congetture dell’uno giungono più o meno a coincidere con il comportamento dell’altro e viceversa. TEORIA OCCASIONALE = ciò che più serve per comprendersi attraverso il dialogo è la capacità di far convergere la propria teoria occasionale su ciò che viene di volta in volta enunciato. Davidson ritiene che il linguaggio NON è una terza cosa che si frappone tra due individui ma è un insieme di comportamenti che gradatamente coincidono e sono condivisi. Se la comunicaizone è difficile tra due o più individui non dipende tanto dal fatto cheessi parlano lingue diverse, quanto dal fatto che è difficile prevedere i rispettivi comportamenti. Rorty quando noi introduciamo un nuovo amico in un contesto di vecchi amici rivediamo le nostre opinioni sul vecchio e sul nuovo e allo stesso tempo modifichiamo il nostro vocabolario decisivo, cioè le parole con cui presentiamo noi stessi; in un certo senso modifichiamo la nostra identità. L’operazione di modifica, di adattamento e di sotituzione di linguaggi identitari non è difficile solo per bambini, ragazzi e adolescenti, ma anche per persone in età adulta. Alcune ricerche condotte negli scorsi anni, mostravano la letture come un’abitudine sempre meno praticata. Rorty propone una distinzione fre: - libri che ci aiurano alla nostra ricerca d’autonomia I bambini immigrati riescono a padroneggiare l’itialiano in tempi relativamente brevi, a differenza di quanto accade alle loro madri, alle quali la lingua italiana resta molto più a lungo preclusa, fato che lasciano ai mariti il contatto con l’esterno. L’insegnamento della lingua e cultura italiana nelle scuola in troppi casi è programmato in modo insufficente, sia dal punto di vista organizzativo, sia dal punto di vista didattico. Diversi autori hanno mostrato che la situazione linguistica ideale è che il bambino immigrato parli la lingua madre con i genitori a casa e l’altra lingua con i compagni, in seguito al suo inserimento nella scuola. È un bilinguismo con un carattere di necessità. Per una migliore acquisizione della lingua italiana in molte scuole sono in atto i laboratori linguistici individualizzati dove vengono proposte attività di apprensimento della lingua iltalina attraverso il metodo funzionale comunicativo. Alcune scuole attuano forme di inserimento verticale = i bambini immigrati frequentano alternativamente le classi corrispondenti al loro livello di apprendimento e quelle che invece corrispondono alla loro età. La qualità e la quantità dell’esposizione all’italiano anche al di fuori della scuola sono fattori determinanti ma appaiono difficili da mettere in pratica (mancanza di amicizie al di fuori della scuola). L’apprendimento di una lingua nuova comporta anche l’assunzione di nuovi comportamenti; in questo è determinante sia l’approccio individuale che la figura dell’insegnante. Per l’apprendimento della nuova lingua e dei nuovi comportamenti a fianco degli insegnanti contano molto anche i compagni di classe ma altrettanto importante sarebbe anche la presenza della famiglia. L’uso della lingua madre potrebbe essere un aiuto per la sicurezza degli alunni e per la loro stima di se stessi. Molte scuole hanno fatto prorpia una prospettiva di questo genere: una prospettiva attiva che è in grado di promuovere spazi di dialogo fra le divrse identità. L’obbiettivo di tale progetto è quello di ricercare una memoria condivisa e un progetto su cui lavorare insieme. Integrazione = sofferenza, svantaggio, diversità dal gruppo al quale si è appartenuti; diveristà dal gruppo al quale si vuorrebbere cominciare ad appartenere. Significa comunicazione, cioè imparare un nuovo linguaggo, che vuoldire non solo apprendere un certo numero di vocaboli e di regole di grammatica ma anche tutto un codice gestuale che rientra nella tradizione culturale di comunicazione non verbale del popolo ospitante. La minaccia della perdita della propria lingua a favore della lingua del paese di accoglienza può fare insorgere un sentimento di aggressione e di conflitto che rispecchia il divario fra due realtà, due culture; ciò provoca un rifiuto dell’apprendimento della lingua. Lo stare bene a scuola è influenzanto anche dalle abitudini dei famigliari. Qui vi è però un rischio, cioè quello che certe abitudini di vita o la cultura d’origine si ritualizzano in forme fisse e inmovibili, in grado di invalidare molto diquanto viene fatto da parte della scuola per una buona interazione scolastica e per la socializzaizone. Le componenti emozionali fanno riferimento a strutture affettive e motivazionali che determinano l’intensità del coinvolgimento di un allievo e l’orientamento positivo o negativo del suo comportamento. Le abitudini famigliari che condizionano o orientano alcuni comportamenti dei bambini si intrecciano con l’atteggiamento degli insegnanti in classi pluriculturale si richiede agliinsegnanti un atteggiamento di equilibrio: da un lato cideve essere il riconosicmento dell’altro come uguale nel senso che non deve essergli precusa nessuna possibilità, d’altro canto però ci deve anche essere il riconosimento della differenza ma vista come un privileggio per permettere agli altri compagni di apprendere qualcosa in più sul suo paese d’origine. Mettendo insieme esperienze e saperi, genitori, allievi e docenti possono contribuire a creare una comunità che rappresenta un’opportunità per una pratica attiva e quotidiana di diritti e doveri. Vivere l’immigrazione significa fare un’evoluzione della propria identità in relazione alle altre identità esistenti in quel nuovo paese. Il cambiamento avviene giorno dopo giorno con il contatto con questa nuova terra. In questo primo gruppo di fattori rientrano anche gli atteggiamenti dei compagni di classe che riflettono, di solito, quelli dei loro genitori. L’integrazione e la buona comunicazione fra compagni necessitano anche di una caratteristica: la creatività. Gardner per lui la creatività è l’innata volontà di accettare dei rischi, di oltrepassare categorie e limiti convenzionali per raggungere un effetto desiderato. La creatività può essere incoraggiata e favorita. Un atteggiamento creativo può dare buoni frutti nelle varie attività di un ambiente scolastico pluriculturale. I FATTORI DEL RUOLO investono più direttamente la sfera della professionalità degli insegnanti. L’opinione che ciascun docente ha sull’educaizone interculturale è determinata ai fini della merodologia d’insegnamento. Tipologie di docenti: 1. molti insegnanti nella scelta di metodi e contenuti mostrano di adeguarsi alla convinzione in base alla quale i bambini stranieri devono adattarsi quanto prima ai nuovi comportamenti e alla nuova realtà. = educazione multiculturale limitata ha l’obbiettivo di insegnare agli studenti della maggioranza la tolleranza verso i compagni delle minoranze etiniche e a rimediare ai loro svantaggi 2. altri docenti mostrano di non porsi il problema della diffrente provenienza e trattano i bambii stranieri come tutti gli altri, con la convinzione che la scuola ha il compito di livellare le differenze. 3. le scelte didattiche della maggior parte degli insegnanti sono le scelte orientate a far si chele differenze non si appiattiscono e che sia data la possibilità ai bambini stranieri di mantenere le loro radici. = educazione multiculturale come pluralismo culturale che vuole salvare e valorizzare le diverse culture etniche 4. in diverse scuole la presa di posizione degli insegnanti orienta le scelte didattiche verso una conoscenza reciproca da parte dei bambini delle rispettive culture = educazione multiculturale come insegnamento di ciò che appartiene a culture differenti che cerca di promuovere una migliore conoscenza incociara fra le diverse culture Teorie sui rapporti sociali tre teorie 1. teoria della conformità dominante = è di tipo assimilazionista, tende a omologare le culture minoritarie, la lingua e la cultura del quotidiano, nel modello dominante attraverso una loro progressiva svalorizzazione X + Y + Z + T = X dove X è il gruppo etnico con più potere 2. teoria dell’amalgama sociale = prevede che si crei una nuova cultura come sintesi delle varie culture presenti nella società che non coincide con nessuna delle precedenti né con la loro sommatoria, di fatto, però, il peso sociale e l’incidenza culturale del gruppo più forte prevalgono sugli altri. X + Y+ Z + T = W 3. teoria del pluralismo modicato = X + Y + Z + T = W’ + Y’ + Z’ + T’ dove l’apice sta a indicare un camiamento di ciascuna cultura rispetto a un prima. Secondo questo modello gli individui appartenenti alla varieculture mantengolo la loro identità influenzandosi e modificandosi a vicenza nella convivenza comune. L’Unione Europea è sempre stata un’entità multiculturale e multietnica; tale divrsità la arricchisce ed è un beneficio per tutti i cittadini. La pluralità culturale e linguistica della popolazione scolastica non costituisce più un’eccezione, bensì la regola. Nell’ambito del’Unione si registra la presenza di nuove comunità culturali e linguistiche; essa avrà interesse a vigilare che esse si integrino nelle società ospitanti, senza che l’appartenenza a minoranze possoa diventare sinonimo di svantaggio sociale, economico o culturale. Stile induttivo quello degli insegnanti che si muovono con un atteggiamento esplorativo, con l’interessea ricercare qualche innovazionee a saperne di più. Stile accuditivo quello che privilegia atti che oscillano fra la protettività e la rassicurazione, per far sentire il bambino straniero ben accolto, uguale fra uguali. Stile interculturale quello dei docenti che esplorano, si interrogano, riconoscono le differenze e le Valorizzano Il comportamento più o meno attento o indifferente degli insegnanti nei confronti delle questioni interculturali avrà come conseguenza l’instaurarsi di un rapporto di maggiore o minore familirità e fiducia da parte dei bambini immigrati verso l’istituzione educativa e l’apprendimento. Dialogo come strumento per arrivare alla consocenza; è il primo strumento di cui i docenti devono dener conto per un epistemologia interculturale. Come prima cosa per dialogare si deve riconsocere il rispetto dell’interlocutore per il semplice motivo di rendere possibile il dialogo stesso; se c’è il dialogo vuol dire che siamo d’accordo sul rispetto reciproco. Nel dialogo non vi è nessuno che ha l’ultima parola e non vi è nessuno che prevale sull’altro. Il ruolo del dialogo e del racconto nella costruzione dell’identità si affianca e si lega a un altro strumento epistemologico fondamentale in ambito interculturale = atteggiamento ermeneutico l’ermeneutica rende possibile un processo cognitivo destrutturante che svela il nascosto e lo riporta nell’ambito del giudizio “la comprensione degli altri è ermeneutica” se gli uomini possono comprendersi ciò dipende dal fatto che le culture sono compenetrabili le une rispetto alle altre e aumentano il loro valore e il loro significato entrando in dialogo fra di loro. Anche la presenza del “vuoti” dell’altro impone di andargli incontro, di interpretarlo e di accoglierlo. Il dialogo e lo scambio di memorie reciprocamente reinterpretate hanno anchepiù valore se riguardano le sofferenze subitee inflitte dagli uni e dagli altri; nel senso che la storia di vita di un individuo è un segmento della storia di vita di altri. Dialogo ed ermeneutica rappresentano due strumenti epistemologici essenziali se non vogliamo precludere a noi stessi la conoscenza degli altri. L’educazione interculturale sottende una più generale educazione alla differenza, che non può essere vista in altro modo se non come un elemento strutturale del nostro essere individui nel mondo: una condizione iniziale necessaria per l’esistenza stessa. Dialogo e atteggiamento ermeneutico sono procedimenti che ci aiutano nel costruire la nostra identità integrando i saperi che sono già nostri con le sollecitazioni e i saperi che ci vengono dall’esterno, mettendo a confronto le differenze ma anche andando a ricercare gli elementi comuni. FATTORI SOCIO-ISTITUZIONALI atteggiamenti negativi appresi dall’insegnamento diretto e indiretto degli adulti. = la famiglia è parte primaria dell’acquisizione di questi comportamenti I bambini si costruiscono loro stessi un immaginatio di personaggi fatto di parole, figure, avventure dverse che ascoltano e guardano scorrere ciò senza commentare con nessuno. È un immaginario che li accompagna passo per passo negli anni della loro crescita. In questa crescita bambini e ragazzi vengono comunque a contatto con la diversità tramite la lettura, film, storie, racconti ecc… vi sono generi di narrativa dove si incontra la diversità di tipo etico, di abitudini di vita, di personalità, di provenienza ecc… La diversità è raccontata come parte integrante di qualunque stora. Anche per quanto riguarda la televisione le diversità dei personaggi vengono ben evidenziate. Fino a qualche anno fa si trattava per lo più di produzioni televisive provenienti dall’America. Un punto di vista multiculturale, contrario al razzismo e al sessismo sntetizzato dall’espressione politically correct si intravedeva dietro a molte serie di telefilm in Europa Importante è trasmettere per i più piccoli spettatori un messaggio esplicito di integrazione raziale e di disponibilità a ridurre fino ad annullare la distanza sociale, purchè le diferenze fossero rispettate. Anche ciò può esser fonte di confusione per i ragazzi: da un lato i libri che leggono, le trasmissioni in tv, i giornali a fumetti veicolano loro atteggiamenti non solo di accettazione del diverso ma di più, di simpatia ammirazione e rispetto; dall’altra parte gli steriotipi e le formule che la società propone loro non sempre sono positive, anzi, il più delle volte mostrano ostilità, intolleranza, chiusura e rigetto. Un atteggiamento costruittivo e fermo da parte delle figure adulte della scuola potrebbe quanto meno controbilanciare, nella crescita dei bambini e nella formazione degli adolescenti, quelli talvolta negativi o increti manifestati da altri adulti in occasioni extrascolastiche, se non addirittura in famiglia. La scuola copre una fetta importante nella formazione delle coscienze ma non è l’unica fonte. Accanto e insieme alla scuola ve ne sono altre : il territorio, il paesaggio, le letture, il mondo immaginatio, lo sport, i film, telefilm ecc… popolano con le loro trame la mente e la fantasia di chi cresce e di chi è già adulto La sfida non è tanto quella di rendere attraverso la scuola i figli degli immigrati uguali a noi, quanto piuttosto di creare un nuovo conceto di società, enfatizzando e valorizzando i valori condivisi e i valori comuni. Indicazioni operative e teoriche In questi ultimi 20anni si è delineato un po' per voltail quadro di una scuola in grado di contenere una pluralità di orizzonti culturali diversi in uno sfondo comune. Ha peso campo la posizione del dialogo, comme atteggiamento che mette in discussione i propri presupposti nel confronto con quello degli altri. Gli insegnanti devono manifestare un atteggiamento equilibrato fra il prestare la giusta attenzione verso l’alterità e il riconoscere le differenze. Un punto di avvio decisivo di equilibrio da parte degli insegnanti consiste nel percepire gli effettipositivi che la presenza dei bambini stranieri può produrre sugli altri. Oggi gli insegnanti sanno perfettamente dìche spetta a loro attivare iniziative che favoriscano uno scambio culturale per meglio comprendere. Un atteggiamento dialogico deve essere sempre più diffuso nel personale della scuola. Vi è un profilo della fanciullezza che appare già potenzialmente orientata a non accettare la diversità, avere pregiudizi preformati e inculcati dall’educazione famigliare, dalle opinioni espresse dagli adulti in mezzo ai quali vivono. Ciò crea una situazione controversa dove i bambini si trovano divisi tra ascoltare i giudizi degli adulti di casa e fuori e quelli degli adulti di scuola. L’integrazione dei bambini non si limita alle ore trascorse a scuola; se si favoriscono le relazioni fra istituzioni, comunità del quartiere e gruppi immigrati anche il lavoro della scuola è facilitato. nel corso degli anni si è andata sempre più concretizzando una collaborazione in ambito organizzativo, igenico-sanitario, assistenziale, sociale, medico e culturale. La lingua viene vista spesso come uno dei problemi dominanti. L’opinione condivisa è che occorre potenziare lo sviluppo del linguaggio in modo da permettere agli allievi immigrati l’inserimento e la partecipazione attiva ai vari lavori proposti. I problemi linguistici sono legati a quelli relazionali a causa dell’isolamento linguistico degli immigrati. Le strategie devono stabilire una reale comunicazione all’interno del gruppo classe. È necessario: - favorire uno scambio continuo di informazioni - tenere presente la diversa mentalità e l’atteggiamento psicologico dei ragazzi immigrati È opportuno: - potenziare il linguaggio mimico gestuale - accompagnare la parola all’immagine - lavorare più in gruppo per favorire i processi imitativi. Il tempo gioca un ruolo primario: ne occorre molto per l’approfondimento degli elementi fondamentali della grammatica e della struttura sintatica della lingua, per curare gradatamente l’immissione di nuovi termini per l’arricchimento e l’affinamento del lessico. Lo studio di strategie particolare varia di caso in caso. Un prima problema di tipo organizzativo consiste nell’imparare a gestire meglio il tempo occorre più tempo per preparare con cura il materiale didattico, per organizzare il lavoro nelle classi, per organizzare minuziosamente le attività. La presenza dei bambini immigrati richiede riferimenti culturali metodologici, didattici, organizzativi e relazioani nuovi ma se è vero che mette in evidenza la situazione di marginalità, si mettono in evidenza anche le insufficienze e i ritardi culturali della scuola. Questo fatto è potenzialmente positivo e richiede un’innovazione globale. Molti insegnanti ritengono che le questioni linguistiche comportano vantaggi sul piano educativo per tutti gli allievi. Aumentano l’interessee la partecipazione, la comprensione per gli altri, la curiosità verso problematiche nuove. La differenza linguistica stimola alla conoscenza e al rispetto reciproci, al rispetto del pluralismo, a confrontarsi con mondi culturali diversi per dimostrare che non esiste una cultura superiore. PERÒ vi sono molti altri insegnanti che ritengono che l’ignoranza totale della lingua italiana sia un fattore estremamente negativo che ritarda il processo di inserimento e socializzazione, che comporta un rivoluzionamento nella classe a discapito degli altri autoctoni. Padroneggiare o no una lingua può anche essere una scelta che riguarda le proprie tecniche e strategie per stare nel mondo; in certi casi il non uso della lingua può rappresentare una barriera costruita volontariemente, dietro la quale c’è più protezione e più sicurezza. I fenomeni migratori in Italia hanno iniziato a far avvertire i loro effetti in ambito scolastico con sempre maggiore evidenza dalla metà degli anni ’80. I primi materiali a disposizione degli insegnanti sono stati elaborati verso la fine degli anni ’80. Nei 10 anni successivi i materiali si sono diversificati, sono andati crescendo nel numero e si sono specializzati nella qualità. Strumenti molto utili sono i libri che contengono fiabe e racconti dei paesi di provenienza dei bambini immigrati; materiali semplici che riprendono la tradizione narrativa orale dei vari paesi, la cui lettura in classe rappresenta un modo per alimentare la cultura originaria e tener viva la memoria famiglaire dei bambini arrivati da lontano e per gli altri, per fare confronti con le storie e i racconti della propria lingua e cultura. È importante sottolineare che il settore editoriale dell’educazione interculturale è in espansione. Gli operatori della scuola e le singole istituzioni scolastiche affrontano in maniere diverse le questioni relative al dialogo fra culture e all’educazione alla cittadinanza: in molti casi patono da esperienze precedenti, personali e didattiche. Per alri docenti rappresenta il naturale prosegumento e sviluppo di didattica già da tempo orientata verso l’educazione alla pace e il riconoscimento dei diritti umani. Si è attivata un’abitudine largamente diffusa che vede i docenti impegnati a integrarsi su se stessi e sul loro ruolo attraverso scambi di idee, consulttazioni informali, gruppi di studio e di lavoro = stile professionale collaborativo = costruisce la base per delle didattiche interculturali più precise e meglio definite da elaborare in futuro, per la gestione delle diversità linguistiche e culturali all’interno dei gruppi classe. L’educazione interculturale rappresenta per le scuole italiane un elemento innovativo e citico; - migliora le abilità professioanli dei docenti e facilita l’abitudine di mettere in comune le esperienze. - per gli allievi rappresenta un miglioramento della qualità del servizio scolastico Rorty : “nente può servire da critica a una cultura se non un’altra critica” di conseguenza “per scegliere o mitigare i dubbi che nutriamo sulla nsotra cultura l’unica cosa che possiamo fare è allargare il raggio delle nostre conoscenze ad altre culture, ad altre conoscenze.” L’identità di un gruppo, di una nazione, di un popolo non può essere identica a se stessa,non può essere immutabile né avere una struttura fissa. Chiunque parte per rmigrare altrove lo fa per sfuggire a qualcosa; i motivi per cui si progetta il viaggio o le cause per cui si decide di emigrare si riconducono tutte alla pura e semplice disperazione. Per chiunque arriva da lontano i rapporti interpersonali sono difficili, vivere nella nuova realtà è complicato. tutto questo riguarda anche la pedagogia Vi è la necessità di presupporre azioni reciproche che modifichino il comportamento di tutti e che riguardino la sfera dell’educazione. Perché vi sia interazione è necessario che gli individui si pososno incontrare, che esistano condizioni di incontro, occasioni per conoscersi, per interagire. La scuola è facilitata dal fatto di essere uno spazio interattivo in quanto induce chi la frequenta a stare insieme, a trovare occasioni comni di progetti, di giochi e di azioni. Si potrebbe parlare di una necessità di una pedagogia a più entrate = la tessitura di un tessuto connettivo da costruire insieme, docenti e discenti, che tenga conto di diversi apporti culturali cognitivi, emotivi e relazionli. Partendo dall’idea pedagogicamente fondata dell’interazione, alla quale si legano gli scambi, gli intrecci di saperi e di cultur, si arriva a comprendere che è indispensabile che l’organizzaizone del sisstema educativo scelga di non chiudersi in maniera rigida su posizioni di dominio, che sappia consientire spazi e tempi adeguati ai bisogni di ciascuno. Le attività di educazione interculturalepossono comportare variazioni notevoli nei contenuti e nei metodi. Modalità relazionali alternative narrazioni, storie di vita, uso di oggetti, gesti delle mani, movimenti del corpo, disegni, uso della musica e costruzioni di struemnti. La valorizzazione dellacreatività personale degli allievi è un aspetto che gratifica e mptiva molto all’apprendiemnto. Componenti fondamentali delle attività di didattica interculturale: 1. molte attività osservate sono strutturate in modo tale che alcuni mesi insegnanti e allievi sono impegnati in un lavoro di ricerca attiva e comune; sono attività che mettono in atto una metodologia che potremo chiamare della stratificazione delle esperienze 2. altre attvità rappresentano occasioni di incontro con la fisicità, con il volto di persone sconosciute, dai linguaggi e dai modi inconsueti. Sono attvità che utilizzano in prevalnza una metodologia che possiamo definire convrsazionale 3. altre attività ancora propettano varie integrazioni condotte da un esperto straniero. In questocaso viene dato il privilegio a una metodologia che possiamo definire prestazionale STRATIFICARE LE ESPERIENZE questa metodologia viene adottata nelle attività che partono dalla volontà di analizzare i rapporti difficili fra due culture. Il docente e gli allievi definiscono insieme le attività; l’obbiettivo è raggiungere conoscenze e abilità che non sono mai solamente di tipo cognitivo. Ciò che conta è che i ragazzi acquisiscano la consapevolezza che le culture si formano e crescono attraverso un accumulo stratificato continuo Michel Serres: niente nel mondo è completamente omogeneo, divisibile in modo simmetrico e perfetto; non esiste un centro perché tutte le esperienze si sommano, si intersecani, si mischiano le une con le altre. Si puà conoscere il mondo se c’è un movimento di uscita con l’altro verso l’alterità. In molte attività di didattica interculturale la metodologia è basata sulla conversazione. Dal punto di vista formativo ciò che conta in attività di questo tipo è il dialogo, la narrazione, lo scambio di memoria nel senso che ciascuno ha una propria identità MA questa identità si mescola con quella degli altri in modo da generare storie di secondo livello che risultano dalla intersecazione di storie multiple = modello dello scambio delle memorie Un primo elemento è la volontà di valorizzare la fisicità dell’altro, l’interesse a creare occasioni per avviare un dialogo sul peunto personale, sul punto delle esperienze vissute, in modo tale da determinare l’instaurarsi di una relazione fisica fra gli allievi e gli stranieri. Un secondo elemento è la necessità di mettere in comune forme della propria cultura attraverso varie forme narrative. In questo senso l’intercultura diventa un possibile terreno nel quale esercitare la funzione di un sé narratore che nella nsotra societàe anche nella scuola sembra scomparire un po' per volta. È un esercizio utile in quanto una narrazione richiede un mezzo, un ordine sequenziale e una sensibilità verso ciò che è facile accettare come riconoscibile e sentito vicino alla propria cultura e ciò che invece scombina i canoni conosciuti e i valori accettati. Un terzo elemento, che ha indubbiamente lati positivi ma che può essere avvertito anche come un rischio è il tentativo di capovolgere il peso didattico delle varie culture. Spesso mancano elementi che consentono di verificare gli esiti delle attività interculturali svolte, la cui incidenza viene valutata prevalentemente nei termini generici della buona partecipazione, dell’interesse e dell’integrazione nel gruppo classe. Le attività di didattica interculturale non si limitano mai alla trasmissione di informazioni; le competenze che si richiedono non si esauriscono nel possesso di una buona memoria o nel possesso di una buona abilità nel disimpegnarsi in complicate prove orali o scritte. Il rischio può essere allora che si formi inconsapevolmente un’equazione del tipo intercultura=disimpegno Nonostante la complessità delle tematiche, le attività di didattica interculturale osservate sembrano apparire agli studenti più interessanti rispetto a qualle che svolgono nelle varie discipline. La consapevolezza che è necessario tener conto delle differenze culturali è un dato di fatto acquisito edè divenuta ormai parte del patrimonio metodologico che si trasmette e si amplia di anno in anno. Una prospettiva metodologica-didattica di educazione interculturale deve prevedere una trasformazione nella modalità di trasmissione dei contenuti delle discipline e deve tener conto del sistema delle relazioni in cui vivono i soggetti di una società multiculturale attraverso la volorizzazione non solo delle differenze ma anche degli elementi di contatto, delle analogie e delle convergenze fra le culture. Un punto di vista metofologico-didattico corretto esige che si parli di processo di interazione, più che di assimilazione, intendo per interazione uno scambio fra culture che prevede lanecessità e l’esigenza di ragionare sulla nostra prima di avere reazioni critiche sulle altre. Tener conto anche di aspetti legati all’affettività, alla socializzazione, alle motivzioni relazioneli e comunicative. Gli insegnanti devono rivolgee l’attensione in misura sempre più determinate verso il comportamento pedagogico di ogni allievo = cioè verso i suoi percorsi mentali e le idee che li regolano L’apprendimento contiene in sé l’idea di una continua ibridazione; l’ide del metissage = cioè del mescolare culture, esperienze, valori presuppone che vi sia da parte di chi insegna e da parte di chi apprende l’abitudine a guardare verso gli altri. 1. stile d’insegnamento che dia la prevalenza alla comprensone dialogica 2. stile d’insegnamento che utilizzi quello sguardo interiore; l’insegnante deve decifrare i comportamenti pedagogici degli allievi per informarsi su come essi lavorano. Ciò è possibile se l’insegnante si serve dello sguardo interiore, ricorrendo alla collaborazione degli interessi per comprendere le procedure di pensiero, i collegamenti, i ricordi. L’insegnante ha il ruolo di organizzare il tempo scolastico in modo che ci siano fra gli allievi veri scambi pedagogici è fondamentale che l’insegnante per primo eviti atteggiamenti distaccati verso le culture altre. Tre comportamenti: 1. in primo luogo è bene escludere l’idea dell’assimilazione forzata. L’esperienza ha dimostrato che non ottenga buoni risultati destrutturando comportamenti culturali cercamente ancora non rigide, data l’età degli allievi nella scuola di base, ma pur presneti. Una forma di assimilazione inevitabilmente ci sarà, ma dovrà rappresentare un processo spontaneo, di lunga durata, con tempi di modalità proprie per ciascuno 2. in secondo luogo dovrà vi essere attenzione a scoraggiare fino dalle classi del primo ciclo della scuola primaria il denomeno dell’isolamento in gruppi o gruppetti etnici senza scambi con l’esterno. 3. Infine spetta in particolare agli adulti presenti nelle scuola favorire lo scambio della negazione, avviare la reciprocità degli scambi, verificare per quanto è possibile che vi siano nelle situazioni formali e informali i presupposti di ugualianza e libertà per tutti gli allievi. Al centro di ogni aizone educativa c’è il valore universale della persona umana e l’educazione al dialogo fra culture può rappresentare una risposta in termini di prevenzione a una mentalità razzista che sappiamo essere resistente e induce all’insofferenza delle etnie e delle culture diverse. Diversità e uguaglianza I metodi educativi e gli interventi didattici necessari ad affrontare le tematiche dell’uguaglianza e della diversità nelle sue varie declinazioni sistanno adeguango ai cambiamenti rapidi che la società italiana ha avuto nel suo interno in questi ultimi dieic anni. Gli insegnanti e gli operatori sociali possono consentire di rispondere al meglio ai problemi complessi proposti da una scuola e da una società in trasformazione. Diminuzione dei dubbi = trovare orizzonti aperti attraverso strategie didattiche che stimolino la relazione con gli altri, in un modello di convivenza educativa in cui possono convivere il riconosicmento delledifferenze e la parità nel trattamento. L’individuo non sceglie gli altri ma si trova all’interno della molteplicità degli altri e dunque all’interno anche di questa differenza che si costruisce come soggetto. Le scuole e le istituzioni devono muoversi sempre più in questa direzione, valorizzare il senso di un appartenenza comune e di un identità in formazione. Tematiche da tener conto in contesti interculturali: i simboli sono strutture fortemente mediatrici perché mettono in rapporto qualcosa con qualcos’altro; spesso non affermano qualcosa di preciso ma suggeriscono ed evocano stati d’animo. Aiutano a costruire passo dopo passo la coscienza del bambini e degli individui; sono la loro carattristica che si traspette col sapere e con l’educazione, prima famigliare, in seguito scolastica e poi sociale. I simboli mettono a contatto gli individui con una storia più lunga di quella riferibile alla loro singolastoria. Fin da piccoli i simboli consentono a ciascuno di noi di riconoscersi e di ricondursi a qualcosa di originaio. I simboli sono importanti in riferimento all’identità Identità che è qualcosa che ci appartiene e che si costruisce continuamente, che non è mai qualcosa di statico. Nella costruzione dell’identità soggettiva e intersoggettiva, vale sempre il rapporto con l’altro,con ciò che è diverso e sconosciuto. La memoria ci permette di collocarci in un tempo e in un luogo, è la base della conoscenza e dell’identità personale e di gruppo. Senza ricordo, senza passato, senza punti fermi ci si sente come smarriti. È importante impegnarsi in quanto adulti insegnanti perché si diffonda fra gli allievi con cui operiamo la consapevolezza che diventa nostra memoria anche tutto quello che attraversiamo, che appartiene ai percorsi di vita di altri. A questo proposito un tratto che caratterizza la pedagogia interculturale è il fattoche i processi didattici sulle culture altre, i laboratori, i libri che si usano, le attività che si organizzano quando in classe ci sono allievi cinesi, senegalesi, rom… non sono fatti solo per “loro” ma sono fatti per “tutti”. La memoria ci insegna che è bene prevedere intervalli di sosta, che consentono a chi apprende la presa di coscienza dei momenti creativi, interpretativi e cognitivi. Interrogarci sull’apprendimento in contesti interculturali ci rimanda simbolicamente all’idea dell’ombra, del doppio. nella cultura occidentale l’ombra è il doppio misterioso dell’uomo, di qualcuno che è diverso da noi, pur avendo in comne con noi molte caratteristiche Spesso dall’incontro con la diversità, con il lato oscurro, col disagio dell’altro possono nascere avventure, scoperte e cose buone. I simboli, l’identità e la memoria sono elementi della profesisoanlità che confluiscono in una pedagogia dell’incontro fra diversità; una pedagogia dello scambio di forme, di voci, di memorie e di modelli. L’identità di ciascuno di noi si delinea e si forma all’interno di un tessuto intersoggettivo di fatto di relazioni, basato sul reciproco riconoscimento, attraverso confronti successivi e integrazioni di differenze. Gli operatori e gli insegnanti possono aiutare gli allievi nella costruzione dell’identità sbituandoli a passare attraverso un’incessante attività di ridescrizione. Questa operazione ci consente di rivedere le nostre opinioni su noi stessi e sugli altri, modificando allo stesso tempo la nostra identità. Le classi multietniche impongono ai docenti di acquisire anche la consapevolezza di una nuova emancipazione personale, di un nuovo senso di responsailità che consiste nel voler garantire il successo scolastico a tutti gli allievi. Negli ultimi anni alcune cooperative sociali, enti locali e istituzioni culturali hanno iniziato ad attivarsi con iniziative di grande spessore rivolte a utenze sempre più eterogenee. La nuova professionalità chiede ai docenti di valorizzare la soggettività comune e le diversità individuali e a valorizzare il confronto interpersonale. Le città italiane nelle quali viviamo sono multilingue, multietniche e multiculturali; crescono anno dopo anno a partire dagli anni ’80 delnovecento. CM 24 1marzo2006 linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli allievi stranieri; approfondisce e riesamina tutta la tematica dell’inteegrazione documento n°2079 marzo 2009 nuova disciplina: “cittadinanza e costituzione” DPR 349/99 necessario adattamento del programma in base alla normativa della scuola italiana Circolare 24/2006 possibile adattamento dei programmi le programmazioni possono subite per i singoli alunni comporta un aggiustamenti in riferimento ad alunni neo adattamento di valutazione arrivati Quando ci si muove in prospettiva interculturale in educazione, la normativa è molto importante in quanto la sua conoscenza e la sua applicazione consentono libertà di movimento ai docenti e possibilità di interventi a favore degli allievi. Percordi didattici per l’intercultura Gli istituti secondari di secondo grado sono coinvolti dalla fine degli anni ’90 del novecento nelle tematiche dell’educazione interculturale in quanto è aumentato progressivamente ilnumero degli studenti figli di famiglie immigrate. Dai dati MIUR si ricava che la scelta spesso si orienta verso gli istituti tecnico-professionali. In molti casi la difficoltà maggiore consiste nello studio di materie come diritto, economia, bilancio… Il problma è che non tutti i docenti hanno volontà e interesse a mettere in atto delle azioni specifiche. Una prima procedura utile e necessaria è la nomina di un docente referente o la costruzione di un piccolo gruppo di lavoro che si prenda in carico le tematiche interculturali; un secondo passaggio è richiesto a tutti i docenti di rendersi disponibili volontariamente a mettere a disposizione qualche ora in più per approfondire, ripassare o ri-spiegare qualche argomento ai ragazzi stranieri. È bene cercare e trovare la collaborazione di gruppi associativi locali presenti spesso sul territorio che dispongono di mediatori culturali per facilitare il lavoro delle lingue. Le azioni da intraprendere possono essere molte e orientate in piu direzioni; esempi: - prevedere un tutoraggio fra pari il tutor diventa per il ragazzo straniero uno dei primi referenti/amici a cui chiedere consiglio su temi di scuola ma non solo - studio individuale (1 a 1) tutor/studente la modalità d’interazione 1 a 1 è la più efficiente, in grado di dare i migliori risultati di comprensione dei contenuti e di riuscita scolastica - laboratori linguistici e laboratori di sviluppo di competenze aperti a TUTTI gli studenti - laboratori interculturali creare momenti di società extrascolastica tra ragazzi della stessa età ma di lingua e provenienza diversa - organizzazione di una festa interculturale a fine anno momento di aggregazione - corsi di formazione per docenti su alcune tematiche come l’interculrura, nozioni di base sulle principali culture d’importazione, livello L2 di lingua italiana… - interventi/colloqui con uno psicologo L’insegnamento di una lingua seconda per essere proficuo dovrebbe essere portato avanti quotidianamente in modo continuo; non è un compito solo linguistico, implica la conoscenza e l’accettazione della cultura di altri popoli. Educ. Interculturale e ambientale partendo dal tema della biodiversità naturale (ad esempio legata alle varietà di piante) si affronta il tema delle migrazioni, degli spsotamenti e delle diversità linguistiche e culturali. Le scuole di tutti gli ordini e gradi devono cercare la collaborazione con le strutture territoriali per far fronte alle difficoltà e ai bisogni che l’utenza straniera fa emergere. La scuola deve essere il luogo dove le nuoce generazioni si formano alla mondialità, all’integrazione e al dialogo. - prevedere un’adeguata distribuzione della presenza degli alunni stranieri - mettere in atto buone procedure di accoglienza per gli alunni stranieri - attivare percorsi che consentono il conseguimento del titolo conclusivo del primo ciclo d’istruzione - facilitare l’insegnamento e l’apprensimento dell’italiano e della cultura italiana - garantire buone opportunità per l’orientamento scolastico e lavorativo - curare la formazione del personale scolastico - porre attenzione alla valutazione degli apprendimenti e delle prestazioni degli allievi e degli studenti - fare in modo che le scuole dispongano di buon materiale per l’intercultura (libri, biblioteche ecc…) L’educazione inclusiva interculturale: ultime indicazioni normative La lotta contro il razzismo comincia con l’educazione = educazione come via possibile di prevenzione al razzismo; è un concetto basilare e serio affermato fin dalle prime circolari minesteriali specifiche Insegnare e apprendere in una prospettva interculturale significa assumere la diversità come paradigma dell’identità stessa della scuola, occasione privilegiata di apertura a tutte le differenze. L’atteggiamento ermeneutico degli insegnanti e degli educatori è una possibile chiave d’accesso all’epistemologia interculturale. La prospettiva della pedagogia inclusiva interculturale richiede ai docenti una profesisonalità che privilegi la ricerca, la sperimentazione, la consocenza di norme, l’abitudine a riflettere e la capacità di utilizzare esempi segnificativi come guide idonee ad affinare il proprio personale modo di essere docenti o educatori. IMPORTANTE: - Prestare attenzione al manifestarsi di simboli, insofferenze, invifia, malevolenza - Valorizzare il capitale famigliare, linguistico e culturale di tutti Essere insegnanti inclusivi e intrculturali significa cercare tutte le occasioni educative possibili di inclusione dentro e fuori scuola. Si riconosce agli studenti il fatto che ciascuno porta con sé un bagaglio invisibile diverso da quello degli altri, costituito da capacità individuali, da eseprienze di vita, da abilità cognitive, pratiche, linghistiche, manuali, da cui può partire per apprendere. I tratti originali di ciascuno non devono essere sottovalutati né cancellati, rappresentano il punto di partenza per la costruzione delle nuove conoscenze di chi apprende.
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