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L'educazione interculturale nella scuola - Mariangela Giusti, Sintesi del corso di Pedagogia

Riassunto "l'educazione interculturale nella scuola" di Mariangela Giusti

Tipologia: Sintesi del corso

2017/2018

Caricato il 20/11/2018

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mira-pochini 🇮🇹

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Scarica L'educazione interculturale nella scuola - Mariangela Giusti e più Sintesi del corso in PDF di Pedagogia solo su Docsity! L’EDUCAZIONE INTERCULTURALE NELLA SCUOLA L’educazione interculturale serve a creare ponti di conoscenza reciproca, a far sì che le classi non si configurino come sommatorie di tanti piccoli ghetti. Serve a far sì che l’apprendimento sia un’esperienza significativa per tutti e non frustrante. 1. VERSO UNA COMPRENSIONE DIALOGICA Flussi di uomini e di idee “Amo la Francia, perché al momento ho trovato una gente che ha una patria e io non l’ho” (Ungaretti). Il mito della patria ideale si è trasformato per un ragazzo di 24 anni che lascia l’Egitto e raggiunge Parigi. Un giovane maschio adulto che parte dalle coste africane e raggiunge luoghi sempre più a nord. È emblematica questa vicenda di vita perché ci parla di flussi continui di uomini e idee. La mobilità etnico – sociale degli ultimi decenni è fondata su bisogni primari di sussistenza, di sopravvivenza alla fame, di tutela dei diritti umani, di sussistenza per i figli; parte dai luoghi dell miseria per arrivare a quelli del benessere. I nuovi immigrati arrivano da stranieri e tali rimangono per settimane in una convivenza forzata con coloro che vivono nei paesi di arrivo e non riescono a vedere di buon occhio i nuovi arrivati. Sergio Moravia afferma che la cultura è fatta di un’identità in cammino, propone di sostituire al concetto di monoidentità quello di poliidentità e riporta la sofisticata metafora dell’identità vista come una danza. La danza settecentesca è una figura che conserva una sua visibile e invisibile sostanza, ma sempre modificandosi nelle parti che la costituiscono. L’io è sempre uno, ma aperto all’assunzione di maschere diverse. È un suggerimento prezioso, ma difficile da far passare (monoidentità poliidentità). A chi svolge professioni educative compete il compito di chiedersi attraverso quali veicoli potrebbero avvenire cambiamento di questa portata. Secondo Richard Rorty questi veicoli sono rappresentati da alcuni generi letterari che l’autore definisce come “descrittivi”, come l’etnografia, il teatro verità, il film e il romanzo. Accade quindi che l’etnografo utilizza un certo linguaggio mediante il quale descrive il mondo. Rimane ancora molto attuale e valida l’idea che Rorty esprime riguardo alle opere narrative: possiedono la caratteristica di far conoscere in modo dettagliato le diverse forme di sofferenza patite da persone a cui prima non avevamo prestato attenzione. L’esperienza della lettura di racconti e romanzi fatta insieme in classe con al partecipazione comune di insegnante e allievi, deve essere intesa come un passo obbligato per aiutarci nel lavoro pedagogico di considerare bambini e adulti diversi o che provengono da lontano come “dei nostri” invece che come “loro”. È importante che gli insegnanti prendano coscienza di una appartenenza culturale senza chiudervicisi dentro, senza rimanere prigionieri. L’identità dialogica è capace di prendere le distanze e gli insegnanti possono aiutare a comprendere la pluralità dell’identità di ciascuno, a superare il pregiudizio della “purezza” delle culture. Sta a loro abituarsi a non considerare la cultura che essi stessi veicolano come separata. Questo presupposto va corretto nel riconoscimento di una cultura fatta di intrecci e di scambi culturali. Un lungo apprendistato È necessario un apprendistato lungo per coloro che si trovano a svolgere il ruolo di guisa, di maestro, di insegnante. Un apprendistato che ha trovato il suo terreno fertile, pronto ad accogliere qualunque tipo di seminagione, negli anni della formazione. I docenti hanno compreso che un rubinetto formativo di prima mano, di quelli che non rischiano mai di rimanere all’asciutto, è sempre disponibile, per chi voglia prendersi l’incombenza di girare il pomello, con la certezza che qualcuno avrà riempito il serbatoio su in soffitta. Fuori dalla metafora: ci sono le storie di vita, le narrazioni, le autobiografie da cui è possibile imparare. Nelle centinaia di barattoli che sembrano chiusi, “il Collezionista” aveva racchiuso una sorprendente collezione di tramonti. D’improvviso un vero tramonto gli appare davanti, perfettamente conservato nel barattolo sigillato, un pezzo di mondo chiuso lì dentro che, col gesto di sollevare il coperchio, gli si dispiega davanti. Gli scrittori sono formatori formidabili, colore che sono usciti di casa e sono andati per la loro strada. Insomma, possono venirci in soccorso in campi come l’Educazione interculturale o la cultura dell’Handicap in una prospettiva di comprensione dialogica e di porci l’obiettivo educativo della solidarietà tra gli individui, riuscendo a vedere gli individui come nostri simili almeno nel dolore. Scriveva Gadamer “pressante è il dovere di riconoscere nell’Altro e nel Diverso quel che vi è di comune”. Una prospettiva educativa che appare necessaria è quella che propone un dialogo che sappia riconoscere e mantenere le differenze, dato che la necessita del rapporto col diverso è un momento costitutivo della propria identità. La solidarietà non la si scopre soltanto con la riflessone, “la si crea, diventando più sensibili alla sofferenza e all’umiliazione subite da altre persone sconosciute”. Una pedagogia dialogica In una classe multietnica un pedagogia di apertura verso l’altro sarà difficile non trovarsi ad affrontare argomenti complessi dal punto di vista didattico come lo shock culturale, la perdita dell’identità, il valore della diversità, l’essere stranieri agli altri e a se stessi. Secondo Gadamer la varietà e la diversità sono privilegi della cultura europea, sono gli elementi caratterizzanti l’identità europea: appartenere ad essa consiste proprio nel non poter essere integralmente se stessi. Si tratta di tenere sotto controllo i personali preconcetti, la sfera egocentrica degli impulsi e degli interessi privati in modo che l’altro non diventi o non resti invisibile. Dobbiamo imparare a rispettare l’altro e l’alterità, ad ammettere di aver torto e a perdere al gioco. Vivere con l’altro, vivere come l’altro è un compito universale valido nel piccolo come nel grande. Ed è probabilmente un privilegio dell’Europa il fatto di aver saputo e dovuto imparare più di altri paesi a convivere con la diversità. Non è soltanto una diversità da evitare con diffidenza, ma anzi qualcosa che contribuisce a una migliore conoscenza di se stessi. Questa vicinanza dell’altro in uno spazio così ristretto rappresenta una scuola impareggiabile. Molto importante in Europa è la centralità del doppio. All’Europa spetta il compito di trovare nuove forme di attualità: un sempre nuovo pluralismo linguistico, religioso, politico ed etico. Essere individui che portano in sé culture diverse: questo forse significa essere europei. È la forza dell’identità europea a rendere possibile la tolleranza e un luogo in cui l’uomo incontra se stesso nell’altro è proprio la letteratura, uno degli ambienti più ospitali del linguaggio. A scuola vi è da una parte il tentativo di un ragazzo straniero o diverso di entrare a far parte di un gruppo di ragazzi autoctoni e dall’altra il divario che si crea tra noi e lui, tra noi e loro. Vi è quindi l’incontro tra due ragazzi, perfettamente consapevoli di non avere nulla in comune l’uno con l’altro, con la sola facilitazione di parlare un linguaggio comprensibile a entrambi, ciascuno con ancoraggi referenziali totalmente diversi. Si pensa al mondo e si pensano i nostri scopi solo usando il linguaggio. La comunicazione potrà essere soddisfacente e facile se le congetture dell’uno giungono più o meno a coincidere con il comportamento dell’altro e viceversa. Se c’è una mancanza di accordo iniziale tra A e B, ciò deriva dal fatto che le parole che usano sono difficili da tradurre reciprocamente in azioni. Se la comunicazione è difficile tra due o più individui non dipende tanto dal fatto che essi parlano lingue diverse, quanto dal fatto che è difficile prevedere i rispettivi comportamenti. Ovviamente liberarsi di quanto si portava dentro dalla tradizione del suo paese e disfarsi di una identità già in parte delineata comporta rischi, errori e dolori. Territori strettamente legati all’educazione interculturale – sociologia (studia la consistenza quantitativa dei fenomeni migratori), psicologia, pedagogia, storia, letteratura, poiché sono interessate alle differenze culturali tra gruppi etnici diversi e alla difficoltà del mantenimento di una identità riconoscibile, riconoscendo pari dignità ad altre identità. Fattori personali – relazionali In qualunque rapporto educativo si possono individuare alcuni elementi relazioni che si riferiscono ai tratti individuali degli educandi. Le ore trascorse in classe sono strettamente correlate con la loro personalità, in particolare incidono le esperienze di carattere sociale, le interazioni socio – affettive e socio – operative con insegnanti e compagni e le esperienze legate all’apprendimento e al profitto. L’esperienza di godere di uno stato di benessere psicologico e di scoprire e costruire la propria identità è connessa alla possibilità di vivere in un clima interattivo, che appaghi i bisogni personali di appartenenza, di stima, di socialità e offre l’opportunità di conoscersi e di sviluppare le proprie funzioni adattive e di controllo nel contatto e nel confronto con gli altri. Franti e Colasanti distinguono all’interno della personalità sociale degli allievi tre tipi di componenti strutturali interdipendenti tra loro: emozionale, cognitiva e strumentale che hanno come conseguenza una maggiore o minore attitudine individuale a mettersi in gioco, a entrare in relazione, ad apprendere una nuova lingua e parlarla. Familiarizzazione con la nuova lingua Le difficoltà della lingua si estendono con facilità anche alla sfera dei comportamenti. Proprio per superare i primi problemi di lingua e di lavoro, una delle caratteristiche dell’immigrazione recente è la tendenza a raggrupparsi in una stessa zona. I bambini immigrati riescono a padroneggiare l’italiano in tempi relativamente brevi, a differenza delle madri, alle quali la lingua italiana resta molto più a lungo preclusa, dato che lasciano ai mariti il contatto con l’esterno, compresa la scuola. Di solito nei primi mesi i bambini immigrati se ne stanno chiusi in se stessi, quasi come staccati da tutto. In seguito riescono a seconda che vengano attuate strategie più o meno mirate ad avere una padronanza dell’italiano che consente loro di interagire bene con i compagni, con gli insegnanti e con l’esterno. Diversi autori hanno dimostrato che la situazione linguistica ideale è che il bambino immigrato parli la lingua madre con i genitori a casa e l’altra con i compagni. È un bilinguismo con un carattere di necessità, il bambino apprende la sua prima lingua come tutti i bambini monolingui e poi acquisisce la seconda per soddisfare un bisogno vitale di comunicare con gli altri. Per una migliore acquisizione del linguaggio in alcune scuole sono in atto i laboratori linguistici individualizzati o per gruppetti rivolti a bambini alloctoni e autoctoni (luoghi di memoria e di conservazione della lingua e della cultura di origine // di prima conoscenza e avvicinamento a una cultura lontana). In altre vi è l’inserimento verticale, in base al quale i bambini immigrati frequentano alternativamente le classi corrispondenti al loro livello di apprendimento e quelle che invece corrispondo alla loro età. La qualità e la quantità dell’esposizione all’italiano anche al di fuori della scuola sono fattori determinanti ma, pur nella loro ovvietà, appaiono, in generale, difficili da mettere in pratica. Vi è, inoltre, necessità di dialogo, di solidarietà, di una ricostruzione di una rete di amicizia (il rapporto coi coetanei è ciò che più manca del paese d’origine – no amicizie in classe). Stare con gli altri è fondamentale, purché gli altri siano almeno della stessa età. Insegnanti, compagni, familiari L’apprendimento di una lingua nuova comporta anche l’assunzione di nuovi comportamenti in sostituzione di comportamenti e abitudini già acquisiti. In questo, se è determinante l’approccio individuale, lo è altrettanto la figura dell’insegnante. Per insegnare la lingua o per dipingere, l’impostazione è la stessa: con identico e assolutamente modesto grado di libertà concessa allo studente. Per l’apprendimento della nuova lingua e dei nuovi comportamenti a fianco degli insegnanti contano molto i compagni di classe ma altrettanto importante sarebbe anche la presenza non sporadica a scuola dei familiari (testimonianze sul loro paese di provenienza, racconti di fiabe narrati anche nella lingua d’origine in modo che tutti possano sentirne e vederne la diversità e la bellezza). Questo perché la lingua madre ha molta importanza nello sviluppo cognitivo, nella continuità dei processi di apprendimento e sul valore affettivo che essa può assumere per un soggetto in età evolutiva. I bambini immigrati sentono un senso di inferiorità che si traduce in disadattamento scolastico. L’uso della lingua madre, in questo caso, può essere un aiuto significativo per la sicurezza degli alunni e per la loro stima di se stessi. Molte scuola con utenza pluriculturale sono riuscite a far propria una prospettiva attiva in grado di promuovere spazi di incontro e di dialogo tra le diverse identità, in grado di inventare un clima di accoglienza e di rispetto. L’obiettivo è quello di ricercare una memoria condivisa, individuale e comunicabile, un progetto su cui lavorare insieme. Integrazione significa sofferenza, svantaggio, diversità dal gruppo. Integrazione significa anche comunicazione, cioè imparare un linguaggio nuovo, che vuol dire no solo apprendere un certo numero di vocaboli e di regole di grammatica, ma anche tutto un codice gestuale che rientra nella tradizione culturale del popolo ospitante. La minaccia della perdita del proprio linguaggio a favore della lingua del paese di accoglienza può fare insorgere un sentimento di aggressione o di conflitto profondo, che rispecchia un divario tra due realtà, due culture, due codici. Ci provoca un rifiuto dell’apprendimento della lingua strumentale a favore di quella degli affetti o viceversa. Le componenti emozionali fanno riferimento a strutture affettive e motivazionali, che determinano l’intensità del coinvolgimento di un allievo e l’orientamento positivo o negativo del suo comportamento. Il punto di vista dei familiari è determinante anche nel sostenere l’importanza dell’acquisizione della lingua e della cultura del paese ospite, apprezzando o contrastando le proposte educative della scuola. L’atteggiamento dei membri della famiglia può ricoprire un ruolo importante anche nel favorire e nell’incoraggiare iniziative di incontro, di aggregazione, di socializzazione, di scambio culturale, di conservazione e salvaguardia dell’identità nazionale, di scoperta e comunicazione dei propri valori culturali, di accettazione dei valori e della diversità altrui. L’obiettivo è costruire insieme un paese più giusto, pluriculturale, multietnico, proiettato verso una società di pace. In situazioni di classi pluriculturali si richiede agli insegnanti un atteggiamento di equilibrio: da un lato ci deve essere da parte il loro riconoscimento dell’altro, allievo e genitore, come uguale nel senso che non deve essergli preclusa nessuna possibilità (educativa, formativa) scolastica ed extrascolastica; d’altro canto però ci deve essere da parte del docente nei confronti dell’allievo e del genitore immigrato il riconoscimento della differenza secondo il metodo dell’enfatizzazione dell’identità di origine, che consiste nel far sentire allo studente immigrato che è un protagonista, che può insegnare qualcosa, parlando la sua lingua e raccontando del suo paese. L’obiettivo è che lo studente non rimuova forzatamente e immediatamente la cultura che appartiene ala sua famiglia, ma che mantenga un contatto con essa. Mettendo insieme esperienze e saperi, genitori, allievi e docenti possono contribuire a creare una comunità che rappresenta un’opportunità per una pratica attiva e quotidiana di diritti e doveri. Vivere in un altro paese implica una progressiva e impercettibile evoluzione dell’identità in trasformazione in altre identità. Per la ricostruzione di una cultura del quotidiano, molto importanti sono i compagni. L’integrazione e una buona comunicazione tra i compagni necessitano anche di una caratteristica, in gran parte individuale: la creatività, ovvero un’innata volontà di accettare dei rischi, di oltrepassare categorie e limiti convenzionali per raggiungere un effetto desiderato, un forte coinvolgimento e una partecipazione emotiva e forse n senso che qualunque cosa voglia essere detta può essere meglio comunicata in una forma simbolica. Un atteggiamento creativo può dare buoni frutti nelle varie attività di un ambiente scolastico pluriculturale. Fattori del ruolo Sono quelli che investono più direttamente la sfera della professionalità degli insegnanti. Per molti di loro l’educazione interculturale rappresenta un settore relativamente nuovo. Vi sono quattro tipologie prevalenti di approccio al problema da parte degli insegnanti: • Molti insegnanti mostrano di adeguarsi alla convinzione in base alla quale i bambini che vengono da lontano devono adattarsi quanto prima ai nuovi compagni, alla nuova realtà, alla nuova lingua. È un punto di vista che la Gibson definisce multiculturalità benevolo – ingenuo: un’educazione multiculturale che inserisca e integri nella cultura dominante gli studenti appartenenti a culture diverse. Può essere considerata educazione multiculturale limitata (Pratte) • Altri mostrano di non porsi il problema della differente provenienza e trattano i bambini stranieri come tutti gli altri, con la convinzione che la scuola debba livellare le differenze. È assente la consapevolezza del problema • Le scelte didattiche di altri insegnanti sono scelte orientate a far sì che le differenze non si appiattiscano e che sia data la possibilità ai bambini stranieri di mantenere le loro radici e la loro lingua. Viene definita educazione multiculturale come pluralismo culturale, che vuole salvare e valorizzare le diverse culture etniche e aumentare il potere delle culture di minoranza. Educazione multiculturale ampliata (Pratte) • Scelte didattiche verso una conoscenza reciproca da parte dei bambini delle rispettive culture e corrisponde a quella che viene definita educazione multiculturale come insegnamento di ciò che appartiene a culture differenti, che cerca di promuovere una migliore conoscenza incrociata tra le diverse culture. Educazione multiculturale ampliata e modificata, intendendo un insieme di attività, metodi e contenuti aventi l’obiettivo la preparazione di tutti gli studenti a diventare cittadini attivi (Pratte) La Gibson ne introduce una nuova – l’educazione biculturale, in base alla quale viene insegnato agli studenti delle due culture (dominante e minoranza) a operare con successo in ciascuna delle due. Teorie sui rapporti sociali Le impostazioni pedagogico – didattiche appena descritte fondano le loro radici in retro retta culturali che riguardano i rapporti tra i gruppi all’interno della società. La prima (teoria della conformità dominante) è di tipo assimilazioni sta: tende a omologare le culture minoritarie, la lingua e la cultura del quotidiano nel modello dominante, attraverso una loro progressiva valorizzazione (X + Y + Z = X – cultura dominante) La teoria definita dell’amalgama sociale o del melting pot prevede che si crei una nuova cultura come sintesi delle varie culture presenti nella società (X + Y + Z + T = W). Di fatto, però, il peso sociale e l’incidenza culturale del gruppo più forte prevalgono sugli altri. Un’altra teoria è quella del pluralismo modificato che si può schematizzare nel modo seguente X + Y + Z + T = X’ + Y’ + Z’ + T’, dove l’apice sta ad indicare un cambiamento di ciascuna cultura rispetto a un “prima”. Secondo questo modello, gli individui appartenenti alle varie culture mantengono la loro identità influenzandosi e modificandosi a vicenda nella convivenza comune. Tale diversità arricchisce l’Europa ed è un beneficio per tutti i cittadini. L’Unione avrà interesse a vigilare che esse si integrino nelle società ospitanti, senza che l’appartenenza a questa o a quella minoranza possa diventare sinonimo di svantaggio sociale, economico e culturale. Alcuni cercano di emulare i comportamenti della cultura maggioritaria, altri elaborano collettivamente nuove norme culturali, altri ancora rispettano o accentuano le diversità e differenze. Condivisioni, esiti, stili I pregiudizi dei bambini non si basano su esperienze personali: le loro espressioni relative a membri che non appartengono al gruppo rispecchiano atteggiamenti negativi appresi dall’insegnamento diretto e indiretto degli adulti. La famiglia è la parte primaria nell’acquisizione di questi comportamenti. Una simile propensione per i classici e per un genere di narrativa dove si incontra la diversità di tipo etnico, di abitudini di vita, di personalità, di provenienza, resta un elemento fondamentale anche nelle scelte di lettura dei ragazzi più grandi. Nuovi sentieri di convivenze La scrittura di questo libro ha preso le mosse dall’idea che la diversità etnica rende la vita sociale più ricca, le città più solide, le scuole più vivaci, l’insegnamento e l’apprendimento più stimolanti e vari per tutti (insegnanti, allievi, educatori). La sperimentazione dell’insegnamento Cittadinanza e Costituzione deve spingere tutti noi dedicare più impegno nell’accogliere a scuola i bambini e i ragazzi che arrivano da altrove e nell’aiutarli a imparare l’italiano, superando quindi le barriere etniche e costruendo nuove reti sociali. Una scuola del’immigrazione evolve in modo positivo se riesce a creare un nuovo senso del noi che dovrà avere le proprie radici nella lingua e nella costituzione italiana ì, ma poi trovare modi simbolici autentici per dimostrare di essere buoni italiani anche se le origini personali o della famiglia sono altrove. La sfida è quella di creare un nuovo concetto di società, enfatizzando e valorizzando i valori condivisi e i valori comuni. E gli articoli 2 e 3 della costituzione rappresentano il punto di partenza migliore. 3. INDICAZIONI OPERATIVE E TEORICHE Dialogo tra culture e educazione alla cittadinanza Ha preso campo la posizione del dialogo, come atteggiamento che mette in discussione i propri presupposti nel confronto con quelli altrui, attraverso cui la pluralità delle esperienze è vista come un arricchimento e non più come un annullamento dell’altro. Molto importante è l’indiscutibile funzione riequilibratrice della scuola. Un punto di avvio sottile e decisivo di equilibrio da parte degli insegnanti consiste nel percepire gli effetti positivi che la presenza dei bambini stranieri può produrre sugli altri. Alla curiosità si affianca poi la valorizzazione delle differenze che i nuovi arrivati manifestano in vari momenti della vita di classe. Oggi gli insegnanti sono consapevoli che l’interesse del docente deve concentrarsi sulle difficoltà di apprendimento di tutti gli allievi (anche in classi pluriculturali), coinvolgendo nelle attività tutta la classe. Molti bambini hanno mostrato di avere dei giudizi preformati e negativi verso i modi di vivere strani degli immigrati, inculcati dall’educazione familiare, dalle opinioni degli adulti in mezzo ai quali vivono e dal razzismo diffuso. L’integrazione dei bambini non si limita alle ore trascorso a scuola: se si favoriscono le relazioni tra istituzioni, comunità del Quartiere e gruppi immigrati anche il lavoro della scuola è facilitato. Non basta solo l’integrazione del bambino, occorre anche quella della famiglia, attraverso qualche forma di educazione degli adulti per far uscire i genitori stranieri dal guscio. La questione della lingua: una discriminante Quello della lingua viene visto spesso come un problema dominante. In riferimento all’argomento linguistico emergono tre temi: le strategie didattiche, la preparazione professionale, i vantaggi dal piano educativo. Le strategie didattiche I problemi linguistici sono legali a quelli relazionali a causa dell’isolamento linguistico degli immigrati. Le strategie devono rendere sempre dinamico e flessibile l’insegnamento e stabilire una reale comunicazione all’interno del gruppo. Si possono proporre esperienze reali, dove il linguaggio è espressione della vita dei bambini. Il tempo gioca un ruolo primario e non bisogna dare niente per scontato. Bisogna rispettare i ritmi degli alunni, tenere presenti le difficoltà le difficoltà e le diversità dei nuovi allievi. La presenza dei bambini immigrati richiede riferimenti culturali, metodologici, didattici, organizzativi e relazionali nuovi. Vi è una maggiore attenzione agli elementi strutturali della lingua, la presa di coscienza dell’esistenza di altre culture, una comprensione per tutte le diversità. Questo aumenta l’interesse e la partecipazione, la comprensione per gli altri, la curiosità verso problematiche nuove, la sensibilità ai problemi altrui, la maggiore disponibilità all’ascolto. La differenza linguistica stimola alla conoscenza e al rispetto reciproci, a una maggiore socializzazione, al rispetto del pluralismo, ad avere maggior apertura mentale, a confrontarsi con mondi culturali diversi per dimostrare che non esiste una cultura superiore. Strumenti per una didattica che incentiva il dialogo tra culture Strumenti molto utili sono i libri che contengono fiabe e racconti dei paesi di provenienza dei bambini immigrati. Per ciascuna cultura cui si riferiscono le fiabe vengono fornite, nella parte finale del libro, diverse pagine essenziali che possono essere usate a scopi didattici sotto la guida dell’insegnante: schede informative sul paese, sulla storia e sulle caratteristiche. Culture in dialogo attraverso gli strumenti della matematica(?) Mathematics from many cultures è una collana di 4 testi in lingua inglese, organizzati su vari livelli scolastici: scuola d’infanzia, primi anni della scuola di base, seconda parte della scuola di base e i biennio delle superiori. Per ogni livello è previsto un set che contiene sette poster, un libro guida per gli insegnanti e i libri per gi allievi. L’obiettivo è aiutare i bambini a esplorare e conoscere i contributi che le varie culture hanno dato nel corso dei millenni alla matematica. I contenuto rientrano nelle aree dei numeri, della geometria, delle misurazioni e della logica. La guida dell’insegnante propone una prima attività di osservazione e nomenclatura delle figure solide che i ragazzi vedono in classe. La seconda attività prevede la lettura collettiva di un testo su un libro che tutti i bambini possiedono. Nella terza parte si estendono i riferimenti storici alle abitazioni e agli edifici delle culture (capanne africane – piramidi dell’antico Egitto). Un approccio interdisciplinare La diversità, innanzitutto, può essere fonte di ricchezza culturale e non solo di problemi e di contrasti. Mitigare i dubbi Gli insegnanti sanno che possono ricorrere a esercizi sui testi, sulle autobiografie interculturali perché scritte da autori che hanno sperimentato il passaggio da un paese a un altro, da una cultura a un’altra: leggere e decostruire situazioni e personaggi narrativi può essere un allenamento interessante e utile per riflettere e interpretare: pensare, imparare e pensare, esercitare liberamente il proprio spirito critico e stimolarlo è un’attività eminentemente politica. Tessuti connettivi pedagogici Chiunque parte per emigrare altrove lo fa per sfuggire a qualcosa. I motivi si riconducono alla disperazione. Questa nelle sue più diverse varianti, la ricerca di un senso all’esperienza e la speranza sono alcune fra le cause più ricorrenti. Perché vi siano interazione è importante che gli individui possano incontrarsi. La scuola è facilitata dal fatto di essere uno spazio interattivo in quanto induce chi la frequenta a stare insieme. Partendo dall’idea pedagogicamente fondata dell’interazione si arriva a comprendere che è indispensabile che l’organizzazione del sistema educativo scelga di non arroccarsi in maniera rigida su posizioni di dominio, che sappia consentire spazi e tempi adeguati al bisogno di ciascuno. La pedagogia interculturale ha almeno due compiti primari: non rendere più acute le identificazioni etniche e le separazioni e preparare tutti gli allievi a vivere in una società dove la diversità culturale è un dato di fatto. L’organizzazione scolastica ed extrascolastica, a questo punto, devono strutturare con due caratteristiche prevalenti: mutevolezza e relazionalità. A chi ha l’organizzazione pedagogica di una scuola spetta l’atteggiamento di equilibrio che non esalti la differenza etnica come un dogma ma che nemmeno la elimini, ma solo che sappia individuare un insieme di compromessi accettabili da parte di tutti. Sul piano del metodo, un atteggiamento improntato al dialogo, all’interpretazione, alla revisione continua è fondamentale: presuppone un lavoro paziente e metodico. Sul piano dei contenuti è importante almeno dare maggior spazio alle culture no europee. Un sistema educativo che intenda educare a buone pratiche di cittadinanza deve essere anche sufficientemente relazionale: deve essere in grado di stabilire al suo interno relazioni complementari tra bambini. Se l’interazione non avviene i rischi sono l’incistamento, la ghettizzazione. Principi guida per una pedagogia del dialogo tra culture La storia dell’umanità è tutta una storia di fusioni di gruppi diversi. Ogni cultura quindi è storia di culture. L’identità di tutti gli essere umani secondo Serres è fatta, come il mantello di Arlecchino, di pezzi multicolori, annodati, nuove pezze. Ciascuno di noi porta addosso, non solo uno, ma più strati di simili mantelli. Il mantello è la rappresentazione di ogni cultura, di ogni apprendimento: ogni conoscenza nuova o vecchia è un ibrido di altre conoscenze, che a loro volta sono il frutto di incroci di altre conoscenze, mescolanze. Per chi si muove c’è lo stacco, lo sradicamento, l’abbandono dei punti di riferimento. La difficoltà più volte ribadita, anche a livello pedagogico – educativo sta nel vivere la differenza nell’eguaglianza. Possiamo fissare alcuni principi guida di una pedagogia del dialogo: • Chi lavora in contesti educativi scolastici è opportuno che si adoperi affinché si creino le condizioni necessarie all’instaurarsi di rapporti di interazione tra chi arriva da lontano e chi vive stabilmente in un luogo • L’interazione tra la società ospite e gli immigrati può funzionare in un rapporto proficuo, se entrambi si propongono come sistemi aperti • È importante riconoscere il valore positivo delle mescolanze, degli incontri e degli incroci che si originano dal movimento degli individui verso altri individui, di culture verso altre culture • La pedagogia deve collocarsi in prima linea nel rifiutare qualunque posizione che intenda rivendicare la purezza della razza • Come educatori scolastici e dell’extrascuola occorre comprendere che il rapporto fra noi e gli altri non si può mai dare per scontato e saper operare in modo che questo rapporto sappia trovare una sua collocazione positiva all’interno dei processi formativi Metodologie Le modalità relazionali (narrazioni, storie di vita, uso degli oggetti, gesti delle mani e movimenti del corpo) e trasmissive fanno sì che i ragazzi siano portati a valorizzare una gamma di canali e simboli che nella maggior parte delle ore trascorse a scuola restano poco utilizzati. Le metodologie sono legate alla didattica. È interessante individuare alcune componenti fondamentali delle attività di didattica interculturale. • Molte attività osservate sono strutturate per far sì che gli insegnanti e gli allievi siano impegnati in un lavoro di ricerca attiva e comune, anche se non continuativa e quotidiana, che può condurre fuori dai binari disciplinari consueti. Attività che utilizzano una metodologia che potremo chiamare della stratificazione delle esperienze • Altre rappresentano occasioni di incontro con la fisicità di persona prima sconosciute. Sono attività che utilizzano una metodologia che possiamo definire conversazionale. • Tener conto degli approcci reciproci degli altri, dei modi diversi di vivere e pensare, senza giustapporli, senza cercare di giudicare quali sono i migliori o i peggiori. Tener presente che l’espansione di sé non è basata sull’annientamento dell’altro, invece bisogna riconoscere la pluralità dei mondi culturali • Favorire la costruzione di identità flessibili • Estirpare i pregiudizi sugli altri, le paure del diverso e del disagio • La scuola è il luogo più istituzionalmente deputato alla crescita individuale e all’apprendimento delle relazioni interpersonali e come tale può dare un grosso contributo nell’evitare che si formino atteggiamenti rigidi sia sul piano emotivo che su quello cognitivo. Bisogna educare al pensiero in movimento, cioè abituare i bambini a osservare la varietà della micro realtà • Valorizzare i vissuti • Spetta agli insegnanti proporre vari tipi di giochi di ruolo e di simulazione che vengono sempre più spesso utilizzati come strumenti • Organizzare l’educazione dei bambini / ragazzi in modo tale da tenere sempre più conto della necessità di trasmettere una cultura che sappia modificarsi rispetto all’identità che noi siamo, che sappia evitare l’irrigidimento e che sappia arricchirsi anche con i contributi che provengono da altri La lingua, nei racconti dei genitori stranieri incontrati, è vista come il legame più forte con il paese di provenienza e la cultura originaria, un patrimonio che appartiene intimamente all’individuo, che tocca le sue corde più profonde, che venga mantenuto a tutti i costi. Tra gli obiettivi dell’educazione interculturale c’è anche quello di prevenire i conflitti di carattere etnico – razziale. E il rapporto di insegnamento con i bambini che vivono due culture prevede che venga dato privilegio alle categorie del rispetto, della comprensione e del dialogo reciproci. Nel dialogo le differenze entrano in comunicazione in forma paritaria. Esso costituisce una sorta di rete che permette ai soggetti che vivono con due culture di riconoscersi, poiché prevede un intreccio di esperienze e di biografie. Ciò garantisce la relazionalità, l’adattamento ed evita la separatezza. 5. CITTADINANZA E COSTITUZIONE La dimensione sociale dell’insegnamento in classi plurietniche Nessuna autentica formazione può prescindere da un interesse e da un coinvolgimento della dimensione sociale dell’esistere dell’uomo. L’attenzione autentica, la preoccupazione vigile, la responsabilità sono indispensabili e necessari per gli educatori e gli insegnanti. Il pensiero interculturale in educazione opera per riconoscere a tutti – nativi e neo arrivati; liberi e oppressi – la parità dei diritti civili e sociali. Un primo passo – Nelle classi multietniche l’insegnante dovrebbe imparare a partire da se stesso, dovrebbe cercare di distruggere i preconcetti per poter costruire punti di vista nuovi a partire da sé e dall’esperienza concreta con gli alunni stranieri e autoctoni reali coi quali opera. Obiettivo – dare un senso a ciò che accade in classe. Il docente dev’essere in grado di dar voce ai singoli allievi, ma anche di tessere un insieme unico articolato. L’aula multiculturale è un luogo di produzione di senso, di sperimentazione di linguaggi, dove si creano mondi, dove si cercano o si creano strumenti per il futuro. Un secondo passo – riguarda l’aspetto fenomenologico dell’epoché (messa fuori causa delle convinzioni preconcette e la sospensione del giudizio) opportuno nei contesti multiculturali: ciò non significa cancellare il mondo, ma piuttosto trovarne il senso a partire da se stessi, da quella situazione, da quella realtà d’aula (trovare il senso al suo essere lì, in quel contesto classe, con quel gruppo di compagni). Gli allievi stranieri irrompono sulla scena delle classi, ne cambiano il disegno ordinario e lo arricchiscono, lo rendono plurale e stimolante. Ogni allievo neo arrivato si porta dietro la sua propria singolarità, con la quale l’insegnante deve negoziare provando a calarsi un po’ dentro la sua vita. La modalità fenomenologica richiede sempre una relazione, ma esige anche intervallo, separatezza, mai fusione. Accogliere gli allievi che arrivano da lontano con tutto il bagaglio richiede molta pratica riflessiva: l’accoglienza, le proposte didattiche non devono essere falsamente impregnate della retorica dell’uguaglianza: non c‘è nessuna pretesa di universalismo. L’uguaglianza da tenere davvero presente è solamente quella dei diritti, quella sancita dagli articoli 2 e 3 della Costituzione italiana, che parlano di riconoscimento e garanzia dei diritti inviolabili dell’uomo, di pari dignità sociale e di uguaglianza di fronte alla legge. Le competenze dei docenti (?) Si fa di tutto per dare a tutti gli allievi i mezzi cognitivi e affettivi per comprendere la società multiculturale nella quale vivono. La scuola opera e lavora con l’obiettivo dell’uguaglianza delle possibilità. La professionalità degli insegnanti nelle classi plurietniche necessita di molta attenzione agli aspetti sociali. La scuola gioca un ruolo essenziale: le attività che vi si svolgono devono partire dal presupposto della diversità degli essere umani; gli spazi educativi sono spazi di crescita e di apprendimento dove ciascuno allievo è un soggetto unico e la capacità di ciascuno di mescolare frammenti di culture diverse diventa la condizione della crescita di tutti. Spesso si tratta di riuscire a far proprio un atteggiamento di flessibilità autorevole e di sviluppare in se stessi la capacità di utilizzare bene tutte le risorse esterne possibili. Si cerca di creare delle partnership fra agenzie territoriali e mondo dell’immigrazione in modo che cresca un po’ per volta la condivisione dei valori sociali di partecipazione, di giustizia, di cooperazione. Nuove norme (?) CM 24 del 1 marzo 2006 (linee guide per l’accoglienza e l’integrazione degli allievi stranieri) CM 24/06 approfondisce e riesamina tutta la tematica dell’integrazione L’impegno che viene prospettato è di rendere le classi multiculturali luoghi di vera convivenza dove sia possibile per gli allievi elaborare dialetticamente l’identità personale ma dove possono anche maturare e svilupparsi i valori della solidarietà, della responsabilità condivisa, della competizione e della cooperazione. 6. PERCORSI DIDATTICI PER L’INTERCULTURA Come fare accoglienza e integrazione in istituti secondari di secondo grado Gli istituti secondari di secondo grado sono coinvolti dalla fine degli anni 90 nelle tematiche dell’educazione interculturale in quanto è aumentato il numero degli studenti figli di famiglie immigrate. In molti casi i ragazzi arrivano in Italia per ricongiungimento con la famiglia e vengono iscritti a scuola subito, senza nemmeno conoscere la lingua italiana. È molto probabile che i docenti, non avendo una formazione riguardo all’intercultura, facciano esperienze direttamente sul campo. Il problema è che non tutti hanno volontà e interesse a mettere in atto azioni specifiche. Ciò che potrebbe essere in atto è un processo che consiste nella nomina di un referente che si prenda in carico le tematiche interculturali, richiedere a tutti i docenti di rendersi disponibili volontariamente a mettere a disposizione qualche ora in più per approfondire o ri – spiegare qualche argomento e infine cercare e trovare la collaborazione di gruppi associativi locali presenti sul territorio che dispongono di mediatori interculturali. Le azioni da intraprendere sono molte e orientate in più direzioni: • Prevedere un tutoraggio tra pari – gli studenti neo arrivati vengono affiancati da uno studente universitario volontario con la funzione di tutor (aiutando un primo approccio con le materi e rappresentando cosi un primo legame di amicizia e fiducia e un punto di riferimento) • Studio individuale (1 a 1) tutor / studente – lavoro su due fronti: gli studenti neo arrivati hanno bisogno di un aiuto per l’acquisizione della lingua per comunicare, per avviare la comunicazione con compagni e docenti. Gli studenti già in Italia, invece, hanno bisogno di un aiuto per acquisire e affinare la cosiddetta “lingua ponte”, cioè la lingua necessaria per affrontare le discipline scolastiche. La modalità 1 a 1 è la più efficace, in grado di dare i migliori risultati in termini di comprensione dei contenuti e di riuscita scolastica • Laboratori linguistici e laboratori di sviluppo di competenze – laboratori di studio pomeridiani aperti a gruppi ampi di studenti • Laboratori interculturali – una volta a settimana per creare momenti di socialità extrascolastici tra ragazzi della stessa età ma di lingua e provenienza diversa • Organizzazione di una festa interculturale a fine anno – momento di aggregazione importante. Sono momenti in cui si cerca di ottenere un coinvolgimento e un incontro tra scuola, famiglie migranti, docenti e cittadinanza. Costituiscono momento di valorizzazione delle culture di origine, con lo scopo di rendere visibili gli aspetti degli universi culturali di coloro che, provenendo da altrove, vivono tra noi • Corsi di formazione per docenti - corsi di apprendimento riguardanti l’intercultura, l’immigrazione. Molto importante è l’acquisizione dell’italiano L2 (LIVELLO BASE – A1 espressioni di uso quotidiano e frasi indispensabili per soddisfare bisogni di tipo concreto, A2 frasi ed espressioni di uso frequente relative ad immediata rilevanza, come le informazioni personali, LIVELLO AUTONOMO – B1 punti chiave di argomenti familiari che riguardano la scuola, il tempo libero, B2 idee principali di testi complessi su argomenti sia concreti che astratti, comprese le discussioni tecniche nel suo campo di specializzazione, LIVELLO PADRONANZA – C1 ampia gamma di testi complessi e lunghi e ne sa ricavare il significato implicito, C2 comprende con facilità tutto ciò che sente e legge) A1 – introduttivo o di scoperta, A2 – intermedio o di sopravvivenza, B1 – soglia, B2 – avanzato indipendente, C1 – autonomo, C2 – padronanza • Interventi / colloqui con uno psicologo – colloqui individuali o con la famiglia nei casi più evidenti di shock culturale Un laboratorio di pedagogia narrativa come attività propedeutica all’insegnamento del cinese nella scuola primaria (?) Come prima cosa l’educatrice ha cercato di capire l’immaginario dei bambini sulla Cina perciò ha letto la storia di Mulan senza fare riferimento al nome della protagonista né al paese dove la vicenda si è svolta. Sono stati spiegati alcuni ideogrammi partendo dalla lettura delle parole presenti nella storia di Mulan. Successivamente è stato chiesto ai bambini di disegnare la storia. Poi si è iniziato a introdurre una minima acquisizione di parole in lingua cinese. La conduttrice del laboratorio ha invitato i bambini a scrivere degli ideogrammi su dei fogli. Si è visto che alcuni bambini già si ricordavano dei vocaboli. Sarebbe importante avvicinare presto i bambini a lingue e culture di un paese lontano. Il racconto della vicenda consente di introdurre un discorso più generale sulle tradizioni tipiche del paese di cui si parla e sulla lingua. L’insegnamento di una lingua seconda per essere proficuo: non è un compito solo linguistico, implica la conoscenza e l’accettazione della cultura di altri popoli. È un insegnamento globale.
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