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L'esecuzione forzata, i procedimenti sommari, cautelari e camerali, Sintesi del corso di Diritto Processuale Civile

Diritto Processuale Civile, Libro Quarto (4), Esecuzione forzata e procedimenti sommari, Mandrioli Carratta, 2019-2020,

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

In vendita dal 04/01/2021

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Scarica L'esecuzione forzata, i procedimenti sommari, cautelari e camerali e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! DIRITTO PROCESSUALE CIVILE LIBRO IV L’ESECUZIONE FORZATA I PROCEDIMENTI SOMMARI, CAUTELARI E CAMERALI PARTE PRIMA – IL PROCESSO DI ESECUZIONE FORZATA I. IL PROCESSO DI ESECUZIONE FORZATA NEI SUOI ASPETTI GENERALI 1. Schema della disciplina del processo di esecuzione Il processo esecutivo – o attività giurisdizionale di esecuzione forzata – costituisce l’oggetto della disciplina contenuta nel TERZO LIBRO DEL CODICE DI PROCEDURA CIVILE, intitolato «del processo di esecuzione». Anche la disciplina del processo di esecuzione, come quella del processo di esecuzione e dei procedimenti speciali, è di tipo descrittivo, nel senso che consiste in una serie di norme che prescrivono e descrivono come si svolge il processo di esecuzione, disciplinando dettagliatamente la serie degli atti nei quali si articola il processo. Anche questa disciplina va coordinata con la disciplina contenuta nel primo libro, dedicato alle disposizioni generali. Tali disposizioni generali sono in linea di massima applicabili a ogni tipo di attività giurisdizionale, dall’altro lato il legislatore, nel dettarle, si è quasi sempre riferito al processo di cognizione. Da ciò deriva che, mentre la coordinazione tra le disposizioni generali e la disciplina del processo di cognizione è già scontata e implicita nel testo delle norme, la coordinazione tra le disposizioni generali e la disciplina del processo di esecuzione richiede una delicata opera di adattamento. A ciò bisogna premettere l’esame di alcune considerazioni di ordine generale sul processo di cognizione. In questo quadro emergerà la contrapposizione tra l’espropriazione e i due tipi di esecuzione forzata in forma specifica (esecuzione per consegna o rilascio ed esecuzione forzata degli obblighi di fare o non fare). A tale contrapposizione il legislatore si è riferito nel suddividere la disciplina del libro III in SEI TITOLI, secondo un preciso ordine logico: • PRIMO LIBRO: disciplina degli atti introduttivi, anteriori all’inizio del processo esecutivo vero e proprio e comuni a ogni tipo di esecuzione forzata (titolo esecutivo e precetto); • SECONDO, TERZO, QUARTO: dedicati ai tre tipi di esecuzione sopra elencati; • QUINTO: parentesi di cognizione, ovvero le opposizioni nel processo esecutivo; • SESTO: episodi eventuali che si possono inserire nel processo esecutivo; Tale disciplina va a innestarsi con alcune norme fondamentali contenute nel codice civile («della tutela giurisdizionale dei diritti», «della esecuzione forzata»). 2. L’attività giurisprudenziale esecutiva nel quadro della tutela giurisdizionale Mentre la cognizione vuol conseguire la formulazione concreta della regola di diritto, ossia l’accertamento dell’esistenza del diritto, l’esecuzione forzata vuol conseguire l’attuazione pratica, materiale, di questa regola, in via coattiva o forzata, ossia attraverso l’impiego effettivo o potenziale della forza da parte dell’ordinamento. Le caratteristiche idonee a tale funzione convergono nel possibile impiego della forza per superare le eventuali resistenze del soggetto che subisce l’esecuzione. Possibile, perché tale possibilità ne rende spesso inutile l’impiego. Quando l’ordinamento ha conseguito per l’esistenza del diritto un determinato grado di certezza, pur contando sull’adempimento spontaneo del soggetto passivo di tale diritto, non può non prevedere l’ipotesi che tale adempimento spontaneo non si verifichi. L’ordinamento non può non apprestare gli strumenti idonei a soddisfare l’esigenza del diritto. Tale ipotesi dà luogo a una nuova esigenza di tutela giurisdizionale, diversa da quella già soddisfatta dal processo di cognizione o dalle altre forme di accertamento. L’attività giurisdizionale che viene incontro a questa nuova esigenza di tutela mediante soddisfazione forzata è appunto l’attività giurisdizionale esecutiva, che si contrappone alla cognizione poiché, mentre con quest’ultima si passa dall’affermazione del diritto al suo accertamento, con l’esecuzione si passa dall’accertamento alla attuazione materiale coattiva. Il processo esecutivo è introdotto da una domanda specifica e autonoma, rivolta a specifici organi e specificamente intesa a ottenere la prestazione della tutela giurisdizionale esecutiva. Esulano dai campi della tutela giurisdizionale esecutiva, in quanto tendono a superarne l’esigenza, sia i c.d. accordi di ristrutturazione dei debiti delle imprese in stato di crisi, sia gli accordi diretti alla composizione della crisi da sovraindebitamento del debitore non fallibile o del consumatore. Entrambi possono interferire con l’esecuzione forzata nel senso di determinare a carico dei creditori una sospensione dell’esercizio dell’azione esecutiva o della prosecuzione del processo esecutivo già iniziato, già nel momento in cui venga avanzata, da parte del debitore, domanda per essere ammesso alla procedura di omologazione dell’accordo di ristrutturazione o a quella di sovraindebitamento. 3. Il processo esecutivo. Sue caratteristiche e suoi principii Sotto il profilo strumentale, dunque, il processo esecutivo si configura con una certa varietà di forme che danno luogo a diversi tipi di processo esecutivo o di esecuzione forzata, in relazione alle diverse esigenze proprie dell’attuazione dei diversi diritti sostanziali. I soggetti ai quali fa capo l’attività processuale esecutiva sono l’organo esecutivo – che opera nel quadro di un ufficio giudiziario e sotto il controllo di un giudice – e i soggetti che corrispondono a coloro che nel processo di cognizione sono l’attore e il convenuto, ossia i soggetti che rispettivamente chiedono o nei confronti di cui si chiede la tutela giurisdizionale esecutiva. Ciò vuol dire che vi è un creditore nei confronti di un soggetto che, rispetto a un diritto accertato, invece è debitore. Il creditore è in un certo senso un attore. Ma non si può dire allo stesso modo che il debitore sia un convenuto e in quanto il debitore non ha che da subire l’esecuzione in un diritto già accertato, non c’è bisogno, ameno di regola, d’immediato contraddittorio davanti al giudice, e quindi neppure del meccanismo che, nel processo di cognizione, tende a instaurare subito il contraddittorio e si impernia sulla citazione dell’attore nei confronti del convenuto. La domanda del creditore è rivolta direttamente all’organo esecutivo affinché questo provveda senz’altro all’esecuzione, salvi i controlli e le direttive impartite dall’organo propriamente giudiziario, ossia dal giudice. Da ciò deriva anche che l’organo esecutivo non può essere imparziale se non in un senso puramente formale, ossia nel senso che, nell’attuare il diritto del creditore contro il debitore, deve operare nell’obiettivo rispetto delle norme. Davanti al giudice, nelle sue funzioni di direzione e controllo dell’attività esecutiva, il debitore e il creditore possono soltanto, di regola essere «ascoltati» [485 c.p.c.], in un contraddittorio che normalmente investe soltanto le modalità dell’esecuzione, al cui ambito si ritiene limitato l’operare della prova nel processo esecutivo. La domanda all’organo esecutivo è di solito proposta verbalmente ed è sempre proceduta da una serie di atti che restano ancora al di fuori del processo esecutivo vero e proprio, del quale costituiscono un preannuncio. L’attività propria dell’organo esecutivo si estrinseca in atti che, quando incidono direttamente sul mondo materiale, presentano più propriamente i caratteri delle c.d. operazioni [I, §69]. L’attività del giudice esecutivo si estrinseca in provvedimenti, la cui natura è per lo più ordinatoria e assume le forme per lo più dell’ordinanza o del decreto. La sentenza rimane propria ed esclusiva dell’attività di cognizione che non può a una prestazione diversa da quella alla quale tende il diritto sostanziale, ossia tende alla prestazione della tutela giurisdizionale mediante esecuzione forzata. • L’azione di cognizione è un diritto astratto dal diritto sostanziale. • L’azione esecutiva, pur presupponendo l’accertamento del diritto sostanziale, è anch’essa un diritto in certa misura astratto dal diritto sostanziale, poiché essa presuppone soltanto il titolo, ossia un sufficiente grado di accertamento del diritto. • L’azione di cognizione è diritto all’attività giurisdizionale fino a un provvedimento sul merito. • L’azione esecutivo è diritto all’attività giurisdizionale esecutiva fino al suo atto conclusivo, che è preordinato alla soddisfazione del diritto ma che potrebbe anche non conseguire tale soddisfazione per ragioni contingenti (es.: insufficienza del patrimonio del debitore, sopravvenuta distruzione della cosa da consegnare, ecc.). Può verificarsi anche l’eventualità opposta, che cioè la soddisfazione del credito possa avvenire attraverso l’esercizio di una azione speciale abbreviata che prescinde dal suo fondamento su un titolo esecutivo, ma che comunque non può essere esercitata se non un processo esecutivo iniziato da altri (nelle forme della espropriazione) fondato su un titolo esecutivo. Ci si riferisce all’intervento nell’espropriazione in corso, da parte dei creditori che, pur non essendo muniti di titolo, possono partecipare alla distribuzione del ricavato della vendita. Si tratta di un’azione accessoria a un’altrui azione esecutiva e nel cui esercizio sono riscontrabili gli elementi di un sia pur sommario accertamento in funzione della partecipazione al risultato dell’esecuzione1. L'azione esecutiva è un diritto autonomo ed astratto, condizionato in maniera necessaria e sufficiente da un titolo esecutivo, ed avente per oggetto la prestazione dell'attività giurisdizionale esecutiva fino al suo compimento in funzione della soddisfazione del diritto accertato nel titolo, ed indipendente mente dall'effettivo conseguimento di questa soddisfazione. Gli elementi d’individuazione e identificazione [vol I. §28] di ciascuna singola azione esecutiva si condensano e si esauriscono interamente nel titolo esecutivo. Mentre, per quanto concerne i soggetti (personae) abbiamo visto come i soggetti dell’azione esecutiva siano i soggetti – attivo e passivo – del titolo, per quanto concerne per quanto concerne gli elementi oggettivi (petitum e causa petendi), è chiaro che, se il titolo contiene l'accertamento del diritto sostanziale da eseguirsi, dal titolo e solo dal titolo deve risultare la prestazione da conseguirsi in via esecutiva e la ragione giuridica su cui tale prestazione si fonda. Questo, però, non impedisce che il diritto sostanziale accertato nel titolo resti rilevante anche nelle vicende del processo esecutivo, nella misura in cui la disciplina processuale ne prevede le verifiche. 6. I soggetti del processo esecutivo: gli organi, le parti i terzi: i limiti soggettivi del titolo; la pluralità di parti; la portata oggettiva del titolo Al centro dell’attività esecutiva sta l’organo esecutivo, ovvero dell’ufficiale giudiziario, che nel processo esecutivo è molto più che un ausiliario del giudice, il quale, d’altra parte, opera nell’ambito di un ufficio giudiziario. Questo ufficio giudiziario (che il codice chiama genericamente “giudice”) è stato finora soltanto il 1 Con riferimento alla duplice eventualità evidenziata nel testo – che cioè, da un lato, l’espropriazione non realizzi la soddisfazione e, dall’altro, la soddisfazione possa avvenire anche a favore di chi non ha provocato e non può provocare l’espropriazione – si è sostenuto, da un’autorevole corrente di dottrina, ancorché in opere non rec enti, che l’azione esecutiva possa assumere due figure distinte: azione espropriativa e azione soddisfattiva, l’una intesa all’espropriazione e l’altra alla soddisfazione. Si è obiettato [MANDRIOLI] che l’eventualità che l’azione espropriativa non consegua il risultato satisfattivo dipende da ragioni contingenti, che non investono l’essenza del diritto, mentre la possibilità che il creditore non munito di titolo possa partecipare alla soddisfazione, costituisce un esercizio di una forma particolare di azione esecutiva nella quale non mancano (nei limiti del necessario) gli elementi di un previo sommario accertamento. L’unità dell’azione esecutiva è riconosciuta anche da chi sostiene che il potere di intervento dei creditori privi di titolo implichi un superamento della regola nulla executio sine titulo. tribunale. Nell’ambito di quest’ufficio giudiziario operano anche altri organi, tra i quali primeggia il giudice dell’esecuzione, con funzioni direttive della procedura, ordinatorie e genericamente di controllo. L’osservazione che le parti vengono in rilievo senz’altro come creditore e debitore vanno sviluppate, specie in rilievo con la funzione del titolo esecutivo di individuare, anche sotto il profilo soggettivo, il diritto che si porta a esecuzione e di individuare la titolarità dell’azione esecutiva, la quale spetta al soggetto che nel titolo risulta creditore e nei confronti del soggetto che nel titolo risulta debitore. Ma questa titolarità (attiva e passiva) dell'azione esecutiva in che rapporto sta con la qualità di parte? Nel processo di cognizione, la qualità di parte prescinde, oltre che dalla titolarità del rapporto sostanziale, anche dalla titolarità dell’azione e perfino del potere di proporre la domanda. Tale qualità dipende in realtà dal solo fatto della proposizione di una domanda e spetta a colui che propone (o nel cui nome è proposta) la domanda stessa, nonché a colui nei cui confronti la domanda è proposta. Nel processo esecutivo la situazione è differente perché, come del resto enuncia il codice [474], questo processo non può neppure avere inizio senza un titolo esecutivo, ossia senza il previo accertamento dell'esistenza (con la sua titolarità attiva e passiva) del diritto che si porta ad esecuzione. E poiché questa titolarità attiva e passiva, che coincide con la titolarità dell'azione esecutiva, è determinata dalla qualità di creditore e, rispettivamente, di debitore, secondo quanto risulta dal titolo esecutivo, se ne può desumere che, almeno in linea di principio – e salve le estensioni previste dal codice con riguardo ai successori [475.2, 477], il processo esecutivo ha come sue parti due soggetti, i quali, secondo la terminologia propria del processo di cognizione, sarebbero invece le parti legittimate o giuste parti. Ciò nella realtà concreta potrebbe anche non verificarsi quando, es.: il titolo esecutivo sia tale solo in apparenza o quando per errore l’ufficiale giudiziario agisse contro un soggetto diverso da colui che nel titolo risulta debitore o a favore di un soggetto diverso da colui che nel titolo risulta creditore. Quando ciò si verifica, quando cioè accade che un soggetto assuma il ruolo di creditore senza che un titolo lo qualifichi tale, o a un soggetto venga fatto assumere il ruolo del debitore senza che il titolo lo qualifichi debitore; quando dunque si verifichi una di queste ipotesi, si deve ritenere che quei soggetti assumano una qualità assimilabile a quella della parte, in un processo che, sia pure eccezionalmente, si svolge al di fuori della portata soggettiva del titolo. L'importanza pratica degli aspetti terminologici di queste conclusioni non va sopravvalutata poiché, per la già rilevata mancanza, nel processo esecutivo, della contrapposizione dialettica delle parti, il codice di solito non attribuisce poteri alle «parti», ma senz'altro al «creditore» e al «debitore»; più precisamente attribuisce i poteri d'iniziativa al «creditore», mentre al «debitore» attribuisce altri più limitati poteri intesi soprattutto a tutelare la legittimità e, in certa misura, anche l'opportunità, del modo col quale questi subisce l'esecuzione. Questa nozione delle parti («i soggetti che risultano rispettivamente creditore e debitore nel titolo») ed il veduto suo allargamento nel senso di ricomprendervi co loro che, di fatto, assumono o ai quali viene fatto assumere quel ruolo, è utile anche per individuare, di riflesso, la nozione del terzo nel processo esecutivo. • Terzi sono tutti coloro che non risultano creditori o debitori nel titolo; • In linea pratica si deve negare la qualità di terzo a coloro che assumono o ai quali viene fatto assumere il ruolo di creditore o debitore senza che risultino tali nel titolo; Questa nozione verrà più avanti approfondita e servirà per delineare due figure che il codice disciplina con riferimento più specifico alla esecuzione per espropriazione: la c.d. espropriazione presso terzi e l’intervento dei terzi (o concorso nell’espropriazione). Quest’ultima figura si concreta il fenomeno della pluralità di parti nel processo esecutivo, implica un temperamento – ma non una smentita – alla regola nulla executio sine titulo. Un temperamento della regola nulla executio sine titulo emerge anche dal fenomeno per il quale talora l'esecuzione può avvenire legittimamente (e non per errore o arbitrariamente, come accennato poc'anzi) nei confronti o a favore di soggetti diversi da quelli che risultano dal titolo. I casi nei quali si verifica ciò sono per lo più previsti dalla legge, 7. I presupposti del processo di esecuzione: presupposti generali (competenza, capacità e legittimazione processuale) e speciali (previa notificazione del titolo e del precetto). La nozione dei presupposti processuali che, a suo tempo, venne esaminata nella elaborazione che la dottrina ne ha effettuato con particolare riguardo al processo di cognizione, può essere facilmente adattata al processo esecutivo. Ricordiamo che – a proposito del processo di cognizione – con l’espressione presupposti processuali ci si suole riferire a quei requisiti che debbono esistere prima della proposizione della domanda affinché il processo possa pervenire ad una pronuncia sul merito anziché arrestarsi ad una pronuncia sul processo. L’adattamento di questa nozione al processo esecutivo riguarda oltre che la determinazione del momento di proposizione della domanda, la precisazione di ciò che è condizionato dai requisiti in discorso (in luogo della pronuncia sul merito), nonché l'individuazione delle particolarità con le quali, in caso di mancanza di quei requisiti, può avvenire l'arresto del processo. • La proposizione della domanda è quell'atto col quale, dopo gli atti introduttivi e preparatori (notificazione del titolo esecutivo e del precetto), ci si rivolge all'organo esecutivo per chiedere il pignoramento (come atto iniziale dell'espropriazione) [491] o la consegna o il rilascio di cose mobili o immobili [606]; oppure al tribunale per chiedere la determinazione delle modalità dell’esecuzione degli obblighi di fare o non fare [612] oppure senz’altro al giudice dell'esecuzione per chiedere l'assegnazione o la ven4dita delle cose soggette a pegno od ipoteca [502]. Anche nel processo esecutivo, la presenza dei requisiti in argomento condiziona l'attitudine del processo a pervenire al suo risultato; ma poiché questo risultato non è un dictum (pronuncia), ma un factum, è chiaro che i presupposti del processo esecutivo condizionano il compimento dell'esecuzione. Il che peraltro non impedisce che, in caso di mancanza di uno o più di quei requisiti, il conseguente rifiuto di effettuare l'esecuzione che assumerà le forme proprie del provvedimento di cognizione (sentenza), se il difetto del requisito ha dato luogo ad una di quelle parentesi di cognizione che abbiamo visto essere le opposizioni nel processo esecutivo; mentre, nell'ipotesi contraria, il codice non si cura di disciplinarne le forme, che pertanto saranno quelle più idonee al conseguimento dello scopo non escluse quelle orali (es.: il c.d. rifiuto di pignoramento da parte dell’ufficiale giudiziario, ancorché assoggettato a un possibile controllo attraverso un ricorso al capo dell’ufficio giudiziario, dal quale l’ufficiale giudiziario dipende). Venendo ora ai SINGOLI PRESUPPOSTI PROCESSUALI GENERALI (ossia comuni anche al processo di cognizione) ed incominciando con la competenza, si deve anzitutto osservare che le regole di competenza vengono qui in rilievo sia con riguardo diretto all'organo esecutivo (ufficiale giudiziario) e sia con riguardo all'ufficio giudiziario, -nel cui ambito opera l'organo esecutivo. • L’ufficiale giudiziario ha competenza funzionale esclusiva per compiere gli atti del proprio ministero nell’ambito della circoscrizione al quale è addetto, con riguardo cioè al luogo di compimento dell’atto e non alla competenza dell’autorità giudiziaria. • Sotto il profilo della materia, la competenza in materia esclusiva è, per ora, soltanto del tribunale: «per l’espropriazione forzata di cose mobili è competente il giudice di pace», mentre «per l’espropriazione forzata di cose immobili e di crediti è competente il tribunale». Tuttavia, «se cose mobili sono soggette all'espropriazione forzata insieme con l'immobile nel quale si trovano, per l'espropriazione è competente il tribunale anche relativamente ad esse». Con riguardo alla COMPETENZA PER TERRITORIO, essa spetta: a) al giudice del luogo ove le cose si trovano, se si tratta di esecuzione su cose mobili o immobili (ma, se si tratta di esecuzione su autoveicoli, motoveicoli e rimorchi, è competente il giudice del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede) (art. 26, 1°-2° comma); b) al giudice del luogo dove il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede, nel caso di espropriazione forzata di crediti (a meno che il debitore non sia una delle P.A. indicate dall'art. 413, 5 0 comma, c.p.c., perché in questo caso è competente il giudice del luogo dove il terzo debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede) (art, 26 bis); • Il secondo e il terzo gruppo si riferiscono a quei titoli esecutivi, nei quali l'accertamento del diritto da eseguirsi si è formato per una via diversa da quella del giudizio (di cognizione) e che, perciò, sono detti titoli esecutivi stragiudiziali; Il 2° comma dell'art. 474 enuncia, dunque, che «sono titoli esecutivi»: 1. «le sentenze, i provvedimenti e gli altri atti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva». Norma di rinvio a quel complesso di disposizioni con le quali la legge attribuisce efficacia esecutiva (efficacia di titolo esecutivo) alle sentenze e agli altri provvedimenti che il giudice pronuncia in sede di cognizione. Dei tre tipi di sentenza che corrispondo ai tre tipi di azione di cognizione ([1] condanna, [2] accertamento mero [3] costitutiva), soltanto la prima può fondare l’esecuzione forzata e dunque costituire titolo esecutivo. Le stesse sentenze di condanna sono provvisoriamente esecutive ai sensi dell’art. 282, già in primo grado, salva la sospensione dell’esecuzione (o dell’efficacia esecutiva) in caso di impugnazione [artt. 283, 373]. In questi casi l’esecuzione forzata si sovrappone (o può sovrapporsi) alla cognizione. a. Se nei successivi sviluppi del processo di cognizione, la sentenza viene riformata o se viene privata dell'efficacia esecutiva, la conseguente sopravvenuta mancanza del titolo esecutivo determina l'immediato arresto del processo di esecuzione forzata, fondando il diritto al ripristino della situazione anteriore, che, come risulta dall'art. 336, 2° comma, può essere immediato. b. Il titolo esecutivo-sentenza può abbisognare di interpretazione; nel qual caso, ove si tratti di sentenza passata in giudicato, va considerato come autentica lex specialis, nel senso che gli apprezzamenti di fatto ivi contenuti sono, se esenti da vizi logici, insindacabili in cassazione. c. I provvedimenti giudiziali diversi dalle sentenze, ai quali la legge attribuisce efficacia esecutiva, sono ordinanze o decreti che, per particolari disposizioni di legge, decidono in via definitiva, o anche solo provvisoria, questioni che già investono il diritto sostanziale. Tra i provvedimenti definitivi (o idonei a divenire tali) va ricordato in particolare il decreto ingiuntivo, in quanto sia divenuto incontrovertibile per mancata opposizione o per estinzione o rigetto, o che sia stato dichiarato provvisoriamente esecutivo. d. Provvedimenti definitivi sono anche l'ordinanza di convalida di licenza o sfratto prevista dall'art. 663, che, peraltro, costituisce titolo esecutivo soltanto insieme con l'atto d'intimazione (v. III, §10); L’ordinanza pronunciata all’esito del procedimento sommario di cognizione, idonea ad acquistare l’efficacia di giudicato sostanziale ove non appellata; e. Tra i provvedimenti non definitivi, si può pensare all’ordinanza del presidente del tribunale nel giudizio di separazione dei coniugi; l’ordinanza di rilascio ex art. 665; le ordinanze anticipatorie di condanna. In questi e in tutti gli altri casi di titoli esecutivi giudiziali, la relativa specifica disciplina contiene l’espressa attribuzione dell’efficacia esecutiva; e ciò in relazione col dettato della norma in esame che dispone che la qualità del titolo esecutivo non spetta che ai provvedimenti e agli altri atti, ai quali l’efficacia esecutiva sia attribuita espressamente. f. Tra gli altri atti vengono in rilievo i verbali di conciliazione sia che si formino con l’omologazione da parte del giudice, sia che ne prescindano (es.: mediazione e negoziazione assistita); 2. «le scritture private autenticate, relativamente alle obbligazioni di somme di denaro in esse contenute», «le cambiali, nonché gli altri titoli di credito ai quali la legge attribuisce espressamente la stessa efficacia»; 3. «gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli»; Questi due gruppi di titoli esecutivi, che esaminiamo insieme perché insieme costituiscono la categoria dei titoli stragiudiziali, sono di formazione negoziale; il che peraltro non impedisce che anch'essi contengano un atto di accertamento. La scelta concorde di una documentazione particolarmente solenne e rigorosamente formale (si pensi all'impiego della parola «cambiale» richiesto dall'art. 1 della legge cambiaria) o la partecipazione di un pubblico ufficiale alla redazione dell'atto, hanno indubbiamente la funzione di richiamare l'attenzione dei soggetti dell'atto stesso sulla circostanza che essi non soltanto documentano e quindi accertano un diritto, ma lo accertano con quelle particolari forme documentali alle quali la legge fa conseguire l'efficacia esecutiva: • Nel n. 2 dell'art. 474, si può notare l'impiego della medesima formula usata nel n. 1, per il richiamo generico ai diversi altri possibili titoli esecutivi; la formula, cioè, con la quale si dice che titoli esecutivi sono soltanto gli atti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva. • Con riguardo al n. 3, va invece sottolineato che l'efficacia esecutiva non è attribuita a tutti gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale, ma soltanto a quelli e nei limiti in cui si riferiscono o ad obbligazioni aventi ad oggetto somme di denaro, sia contrattuali che unilaterali, come, ad es., il riconoscimento del debito, o ad obbligazioni di consegna (di beni mobili) o di rilascio (di beni immobili); Va, d'altra parte, tenuto presente che l'esecuzione per consegna o rilascio, oltre che in forza dei titoli esecutivi di cui al n. 3, può avvenire anche in forza di quelli di cui al n. 1 dell'art. 474 (titoli giudiziali aut similia). Lo stesso 3° comma dell'art. 474 aggiunge che le scritture private autenticate, di cui al n. 2 del 2° comma, debbono essere trascritte integralmente nel precetto ai sensi dell'art. 480, 2° comma (ciò in quanto dette scritture di solito non restano presso il pubblico ufficiale autenticante la sottoscrizione). L’efficacia di titolo esecutivo spetta anche alle decisioni di talune istituzioni UE (sentt. CGUE, atti del Consiglio, della Commissione o della BCE che comportino un obbligo pecuniario a carico di persone) senza necessità di delibazione, né di exequantur. Va tenuto presente che quando l’efficacia esecutiva è subordinata a una cauzione, l’esecuzione forzata non può essere iniziata finché la cauzione stessa non sia stata prestata [art. 478]. 10. La c.d. spedizione in forma esecutiva. L’efficacia soggettiva ultra partesi del titolo esecutivo. La successione nel processo esecutivo [art. 475, 1° comma] «le sentenze e gli altri provvedimenti l'autorità giudiziaria e gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale, per valere come titolo per l'esecuzione forzata, debbono essere muniti della formula esecutiva, salvo che 1a legge disponga altrimenti». [art. 475, 3° comma] L’apposizione di questa formula, preceduta dall’intestazione «in nome della legge», è la c.d. spedizione del titolo in forma esecutiva. Si tratta di un requisito che riguarda la copia del provvedimento o dell’atto e che è più formalistico che formale, essendo difficile ricondurlo a un’autentica e obiettiva funzione processuale. La funzione formale delineata dal 2° comma (controllo circa la legittimazione del soggetto attivo del titolo a servirsi di esso) rimane in realtà svuotata di contenuto per il fatto che suddetto controllo non è effettuato dal giudice, ma dal cancelliere o dal notaio e rimane perciò limitato ai suoi aspetti puramente formali. Nei quali aspetti formali rientra anche il disposto dell’art. 476, nel senso che la spedizione può essere effettuata una sola volta, col rilascio cioè di una sola copia in forma esecutiva. Si deve, infatti, tenere presente che la spedizione in forma esecutiva non viene effettuata sull'originale dell'atto, che rimane sempre presso il cancelliere (se è sentenza o altro provvedimento giudiziale) o presso il notaio (se è atto pubblico); ma su una copia autentica (v. vol. II, S 45) dell'atto stesso. Sarà l’unica copia spedita in forma esecutivo ad assolvere la funzione di documentare all’organo esecutivo l’esistenza del diritto accertato come eseguibile e cioè il dovere dell’organo esecutivo di eseguirlo, qualora ne sia richiesto. [476] La spedizione di altre copie in forma esecutiva non può avvenire senza «giusto motivo». Occorre, infine, tener presente che la spedizione in forma esecutiva è necessaria soltanto quando occorre servirsi di una copia dell'atto, ossia per i titoli il cui originale deve rimanere presso il cancelliere o il notaio; non è invece necessaria né possibile per i titoli (cambiale, assegno e ora anche scritture private autenticate, accordo di conciliazione a seguito di mediazione o di negoziazione «assistita»), il cui originale è in possesso del creditore; sicché quest'ultimo potrà servirsi senz'altro dell'originale, con le modalità di trascrizione integrale del titolo esecutivo nel precetto. [477] Con riguardo al soggetto passivo dell’azione esecutiva, si dispone che «il titolo esecutivo contro il debitore ha efficacia contro gli eredi». Questa estensione è assoggettata all’onere, che la norma in discorso addossa al creditore, di lasciar decorrere almeno 10 giorni tra i due atti preparatori che verranno esaminati nei due prossimi paragrafi: la notificazione del titolo esecutivo e la notificazione del precetto e sempre che entrambi questi atti non fossero già stati notificati al de cuius, prima della morte, oppure gli fosse stato notificato solo il titolo esecutivo e non anche il precetto. Il raffronto tra le due norme dalle quali risulta l'estensione della portata soggettiva del titolo esecutivo sotto il profilo rispettivamente attivo e passivo (ossia gli artt. 475, 2° comma, e 477, 1° comma) consente di rilevare che, mentre sotto j profilo attivo, l'estensione soggettiva riguarda genericamente tutti i successori del creditore, ossia consegue ad ogni fenomeno successorio (mortis causa o inter vivos), sotto il profilo passivo tale estensione parrebbe limitata ai soli eredi del debitore, conseguendo alla sola successione mortis causa a titolo universale. Questa limitazione va peraltro coordinata col disposto dell’art. 111, 4° comma, secondo il quale in caso di successione a titolo particolare nel diritto controverso in corso di causa, la sentenza pronunciata contro l’alienante o il successore universale spiega sempre i suoi effetti anche contro il successore a titolo particolare. Tra questi effetti c’è anche l’efficacia di titolo esecutivo, dunque ne consegue un ulteriore allargamento dell’efficacia del titolo esecutivo giudiziale con riguardo ai successori anche a titolo particolare. Non c’è dubbio sull’allargamento dell’efficacia del titolo nei riguardi anche di alcuni soggetti corresponsabili per legge (es.: i soci delle società in nome collettivo). Se, dunque, il titolo esecutivo può avere eccezionalmente efficacia anche a favore e/o contro i successori, ne consegue il rilievo più generale che il processo esecutivo può iniziarsi e svolgersi tra i soggetti (eventualmente diversi da quelli risultanti dal titolo), che dovranno in definitiva riceverne o subirne gli effetti, non soltanto nei casi, ora visti, di successione anteriore all'inizio dell'esecuzione, ma anche nei casi di successione che si verifica quando il processo è già pendente. Nell’ipotesi che venga meno il debitore, l’inapplicabilità nel processo esecutivo dell’istituto dell’interruzione fa sì che il processo possa proseguire legittimamente nei confronti dei successori, i quali però debbono essere resi destinatari delle comunicazioni e degli avvisi, purché ovviamente l’evento che ha dato luogo alla successione risulti da un atto del processo. 11. Gli atti preparatori anteriori all’inizio del processo esecutivo: a) la notificazione del titolo esecutivo Alcuni atti, pur funzionali all’esecutivo, debbono essere compiuti prima dell’inizio del processo stesso e sono perciò atti preparatori o preliminari. Tali atti (notificazione del titolo esecutivo; notificazione del precetto), entrambi al debitore, hanno la funzione di annunciare solennemente il proposito del creditore di procedere all’esecuzione forzata, e più precisamente il proposito di esercitare l’azione esecutiva che si fonda su quel titolo esecutivo (che appunto va notificato), per il conseguimento di quel diritto e con quella portata soggettiva, che emerge dal titolo. La ratio è quella di offrire al debitore l’ultima possibilità di eseguire il proprio obbligo spontaneamente e la possibilità di conoscere di tutti gli elementi dell’azione esecutiva preannunciata onde valutare le concrete possibilità di contestarne la legittimità prima ancora del suo effettivo esercizio. [art. 479, 1° comma] «se la legge non dispone altrimenti, l'esecuzione forzata deve essere preceduta dalla notificazione del titolo in forma esecutiva e del precetto». In un certo senso, anche il titolo esecutivo e la sua spedizione in forma esecutiva – quando è necessaria- sono atti preparatori all’esecuzione forzata. Mentre il titolo esecutivo in per se stesso è solo il documento di un La notificazione del precetto e quindi il precetto stesso, non conserva indefinitamente la sua efficacia propria di atto preliminare all’esecuzione forzata. Tale efficacia è limitata a 90 gg dalla notificazione che, a questi effetti, si perfeziona solo con la consegna al destinatario. Se entro tale termine l'esecuzione forzata non viene iniziata (o è sopravvenuta la rinuncia al precetto), l'avvenuta notificazione non è più utilizzabile (art. 481), nel senso che per dare validamente inizio all'esecuzione occorre un nuovo atto di precetto da notificare, mentre rimane ferma l’efficacia dell’avvenuta notificazione del titolo esecutivo. La necessità di rispettare il termine – di regola non inferiore a 10 gg – in cui si sostanzia l’intimazione ad adempiere del precetto è spesso controproducente agli effetti della funzionalità dell’esecuzione, poiché il debitore può approfittare di esso per occultare i suoi beni, la cosa da consegnare o pregiudicare i successivi atti esecutivi. Il codice ha dunque disposto che il capo dell’ufficio giudiziario competente o un giudice da lui delegato può autorizzare l’esecuzione immediata, eventualmente subordinando la concessione alla prestazione, da parte del creditore procedente, di una cauzione. L'autorizzazione è data con decreto scritto in calce al precetto e trascritto nella copia da notificarsi. La stessa notificazione del precetto è, nel caso particolare di esecuzione contro la Pubblica Amministrazione, assoggettata ad un termine dilatorio di centoventi giorni. Vi è dunque una stretta coordinazione di questo atto con la successiva serie degli atti del processo esecutivo, nel quale si inserisce senza prendere la natura di atto processuale, trattandosi di un atto cronologicamente anteriore all’inizio del processo stesso e alla proposizione della domanda esecutiva, che contiene il primo esercizio dell’azione medesima → l’atto di precetto deve essere sempre considerato come atto sostanziale, idoneo a mettere in mora il debitore e a produrre l’effetto interruttivo della prescrizione del credito. III. L’ESPROPRIAZIONE FORZATA SEZ. I – L’ESPROPRIAZIONE FORZATA IN GENERALE 13. Nozione dell’espropriazione e sue diverse forme Art. 2910 c.c. – norma fondamentale sulla tutela giurisdizionale, la sua disponibilità e il suo risultato di diritto sostanziale – enuncia che: «il creditore, per conseguire quanto gli è dovuto, può fare espropriare i beni del debitore secondo le regole stabilite dal codice di procedura civile». L’espropriazione forzata è quel tipo di procedimento esecutivo che consiste nel sottrarre coattivamente al debitore determinati beni appartenenti al suo patrimonio e nel trasformarli, pure coattivamente, in denaro, per destinarli alla soddisfazione del creditore, in attuazione della loro funzione di garanzia generica dei crediti; quella garanzia generica, che consegue alla responsabilità patrimoniale con tutti i «beni, presenti e futuri», ex art. 2740 c.c. È quel procedimento esecutivo attraverso il quale possono essere coattivamente soddisfatti i crediti aventi ad oggetto una somma di denaro, sia che questo fosse il loro oggetto originario o sia che, in sede di cognizione, siano stati trasformati in crediti di denaro, proprio in vista della loro soddisfazione coattiva. Il legislatore ha introdotto alcuni istituti per evitare l’espropriazione forzata: • PEGNO NON POSSESSORIO: il creditore che abbia concesso un credito a favore dell'imprenditore o di terzi (e l'abbia trascritto in un apposito registro tenuto dal l'Agenzia delle entrate), ottiene, a garanzia del suo credito, un pegno non possessorio sui beni mobili (anche immateriali) non registrati destinati all'esercizio dell'impresa (e sui crediti derivanti da o inerenti a tale esercizio), sui quali soddisfarsi in caso di inadempimento del debitore, con modalità diverse dall'espropriazione forzata; • PATTO MARCIANO: il finanziamento dell’imprenditore – in deroga al divieto di patto commissorio ex art. 2744 c.c. – viene garantito al creditore da un particolare patto, stipulato al momento della conclusione del contratto di finanziamento o anche successivamente e trascritto nei registri Immobiliari, che prevede — sempre in caso di inadempimento del debitore — il trasferimento al creditore «della proprietà di un immobile o di un altro diritto immobiliare dell'imprenditore o di un terzo, sospensivamente condizionato all'inadempimento del debitore», ove quest'inadempimento integri determinate condizioni2. Quando si verifica l’inadempimento, il creditore comunica al debitore e, se diverso, al proprietario dell’immobile, la volontà di avvalersi degli effetti del patto di garanzia e quindi chiede al presidente del tribunale del luogo dove si trova l’immobile la nomina di un perito per la stima del valore del diritto reale oggetto del patto. [art. 517.2] L’espropriazione forzata colpisce preferibilmente il denaro del debitore ed i suoi beni che siano più facilmente trasformabili in denaro, come i titoli di credito e gli oggetti preziosi ma può comunque colpire ogni bene idoneo a essere trasformato in denaro (beni mobili, crediti, beni immobili). La disciplina dell’espropriazione consiste innanzitutto: • Modalità per sottrarre alla disponibilità giuridica del debitore e vincolare i beni del debitore stesso (pignoramento)3; • Trasformare coattivamente i beni in danaro (vendita forzata, salvo il caso dell’assegnazione diretta); Queste modalità variano a seconda che i beni appartengano a una o l’altra delle tre categorie. Questo iter si riflette nell’articolazione della disciplina legate, scandita in tappe/istituti: a) Pignoramento b) Eventuale intervento dei creditori c) Vendita forzata (o assegnazione) d) Distribuzione del ricavato Il codice prima tratta le disposizioni generali dell’espropriazione forzata e dei suoi istituti e quindi dettanto tre ulteriori discipline integrative, a seconda che l’espropriazione abbia a oggetto: • Denaro o altri beni mobili (espropriazione mobiliare presso il debitore); • Crediti del debitore o altre cose mobili appartenenti a questo ma non nella sua disponibilità (espropriazione presso terzi); • Beni immobili (espropriazione immobiliare); Naturalmente, spetta al creditore optare per l'una piuttosto che per l'altra di queste tre forme di espropriazione, in relazione alla presenza dell'uno piuttosto che dell’altro tipo di beni nel patrimonio del debitore ma nel rispetto delle limitazioni legislative4. [Art. 2911 c.c.] Il codice – che non impone alcun ordine di priorità se non per quanto riguarda i beni sui quali il creditore già fruisce di una garanzia reale – consente al creditore di valersi cumulativamente dei diversi mezzi di espropriazione ma il debitore può opporsi per ottenere dal giudice dell’esecuzione un’ordinanza non impugnabile che limiti l’espropriazione al mezzo che il creditore sceglie o, in mancanza, a quello che il giudice stesso determina, tenuto conto anche dei crediti degli intervenienti. L’espropriazione è poi richiamata dalla legge fallimentare, che realizza una espropriazione integrale del patrimonio del debitore5. 2 Vale a dire, quando il mancato pagamento si protrae per oltre 9 mesi dalla scadenza: a) di almeno 3 rate, anche non consecutive, nel caso di rimborso del finanziamento a rate mensili; b) di una sola rata, in caso di rimborso rateale superiore a quello mensile; c) del rimborso previsto nel contratto, quando non sia previsto il rimborso rateale 3 O il bene in comunione legale fra i coniugi 4 In particolare, le limitazioni che riguardano i crediti di natura tributaria: quando si portino ad esecuzione forzata crediti di natura tributaria, l'agente della riscossione possa procedere all'espropriazione immobiliare solo se l'importo complessivo del credito per cui si procede supera complessivamente i 120.000 euro e comunque non dia corso all'espropriazione se l'unico immobile di proprietà del debitore è adibito ad uso abitativo e lo stesso vi risiede anagraficamente. 5 Soltanto in sede fallimentare o delle altre procedure C.d. concorsuali è possibile l'espropriazione dell'azienda come complesso di beni organizzati per l'esercizio dell'impresa. La disciplina dell'espropriazione individuale non prevede, invece, altri possibili oggetti all'infuori degli immobili, dei mobili e dei crediti, limitando la previsione del collegamento tra beni a quello pertinenziale, accessoriale o di arredamento ossia a un tipo di collegamento, che, di solito, non include quello aziendale Per i crediti dello Stato e di altri enti pubblici l’espropriazione avviene secondo le regole della esecuzione esattoriale, che attribuisce l’azione esecutiva ai «concessionari del servizio di riscossione», secondo 14. Il giudice dell’esecuzione e i suoi provvedimenti [art. 484.1 c.p.c.] «l'espropriazione è diretta da un giudice», ovvero da un giudice che è sia ufficio giudiziario che organo, al quale sono attribuite determinate funzioni nell’ambito di un ufficio giudiziario. • Quando si parla di giudice competente per l'esecuzione ci si riferisce a quel giudice-ufficio giudiziario, nel cui ambito può svolgersi una determinata esecuzione forzata, nel senso che a quell'ufficio (concretamente operante attraverso i suoi singoli organi) sono attribuiti i poteri inerenti a quell'esecuzione forzata. • Quando, invece, parliamo di giudice dell'esecuzione, ci riferiamo ad un orga no di quel determinato ufficio giudiziario, competente per l'esecuzione. Più precisamente, ci riferiamo ad un organo impersonato da una determinata persona fisica di magistrato, da designarsi volta per volta, così come avviene per il giudice istruttore rispetto a ciascun processo di cognizione. [art. 484.4 c.p.c.] «si applicano al giudice dell'esecuzione le disposizioni degli articoli 174 e 175», ossia le norme che concernono l'immutabilità del giudice istruttore ed i poteri direttivi ed ordinatori del procedimento a lui attribuiti → assimilazione della figura del giudice dell’esecuzione a quella del giudice istruttore, ribadita poi dall’art. 487, il quale prevede, per i provvedimenti del giudice dell'esecuzione, la medesima forma dei provvedimenti del giudice istruttore (ossia l'ordinanza), stabilendo che essi debbono essere pronunciati con le medesime modalità e comunicati negli stessi modi previsti per le ordinanze del giudice istruttore. [art. 630] Contro le ordinanze del giudice dell'esecuzione non è normalmente proponibile il reclamo al collegio, salvo che per le ordinanze concernenti l'estinzione del processo. La via normale per far valere eventuali illegittimità delle ordinanze del giudice dell’esecuzione è quella dell’opposizione agli atti esecutivi, ciò che di regola preclude l’impugnabilità con altri mezzi e in particolare col regolamento di competenza, salvi i casi in cui le ordinanze risolvano specificamente contestazioni sulla competenza. 15. L’iscrizione a ruolo e la formazione del fascicolo d’ufficio; la designazione del giudice dell’esecuzione, le udienze e gli atti dell’espropriazione [art. 484.2] La designazione del giudice dell’esecuzione è compiuta dal Presidente del tribunale «su presentazione, a cura del cancelliere, del fascicolo, entro due giorni dalla sua formazione». Il fascicolo, al quale si riferisce questa norma è il «fascicolo dell'esecuzione» che, secondo quanto dispone l'art. 488, il cancelliere deve formare per ogni procedimento di espropriazione e nel quale «sono inseriti tutti gli atti compiuti dal giudice, dal cancelliere e dall'ufficiale giudiziario e gli atti e documenti depositati dalle parti e dagli eventuali interessati». Il momento nel quale il cancelliere deve provvedere alla formazione del fascicolo è anche qui, come nel processo di cognizione, un momento successivo a quello della fase iniziale del processo. • Nel processo di cognizione, il fascicolo d'ufficio viene formato dopo che è avvenuta la notificazione dell'atto di citazione e la costituzione di una delle parti. • Qualcosa di simile accade anche per il processo di espropriazione. In questo caso il fascicolo d'ufficio viene formato dopo l'iscrizione a ruolo del processo per espropriazione. Per le diverse forme di espropriazione (artt. 518, 6° comma, 521 bis, 5° comma, 543, 4° comma, 557, 2 0 comma), infatti, è previsto l'onere a carico del creditore procedente di provvedere ad iscrivere a ruolo il processo esecutivo così avviato. Più precisamente, e tenendo presente che il pignoramento è atto dell'ufficiale giudiziario e che, come vedremo, deve consegnare «senza ritardo» al creditore procedente il processo verbale dell'avvenuto pignoramento mobiliare o l'atto di citazione nel pignoramento presso terzi o l'atto di pignoramento • PROFILO OGGETTIVO | salve particolari modalità e ulteriori atti richiesti dai diversi tipi di espropriazione, nell’ingiunzione al debitore di non sottrarre i beni alla garanzia del credito. Ciò esige l’esatta indicazione sia del credito, sia dei beni che, con tale atto, vengono pignorati. [art. 492.2-3] «Il pignoramento deve altresì contenere l'invito rivolto al debitore ad effettuare presso la cancelleria del giudice dell'esecuzione la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio in uno dei comuni del circondario in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione con l'avvertimento che, in mancanza ovvero in caso di irreperibilità presso la residenza dichiarata o il domicilio eletto, le successive notifiche o comunicazioni a lui dirette saranno effettuate presso la cancelleria dello stesso giudice. Il pignoramento deve contenere l’avvertimento che il debitore, ex [art. 495], può chiedere di sostituire alle cose o crediti pignorati una somma di denaro pari all’importo dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese, oltre che delle spese di esecuzione, sempre a pena di inammissibilità, prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione, la relativa istanza unitamente a una somma di denaro non inferiore a 1/5 dell’importo del credito per cui è stato eseguito il pignoramento e dei crediti dei creditori intervenuti indicati nei rispettivi atti di intervento dedotti i versamenti effettuati di cui deve essere data prova documentale». [art. 492.4] «Quando per la soddisfazione del creditore procedente i beni assoggettati a pignoramento appaiono insufficienti ovvero per essi appare manifesta la lunga durata della liquidazione, l'ufficiale giudiziario invita il debitore ad indicare ulteriori beni utilmente pignorabili, i luoghi in cui si trovano ovvero le generalità dei terzi debitori, avvertendolo della sanzione prevista per l'omessa o falsa dichiarazione. Della dichiarazione del debitore è redatto processo verbale che lo stesso sottoscrive» [art. 492.5] Disciplina distinta per ciascuno dei diversi tipi di espropriazione, finalizzata all’estensione del pignoramento ai beni indicati dal debitore in relazione alla diversa struttura di ciascuna delle espropriazioni: a) «Se sono indicate cose mobili queste, dal momento della dichiarazione, sono considerate pignorate»; b) «Se sono indicati crediti o cose mobili che sono in possesso di terzi il pignoramento si considera perfezionato nei confronti del debitore esecutato dal momento della dichiarazione e questi è costituito custode della somma o della cosa […] quando il terzo, prima che gli sia notificalo l'alto di cui all'art. 543, effettua il pagamento o restituisce il bene»; c) «se sono indicati beni immobili, il creditore procede ai sensi degli articoli 555 e seguenti»; [Art. 492.6] Per l’ipotesi che il successivo intervento di altri creditori renda insufficienti i beni pignorati (detto compendio pignorato): «il creditore procedente può richiedere all'ufficiale giudiziario di procedere ai sensi dei precedenti commi ai fini dell'esercizio della facoltà di cui all'art. 499 comma 4». Al fine di indicare ai creditori chirografari, tempestivamente intervenuti, l’esistenza di altri beni del debitore, utilmente pignorabili, ai quali estendere l’originario pignoramento. Ulteriori ricerche dell’ufficiale giudiziario: • [art. 492.8] Nell’ipotesi che il debitore sia un imprenditore commerciale, previa istanza del creditore procedente, adempimento finalizzato all’acquisizione delle sue scritture contabili, ai fini dell’individuazione di cose e crediti pignorabili; • [art. 492bis] Su istanza del creditore che abbia diritto di procedere a esecuzione forzata, il presidente del tribunale del luogo in cui il debitore ha la residenza/domicilio/dimora/sede, verificato il diritto della parte istante, può autorizzare l’ufficiale giudiziario a procedere alla ricerca con modalità telematiche di beni da pignorare, vale a dire mediante collegamento telematico diretto alle banche dati delle P.A. e in particolare all’anagrafe tributaria, compreso l’archivio dei rapporti finanziari, e alle banche dati degli enti previdenziali, ai fini dell’individuazione di cose e crediti da sottoporre a esecuzione. L’istanza non può essere proposta prima della decorrenza del termine ex art. 482, e cioè il termine minimo per adempiere, indicato nel precetto e comunque non inferiore a 10 giorni dalla notificazione dello stesso. Solo se vi è pericolo nel ritardo, il Presidente del Tribunale può autorizzare la ricerca telematica dei beni da pignorare prima della notificazione del precetto. Al termine di tali operazioni, l’ufficiale giudiziario redige un unico processo verbale, nel quale indica tutte le banche dati interrogate e gli esi. Quindi procede nei modi indicati [commi 3-7, art. 492bis]. L'ufficiale giudiziario, nel compiere il pignoramento, deve essere munito del titolo esecutivo, e cioè che «il presidente del tribunale competente per l'esecuzione può concedere al creditore l'autorizzazione prevista dall'articolo 488 2 0 comma» Con riguardo all'elemento dell'individuazione dei beni che vengono pignorati, è opportuno porre in rilievo che soltanto col compimento di quest'atto — che coincide col momento di inizio dell'espropriazione e cioè del processo esecutivo – il generico assoggettamento di tutti i beni del debitore alla soddisfazione dei suoi debiti (che risulta dall'art. 2740 c.c.) si concreta nell'assoggettamento specifico di determinati beni ad un determinato credito. Ed in realtà, gli atti anteriori al pignoramento, ossia gli atti preparatori dell'esecuzione forzata, rimangono nel generico in quanto si risolvono in un semplice preannuncio dell'esecuzione. I medesimi beni possono essere pignorati da più creditori, i quali possono compiere insieme un unico atto di pignoramento (art. 493, 1° comma) oppure compiere pignoramenti successivi (art. 493, 2° comma), ognuno dei quali ha effetto indipendente, anche se unito ad altri in un unico processo (art. 493, 3° comma): nel disciplinare i diversi tipi di pignoramento, il codice vuole la riunione dei processi espropriativi sullo stesso oggetto, disponibile anche d’ufficio. [art. 494 1° comma] Al momento del pignoramento il debitore può evitare in extremis il pignoramento stesso e quindi l'inizio del processo esecutivo, versando nelle mani dell'ufficiale giudiziario la somma per cui si procede, con l'importo delle spese. L’ufficiale giudiziario può astenersi dall’effettuare il pignoramento poiché riceve un effettivo pagamento, non un semplice deposito. [art. 494 3° comma] Se il debitore non vuole effettuare il pagamento ma vuole evitare gli inconvenienti del pignoramento di cose, può versare all’ufficiale giudiziario l’importo del creditore e delle spese, aumentato di 2/10, offrendo tale importo come oggetto del pignoramento. Anche dopo il pignoramento si può raggiungere questo risultato, attraverso una istanza del giudice dell’esecuzione di sostituire alle cose pignorate una somma di denaro pari all’importo delle spese e dei crediti (comprensivi degli interessi) del creditore pignorante e di quelli intervenuti, ossia con la c.d. conversione del pignoramento, la cui possibilità va segnalata dall’ufficiale giudiziario in sede di pignoramento. La conversione può essere chiesta prima che sia disposta la vendita o l'assegnazione e il giudice dell’esecuzione la attua con ordinanza, sentite le parti in udienza e con l’effetto di liberare dal pignoramento i beni mobili o immobili pignorati, ma solo dopo il versamento dell’intera somma stabilita con l’ordinanza che dispone la conversione. Il codice onera il richiedente al versamento immediato – ossia unitamente all’istanza – di una somma non inferiore a 1/6 dell’intero importo. [art. 495.7] L’istanza di conversione può essere avanzata una sola volta, a pena di inammissibilità, dal debitore esecutato o dai successori di quest’ultimo. Il d.l. 135/2018 ha inoltre consentito la conversione del pignoramento con versamenti rateali mensili, entro max. 48 mesi, in caso di pignoramento mobiliare o immobiliare, ove ricorrano «giustificati motivi». Il giudice provvede ogni 6 mesi al pagamento del creditore pignorante e alla distribuzione parziale tra i creditori delle somme versate dal debitore. [art. 496] Con provvedimento del giudice di esecuzione6, è possibile la riduzione del pignoramento – cioè liberazione dal vincolo di taluni beni – quando il valore dei beni pignorati è superiore all’importo dei crediti per cui si procede e delle spese. È possibile, nell’ambito dell’espropriazione mobiliare, l’integrazione del pignoramento. 6 Impugnabile con opposizione agli atti esecutivo, anche prima dell’udienza fissata per l’autorizzazione della vendita, stante la mancanza di un termine iniziale. [art. 497] L’efficacia del pignoramento è assoggettata a un termine acceleratorio di 45 giorni: se entro tale termine non viene compiuto il successivo atto di impulso processuale (istanza di vendita o assegnazione delle cose pignorate), il pignoramento diventa inefficace. L’efficacia del pignoramento cessa sia in caso di mancata iscrizione a ruolo del processo di espropriazione, sia in caso di chiusura anticipata del processo esecutivo (es.: estinzione). Questa chiusura anticipata può essere disposta anche d’ufficio dal giudice dell’esecuzione in caso di infruttuosità dell’espropriazione forzata iniziata «quando risulta che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo». Il pignoramento può colpire beni mobili o immobili a scelta del creditore; in linea di principio, tutti i beni del debitore sono pignorabili, salvo i casi che l'impignorabilità risulti dalla legge o dalla specifica destinazione dei beni. [artt. 543, 555] FORMA | Atto scritto nell’espropriazione presso terzi e in quella immobiliare | [518] Oralmente, nell’espropriazione mobiliare presso il debitore, immediatamente documentato da un processo verbale. L’atto o il processo verbale viene dall’ufficiale giudiziario consegnato senza ritardo al creditore perché provveda all’iscrizione a ruolo del processo esecutivo (v. §15). [art. 502] Vi sono casi in cui gli effetti propri del pignoramento sono già acquisiti, indipendentemente dal compimento dell’atto di pignoramento: ciò accade quando si tratta di beni mobili dati in pegno o di mobili registrati assoggettati a ipoteca. In questi casi il codice consente il successivo atto di impulso (istanza di vendita) senza il previo pignoramento. 18. L’intervento dei creditori nell’espropriazione (in generale) La scelta del legislatore è stata nel senso che l’orientamento di massima, ispirato a una solenne enunciazione della regola della par condicio creditorum, rimane in pratica attenuato da alcune modalità della disciplina dell’espropriazione: • [art. 2740 c.c.] • [art. 2741 c.c.] «i creditori hanno uguale diritto di essere soddisfatti (par condicio) sui beni del debitore, salve le cause legittime di prelazione», ossia i privilegi, i pegni e le ipoteche; N.B.: La struttura dell’istituto espropriativo fallimentare dà luogo all’espropriazione immediata di tutti i beni del debitore a cura di organi che operano nell’interesse collettivo, dando luogo alla soddisfazione in egual misura di tutti i creditori (concorsualità). Diversamente accade nella espropriazione individuale: siccome questa non ha a oggetto la totalità dei beni debitori, ma soltanto quei beni che sono stati assoggettati al pignoramento a iniziativa del credito per il cui impulso si svolge il processo espropriativo, la relativa disciplina rende opportuna un’applicazione più attenuata della regola della par condicio, nel senso che fatte salve le cause legittime di prelazione, la soddisfazione sul ricavato della vendita dei beni pignorati, pur non essendo riservata al creditore procedente, ed essendo perciò soggetta a una ripartizione proporzionale in caso di insufficienza a soddisfare tutti i creditori, è limitata a vantaggio, oltre che del creditore procedente, di quelli, tra gli altri creditori, che trovandosi in una delle particolari situazioni di vantaggio, abbiano assunto tempestivamente una precisa iniziativa nel processo espropriativo (intervento). A seguito di tale intervento, i creditori intervenuti concorrono, insieme con quello procedente, alla ripartizione del ricavato della vendita dei beni pignorati, in misura proporzionale al credito di ciascuno. I terzi creditori, nei limiti che vedremo, possono approfittare dell'iniziativa assunta dal creditore procedente, dando luogo ad una ripartizione proporzionale che, a differenza di quella che avviene in sede fallimentare (che riguarda l'intero patrimonio del fallito e la massa dei creditori), ha per oggetto soltanto alcuni beni (quelli pignorati) e riguarda soltanto alcuni creditori (quello procedente e gli intervenienti). Modalità e limiti dell’intervento dei creditori: [art. 501] Oltre al termine acceleratorio già visto (45gg dal pignoramento), vi è anche un termine dilatorio: l’istanza non può essere proposta se non sono decorsi 10gg dal pignoramento, tranne che si tratti di cose deteriorabili. [art. 502.2] Nelle situazioni che il codice considera rispetto alle cose mobili — come sostitutive del pignoramento (pegno e cosiddetta ipoteca su cose mobili; a parte, naturalmente, la particolare facoltà attribuita dall'art. 2796 c.c. al creditore pignoratizio, di far vendere direttamente la cosa ricevuta in pegno, tale termine decorre dalla notificazione del precetto. A seguito dell’istanza, il giudice provvede a disporre la vendita o l’assegnazione con le modalità particolari a ciascun tipo di espropriazione. La vendita forzata ha la funzione di trasformare i beni pignorati in denaro liquido: essa non può essere disposta quando chiaramente il pignoramento abbia colpito una somma di denaro. In tal caso il creditore potrà chiedere senz’altro la distribuzione. [art. 503] GENERALMENTE possiamo dire che la vendita può avvenire «con incanto» (asta), e talora «senza incanto», secondo le modalità previste per le diverse forme di espropriazione. [art. 503.2] «L'incanto può essere disposto solo quando il giudice ritiene probabile che la vendita con tale modalità abbia luogo ad un prezzo superiore alla metà rispetto al valore del bene, determinato a norma dell'art. 568 C.P.C. nonché, nel caso di beni mobili, degli artt. 518 e 540 bis». Così privilegiando il ricorso alla vendita senza incanto, sia nell'ambito dell'espropriazione immobiliare, che in quella mobiliare [art. 504] Quando la vendita è fatta in più volte o più lotti, deve cessare quando il prezzo già ottenuto raggiunge l’importo delle spese e dei crediti per i quali si procede. Qual è la natura giuridica della vendita forzata? Essa chiaramente non è un contratto di compravendita: l’acquirente non acquista di certo a titolo originario, ma a titolo derivato. Secondo una autorevole opinione, lo Stato sottrae al debitore non il bene ma il potere di alienarlo: tale opinione è avvalorata dal fatto che il debitore riceve in restituzione l’eventuale residuo [vd. Art. 510 ultimo comma]. C’è comunque un acquisto a titolo derivato per effetto di una vendita effettuata dall’organo giurisdizionale con modalità che appartengono strettamente alla disciplina processuale. Gli effetti sono comunque quelli configurati dall’artt. 2919 e ss. c.c., che disciplinano dettagliatamente la materia con elementi di anomalia – rispetto alla disciplina negoziale – che stanno in correlazione con la prevalenza, nell’istituto in discorso, degli elementi processualistici: viene comunque fatto salvo il principio della tutela dell’affidamento incolpevole del terzo acquirente9. L’assegnazione forzata è invece ATTRIBUZIONE DIRETTA DEL BENE PIGNORATO AL CREDITORE SULLA BASE DI UN DETERMINATO VALORE. Se non vi è intervento di altri creditori, la soddisfazione avviene attraverso una sorta di datio in solutum e la determinazione del valore del bene assegnato serve solo a stabilire se il creditore è soddisfatto totalmente, oppure solo parzialmente oppure se c’è un margine di valore in più da restituire al debitore. Se invece altri creditori sono intervenuti, si deve far luogo a un concorso dei creditori, e la determinazione del valore dei beni serve a stabilire l’importo del ricavato su cui deve effettuarsi il concorso. Ciò può esigere che l'assegnatario versi, in parte, o anche per l'intero, il valore delle cose assegnate: 9 (116) In realtà l'art. 2929 c.c., che fa salvi i diritti del terzo acquirente rispetto alle nullità formali degli atti del processo esecutivo, relative alle questioni dedotte successivamente all'aggiudica zione (Cass. 13 febbraio 2009 n. 3531, cit. retro, alla nota 100), non esaurisce la tutela dell'affida mento del terzo che, secondo Cass. 10 agosto 1991 n. 8471 (in Giur. it., 1992, I, 1, 89) sussiste anche rispetto alle nullità sostanziali [tra le quali certamente quelle che affliggono proprio la vendita e l'assegnazione. [506] «L'assegnazione può essere fatta soltanto per un valore non inferiore alle spese di esecuzione e ai crediti aventi diritto a prelazione anteriore a quello dell'offerente» Nell’ambito dell’espropriazione immobiliare può anche essere ammessa la possibilità che l’istanza di assegnazione venga avanzata dal creditore a favore di un terzo. Se l’assegnazione ha a oggetto un credito, essa opera come cessione pro solvendo [art. 2928 c.c.]. L’assegnazione, con relativa determinazione del valore o del prezzo di assegnazione, è compiuta, a richiesta del creditore dal giudice dell’esecuzione con l’ordinanza il cui contenuto è dettagliatamente indicato dall’art. 507. L'acquirente e l'assegnatario sono, d'altra parte, coperti dai rischi conseguenti alla nullità degli atti, che hanno preceduto la vendita e l'assegnazione, nel senso che la suddetta eventuale nullità non ha effetto nei loro confronti, come disposto dall’art. 2929 c.c. [art. 508] Se la vendita o l'assegnazione hanno per oggetto un bene gravato da pegno o da ipoteca, l'aggiudicatario o l'assegnatario possono, con l'autorizzazione del giudice dell'esecuzione, concordare l'assunzione del debito liberando il debitore. Nel provvedimento di vendita o assegnazione va menzionata l’assunzione del debito. [art. 509] La fase del processo espropriativo, che segue la vendita forzata o l'assegnazione, è la distribuzione della somma ricavata. La somma da distribuire è formata da quanto proviene a titolo di prezzo o conguaglio delle cose vendute o assegnate, aumentata di eventuali accessori. [art. 510 1° comma] Se vi è un solo creditore pignorante senza intervento di altri creditori, la somma ricavata viene attribuita al creditore procedente fino a soddisfazione del credito e degli interessi e delle spese: questa attribuzione viene compiuta dal giudice dell’esecuzione con ordinanza, sentito il debitore. [art. 510 2° comma] Se vi sono intervenienti, il provvedimento del giudice effettuerà un riparto proporzionale (progetto di distribuzione) secondo le modalità proprie di ciascun tipo di espropriazione e tenendo conto dei privilegi e delle cause di prelazione, previo accantonamento delle somme che spetterebbero ai creditori intervenuti privi di titolo esecutivo i cui crediti non siano stati in tutto o in parte riconosciuti dal debitore. [art. 596] Nell’ambito della espropriazione immobiliare viene anche ammessa la distribuzione parziale. [art. 510 3° comma] Con riferimento all’accantonamento, si stabilisce che esso: «è disposto dal giudice dell'esecuzione per il tempo ritenuto necessario affinché i predetti creditori possano munirsi di titolo esecutivo e, in ogni caso, per un periodo di tempo non superiore a tre anni». Decorso tale termine senza che i creditori interessati si siano muniti di titolo, su istanza di una delle parti o anche d’ufficio, il giudice dispone la comparizione davanti a sé del debitore, del creditore procedente e dei creditori intervenuti non ancora integralmente soddisfatti e provvede alla distribuzione anche della somma accantonata, anche a favore dei creditori intervenuti che nel frattempo si siano muniti di titolo esecutivo. Il residuo della somma ricavata è comunque consegnato al debitore o al terzo che ha subito l’espropriazione. [art. 511 1° comma] Eventuali creditori di ciascun creditore avente diritto alla distribuzione possono chiedere di sostituirsi a lui per la soddisfazione dei loro crediti, proponendo domanda al giudice dell’esecuzione con forme analoghe a quelle del ricorso per intervento. [art. 511 2° comma] Il giudice dell’esecuzione provvederà alla distribuzione anche nei loro confronti, ma eventuali contestazioni relative alle loro domande non possono ritardare la distribuzione tra gli altri creditori concorrenti. In sede di distribuzione, il creditore procedente e ciascuno dei creditori intervenuti assumeranno posizioni di reciproco contrasto poiché la concorrenza di ciascun credito può diminuire la percentuale di soddisfazione di tutti gli altri → da ciò l’interesse alla reciproca contestazione, resa probabile dal fatto che il codice non richiede per l’intervento un accertamento giudiziario definitivo. Il codice sconta l’eventualità attraverso l’art. 51210. Sorta una tale contestazione, l'art. 512 affida al giudice dell'esecuzione il potere di deciderla nell'esercizio dei poteri ordinatori propri del giudice dell'esecuzione e perciò non con sentenza, ma con ordinanza. Tale ordinanza è impugnabile nelle forme e nei termini di cui all’art. 617 (propri ciò dell’opposizione agli atti esecutivi) → solo per effetto di questa opposizione sembrerebbe aprirsi quella parentesi di cognizione che è caratteristica delle opposizioni nel processo esecutivo. Parentesi che già comincia ad aprirsi davanti al giudice dell’esecuzione ove le contestazioni riguardano la sussistenza o l’ammontare del credito [cfr. 512 1° comma]: «se in sede di distribuzione, sorge controversia tra i creditori concorrenti o tra creditore e debitore o terzo assoggettato all'espropriazione, circa la sussistenza o l'ammontare di uno o più crediti o circa la sussistenza di diritti di prelazione, il giudice dell'esecuzione, sentite le parti e compiuti i necessari accertamenti, provvede con ordinanza, impugnabile nelle forme e nei termini di cui all'art. 617, 2° comma». [2°] «il giudice può, anche con l'ordinanza di cui al 1° comma, sospendere, in tutto o in parte, la distribuzione della somma ricavata» → contro il provvedimento di sospensione è ammesso reclamo ex art. 669terdecies [cfr. 624, 2° comma]. La disciplina delle controversie distributive attribuisce al giudice dell’esecuzione funzioni anche cognitorie di merito, lasciando all’eventuale opposizione l’assoggettamento di tale accertamento a un autentico giudizio di cognizione [§§ 36, 37]. L’art. 512 si riferisce espressamente alle controversie tra creditori concorrenti e tra creditore, debitore o terzo assoggettato all’espropriazione, così configurando la possibilità che l’oggetto di queste controversie abbia a coincidere con quello proprio dell’opposizione all’esecuzione. L’orientamento legislativo è verso l’eliminazione della partecipazione al riparto di crediti non accertati in un titolo esecutivo, né riconosciuti dal debitore, o comunque non assoggettati al vaglio d’accertamento ex art. 512. Orientamento che appare perfezionato e confermato dall’aggiunto all’art. 510 dell’ulteriore previsione secondo cui in sede di distribuzione il giudice deve provvedere all’accantonamento delle somme che spetterebbero ai creditori intervenuti privi di titolo esecutivo, i cui crediti non sono stati riconosciuti dal debitore, «per il tempo necessario affinché i predetti creditori possano munirsi di titolo esecutivo e, in ogni caso, per un periodo di tempo non superiore a tre anni» [3° comma]. Oggetto del giudizio della contestazione ex art. 512 è l’accertamento della sussistenza o ammontare dei singoli crediti o diritti di prelazione, così rendendo possibile un margine di comunanza con l’oggetto proprio dell’opposizione all’esecuzione. All’accertamento del credito oggetto di contestazione si perviene attraverso un procedimento in due fasi: 1. Quella che si conclude col provvedimento ex art. 512 a cognizione sommaria; 2. Quella (eventuale) a cognizione piena ed esauriente, che si apre con l’opposizione, da proporre nelle forme e nei termini di cui all’art. 617,2°, e si conclude con sentenza, impugnabile (secondo l’opinione preferita) con l’appello come la sentenza sull’opposizione dell’esecuzione, sebbene pronunciata a norma dell’art. 617. 10 In sostanza: se non sorge contestazione — che potrebbe essere sollevata anche verbalmente davanti al giudice dell'esecuzione (Cass. 26 febbraio 2008 n. 5006; Cass. 4 maggio 1994 n. 4281) la partizione avviene in una maniera che, per questo solo fatto, è basata su un implicito accordo; se sorge contestazione si svolge un giudizio che sembra ancora di piena cognizione, ai termini dell'art. 512 c.p.c.; iscrizione a ruolo e le copie degli atti di cui al primo periodo del presente comma sono depositate oltre il termine di quindici giorni dalla consegna al creditore.» [8°] «Su istanza del creditore, da depositare non oltre il termine per il deposito dell'istanza di vendita, il giudice, nominato uno stimatore quando appare opportuno, ordina l'integrazione del pignoramento se ritiene che il presumibile valore di realizzo dei beni pignorati sia inferiore a quello indicato nel primo comma. In tale caso l'ufficiale giudiziario riprende senza indugio le operazioni di ricerca dei beni.» Il pignoramento diviene inefficace, ove la nota di iscrizione a ruolo e le copie degli atti siano depositate oltre il termine di 15 giorni dalla consegna al creditore, e sempre che l’iscrizione a ruolo non sia già avvenuta a opera degli altri soggetti indicati dall’art. 159ter disp. Att. A seguito dell’iscrizione a ruolo, il cancelliere forma il fascicolo dell’esecuzione11. In ogni caso, fino a quando non maturi il termine di cui all’art. 497, di cessazione dell’efficacia del pignoramento, copia del processo verbale è conservata dall’ufficiale giudiziario a disposizione del debitore. [519] Tempo e orario del pignoramento, salva autorizzazione del presidente del tribunale o di un giudice da lui delegato. [521] Speciale forma di pignoramento mobiliare riguardante particolari beni mobili registrati, come autoveicoli, motoveicoli e rimorchi, e che può essere utilizzata in alternativa al pignoramento mobiliare presso il debitore. [26,2°] Competente territorialmente è il tribunale del luogo in cui il debitore ha residenza/domicilio/dimora/sede. [518 ss.] Forme ivi previste MA ANCHE può essere eseguito da ufficiale giudiziario mediante notificazione al debitore «di un atto nel quale si indicano esattamente, con gli estremi richiesti dalla legge speciale per la loro iscrizione nei pubblici registri, i beni e i diritti che si intendono sottoporre a esecuzione», insieme all’intimazione di cui all’art. 491. «Il pignoramento contiene altresì l’intimazione [al debitore] a consegnare entro 10 gg i beni pignorati, nonché i titoli e i documenti relativi alla proprietà e all’uso dei medesimi, all’istituto vendite giudiziarie autorizzato a operare nel territorio del circondario nel quale è compreso il luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede o, in mancanza, a quello più vicino».12 In ogni caso con il pignoramento il debitore è costituto custode dei beni pignorati e di tutti gli accessori, senza diritto al compenso, ma, a seguito della consegna all’istituto vendite giudiziarie (comunque avvenuta), custode diventa quest’ultimo e di ciò dà comunicazione al creditore pignorante. Eseguita la notificazione al debitore, l’ufficiale giudiziario consegna senza ritardo al creditore l’atto di pignoramento, perché proceda alla trascrizione nei pubblici registri e successivamente all’iscrizione a ruolo dell’espropriazione così avviata, entro 30 giorni dalla comunicazione dell’istituto vendite giudiziarie dell’avvenuta consegna del bene, a pena di inefficacia del pignoramento. Ove venga utilizzata questa speciale forma di pignoramento, «in deroga a quanto previsto dall’art. 497, l’istanza di assegnazione o l’istanza di vendita deve essere depositata entro 45 gg dal deposito da parte del 11 In caso di rifiuto di effettuare il pignoramento da parte dell’ufficiale giudiziario, si ritiene che il giudice competente debba provvedere, sentite le parti, in applicazione degli artt. 60, 485, 486. Contro l’opinione di precedente giurisprudenza circa l’oggetto di opposizione agli atti si è espressa CASS. 7674/2008, fino a quando non sia fatto proprio dal giudice dell’esecuzione. Fenomeno diverso dal rifiuto è la COLPOSA OMISSIONE DI PIGNORAMENTO, sul cui fondamento un giudice di merito ha riconosciuto la responsabilità risarcitoria dell’ufficiale giudiziario che aveva per negligenza trascurato di descrivere e pignorare beni mobili esistenti nella casa del debitore. 12 Decorso il termine di 10 gg per la consegna, gli organi di polizia che accertano la circolazione dei beni pignorati o comunque li rinvengono procedono al ritiro della carta di circolazione nonché, ove possibile, dei titoli e dei documenti relativi alla proprietà e all’uso dei beni pignorati e consegnano il bene pignorato all’istituto vendite giudiziarie più vicino al luogo in cui il bene pignorato è stato rinvenuto. creditore della nota di iscrizione […] ovvero dal deposito da parte di quest’ultimo delle copie conformi degli atti, a norma dell’art. 159ter disp. Att. Del presente codice.» Vanno evidenziate le particolarità del pignoramento delle quote delle S.R.L.13, pignoramento che, nella disciplina configurata per esso dall’art. 2471 c.c., sembra riconducibile anch’esso all’espropriazione mobiliare diretta che non all’espropriazione presso terzi, come la dottrina prevalente era solita ritenere anche prima dell’intervento normativo. Esso stabilisce che la partecipazione nelle S.R.L. può formare oggetto di espropriazione, che «il pignoramento si esegue mediante notificazione al debitore e alle società e successiva iscrizione nel registro delle imprese» e che «successivamente gli amministratori procedono senza indugio all’iscrizione nel libro dei soci». Poiché la Cassazione ha ritenuto la pignorabilità anche delle quote delle società di persone, nel caso in cui l’atto costitutivo preveda la loro trasferibilità, si è affermato che il relativo pignoramento possa avvenire con riferimento analogico alla disciplina del pignoramento delle quote della S.R.L. Va segnalata l’applicabilità della disciplina dell’espropriazione mobiliare con riguardo ai diritti patrimoniali di proprietà industriale esplicitamente disposta dal D.lgs 30/2005 (codice della proprietà industriale) all’art. 137 con l’indicazione del contenuto del relativo atto di pignoramento e degli atti successivi. 21 L’intervento dei creditori (nell’espropriazione mobiliare) [499] L’intervento dei creditori nei termini di cui all’art. 499 può essere effettuato dai soli creditori in quella sede indicati, ossia quelli: • muniti di titolo esecutivo; • quelli che al momento del pignoramento avevano eseguito un sequestro sui beni pignorati; • avevano un diritto di prelazione risultante dai pubblici registri • avevano un diritto di pegno o il cui credito risulti dalle scritture contabili ex art. 2214 c.c.; Gli intervenienti muniti di titolo esecutivo potrebbero assumere anche un ruolo attivo, nel senso che, anziché limitarsi a partecipare alla distribuzione del ricavato, potrebbero provocare i singoli atti dell’esecuzione [526]. [525,2-3] L’intervento – nelle forme dell’istituto in generale – può avvenire non oltre l’udienza di autorizzazione della vendita o per l’assegnazione, oppure non oltre la presentazione del ricorso con l’istanza di vendita, nel caso della c.d. piccola espropriazione. [528] Se avviene dopo, ma prima del provvedimento di distribuzione (c.d. intervento tardivo), l’interveniente, pur potendo – se munito di titolo esecutivo – provocare i singoli atti esecutivi, può soddisfarsi solo sull’eventuale residuo dopo la soddisfazione del creditore procedente, dei creditori privilegiati e dei creditori chirografari intervenuti tempestivamente, a meno che abbia un diritto di prelazione sulle cose pignorate, nel qual caso questo diritto deve essere fatto salvo. Il creditore tardivo e sprovvisto di titolo esecutivo per poter partecipare alla distribuzione del ricavato deve avanzare domanda di accantonamento ex art. 510, 3° comma, e dimostrare di aver agito entro 30 gg dalla data dell’intervento, per conseguire il titolo esecutivo nei confronti dell’esecutato. Il creditore pignorante, al quale il cancelliere ha dato notizia dell’intervento, ha facoltà di indicare con atto notificato o all’udienza ai creditori chirografari intervenuti tempestivamente l’esistenza di altri beni del debitore, utilmente pignorabili, con le modalità e gli effetti di estensione precisati nell’art. 499, 4° comma. 13 L’oggetto della notifica è un «atto di pignoramento dal contenuto complesso che, oltre all’ingiunzione di cui all’art. 492 c.p.c., contenga l’indicazione della partecipazione non in modo generico (come invece può avvenire nell’esecuzione presso terzi) ma in maniera specifica. Il procedente avrà quindi l’onere di dichiarare l’esatto ammontare (nominale) della quota che intende espropriare». Si ritiene legittimato alla richiesta al conservatore di iscrizione del pignoramento nel registro delle imprese sia l’ufficiale giudiziario come anche il creditore pignorante. Sembra evidente che il pignoramento, valido ed efficace tra le pati dal momento della notifica al debitore del relativo atto, diventa opponibile ai terzi con l’iscrizione nel registro delle imprese con riferimento all’art. 2914, 1° comma c.c. 22 Vendita (e delega a un professionista), assegnazione, eventuale integrazione del pignoramento e distribuzione del ricavato (nell’espropriazione mobiliare) [529] Il primo atto di impulso successivo al pignoramento è l’istanza che il creditore pignorante e/o i creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo hanno l’onere di rivolgere al giudice dell’esecuzione nel termine (acceleratorio) di 45 gg e col rispetto del termine (dilatorio) di 10 gg dal pignoramento. Oggetto di questa istanza è la vendita dei beni pignorati e, più esattamente, la determinazione delle modalità di tempo e luogo di tale vendita forzata, onde destinare il ricavato alla soddisfazione dei crediti. È chiaro che, se il pignoramento ha colpito denaro liquido, non c’è bisogno di vendita e il creditore procedente (oppure ognuno dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo) può chiedere senz’altro la soddisfazione del suo credito o la distribuzione del denaro. [2°] Eventualità che il pignoramento abbia a oggetto titolo di credito o cose il cui valore risulta da listino di borsa o di mercato: di questi il creditore pignorante o i creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo possono chiedere anche l’assegnazione. [530] «A seguito dell’istanza di vendita o di assegnazione, il giudice dell’esecuzione provvede innanzi tutto a fissare un’udienza per l’audizione delle parti.» Salvo che si tratti di piccola espropriazione → nel qual caso, e sempre che non siano intervenuti altri creditori, il giudice dell’esecuzione dispone senz’altro, con decreto, l’assegnazione o la vendita, con le modalità che potranno anche essere telematiche, senza fissare l’udienza per l’audizione delle parti. Dell’udienza di audizione delle parti, essa non dà luogo a una trattazione in contraddittorio per la soluzione di contestazioni giuridiche, ma è semplicemente l’occasione perché le parti possano «fare osservazioni circa l’assegnazione e circa il tempo e le modalità della vendita». [617, 2°] Le opposizioni agli atti esecutivi vanno proposte appunto in questa sede e sempre che non sia già intervenuta la decadenza. La proposizione dell’opposizione è assoggettata al termine di 20 gg, decorrente dal primo atto di esecuzione o dal giorno in cui i singoli atti furono compiuti. Anche le eventuali opposizioni all’esecuzione andranno proposte prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione, essendo inammissibili se proposte successivamente, salvo che siano fondate su fatti sopravvenuti ovvero che l’opponente dimostri di non aver potuto proporle tempestivamente per causa a lui non imputabile. • Se non vi sono opposizioni o se su di esse si raggiunge l’accordo, il giudice dell’esecuzione dispone con ordinanza l’assegnazione o la vendita; • Altrimenti, decide le opposizioni con sentenza (tipico del giudizio cognitivo, dunque anche del giudizio sull’opposizione) e dispone con ordinanza l’assegnazione o la vendita; L’ordinanza può disporre la vendita a mezzo di commissionario o la vendita all’incanto: • [503] L’incanto, in caso di espropriazione mobiliare, può essere disposto dal giudice solo quando questi ritenga probabile che la vendita con tali modalità abbia luogo a un prezzo superiore della metà rispetto al valore del bene determinato a norma dell’art. 518 (in sede di pignoramento) o dell’art. 540bis (in sede di integrazione del pignoramento. • Se il giudice dell’esecuzione sceglie a mezzo di commissionario, affida l’incarico all’istituto di vendite giudiziarie o, con provvedimento motivato, ad altro soggetto specializzato nel settore di competenza, iscritto nell’elenco di cui all’art. 169sexies disp. Att. E sentito quando occorre uno stimatore, fissando il prezzo minimo della vendita e l’importo globale fino al raggiungimento del quale la vendita deve essere eseguita, se del caso imponendo al commissionario una cauzione. Lo stesso giudice fissa anche il numero complessivo non superiore a 3 degli esperimenti di vendita, i criteri per determinare i relativi ribassi, le modalità di deposito della soma ricavata dalla vendita e il termine finale non superiore a 6 mesi, alla cui scadenza il soggetto incaricato della vendita deve restituire gli atti alla cancelleria. • [532, 2°][Prevista per la sola espropriazione mobiliare] In caso di esito negativo della vendita a mezzo commissionario; SEZ. III – L’ESPROPRIAZIONE PRESSO TERZI 23 L’atto di pignoramento dei crediti del debitore e delle cose del debitore detenute dal terzo (c.d. pignoramento presso terzi) Quando l’espropriazione ha a oggetto crediti del debitore verso un terzo o cose di proprietà del debitore stesso in possesso di un terzo, il procedimento non può svolgersi con le forme dell’espropriazione presso il debitore. • I crediti non posso essere individuati, valutati né tanto meno vincolati se non con la partecipazione del loro soggetto passivo, ossia del terzo (debitore del debitore); • Quando le cose del debitore sono in possesso di un terzo in modo che il debitore stesso non ne possa direttamente disporre, la loro acquisizione dà luogo a una intromissione nella sfera giuridica del terzo, che non può avvenire senza la partecipazione del terzo stesso; Questa partecipazione del terzo al procedimento è per l’appunto la principale caratteristica strutturale di tale procedimento. Da ciò l’esigenza che egli renda una specifica dichiarazione all’ufficio esecutivo, in maniera ufficiale. È pure indispensabile che il vincolo che costituisce il tipo effetto del pignoramento in generale e che consegue all’ingiunzione dell’ufficiale giudiziario di non sottrarre i beni pignorati alla garanzia del credito, divenga operante subito. Occorre la predisposizione di un meccanismo processuale idoneo a fornire un accertamento, sia pure limitato alla procedura esecutiva in corso, nel caso che la dichiarazione del terzo fosse negativa o comunque fosse difforme dalla situazione che risulta al creditore e/o al debitore. Il codice ha configurato l’atto di pignoramento presso terzi come atto scritto complesso, nel senso che in esso sono presenti caratteri propri degli atti del processo esecutivo insieme con altri che sono propri dell’accertamento e nel senso che esso è posto in essere dall’attività coordinata di soggetti (1) creditore procedente; 2) ufficiale giudiziario) nei confronti di altri due soggetti (a) debitore; b) terzo). Va anche aggiunto che proprio le modalità di acquisizione della dichiarazione del terzo e dell’accertamento dell’eventuale suo obbligo sono state interessate da numerose e rilevanti modifiche legislative recenti. La competenza territoriale è quella inderogabile ex art. 26bis. L’iniziativa è assunta dal creditore procedente, il quale comincia col predisporre l’atto di pignoramento (anche nella parte che deve far capo all’ufficiale giudiziario, che poi l’assume su di sé con la sottoscrizione), consegnandola all’ufficiale perché compia quanto di sua spettanza, ossia l’ingiunzione di non sottrarre il bene pignorato alla garanzia del credito e la notificazione dell’intero atto al terzo e al debitore pignorato. [543,1°] Il pignoramento di cui trattasi si esegue mediante atto notificato a due destinatari (terzo e debitore) [543,2°] L’atto deve contenere, oltre all’ingiunzione al debitore ex art. 492 15e all’avvertimento previsto dall’art. 492, 3° comma, anche i seguenti elementi (tutti appartenenti alla prima parte dell’atto che promana dal creditore procedente): 15 Ingiunzione di non sottrarre le cose pignorate alla garanzia del credito, ingiunzione che l’ufficiale giudiziario compie al debitore e in cui si è visto consistere l’elemento essenziale del pignoramento. Non manca in dottrina chi sostiene che l’ingiunzione al debitore abbia a provenire – come l’intimazione al terzo – dal creditore pignorante. Ma l’opinione non sembra sostenibile, atteso il chiaro significato del richiamato contenuto nell’art. 543, 2° comma, all’ingiunzione al debitore di cui all’art. 492. Quando l’ingiunzione al debitore è stata compiuta dal creditore anziché dall’ufficiale giudiziario, anche se si deve ribadire che siffatto atto è nullo, si può convenire sulla sua sanabilità per effetto del conseguimento dello scopo, che in ogni caso presuppone che l’attività dell’ufficiale giudiziario non risulti limitata alla semplice notificazione dell’atto (si pensi al caso non infrequente di una relazione di notificazione nella quale l’ufficiale giudiziario dà atto di aver pignorato il credito). 1. Indicazione del credito per il quale si procede, del titolo esecutivo e del precetto; 2. Indicazione (almeno generica) delle cose e delle somme dovute [dal debitore]: destinate a essere indirettamente pignorate e poiché non sempre il creditore procedente ne conosce l’esatto ammontare o consistenza, il codice ne considera sufficiente l’indicazione «almeno generica», fino a quando il terzo non compie le necessarie precisazioni con la sua «dichiarazione». Insieme a tale indicazione, l’atto deve contenere l’intimazione al terzo di non disporre delle cose e delle somme dovute al debitore senza ordine del giudice (≠ dall’ingiunzione dell’ufficiale giudiziario al debitore). Questa intimazione è compiuta personalmente dal creditore al terzo e consiste in una intimazione a non adempiere fino a quando un giudice non avrà stabilito a chi e in che misura adempiere. Quest’intimazione è vincolante per il terzo in quanto coordinata e integrata con l’ingiunzione dell’ufficiale giudiziario al debitore. 3. La dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il giudice dell’esecuzione competente, nonché l’indicazione dell’indirizzo di PEC del creditore procedente; 4. La citazione del debitore a comparire davanti al giudice competente con l’invito al terzo di comunicare la dichiarazione ex art. 547 al creditore procedente entro 10 gg a mezzo di raccomandata o PEC con l’avvertimento al terzo che, in caso di mancata comunicazione, la stessa dovrà essere resa comparendo in apposita udienza e che, se non compare o non rende la dichiarazione, il credito pignorato il possesso di cose di appartenenza del debitore si considerano non contestati ai fini del procedimento in corso e dell’esecuzione, fondata sul provvedimento di assegnazione. [543, 3°] La citazione conterrà l’indicazione di un’udienza di comparizione, che verrà scelta e indicata dal creditore procedente in modo che, tra la notificazione dell’atto in discorso e la data di udienza, decorra il termine (dilatorio dell’art. 501 (10 gg). Il giudice, davanti al quale il debitore viene citato, è il giudice dell’esecuzione competente [cfr. 26bis]. L’atto, predisposto, sottoscritto e di competenza del creditore, viene consegnato all’ufficiale giudiziario il quale vi aggiunge l’ingiunzione al debitore (di cui sopra) e quindi provvede alla notificazione. La notificazione al debitore di quest’atto complesso 16 segna il momento determinante per l’acquisto dell’efficacia, e anche per la stessa esistenza, del pignoramento, la cui fattispecie peraltro non è ancora completa. [art. 546] Da quel momento il debitore è soggetto ai vincoli propri del pignoramento, mentre il terzo, che non può essere assoggettato in quanto propri del soggetto passivo dell’esecuzione, rientrano al processo esecutivo, nel senso che viene soltanto assoggettato a un vincolo indiretto, che il codice riconduce agli obblighi del custode. La responsabilità è limitata all’importo del credito precettato, aumentato della metà. Il terzo è custore responsabile del credito colpito dal pignoramento, nel senso che, se adempie senza ordine di giudice, tale adempimento non sarà per lui liberatorio, come disposto dall’art. 2917 c.c.17. Eseguita l’ultima notificazione, l’ufficiale giudiziario consegna senza ritardo al creditore procedente l’originale dell’atto di citazione perché provveda a iscrivere a ruolo il procedimento espropriativo, 16 Questa apre solo un afase del processo esecutivo: il regime della validità dell’atto e dei suoi effetti va ricondotto autonomamente all’art. 156, 2° comma. Il terzo, al momento della notifica, non è ancora parte neppure nel processo esecutivo, né lo diviene in senso pieno, tanto che, se terzo debitore è la P.A., non è richiesta la sua rappresentanza a mezzo dell’Avvocatura dello Stato e l’atto va notificato al dirigente dell’ufficio chiamato a rendere la dichiarazione (più precisamente, presso la struttura territoriale dell’ente pubblico nella cui circoscrizione risiedono i soggetti privati interessati). 17 Secondo questa norma, l’estinzione del credito per cause verificatesi successivamente al pignoramento non ha effetto in pregiudizio del credito pignorante e dei creditori che intervengono nell’esecuzione. Si sostiene in dottrina che il momento che la norma indica riferendosi al «pignoramento» sia quello del perfezionamento della fattispecie (e cioè quello della dichiarazione) o dell’accertamento giudiziario, sicché solo a quel momento si dovrebbero ricondurre gli effetti definitivi di inefficacia relativa, limitatamente peraltro agli atti diversi da quelli di disposizione, per i quali l’art. 546 prevede effetti da intendersi come preliminari. depositando la nota di iscrizione a ruolo, con copie conformi dell’atto di citazione, del titolo esecutivo e del precetto, entro 30 gg dalla consegna18. Agli stessi adempimenti provvederà il creditore anche laddove l’ufficiale giudiziario abbia proceduto alla ricerca delle cose e dei crediti da pignorare con le modalità telematiche [vd. 492bis]. In questo caso, decorso il termine ex 510 e previa istanza del creditore procedente di assegnazione o vendita dei beni mobili o dei crediti rinvenuti con tali modalità, il giudice fissa l’udienza di comparizione del debitore e del creditore con un decreto, che deve contenere anche l’invito e l’avvertimento al terzo di cui al n. 4 del 543. L’individuazione della competenza territoriale nel luogo di residenza, domicilio, dimora o sede del debitore consente di superare i problemi, emersi nel passato, nel caso di pignoramento presso terzi residenti in luoghi appartenenti a circoscrizioni giudiziarie diverse. [546, 2°] Sempre nel caso di pignoramento eseguito presso più terzi, il debitore può chiedere al giudice dell’esecuzione la riduzione proporzionale a norma dell’art. 496 o la dichiarazione di inefficacia parziale. • Se il credito pignorato è garantito dal pegno, si intima a chi detiene la cosa data in pegno di non eseguire la riconsegna senza ordine del giudice. • Se il credito pignorato è garantito da ipoteca, l’atto di pignoramento deve essere annotato nei libri fondiari. Così dispone l’art. 544 nei suoi due commi. • Se il credito pignorato è incorporato in un titolo di credito, il pignoramento – come anche il sequestro conservativo – va eseguito sul titolo, secondo l’art. 1997 c.c. Non tutti i crediti sono pignorabili: • [545] Crediti alimentari (tranne che per le cause di alimenti, previa autorizzazione del giudice e nella misura da lui determinata) e i sussidi di sostentamento e assistenza; • [545, 3-4°] Crediti a titolo di stipendi, salari e indennità relativi al rapporto di lavoro o di impiego privato, comprese le indennità da licenziamento e il trattamento di fine rapporto, salvo per causa alimentare, nella misura determinata dal giudice e per le altre cause in misura non superiore a 1/5 e comunque in caso di concorso mai in misura superiore alla metà [n.b.: salvo quanto si dirà per l’ipotesi in cui le somme relative a tali crediti siano accreditate direttamente sul conto corrente bancario o postale del debitore]; • Emolumenti dei pubblici dipendenti, dopo che la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale il d.P.R. 180/1950 che escludeva la pignorabilità di stipendi, salari e retribuzioni dei dipendenti pubblici, ma conservandola per i dipendenti dello Stato e dopo che, con successivo intervento, ha eliminato anche quest’ultima eccezione; • Crediti a titolo di pensione, dopo alcuni interventi della Corte costituzionale, che hanno determinato il sueperamento del precedente regime di impignorabilità nel senso della loro pignorabilità nel limite del 1/5, il legislatore ha introdotto tre ulteriori commi all’art. 545, con l’obiettivo da assicurare al debitore il «minimo vitale inderogabile» e di risolvere il problema della pignorabilità limitata di tali somme anche in caso di accreditament delle stesse direttamente sul conto corrente del debitore. o Con riguardo alle «somme da chiunque corrisposte a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza», sono pignorabili «nei limiti di un quinto», limite estendibile fino alla metà in caso di concorso, solo per la parte di esse «eccedente l’importo massimo dell’assegno sociale, aumentato della metà». o Laddove le «somme minime di pensione (indennità, assegni di quiescenza) o quelle a titolo di stipendio o salario» siano accreditate direttamente sul conto corrente bancario o postale del debitore, esse possono essere pignorate «solo per la parte eccedente il triplo dell’assegno 18 Dal 31 marzo 2015 solo in modalità telematiche. L’ordinanza di assegnazione è impugnabile soltanto con l’opposizione agli atti esecutivi21, anche da parte del terzo e costituisce a sua volta titolo esecutivo, utilizzabile dal creditore assegnatario nei confronti del terzo pignorante inadempiente22. L’efficacia del pignoramento, come quella di ogni altra forma di pignoramento, cessa con la chiusura anticipata del processo esecutivo, che può essere disposta d’ufficio dal giudice anche per infruttuosità. SEZ. IV – L’ESPROPRIAZIONE IMMOBILIARE 26 Il pignoramento immobiliare. La custodia dell’immobile pignorato La circostanza che il pignoramento abbia a oggetto beni immobili (o diritti reali di godimento su immobili) dà luogo a particolari esigenze che introducono particolarità modalità di procedimento rispetto ai quali la competenza per territorio è quella disciplinata dagli artt. 26-27. La scelta dei beni da pignorare non è compiuta dall’ufficiale giudiziario, ma in un momento anteriore, dal creditore procedente, che, oltre a optare per il pignoramento immobiliare piuttosto che per quello mobiliare o presso terzi, dovrà già sapere quali immobili appartengono al debitore 23 e se il loro valore sia approssimativamente sufficiente per soddisfare il suo credito. Per far ciò deve far capo alle risultanze dei pubblici registri immobiliari, anche per conoscere le eventuali ragioni di altrui prelazione che potrebbero frustrare la sua iniziativa o l’esigenza di altri precedenti pignoramenti che potrebbero indurlo a preferire un intervento nelle relative procedure. Il pignoramento dell’immobile comprendere gli accessori, le pertinenze e i frutti della cosa pignorata24. Dal rilievo che l’art. 2912 c.c. configura palesemente un’estensione del pignoramento, si deve desumere l’automaticità di tale estensione e l’unicità del pignoramento. Non si verifica estensione automatica con riguardo ai mobili che arredano l’immobile → il collegamento non è funzionale ma solo economico, e ciò può rendere opportuno lo svolgimento contemporaneo delle due espropriazioni, come appunto prevede l’art. 556 che configura, in tale ipotesi, la formazione di atti di pignoramento separati per gli immobili e i mobili, da depositarsi entrambi nella cancelleria del tribunale, nella cui competenza viene attratto anche il pignoramento mobiliare. Una volta scelto il bene(i), il creditore procedente dovrà individuarli e indicarli in maniera inequivoca in funzione dell’elemento centrale del pignoramento, ossia l’ingiunzione dell’ufficiale giudiziario al debitore, prevista dall’art. 492 Il meccanismo dell’opponibilità ai terzi di tutti i trasferimenti o i vincoli che colpiscono i beni immobili esige che il pignoramento sia fatto risultare dai pubblici registri immobiliari. TRIPLICE ESIGENZA: 1. Scelta e individuazione dei beni da pignorare (creditore procedente); 2. Ingiunzione (ufficiale giudiziario); 3. Trascrizione nei pubblici registri immobiliari (opponibilità ai terzi); 21 ORDINANZA DI ASSEGNAZIONE DEL CREDITO VIZIATA DALL’IMPIGNORABILITà DEL CREDITO ASSEGNATO | Secondo un orientamento di Cassazione, l’impignorabilità con l’opposizione agli atti esecutivi sussiste anche quando il vizio inficia l’ordinanza concernente l’impignorabilità del credito, poiché l’impugnabilità con l’opposizione all’esecuzione secondo il disposto dell’art. 615, 2° comma, è in questo caso impedita dal fatto che l’ordinanza de qua chiude il processo esecutivo. 22 Esperibilità dell’opposizione all’esecuzione ex art. 615 da parte del terzo pignorato. In tal caso, tuttavia, le spese del precetto saranno a carico del creditore procedente, se il terzo adempie in un termine ragionevole. 23 In caso di costituzione di un trust, di per sé privo di autonoma soggettività giuridica, l’azione esecutiva immobiliare va proposta nei confronti del trustee e non direttamente contro il trust. 24 Tuttavia, l'esistenza di un provvedimento giudiziale di assegnazione della casa familiare al coniuge separato affidatario dei figli non impedisce il pignoramento. Nella sua unità (es.: non si può frazionare un appartamento). Il pignoramento immobiliare, per se stesso, non impedisce l'utile decorrenza del termine ventennale per l'usucapione, legittimando il terzo a far valere l’usucapione sul bene mediante l’opposizione di terzo di cui all’art. 619 c.p.c. A differenza del pignoramento mobiliare, quello immobiliare consiste in un atto scritto predisposto e sottoscritto dal creditore procedente – e, per esso, dal suo difensore munito di procura –. [555, 1°] «L’atto deve contenere l’esatta indicazione dei beni e dei diritti immobiliari che si intendono sottoporre a esecuzione, con gli estremi richiesti dal Codice civile per l’individuazione dell’immobile ipotecato». L’atto, così predisposto e sottoscritto, viene poi consegnato all’ufficiale giudiziario, il quale lo integra con l’ingiunzione al debitore di non sottrarre i beni pignorati dalla garanzia del credito e provvede alla sua notificazione al debitore25. Per perfezionare il pignoramento manca soltanto la sua trascrizione nei pubblici registri immobiliari 26, realizzabile dall’ufficiale giudiziario o dal creditore pignorante. • [2°] L’ufficiale giudiziario, munito della nota (istanza) di trascrizione (in due esemplari), provvederà immediatamente dopo la notificazione a consegnare copia autentica dell’atto così notificato al competente conservatore dei registri che trascriverà l’atto e gli restituirà uno degli esemplari della nota con gli estremi della avvenuta trascrizione; • [3°] L’ufficiale giudiziario consegnerà – se richiesto – al creditore procedente la copia autentica dell’atto notificato, in modo che questi possa provvedere a richiedere la trascrizione27; [557, 1°] L’originale dell’atto di pignoramento notificato e la nota di trascrizione restituita dal conservatore dei registri immobiliari devono essere consegnati dall’ufficiale giudiziario al creditore senza ritardo, affinché possa provvedere, entro 15 gg, all’iscrizione a ruolo del procedimento di espropriazione, depositando nella cancelleria del tribunale competente la nota di iscrizione a ruolo con copie conformi del titolo esecutivo, del precetto, dell’atto di pignoramento e della nota di trascrizione. [2°] Laddove la trascrizione sia stata eseguita dal creditore, egli depositerà la nota di trascrizione appena restituitagli dal conservatore dei registri. Il fascicolo dell’esecuzione è sempre unico, anche nell’eventualità di più pignoramenti successivi. Il cancelliere, che avrà avuto notizia del precedente pignoramento, poiché di esso il conservatore avrà fatto menzione sulla nota di trascrizione che restituisce depositerà l’atto di pignoramento successivo nel fascicolo formato in base al primo pignoramento. [559, 1°] Col pignoramento il debitore è costituito custode dei beni pignorati e tutti gli accessori, compresi le pertinenze e i frutti, senza diritto di compenso. Vi sono poi ulteriori commi che restringono le ipotesi nelle quali custode è il debitore (ovviamente non interessato alla funzionalità della procedura) per valorizzare il ruolo del custode-terzo: • Su istanza del creditore pignorante o di un creditore intervenuto, il giudice dell'esecuzione, sentito il debitore, può nominare custode una persona diversa dallo stesso debitore. Il giudice provvede a nominare una persona diversa quando l'immobile non sia occupato dal debitore.» Il giudice provvede alla sostituzione del custode in caso di inosservanza degli obblighi su di lui incombenti. • Il giudice, se custode dei beni pignorati è il debitore e salvo che per la particolare natura degli stessi ritenga che la sostituzione non abbia utilità, dispone, al momento in cui pronuncia l'ordinanza con cui è autorizzata la vendita o disposta la delega delle relative operazioni, che custode dei beni medesimi sia la persona incaricata delle dette operazioni o l'istituto di cui al primo comma 25 Nel luogo di residenza del debitore. Se compiuta in altro luogo, la notificazione non è inesistente, ma nulla e il relativo vizio va fatto valere con l’opposizione agli atti esecutivi nel termine di 5 gg dalla conoscenza dell’atto. 26 La sua mancanza impedisce al giudice di disporre la vendita e comporta l’esenzione dal processo esecutivo. Il rilievo che la fattispecie del pignoramento non si perfeziona se non con la trascrizione dovrebbe implicare che solo dal momento della trascrizione decorre il termine di efficacia di cui all’art. 497. 27 La quale trascrizione conserva la sua specifica efficacia per 20 anni, salva rinnovazione. Ne deriva che, in mancanza di rinnovazione, si ha la caducazione del titolo ed eventualmente anche del processo esecutivo. dell'articolo 534. Qualora tale istituto non sia disponibile o debba essere sostituito, è nominato custode altro soggetto. • I provvedimenti di cui ai commi che precedono sono pronunciati con ordinanza non impugnabile. [560] «Il debitore e il terzo nominato custode debbono rendere conto a norma dell’art. 593» «il custode nominato ha il dovere di vigilare affinché il debitore e il nucleo familiare conservino il bene pignorato con la diligenza del buon padre di famiglia e ne mantengono considerazione e tutelino del fatto l’integrità.» Questo, a seguito dell’avvenuto pignoramento, significa che «il debitore e i familiari che con lui convivono non perdono il possesso dell’immobile e delle sue pertinenze sino al decreto di trasferimento.», salvo che il giudice non ne ordina prima la liberazione [nei casi ex 560, 6°]. Inoltre, «il debitore deve consentire, in accordo col custode, che l’immobile sia visitato da potenziali acquirenti, quando sia ostacolato il diritto di visita di potenziali acquirenti, quando l’immobile non sia adeguatamente tutelato e mantenuto in uno stato di buona conservazione, per colpa o dolo del debitore e dei membri del suo nucleo familiare, quando il debitore viola gli altri obblighi che la legge pone a suo carico.» Parimenti, egli ordina subito la liberazione dell’immobile pignorato quando «non è abitato dal debitore del nucleo familiare». In ogni caso, «il debitore è fatto divieto di dare in locazione l’immobile pignorato se non è autorizzato dal giudice dell’esecuzione» [562] «se il pignoramento diviene inefficace per il decorso del termine previsto nell’art. 497, il giudice dell’esecuzione con l’ordinanza di cui all’art. 630 dispone che sia cancellata la trascrizione. Il conservatore dei registri immobiliari provvede alla cancellazione su presentazione dell’ordinanza.» 27 L’intervento dei creditori (nell’espropriazione immobiliare) L’individuazione dei soggetti legittimati all’intervento è lasciata all’art. 499, 1° comma, ossia alla norma che tale legittimazione disciplina con riguardo a ogni tipo di espropriazione sicché operano anche qui le limitazioni previste da detta norma. Anche in questo caso si distingue tra intervento tempestivo – effettuato non oltre l’udienza per l’autorizzazione alla vendita o all’assegnazione – e intervento tardivo. Questa distinzione emerge dal 525, 1°, dall’art. 564 e dall’art. 566, ove si dispone che i creditori intervenuti dopo l’udienza di autorizzazione alla vendita o all’assegnazione, ma prima del provvedimento di distribuzione possono soddisfarsi sull’eventuale residuo, a meno che siano creditori ipotecari o privilegiati, nel qual caso possono concorrere alla distribuzione del ricavato secondo i loro diritti di prelazione. Ma in ambo i casi occorre che l’intervento ancorché tardivo, avvenga prima dell’udienza di approvazione del progetto di distribuzione [596]. 28 La vendita speciale (nell’espropriazione immobiliare). Cenni sulle c.d. esecuzioni speciali L’iter procedimentale che conduce alla vendita è assai simile a quello per l’espropriazione mobiliare. 1. [567, 1°] ISTANZA DI VENDITA: da proporsi (dal creditore pignorante o da altro creditore intervenuto munito di titolo eseguito) al giudice dell'esecuzione nominato dal presidente del tribunale ai sensi dell'art. 484, nel termine acceleratorio di 45 giorni dall'avvenuto pignoramento e nel ripsetto del termine dilatorio di 10 gg dal medesimo atto; 2. [2°] «Il creditore che richiede la vendita deve provvedere, entro sessanta giorni dal deposito del ricorso, ad allegare allo stesso l'estratto del catasto, nonché i certificati delle iscrizioni e trascrizioni relative all'immobile pignorato effettuate nei venti anni anteriori alla trascrizione del pignoramento; tale documentazione essere sostituita da un certificato notarile attestante le risultanze delle visure catastali e dei registri immobiliari28.» 28 Tale documentazione è funzionale a consentire al giudice di verificare d'ufficio la titolarità, in capo all'esecutato, del diritto (di proprietà o reale minore) sul bene pignorato). Di conseguenza, sarebbe doverosa la richiesta, da parte del giudice dell'esecuzione, della certificazione attestante che, in base alle risultanze dei registri immobiliari, il bene pignorato sia di proprietà del debitore esecutato, con inevitabile chiusura anticipata del processo, in caso di inottemperanza 2) il giudice ordini l'incanto; 3) siano decorsi centoventi giorni dalla sua presentazione ed essa non sia stata accolta.» «L'offerta non è efficace se perviene oltre il termine stabilito ai sensi dell'569, terzo comma, se è inferiore di oltre un quarto al prezzo stabilito dall'ordinanza o se l'offerente non presta cauzione, con le modalità stabilite nell'ordinanza di vendita, in misura non inferiore al decimo del prezzo da lui proposto [disp. att. 86]» [4°] «L'offerta deve essere depositata in busta chiusa all'esterno della quale sono annotati, a cura del cancelliere ricevente, il nome, previa identificazione, di chi materialmente provvede al deposito, il nome del giudice dell'esecuzione o del professionista delegato ai sensi dell'articolo 591-bis e la data dell'udienza fissata per l'esame delle offerte. Se è stabilito che la cauzione è da versare mediante assegno circolare, lo stesso deve essere inserito nella busta. Le buste sono aperte all'udienza fissata per l'esame delle offerte alla presenza degli offerenti.» [572] «Sull’offerta il giudice dell’esecuzione sente le parti e i creditori non intervenuti.» • [2°] «Se l'offerta è pari o superiore al valore dell'immobile stabilito nell'ordinanza di vendita, la stessa è senz'altro accolta.»; • [3°] «Se il prezzo offerto è inferiore al prezzo stabilito nell'ordinanza di vendita in misura non superiore a un quarto, il giudice può far luogo alla vendita quando ritiene che non vi sia seria possibilità di conseguire un prezzo superiore con una nuova vendita e non sono state presentate istanze di assegnazione ai sensi dell' art. 588.» • [4°] «Si applicano le disposizioni degli articoli 573, 574 e 577.» [573] «il giudice dell'esecuzione invita in ogni caso gli offerenti ad una gara sull'offerta più alta», che è stata formulata. TUTTAVIA se sono state presentate anche istanze di assegnazione, ai sensi dell'art. 588, e il prezzo indicato nella migliore offerta o nell'offerta presentata per prima o offerto all'esito della gara è inferiore al valore dell'immobile stabilito nell'ordinanza di vendita, «il giudice non fa luogo alla vendita e procede all'assegnazione» [3°] «Il giudice tiene conto dell’entità del prezzo, delle cauzioni prestate, delle forme, dei modi e dei tempi del pagamento nonché di ogni altro elemento utile indicato nell’offerta stessa.» [574] Quando dispone la vendita, il giudice pronuncia un decreto col quale indica le modalità del versamento del prezzo. SOLO A VERSAMENTO AVVENUTO pronuncia un altro decreto – previsto dall’art. 586 – col quale l’immobile viene trasferito in proprietà dell’acquirente. Come visto, con l’ordinanza col quale viene disposta la vendita il giudice può anche prevedere che il versamento del prezzo sia rateizzato entro un termine massimo di 12 mesi. [574, 1°] Con il medesimo decreto il giudice dell’esecuzione «può autorizzare l’aggiudicatario che ne faccia richiesta ad immettersi nel possesso dell'immobile venduto, a condizione che sia prestata una fideiussione autonoma, irrevocabile e a prima richiesta, rilasciata da banche, società assicuratrice o intermediari finanziari che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di rilascio di garanzie e che sono sottoposti a revisione contabile da parte di una società di revisione, per un importo pari ad almeno il 30% del prezzo di vendita.» Tale fideiussione va rilasciata a favore della procedura esecutiva e serve a garantire il rilascio dell’immobile da parte dell’aggiudicatario entro 30 gg dall’adozione del provvedimento di decadenza dall’aggiudicazione per il mancato pagamento anche di una sola rata nonché del risarcimento dei danni eventualmente arrecaati all’immobile dallo stesso. Il meccanismo di vendita con incanto – utilizzabile solo in via residuale – è invece imperniato su una gara a offerte in aumento (c.d. vendita all’asta). Il punto di partenza è l’ordinanza con la quale il giudice ordina l’incanto. Tale ordinanza è anch’essa pubblicata dal cancelliere ai termini dell’art. 490 e con eventuali altre forme di pubblicità straordinaria deve contenere taluni elementi necessari per il successivo svolgimento, elencati nell’art. 576. Particolarmente importanti, oltre all’indicazione del prezzo base dell’incanto, l’indicazione del giorno-ora dell’incanto, la misura minima dell’aumento da apportarsi alle singole offerte; l’ammontare della cauzione (non superiore a 1/10 del prezzo base) da depositare in via preventiva entro un termine perentorio da fissarsi, e il termine entro il quale il prezzo va versato, nonché il termine intercorrente tra le forme di pubblicità e l’incanto. Solo eventualmente possono essere disposte forme di pubblicità straordinaria. Le operazioni di vendita possono essere affidate a un istituto autorizzato o a un professionista. Chiunque, tranne il debitore, può partecipare all’incanto, personalmente o a mezzo di procuratore speciale. Per offrire all’incanto bisogna avere prestato la cauzione. Se l’offerente non diviene aggiudicatario, la cauzione gli viene restituita dopo la chiusura dell’incanto, salvo che all’incanto non abbia partecipato senza giustificato motivo (nel qual caso sarà restituita nei 9/10), mentre nell’ipotesi che l’offerente diventi aggiudicatario, ma non versi il prezzo nel termine stabilito, l’art. 587 dispone la fissazione di un nuovo incanto e la perdita della cauzione a titolo di multa. [581, 3°] L’incanto ha luogo in un’udienza davanti al giudice dell’esecuzione con l’attesa di un periodo complessivo di tre minuti per la proposizione di altre offerte, che non sono valide se non superano il prezzo base o l’offerta precedente nella misura indicata nell’ordinanza che dispone l’incanto. L’offerente procedente cessa di essere impegnato dalla sua offerta. Rimane aggiudicatario l’offerente la cui offerta non è superata, entro il periodo suddetto, da una valida offerta maggiore. [584] Avvenuto l’incanto, possono essere ancora fatte offerte di acquisto – con modalità ex art. 571 – entro il termine perentorio di 10 gg, purché il prezzo superi di almeno 1/5 quello raggiunto nell’incanto. [2°] «Le offerte di cui al 1° si fanno mediante deposito in cancelleria nelle forme di cui all'articolo 571, prestando cauzione per una somma pari al doppio della cauzione versata ai sensi dell'articolo 580» [3°] «Il giudice verificata la regolarità delle offerte, indice la gara, della quale il cancelliere dà pubblico avviso a norma dell'articolo 570 e comunicazione all'aggiudicatario fissando il termine perentorio entro il quale possono essere fatte ulteriori offerte a norma del 2° comma». [4°] «Alla gara possono partecipare oltre gli offerenti in aumento di cui ai commi precedenti e l'aggiudicatario, anche gli offerenti al precedente incanto che, entro il termine fissato dal giudice, abbiano integrato la cauzione nella misura di cui al 2° comma» [5°] «Se nessuno degli offerenti in aumento partecipa alla gara indetta a norma del 3° comma, l'aggiudicazione diventa definitiva, ed il giudice pronuncia a carico degli offerenti di cui al 1° comma, salvo che ricorra documentato e giustificato motivo, la perdita della cauzione, il cui importo è trattenuto come rinveniente a tutti gli effetti dall'esecuzione». [585] L’aggiudicatario – a favore del quale è ormai vincolato il potere di vendere, a fronte del suo obbligo di pagare il prezzo – non è ancora proprietario → egli dovrà provvedere a versare il prezzo nel termine e nel modo fissati dall’ordinanza che dispone la vendita, consegnando [2°] «Se l'immobile è stato aggiudicato a un creditore ipotecario o l'aggiudicatario è stato autorizzato ad assumersi un debito garantito da ipoteca il giudice dell'esecuzione può limitare, con un suo decreto, il versamento alla parte del prezzo occorrente per le spese e per la soddisfazione degli altri creditori che potranno risultare capienti.» [3°] «Se il versamento del prezzo avviene con l'erogazione a seguito di contratto di finanziamento che preveda il versamento diretto delle somme erogate in favore della procedura e la garanzia ipotecaria di primo grado sul medesimo immobile oggetto di vendita, nel decreto di trasferimento deve essere indicato tale atto ed il conservatore dei registri immobiliari non può eseguire la trascrizione del decreto se non unitamente all'iscrizione dell'ipoteca concessa dalla parte finanziata.» [586] «Avvenuto il versamento del prezzo, il giudice dell'esecuzione può sospendere la vendita quando ritiene che il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto, ovvero pronunciare decreto col quale trasferisce all'aggiudicatario il bene espropriato, ripetendo la descrizione contenuta nell'ordinanza che dispone la vendita e ordinando che si cancellino le trascrizioni dei pignoramenti e le iscrizioni ipotecarie, se queste ultime non si riferiscono ad obbligazioni assuntesi dall'aggiudicatario a norma dell'articolo 508. Il giudice con il decreto ordina anche la cancellazione delle trascrizioni dei pignoramenti e delle iscrizioni ipotecarie successive alla trascrizione del pignoramento.» Il decreto contiene le ingiunzioni al debitore o al custode di rilasciare l’immobile venduto e costituisce titolo esecutivo per il rilascio, nonché titolo per la trascrizione della vendita nei pubblici registri immobiliari. Tuttavia, in alternativa a questa pronuncia, il giudice dell’esecuzione «può sospendere la vendita quando ritiene che il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto». Gli effetti sostanziali della vendita forzata sono disciplinati dagli artt. 2919 e ss c.c., che offrono all’acquirente una certa stabilità, configurando l’irrilevanza delle nullità degli atti anteriori alla vendita ed escludendo la garanzia per i vizi, sebbene non anche quella dell’aliud pro alio. Se il prezzo non è depositato nel termine stabilito, il giudice dell’esecuzione dichiara la decadenza dell’aggiudicatario, pronuncia la perdita della cauzione a titolo di multa e dispone un «nuovo incanto». Si fa così luogo alla c.d. rivincita in danno dell’aggiudicatario inadempiente, nel senso che se il ricavato è in inferiore all’offerta dell’aggiudicatario, questi è condannato a pagare la differenza. • La disciplina ora esaminata non si applica nelle c.d. espropriazioni speciali e, in particolare, nell'espropriazione esattoriale (79), nella quale, tra le altre particolarità, manca il provvedimento di vendita di cui all'art. 569 c.p.c., mentre il procedimento ha inizio con l'avviso di vendita, ai sensi dell'art. 78 D.P.R. 602/1973, che va trascritto nei registri immobiliari prima di essere notificato all'esecutato. • Anche la disciplina dell'espropriazione per credito fondiario ha subito una radicale modifica ad opera del D.Lgs. 385/1993, che ha sostituito la precedente disciplina con modifiche così penetranti da indurre chi si è soffermato su di es. sa, analiticamente ma anche in un quadro sistematico, ad affermare che è ormai difficile parlare, a tal proposito, di esecuzione speciale. 29 Delega a un professionista della vendita immobiliare Gli artt. 591bis e 591ter disciplinano la delega a un professionista delle operazioni di vendita di beni immobiliari, oggi divenuta – dopo le modifiche del 2015 – una soluzione obbligata per il giudice. Il codice nel quadro dell’immutata funzione del giudice dell’esecuzione di dirigere l’espropriazione nell’ambito della previsione di cui all’art. 69(2) stabilisce che il giudice nel momento in cui provvede sull’istanza di vendita [569] deleghi a un professionista il compimento delle operazioni di vendita. Alla delega il giudice non dovrà procedere nel solo caso indicati dal 2° art. 591bis, e cioè laddove «sentiti i creditori, ravvisi l’esigenza di procedere direttamente alle operazioni di vendita a tutela degli interessi delle parti». [591bis, 1°] Ove abbia optato per la delega «con la medesima ordinanza il giudice stabilisce il termine per lo svolgimento delle operazioni delegate, le modalità della pubblicità, il luogo di presentazione delle offerte ai sensi dell’art. 571, il luogo ove si procede all’esame delle offerte, alla gara tra gli offerenti e alle operazioni dell’eventuale incanto». Infine, si applica in tal caso quanto stabilisce l’art. 569, 4° ovvero la possibilità che, con la medesima ordinanza il giudice stabilisce «il versamento della cauzione, la presentazione delle offerte, lo svolgimento della gara tra gli offerenti e, nei casi previsti, l’incanto, nonché il pagamento del prezzo […] con le modalità telematiche». Il professionista designato assume la veste di ausiliare del giudice e non può rifiutare l’incarico (salvo che ricorra il giusto motivo di astensione). Le modalità del conferimento dell’incarico, la vigilanza sul relativo svolgimento e le eventuali relative sanzioni sono precisate dall’art. 179ter disp. Att. L’ambito della delega – che può essere revocata ma non consente al giudice di sostituirsi al professionista – comprende tutte le operazioni nelle quali si articola la procedura di vendita fino alla predisposizione del decreto di trasferimento, mentre la pronuncia del decreto stesso è riservata al giudice dell’esecuzione. Il professionista delegato provvede: [590bis] Siccome l’istanza di assegnazione potrebbe essere avanzata anche a favore di un soggetto diverso dal creditore istante, «Il creditore che è rimasto assegnatario a favore di un terzo deve dichiarare in cancelleria, nei cinque giorni dalla pronuncia in udienza del provvedimento di assegnazione ovvero dalla comunicazione, il nome del terzo a favore del quale deve essere trasferito l’immobile, depositando la dichiarazione del terzo di volerne profittare. In mancanza, il trasferimento è fatto a favore del creditore. In ogni caso, gli obblighi derivanti dalla presentazione dell’istanza di assegnazione a norma del presente articolo sono esclusivamente a carico del creditore». Che accade se dopo l’insuccesso della vendita non vi sono domande di assegnazione o se il giudice decide di non accoglierle? [591] «Se non vi sono domande di assegnazione o se decide di non accoglierle, il giudice dell'esecuzione dispone l'amministrazione giudiziaria a norma degli articoli 592 e seguenti, oppure pronuncia nuova ordinanza ai sensi dell'articolo 576 perché si proceda a [nuovo] incanto, sempre che ritenga che la vendita con tale modalità possa aver luogo ad un prezzo superiore della metà rispetto al valore del bene, determinato a norma dell’articolo 568.» • [2°] «Il giudice può altresì stabilire diverse condizioni di vendita e diverse forme di pubblicità, fissando un prezzo base inferiore al precedente fino al limite di un quarto e, dopo il quarto tentativo di vendita andato deserto, fino al limite della metà. Il giudice, se stabilisce nuove condizioni di vendita o fissa un nuovo prezzo, assegna altresì un nuovo termine non inferiore a sessanta giorni, e non superiore a novanta, entro il quale possono essere proposte offerte d'acquisto ai sensi dell'articolo 571.» • [3°] «Se al secondo tentativo la vendita non ha luogo per mancanza di offerte e vi sono domande di assegnazione, il giudice assegna il bene al creditore o ai creditori richiedenti, fissando il termine entro il quale l’assegnatario deve versare l’eventuale conguaglio». → anche in questo caso, peraltro, « Si applica il secondo comma dell’articolo 590». Il codice non prevede l’ipotesi che anche l’incanto con successive riduzioni del prezzo base rimanga senza esito. Nella quale ipotesi parrebbe inevitabile l’amministrazione giudiziaria ai sensi degli artt. 592 e ss., a meno che si ritenga possibile riaprire la via circolare dell’eventuale assegnazione o fissazione di altro incanto con ulteriore superamento dei limiti e salva l’assegnazione dell’immobile allo Stato per crediti tributari. Per quanto riguarda la seconda alternativa, ossia all’amministrazione giudiziaria, una misura provvisoria che ha lo scopo di lasciare un margine di tempo, affinché il nuovo incanto o l’assegnazione possano avvenire nelle condizioni più idonee. Essa è disposta per un termine non superiore a tre anni ed è affidata a uno o più creditori o a un istituto all’uopo autorizzato, oppure allo stesso debitore, se tutti i creditori vi consentono. [593] L’amministratore è naturalmente tenuto al rendiconto, e le rendite possono essere assegnate ai creditori, con le forme della distribuzione del ricavato a decurtazione del loro credito. [595] Durante l’amministrazione giudiziaria, ognuno può fare offerte d’acquisto, ciò evidentemente in relazione con le finalità dell’istituto. Per le medesime ragioni, il creditori pignorante o uno dei creditori intervenuto può, in ogni momento, chiedere che il giudice dell’esecuzione, sentite le altre parti, proceda a un nuovo incanto o all’assegnazione. [2°] Allo scadere del termine, l’amministrazione cessa – salve proroghe non oltre i 3 anni – e viene quindi disposto un nuovo incanto. Rispetto alla distribuzione del ricavato, la disciplina dettata dal codice con riguardo specifico all’espropriazione immobiliare – disciplina naturalmente aggiuntiva e integrativa di quella generale contenuta negli artt. 509 e ss. – è imperniata sul progetto di distribuzione che il giudice dell’esecuzione (o il professionista delegato) – salvo il caso che vi sia un solo creditore – deve compere entro 30 gg dal versamento del prezzo. [596] Tale progetto – che contiene la c.d. graduazione dei creditori in relazione ai rispettivi diritti di prelazione, e la relativa liquidazione – va depositato in cancelleria (affinché possa essere consultato dai creditori e dal debitore) nel contesto di un'ordinanza che fissa un'udienza (a distanza di almeno dieci giorni) per l'audizione degli uni e dell'altro. Sempre l’art. 596, il giudice (o il professionista) provveda a una distribuzione parziale, purché non superiore al 90% delle some da ripartire. La distribuzione parziale può avvenire anche a favore dei creditori aventi diritto al l'accantonamento ai sensi dell'art. 510, 3° comma (intervenuti non ancora muniti di titolo esecutivo) ovvero dei creditori i cui crediti siano oggetto di controversia distributiva ai sensi dell'art. 512. Ciò a condizione che costoro presentino una fideiussione autonoma irrevocabile e a prima richiesta, rilasciata da uno dei soggetti indicati dall’art. 574, 1° comma, secondo periodo. Fideiussione idonea a garantirne la restituzione alla procedura delle somme che risultino indebitamente ripartite. [3°] Con le stesse modalità si potrà procedere a distribuzione a favore dei creditori che avrebbero diritto al ricavato qualora risulti totalmente o parzialmente insussistente il credito del soggetto avente diritto all’accantonamento oppure oggetto di contestazione in sede di distribuzione. All’udienza, le parti possono senz’altro approvare il progetto (e la mancata comparizione all’udienza implica approvazione [597]), oppure raggiungere altrimenti un acccordo. Di ciò si dà atto nel processo verbale e il giudice dell’esecuzione o il professionista delegato ordina il pagamento delle singole quote. L’eventuale mancanza dell’accordo ha qui un significato e una portata più grave di quanto non l’abbia in sede di espropriazione mobiliare. [598] « Se il progetto è approvato o si raggiunge l'accordo tra tutte le parti, se ne dà atto nel processo verbale e il giudice dell'esecuzione o il professionista delegato a norma dell'articolo 591-bis ordina il pagamento delle singole quote, altrimenti si applica la disposizione dell'articolo 512 [disp. att. 177 2, 173].» SEZ. V – L’ESPROPRIAZIONE DI BENI INDIVISI E CONTRO IL TERZO PROPRIETARIO 31 L’espropriazione di beni indivisi Oggetto di questo tipo di espropriazione è la quota (ideale) di un bene indiviso. Quando il procedente è creditore di uno solo dei comproprietari, o vuole comunque agire contro uno solo, l'espropriazione deve colpire solo la quota di questo, senza violare i diritti dei comproprietari. In primo luogo, occorre anzitutto evitare che i comproprietari colludano col debitore per attuare una divisione in pregiudizio del creditore. [599, 2°] Del pignoramento sia notificato avviso, a cura del creditore pignorante, anche agli altri comproprietari, ai quali da quel momento è fatto divieto di lasciare separare dal debitore la sua parte delle cose comuni senza ordine del giudice. In secondo luogo, occorre predeterminare un iter di espropriazione di quella sola quota del bene indiviso che appartiene al debitore. Ciò può avvenire in tre maniere diverse: 1) Separazione; 2) Vendita della quota indivisa; 3) Divisione; [600, 1°] La separazione – che agli effetti pratici è una divisione in natura parziale, ossia limitata alla quota del debitore e attuata nell’esclusivo ambito del processo esecutivo – è la soluzione “preferita” dal codice prevede che essa venga disposta dal giudice dell’esecuzione quando è possibile. [2°] «Se la separazione non è chiesta o non è possibile» il giudice dell'esecuzione «dispone che si proceda alla divisione a norma del codice civile, salvo che ritenga probabile la vendita della quota indivisa ad un prezzo pari o superiore al valore della stessa, determinato a norma dell'art. 568» [601] Se si deve far luogo alla divisione – la quale costituisce una parentesi di cognizione all’interno del processo esecutivo, con competenza del giudice dell’esecuzione –, l’esecuzione è sospesa sinché sulla divisione stessa non sia raggiunto un accordo tra le parti, o pronunciata sentenza passata in giudicato o quanto meno di secondo grado. L’atto introduttivo del giudizio di divisione è ritenuto essere l’ordinanza che dispone la detta divisione. [602, 2°] Avvenuta la divisione, il processo esecutivo deve essere riassunto ai termini dell’art. 627, dopo di che si fa luogo alla vendita o all’assegnazione dei beni attribuiti al debitore. La procedura ora riassunta trova applicazione con riguardo ad ogni tipo di comunione, compresa – a quanto si ritiene – quella tra coniugi per debiti personali di uno dei coniugi ai termini dell’art. 189 c.c., nonché quella di crediti incorporati in un libretto bancario di risparmio ordinario nominativo intestato a più soggetti. 32 L’espropriazione contro il terzo proprietario Ci si riferisce qui ai casi in cui il proprietario del bene espropriato, pur essendo estraneo al rapporto debitorio (terzo in questo particolare senso), è tuttavia gravato da responsabilità per debito altrui. Ciò si verifica: • Nei casi in cui il bene del terzo sia gravato da ipoteca, pegno o privilegio con sequela, per avere il terzo acquistato il bene già onerato o per aver egli fornito garanzia reale per debito altrui; • Quando l’alienazione del bene del debitore al terzo sia stata revocata per frode ex art. 2901 c.c. • Può verificarsi anche ai sensi dell’art. 2929bis anche prima che sia pronunciata sentenza revocatoria dell’efficacia. Infatti, ai sensi del 1°: «Il creditore che sia pregiudicato da un atto del debitore, di costituzione di vincolo di indisponibilita' o di alienazione, che ha per oggetto beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri, compiuto a titolo gratuitosuccessivamente al sorgere del credito, puo' procedere, munito di titolo esecutivo, a esecuzione forzata, ancorché' non abbia preventivamente ottenuto sentenza dichiarativa di inefficacia, se trascrive il pignoramento nel termine di un anno dalla data in cui l'atto e' stato trascritto. La disposizione di cui al presente comma si applica anche al creditore anteriore che, entro un anno dalla trascrizione dell'atto pregiudizievole, interviene nell'esecuzione da altri promossa.» → le modalità dell’esecuzione saranno quelle dell’espropriazione nei confronti del terzo proprietario. o [2°] «il creditore promuove l'azione esecutiva nelle forme dell'espropriazione contro il terzo proprietario ed è preferito ai creditori personali di costui nella distribuzione del ricavato.» o [3°] «Il debitore, il terzo assoggettato a espropriazione e ogni altro interessato alla conservazione del vincolo possono proporre le opposizioni all'esecuzione di cui al titolo V del libro terzo del codice di procedura civile quando contestano la sussistenza dei presupposti di cui al primo comma o che l'atto abbia arrecato pregiudizio alle ragioni del creditore o che il debitore abbia avuto conoscenza del pregiudizio arrecato.» → vale a dire che il debitore, il terzo assoggettato all’espropriazione e qualunque altro interessato a sottrarsi agli effetti dell’art. 2929bis possono proporre le opposizioni esecutive (a secondo dei casi, l’opposizione all’esecuzione di cui all’art. 615 o quella di terzo, di cui all’art. 619) per far valere le proprie ragioni contro il creditore procedente. o [4°] Il solo limite che viene posto all’azione esecutiva agevolata è che il terzo avente causa del contraente immediato del debitore abbia acquistato il proprio diritto con atto a titolo oneroso. L’azione esecutiva non può esercitarsi in tal caso «salvi gli effetti della trascrizione del pignoramento», e cioè salvo che il pignoramento non venga trascritto prima della trascrizione dell’atto di acquisto del diritto del terzo. In tutti i casi espressamente indicati dall’art. 602 c.p.c. (oltre che a quelli richiamati dall’art. 2929bis c.c.), l’espropriazione colpisce un soggetto diverso dal debitore e perciò si parla di espropriazione contro il «terzo proprietario». Ma la situazione ora descritta costituisce soltanto, per così dire, la premessa del processo espropriativo di cui trattasi, poiché nel momento stesso in cui viene instaurato il processo espropriativo contro il terzo, questo terzo cessa di essere tale sul piano processuale, essendo lui il vero soggetto passivo dell’espropriazione, egli è in realtà parte del processo esecutivo pur rimanendo terzo sul piano puramente sostanziale. Il codice – pur continuando a definire terzo il soggetto di cui trattasi – procede a renderlo parte, cioè soggetto passivo dell’esecuzione, dettando alcune norme: efficace l’ingiunzione (che in tal caso avviene re anziché verbis), che è il provvedimento conclusivo che dà luogo all’immissione in possesso della parte creditrice. • Qualora l’immobile sia detenuto da terzi nomine debitoris (es.: conduttori, affittuari), la cui detenzione non impedisce il trasferimento del possesso, l’u. giudiziario ingiunge a tali eventuali detentori di riconoscere il nuovo possessore. • Qualora il terzo detentori vanti un titolo di possesso autonomo da quello del debitore o comunque non assoggettato espressamente dalla legge all’efficacia di titolo contro il debitore, l’esecuzione non può di principio proseguire fino a quando non sia stata respinta l’opposizione nella quale la pretesa del detentore dovrebbe concretarsi e alla quale esso detentore sarebbe legittimato in quanto assoggettato all’esecuzione, e fino a quando il creditore non si sia munito di un titolo nei confronti del terzo29. • Se poi il creditore procedesse ugualmente contro il terzo che vanta un diritto autonomo, quest’ultimo cesserebbe di essere terzo e diverrebbe il vero soggetto passivo dell’esecuzione anche agli effetti della legittimazione all’opposizione all’esecuzione. [609] Per l’ipotesi in cui siano presenti nell’immobile beni mobili estranei all’esecuzione, l’u. giudiziario intima (anche mediante atto notificato) alla parte tenuta al rilascio ovvero a colui al quale gli stessi beni mobili risultino appartenere di asportarli, assegnandogli il relativo termine, e laddove entro il termine assegnato l'asporto non sia stato eseguito, lo stesso ufficiale giudiziario, su richiesta e a spese della parte istante, determina il presumibile valore di realizzo dei beni e indica le prevedibili spese di custodia e di asporto. [2°] Qualora il valore di realizzo appaia sufficiente a coprire le spese di custodia e di asporto, l’u. giudiziario, sempre a spese dell’istante, provvede a nominare un custode e lo incarica di trasportare i ni in altro luogo. Se invece non viene avanzata l’istanza o non vengano anticipate le spese, i beni mobili si considerano abbandonati e l’ufficiale giudiziario ne dispone lo smaltimento o la distruzione. [5°] Ciò sempreché non appia evidente l’utilità di procedere a un tentativo di vendita, secondo le modalità stabilite dal giudice dell’esecuzione. In quest’ultimo caso, la somma ricavata verrà impiegata per il pagamento delle spese e dei compensi per la custodia, per l’asporto e per la vendita. [4°] Colui al quale i beni appartengono può chiedere – previo pagamento delle spese e dei compensi per la custodia e per l’asporto – la consegna al giudice dell’esecuzione per il rilascio anche dopo decorso il termine fissato nell’intimazione dell’u. giudiziario, ma comunque prima che sia disposta la vendita, smaltimento o distruzione. [ult. comma] Se cose mobili presenti nell'immobile sono pignorate o sequestrate, l'ufficiale giudiziario dà immediatamente notizia dell'avvenuto rilascio al creditore, su istanza del quale fu eseguito il pignoramento o il sequestro, e al giudice dell’esecuzione per l’eventuale sostituzione del custode. [L. 392/1978 + 605 e ss.] Tale disciplina trova applicazione anche laddove si abbia a che fare col rilascio di immobili oggetto di locazioni urbane. La data d’esecuzione viene fissata dal «giudice», col «provvedimento che dispone il rilascio», entro il termine massimo di 6 mesi, o, in casi eccezionali, di 12 mesi dalla data del 29 RILASCIO CONTRO IL DEBITORE CHE VANTA UN DIRITTO AUTONOMO | Questa è una delle opinioni più sostenute in dottrina e giurisprudenza. A questa viene contrapposta l’opinione secondo cui il titolo di consegna o rilascio sarebbe efficace contro chiunque si trovi a detenere la cosa, ossia, in pratica, erga omnes, salva comunque la possibilità del terzo di far valere le proprie ragioni attraverso l’opposizione di cui all’art. 615 c.p.c. L’ordinamento, da un lato, configura i limiti soggettivi di efficacia del titolo, escludendone i detentori in forza di un diritto autonomo (come risulta a contrario dall’art. 608, 2° comma), dall’altro lato, dà in un certo senso per scontata l’eventualità che l’organo esecutivo – che può comunque avvalersi dello strumento previsto ex art. 610 – in pratica non si arresti di fronte alla semplice affermazione di titolarità di un diritto autonomo se non in quanto concretatasi nell’opposizione all’esecuzione, che il terzo, come osservato, può proporre in quanto subisce l’esecuzione e ne diviene in realtà la parte passiva. provvedimento30. Ciò «previa motivazione che tenga conto delle ragioni per le quali viene disposto il rilascio stesso e, nei casi di finita locazione, del tempo trascorso dalla disdetta». In più «nelle ipotesi di cui all’art. 55 l. 392/1978 (ossia nei casi di sfratto per morosità), per il caso in cui il conduttore non provveda al pagamento nel termine assegnato, la data dell’esecuzione non può essere fissata oltre 60 gg dalla scadenza del termine concesso per il pagamento». [3°] «Qualunque forma abbia il provvedimento di rilascio, il locatore e il conduttore possono, in qualsiasi momento e limtiatamente alla data fissata per l’esecuzione, proporre al tribunale in composizione collegiale l’opposizione di cui all’art. 6, 4° comma, della legge 431/1998». [4°] «Trascorsa inutilmente la data fissata il locatore promuove l’esecuzione ai sensi degli artt. 605 e ss. c.p.c.» Nei casi di locazioni non abitative, l’azione esecutiva de qua è condizionata all’avvenuto pagamento dell’eventuale indennità di avviamento ex art. 34, 3° l. 392/1978. L’ufficiale giudiziario può avvalersi dell’assistenza della pubblica forza, la cui concessione è affidata alla discrezionalità dell’autorità amministrativa, considerata essenziale dagli ufficiali giudiziari. L’eventuale pignoramento o sequestro dell’immobile non ne impedisce il rilascio. [611] Le spese anticipate dal procedente sono specificate dall’ufficiale giudiziario nel verbale e sono poi liquidate dal giudice dell’esecuzione con decreto che costituisce titolo esecutivo. [608bis] In armonia con quanto l’art. 629 enuncia con riguardo all’espropriazione, si dispone che «l’esecuzione di cui all’art. 605 si estingue se la parte istante prima della consegna o del rilascio, rinuncia con atto da notificarsi alla parte esecutata e da consegnarsi all’ufficiale giudiziario procedente». L’estinzione non abbisogna di accettazione e può senz’altro essere dichiarata con ordinanza del giudice dell’esecuzione. 34 L’esecuzione degli obblighi di fare o di non fare. Le misure coercitive dell’art. 614 bis c.p.c. (In nota: L’attuazione dell’obbligo di consegna dei minori) Con questa forma di esecuzione forzata specifica si realizzano gli obblighi positivi di fare alcunché o quelli, originariamente negativi, consistenti nel divieto di fare alcunché, ma che, a seguito della violazione di questo divieto, sono divenuti anch’essi positivi, in quanto trasformati nell’obbligo di eliminare ciò che è stato fatto in violazione dell’obbligo originario di non fare. L’espressione obbligo va intesa con riferimento alla situazione successiva alla pronuncia della sentenza di condanna, e perciò l’obbligo eseguibile specificamente può essere, oltre che una obbligazione in senso proprio (es.: demolire un muro costruito in violazione di una obbligazione personale di non costruire), anche l’obbligo conseguente alla violazione di un diritto assoluto (es.: demolizione di una costruzione in violazione di una servitus altius non tollendi). Secondo l’opinione prevalente, con le forme di questo procedimento possono realizzarsi anche gli obblighi di consegna dei minori conseguenti all’affidamento. La l. 74/1987 però, modificativa della disciplina del divorzio, ha stabilito all’art. 6, 10° (applicabile anche nel giudizio di separazione), che all’«attuazione dei provvedimenti relativi all’affidamento della prole provvede il giudice di merito», il quale quindi assume funzioni anche di giudice dell’esecuzione. Il limite all’utilizzazione di questo strumento processuale non è dato, dunque, dalla natura del diritto da cui è sorto l’obbligo di fare o non fare, ma soltanto dalla obiettiva possibilità dell’esecuzione forzata, in quanto questa avviene prescindendo dalla volontà dell’obbligato o addirittura contro la sua volontà. 30 LOCAZIONI URBANE E FISSAZIONE DEL GIORNO DELLO SFRATTO | Con l’espressione provvedimento che dispone il rilascio, il legislatore ha inteso riferirsi a ogni tipo di provvedimento previsto dalla disciplina speciale come anche da quella ordinaria compresi i provvedimenti di rilascio previsti dal procedimento speciale per convalida di licenza o sfratto di cui agli artt. 657 e ss. Si ritiene che il provvedimento di cui trattasi debba essere pronunciato anche d’ufficio e abbia natura non decisoria ma ordinatoria (in via anticipatoria) e se ne desume la sua non impugnabilità in sede di cognizione avanti al giudice superiore o con ricorso straordinario per Cassazione e la sua revocabilità e modificabilità da parte del giudice dell’esecuzione. • Sotto questo profilo, si ricordi circa l'obbiettiva impossibilità di eseguire coattivamente gli obblighi di fare infungibili e circa la possibilità di includere in una più ampia nozione di condanna quelle pronunce che assolvano ad una funzione compulsoria per l'adempimento spontaneo come astreintes ed anche, in certa misura, in alcuni provvedimenti cautelari [612] «Sentenza di condanna», lasciando ritenere questo tipo di titolo come l'unico idoneo a fondare l'esecuzione in argomento. Condanna va intenso come «ogni provvedimento contenente una condanna», si deve prendere atto della necessità che il titolo esecutivo sia costituito da un provvedimento giudiziario (che, ovviamente, non può essere che di condanna); necessità che il legislatore ha evidentemente riconosciuto come conseguenza del fatto che l'impiego della procedura in discorso presuppone una valutazione circa la fungibilità dell'obbligo, valutazione che a sua volta dovrebbe emergere, senza possibilità di equivoci, da un provvedimento giudiziario. Tale conclusione è stata contestata dalla Corte costituzionale con sentenza interpretativa di rigetto, riconoscendo che anche il verbale di conciliazione offre, con riguardo degli obblighi di fare/non fare, le stesse garanzie della sentenza. → [12, d.lgs. 28/2010] Anche il verbale è titolo esecutivo «per l’esecuzione degli obblighi di fare/non fare». Naturalmente la sentenza di condanna, per assolvere al requisito della liquidità ed esigibilità di cui all’art. 474, deve contenere la specificazione del quid faciendum, che peralto può risultare anche da una integrazione del dispositivo con le altre parti della decisione. Sulla disciplina del provvedimento, vale quanto si disse circa l’esecuzione per consegna o rilascio, circa la previsione delle funzioni proprie del giudice dell’esecuzione in capo al tribunale del luogo dove l’obbligo deve essere eseguito. • Ma qui le funzioni del giudice dell’esecuzione non sono – a differenza dell’altro tipo di esecuzione diretta – soltanto quelle eventuali del risolvere le difficoltà che possono insorgere nel corso del procedimento [vd. Artt. 613 e 610]. • [vd. Artt. 614 e 611] Né tali funzioni sono solo quelle marginali di pronunciare il provvedimento che consente il recupero delle spese della procedura a carico del debitore. Provvedimento questo che qui è espressamente definito dal codice come decreto d’ingiunzione, da pronunciarsi su presentazione di nota delle spese anticipate. • Le suddette funzioni del giudice dell’esecuzione hanno in questo procedimento un ruolo necessario ed essenziale, poiché è previsto come atto base per l’intero successivo ter procedimentale, un provvedimento del giudice, da chiedersi con ricorso a cura del creditore istante e la cui funzione consiste nella determinazione delle modalità dell’esecuzione. • Il creditore istante – dopo aver provveduto ai consueti atti preliminari, ossia la notificazione del titolo esecutivo e del precetto – deve inoltrare al giudice dell’esecuzione un ricorso col quale chiede che siano determinate le modalità dell’esecuzione. Il giudice deve anzitutto attuare il contraddittorio (quello che si è visto essere tipico del processo esecutivo in generale), ossia disporre l’audizione delle parti. Dopo averle sentite, pronuncia il provvedimento (ordinanza) col quale determina le modalità dell’esecuzione, designando l’ufficiale giudiziario che deve procedere all’esecuzione e le persone che debbono provvedere al compimento dell’opera non eseguita o alla eliminazione di quella compiuta. • Si discute in giurisprudenza o dottrina, se il contenuto dell’ordinanza di cui trattasi debba restare limitato alla designazione dell’ufficiale giudiziario e delle persone incaricate del compimento o della distruzione dell’opera o se possa osservare a una funzione integratrice del titolo, pur dovendo essere completo nella determinazione del quid faciendum. La giurisprudenza della Cassazione è decisamente orientata per quest’ultimo senso, affermando che si possa postulare la sua integrazione ma soltanto con riguardo alle modalità pratiche di fare. • Circa l’impugnabilità dell’ordinanza, se questa si mantiene nei limiti determinati dalla suddetta sua funzione integratrice rispetto al titolo, il solo rimedio esperibile è l’opposizione agli atti esecutivi. Se invece contenga statuizioni contrastanti col titolo o decida controversie insorte sul merito della statuizione contenuta nel titolo o sulla conformità al titolo della pretesa esecutiva dell’istante, la mediazione, né il comma 2 sull’obbligatorio esperimento della procedura di negoziazione assistita da uno o più avvocati. 36 L’opposizione all’esecuzione (In nota: Giudicato e litispendenza come limiti all’opposizione all’esecuzione) LIBRO III, TITOLO V, CAPO I – OPPOSIZIONE DEL DEBITORE E DLE TERZO ASSOGGETTATO ALL’ESECUZIONE (il quale terzo viene qui in rilievo non come terzo ma in relazione al ruolo di debitore che la legge gli fa assumere), è ripartito in tre sezioni dedicate: 1. Opposizione all’esecuzione; 2. Opposizione agli atti esecutivi; 3. Opposizioni in materia di lavoro, previdenza, assistenza; Il CAPO II disciplina le opposizioni del terzo in senso proprio. Le opposizioni nel processo esecutivo del debitore sono, da un lato, l’opposizione all’esecuzione e, dall’altro, l’opposizione agli atti esecutivi. [615, 1] Con l’opposizione all’esecuzione «si contesta il diritto della parte istante di procedere a esecuzione forzata», diritto che condiziona la legittimità dell’intero processo esecutivo e che si concreta nell’esistenza di un valido titolo esecutivo. • PROFILO SOGGETTIVO ATTIVO | Essa può essere proposta nella veste di opponente (attore in opposizione) da tutti coloro che in concreto subiscono l’esecuzione (o il suo preannuncio, con l’intimazione del precetto), coloro insomma ai quali la parte istante attribuisce o pretende di attribuire il ruolo di «debitore», sia che tale veste risulti o no dal titolo esecutivo. Nei nai in cui il pregiudizio del terzo derivi dalla sua qualità di acquirente o di avente causa del debitore, la situazione è più difficile, poiché in questo caso l’individuazione del rimedio esperibile dipende dal ruolo che viene attribuito (o si intende attribuire) a tale soggetto (e cioè se assimilabile a quello della parte o, come sembra più probabile, terzo estraneo al processo esecutivo). • PROFILO SOGGETTIVO PASSIVO | Parte istante. • PROFILO OGGETTIVO | «il diritto di procedere a esecuzione forzata» non è altro che l’azione esecutiva che si fonda sul titolo esecutivo. Si tratta di contestare l’effetto processuale tipico del titolo attraverso: o La negazione dell’esistenza del titolo stesso, fin dall’origine (es.: nego che quel certo documento sia una cambiale; sostengo la nullità del giudizio ovvero la nullità del provvedimento stesso per vizio di costruzione) o La nullità sopravvenuta per caducazione (es.: affermo che la sentenza esecutiva è stata riformata in appello o cassata o ne è stata revocata l’esecutività); o La negazione della idoneità soggettiva del titolo a fondare l’esecuzione a opera di quel soggetto o contro quel soggetto (es.: nego la mia qualità di erede del debitore o la qualità di successore del creditore in capo a colui che agisce); o La negazione della idoneità del titolo a fondare quella esecuzione (es.: nego la legittimità della esecuzione di un obbligo di fare sulla base di un titolo stragiudiziale); o La negazione della corrispondenza della misura richiesta col contenuto; o Per ragioni di merito, attraverso la negazione dell’esistenza attuale del diritto per la cui attuazione si procede a esecuzione forzata (es.: sostengo di aver adempiuto il debito dopo il passaggio in giudicato della sentenza), contestando la situazione sostanziale così come enunciata nel titolo, attraverso la allegazione di fatti impeditivi o estintivi sopravvenuti o sostenendo al contrario che le condizioni dell’azione esecutiva determinate da fatti sopravvenuti alla notifica del precetto, non sussistessero al momento (determinante) di tale notifica. In questi ultimi casi (opposizione di merito all’esecuzione), l’ambito delle possibilità di contestare da parte del debitore è diverso a seconda che il titolo sulla cui basi si procede sia giudiziale oppure stragiudiziale. In questo caso, così come in quello in cui si fanno valere i vizi processali di formazione del titolo (cd. Vizi di costituzione), la natura giudiziale del titolo fa sì che le contestazioni di merito o processuali incontrano il limite generale e assoluto determinato dal giudicato che, come si suol dire, copre il dedotto e il deducibile e sana i vizi processuali. Tali contestazioni possono fondarsi soltanto su fatti estintivi e impeditivi successivi alla formazione del giudicato. D’altra parte, un ulteriore limite sussiste nell’ipotesi che la pronuncia sul merito dei fatti sopravvenuti sia ricevuta a una competenza esclusiva o a un rito speciale. Inoltre, le contestazioni in discorso incontrano il limite, egualmente generale, determinato dalla litispendenza o dalle preclusioni eventualmente verificatesi, nel senso che le eccezioni e contestazioni di merito o processuali costituiscono, presumibilmente (ma non necessariamente), già oggetto del giudizio di impugnazione e comunque non possono essere sollevate in quella sede, salvi soli i vizi di inesistenza e salva l’ipotesi che i fatti su cui tali eccezioni si fondano siano sopraggiunti in una fase del processo di cognizione che non consente nuove allegazioni difensive. Il giudice dell’opposizione dovrà anche valutare la portata del titolo esecutivo giudiziale e tener conto di quanto accada in sede cognitiva. Quando invece si tratta di titolo esecutivo stragiudiziale, questi limiti non esistono, pur potendo esistere limiti di altro genere. COME SI PROPONE L’OPPOSIZIONE? OPPOSIZIONE PREVENTIVA | Quando l’esecuzione non è ancora iniziata, l’esigenza è data dall’atto che ha la tipica funzione di preannunciare l’esecuzione stessa, ossia il precetto, preceduto a sua volta dalla notificazione del titolo esecutivo. Soltanto dopo il compimento di tali atti ha iniziato l’esecuzione forzata/processo esecutivo. L’espropriazione inizia col pignoramento, mentre l’esecuzione in forma specifica comincia col compimento del primo atto dell’ufficio giudiziario, nell’esecuzione per rilascio la notifica dell’avviso col quale l’ufficiale giudiziario comunica alla parte, almeno 10 gg prima, il giorno e l’ora in cui si procederà, mentre nell’esecuzione degli obblighi di fare o non fare tale primo atto dovrebbe consisterne nel provvedimento ex art. 612, mentre la giurisprudenza suole ravvisarne l’inizio con la presentazione del ricorso al giudice per la pronuncia. Mentre l’esecuzione del precetto è già sufficiente per prospettare come imminente l’inizio di una esecuzione sufficientemente individuata nel suo riferimento al titolo e nel suo oggetto, così da rendere attuale l‘interesse a opporsi, dall’altro lato, il non ancora avvenuto inizio di tale esecuzione non escluderebbe la necessità di un collegamento particolare tra il giudizio di cognizione-opposizione e il processo esecutivo (non ancora iniziato). L’opposizione – propriamente sarebbe un’opposizione al precetto – si instaura col normale atto di citazione davanti al giudice competente secondo le normali regole. Ma poiché in pratica il debitore teme le conseguenze del possibile inizio dell’esecuzione, l’art. 615 dispone che «il giudice, concorrendo gravi motivi, sospende su istanza di parte l’efficacia esecutiva del titolo». «Se il diritto della parte istante è contestato solo parzialmente, il giudice procede alla sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo esclusivamente in relazione alla parte contestata». Si svolgerà a iniziativa del debitore – o di colui ad egli equiparato – un normale giudizio di cognizione, destinato a concludersi con una sentenza soggetta ai normali mezzi di impugnazione, il cui collegamento con l’esecuzione sta in ciò che la sentenza alla quale tende è destinata a influire sul titolo o per negare o per riaffermare la sua efficacia, ossia per negare o riaffermare l’esistenza dell’azione esecutiva. OPPOSIZIONE CONTESTUALE O REPRESSIVA | Quando cioè l’esecuzione è già iniziata, occorre evitare tanto l’attuale pericolo, servendosi della pendenza del processo esecutivo. Poiché la pendenza dell’esecuzione implica la già avvenuta designazione del giudice dell’esecuzione o la presenza di un giudice che ne svolge le funzioni, c’è l’organo al quale rivolgersi perché esamini l’eventuale opportunità di una sia pure provvisoria sospensione dell’esecuzione. Perciò l’art. 615 2° comma dispone che, quando l’esecuzione è già iniziata, l’opposizione all’esecuzione va proposta con «ricorso al giudice dell’esecuzione», il quale fissa con decreto in calce al ricorso stesso, l’udienza di comparizione delle parti davanti a sé e un termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto. All’udienza così fissata il giudice dell’esecuzione, che in quel momento assomma le funzioni di organo del processo esecutivo e di giudice dell’opposizione, si pronuncia sull’eventuale istanza di sospensione dell’esecuzione, concedendo tale sospensione qualora sussistano gravi motivi, con ordinanza reclamabile ex art. 669terdecies. Il giudizio di opposizione si svolgerà d’ora in avanti in modo autonomo secondo le consuete regole del giudizio di cognizione, comprese quelle sulla posizione delle parti rispetto all’onere di allegazione e della prova, tenendo presente che l’opponente assume la veste sostanziale e processuale di attore, e quelle sulla competenza. [616, 1°] Nel caso di opposizione successiva, se competente per la causa sia l’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice dell’esecuzione, questi «fissa un termine perentorio per l’introduzione del giudizio di merito, secondo le modalità previste in ragione della materia e del rito, previa iscrizione a ruolo, a cura della parte interessata, osservati i termini a comparire di cui all’art. 813bis o altri, se previsti, ridotti della metà.» Questo implica che il procedimento esecutivo e quello di opposizione procedono in modo autonomo, sicché le funzioni di giudice istruttore nel giudizio di opposizione potrebbero essere affidate ad altro magistrato designato dal presidente. [616] Quando, invece, le regole della competenza indicano come competente un altro giudice, il giudice dell'esecuzione (ovviamente con ordinanza (46), come tutti i provvedimenti di questo organo) rimetta le parti davanti all'ufficio giudiziario competente, assegnando un termine perentorio per la riassunzione della causa davanti a quest'ultimo → si può tuttora ritenere che ciò avvenga con un provvedimento ordinatorio che solo indirettamente implica pronuncia sulla competenza e perciò è di dubbia impugnabilità col regolamento, ancorché vi sia stato contrasto tra le parti. [618bis] Al procedimento relativo a quest’opposizione nelle cause di lavoro e previdenziali, si applica il rito del lavoro, ferma la competenza dell'esecuzione per i provvedimenti di cui all'art. 615, 2° comma, nei limiti dei provvedimenti assunti con ordinanza32. La parte convenuta — che è la parte che chiede l'esecuzione — si può costituire con comparsa di risposta 33e può svolgere la sua attività difensiva che di solito consisterà nella richiesta del rigetto dell'opposizione con la contestazione del suo fondamento sia processuale che di merito. Si ritiene, d'altra parte, che il creditore opposto possa superare l'ambito della semplice attività difensiva e proporre anche domanda riconvenzionale (es. per chiedere la condanna) → sarebbe corretto configurare questo potere come un onere perché l'oggetto del processo consiste nella contestazione del diritto di procedere ad esecuzione soltanto per il motivo dedotto dall'opponente e non per tutti i possibili motivi, eventuale anche per un altro credito aggiuntivo. Se la parte istante rinuncia al precetto, non ne consegue l'estinzione del giudizio di opposizione, ma la cessazione della materia del contendere. ln caso di opposizione all'esecuzione nell'ambito dell'espropriazione presso terzi, il terzo debitore che non contesta tale sua situazione e le relative vicende processuali, non è litisconsorte necessario. La sentenza che conclude il giudizio dopo l'eventuale istruzione, che è impugnabile con l'appello, sarà di accoglimento o di rigetto dell'opposizione. 32 Non impugnabile neppure col ricorso ex art. 111 Cost. 33 (50) Qual è il termine per il deposito di questa comparsa (con le preclusioni di cui all'art. 167)? La prassi secondo la quale questo deposito avviene per lo più nella stessa prima udienza innanzi al giudice dell'esecuzione è certamente legittima perché, in tal modo, la costituzione, lungi dall'essere ritardata, è al contrario anticipata. La quale anticipazione ci sembra, infatti, sufficiente per evitare di spingersi fino alla prospettazione di una doppia costituzione, l'una — quella all'udienza — nel solo processo di esecuzione e l'altra — quella in sede di trattazione — rilevante agli effetti delle preclusioni. In realtà non sembra possibile riferire a quest'udienza il termine di cui all'art. 166, in quanto il giudice dell'esecuzione può fissare questa udienza senza alcun termine minimo. Conseguentemente, l'udienza di riferimento» è quella che si svolge dopo la fase introduttiva e che il giudice dell'esecuzione fissa innanzi a sé, se competente; o, in caso contrario, la prima udienza innanzi al giudice competente a. di un qualsiasi atto successivo all’inizio dell’esecuzione35 e comunque dal momento in cui le parti del processo esecutivo vengono a conoscenza dell’atto stesso (conoscenza che si presume se la pronuncia sia avvenuta in udienza); b. dall’atto successivo che necessariamente lo presuppone; c. dall’atto conclusivo della relativa fase; In tutti i casi di opposizione successiva all’inizio dell’esecuzione, la opposizione va proposta anziché con citazione, con ricorso al giudice dell’esecuzione, analogamente a quanto si è visto per l’opposizione alla esecuzione, e per ragioni pure analoghe. Anche qui – quando la competenza appartiene all’ufficio giudiziario competente per l’esecuzione –, nel caso dell’opposizione preventiva, il giudizio si svolge secondo le regole del giudizio di cognizione. Invece, nel caso dell’opposizione successiva, il giudice dell’esecuzione fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti davanti a sé e il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto, pronunciando senz’altro, nei casi urgenti, i provvedimenti opportuni [art. 618]. [art. 618, 2°] «All'udienza dà con ordinanza i provvedimenti che ritiene indilazionabili ovvero sospende la procedura. In ogni caso fissa un termine perentorio per l'introduzione del giudizio di merito (96), previa iscrizione a ruolo a cura della parte interessata, osservati i termini a comparire di cui all'articolo 163 bis, o altri se previsti, ridotti della metà. La causa (che, ai sensi dell'art. 186 bis disp. att. dovrà essere affidata ad altro magistrato da designarsi dal presidente) è decisa con sentenza impugnabile». ln quest'udienza il giudice potrà anche revocare i provvedimenti urgenti eventualmente già pronunciati. Sia che il giudizio sia stato iniziato con citazione prima dell'inizio dell'esecuzione, e sia che sia stato iniziato con ricorso dopo tale inizio, esso si svolge anche qui con una struttura bifasica: 1. PRIMA FASE «CAMERALE», innanzi al giudice dell’esecuzione; 2. SECONDA FASE, con le regole proprie del giudizio di cognizione, analogamente a quanto si è visto per il giudizio di opposizione all'esecuzione e fermo restando che l'opponente si costituisce col semplice deposito del ricorso, mentre il convenuto opposto potrà costituirsi prima dell'udienza fissata per il giudizio di merito, ferma la validità della prassi secondo la quale, nelle opposizioni ad esecuzione iniziata, il convenuto suole costituirsi alla prima udienza di comparizione innanzi al giudice dell'esecuzione. Va tenuto presente che anche con riguardo al procedimento relativo a questa opposizione, come con riguardo a quello sull'opposizione all'esecuzione, nelle cause di lavoro e previdenziali, si applicano le norme del rito del lavoro in quanto compatibili. Resta ferma la competenza del giudice dell'esecuzione nei casi previsti dall'art. 617, 2°, nei limiti dei provvedimenti assunti con ordinanza. Rispetto al procedimento di opposizione all’esecuzione, vanno messe in evidenza alcune ulteriori essenziali differenze, che inducono una parte della dottrina a considerare l'opposizione agli atti esecutivi come una fase incidentale inserita nel processo esecutivo, e che comunque autorizzano a considerare il giudizio sull'opposizione agli atti esecutivi come meno autonomo rispetto al processa esecutivo, di quanto non lo sia il giudizio sull’opposizione all’esecuzione. Questo rilievo ha riguardo specialmente alla competenza, che rimane ferma per tutto il corso del giudizio, in capo al giudice (nel senso di ufficio giudiziario) competente per l’esecuzione, mentre non sussiste più la coincidenza tra il giudice dell'esecuzione e l'istruttore della causa e, d altra parte, alla non impugnabilità che è da sempre caratteristica delle sentenze che definiscono questo giudizio. La suddetta non impugnabilità rimane temperata dalla possibilità - finora pacificamente riconosciuta dalla giurisprudenza - di proporre, contro la sentenza in discorso, il ricorso per cassazione previsto dall'art. 111, 7° comma, proponibile per tutti i motivi di cui all’art. 360. Occorre ricordare l’esclusione dell’esperibilità di tale 35 (90) Esclusi però gli atti degli ausiliari del giudice dell'esecuzione, fino a quando non siano stati valutati da quest'ultimo. rimedio oppositorio con riferimento ai provvedimenti del giudice dell’esecuzione che abbiano deciso i ricorsi sugli atti del professionista delegato alla vendita forzata (mobiliare, art. 534 ter, e immobiliare, art. 591 ter). • In tal caso, in sostituzione dell’opposizione ex art. 617, il legislatore ha previsto la proponibilità del reclamo (al collegio) ai sensi dell’art. 669 terdecies → riduzione dell’ambito applicativo della prima. L’eventuale accoglimento dell’opposizione agli atti esecutivi darà luogo alla dichiarazione di nullità degli atti esecutivi contestati, con la conseguente eventuale dichiarazione d’invalidità degli atti successivi che ne sono dipendenti (art. 159 c.p.c.) e così, eventualmente, dell’intero processo esecutivo → la nullità non ha effetto nei confronti dei terzi acquirenti, salvo il caso di collusione (art. 2929 c.c.). In caso di rigetto dell’opposizione agli atti, se non c’è stata sospensione (che certamente non si verifica ex lege: v. oltre, § 39, dopo il richiamo della nota 5) non occorre riassunzione e il processo esecutivo può proseguire senz’altro. Nulla, infine, impedisce che col medesimo atto vengano proposte congiuntamente sia un’opposizione all’esecuzione e sia un’opposizione agli atti esecutivi, o che, d’altra parte, contro due distinte pronunce contenute in una sentenza formalmente unica, siano proposte le due distinte opposizioni ed eventualmente le due successive distinte impugnazioni. 38 L’opposizione del terzo nel processo esecutivo Accanto alle due possibili reazioni del soggetto passivo dell’esecuzione, il codice contempla la possibilità di una opposizione da parte di un soggetto che, pur essendo terzo rispetto al processo esecutivo (109), viene, di fatto, ed illegittimamente, coinvolto in essa, in modo che, se l’esecuzione giungesse al suo epilogo, codesto terzo subirebbe l’ingiusto sacrificio di suoi diritti. Questo fenomeno si verifica tipicamente nell’espropriazione, quando il pignoramento colpisca, per errore, beni appartenenti non al debitore ma ad un terzo → per errore, poiché si sa che il titolo esecutivo non ha alcuna efficacia contro il terzo, e l’ufficiale giudiziario non potrebbe colpire scientemente beni di un terzo, né il creditore procedente avrebbe interesse a che ciò avvenisse. Tuttavia, può accedere – e accade di frequente – che l’ufficiale giudiziario pignori beni di un terzo, nella convinzione che essi appartengano al debitore, col presupposto della di loro presenza in luoghi appartenenti al debitore. [art. 619, 1°] Il codice ne determina l’oggetto nella pretesa del terzo di «avere la proprietà (comunque acquisita) o altro diritto reale sui beni pignorati». Tali fenomeni analoghi potrebbero essere: • il caso in cui, sempre nell'ambito dell’espropriazione, il terzo vanti, sulle cose pignorate, un diritto non reale, ma personale; • il caso in cui il processo esecutivo sia diverso dalla espropriazione, ossia consista in una esecuzione diretta; In realtà nonostante l'inequivocità della lettera della legge, una parte della dottrina e della giurisprudenza sostiene che l’opposizione in discorso possa essere utilizzata sia in taluni casi eccezionali di diritti di credito del terzo, che rimarrebbero travolti dal pignoramento e sia in taluni casi di esecuzione specifica nei quali i diritti del terzo potrebbero venire travolti per errore materiale in modo analogo a quanto accade nell’espropriazione. Con riguardo al fatto di cui l’art. 619, 1° comma, per l’opposizione in discorso, alla sola espropriazione – la palese limitazione della formula della legge all’espropriazione e ai diritti reali eventualmente pregiudicati dal pignoramento ha la sua ragion d'essere in ciò che, da un lato, l'opposizione de qua è riferita alle modalità amerete dell'esecuzione e che, dall'altro lato, solo l’espropriazione coinvolge, con le sue particolari modalità, beni diversi da quelli che costituiscono oggetto del diritto che si porta ad esecuzione, mentre nelle esecuzioni dirette la coincidenza tra il bene colpito e il bene oggetto del diritto, di solito esclude la stessa possibilità dell'errore. L’errore che sta alla base del fenomeno sopra descritto è un errore tipicamente inerente a quella scelta dei beni da pignorare che è propria dell’espropriazione, mentre nell’esecuzione specifica quell’errore è reso difficilmente immaginabile dal fatto che il titolo esecutivo indica per eseguire un diritto ben determinato, un iter altrettanto ben determinato. Tale diritto e iter risulta già nel titolo ingiustamente pregiudizievole per il terzo (es.: perché ha accertato un diritto incompatibile con quello vantato dal terzo), questi avrà a disposizione il rimedio dell’opposizione di terzo ordinaria ex art. 404. Qualora invece il creditore procedente pretendesse di far valere contro il terzo un titolo esecutivo che contempla un diverso debitore, questo terzo - che in realtà non sarebbe tale, ma di fatto già soggetto passivo dell’esecuzione - potrebbe facilmente opporre il limite soggettivo del titolo, ossia il difetto di titolo contro di lui, con un’opposizione all’esecuzione ai termini dell’art. 615. Si può tuttavia: • Convenire che la terminologia del codice non è determinante, per l’abitudine del legislatore di servirsi, spesso impropriamente, della terminologia dell’espropriazione; • Riconoscere l’esistenza di taluni casi eccezionali nei quali un errore analogo a quello del pignoramento dei beni di un terzo può verificarsi sia nelle esecuzioni in forma specifica e sia, nelle espropriazioni, in pregiudizio di diritti non reali, ma personali del terzo. Esempio: nelle esecuzioni specifiche si può pensare al caso di un ufficiale giudiziario che, nell'eseguire contro Bianco il diritto di Rosso al rilascio del Fondo Corneliano, trasferisca a Rosso anche il possesso di una parte del Fondo Serviano appartenente a Verde; Esempio: caso di un ufficiale giudiziario che, nell’eseguire contro Caio il diritto di Tizio ad es. alla consegna di una cosa determinata nei confronti di Caio, consegni a Tizio una cosa di Sempronio (ma è chiaro che in questo caso anche Caio potrebbe far valere, con l’opposizione ex art. 615, il superamento del limite oggettivo del titolo). Esempio: il giudice dell’esecuzione, nel determinare le modalità dell’esecuzione di fare ai termini dell’art. 612 c.p.c., o l’ufficiale giudiziario nell’attuarle, investano erroneamente, col provvedimento o con la sua attuazione, il bene di un terzo; Con riguardo, invece, all’eventualità che nelle espropriazioni vengano pregiudicati diritti del terzo non reali, ma personali, si può pensare, sotto il profilo del margine lasciato dall’art. 2915, 2°, ai diritti potestativi all’annullamento o alla rescissione. L’opposizione di cui trattasi - che non è proponibile prima del pignoramento - non è assoggettata a termini di preclusione. • Limite alla funzionalità dell’opposizione, a partire dal momento della vendita o dell’assegnazione (non che possa essere proposta anche dopo tale momento); • [620] In tal caso, gli eventuali diritti del terzo non possono essere fatti valere che sulla somma ricavata e naturalmente se ed in quanto questa somma non sia stata ancora distribuita. L’iter procedimentale → quasi il medesimo contemplato per l’opposizione all’esecuzione dopo l'inizio dell’esecuzione stessa: • ricorso al giudice dell’esecuzione, fissazione, con decreto, da parte di quest’ultimo, dell’udienza di comparizione delle parti – che sono, oltre al terzo, anche, necessariamente, il creditore e il debitore – davanti a sé (udienza che per l’art. 185 disp. att., si svolge con le forme del procedimento camerale e che perciò concreta anche qui una prima fase camerale) e del termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto (art. 619, 2° comma); • designazione dell’istruttore da parte del presidente del tribunale, quando è competente l’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice dell’esecuzione o, in caso contrario, fissazione all’opponente di un termine perentorio per la riassunzione della causa davanti all’ufficio giudiziario competente per valore (art. 619, 3° comma); • il tutto, previo eventuale provvedimento di sospensione della vendita (arg. ex artt. 620 e 624); provvedendo anche sulle spese (21 ). L’ordinanza è reclamatile ai sensi dell’articolo 630, 3° comma. La disposizione di cui al 3° comma si applica, in quanto compatibile, anche al caso di sospensione del processo disposta ai sensi dell’articolo 618 (so di sospensione del processo, in quanto compatibile)». Il testo del 3° comma è chiaro nel disporre l’estinzione del processo che il giudice dell’esecuzione disporrà anche d’ufficio con ordinanza nei casi, nei quali l’ordinanza di sospensione del processo non sia stata reclamata o sia stata confermata in sede di reclamo, mentre, d’altra parte, il giudizio del merito non sia stato introdotto nel termine perentorio assegnato ai sensi dell’art. 616. Insieme con la disciplina di estinzione, il giudice disporrà la cancellazione della trascrizione del pignoramento, provvedendo anche sulle spese. Il riferimento alla «cancellazione della trascrizione del pignoramento» potrebbe indurre a ritenere che questo meccanismo possa operare solo nell’espropriazione immobiliare, ciò che, peraltro, come si è giustamente osservato (24), i sarebbe in contrasto col principio di ragionevolezza. [624bis] «Il giudice dell’esecuzione – esso dispone – su istanza di tutti i creditori muniti di titolo esecutivo, può, sentito il debitore, sospendere il processo fino a ventiquattro mesi. L’istanza può essere proposta fino a venti giorni prima della scadenza del termine per il deposito delle offerte di acquisto o, nel caso in cui la vendita senti incanto non abbia luogo, fino a quindici giorni prima dell’incanto. Sull’istanza, il giudice provvede nei dieci giorni successivi al deposito e, se l’accoglie, dispone, nei casi di cui al 2° comma dell’art. 490, che, nei cinque giorni successivi al deposito del provvedimento di sospensione, lo stesso sia comunicato al custode e pubblicato sul sito Internet sul quale è pubblicata la relazione di stima. La sospensione è disposta per una sola volta. L’ordinanza è revocabile in qualsiasi momento, anche su richiesta di un solo creditore e sentito comunque il debitore. Entro dieci giorni dalla scadenza del termine la parte interessata deve presentare istanza per la fissazione dell’udienza in cui il processo deve proseguire». «Nelle espropriazioni mobiliari- specifica in fine la norma -l’istanza per la sospensione può essere presentata non oltre la fissazione della data di asporto dei beni ovvero fino a dieci giorni prima della data della vendita se questa deve essere espletata net luoghi in cui essi sono custoditi e, comunque, prima della effettuazione della pubblicità commerciale ove disposta. Nelle espropriazioni presso terzi l’istanza di sospensione non può più essere proposta dopo la dichiarazione del terzo». [625] Sull’istanza di sospensione di cui all’art. 624 il giudice provvede con ordinanza, sentite le parti, ossia previa instaurazione di un contraddittorio sia pure limitato. Soltanto nei casi urgenti, il giudice può disporre la sospensione prima di instaurare il contraddittorio, provvedendo con un decreto col quale fissa l’udienza di comparizione delle parti. All’udienza provvede poi con ordinanza. [627] Iter della ripresa, con un atto impropriamente definito riassunzione, in analogia col fenomeno corrispondente nel giudizio di cognizione. È previsto un ricorso da inoltrarsi nel termine perentorio fissato dal giudice dell’esecuzione e, in ogni caso, non più tardi di sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza di primo grado che rigetta l’opposizione, o dalla sua comunicazione, se si tratta di sentenza d’appello, e comunque dalla cessazione degli effetti della sospensione, senza che ci sia bisogno di un provvedimento di revoca della sospensione. L’istanza è rivolta al giudice dell’esecuzione che provvede con ordinanza, la quale parrebbe reclamabile al collegio ex art. 630. 40 L’estinzione del processo esecutivo Anche l’istituto dell’estinzione del processo esecutivo è stato configurato dal legislatore secondo uno schema analogo a quello proprio dell’istituto medesimo nel processo di cognizione, senza che peraltro sia stato tenuto adeguatamente conto della profonda differenza strutturale dei due processi. Ciò costringe l’interprete a compiere un delicato lavoro di adattamento. RAGIONI, come nel processo di cognizione, di due ordini e fanno capo a due tipi di estinzione: a) per rinuncia, da compiersi, prima dell’aggiudicazione o dell’assegnazione, «personalmente» dal creditore procedente e dai creditori intervenienti → di questi ultimi è necessaria anche se l’intervento è stato tardivo, solo se essi sono muniti di titolo esecutivo. Tuttavia, se la rinuncia avviene dopo la vendita, occorre che sia effettuata da tutti i creditori concorrenti anche non muniti di titolo. Secondo la Cassazione, la rinuncia non basterebbe per determinare l’estinzione del processo fino a quando non fosse dichiarata dal giudice; ciò che, peraltro, implicherebbe l’inclusione della dichiarazione nella fattispecie estintiva, in contrasto col disposto dell’alt. 629, 1° comma. Sono applicabili per le modalità la norma art. 306, che disciplina la rinuncia nel processo di cognizione. b) [630, 631, 631bis] per inattività delle parti, che si verifica o per il difetto di atti d’impulso (prosecuzione o riassunzione) nel termine perentorio stabilito dalla legge o dal giudice, oppure per mancata comparizione all’udienza, secondo il meccanismo che l’art. 631 configura in modo analogo a quello col quale opera l’art. 309 nel processo di cognizione o, infine, per omessa pubblicità sul portale delle vendite pubbliche, per causa imputabile al creditore procedente o al creditore intervenuto munito di titolo esecutivo; [630, 2°] L’estinzione può essere dichiarata anche d’ufficio: «L’estinzione opera di diritto ed è dichiarata, anche d’ufficio, con ordinanza del giudice dell’esecuzione, non oltre la prima udienza successiva al verificarsi della stessa. L’ordinanza è comunicata a cura del cancelliere, se è pronunciata fuori dall’udienza». • Il giudice dell’esecuzione può e deve prendere atto del sopravvenire di ciascuna delle diverse evenienze, che rendono evidente l’inutilità della prosecuzione del procedimento, del tutto indipendentemente da eccezioni delle parti. • Ciò ovviamente non impedisce alla parte interessata di eccepire la sopravvenuta estinzione o ragione di estinzione, purché lo faccia entro quel termine che la norma impone anche al giudice per il suo rilievo d’ufficio, ossia non oltre la prima udienza successiva all’estinzione avvenuta di diritto. La quale prima udienza successiva (eventualmente non prevista) potrebbe anche essere fissata proprio a questo scopo, dal giudice dell’esecuzione su istanza della parte interessata. Va, infine, rilevato che il venir meno dei presupposti del processo esecutivo (come, in particolare, l’efficacia del titolo) non potrebbe essere oggetto che di un provvedimento di cognizione. [630, 3°] Impugnazione dell’ordinanza che dichiara l’estinzione o rigetta l’eccezione di estinzione, si specifica che i soggetti legittimati al reclamo sono il debitore, il creditore pignorante e gli altri creditori intervenuti, mentre il termine perentorio è di 20 gg dall’udienza o dalla comunicazione dell’ordinanza, precisando che il reclamo è rivolto al collegio, che provvede in camera di consiglio con sentenza appellabile ai sensi dell’art. 130 disp. att. Per tale impugnazione sono, dunque, contemplate le stesse modalità (reclamo al collegio) previste nei confronti del corrispondente provvedimento nel giudizio di cognizione; il controllo di cui trattasi ha, palesemente, natura di cognizione. Diverso, invece, sembra debba essere il regime di impugnazione del provvedimento di estinzione parziale e dei provvedimenti conseguenziali all’estinzione, ai quali si applicherà il rimedio generale dell’opposizione agli atti esecutivi, di cui all'art. 617. L’estinzione arresta, come si è visto, la serie degli atti processuali rendendoli del tutto inoperanti se ed in quanto non abbiano già dato luogo a situazioni sostanziali nuove. Perciò: • Se l’estinzione si verifica prima dell’aggiudicazione o dell’assegnazione, tutti gli atti compiuti in precedenza divengono inefficaci e il processo esecutivo non produce alcuna conseguenza; • Se invece avviene dopo l’aggiudicazione o l’assegnazione, le conseguenze di questi atti sono ormai intangibili → la somma ricavata - che, come si è visto appartiene ancora al debitore - va restituita a quest’ultimo; Se, quando si verifica l’estinzione, pendono opposizioni, occorre distinguere a seconda che si tratti di contestazioni sul «come» o di contestazioni sul «se» dell’esecuzione: a) Nel primo caso, il giudizio di opposizione si svuota della materia del contendere; b) non così nel secondo caso, poiché il giudizio in corso investe - con possibilità di autonomo giudizio - i rapporti tra creditore, debitore ed eventualmente un terzo; [632] Anche nel processo esecutivo, le spese del processo estinto restano a carico delle parti che le hanno anticipate. Va, infine, tenuto presente che nel processo esecutivo non opera l’interruzione. PARTE SECONDA – I PROCEDIMENTI CAUTELARI E IN CAMERA DI CONSIGLIO VII. I PROCEDIMENTI CAUTELARI 41 Altri procedimenti speciali sommari Richiamato quanto esposto all’inizio del volume terzo (§1) circa il criterio di ripartizione tra i procedimenti genericamente speciali (ripartizione che ha lasciato al terzo volume i procedimenti speciali di cognizione), basta qui ricordare che la seconda parte di questo quarto volume è dedicata agli altri procedimenti spedali presenti nel c.p.c., e cioè quelli non cognitori (cautelari e possessori), nonché (in ossequio alla discutibile collocazione nel codice preferita dalla L. 18 giugno 2009 n. 69) il nuovo procedimento sommario di cognizione ed infine i procedimenti in camera di consiglio. 42 Generalità sui procedimenti cautelari. Cenni sui provvedimenti anticipatori, cautelari a strumentalità debole e sommari con funzione esclusivamente esecutiva La «specialità» dei procedimenti cautelari consiste in una divergenza (dall’ordinario giudizio di cognizione), che investe addirittura il tipo di attività giurisdizionale da essi svolta, l’attività cautelare, nonché l’azione che con essi si esercita, ossia l’azione cautelare. • La funzione non è autonoma, ma strumentale rispetto alla cognizione o all’esecuzione. • Difettano i caratteri strutturali specifici → in un primo momento paragonabili alla cognizione, in un secondo alla esecuzione. • Nella fase dell’autorizzazione del provvedimento sussistono più precisamente i caratteri della cognizione sommaria → ha indotto il legislatore a disciplinare questi procedimenti accanto ai procedimenti di cognizione speciali perché sommari; • La sommarietà – o cognizione sommaria –, se, da un lato, è caratteristica sempre presente nei procedimenti cautelari, non è, dall’altro lato, esclusiva di questi ultimi, poiché appartiene anche ai procedimenti sommari non cautelari, disciplinati, in parte, nel titolo primo del libro quarto del codice di rito e in altre sedi legislative anche non codicistiche; Le caratteristiche proprie della sommarietà (accelerazione dell’iter nel rispetto del contraddittorio, non sempre operante fin dall’inizio del procedimento), qualificano la c.d. tutela giurisdizionale sommaria, contrapposta alla tutela a cognizione piena. Con riguardo alle caratteristiche dell'azione cautelare: • nella fase dell’autorizzazione della misura cautelare, l’azione cautelare è condizionata sia dalla sussistenza di un pericolo, al quale il ritardo può esporre il diritto (periculum in mora), e sia dalla probabile esistenza del diritto stesso (fumus boni juris); • nella fase dell’attuazione della misura cautelare, il provvedimento di autorizzazione assume un ruolo in qualche modo paragonabile a quello del titolo esecutivo nell’esecuzione forzata; Il capo terzo del titolo primo (del libro quarto del codice), ora in esame, si articola in cinque sezioni: 1. Procedimenti cautelari in generale; A) Fase di autorizzazione [art. 669bis] «la domanda si propone con ricorso depositato nella cancelleria del giudice competente» → il codice si limita a generalizzare l’impiego della forma del ricorso (già caratterizzante la forma della domanda per i singoli procedimenti cautelari). Il requisito del deposito in cancelleria induce ad escludere la possibilità della proposizione della domanda verbalmente all’udienza. Il ricorso deve contenere essenzialmente i requisiti generali di cui all’art. 125, tra cui la procura, oltre all’indicazione delle condizioni proprie dell’azione cautelare: • Fumus boni juris; • Periculum in mora; • Indicazione del provvedimento cautelare richiesto; • In caso di domanda cautelare ante causam, essa deve contenere anche gli elementi individuatori della proponenda azione per il merito; o Agli effetti del riscontro della tempestiva proposizione di quest’ultima (quando è necessaria), nonché dell’individuazione del giudice preventivamente adito per gli effetti di cui all’art. 39, della determinazione della competenza e del prodursi dell’effetto interruttivo della prescrizione [art. 2943 c.c.]; La proposizione della domanda cautelare non è subordinata – per espressa previsione dell’art. 5, 3° comma, D.Lgs. 28/2010 – al preventivo esperimento obbligatorio della procedura di mediazione, nelle materie indicate dal comma 1 bis dello stesso art. 5 (v. il § 62 del voi. Ili), né - per espressa previsione dell’art. 3,4° comma, l. 162/2014 al preventivo esperimento obbligatorio della procedura di negoziazione assistita, nelle materie individuate dal 1° comma dello stesso art. 3 (v.§ 65, vol. III). [669ter, quater, quinquies] Individuazione del giudice competente → competenza nei procedimenti cautelari in generale, distinguendo le due ipotesi della domanda proposta anteriormente alla introduzione della causa sul merito e della domanda proposta in corso di causa e ispirandosi al principio della maggior possibile coincidenza tra il giudice della cautela e il giudice del merito. • [669ter, 1°] Per il caso in cui non vi sia ancora la causa pendente → la domanda si propone al giudice competente; o [669ter, 2°] Se è il giudice di pace, la domanda si propone al tribunale nel cui circondario ha sede il giudice; o [669ter, 3°] Se il giudice italiano non è competente a conoscere il merito, la domanda si propone al giudice che sarebbe competente per materia o valore, del luogo in cui deve essere eseguito il provvedimento cautelare; o [669ter, 4°] A seguito della presentazione del ricorso, il cancelliere forma il fascicolo d’ufficio e lo presenta senza ritardo al presidente del tribunale per la designazione del magistrato al quale è affidata la trattazione del procedimento; • [669quater, 1°] Nel caso in cui vi sia già la causa pendente per il merito39 → il ricorso va proposto al giudice della stessa40 e più precisamente all’istruttore, se la causa pende innanzi al tribunale in composizione collegiale (anche se già rimessa in decisione) e, se l’istruttore non è stato ancora designato o il giudizio è sospeso o interrotto, come anche nel caso di cancellazione della causa dal ruolo, al presidente del tribunale, il quale provvede ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 669 ter, ossia 39 Causa pendente per il merito è soltanto quella che ha ad oggetto la pretesa che si intende tutelare e non altra pretesa ancorché contrapposta o connessa. È pendente anche la causa cancellata dal ruolo (Cass. 19 settembre 1985 n. 4702) o sospesa. 40 Qui la competenza è attribuita con riguardo alla pendenza in quanto tale e quindi anche se la causa pende davanti a giudice incompetente si limita a designare il magistrato (eventualmente sé medesimo), al quale è affidata la trattazione del procedimento. o [669quater, 3°] Se la causa pende innanzi al giudice di pace → istanza proposta al tribunale, nel cui circondario ha sede il giudice di pace. o Se è pendente il termine per proporre l’impugnazione → la domanda si propone al giudice che ha pronunciato la sentenza o [669quater, 5°] Per il caso di pendenza innanzi al giudice straniero, senza che il giudice italiano sia competente a conoscere del merito → giudice del luogo in cui dovrebbe essere eseguito il provvedimento cautelare; o Se il giudizio pende in grado di appello → la domanda va proposta al giudice dell’appello, sia questo il tribunale o la corte d’appello41; o Dubbi sussistono con riguardo all’ipotesi che la causa penda innazi alla Cassazione. Sembra però preferibile ammettere che la competenza sia del giudice a quo, in applicazione analogia dell’art. 669quater, 4° comma, anche quando la Cassazione decida nel merito ex art. 384, 2°. • [669 quinquies] Per l’ipotesi che il giudizio penda innanzi agli arbitri – anche non rituali – o che la controversia sia oggetto di convenzione arbitrale → la domanda si propone al giudice che sarebbe stato competente a conoscere del merito. [669sexies, 1°] Attività procedimentale → il codice non precisa le modalità con le quali avviene l’instaurazione del contraddittorio… «sentite le parti». Né disciplina il potere dell’altra parte di replicare al ricorso con un atto difensivo scritto. Al riguardo… • …da un lato, sembra corretto l’impiego del meccanismo della pronuncia di un decreto che fissa la comparizione delle parti, da notificarsi all’altra parte insieme col ricorso; • …dall’altro, non sussistono dubbi sulla legittimità della prassi del deposito, ad opera dell’altra parte, di una memoria difensiva direttamente all’udienza di comparizione; Nulla sembra impedire l’intervento del terzo – oltre che del litisconsorte necessario –, che si assume pregiudicato dal richiesto provvedimento cautelare, salvi i limiti, nel caso di intervento in sede di reclamo, di cui all’art. 344. • Urgenza, elemento normale, se non essenziale, della situazione che induce alla richiesta di misura cautelare → attività che conduce al provvedimento autorizzativo con caratteri della procedura sommaria propria di tutti i provvedimenti disciplinati nel titolo in esame. • Tale sommarietà si manifesta, in primo luogo, nel fatto che, per la prova del fumus boni juris e del periculum in mora, il giudice può fondarsi anche soltanto sui documenti prodotti dalla parte istante, o procedere ad atti di istruzione indispensabili senza alcuna particolare formalità, o può fondarsi su fonti di semipiena probatio (l’incompletezza sta, più che nella prova, nel suo oggetto), esclusa la semplice verosimiglianza delle asserzioni della parte; • [669sexies, 1°] «Il giudice, sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione indispensabili in relazione ai presupposti e ai fini del provvedimento richiesto e provvede con ordinanza all’accoglimento o al rigetto della domanda». • La sommarietà della cognizione con riferimento alla pienezza del contraddittorio42, si concreta nel fatto che il codice consente al giudice di provvedere inaudita altera parte: «Quando la convocazione della controparte potrebbe pregiudicare l’attuazione del provvedimento, il giudice provvede con 41 Il codice non prende in considerazione l'ipotesi che la causa penda innanzi alla corte d'appello 42 Il riferimento è alla distinzione chiovendiana tra sommarietà del procedimento e sommarietà della cognizione, secondo cui il procedimento inaudita altera parte di cui all’art. 669 sexies, 2° comma, e su cui subito nel testo, presenta caratteri profondamente diversi da quello di cui al 1° comma, sicché solo rispetto ad esso si potrebbe parlare di cognizione sommaria, come conseguenza della parzialità del contraddittorio decreto motivato, assunte, ove occorra, sommarie informazioni» → anche in questo caso il contraddittorio va instaurato al più presto possibile in udienza ravvicinata destinata al riesame in contraddittorio del provvedimento, quale che sia il suo contenuto, anche di rigetto → «in tal caso fissa, con lo stesso decreto, l’udienza di comparizione delle parti davanti a sé entro un termine non superiore a quindici giorni43, assegnando all’istante un termine perentorio non superiore a otto giorni per la notificazione del ricorso e del decreto. A tale udienza, il giudice, con ordinanza conferma, modifica o revoca i provvedimenti emanati con decreto», anche in maniera implicita. «Nel caso in cui la notificazione debba effettuarsi all’estero - aggiunge infine il 3° comma - i termini di cui al comma precedente sono triplicati». • Con riguardo al termine perentorio – discorso valvole per tutti i termini perentori nel processo cautelare – si è sostenuta l’applicabilità della rimessione in termini, di cui all’art. 153, 2° comma. 44 Il provvedimento di rigetto e quello di accoglimento. L’inefficacia, la revoca o la modifica, l’attuazione e il reclamo (In nota: Inammissibilità dei regolamenti di competenza e di giurisdizione – Richiamo agli altri provvedimenti a efficacia protratta diversa dal giudicato) FORMA DEL PROVVEDIMENTO CAUTELARE → di regola, ordinanza, mentre il decreto c’è nel solo caso del provvedimento inaudita altera parte, destinato a essere confermato, revocato o modificato dalla successiva ordinanza + [giurisprudenza] nelle ipotesi di rigetto immediato della domanda per motivi di rito ma non anche per motivi di merito. CONTENUTO: • [669septies] Provvedimento a contenuto negativo, pronunciato sempre con ordinanza: o [1°] Ipotesi della pronuncia di incompetenza: l’ordinanza di incompetenza non preclude la riproposizione della domanda, con conseguente esclusione del regolamento di competenza44. Tale riproposizione è possibile pure dopo l'ordinanza di rigetto in merito, ma in questo caso a condizione che si verifichino mutamenti nelle circostanze (ivi compreso lo jus superveniens o un successivo intervento della Corte costituzionale) o vengano dedotte nuove ragioni di fatto odi diritto, compresa l’utilizzazione di nuove prove. o Ipotesi della pronuncia di rigetto in merito: se l’ordinanza di incompetenza o di rigetto nel merito è pronunciata nel procedimento autonomo introdotto con la domanda prima dell’inizio della causa, il provvedimento negativo, che così chiude il procedimento cautelare, pronuncia definitivamente sulle spese di detto procedimento e sull’eventuale condanna per responsabilità aggravata ex art. 96. La condanna alle spese è immediatamente esecutiva e sottoponibile anch’essa al reclamo, ai sensi dell’art. 669 terdecies. • [art. 669octies] Provvedimento di accoglimento → per disciplinare, con riferimento alla sola ipotesi che la domanda cautelare ante causam, un meccanismo che - salva l’eccezione che vedremo tra poco (art. 669 octies, 6° comma) - fa dipendere il permanere dell’efficacia del provvedimento dall’introduzione del giudizio di merito, innanzi all’ufficio giudiziario che ha pronunciato il provvedimento cautelare, in un termine perentorio non superiore a sessanta giorni, da fissarsi con l’ordinanza di accoglimento e che, in mancanza di fissazione, è comunque di 60 giorni. Termine che 43 Termine ritenuto non perentorio dal TRIB. TRENTO 3 aprile 2006. Nel pronunciare il decreto ex art. 669 sexies, 2° comma, ove il giudice abbia omesso di fissare l’udienza per la conferma, la modifica o la revoca dello stesso, tale decreto viene ritenuto nullo e, in quanto tale, suscettibile di essere sottoposto a reclamo ex art. 669 terdecies (v. il § successivo), rimedio normalmente non esperibile avverso il decreto ex art. 669 sexies, 2° comma 44 INAMMISSIBILITÀ DEI REGOLAMENTI DI COMPETENZA E DI GIURISDIZIONE | Nella giurisprudenza della Cassazione, per l’inammissibilità del regolamento di competenza… Va, peraltro, segnalato che Cass. 12 giugno 1997 n. 5264 (in Giur. it., 1998,1, 13) ha configurato l’eccezionale ammissibilità del regolamento di competenza a istanza di parte, nella sola situazione propria del regolamento d’ufficio. Ma al riguardo sono condivisibili le perplessità dell'annotatore C. CONSOLO, che dimostra come una siffatta anomala figura è sostanzialmente resa inutile dalla possibilità del reclamo o comunque dall’inizio della causa di merito provvedimento cautelare è stato emesso anteriormente alla causa. Ma ciò solo se si siano verificati mutamenti nelle circostanze o se si allegano fatti anteriori di cui si è acquisita conoscenza successivamente al provvedimento cautelare (con l’onere per l’istante di provare il momento dell’avvenuta sua conoscenza). Questo potere sussiste anche nei confronti dei provvedimenti modificati o confermati o concessi in sede di reclamo ex art. 669terdecies. Il procedimento, nel silenzio della legge, sembra doversi modellare secondo l’interpretazione analogica dell’art. 669 sexies, senza escludere la possibilità della richiesta verbale all’udienza. E dubbio in giurisprudenza se il provvedimento di revoca o di modifica sia impugnabile col reclamo, come parrebbe preferibile. [669decies, 1°] «quando il giudizio di merito non sia iniziato o sia stato dichiarato estinto, la revoca e la modifica dell'ordinanza di accoglimento, esaurita l'eventuale fase del reclamo proposto ai sensi dell'art. 669- terdecies, possono essere richieste al giudice che ha provveduto sull'istanza cautelare se si verificano mutamenti nelle circostanze o se si allegano fatti anteriori di cui si è acquisita conoscenza successivamente al provvedimento cautelare. In tale caso l'istante deve fornire la prova del momento in cui ne è venuto a conoscenza». INFINE, sempre allo stesso giudice che ha pronunciato il provvedimento cautelare va proposta la revoca o la modifica, se la ausa di merito è devoluta alla giurisdizione di un giudice straniero o ad arbitri, ovvero se l’azione civile è stata esercitata o trasferita nel processo penale (art. 669 decies, 3° comma). B) FASE DI ATTUAZIONE DELLE MISURE CAUTELARI [669duodecies] Modalità di attuazione dei provvedimenti → salvo il disposto degli artt. 677 e ss. (ossia le norme che disciplinano autonomamente l’attuazione dei sequestri e che si sostituiscono a questa disciplina generale), i provvedimenti cautelari si attuano: a) quelli aventi ad oggetto somme di denaro nelle forme degli artt. 491 e ss (ossia le forme del pignoramento: v. retro, la sezione seconda del cap. 3°), in quanto compatibili; b) quelli aventi ad oggetto obblighi di consegna, rilascio, fare o non fare, «sotto il controllo del giudice che ha emanato il provvedimento cautelare, il quale ne determina anche le modalità di attuazione e, ove sorgano difficoltà o contestazioni, dà con ordinanza i provvedimenti opportuni, sentite le parti», mentre «ogni altra questione [comprese eventuali istanze di revoca o modifica] va proposta nel giudizio di merito». Viene, così, delineato un iter attuativo che, salvi i richiami espliciti, assume talora aspetti autonomi dalle forme dell’esecuzione forzata, pur nell’ambito di un tipo di tutela attuativa che implica il richiamo a quest’ultime. Naturalmente le modalità dell’attuazione non possono coinvolgere terzi salvo che si tratti di terzi investiti di funzioni nella veste di ausiliari del giudice. Il silenzio della norma sull’esperibilità delle opposizioni esecutive (v. retro,cap. 5°) in sede di attuazione dei provvedimenti cautelari va spiegato col rilievo che… • …per quanto concerne l’attuazione delle misure aventi ad oggetto obblighi di consegna, rilascio, fare o non fare, L’art. 669duodecies attribuisce ogni potere al giudice che ha concesso la misura cautelare; • …anche per quanto concerne l'attuazione delle misure aventi ad oggetto somme di denaro, lo spazio per eventuali opposizioni è da escludere (o da ammettere in maniera molto limitata), in considerazione sia dei poteri di controllo da parte del giudice che ha concesso la misura cautelare e del rinvio di «ogni altra questione» al giudizio di merito. All’attuazione delle misure cautelari può offrire la previsione di sanzione penale nei confronti di chi elude l’esecuzione di misure cautelari a difesa della proprietà, del possesso o del credito. C) FASE DI IMPUGNAZIONE (O DEL RECLAMO) [669terdecies] I provvedimenti in esame non sono impugnabili col regolamento di competenza poiché si tratta di provvedimenti destinati ad essere superati ed assorbiti dalla pronuncia sul merito, la cui fruttuosità sono destinati a tutelare. Ma poiché i tempi lunghi del giudizio sul merito protraggono in maniera abnorme l’efficacia di provvedimenti, che qualche volta creano situazioni difficilmente reversibili, il rigore dei principi deve cedere alla più impellente esigenza di consentire un più ponderato - e tuttavia immediato - riesame di questi provvedimenti. Perciò il legislatore nel 1990 ha introdotto l’istituto del reclamo contro i provvedimenti cautelari, configurandolo come un’impugnazione in senso ampio, ma con caratteristiche proprie → ciò in funzione di una nuova pronuncia nell’esercizio degli stessi poteri da parte di un giudice che è diverso da quello che ha pronunciato il primo provvedimento, perché opera in una composizione sempre collegiale, ancorché talora nell’ambito dello stesso ufficio giudiziario → “attribuzione alla nuova pronuncia della portata di sostituirsi alla prima”47. Naturalmente anche questa nuova pronuncia ha il carattere della provvisorietà, che ne implica, oltre che la revocabilità o la modificabilità e l’inammissibilità di altri mezzi di impugnazione, la naturale caducazione per effetto della pronuncia negativa sul merito (ai sensi dell’art. 669 novies, 3° comma). Il procedimento per il reclamo è strutturato dal legislatore sulla falsariga dei procedimenti in camera di consiglio: ➢ [669terdecies, 1°] Provvedimenti impugnabili → tutte le ordinanze con le quali sia stato concesso o negato il provvedimento cautelare48. ➢ Detto reclamo va proposto con ricorso nel termine perentorio di quindici giorni dalla pronuncia in udienza ovvero dalla comunicazione o dalla notificazione se anteriore; o Difetto di notificazione/comunicazione → applicazione dell’art. 327 col suo riferimento al termine semestrale, sebbene non possa non obiettarsi che tale reclamo non è ricompreso fra le impugnazioni vere e proprie di cui all’art. 323. ➢ [2°] Giudice competente per il reclamo contro i provvedimenti del giudice singolo del tribunale è lo stesso tribunale in composizione collegiale, «del quale non può far parte il giudice che ha emanato il provvedimento reclamato». «Quando il provvedimento cautelare è stato emesso dalla corte d'appello caso in cui abbia pronunciato il provvedimento cautelare in pendenza del giudizio d’appello] - prosegue la norma in esame, che così conferma che la mancata previsione di quest’ipotesi nell’art. 669 quater non è stata voluta - il reclamo si propone ad altra sezione della corte o, in mancanza, alla corte d’appello più vicina». Il procedimento sul reclamo è disciplinato dagli artt. 737 e 738, dai quali si desume che il tribunale può assumere informazioni, ma senza che ciò implichi attribuzione di ulteriori poteri inquisitori, e che il presidente nomina trai componenti del collegio un relatore che riferisce in camera di consiglio. 47 La natura impugnatoria di questo reclamo emerge dalla struttura del subprocedimento che introduce, imperniato su una domanda di riesame davanti ad un giudice che, ancorché appartenente allo stesso ufficio giudiziario, è diverso da quello che ha pronunciato il provvedimento. Ciò emerge, tra l’altro, dall’art. 669 terdecies, 2° comma, che, come stiamo per vedere nel testo, esclude che del collegio possa far parte il suddetto giudice a quo. È, d’altra parte, certo, che si tratti di impugnazione diversa da quelle elencate nell’art. 323 e che riguardano le sentenze, secondo una funzionalità imperniata sull’idoneità al giudicato; qui c’è invece soltanto una certa stabilità processuale. Ne consegue, da un lato, una portata devolutiva più ampia di quella che emerge dall’art. 346, e, dall’altro lato, la portata sostitutiva del provvedimento del giudice ad quem. 48 Nella sua formulazione originaria la norma escludeva l’impugnabilità col reclamo del provvedimento di rigetto. Ma era stato subito delineato un dubbio di costituzionalità che la Corte costituzionale ha riconosciuto fondato con la sent. 23 giugno 1994 n. 253. ugno 1994 n. 253 (in Foro it., 1994,1, 2005 e in Giur. it., 1994,1, 409, con nota di C. CONSOLO). Successivamente, C. Cosi. 26 maggio 1995 n. 197 (in Giur. it., 1995,1, 369, con nota di C. CONSOLO) ha precisato che la reclamabilità riguarda ogni provvedimento di diniego, per ogni ragione, compresa l’incompetenza. [669terdecies, 4°] Impone di dedurre in sede di reclamo circostanze o motivi sopravvenuti, con la relativa possibile istruzione → «le circostanze e i motivi sopravvenuti al momento della proposizione del reclamo debbono essere proposti, nel rispetto del principio del contraddittorio, nel relativo procedimento. Il tribunale può sempre assumere informazioni e acquisire nuovi documenti». [669terdecies, 5°] «Il collegio convocate le parti, pronuncia, non oltre venti giorni dal deposito del ricorso, ordinanza non impugnabile con la quale conferma, modifica o revoca il provvedimento cautelare», nonché concede la misura cautelare qualora ne sussistano i presupposti → provvedimenti a carattere sostitutivo, non propriamente impugnatorio, che implica il riesame della domanda cautelare nel suo complesso e non del solo provvedimento, esclusa ogni possibilità di remissione al primo giudice, come espressamente disposto dal 4° comma dell’art. 669terdecies. A chi spettano i poteri di attuazione del provvedimento? Tali poteri spettano al giudice del reclamo, sia per la natura sostitutiva del reclamo che per l’ossequio al dettato dell’art. 669 duodecies. [669terdecies, 6°] «Il reclamo non sospende l’esecuzione del provvedimento, tuttavia, il presidente del tribunale o della Corte investito del reclamo, quando per motivi sopravvenuti, il provvedimento arrechi grave danno, può disporre, con ordinanza non impugnabile, la sospensione dell’esecuzione o subordinarla alla prestazione di congrua cauzione». Il provvedimento sul reclamo che abbia pronunciato il provvedimento cautelare può essere revocato o modificato nei termini dell’art. 669decies (sebbene non impugnabile, neppure ex art. 111 Cost.). SEZ. II – I SEQUESTRI 45 Sequestro giudiziario, conservativo e liberatorio; distinzione in relazione alla loro funzione (In nota: Il sequestro convenzionale) Il costituisce il provvedimento cautelare più caratteristico e di più frequente utilizzazione. La disciplina codicistica si limita solo alla configurazione dei diversi tipi di sequestro (artt. 670, 671, 687), alla regolamentazione del termine di efficacia (art. 675), della custodia nel caso di sequestro giudiziario (art. 676), dell’intera fase di attuazione (artt. 677, 678 e 679), della vendita di cose deteriorabili (art. 685) e della conversione del sequestro conservativo in pignoramento (art. 686). Essa è dettata congiuntamente ai due tipi di sequestro a cui il codice si riferisce: • SEQUESTRO GIUDIZIARIO • SEQUESTRO CONSERVATIVO La distinzione si fonda su elementi funzionali ed elementi strutturali: • …strutturalmente, il sequestro giudiziario si contrappone al sequestro conservativo poiché il primo si porta ad attuazione con forme assimilabili a quelle dell’esecuzione in forma specifica e l’altro con forme assimilabili a quelle dell’espropriazione forzata; • …funzionalmente, il sequestro giudiziario i presenta in due figure distinte (in relazione al suo diverso possibile oggetto) che assolvono a funzioni nettamente diverse; il sequestro conservativo fa affiancato alle due figure di sequestro giudiziario e alla “quarta figura”, il c.d. sequestro conservativo: o [art. 670, n.1] Sequestro giudiziario di beni in funzione della fruttuosità dell’eventuale esecuzione diretta (c.d. SEQUESTRO DI BENI) → «Il giudice può autorizzare il sequestro giudiziario di […] beni mobili o immobili, aziende o altre universalità di beni». Qui il sequestro può essere concesso quando: ▪ del bene di cui trattasi è controversa la proprietà o il possesso; Il codice, nel richiamare per l’attuazione del sequestro le forme dell’esecuzione forzata, sembra escludere il sequestro chiesto dal debitore su quanto da lui dovuto (perché contesta il debito o vanta altro credito) o c.d. sequestro presso sé stesso, sulla cui ammissibilità vengono d’altra parte sollevate talune serie obiezioni di principio. Ricordato che l'attuazione va iniziata nel termine perentorio di cui all’art. 675 e ricordato che dalla pronuncia (o dalla comunicazione) del sequestro inizia a decorrere il termine perentorio che l’art. 669 novies prevede, a pena di inefficacia, per l’inizio del giudizio di merito, e che nella pendenza del giudizio di merito il provvedimento di sequestro può essere revocato o modificato, secondo il disposto dell’art. 669 decies, va, infine, tenuto presente che, per l’art. 684. la revoca del sequestro conservativo è possibile anche quando il debitore offre idonea cauzione, mentre non è possibile la sospensione c) …Per il sequestro giudiziario: l’art. 676 stabilisce che, nel disporre detto sequestro, il giudice nomina il custode 51 eventualmente nella persona di quello dei contendenti che offre maggior garanzia, stabilisce i criteri e i limiti dell’amministrazione delle cose sequestrate e le particolari cautele idonee a rendere più sicura la custodia e a impedire la divulgazione dei segreti. Tra queste cautele si è ipotizzato l’ordine di trascrizione del sequestro giudiziario ante causant. La funzione di controllo circa la sussistenza dei requisiti dell’azione cautelare e del suo esercizio è affidata alla possibilità di revoca o modifica ex art. 669 decies, ai poteri di controllo ex art. 669duodecies, all’impugnabilità ai termini dell’art. 669terdecies, alle attribuzioni al giudice di merito di cui all’ultima proposizione dell’art. 669duodecies. La tutela del terzo: • Pregiudicato dalla misura cautelare in sé → intervento del terzo nel procedimento cautealre, esclusa la sua legittimazione al reclamo; • Pregiudicato dalla modalità della sua attuazione → inefficacia che può essere fatta valere con le modalità dell’art. 669novies. EFFETTI PROPRI DEL SEQUESTRO Il provvedimento autorizzativo non produce alcun effetto all’infuori di quello d’introdurre l’attuazione del sequestro… Il primo e più tipico effetto del sequestro si verifica immediatamente dopo tale attuazione e consiste nell’idoneità a conservare la situazione in atto in funzione della fruttuosità del processo di merito , che è propria della misura cautelare. • …per il sequestro conservativo: effetto espressamente previsto da una norma contenuta nel codice civile → art. 2906 c.c., che sancisce l’inefficacia relativa (ossia rispetto al creditore sequestrante) degli atti di alienazione e comunque di disposizione delle cose sequestrate. Si tratta di una inefficacia del medesimo tipo di quella prevista per il pignoramento dall’art. 2913 c.c. e che la legge “anticipa” al momento del sequestro. L’efficacia della misura va, pertanto, ricondotta direttamente alle norme che concernono la custodia della cosa sequestrata, nonché alle norme che sanzionano penalmente l’eventuale violazione di tali disposizioni ed in generale la sottrazione o il danneggiamento delle cose sottoposte a sequestro o a pignoramento (art. 334 c.p.). Il completamento della funzione cautelare si realizza invece attraverso la confluenza del sequestro nell’espropriazione, in funzione della quale la misura cautelare era stata concessa ed attuata. [686, 1°] «Il sequestro conservativo si converte in pignoramento al momento in cui il creditore sequestrante ottiene sentenza di condanna esecutiva» (anche se non è passata in giudicato, purché esecutiva) 51 Che è, tra l’altro legittimato ad esercitare le azioni finalizzate alla tutela della funzione propria del sequestro [156 disp. Att.] «Il sequestrante che ha ottenuto la sentenza di condanna prevista dall’art. 498 deve depositarne copia nel termine perentorio di sessanta giorni dalla comunicazione, nella cancelleria del giudice competente per l’esecuzione» → secondo l’opinione prevalente, la conversione si verifica autonomamente, mentre l’onere del sequestrante di effettuare il suddetto deposito nella cancelleria del giudice competente per l’esecuzione investe la procedibilità del (già avviato) processo di espropriazione, nel senso che, se non avviene nel termine, il pignoramento diviene inefficace e il processo è destinato ad estinguersi. Si discute poi se la conversione si verifica ex tunc con effetto retroattivo alla data del sequestro o – come sembra preferibile – con effetto ex nunc. [686, 2°] «se i beni sequestrati sono stati oggetto di esecuzione da parte di altri creditori, il sequestrante partecipa con essi alla distribuzione della somma ricavata». • …per il sequestro giudiziario: completamento della funzione cautelare si verifica e si esaurisce automaticamente con la chiusura del processo di cognizione: o Nel caso di sequestro di libri, documenti o altre prove di cui all’art. 670 n.2, ciò è ovvio dal momento che la misura cautelare è in funzione della cognizione. o Nel caso di sequestro di cose determinate, l’esaurimento della funzione cautelare è ugualmente ovvio perché il riconoscimento del diritto del sequestrante sulle cose sequestrate attribuisce al titolare sequestrante un titolo di possesso (o detenzione) autonomo, che si sovrappone sostituendolo a quello dato dal sequestro. La conversione del sequestro in pignoramento produce anche l’effetto che i vizi del sequestro possono essere fatti valere (se non è intervenuta decadenza) con l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617, mentre le contestazioni sulla conversione si configurano come opposizioni all’esecuzione ex art. 615. SEZ. III – LE DENUNCE DI NUOVA OPERA E DI DANNO TEMUTO. I PROCEDIMENTI POSSESSORI 47 Le denunce di nuova opera e di danno temuto. I procedimenti possessori (In nota: il c.d. spoglio a mezzo di ufficiale giudiziario – L’eccezione “feci sed jure fecit”) Alle denunce di nuova opera e di danno temuto è dedicata la sezione terza del capo terzo del titolo primo del libro IV del codice, mentre ai procedimenti possessori è dedicato l’autonomo capo quarto del medesimo titolo primo. Anche in questo caso, per molti aspetti la loro disciplina si rinviene nelle già esaminate (§§ 43, 44) disposizioni generali sui procedimenti cautelari, rispetto alle quali le norme residue costituiscono una sorta di disciplina integrativa. L’applicabilità delle disposizioni generali risulta, per il procedimento sulle denunce, dall’art. 669 quaterdecies, mentre per i procedimenti possessori il relativo richiamo (accompagnato dalla riserva di compatibilità) è contenuto, come vedremo, nel 2° comma dell’art. 703. • Le denunce hanno una funzione sicuramente cautelare, che si coordina con quella del relativo giudizio di merito, per la cui fruttuosità questi procedimenti si svolgono; • I procedimenti possessori hanno un loro oggetto sostanziale autonomo e non rivestono alcuna funzione cautelare. L’oggetto sostanziale del procedimento sulle denunce è costituito da quelle situazioni, che il codice civile configura sotto le due tradizionali denominazioni di denuncia di nuova opera (art. 1171) e denuncia di danno temuto (art. 1172) → legislatore sostanziale vuol tutelare è quello di prevenire o arrestare il danno in itinere, danno che, se pervenisse a determinarsi, sarebbe antigiuridico, come lo è quello causato dal fatto illecito, e che, attesa questa antigiuridicità, l’ordinamento tutela in via preventiva ed anticipata. Le azioni in discorso sono, come si è detto, cautelari, perché strumentali rispetto alla fruttuosità della domanda “sul merito”, che non cerne più il pericolo del danno, ma il danno già prodotto e/o l’antigiuridicità della situazione che l’ha determinato o ne ha determinato il pericolo. La domanda di «denuncia» può essere proposta dal proprietario o dal titolare di altro diritto reale di godimento o dal possessore contro chi ha assunto l’iniziativa temuta: • sia prima del giudizio di merito → la domanda si propone con ricorso al giudice competente a norma dell’art. 21 (art. 688,1" comma), ossia al tribunale del luogo dove è avvenuto il fatto denunciato; • sia in pendenza del giudizio stesso → si applicano le disposizioni dettate per i procedimenti cautelari in generale in caso di pendenza del giudizio di merito (art. 688, 2° comma, che richiama l’art. 669 quater). Per quanto concerne il successivo svolgimento del procedimento sul merito, non c'è qui che da richiamare la disciplina contenuta nei già esaminati articoli da 669 bis a 669 terdecies ed in particolare nell’art. 669 octies, 6° comma, a tenore del quale la mancata instaurazione del giudizio di merito, dopo la pronuncia del provvedimento cautelare in questione, o la sua successiva estinzione non incidono sull'efficacia del provvedimento. Per il disposto dell’art. 691, nel caso di contravvenzione al divieto di compiere l’atto dannoso o di mutare lo stato di fatto, il giudice che ha pronunciato l’inibitoria, su ricorso della parte interessata, può disporre che le cose siano rimesse al pristino stato a spese del contravventore. I PROVVEDIMENTI POSSESSORI i quali sono disciplinati con tre soli articoli integrativi anche mediante il reclamo alla disciplina dei procedimenti cautelari in generale «in quanto compatibili». • Anche in questo caso il codice di rito si riferisce all’oggetto sostanziale dei procedimenti attraverso un semplice richiamo alle «domande di reintegrazione e di manutenzione nel possesso», così come tradizionalmente denominate e configurate dall’art. 116852-1170. • L’oggetto sostanziale, a differenza che per le denunce, è la situazione di fatto, o meglio, il potere sulle cose che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale, ha una piena autonomia rispetto alla situazione di diritto petitorio (proprietà o altro diritto reale); [703, 1°] «…le domande di reintegrazione e di manutenzione si propongono con ricorso al giudice competente a norma dell'art. 21 c.p.c. (ossia del luogo ove è avvenuto il fatto lesivo del possesso)». [703, 2°] «Il giudice provvede ai sensi degli arti. 669 bis e seguenti, in quanto compatibili», ossia compie un rinvio alla disciplina generale dei procedimenti cautelari nei limiti della sua compatibilità con la tutela possessoria. Subito dopo la riforma del 1990 sorse il problema del se e del come trovasse applicazione nel giudizio possessorio anche l’art. 669 octies, che prevede l’introduzione del giudizio di merito, dopo la pronuncia del provvedimento cautelare di accoglimento. Il problema sorse in considerazione del tatto che, per quanto osservato poc’anzi, dopo la pronuncia del provvedimento sommario possessorio, il «giudizio di merito» qui ha lo stesso oggetto della fase sommaria (20). Ma le sezioni unite della Cassazione, opportunamente intervenute nel 199R sulla questione con una approfondita sentenza ampiamente motivata sia sul piano sostanziale che su quello processuale, chiarirono la necessità che il procedimento possessorio proseguisse anche con il giudizio di merito, come previsto dall'art. 669 octies. [703, 4-5] Reclamabilità dell'ordinanza che accoglie o respinge la domanda possessoria e, dall’altro lato, la facoltatività («re richiesta da una delle parti») della fissazione dell'udienza perla prosecuzione del giudizio di merito (e quindi della seconda fase a cognizione piena sul c.d. «merito possessorio»); ciò «nel termine perentorio di sessanta giorni decorrente dalla comunicazione del provvedimento che ha deciso sul reclamo, 52 L’art. 1168 c.c. configura l’azione di reintegrazione a favore di chi è stato violentemente od occultamente spogliato del possesso (anche se illegittimo o abusivo, purché abbia i caratteri esteriori di un diritto reale). L'azione va proposta [col deposito del ricorso entro un anno che decorre dal sofferto spoglio (in caso di contestazione della tempestività. l’onere della prova spetta all’attore o, in caso di spoglio clandestino, dal giorno della scoperta dello spoglio o dal momento in cui chi l’ha sofferto sia in grado di conoscere, usando l’ordinaria diligenza, l’identità del soggetto autore dello spoglio nei confronti dell’autore dello spoglio o di colui che ha acquistato da quest’ultimo a titolo particolare con b conoscenza dell'avvenuto spoglio (art. 1169 c.c.). [698, 3°] I processi verbali delle prove assunte in via preventiva, non possano essere prodotti, neppure in copia, nel giudizio, se non se e quando nel corso del giudizio stesso sia intervenuto un provvedimento che ne dichiara l’ammissibilità. I mezzi di prova rispetto ai quali il codice contempla l’assunzione preventiva sono: • [692] Assunzione di testimoni (c.d. a futura memoria): «chi ha fondato timore che stiano per mancare uno o più testimoni le cui deposizioni possono essere necessarie in una causa da proporre, può chiedere che ne sia ordinata l’audizione a futura memoria». • [696] Accertamento tecnico e Ispezione giudiziale: «chi ha urgenza di far verificare prima del giudizio, lo stato di luoghi o la qualità o la condizione di cose può chiedere che sia disposto un accertamento tecnico o un'ispezione giudiziale» → «l’accertamento tecnico e l’ispezione giudiziale, se ne ricorre l’esigenza, possono essere disposti anche sulla persona dell’istante e, se questa vi consente, sulla persona nei cui confronti l’istanza è proposta». o [2°] «l’accertamento tecnico di cui al 1° comma può comprendere anche valutazioni in ordine alle cause e ai danni relativi all’oggetto della verifica» • [696bis] Possibilità di utilizzare lo stesso strumento anche al di fuori dei presupposti per ottenere la tutela cautelare, «ai fini della conciliazione della lite, quando questa abbia ad oggetto crediti derivanti da responsabilità contrattuale o extracontrattuale». «L'espletamento di una consulenza tecnica in via preventiva può essere richiesto anche al di fuori delle condizioni di cui al 1° comma dell'art. 69654, ai fini dell'accertamento e della relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali oda fatto illecito». Avanzato il ricorso, «il giudice procede a norma del 3° comma del medesimo art. 696. Il consulente, prima di provvedere al deposito della relazione. tenta, ove possibile (e quindi non obbligatoriamente), la conciliazione delle parti». → FINE dell’istituto + fine deflattivo perché l’acquisizione di elementi probatori potrebbe evitare il giudizio stesso. o «Se le parti si sono conciliate - prosegue lo stesso art. 696 bis -, si forma processo verbale della conciliazione. Il giudice attribuisce con decreto efficacia di titolo esecutivo al processo verbale, ai fini dell’espropriazione e dell’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Il processo verbale è esente dall’imposta di registro. Se la conciliazione non riesce, ciascuna parte può chiedere che la relazione depositata dal consulente sia acquisita agli atti del successivo giudizio di merito»; o [ult. Comma] «si applicano gli artt. da 191 al 197, in quanto compatibili». Giova ricordare che per questo particolare procedimento non trova applicazione né il comma 1 bis dell’art. 5 D.Lgs. 28/2010 sull’obbligatorio esperimento preventivo della procedura di mediazione, né il 2° comma dello stesso art. 5 sulla mediazione delegata dal giudice, né l’art. 3 D.L. 132/2014 (conv. dalla L. 162/2014) sull’obbligatorio esperimento preventivo della procedura di negoziazione assistita. Modalità per la richiesta di assunzione preventiva delle prove, → artt. 693ss55. • [669] L’istanza può essere proposta, oltre che prima dell’instaurazione della causa, anche in corso di causa. In quest’ultimo caso provvede l’istruttore, o, se questo non è stato ancora nominato o se la causa è già stata rimessa al collegio, il presidente, se la causa sia di competenza del tribunale in 54 Ossia indipendentemente dal periculum in mora. Non è, pertanto, richiesta l’urgenza, ma solo l’interesse del richiedente. 55 Disciplina procedimentale autonoma aspetto a quella offerta dagli artt. 669 bis e ss. per i provvedimenti cautelari in generale. Sono applicabili l’art. 669septies (rigetto dell’istanza), 669terdecies (proponibilità del reclamo avverso il provvedimento di rigetto), 669quinquies (possibilità di ottenere l’accertamento tecnico preventivo in caso di convenzione arbitrale o pendenza del giudizio arbitrale). composizione collegiale, oppure il tribunale monocratico o il giudice di pace (che qui, a differenza di quanto accade per gli altri provvedimenti cautelari, mantiene la sua competenza), negli altri casi. • Domanda ante causam, provvede il giudice che sarebbe competente per la causa di merito. Solo in caso di eccezionale urgenza, l’istanza può anche proporsi al tribunale del luogo in cui la prova deve essere assunta. [669, 3°] L’istanza è proposta con ricorso, che «deve contenere l'indicazione dei motivi dell’urgenza e dei fatti sui quali debbono essere interrogati i testimoni e l’esposizione sommaria delle domande o eccezioni alle quali la prova è preordinata». [694] Il presidente del tribunale o il giudice di pace pronuncia decreto col quale fissa l’udienza di comparizione delle parti innanzi a sé e stabilisce un termine per la notificazione del decreto stesso. [693, 696] All’udienza provvede con ordinanza, designando il giudice che raccoglierà la prova oppure nominando il consulente tecnico. [696] L’art. 695 dichiarava «non impugnabile» l’ordinanza in questione ( Incostituzionale, nella parte in cui non consentiva l’esperibilità del reclamo ex art. 660terdecies avverso l’ordinanza di rigetto della domanda di istruzione preventiva). [697] In caso di eccezionale urgenza, il provvedimento può anche essere pronunciato immediatamente inaudita altera parte, salva l’eventuale designazione di un procuratore che intervenga all’assunzione della prova ed in ogni caso salvo l’onere di notificazione non oltre il giorno successivo. [669septies] Rigetto dell’istanza, con le già esaminate disposizioni. E dubbio se i vizi propri del procedimento possano essere fatti valere solo nel giudizio principale oppure nel procedimento stesso, avuto riguardo alla reclamabilità del provvedimento. Non è configurabile l’estinzione di questo procedimento per inattività delle parti. Infine, a differenza di quanto l’art. 669 octies dispone per il sequestro giudiziario di prove, la disciplina del procedimento in esame non contempla alcun termine acceleratorio per la proposizione del giudizio di merito. SEZ. V – I PROVVEDIMENTI D’URGENZA 49 Funzione e struttura dei provvedimenti d’urgenza Il codice del 1940 ha configurato nell’ultima sezione del capo dedicato ai procedimenti cautelari, un tipo particolare di procedimento che ha il carattere della sussidiarietà e la funzione (“di chiusura del sistema”) di venire incontro a quelle esigenze di cautela (ossia a quelle situazioni di periculum in mora), per le quali non sia specificamente previsto un procedimento cautelare tipico → provvedimenti d’urgenza. [700] Mentre è rimasta la disciplina delle «condizioni per la concessione», è stata invece eliminata quella parte della disciplina che riguardava gli aspetti propriamente procedimentali, in quanto sostituita dalla disciplina procedimentale generale ora contenuta negli artt. 669 bis e seguenti. A tal proposito va solo tenuto presente, in questa sede, il disposto del comma 6° dell’art. 669 octies, che esclude i provvedimenti d’urgenza dall’inefficacia che consegue alla mancata proposizione (o successiva estinzione) del giudizio di merito. La norma fondamentale è l’art. 700, che evidenza la strumentalità, la sussidiarietà e l’atipicità: • Strumentalità: «... chi ha fondato motivo di temere che durante il tempo occorrente per far valere il suo diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile, può chiedere con ricorso al giudice i provvedimenti d'urgenza», al fine di «assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito»; • Sussidiarietà e atipicità: o possibilità di richiedere l’adozione dei provvedimenti in questione sussiste solo «fuori dei casi regolati nelle precedenti sezioni di questo capo», ossia e più genericamente, quando non risultino utilizzabili altre misure cautelari; o specificazione che i provvedimenti d’urgenza concretamente richiedibili ed ottenibili sono quelli «che appaiono, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito»; Il giudice può pronunciare provvedimenti di contenuto non predeterminato dalla legge, col solo duplice limite che: • l'esigenza alla quale soccorrono non sia già conseguibile con altra misura cautelare tipica o «nominata»; • l provvedimento appaia idoneo ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito → la decisione sul merito costituisce il limite per il contenuto del provvedimento d’urgenza sotto il profilo sia oggettivo che soggettivo. Sono provvedimenti che, nell'assolvere alla loro funzione strumentale (e quindi cautelare) e sussidiaria, possono assumere un contenuto che, non essendo predeterminato, come si è visto, può essere sia anticiparono e sia anche meramente conservativo e può, comunque, essere il più vario. • col configurare questi provvedimenti il legislatore non ha affatto attribuito al giudice un generale potere cautelare esteso ai presupposti dei provvedimenti cautelari; • col configurare questi provvedimenti il legislatore non ha affatto attribuito al giudice un generale potere cautelare esteso ai presupposti dei provvedimenti cautelari; Limite generale → preordinazione del provvedimento d’urgenza ad assicurare l’effettività della tutela giurisdizionale dei diritti soggettivi → il provvedimento d’urgenza non può: • sotto il profilo soggettivo, coinvolgere terzi; • sotto il profilo oggettivo, aprire la via a forme di tutela alternativa di situazioni giuridiche diverse o addirittura inesistenti e solo auspicate; Ciò non impedisce che il provvedimento d’urgenza possa avere un contenuto non anticipatori©, ossia qualitativamente diverso da quello della futura decisione, sempre che rimanga nei limiti della domanda della parte istante e con funzione meramente conservativa. Ove il provvedimento avesse un contenuto inibitorio, sarebbe ammissibile solo nei limiti determinati dalla tipicità della forma di tutela inibitoria. N.b.: non sembra fondata l’opinione che contesta la tutelabilità col provvedimento d’urgenza delle c.d. situazioni strumentali, ossia dei diritti di credito, nonché dei diritti (potestativi) ad una modificazione giuridica o che presuppongano una modificazione giuridica. N.b.: non sembrano fondati i dubbi circa l’utilizzabilità dello strumento in discorso in funzione delle pronunce di mero accertamento, per il rilievo che, se è vero che la certezza, per se stessa, non può subire pregiudizio, ben può accadere che il pregiudizio imminente e irreparabile investa le pronunce conseguenziali all’eventuale accoglimento della domanda (restituzioni, condanne al non fare, ecc.), per neutralizzare il quale opportuno appare il ricorso ai provvedimenti d’urgenza Limiti di utilizzo della tutela d’urgenza → si tende a negare che possa essere impiegata in funzione della tutela dei diritti aventi ad oggetto beni fungibili (come, ad es. un credito per il pagamento di somme di denaro) o in funzione della fruttuosità dell’esecuzione del provvedimento definitivo o per assicurare gli effetti di una tutela giurisdizionale non in via ordinaria, come prevede lo stesso art. 700, o la tutela di una situazione giuridica, la cui configurabilità presuppone una pronuncia di incostituzionalità, o, peggio, per paralizzare o annullare gli effetti di un provvedimento giurisdizionale in considerazione di esigenze particolari e contingenti. Limite simili ai requisiti propri di ogni azione cautelare → Il fumus boni juris e il periculum in mora. • [700] il requisito che il diritto che si vuol far valere sta minacciato, durante il tempo occorrente per farlo valere in via ordinaria, da un pregiudizio imminente ed irreparabile. o imminenza attiene alla prossimità temporale del pencolo 52 Lo svolgimento della fase sommaria [702ter] Serie di possibili contenuti del provvedimento che chiude la prima udienza: • «5e ritiene di essere incompetente, lo dichiara con ordinanza» → impugnabile solo con regolamento di competenza secondo il disposto dell’art. 42 (se però non dovesse entrare nel merito per ragioni di rito diverse dalla competenza, la relativa ordinanza sarebbe impugnabile con l’appello); • «Se rileva che la domanda non rientra tra quelle indicate nell’articolo 702 bis, il giudice, con ordinanza non impugnabile, la dichiara inammissibile. Nello stesso modo provvede sulla domanda riconvenzionale» (ma anche, è da ritenere, sulle eventuali domande connesse alla domanda principale); • «Se ritiene che le difese svolte dalle parti richiedono un 'istruzione non sommaria, il giudice, con ordinanza non impugnabile, fissa l'udienza di cui all'art 183 In tal caso si applicano le disposizioni del libro II»; • «Quando la causa relativa alla domanda riconvenzionale richiede un'istruzione non sommaria, il giudice ne dispone la separazione» → sempre che detta domanda non abbia carattere pregiudiziale, nel qual caso tuto il giudizio dovrebbe svolgersi con la forma del rito ordinario; • Nell’ipotesi, invece, che il giudice ritenga di non procedere in uno dei modi indicati dai surriferiti primi quattro commi, ciò significa che la causa può essere trattata con le forme semplificate del procedimento sommario → «il giudice, sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione rilevanti in relazione all’oggetto del provvedimento richiesto e provvede con ordinanza all’accoglimento o al rigetto delle domande». L’omissione di ogni formalità non essenziale al contraddittorio e la facoltà concessa al giudice di procedere nel modo che ritenga più opportuno agli atti di istruzione caratterizzano questa prima fase con quelle provvisorie deroghe ai principi costituzionali del processo regolato dalla legge e dal principio del contraddittorio, che postulano la loro successiva possibilità di realizzazione nella seconda fase. La forma delle determinazioni del giudice è, in ogni caso, l'ordinanza, con la quale verrà chiusa la prima fase e, più precisamente, il primo grado del procedimento sommario: a) o per ragioni di rito (inclusa la questione di incompetenza del giudice adito); b) o per inammissibilità della trattazione della domanda principale secondo il procedimento sommario (ove, invece, rilevi l’inammissibilità della domanda riconvenzionale, il giudice si limiterà a dichiararla inammissibile, senza che ciò comporti la definizione del giudizio di primo grado); c) o per decisione nel merito; Per quanto riguarda, poi, la cognizione su cui si fonda la pronuncia di merito, l’art. 702 ter, 5° comma, richiama in qualche modo il modello processuale delineato dall’art. 669 sexies, 1° comma, per la pronuncia dei provvedimenti cautelari → il giudice, sentite le parti, provvede con ordinanza all’accoglimento o al rigetto della domanda, procedendo nel modo che ritenga più opportuno agli atti di istruzione ritenuti rilevanti. La valutazione di ammissibilità degli atti di istruzione differisce dall’art. 669sexies → è sufficiente che siano considerati «rilevanti» dal giudice. [702ter, 6°] l’ordinanza «è provvisoriamente esecutiva e costituisce titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale per la trascrizione». [702ter ult. comma] Riguarda solo l’ordinanza di accoglimento della domanda principale o di quella riconvenzionale. «Il giudice provvede in ogni caso sulle spese del procedimento ai sensi degli articoli 91 e seguenti» (e dunque, può anche fare applicazione dell’art. 96, 3° comma). Non sembra però che questa disposizione possa operare anche nei casi in cui venga disposta la continuazione del giudizio secondo il rito ordinario, perché in tal caso la decisione sulle spese dovrebbe essere rinviata alla pronuncia della sentenza. 53 L’appello avverso l’ordinanza e l’idoneità al giudicato dell’ordinanza non appellata La sommarietà delle forme esige che nella seconda fase siano ammissibili ed esercitabili tutte quelle facoltà che appartengono alla pienezza del diritto di difesa e che erano rimaste in qualche modo compresse nella prima fase. In questa seconda fase non devono essere presenti quei limiti che caratterizzano l’appello nel giudizio ordinario. L’appello avverso l’ordinanza sommaria è fatto oggetto di una disciplina speciale, quale è appunto l’art. 702quater. «L'ordinanza può essere appellata entro trenta giorni dalla sua comunicazione o notificazione». • L’assimilazione a questi effetti, della comunicazione alla notificazione implica che, a differenza dell’appello ordinario, per il decorso dei termini brevi per appellare sarà sufficiente la comunicazione dell’ordinanza da parte della cancelleria del giudice; • Ove dovesse mancare sia la comunicazione che la notificazione dell’ordinanza, deve farsi applicazione del termine lungo, sempre che l’ordinanza non sia stata pronunciata direttamente in udienza, perché in tal caso dalla pronuncia decorrerà il termine breve. L’appello si propone con citazione davanti alla Corte d’appello. L’appello proposto avverso l’ordinanza del procedimento sommario non è sottoposto al preventivo vaglio di ammissibilità circa la ragionevole probabilità di essere accolto nel merito. Avendo eliminato per l’appello ordinario la possibilità, in precedenza ammessa, di proporre nuovi mezzi di prova e produrre nuovi documenti dal giudice d’appello ritenuti «indispensabili ai fini della derisione della causa» (art. 345, 3° comma), lo stesso legislatore ha sentito l’esigenza di continuare a rimarcare le differenze fra questo e l’appello di cui all’art. 702 quater. • Il riferimento è a quei mezzi di prova o documenti, non proposti, anche se proponibili nel giudizio di primo grado (né disposti d’ufficio), ma che il giudice d’appello ritenga indispensabili ai fini della decisione», vale a dire necessari per poter riformare (o confermare) l’ordinanza appellata. • Oltre che i mezzi di prova e i documenti ritenuti «indispensabili» dal collegio, possono comunque essere proposti per la prima volta in appello anche i mezzi di prova e i documenti che la parte dimostra di non aver potuto proporre nel cono del procedimento di primo grado per causa ad essa non imputabile. • Regola speciale concernente i mezzi di prova costituisce l’unica deroga alla disciplina dell’appello ordinario, sicché sono anche qui operanti le limitazioni, emergenti dall’art. 345. concernenti l’inammissibilità delle domande nuove con le relative deroghe, nonché delle nuove eccezioni non rilevabili d’ufficio; • «Il presidente del collegio può delegare l’assunzione dei mezzi di prova ad uno dei membri del collegio»; • L’ordinanza «pronunciata ai sensi dell’art. 702 6° comma produce gli effetti di cui all’art. 2909 c.c., se non è appellata», ossia l’efficacia del giudicato sostanziale, che investe in primo luogo l’ordinanza non appellata, con la quale il giudice di primo grado abbia deciso nel merito (accogliendo o rigettando la domanda o le domande proposte), ma si produce anche per effetto dell’inammissibilità, improcedibilità o estinzione dell’appello. Il giudizio d’appello di cui trattasi si chiude con sentenza ricorribile in Cassazione, salva la possibile rimessione al giudice di primo grado nei casi indicati dagli artt. 353-354 c.p.c. Nulla impedisce l’assoggettabilità dell’ordinanza che conclude il giudizio di primo grado, una volta passata in giudicato, alla revocazione straordinaria e all’opposizione di terzo. VIII. I PROCEDIMENTI IN CAMERA DI CONSIGLIO 54 Giurisdizione volontaria e procedimenti in camera di consiglio Gli attributi di «specialità», che caratterizzano i procedimenti di giurisdizione volontaria, sono indubbiamente i più intensi ed evidenti. la giurisdizione volontaria è la meno giurisdizionale delle attività configurate dal codice di procedura civile. Si tratta di un’attività di tipo amministrativo, sia strutturalmente sia funzionalmente. • Sotto il profilo soggettivo, l’attività in discorso è svolta dagli organi giurisdizionali; • Sotto il profilo oggettivo, la materia sostanziale è data da situazioni giuridiche di diritto privato, integra (o rimuove) la fattispecie costitutiva, modificativa o estintiva di soggetti giuridici, di stati personali, di poteri, ecc, assimilabile a quella della giurisdizione costitutiva (necessaria), dalla quale, si distingue nettamente perché non accerta e non attua diritti o status e in relazione a ciò non dà luogo all’incontrovertibilità propria dell’attività di cognizione. Si tratta di amministrazione del diritto privato affidata a organi giurisdizionali. Per questo tipo di attività il legislatore non ha dettato una disciplina autonoma ed organica e neppure si è limitato a includere tra i procedimenti speciali a disciplina di alcuni procedimenti di questo tipo (individuati dal loro oggetto sostanziale). Il solo criterio orientatore sicuro sembra quello offerto dall’art. 742 il quale, con l’enunciare che, «i decreti possono essere in ogni tempo modificati o revocati...», si riferisce alla caratteristica strutturale dell’attività in discorso. Le disposizioni comuni di cui trattasi costituiscono un nucleo di disciplina applicabile a tutti i procedimenti che, indipendentemente dalla loro collocazione e in correlazione con un oggetto sostanziale che non incide su diritti o non li incide in situazioni di contrasto, da un lato, si svolgono davanti ad organi giurisdizionali ed operano in senso genericamente costitutivo, e, dall'altro lato, presentano le caratteristiche strutturali della revocabilità e della modificabilità o comunque della non idoneità a dar luogo alla cosa giudicata. Questo nucleo di disciplina si applica, interamente o nella misura risultante delle singole norme di richiamo, a procedimenti che di solito hanno a oggetto materie – anche non di famiglia o di stato delle persone – diverse dai diritti e dagli status o che, pur incidendo su diritti e status, non risolvono posizioni di contrasto né assolvono a esigenze di tutela, e che in relazione a ciò, possono tollerare, per la maggiore speditezza del procedimento, l'attenuazione delle garanzie del contraddittorio. 55 Le cosiddette disposizioni comuni ai procedimenti in camera di consiglio Norme dall’art. 737 al 74… Giudice competente è di regola il tribunale, al quale conduce l’espressione “in camera di consiglio”, tenendo presente che l’art. 50 bis, nei procedimenti in camera di consiglio il tribunale giudica “in composizione collegiale, ad eccezione dei procedimenti già di competenza del pretore” e per i quali l’art. 244, 2°, del D.lgs 51/1998, prevede la competenza del tribunale in composizione monocratica, ciò che vale anche per le funzioni del giudice tutelare, esclusi solo i procedimenti disciplinati direttamente dalle nuove disposizioni. • Rimane qualche margine per il giudice di pace in base alle indicazioni che emergono dalla disciplina specifica dei singoli procedimenti i quali talora attribuiscono la competenza anche al presidente del tribunale. • Ugualmente è da escludere la possibilità di individuare un criterio generale di competenza per territorio, peraltro configurata come inderogabile. [737] La domanda si propone con ricorso che viene inoltrato direttamente (ossia senza alcuna previa notificazione) al giudice, per il tramite della cancelleria. Si ritiene che non sussista di regola l’onere del patrocinio.
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