Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

L'età di Cesare, la fine della Repubblica e il principato di Augusto, Appunti di Storia

Le campagne di Pompeo L'ascesa di Cesare e la guerra gallica La guerra civile tra Cesare e Pompeo Cesare padrone incontrastato di Roma La fine della Repubblica Il principe "garante" delle istituzioni repubblicane e della pace L'organizzazione dell'impero La politica culturale e religiosa Approfondimenti

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 13/06/2022

salice06
salice06 🇮🇹

5

(1)

22 documenti

1 / 10

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica L'età di Cesare, la fine della Repubblica e il principato di Augusto e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! L’età di Cesare e la fine della repubblica Cesare: Gaio Giulio Cesare è militare, politico, oratore e scrittore, fu la figura più rilevante della storia di Roma. Per questo “Cesare” sarà un nome utilizzato per gli imperatori romani e in età moderna per i Kaiser e gli Zar. Legione: unità base dell’esercito, conta 5000 soldati ed è composta dalla fanteria, dalla cavalleria e dai reparti speciali. Idi di Marzo: le Idi equivalgono alla metà di ogni mese e quindi quelle di Marzo equivalgono al 15 Marzo, giornata in cui, nel 44 a.C., venne ucciso Cesare. Egli infatti venne assassinato in senato, un oracolo gli aveva già annunciato che quella sarebbe stata una giornata funesta (portatrice di morte). 1. Le campagne di Pompeo Ultimi sforzi del partito di Mario Nel 79 a.C. Silla si ritirò a vita privata (morirà l’anno successivo) e il senato che egli aveva portato da 300 a 600 senatori suoi sostenitori cercò di resistere ancora qualche tempo. Lo schieramento popolare iniziò a esercitare un’opposizione molto decisa. Molti fra i sostenitori di Mario per scampare dalle persecuzioni sillane si erano rifugiati nella Penisola Iberica che nell’80 a.C. era stata quasi interamente posta sotto il controllo di Quinto Sertorio. L’ascesa di Pompeo e la sconfitta di Sertorio Nel 76 a.C. il senato, per risolvere la situazione nella Penisola Iberica, inviò lì Gneo Pompeo come comandante supremo. Egli era di famiglia nobile, era stato un giovane soldato luogotenente (comandante di una legione) di Silla, inoltre gli era stato dato il soprannome di “Magno” in quanto si era distinto nella lotta contro Mario. Nel 72 a.C. riuscì a assoggettare tutta la Spagna dal momento che Sertorio venne ucciso a tradimento. Pompeo mise quindi in mostra le proprie doti militari e il proprio coraggio. Dopo la pacificazione della Spagna vi saranno però nuovi scontri causati dalla volontà dei singoli comandanti di emergere per imporsi nella politica. La guerra servile e il consolato di Pompeo e Crasso Il termine gladiatore deriva dal latino gladius che significa “spada corta”, essi erano schiavi o prigionieri di guerra costretti a combattere per dare spettacolo negli anfiteatri, nelle arene e quindi nei pubblici spettacoli. Frequentavano delle determinate scuole in cui venivano sottoposti ad allenamenti pesantissimi. La scuola più grande era quella di Cuma (vicino a Napoli) e furono proprio i gladiatori di questa scuola a dare inizio alla guerra servile (lt. “servs”=schiavi) nel 73 a.C. A capo della rivolta vi era Spartaco, un ex-prigioniero di guerra proveniente dalla Tracia (a Nord della Macedonia). Egli mise insieme un esercito di ben 70 000 uomini fra 70 dei suoi compagni e moltissimi schiavi fuggitivi. Il senato sconfisse quest’esercito nel 71 a.C., dopo 3 anni di combattimenti. La vendetta contro i gladiatori fu deterrente: essi vennero crocifissi nella strada che da Roma porta a Cuma, uno ogni 20 metri. La rivolta venne domata principalmente da 2 generali: Pompeo e Marco Licinio Crasso, un rappresentante molto ricco degli interessi dei cavalieri. I due si misero d’accordo proponendosi entrambi come membri del consolato, ma il senato si oppose in quanto Pompeo non aveva mai ricoperto nessuna magistratura e in quanto erano ancora vigenti le limitazioni alla carriera politica imposte da Silla. Per questo motivo i due si unirono ai popolari grazie ai quali riuscirono ad ottenere il consolato nel 70 a.C. Essi iniziarono fin da subito a distruggere l’opera di Silla consolidando l’appoggio dei popolari e danneggiando la politica esercitata dal senato. Essi infatti ridiedero autorità ai cavalieri nei tribunali sulla corruzione e riformarono, sempre negli interessi dei cavalieri, il sistema tributario delle province asiatiche. Ridiedero autorità anche ai tribuni della plebe e ai censori. Pompeo contro i pirati Dopo il consolato, Pompeo rimase a Roma come cittadino privato dal 69 al 67 a.C. Nel 67 a.C. gli venne conferito il comando della lotta contro i pirati, la terza campagna di Pompeo. I pirati avevano il loro covo nella Cilicia (terra situata a Nord di Cipro, di fronte all’isola), erano tantissimi, infestavano il Mar Mediterraneo e avevano assalito il porto di Ostia (il porto di Roma, situato alla foce del Tevere). Avevano quindi danneggiato il commercio marittimo romano e, saccheggiando i viveri provenienti dall’Oriente, avevano reso difficile ai romani il rifornimento di beni essenziali alla sopravvivenza. Pompeo in soli tre mesi riuscì a liberare il Mediterraneo dalle incursioni dei pirati, nonostante gli fosse stato riconosciuto un immenso potere per tre anni (imperium infinitum). La guerra contro Mitridate e il dominio di Roma sull’Asia Minore Nel 66 a.C. Pompeo ottenne il comando per una quarta campagna, la guerra contro Mitridate. Mitridate era il re del Ponto (terra che si affaccia sul Mar Nero, a Nord della Galazia), nell’88 a.C. era stato sconfitto da Silla che lo aveva costretto alla pace dopo che aveva riunito gli stati greci e asiatici dipendenti da Roma sotto una lega. Questa volta la guerra scoppiò perché Mitridate, nel 74 a.C., mentre Roma era impegnata nelle lotte nella Penisola Iberica e contro i pirati, si era impadronito della Bitinia (regione a ovest del Ponto che era stata lasciata ai romani dal re Nicomede III). Dopo un inizio incerto e non producente, il comando venne affidato a Pompeo che sconfisse definitivamente Mitridate nel 66 a. C. (in circa un anno). Mitridate si suicidò nel 63 a.C. per non cadere nelle mani dei romani. Pompeo, grazie alla sua vittoria, potè rinsaldare il dominio di Roma sull’Asia minore (o Anatolia) nella quale nacquero nuove province, vennero stipulati trattati e deposti sovrani. Importantissima economicamente fu la conquista della Siria in cui confluivano le grandi vie carovaniere che permettevano l’afflusso in Occidente di merci di grande valore. Pompeo tornò in Italia dopo 6 anni con tesori, potenza e gloria, facendo capire che chi avrebbe combattuto per lui si sarebbe arricchito. La corruzione e la congiura di Catilina Durante l’assenza di Pompeo la situazione a Roma non era affatto tranquilla: erano scoppiati tumulti, la corruzione era cresciuta, era cresciuto anche lo scontento in chi stava subendo le conseguenze delle proscrizioni sillane, i nobili provocavano disordini per riprendere a vivere nei piaceri e il popolo continuava a versare in condizioni misere. Marco Tullio Cicerone, il console in carica nel 63 a.C., sventò una congiura organizzata da Lucio Sergio Catilina contro lo Stato, ciò ci fa capire come ci furono anche persone ostili a Pompeo. Catilina era stato precluso dall’elezione del consolato per ben due volte e per questo aveva deciso di organizzare una congiura, complice di alcuni oppositori della Repubblica. Quando si scoprì il piano di Catilina, Cicerone fece 4 discorsi accusatori in senato, essi presero il nome di catilinarie. Catilina, mentre i congiurati venivano condannati a morte, scappò in Etruria (territorio abitato dagli Etruschi che comprendeva il Nord del Lazio e il Sud della Toscana). Nel 62 a.C. il senato lo trovò però a Pistoia (in Toscana) dove venne ucciso. Il ritorno di Pompeo e l’opposizione del Senato Nel 62 a.C. Pompeo sbarca a Brindisi (in Puglia) e chiede di poter entrare a Roma a capo del suo esercito. Questa richiesta ovviamente viene rifiutata: nessun generale poteva superare il pomerio con le armi, esso era il confine sacro che ormai confinava con le coste italiane. Prima di Pompeo, anche Silla aveva fatto la sua stessa richiesta che, nonostante fosse stata rifiutata, non aveva fermato il generale alla marcia sulla città. In quel momento si temeva quindi che Pompeo potesse fare la stessa mossa. Pompeo, invece, decide di smobilitare l’esercito per poi andare verso Roma con una folla di suoi ammiratori. Quando arriva a Roma ha un trionfo splendido (per trionfo si intendeva una cerimonia pubblica che il senato poteva concedere a un generale quando vinceva su un nemico straniero). Dopo di ché arriva però un’altra opposizione del senato nei confronti di Pompeo che aveva chiesto un secondo consolato e la distribuzione di terre ai suoi veterani. Il senato temeva di dargli fin troppa autorità e a questo punto, nel 60 a.C., Pompeo passa con il popolo e i cavalieri. Brindisi (in Puglia) e poi in Grecia dove allestì un esercito di 11 legioni per un totale di 55.000 uomini e una flotta di ben 600 unità. Nel frattempo Cesare cercò di convincere i senatori rimasti ad allearsi a lui e fece costruire una flotta. Nel 49 a.C. attaccò i pompeiani in Spagna e in Grecia dove vinse a Farsàlo nel 48 a.C. Pompeo cercò rifugio in Egitto dove venne ucciso dal faraone Tolomeo XIII. Tolomeo stava cercando la fiducia di Cesare che non trovò, infatti Cesare gli tolse il trono per darlo a sua sorella Cleopatra nel 47 a.C. La sconfitta dei pompeiani Dal momento che un po’ di pompeiani avevano trovato rifugio in Numidia (Nord Africa, parte dell’Algeria) Cesare decise di affrontarli e riuscì a sconfiggerli a Tapso (sulla costa africana orientale, nel sito dell'attuale Ras Dimas). Dopo questa vittoria Cesare, unendo la Numidia alla provincia d’Africa, dette origine alla Nuova Africa. Poi si recò nella Penisola Iberica per sconfiggere gli ultimi pompeiani a Munda (in Spagna) e da quel momento Cesare divenne l’unico vero e proprio padrone di Roma. L’esercito pilastro della potenza di Roma Il punto di forza dell’esercito era la legione, l’arruolamento dei legionari durava come minimo 16 anni ed essi potevano essere richiamati anche dopo il congedo. L’equipaggiamento consisteva solitamente in una corazza, uno scudo, una spada corta e 2 giavellotti. La corazza era chiamata lorica hamata (loricato significa appunto armato), era una veste composta di anelli metallici e il suo peso variava dai 20 ai 10 chili. Lo scudo era fatto di legno che era ricoperto di cuoio, il suo peso era di circa di 10 chili e per questo poteva essere impiegato anche come arma di offesa. L’arma principale dei legionari era il gladius, una spada corta con una lama a doppio taglio, si rendeva particolarmente utile per i combattimenti corpo a corpo. Infine il giavellotto era l’arma da lancio che si componeva di un’asta di legno dentro alla quale veniva messa una punta di ferro. Quando la punta colpiva uno scudo penetrandolo non poteva più essere tolta. 4. Cesare padrone incontrastato di Roma Le riforme di Cesare Una volta a Roma Cesare si impegnò in alcune riforme: in campo economico finanziò lo sviluppo delle attività agricole, artigianali e commerciali e cercò di risanare le finanze pubbliche. In campo sociale distribuì terre ai soldati veterani e ai cittadini più poveri, cercò di proteggere il lavoro libero contro quello degli schiavi e la piccola proprietà contro il latifondo, dette lavoro ai disoccupati facendo realizzare opere pubbliche come il foro e riformò il calendario aggiungendo 10 giorni all’anno rispetto alla pratica allora corrente e un giorno supplementare ogni quattro anni. In campo giuridico, amministrativo e politico punì severamente il delitto “politico” (come lo era stata la congiura di Catilina) e la condanna di un cittadino senza un processo regolare, perfezionò la legislazione sul modo di governare le province, inviò 80.000 cittadini d’oltremare per romanizzare le province, raddoppiò il numero dei magistrati, aumentò da 600 a 900 il numero dei senatori che Silla aveva precedentemente portato da 300 a 600, aprì il senato a nuovi membri scelti tra ex ufficiali e provinciali (ai quali concede il diritto di cittadinanza), in conclusione si può dire che rafforzò l’autorità dello Stato e assicurò l’ordine pubblico. Un periodo di grande fioritura culturale: prosa, poesia e filosofia Il contatto culturale con il mondo greco ebbe influenzò le opere del poeta Catullo, autore di liriche d’amore. In ambito filosofico si distinse Lucrezio che trattava questioni cosmologiche e riguardanti l’origine del mondo. Anche la prosa conobbe una grande fioritura, in particolare la storiografia. Si ricordano i Commentarii di Cesare, in cui venivano narrate le guerre gallica e civile, e l’opera di Sallustio che narrava la guerra giugurtina e la congiura di Catilina. Il più grande autore in prosa di questo periodo fu Cicerone, passato alla storia per le sue orazioni. Cesare dittatore a vita Cesare, convinto che la costituzione era divenuta insufficiente a reggere un territorio esteso e che l’impero aveva bisogno di un governo unitario, concentrò ogni potere nelle proprie mani. Così sarebbero finite le lotte fra ottimati e popolari e il governo avrebbe guardato agli interessi di tutti i Romani. Cesare trasformò la dittatura (dal latino dictare, “comandare, dare ordini”) decennale in dittatura a vita con il titolo di imperator, precedentemente riservato solo ai generali vittoriosi dopo il trionfo. Le Idi di marzo e la fine di Cesare Gli atteggiamenti da monarca (re) che spesso Cesare assumeva avevano iniziato a provocare odio. Il vecchio partito senatorio pensò che fosse giunto il momento di ritornare all’antico sistema. Per questo motivo nacque una congiura i cui principali organizzatori furono Cassio e Bruto. Essi erano entrambi pompeiani ed erano stati perdonati da Cesare che gli aveva concesso di rimanere senatori. Il 15 Marzo del 44 a.C. (alle Idi di Marzo secondo il calendario romano), Cesare venne trafitto a morte da 23 pugnalate appena arrivato nella curia e morì ai piedi della statua di Pompeo. Il partito senatorio si era illuso che la morte di Cesare avrebbe automaticamente ricondotto a un ristabilimento della “libertà” repubblicana. “Tu quoque Brute”= anche tu Bruto figlio mio 5. La fine della repubblica La successione di Cesare: Marco Antonio e Ottaviano Marco Antonio o Marcantonio era un sostenitore di Cesare dopo la cui morte si era deciso di vendicarlo. Egli era il console in carica quell’anno ed era stato uno stretto collaboratore di Cesare, distribuì grandi somme del patrimonio di Cesare il quale aveva lasciato erede di molti beni il popolo. La congiura si dimostrò un fallimento in quanto i mutamenti politici non avrebbero più consentito il ritorno della repubblica. Nel frattempo arrivò dall’Epiro (Albania) Ottaviano il giovane e saggio pronipote e erede di Cesare. Egli si presentò ad Antonio pretendendo ciò che gli spettava per diritto. Al rifiuto di Antonio, Ottaviano si accostò al senato e si guadagnò la fiducia dei romani facendo donazioni al popolo. La terza guerra civile Antonio deteneva ancora potere in qualità di console e il suo scopo era quello di diventare dittatore a vita. Egli sconfisse Decimo Bruto per poi affrontare le truppe di Ottaviano. Ebbe inizio così la terza guerra civile nel 44 a.C. che terminò con la sconfitta di Antonio nel 43 a.C. a Modena. Egli fuggì poi verso la Gallia Narbonense (Provenza). Il secondo triumvirato Dopo la vittoria, Ottaviano chiese al senato di essere nominato console ma venne rifiutato. Allora Ottaviano, imitando Silla, marciò su Roma e venne proclamato console dal popolo fino alla fine di quell’anno. Ottaviano si accordò segretamente con Antonio e Emilio Lepido, un generale di Cesare. Nel 43 a.C. si formò così il secondo triumvirato. Questo patto, a differenza del precedente, era una vera e propria magistratura. I triumviri decretarono nuove uccisioni, vennero uccisi circa 300 senatori e 3000 cavalieri. Poi rimanevano da sconfiggere Bruto e Cassio che avevano raccolto un esercito in Grecia. Antonio e Ottaviano li affrontarono nella pianura di Filippi (ai confini orientali della Macedonia), riuscirono a sconfiggerli e Bruto e Cassio si suicidarono nel 42 a.C. Nel 40 a.C. i triumviri si spartirono le province: ad Antonio andarono quelle orientali (Asia…), ad Ottaviano le occidentali e l’Italia e a Lepido l’Africa e la Spagna. Lo scontro tra Antonio e Ottaviano e la fine della repubblica Dopo la divisione delle province, Antonio si recò in Egitto dove si legò a Cleopatra. Egli cominciò a comportarsi come un sovrano orientale e a causa del suo comportamento Ottaviano si impose come unico difensore della repubblica. Ottaviano decise di togliere il governo dell’Africa a Lepido e lo costrinse a accontentarsi di essere pontefice massimo. Il triumvirato diventò quindi un duumvirato. Ottaviano convinse il senato a sottrarre a Antonio il comando dell’oriente e, nel 32 a.C., dichiarò guerra all’Egitto. Nel 31 a.C. Ottaviano vinse nella battaglia navale di Azio (vicino alle coste greche). Antonio fuggì in Egitto ma nel 30 a.C. decise di suicidarsi insieme a Cleopatra in modo da scampare alle truppe di Ottaviano. A questo punto l’Egitto divenne possedimento personale di Ottaviano e la repubblica romana si poteva decretare finita. Roma aveva ormai bisogno di un capo unico e fu per questo che subentrò l’impero. Il principato di Augusto Augusto: Titolo onorifico attribuito agli imperatori romani Propaganda: insieme di azioni volte a ottenere il consenso popolare Mecenatismo: inclinazione a proteggere e finanziare la cultura e le arti 1. Il principe “garante” delle istituzioni repubblicane e della pace Il ristabilimento della pace e dell’ordine: il governo forte di Augusto Con la battaglia di Azio e la sconfitta di Antonio ebbe inizio una nuova età della storia del mondo romano, il principato. Ottaviano seguì una politica accorta, sfruttando l’esperienza acquisita nella lotta contro Antonio, egli volle apparire il restauratore della pace e dell’ordine. Il potere di Augusto Ottaviano rifiutò di farsi chiamare re e prese solo il titolo di imperator (titolo portato dai generali dal giorno in cui avevano vinto una battaglia), restituì i suoi poteri straordinari allo Stato e proclamò la restaurazione della repubblica. Conservò i comizi (assemblee che riunivano i cittadini romani) e le magistrature, rafforzando la dignità del senato riuscì a farsi conferire spontaneamente tutte le cariche dello Stat: principe del senato, console, censore, tribuno, proconsole e pontefice massimo. In pratica le magistrature furono esautorate dal loro potere e trasformate in organi di rappresentanza. Nel 27 a.C. Ottaviano si fece conferire il titolo di Augusto (persona degna di venerazione, sacra). Ottaviano potè presentarsi come rispettoso della costituzione tradizionale mentre questa veniva abbandonata con il passaggio a un modello repubblicano nella forma ma monarchico nella sostanza. Gli storici definiscono questa forma di governo principato, mentre quella dei successori di Ottaviano viene chiamata impero. L’ingannevole speranza di un ritorno al passato Inizialmente senato e popolo si illusero di aver concesso un riconoscimento a un padre della patria. Ciò secondo loro non avrebbe implicato l’abbandono della costituzione repubblicana, ma con l’accentramento delle cariche più alte nelle mani di un solo uomo, la forma di governo era destinata a mutare da repubblicana in monarchica. Il Secolo di Augusto: un periodo di pace I 45 anni del governo di Augusto, dal 31 al 14 a.C. furono un periodo di pace (pax augusta). Nel 29 a.C. venne chiuso il tempio di Giano (dio venerato in tempi di guerra), nel 9 a.C. venne eretta l’Ara Pacis e Augusto si dedicò a un’intensa attività riformatrice. Gli storici sono soliti definire questo periodo il secolo di Augusto. Il rafforzamento dei confini e la pace con i Parti Augusto si preoccupò di rafforzare i confini e condusse poche guerre offensive, limitandosi a raggiungere la linea del Danubio e occupando l’Austria, la Svizzera e l’Ungheria. Va ricordata la pace con i parti (popolazione tra la Mesopotamia e l’Indo) stipulata nel 20 a.C. I benefici furono ottenere la restituzione dei prigionieri e delle insegne militari, la conquista della libertà d’azione in Europa e l’appoggio delle proprie frontiere a forti linee naturali. Lo scontro con i Germani a Teutoburgo Arminio, principe germanico, si pose a capo di una ribellione di tribù germaniche contro Varo. Nel 9 d.C. Arminio sorprese Varo nella foresta di Teutoburgo, la sconfitta fu talmente grave da bloccare ogni progetto di espansione di Roma a nord del Danubio e a est del Reno. Gli ultimi anni e il problema della successione Negli ultimi anni del principato, Augusto si rese conto della necessità di scegliere un successore. Nel 4 d.C. decide di adottare Tiberio, un figlio avuto dalla terza moglie Livia. Augusto morì a Nola il 19 del mese sestile (da allora chiamato agosto) del 14 d.C. Ferragosto= “ferie di augusto”
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved