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L'Alto Medioevo: I 'secoli bui' e la nascita della borghesia urbana, Esercizi di Storia

Storia MedioevaleStoria della ChiesalinguisticaStoria dell'Europa

L'Alto Medioevo, un periodo caratterizzato dalla decadenza dell'Impero romano d'Occidente e dalla formazione di nuovi regni romano-germanici. Vengono trattati temi come l'economia curtense, il ruolo della Chiesa, l'ascesa di nuove professioni e nuovi ceti, e la lotta per le investiture. Il testo illustra anche la trasformazione linguistica dal latino al volgare e le variazioni fonetiche.

Cosa imparerai

  • Quale ruolo assunse la Chiesa durante l'Alto Medioevo?
  • Come si formarono i nuovi regni romano-germanici?
  • Quali furono le principali eresie del Medioevo?
  • Come si trasformò la lingua latina in volgare?
  • Che popolazioni causarono la decadenza dell'Impero romano d'Occidente?

Tipologia: Esercizi

2021/2022

Caricato il 27/06/2022

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Scarica L'Alto Medioevo: I 'secoli bui' e la nascita della borghesia urbana e più Esercizi in PDF di Storia solo su Docsity! 2 IL MEDIOEVO 476 Viene deposto l’ultimo imperatore romano d’Occidente 568 I longobardi arrivano in Italia 535-553 Si svolge la guerra gotico-bizantina d’Occidente 1000-1492 Basso Medioevo 800 Carlo Magno è nominato imperatore del Sacro romano impero 1066 Guglielmo il Conquistatore, duca di Normandia, occupa la Gran Bretagna 1155 Federico I di Svevia, detto il Barbarossa, viene eletto imperatore 1176 Nella battaglia di Legnano la Lega Lombarda sconfigge il Barbarossa 1095 Papa Urbano II indice la prima crociata contro i musulmani 1122 Il Concordato di Worms stabilisce la separazione tra la sfera d’azione della Chiesa e quella dello Stato 476-1000 Alto Medioevo 1316-1326 Studia diritto a Montpellier poi a Bologna 1330 Prende gli ordini minori 1333 Conosce il frate Dionigi di Borgo San Sepolcro 1374 Muore ad Arquà 1304 Nasce ad Arezzo 1327 Incontra Laura ad Avignone FRANCESCO PETRARCA 1309 Si trasferisce ad Avignone con la famiglia 1335 Inizia il Canzoniere 1337 Si trasferisce a Valchiusa 1338 Africa 1341 Viene incoronato poeta a Roma 1343-1345 Secretum 1343 Come ambasciatore pontificio si reca a Napoli, Bologna, Parma e Verona 1348 Muore Laura 1351 Inizia i Trionfi 1353 Si trasferisce a Milano 1361 Si trasferisce a Padova 1321 Muore a Ravenna 1265 Nasce a Firenze 1274 Incontra per la prima volta Beatrice DANTE ALIGHIERI 1283 Avviene il secondo incontro con Beatrice 1285 Sposa Gemma Donati 1289 Partecipa alla battaglia di Campaldino 1293-1295 Vita nuova 1290 Muore Beatrice 1296-1298 Rime petrose 1300 È nominato Priore delle arti 1302 Viene condannato al rogo e costretto all’esilio 1306 Inizia la stesura dell’Inferno 1308-1312 Purgatorio 1301 Compie una missione diplomatica a Roma presso papa Bonifacio VIII 1303-1305 De vulgari eloquentia 1304-1307 Convivio 1310-1313 De monarchia 1313-1318 A Verona è ospite degli Scaligeri 1319 Si trasferisce a Ravenna 3 il contesto 1183 La pace di Costanza attribuisce maggiore autonomia ai Comuni 1209 Innocenzo III indice una crociata contro l’eresia degli albigesi 1220 Federico II di Svevia diventa imperatore 1308-1313 Arrigo VII di Lussemburgo scende in Italia 1309-1377 La sede papale si trasferisce ad Avignone (cattività avignonese) 1313-1375 GIOVANNI BOCCACCIO 1304-1374 FRANCESCO PETRARCA 1339-1453 Si svolge la guerra dei Cent’anni tra Francia e Inghilterra 1343 Falliscono alcune delle banche fiorentine tra cui quelle dei Bardi e dei Peruzzi 1347-1351 Si diffonde la peste nera in Europa 1265-1321 DANTE ALIGHIERI 1356 Viene emanata la Bolla d’Oro che regola l’elezione imperiale 1492 Cristoforo Colombo scopre l’America 1313 Nasce a Certaldo 1375 Muore a Certaldo GIOVANNI BOCCACCIO 1324 Studia a Firenze 1348 Comincia la stesura del Decameron 1351 Completa il Decameron 1360 Prende gli ordini minori e abbandona gli incarichi pubblici 1373 A Firenze inizia le letture pubbliche dantesche 1350 Conosce Francesco Petrarca e ne diventa amico 1340 È costretto a ritornare a Firenze 1340 Completa il Filostrato 1340-1341 Scrive il Teseida 1327 Si trasferisce a Napoli e fa pratica mercantile presso la filiale della Compagnia dei Bardi 1336 Conosce Maria dei conti d’Aquino, cantata come Fiammetta 1336-1339 Compone il Filocolo Simone Martini, Guidoriccio da Fogliano all’assedio di Monte Massi, XIV secolo. Siena, Palazzo Pubblico. 6 IL MEDIOEVO • il contesto Carlo Magno e il Sacro romano impero Tra i vari regni romano-germanici che si formarono dopo la caduta dell’Impero d’Occidente, il più solido e duraturo fu quello dei franchi, che durante il regno di Carlo Magno (771-814) arrivò a comprendere la Francia, la Germania e l’Italia settentrionale (che era stata sottratta ai lon- gobardi). Nell’anno 800, Carlo Magno fu incoronato a Roma imperatore del Sacro romano impero (detto “sacro” in virtù del legame dei fran- chi con la Chiesa e “romano” perché Carlo volle stabilire una ideale continuità con l’Impero romano). Carlo Magno divise l’Impero in contee e marche, che affidò ai suoi vassalli, consolidando il sistema feudale (o vassallatico; ▶ Focus, Il sistema feudale, vedi sotto), ossia il tradizionale siste- ma di potere germanico, allo scopo di organizzare lo Stato in un’epoca in cui le strutture del potere centrale erano estrema- mente deboli. Un altro strumento di consolidamento dell’Im- pero attuato da Carlo Magno fu l’unificazione religiosa in senso cattolico, ottenuta tramite la conversione spontanea o forzata dei popoli che erano ancora pagani, come i sassoni, o ariani, come erano in parte i longobardi. Sul versante cultura- le, Carlo Magno, benché fosse pressoché analfabeta, promos- se la Scuola palatina, diretta dal monaco Alcuino di York (735-804) e frequentata dagli uomini più dotti del tempo. Il sistema feudale Tradizionalmente, il capo germanico, dopo una cam- pagna militare, concedeva ai suoi più fedeli compagni, i vassalli, benefici sotto forma di armi, oggetti preziosi e bestiame. In seguito tali benefici divennero territoriali e furono detti feudi. Il capo germanico, in altre parole, concede- va un feudo ottenendo in cambio fedeltà personale e aiuto militare in caso di guerra, riservandosi il diritto di revocare la sua concessione nel caso di inadempienza del vassallo. Il feudo non era ereditario e, almeno for- malmente, alla morte del vassallo ritornava in possesso del sovrano. I vantaggi di questo tipo di rapporto gerar- chico e personale erano: • la sua versatilità nel legare a sé i propri alleati in un momento storico in cui il potere centrale era debole; • la possibilità di replicare la struttura ramificandola verso il basso, dato che i grandi feudatari potevano concedere parti del loro feudo a feudatari di livello inferiore e così via. Al tempo di Carlo Magno, il feudo era una conces- sione revocabile e quindi non era ereditario. In segui- to, a causa dell’indebolirsi del potere imperiale, prima i vassalli maggiori (con il capitolare di Quierzy, 877) e poi i vassalli minori (Constitutio de feudis, 1037) ottennero il diritto di trasmetterlo ai loro discendenti. focus 1. Qual era l’origine del sistema feudale? 2. Quali erano i vantaggi del sistema feudale? Guida allo studio Ritratto di un feudatario franco-carolingio, IX secolo. Malles Venosta, chiesa di San Benedetto. 1. Per quale motivo i numerosi regni che si formarono dopo la caduta dell’Impero romano sono detti romano-germanici? 2. Quale tipo di economia caratterizzò l’Alto Medioevo? 3. Quale popolo “barbaro” si impadronì di gran parte dell’Italia nel VI secolo? 4. Quale fu la nuova struttura che Carlo Magno diede all’Impero? Guida allo studio 7 1 • Storia e società Il Basso Medioevo: verso la civiltà comunale La ripresa dell’economia e delle città dopo il Mille Intorno all’anno Mille l’Europa feudale e agricola iniziò un processo di sviluppo destinato a durare fino alla metà del Trecento. La crescita del- la produzione agricola, favorita anche dall’introduzione di nuove tecniche e di nuovi strumenti (per esempio l’aratro pesante, il mulino ad acqua, la rotazione triennale delle colture), andò di pari passo con il dissodamento e il disboscamento di nuove terre, con una maggiore disponibilità di cibo e con l’aumento della popolazione, determinando così un circo- lo virtuoso dell’economia. Crebbero anche gli scambi commerciali e, di conseguenza, si rafforzò il ruolo delle città, che a partire dal XII secolo cominciarono a ripopolarsi. Tornarono a fiorire l’artigianato e le attività manifatturiere, specialmente nell’Italia centro-settentrionale, e ritornò a circolare la moneta. Le conquiste normanne Nei primi decenni dell’XI secolo l’Italia meridionale era divisa tra bi- zantini, longobardi e arabi. Nel XII secolo vi sbarcarono i primi gruppi di normanni (o “uomini del Nord”, ovvero scandinavi), che nell’arco di un secolo la riunificarono con l’appoggio del papa. Altri normanni, guidati da Guglielmo il Conquistatore (1027-1087), nel 1066 occuparono l’attua- le Gran Bretagna e vi imposero il loro governo, basato sul sistema feudale. Roma Toledo Aquisgrana Canterbury Monaco Colonia Napoli Pisa Parigi MAR MEDITERRANEO MAR BALTICO MARE DEL NORD OCEANO ATLANTICO REGNO DI POLONIA REGNO DI SCOZIA REGNO D’INGHILTERRA REGNO DI FRANCIA REGNO DI BORGOGNA REGNO DI LEÓN REGNO DI NAVARRA SACRO ROMANO IMPERO IMPERO BIZANTINOCALIFFATO DI CORDOVA REGNO DI BULGARIA REGNO D’UNGHERIA CROAZIA REGNO DI SVEZIA REGNO DI DANIMARCA REGNO DI NORVEGIA L’EUROPA DELL’ANNO MILLE 8 IL MEDIOEVO • il contesto I nuovi ceti cittadini Oltre alle tradizionali figure del nobile di spada, del chierico e del con- tadino, le tre figure tipiche della società feudale, nel XII e XIII seco- li cominciarono a emergere nuove professioni e nuovi ceti, che anda- rono a ingrossare le file della nascente borghesia urbana: mercanti e artigiani. Successivamente, a questi si aggiunsero anche “professioni- sti” come medici, notai, giudici, banchieri, i quali traevano i loro gua- dagni non dalla terra, ma dall’esercizio della loro professione e avevano l’esigenza di svolgere liberamente i propri affari senza essere assoggetta- ti ai signori feudali. L’ascesa di questi ceti portò con sé anche un deside- rio di promozione sociale e favorì la domanda di istruzione, che non riguardava più soltanto lo studio del latino, prerogativa del clero, ma so- prattutto delle lingue volgari, che sempre più si diffondevano anche nei documenti amministrativi, giuridici e contabili e poi anche nei primi te- sti letterari (▶ La questione della lingua, p. 25). La nascita del Comune Le borghesie cittadine furono alla base di una nuova importante istituzio- ne: il Comune. In origine il Comune era un’associazione privata di cittadini che tramite un giuramento solenne si proponevano di unirsi per ottenere concessioni e diritti da parte dell’autorità superiore, che fosse il vescovo, un grande signore feudale, il re o l’imperatore. A poco a poco i Comuni divennero istituzioni pubbliche di tipo elettivo e il termine “Co- mune” assunse il significato di governo cittadino. I maggiori Comuni sorsero nella Pianura Padana, in Toscana, nella Germania settentrionale e nella Francia meridionale. Le Corporazioni All’interno delle città, mercanti e artigiani formavano il popolo, cioè la classe borghese (a quel tempo, infatti, il termine “popolo” non include- va i lavoratori salariati né i contadini). Successivamente, con lo svi- luppo ulteriore delle città, il “popolo” si divise in popolo grasso (imprenditori, grandi mercanti, banchieri) e in popolo minuto (artigiani, bottegai, piccoli commercianti). All’interno di uno stesso Comune, per tutelare i propri inte- ressi, i nobili si riunirono in fazioni familiari dette consorterie, mentre i mercanti e gli artigiani si organizzarono in associazio- ni professionali dette Corporazioni o Arti, che avevano ciascu- na un proprio statuto per tutelare gli interessi economici dei loro membri. In molti Comuni, per accedere alle cariche pubbliche, diventò necessaria l’iscrizione alle Corporazioni delle Arti. L’imperatore Barbarossa e la Lega Lombarda Intanto il Sacro romano impero, che ormai aveva il suo centro nel mon- do germanico, aveva conosciuto lunghi periodi di crisi. La figura stes- sa dell’imperatore aveva perso gran parte del suo prestigio. Federico I Barbarossa (1122-1190), appartenente alla dinastia sveva Hohenstaufen, cercò di ripristinare il potere imperiale. Infatti, il Barbarossa, salito al tro- no nel 1155, tentò più volte di imporre il proprio dominio sui Comuni italiani, che erano tenuti a riconoscere formalmente la sovranità imperia- Luca della Robbia, meda- glione dell’Arte dei Maestri di Pietra e del Legname, 1460 ca. Firenze, Chiesa di Orsanmichele. In Europa, fra Duecento e Trecento, le Corporazio- ni conobbero il massimo splendore. Il loro obiettivo era difendere gli interessi comuni, sostenere i membri e provvedere alla formazio- ne professionale degli ap- prendisti. Presto assunsero un ruolo dominante nelle economie cittadine, diven- tarono ricche e potenti tan- to da indirizzare le scelte politiche delle città. Acqui- starono palazzi di pregio e nelle chiese mostrarono il loro simbolo, spesso opera di artisti importanti, come quello nell’immagine, rea- lizzato da Luca della Rob- bia per l’Arte dei Maestri di Pietra e del Legname. A questa arte erano iscritti ar- chitetti, scultori, scalpellini, fornaciai, imbianchini, ven- ditori di mattoni e legname grezzo. 11 1 • Storia e società Il Trecento: il secolo della crisi Prima la carestia poi la peste Nei primi decenni del Trecento in gran parte delle regioni dell’Occidente si ebbe una serie di cattivi raccolti. Le carestie dipesero da limiti tecnici del sistema agricolo (impoverimento dei terreni, insufficienza dei conci- mi), che non consentirono di incrementare la produttività per soddisfa- re l’aumento di popolazione. Molti contadini abbandonarono le terre e si spinsero nelle città dove iniziarono a scarseggiare i prodotti alimentari che aumentarono di prezzo. Nel 1347 la popolazione, che era già indebolita dalla carestia e vi- veva in precarie condizioni igienico-sanitarie, venne colpita dalla pe- ste nera, una malattia endemica in Asia centrale, che era trasmessa dalle pulci parassite dei ratti. Si è calcolato che circa un terzo della popolazio- ne dell’Occidente morì di peste tra il 1347 e il 1351, passando dai settan- ta milioni circa ai quarantacinque milioni. Poiché non si conoscevano i meccanismi di diffusione della mortifera pestilenza, si cercarono capri espiatori: in Germania, con l’accusa di essere i responsabili del contagio furono arsi vivi migliaia di ebrei. Le rivolte e il fallimento delle banche fiorentine Alle carestie e alla peste si accompagnò per tutto il secolo una serie qua- si ininterrotta di guerre, da quelle tra le varie Signorie a quelle interne tra popolo “grasso” e popolo “minuto”. Gli appartenenti a quest’ultimo cer- cavano di migliorare le condizioni di lavoro e di partecipare alla vita po- litica della città; in questo quadro si inserisce il tumulto dei ciompi di Firenze (1378), dove i “ciompi” erano i cardatori della lana che volevano salari più alti e chiedevano di partecipare al governo della città. Da Firenze partì anche il primo grave crollo finanziario che la storia ricordi. In questa città molti ricchi mercanti avevano dato vita, nel corso del Duecento, a “compagnie” che esercitavano funzioni bancarie su vasta scala, comprese quelle di prestiti a privati, ai Comuni, ai principi e ai re. Agivano però “allo scoperto”, cioè non avevano coperture finanziarie in caso di debitori insolventi. Nel 1341 si verificarono i primi segnali di una crisi che in pochi anni avrebbe raggiunto enormi proporzioni coinvol- gendo non solo i banchieri fiorentini (i Bardi e i Peruzzi tra i più noti; ▶ Il fallimento dei Bardi-Peruzzi, p. 178) e le numerose filiali che avevano aperto in Italia e in Europa, ma anche artigiani e mercanti, che avevano investito il loro denaro nei banchi. Non sono chiari i meccanismi del fal- limento. Pare certo che vi concorse la guerra dei Cent’anni tra Fran- cia e Inghilterra (1339-1453): essa dissanguò a tal punto i rispettivi sovra- ni che questi non furono più in grado di pagare i loro debiti alle banche. ENCICLOPEDIA La guerra dei Cent’anni fu un conflitto che coinvol- se la Francia e l’Inghilterra dal 1339 al 1453. Agli sto- rici contrasti tra i due Stati si aggiunse la questione dinastico-economica per la successione al trono di Francia e il controllo dei traffici con le Fiandre. Per decidere le sorti del con- flitto e sancire la vittoria francese fu determinante il coinvolgimento di Giovan- na d’Arco (1412-1431). 1. Quali furono le cause della carestia dei primi decenni del Trecento? 2. Come era trasmessa la peste nera? 3. Chi coinvolse la crisi finanziaria iniziata nel 1341? Guida allo studio Guida allo studio 12 IL MEDIOEVO • il contesto Il declino del Papato e dell’Impero Il Trecento vide la crisi del Papato e dell’Impero, le due istituzioni che avevano determinato la storia dell’Europa durante il Medioevo. Bonifacio VIII e la successiva cattività avignonese Lafinedel potereuniversaledelPapatoè legata allafiguradiBonifacioVIII (1235-1303), l’ultimo papa che sostenne una concezione teocratica del po- tere (▶ p. 17). Nel 1296, Bonifacio entrò in conflitto con il re di Fran- cia Filippo IV il Bello (1268-1314), che voleva tassare il clero francese e non voleva ingerenze del Papato nella sua politica. Il papa lo scomuni- cò e Filippo reagì sequestrandolo, tramite la famiglia Colonna, ad Anagni. Dopo queste vicende, la sede del Papato venne trasferita ad Avignone (Provenza), dove restò dal 1309 al 1377. In questo periodo, detto “catti- vità avignonese”, si succedettero papi francesi assoggettati al potere del re di Francia. Quando papa Gregorio XI (1329-1378) riportò la sede pa- pale a Roma, si aprì un periodo di quarant’anni detto Grande Scisma in cui regnavano due papi: quello di Roma e quello, detto antipapa, di Avi- gnone e che si concluderà con il Concilio di Costanza (1417). Il Palazzo dei papi ad Avignone, costruito fra il 1335 e il 1364. La fine del Sacro romano impero germanico Fallito l’ultimo tentativo di intervenire in Italia (1308-1313) compiuto da Arrigo VII di Lussemburgo (1275-1313), anche il prestigio e il potere imperiale erano diminuiti. L’imperatore era sempre più rivolto alla Ger- mania dove si erano imposti dei feudatari talmente potenti che nel 1314, contro il volere del pontefice, elessero re di Germania Ludovico il Bavaro (1282-1347). Il suo successore, Carlo IV di Boemia-Lussemburgo (1316- 1378), emanò nel 1356 la Bolla d’Oro, un documento che ratificava quanto deciso dal suo predecessore: l’imperatore era eletto dai soli princi- pi elettori tedeschi, mentre l’incoronazione da parte del papa assumeva un ruolo puramente formale. ENCICLOPEDIA La bolla è un documento ufficiale della Chiesa cat- tolica emanato in forma di decreto o di lettera. Il testo reca la firma e il sigillo (bulla) del pontefice. 1. Che cosa fu e quanto durò la cattività avignonese? 2. Che cosa sancì la Bolla d’Oro? 13 2 Idee e cultura Nell’Europa altomedioevale, la Chiesa assicurò continuità e colmò il vuo- to di potere lasciato dal crollo dell’Impero romano d’Occidente; questo fece sì che oltre ai compiti spirituali si assumesse anche quelli politici. Contemporaneamente si diffuse il monachesimo, in particolare quello benedettino; i monasteri ebbero un importante ruolo anche nella con- servazione e nella promozione della cultura grazie alle biblioteche e agli scriptoria. A partire dalla ripresa dell’economia dopo l’anno Mille, anche le città si popolarono e diventarono i nuovi centri di produzione e di diffu- sione della cultura. La vita all’interno del Comune incentivò infatti lo stu- dio delle lingue volgari e la creazione di scuole che garantissero una sal- da formazione professionale, soprattutto in ambito giuridico-economico. Alla mentalità rigidamente cristiana dell’Alto Medioevo seguì una mentali- tà più laica nel Basso Medioevo che pose le basi per l’Umanesimo. La Chiesa cattolica tra riformismo e intolleranza Nei secoli dell’Alto Medioevo, i valori cristiani formarono le coscienze de- gli individui e influenzarono la cultura, il diritto, la concezione della mora- le e l’arte della società occidentale, che diventò così nel suo complesso una società cristiana. La mondanizzazione della Chiesa e la nascita del monachesimo In un’Europa sconvolta dalle invasioni barbariche, la Chiesa assunse funzioni che andavano oltre la sfera re- ligiosa per colmare il vuoto di potere lasciato dal crol- lo delle istituzioni romane. Nell’Alto Medioevo si ac- centuò così il processo di mondanizzazione del clero che, oltre a occuparsi delle anime dei fedeli, assunse progressivamente anche funzioni politiche. Con- temporaneamente, dal V all’VIII secolo e poi dal X al XII, in Occidente si diffuse il monachesimo, os- sia la scelta di vita di uomini che si allontanavano dal “mondo” per condurre una vita comunitaria in luo- ghi isolati e dedicarsi alla preghiera e alla meditazione religiosa. L’ordine monastico benedettino Per tutto l’Alto Medioevo, il più importante ordine monastico fu quello benedettino, fondato nel VI se- colo da san Benedetto da Norcia (480-547) a Mon- tecassino, nel Lazio meridionale. La Regola stabilita da San Benedetto da Norcia consegna la Regola all’abate Giovanni, miniatura tratta da un manoscritto con i codici della Regola, 914-934. Cassino, Archivio di Montecassino. 16 IL MEDIOEVO • il contesto Nelle biblioteche dei monasteri uno spazio detto scriptorium era de- dicato alla lettura, alla riproduzione e al restauro dei testi, cui provve- devano i monaci amanuensi, che copiavano a mano i libri antichi e li ornavano anche con miniature. Col passare del tempo le biblioteche, che agli inizi contenevano solo pochi testi di carattere religioso, si ar- ricchirono di manoscritti degli antichi autori latini, che spaziavano dal- la letteratura alla filosofia, dall’arte all’architettura alla scienza: fu grazie all’opera paziente dei monaci se tanta parte del sapere antico, cristiano e pagano, poté essere salvata e tramandata fino a noi. Predicazione e povertà: gli ordini mendicanti Nel Duecento, comunità monastiche di nuova fondazione scelsero di stabilirsi in città o ai margini di essa, così da svolgere il loro apostola- to a contatto con la gente, in particolare con i poveri delle realtà ur- bane. Questi ordini scelsero di vivere di elemosina, anziché dei be- nefici di un monastero o di una terra, e per tale motivo furono detti mendicanti. La predicazione fu uno degli strumenti principali del- la loro attività, anche se non mancarono di esprimersi attraverso i libri. Per rendere vivaci e interessanti i loro insegnamenti, i frati mendicanti ricorrevano agli exempla, ovvero ad aneddoti tratti dalla vita quotidiana. I più importanti ordini mendicanti furono i domenicani, o frati “predicatori”, e i francescani, o frati “minori”, umili. L’Ordine dei domenicani, fondato dallo spagnolo san Domenico di Guzmán (1170-1221), privilegiò la predicazione e combatté le eresie (▶ Focus, I movimenti ereticali, p. 19) sul piano dottrinale. Per questo gli intellettuali domenicani si concentrarono sullo studio della Scolastica (▶ Focus, La filosofia aristotelica e la Scolastica medioevale, p. 15), della logica, la disciplina che ha per oggetto l’argomentazione deduttiva, e della teologia, considerata il vertice del sapere. Anche i francescani si dedicarono alla predicazione, ma i discepoli di san Francesco d’Assisi (1182-1226; ▶ p. 38) si distinsero dai domeni- cani per la maggiore attenzione alla vita della gente, in particolare degli umili e degli emarginati. ENCICLOPEDIA La parola eresia, che deriva dal greco antico háiresis (“scelta”), nel Cattolicesimo indica una dottrina che si oppone alla verità rivelata da Dio e proposta autenticamente come tale dalla Chiesa. 1. Che cosa s’intende per “mondanizzazione” della Chiesa medioevale? 2. Perché i monaci erano considerati gli interpreti più fedeli dei precetti evangelici? 3. Quale fu la Regola monastica più diffusa nell’Alto Medioevo? Da chi fu re- datta e quali erano le parole d’ordine che ne esprimevano lo spirito? 4. In che cosa si differenziava l’Ordine monastico cluniacense da quello be- nedettino? 5. Quale fu l’origine delle scuole monastiche? E quale ruolo svolsero i mona- steri nell’ambito della cultura? 6. Che cosa distingue gli ordini mendicanti dagli altri ordini, in particolare da quello dei benedettini? 7. Quale ruolo svolsero i domenicani nella cultura medioevale? E quale i francescani? Guida allo studio 17 2 • Idee e cultura La lotta per le investiture e la concezione teocratica della Chiesa Nel X e nell’XI secolo, il Papato si scontrò con l’altro potere universalisti- co del mondo cristiano, l’Impero, per riottenere il potere che aveva sempre esercitato in precedenza, quello di nominare i vescovi, in quella che la storiografia identifica come lotta per le investiture. Con Ildebrando di Soana (1015-1085), monaco cluniacense diventato papa nel 1073 col nome di Gregorio VII, la lotta per liberare la Chiesa dalla tutela dell’imperatore si trasformò però in scontro tra due opposte concezioni del potere: • la teocrazia, che voleva il potere religioso superiore a quello politico e che riconosceva al papa la facoltà di eleggere o deporre re e imperatori; • il cesaropapismo, che sosteneva invece la supremazia del potere imperiale su quello del papa. La Chiesa riconosceva all’imperatore un potere universale che, al pari di quello del papa, proveniva da Dio, ma doveva riguardare solo l’ambi- to delle questioni terrene e doveva essere sottoposto anche giuridicamen- te a quello superiore del papa, inteso come guida suprema della cristianità. Il dibattito e lo scontro intorno alla natura dei poteri temporale e spiri- tuale e alle loro relazioni proseguirono fino alla metà del Trecento, ma già con il Concordato di Worms (1122), firmato dall’imperatore Enrico V (1081-1125) e da papa Callisto II (1065-1124), che stabiliva che la nomi- na dei vescovi spettava esclusivamente al papa, si ebbe il primo concre- to riconoscimento della separazione tra la sfera d’azione della Chiesa e quella dello Stato. Le eresie, lo spirito di crociata e lo sterminio dei càtari Tra il XII e il XIII secolo la spinta dal basso per un ritorno della Chiesa a valori più autentici riprese vigore e sorsero nuovi movimenti, che furono detti ereticali (▶ Focus, I movimenti ereticali, p. 19), perché erano contrari ai dogmi ufficiali della Chiesa di Roma e ne mettevano in discussione il primato sul mondo cristiano. Nicola Pisano e bottega, Arca di San Domenico, particolare con il rogo dei libri degli albigesi, 1264- 1267. Bologna, basilica di San Domenico. 18 IL MEDIOEVO • il contesto A causa della diffusione delle eresie e del con- flitto con l’Impero, la Chiesa elaborò una nuo- va concezione della guerra e formulò il concet- to di guerra giusta, quella contro i nemici della Chiesa, interni ed esterni. La prima crociata contro i musulmani e per la liberazione del Santo Sepolcro fu promossa da papa Urbano II (1040- 1099) nel 1095. Da quel momento, lo spirito di crociata diventò un tratto tipico della civiltà cattolica. Si determinò così un atteggiamento di mobilitazione permanente contro chiunque professasse una religione diversa da quella catto- lica romana: non solo i musulmani, considerati “infedeli”, ma anche gli eretici. Fra questi, i più pericolosi furono ritenuti i càtari (▶ Focus, I movimenti ereticali, p. 19), diffusi soprattutto nella Francia meridionale e in particola- re nella città di Albi, in Linguadoca (da cui il termine “albigesi”). Contro i càtari il Papato tra il 1209 e il 1244 promosse una vera e propria impresa militare, detta crociata degli albigesi. I càtari furono sterminati e, en- tro la fine del Duecento, il catarismo fu spazzato via. Fu una delle pagine più buie della storia della Chiesa cattolica. 1. Che cosa s’intende in storiografia per “lotta delle investiture”? 2. Che cosa stabilì il Concordato di Worms? 3. Che cosa si intende per “spirito di crociata”? Guida allo studio Mappa concettuale Il re di Francia e i crociati giungono in nave a una fortezza saracena, miniatura tratta dal manoscritto Historia de Proeliis, 1340 ca. Londra, British Library. • Monasteri benedettini • Nuovi ordini religiosi (cluniacensi, cistercensi) • Ordini mendicanti (domenicani, francescani) La creazione di scuole e biblioteche favorisce Lo sviluppo della cultura monastica Islam, ebrei, bizantini ed eresie subisce a cui si contrappone porta a Un processo di mondanizzazione Una concezione teocratica del potere Lo spirito di crociata afferma promuove si rivolge contro La separazione tra potere della Chiesa e quello imperiale sancisce La lotta per le investiture LA CHIESA 21 2 • Idee e cultura 1. In quali corti d’Europa si manifestò per la prima volta una letteratura in lingua volgare? 2. Che cosa sono la lingua d’oc e la lingua d’o•l? Dove erano diffuse e per quali opere letterarie furono impiegate? 3. Quale contributo diede alla cultura del Duecento la corte di Federico II a Palermo? Guida allo studio Mappa concettuale Provenza Le poesie dei trovatori in lingua d’oc si compongono favorì Federico II di fuse in La cultura cortese elaborano è importata da LE CORTI Le canzoni di gesta in lingua d’o•l si scrivono Francia del Nord La cultura laica, la poesia in volgare (Scuola siciliana) favorisce La città, il mercante e l’intellettuale Con il risveglio delle città, tra l’XI e il XII secolo, e con l’entrata nella scena storica dei nuovi ceti urbani, si manifestarono importanti novità nel quadro ideologico e culturale del Medioevo. Due figure ebbero un ruolo cruciale in questo nuovo contesto: il mercante (▶ p. 148) e l’intellettuale. Il nuovo mercante banchiere-imprenditore e il difficile equilibrio tra logica economica e religione Inizialmente i mercanti viaggiavano da un posto all’altro per vendere e comprare merci. In seguito i mercanti, che divennero anche impren- ditori e banchieri, vivevano stabilmente in città e svolgevano i pro- pri affari attraverso gli agenti, la corrispondenza e le lettere di cambio (▶ Focus, Le nuove tecniche finanziarie, p. 149), antenate dei moderni asse- gni, che potevano essere convertite in denaro nelle varie filiali bancarie sparse per l’Europa. Secondo la morale cristiana, il denaro doveva provenire dal lavoro produttivo e non dai commerci, che non producevano niente, e tanto- meno dal prestito a interesse, a quel tempo chiamato usura (▶ Focus, Mercanti sì, ma devoti, p. 151), cioè dal denaro stesso. La Chiesa perciò 22 IL MEDIOEVO • il contesto proibiva l’usura ai membri della comunità cristiana e la lasciava in gestione agli ebrei. Tuttavia, durante il XII secolo, quando il commercio si sviluppò, le ricchezze tornarono a circolare e le operazioni di cambio si moltiplicarono, la Chiesa fu costretta a operare una distinzione tra il legittimo tasso d’interes- se e quello di usura, e, prima ancora, a “legittimare” il de- naro, oltre a riconoscere ai mercanti il fatto che esercitava- no un lavoro utile per l’intera comunità. I mercanti, a loro volta, facevano donazioni ai poveri e agli enti di benefi- cenza, annotandole nei libri contabili come “conti di Mes- ser Domeneddio”. L’intellettuale L’altra figura che si impose nella città medioevale fu quella dell’intel- lettuale, il professionista della conoscenza. Tra l’XI e il XII secolo ave- vano ricevuto nuovo impulso le scuole cittadine, dapprima quelle an- nesse alle cattedrali e poi le università (▶ Focus, Le scuole cittadine e le università, p. 23), anch’esse generalmente legate alla Chiesa. In seguito, i Comuni istituiranno scuole pubbliche destinate alla formazione dei mercanti, il cui mestiere richiedeva di saper leggere, scrivere e fare di conto. Anche nelle scuole cittadine la cultura scritta restava in mano alla Chiesa. L’intellettuale era un chierico che conosceva il latino e inse- gnava prevalentemente ad altri chierici. Anche l’intellettuale-chierico, però, fu inizialmente condannato dalla Chiesa, perché vendeva il pro- prio sapere per denaro (gli studenti universitari dovevano pagare il suo insegnamento). Nel corso del XIII secolo tuttavia gli intellettuali otten- nero che fosse riconosciuto il loro diritto a una remunerazione. 1. Quali aspetti caratterizzano la figura del mercante imprenditore? 2. Che cosa sono i “conti di Messer Domeneddio”? 3. I primi intellettuali cittadini erano laici? Guida allo studio Cerchi concentrici del Pur- gatorio attorno alla boc- ca dell’Inferno, miniatura tratta da un manoscritto francese del 1435. Oxford, Bodleian Library. La cultura verso l’Umanesimo Nella seconda metà del Trecento la consapevolezza di vivere in un’epoca nuova, diversa da quella appena trascorsa, portò gli intellettuali europei a guardare al mondo classico secondo prospettive differenti da quelle me- dioevali, con lo scopo di recuperarne valori e conoscenze. Il ritorno allo studio della civiltà classica e una nuova visione del mondo Nel Medioevo lo studio dei classici aveva due approcci fondamenta- li: quello linguistico-retorico, allo scopo di acquisire una maggiore pa- dronanza del latino, e quello che cercava nell’opera dei classici latini, a ENCICLOPEDIA Il termine classici nell’an- tica Roma indicava i cittadini più importanti. Nel II secolo d.C. designava gli scrittori appartenenti alle classi agiate, contrapposti al proletarius scriptor, pro- veniente dai ceti sociali più bassi. In età medioevale erano considerati classici gli autori che si leggevano nelle classes, perché rite- nuti un modello stilistico. In epoca umanistico-rina- scimentale il termine “clas- sico” comincia a designare la civiltà greco-latina. Oggi, infine, si definisce “classico” un autore considerato esemplare per studiare e comprendere gli sviluppi della letteratura. 23 Le scuole cittadine e le università Tra l’XI e il XII secolo, con la rinascita delle città, si svilupparono anche le scuole cittadine, in particolare quelle annesse alle cattedrali. Successivamente, all’e- poca dei Comuni, nacquero anche scuole laiche per iniziativa di singoli maestri, scuole che poi da “private” divennero vere e proprie scuole pubbliche, frequenta- te tuttavia soltanto da alunni benestanti, tra cui i figli di ricchi mercanti. Le materie d’insegnamento erano le Arti del trivio (grammatica, retorica, dialettica) e del quadrivio (arit- metica, geometria, astronomia, musica), concepite come propedeutiche, cioè preparatorie, alle facoltà di diritto, medicina e teologia. La maggiore novità nella storia delle istituzioni cul- turali medioevali fu la nascita delle università, origina- riamente chiamate studia. Le due università più famo- se erano quelle di Bologna, per il diritto e la medicina, e di Parigi, per la teologia. Gli studenti, soprattutto chierici, passavano da una università d’Europa all’altra, per seguire le lezioni de- gli insegnanti più famosi. La loro presenza nelle città rappresentava una fonte di guadagno per chi offriva servizi, in particolare la produzione di libri manoscritti. focus 2 • Idee e cultura cominciare da Virgilio, temi e motivi che potessero essere letti come inconsapevoli “anticipazioni” delle verità rivelate dall’avvento e dal sacri- ficio di Cristo. Nella seconda metà del Trecento gli intellettuali cominciarono a stu- diare la cultura classica non più soltanto in chiave cristiana, ma anche in chiave filologica, con l’intento di ricostruire i testi e il loro messaggio originale. Emersero così nuovi valori che mutavano progressivamen- te la concezione dell’uomo e del suo ruolo nel mondo. Se infatti per il pensiero cristiano medioevale, la vita terrena era un semplice passag- gio verso la perfezione dell’aldilà, per il pensiero antico l’esistenza uma- na era significativa in sé, nella sua realtà terrena, e il ruolo dell’uomo era di esprimere le proprie capacità e di interagire con la natura, imparando a conoscerne le leggi. Questo nuovo approccio al mondo dei classici fu inaugurato da Fran- cesco Petrarca (1304-1374; ▶ p. 353). Convinto che quelle dei greci e dei latini fossero civiltà più sagge ed equilibrate di quella medioevale, egli volle confrontarsi con il loro mondo, che sentiva vicino alla propria sensibilità, in particolare per l’attenzione ai problemi morali, alle pas- sioni e ai dubbi esistenziali dell’uomo. ENCICLOPEDIA Publio Virgilio Marone (70-19 a.C.) fu un poeta romano. La sua opera più famosa è l’Eneide, che narra di Enea e delle origini di Roma. Altre opere famo- se sono le Bucoliche e le Georgiche. Nel Medioevo i suoi testi sono stati inter- pretati come prefigurazione dell’avvento di Cristo. Il termine filologico deriva da filologia, disciplina che ha lo scopo di correggere nei testi gli errori di trascri- zione accumulati nei secoli, per restaurarli nella loro forma originaria a supporto di una corretta interpre- tazione. Letteralmente, la parola significa amore per lo studio, per la dottrina. 1. In quale contesto si svilupparono le scuole cittadine? 2. Quali erano le materie di insegnamento dell’università? Guida allo studio Pietra tombale di Giovanni di Bonandrea (ca. 1245- 1321), particolare del rilievo raffigurante alcuni studenti dell’Università di Bologna a lezione, XIV secolo. Bologna, Pinacoteca Nazionale. 26 L a q u e s ti o n e d e lla lin g u a IL MEDIOEVO • il contesto Dal latino al volgare italiano Nel passaggio dal latino al volgare italiano si sono verificati mutamenti significativi nella pronuncia delle parole, nella morfologia e nella sintassi. Variazioni fonetiche Mentre in latino le vocali possono essere brevi o lun- ghe, pronunciate cioè con maggiore estensione di suono, in italiano si afferma la distinzione tra sillabe toniche, cioè accentate, e atone. Questo fenomeno ha determinato vari cambiamenti. Variazioni morfologico-sintattiche Anche sul piano morfologico e sintattico il passaggio dal latino al volgare ha generato alcune significative variazioni: • il graduale abbandono delle desinenze il cui uso risultava difficile per le persone meno colte. Per indicare la funzione logica delle parole si ricorreva in italiano a un ampio impiego delle preposizioni (Corneli-ae corrispondente al caso dativo, cioè al complemento di termine, è diventato “a Corne- lia”) e all’introduzione dell’articolo determinativo (derivato dal dimostrativo latino ille, illa); focus Variazioni fonetiche Esempi Eliminazione di alcune vocali atone • calida > calda • fabula > fiaba Troncatura delle parole terminanti in us, utis, as, atis • virtute, da virtus, -utis > virtù • caritate, da caritas, -atis > carità Scomparsa di alcuni dittonghi e trasformazione della o nel dittongo uo • aenigma > enigma • poena > pena • aurum > oro • rota > ruota Inserimento di una consonante tra due vocali latine, per evitare lo iato, l’incontro di vocali, e facilitare la pronuncia • Mantua > Mantova • ruina > rovina Aggiunta di una g davanti a una i a inizio di parola e seguita da vocale • Iulia > Giulia Trasformazione della lettera j + vocale in g • Johannes > Giovanni • Jesus > Gesù Trasformazione della x intervocalica, della ti seguita da vocale e dei gruppi consonantici bl e fl rispettivamente in s – ss, z – zz, bi e fi • exemplum > esempio • dixit > dissi • gratia > grazia • blundus > biondo • florem > fiore Miniatura tratta da un manoscritto dell’Image du monde di Gautier de Metz, 1464. Londra, British Library. 27 L a q u e s tio n e d e lla lin g u a 2 • Idee e cultura • l’ingresso nell’italiano di vocaboli appartenenti a po- poli coi quali il mondo latino-medioevale è entrato in contatto (zucchero, cifra, algebra) e la sostituzione di termini letterari con altri di uso quotidiano: per esem- pio caballus ha preso il posto di equus (cavallo), buc- ca di os (bocca); • la riduzione della subordinazione sintattica a vantag- gio della coordinazione con frasi brevi; • la scomparsa delle complesse costruzioni latine (pe- rifrastiche, ablativo assoluto), sostituite da forme più semplici. I primi documenti in volgare Inizialmente i diversi volgari furono usati nella comuni- cazione scritta per fini pratici, come la compilazione di documenti. Tra i più antichi testi arrivati fino all’epoca contempo- ranea vi sono l’Indovinello veronese, composto tra l’VIII e il IX secolo da un anonimo scrivano e ritrovato nel 1924 in un codice della Biblioteca Capitolare di Verona, e la Carta capuana, una testimonianza giudiziaria redatta a Capua nel 960 a proposito di una questione di confini. L’Indovinello veronese Testo originale in volgare Se pareba boves, alba pratalia araba, (et) albo versorio teneba, (et) negro semen seminaba. Parafrasi in italiano corrente Spingeva innanzi i buoi, solcava i bianchi prati, teneva un aratro bianco, e seminava un nero seme. È un indovinello scolastico, la cui soluzione è il proces- so di scrittura manuale: le dita dello scrittore (i buoi) scrivono sul foglio bianco (i bianchi prati), con una pen- na d’oca (un aratro bianco) e l’inchiostro (seme nero). Anche se presenta ancora dei latinismi (pareba da pa- rabat; boves, albo, semen), il testo è intenzionalmente scritto in volgare, come dimostrano alcune sue carat- teristiche: la mancanza di terminazioni consonantiche nei verbi (caduta della t finale, tipica della terza persona singolare dei verbi latini); l’uso di se al posto di sibi; l’u- so di o al posto di um negli accusativi (albo versorio, negro al posto di nigrum). L’indovinello è seguito da una frase latina tradizionale nelle strutture morfologico-sintattiche: Latino Gratias tibi agimus omnipotens sempiterne deus. Traduzione in italiano corrente Ti ringraziamo Dio onnipotente ed eterno. La Carta capuana Testo originale in volgare Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte Sancti Benedicti. Parafrasi in italiano corrente Io so che quelle terre, per quei confini che qui si de- scrivono, le possedette per trent’anni il monastero di San Benedetto. Il contesto del documento è un “placito” (dal latino pla- citum, ciò che è piaciuto al giudice) in cui l’abbazia di Montecassino, per rivendicare la proprietà di alcune terre nei confronti di un laico di Aquino, Rodelgrimo, utilizza tre testimoni, che pronunciano dinanzi al giudi- ce Arechisi la loro dichiarazione nella parlata campana, come dimostrato da ko, trasformazione del latino quod, da kelle e da ki. La presenza nel documento di latinismi (parte Sancti Benedicti) e di termini della tradizione burocratica (fini, dal latino fines, “confini”) fa ritenere che esso sia stato elaborato in precedenza da persone colte, ma in ma- niera da renderlo comprensibile e pronunciabile davanti al giudice da individui privi di cultura; gli atti notarili era- no, infatti, generalmente redatti in latino. L’Indovinello veronese vergato tra l’VIII e il IX secolo da un anonimo scrivano sul margine superiore del foglio di pergamena di un codice di inizio VIII secolo. Verona, Biblioteca Capitolare. 28 3 Dal contesto al testo: i poemi epici medioevali Le caratteristiche dell’epica medioevale Il genere epico è una narrazione poetica che celebra le imprese di un eroe e ha lo scopo di tramandare il ricordo delle vicende più significative della storia di un popolo. L’epica classica greco-romana Gli antichi greci conservavano la memoria delle loro origini leggenda- rie nei poemi omerici (Iliade e Odissea, VIII secolo a.C.), che raccontano la guerra di Troia e il successivo ritorno degli eroi in patria. L’epica greca era nata presso le corti dei re, dove i cantastorie (aèdi) recitavano i loro ver- si accompagnandosi con la cetra. Questi canti, destinati a un pubblico ari- stocratico, furono successivamente raccolti e organizzati in forma scritta. I poemi omerici fecero da modello per l’epica latina, la cui opera principale è l’Eneide di Virgilio (70-19 a.C.). Il protagonista del poema, il mitico eroe troiano Enea, appare diverso dagli eroi greci, poiché: • nell’epopea greca, l’eroe è un nobile guerriero che combatte per il pro- prio onore, la terra e il popolo cui appartiene, ed è protetto o contra- stato da una o più divinità; • nell’epopea romana, Enea è investito da Giove della missione eti- co-politica di fondare la gloriosa stirpe romana. Rilievo raffigurante Enea e suo figlio Ascanio sbarcati sulle coste del Lazio, 140-150 ca. Guarda la Lezione interattiva La poesia religiosa nel Medioevo Ascolta l’audio dei brani 31 La diffusione delle chansons de geste in Francia e in Italia Le chansons de geste (“canzoni di gesta”; espressione che riprende il latino res gestae, ossia “imprese”) sono poemi epici scritti in lingua d’oïl e risalen- ti al XI-XII secolo. Ne sono giunti circa un’ottantina, di varia lunghezza, dai mille fino ai ventimila versi. Lingue volgari Intorno all’anno Mille si formarono in Francia due aree linguistiche nate dall’evoluzione del latino parlato: • nel Nord, nell’Île de France (Parigi e dintorni), si affermò la lingua d’oïl, così chiamata dall’avverbio affermativo derivante dall’espressione latina hoc illud: oïl e, più tardi, oui; • nel Sud, in Provenza, si diffuse la lingua d’oc, così chiamata dall’avver- bio affermativo hoc. In seguito all’espansione del regno di Francia, il re Filippo II Augusto (1165-1223) impose su tutto il territorio la lingua d’oïl, adottata per le nar- razioni epiche, le chansons de geste del ciclo carolingio e i romanzi in ver- si del ciclo bretone (ossia della Bretagna, XII-XIII secolo; ▶ p. 60) ispira- ti ai valori cortesi e cavallereschi. I cicli narrativi Ci sono stati tramandati tre cicli di canzoni di gesta: • carolingio, o di Carlo Magno, di cui fa parte la Canzone di Orlando; • narbonese, con la Canzone di Guglielmo di Orange, grande feudatario della Francia meridionale; • dei vassalli ribelli, che narra le lotte dei feudatari fra loro e contro il sovrano (l’eroe centrale è Raoul di Cambrai). Il ciclo carolingio canta la guerra contro i saraceni, combattuta tra l’VIII e il IX secolo da Carlo Magno e dai suoi paladini (dal latino comes palatinus, “compagno del palazzo imperiale”). In queste opere sono idealizzati sia gli eventi storici sia gli eroi protagonisti. Questi ultimi sono presentati come esempi di coraggio e di virtù ed esprimono i valori della nobiltà feudale. La Canzone di Orlando (1140 ca.), il capolavoro di questo genere, narra le gesta del paladino Orlando, valoroso guerriero e martire della fede, morto nella battaglia di Roncisvalle contro i mori. Il dibattito sull’origine delle chansons Autori delle chansons erano singoli poeti di cui talvolta non è stato neppu- re tramandato il nome. Sono state sviluppate almeno tre ipotesi sull’attri- buzione delle opere e sull’origine delle narrazioni in esse contenute. Origine popolare Le eroiche avventure dei cavalieri vissuti prima del Mil- le sarebbero state inizialmente tramandate oralmente da una generazio- ne all’altra. In seguito sarebbero divenute patrimonio dell’arte dei giulla- ri, che con esse intrattenevano i fedeli lungo le vie dei pellegrinaggi verso i più importanti centri religiosi dell’Europa cristiana, come a Santiago de Compostela, nell’estremità Nord-occidentale della Spagna. 3 • Dal contesto al testo: i poemi epici medioevali 32 IL MEDIOEVO • il contesto La Canzone di Orlando L’opera La Chanson de Roland (Canzone di Orlando) è attribuita a un certo Turoldo, vescovo di Bajens (oggi Bayeux), che ha firmato il manoscritto (com- posto tra il 1098 e il 1110) attraverso il quale ci è pervenuta l’opera. In re- altà non si sa se Turoldo ne sia l’autore o se, come sembra probabile, ne sia stato semplicemente il copista: al termine del manoscritto si legge, infat- ti, «Qui finisce la storia che Turoldo scrive», una frase che potrebbe con- fermare entrambe le teorie. Nuclei, ambientazione e scopo della narrazione La vicenda si svolge nell’arco di una settimana e ruota intorno a tre nu- clei narrativi principali: • il tradimento di Gano, cavaliere di Carlo Magno; • la morte del paladino Orlando; • la vendetta di Carlo Magno. Il poema è ispirato a un evento storico: la spedizione condotta nel 778 da Carlo Magno per liberare dai mori la città spagnola di Saragozza. L’impresa non riuscì e sulla via del ritorno la retroguardia e i cavalieri di Carlo furono attaccati da bande di montanari baschi presso Roncisvalle, nei Pirenei. Nella versione di Turoldo, invece, sono i saraceni guidati da un traditore cristia- no, Gano di Magonza, a tendere l’imboscata agli uomini del re dei franchi. Origine letteraria Le narrazioni sarebbero state opera di autori colti, come chierici, poeti o celebri condottieri. Lo scopo poteva essere da un lato sostenere l’ideologia della guerra santa e dall’altro quello di rievoca- re per il pubblico delle corti le imprese di Carlo Magno e dei suoi cavalieri. Rielaborazione letteraria Una terza ipotesi concilia le precedenti, infat- ti, sostiene che all’origine vi siano stati racconti orali poi rielaborati da poeti colti. Quindi, le chansons cantate dai giullari sarebbero state il meto- do con cui trasmettere i valori del clero e dell’aristocrazia militare anche alle classi inferiori. L’epica franco-italiana Il successo della Canzone di Orlando è testimoniato dalle nume- rose copie manoscritte che circolavano al tempo: dalla Pro- venza, alla Germania, fino all’Inghilterra. In Italia, dalla fine del XII secolo e per tutto il secolo succes- sivo, poeti e letterati di area veneta che conoscevano la lingua francese composero canzoni di gesta. Fiorì così una letteratu- ra in volgare franco-veneto che comprendeva poemi, spes- so anonimi, destinati agli aristocratici e a un pubblico borghe- se e popolare. I più noti sono: Karleto, in cui si narra l’infanzia di Carlo Magno; Entrée d’Espagne, in cui si racconta del viag- gio di Orlando in Oriente per amore di una fanciulla saracena e che unisce i temi carolingi con quelli del ciclo bretone (▶ p. 60); Prise de Pampelune, attribuito a Niccolò da Verona, vis- suto nel XIV secolo. 1. Che cosa significano ri- spettivamente oc e oïl? 2. In quale lingua vennero scritte le chansons de geste? 3. Quale atteggiamento mostrano le chansons nei confronti delle vicende storiche e delle gesta dei protagonisti? 4. Le chansons de geste non hanno un’origine certa: quali sono le principali teorie relative alla loro nascita? Guida allo studio 1. In quale contesto storico è ambientata la Chanson de Roland? 2. Qual era lo scopo della narrazione della Chanson de Roland? 3. Quali aspetti dell’epica classica sono ripresi dall’opera di Turoldo? Guida allo studio Chanson de Roland Dopo sette anni di guerra l’esercito di Carlo Magno sta avendo la meglio in Spagna, dove resiste solo Saragozza, difesa dal re dei mori, Marsilio. Quando questi offre la resa all’imperatore, Gano per vendi- carsi di Orlando, da cui si ritiene offeso, medita il tradimento: asseconderà il piano di Marsilio, con- vincerà il suo re a ritornare in Francia, ma farà in modo che Orlando e i paladini si trovino in coda all’esercito nelle gole dei Pirenei; a quel punto i mori li assaliranno, Orlando morirà e Marsilio crederà di aver dissuaso Carlo dall’intraprendere nuove spe- dizioni. Il piano riesce: mentre Carlo è in marcia verso la Francia con la maggior parte dell’esercito, si compie l’agguato alla retroguardia comandata da Orlando, che muore sotto i colpi delle forze saracene. Carlo Magno, richiamato dal suono del corno di Orlando, ritorna sul luogo dell’imboscata dove dà una degna sepoltura a lui e agli altri paladini. Succes- sivamente conquista Saragozza e vendica Orlando facendo squartare Gano da quattro cavalli. La trage- dia è resa meno cupa dalla conversione al Cristiane- simo della regina Braminonda, moglie di Marsilio, che apre alla speranza di un futuro di pace. L a tr a m a La Canzone di Orlando fu composta all’epoca della prima crociata (1097-1099), di cui fa pro- prio lo spirito. Infatti, lo scopo della narrazio- ne era diffondere gli ideali religiosi, l’am- mirazione per il valore dei combattenti e il sentimento di fedeltà al re da parte della no- biltà francese. Per questo motivo, pur trat- tando eventi storici risalenti a circa due secoli prima, rappresenta Carlo Magno e i suoi paladini come i precursori della guerra santa contro l’Islam. Struttura e lingua del poema La Canzone comprende 4002 versi decasil- labi (di dieci sillabe ciascuno) divisi in 291 lasse, cioè in strofe di diversa lunghezza, da cinque a trentacinque versi. Nella versione ori- ginale in lingua d’oïl, tutti i versi di una stes- sa strofa sono legati da una medesima rima (o assonanza) finale. Alla fine di ciascuna lassa si legge la sigla AOI, che indica l’accordo mu- sicale intercalato nelle pause della recitazione. Anche nella Chanson de Roland ritroviamo alcuni elementi tipici del- la tradizione orale dell’epica classica, come lo stile formulare e la ripeti- zione di strofe e frasi simili. Orlando nella sanguinosa battaglia di Roncisvalle in una miniatura del XIII seco- lo. Orlando, a destra, colpi- sce il nemico con l’olifante, il grande corno che gli era servito per chiedere soc- corso. Collezione privata. 33 3 • Dal contesto al testo: i poemi epici medioevali
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