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L'età vittoriana (1837-1901)., Appunti di Storia Moderna

L'età vittoriana (1837-1901).

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 11/02/2021

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federica-rizzo-21 🇮🇹

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Scarica L'età vittoriana (1837-1901). e più Appunti in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! L'età vittoriana (1837-1901) Per tutto l'Ottocento l'Inghilterra è senza ombra di dubbio la prima potenza al mondo sia dal punto di vista militare sia da quello economico; il simbolo della grandezza inglese è rappresentato da sua maestà la regina Vittoria che regnò per ben 64 anni, dal 1837 al 1901.La storiografia europea ha in parte esagerato nella descrizione entusiastica dell'Età vittoriana, vista come una sorta di età dell'oro, ma probabilmente lo ha fatto in contrapposizione al Novecento e alle sue tragedie.Il mito storiografico dell'Età vittoriana è caratterizzato dal trionfo della borghesia e del self-made-man(l'uomo che si è fatto da sé): la borghesia ormai aveva vinto e da rivoluzionaria era diventata conservatrice. Per questo motivo, durante l'età vittoriana furono esaltati i tipici valori borghesi come il lavoro, il libero mercato, l'iniziativa privata, il senso del dovere, la serietà, la rispettabilità, la famiglia, ma anche una severa morale –tanto severa da sembrare falsa e ipocrita –e il formalismo, inteso in maniera formale e bigotta. Le ipocrisie e le falsità della società moralista inglese e la sua povertà spirituale furono messe in luce da scrittori come Charles Dickens.La regina Vittoria, della dinastia degli Hannover, salì al potere nel 1837, a 18 anni, e prese il posto di suo zio, Guglielmo IV. Aveva un carattere forte e deciso ed era rigidamente attaccata al cerimoniere e alla forma. Nel 1840 si sposò con il principe Alberto di Sassonia, il quale all'inizio non fu molto amato dagli inglesi, ma poi si fece voler bene: si batté per l'abolizione in tutto il mondo della schiavitù e per la diffusione dell'istruzione. Il principe Alberto morì nel1861 e dopo la sua morte la regina Vittoria non si sposò più.La regina Vittoria, dopo la sua salita al trono, dovette affrontare subito un grosso problema. Le opposizioni di sinistra, gli ex luddisti, il movimento operaio e i sindacati avevano organizzato una serie di proteste e avevano raccolto le loro proposte in un documento chiamato “Carta del popolo”; per questo motivo i suoi seguaci furono chiamati Cartisti. In questa “Carta del popolo” si chiedeva il suffragio universale maschile, la segretezza del voto, uno stipendio per i deputati e tante altre riforme. Nonostante le proteste, a volte anche dure, i Cartisti non riuscirono mai a far approvare le loro richieste.In questi anni, oltre al problema del “Cartismo”, la regina Vittoria dovette affrontareun altro scontro politico: i dazi sul grano straniero. Abolire i dazi sul grano voleva dire far entrare i grani stranieri, più a basso costo, e di conseguenza abbassare il prezzo del grano; mantenere i dazi voleva dire vietare l'ingresso dei grani stranieri e di conseguenza aumentare il prezzo del grano. I Whigs –industriali e liberisti – erano a favore dell'abolizione dei dazi sul grano; i Tories, invece –nobiltà e proprietari terrieri –erano favorevoli al mantenimento dei dazi sul grano. Se il prezzo del grano fosse stato alto, gli industriali –e quindi i whigs – avrebbero dovuto pagare un salario più alto ai loro operai. Inoltre, introducendo i dazi sul grano straniero, le altre nazioni europee, per vendetta, avrebbero acquistato meno prodotti inglesi, andando sempre a scapito dei whigs. Invece, se il grano inglese fosse stato venduto a prezzi più alti, i produttori –i tories – avrebbero incassato di più. Gli alti prezzi del grano avevano già provocato violente manifestazioni e repressioni; la più famosa di queste fu chiamata “Peterloo”. Il dazio sul grano, alla fine, fu tolto nel 1846, sotto la spinta di una forte crisi agraria che aveva investito tutta Europa e che aveva fatto alzare i prezzi del grano.Le insurrezioni popolari che si verificarono in Europa nel 1848 si fecero sentire anche in Inghilterra ma in maniera completamente diversa. Si riaccese la protesta dei “Cartisti” e dei socialisti ma, sebbene le proteste fossero dure, non si arrivò mai all'insurrezione armata, come avvenne nella altre città europee. In Inghilterra i sindacati non si battevano per obiettivi politici, come le libertà personali o la costituzione, ma per obiettivi economici, come la diminuzione dell'orario di lavoro e l'aumento dei salari.Primato economico dell'InghilterraDopo le proteste operaie del 1848, dal 1850 al 1876 –con qualche piccola crisi in mezzo –tutta Europa visse un periodo di grande crescita economica, che alcuni storici hanno chiamato “Seconda rivoluzione industriale”. Questa fase di espansione fu caratterizzata dall'industria siderurgica e dal grandissimo affare delle ferrovie, nel quale tutti gli stati si lanciarono. In venti anni in tutta Europa furono costruiti centinaia di migliaia di chilometri di ferrovie, ma l'Inghilterra ovviamente fece la parteda leone. In questi anni, infatti, l'Inghilterra aumentò il divario con le altre nazioni: aveva il numero di occupati nell'industria più alto al mondo; produceva i due terzi del ferro e del carbone di tutto il mondo; aveva la rete ferroviaria più lunga del mondo; aveva l'impero coloniale più grande al mondo, che andava dall'India al Sudafrica, dal Canada all'Australia, aveva una flotta grande quanto la metà di quella di tutto il mondo messo insieme; aveva il tasso di analfabetismo più basso del mondo. Inoltre era riuscita a non fare esplodere lo scontro tra borghesia e proletariato.Questo periodo di forte crescita economica, non a caso, coincise con la diffusione in tutta Europa di una corrente culturale ottimista e razionalista, chiamata “Positivismo”, caratterizzata nella fiducia nella scienza e nel progresso scientifico.Nell'età vittoriana, come già detto, la borghesia era diventata la classe dominante e allo scontro tra nobiltà e borghesia –scontro che aveva caratterizzato i secoli precedenti –si erasostituito lo scontro tra borghesia e proletariato, cioè tra coloro che posseggono i mezzi di produzione e coloro che posseggono il lavoro. Sebbene entrambi avessero bisogno l'uno dell'altro, lo scontro raggiunse livelli altissimi. In Inghilterra il movimento operaio era forte e organizzato in un sindacato, chiamato Trade Union, ma non era rivoluzionario. Proprio in questi anni, nel 1864, a Londra fu fondata la prima associazione degli operai, chiamata la “Prima internazionale dei lavoratori”, cioè un'assemblea di tutti i lavoratori europei, marxisti e socialisti, che si riunivano per trovare forme comuni di lotta contro la borghesia: l'articolo 1 del manifesto del Partito Comunista, Operai di tutto il mondo unitevi, pareva si stesse compiendo.Però non si deve credere che in questi anni mancarono del tutto le crisi economiche; infatti, la troppa fiducia negli investimenti e nella produzione, che cresceva a dismisura, provocò anche in Inghilterra due violenti crisi cicliche di sovrapproduzione, cioè che si ripetevano anche durante le fasi di crescita economica. Una di queste crisi si ebbe tra il 1866 e il 1867. La borsa crollò, molti imprenditori fallirono, la disoccupazione aumentò e di conseguenza si verificarono molti disordini sociali.Primato politico dell'InghilterraDal punto di vista politico, a differenza della Francia, che non era riuscita per tutto l'Ottocento a trovare un regime stabile, l'Inghilterra aveva delle solidissime basi che nessuna forza politica intendeva cambiare. A metà dell'Ottocento rappresentava il modello più evoluto e più liberale del mondo: garantiva le libertà personali come in nessun altro paese al mondo, (insieme agli Stati Uniti d'America), riconosceva legalmente le associazioni degli operai e i sindacati (chiamati Trade Union), che nel resto del mondo erano considerati fuorilegge, riconosceva, per prima in tutto il mondo, la parità dei diritti politici e civili per tutte le confessioni religiose, aveva ridotto l'orario di lavoro ed elargiva i sussidi per i poveri.L'unico problema politico dell'Inghilterra vittoriana era il fatto che non era “democratica”, perché votava soltanto il 15% della popolazione. Nel 1832 –poco prima della salita al trono della regina Vittoria –un'importante riforma, chiamata Reform Act, aveva ridisegnato le vecchie circoscrizioni elettorali; le circoscrizioni furono decise nel Cinquecento ma nel frattempo, con l'industrializzazione, molti villaggi erano diventati metropoli, come Manchester, e alcune città agrarie si erano spopolate. Siccome le circoscrizioni non erano state aggiornate, alcuni villaggi, chiamati “borghi putridi”, mandavano al Parlamento inglese più deputati di una grande città; nonostante questa riforma, però, l'elettorato rimase molto ristretto. La situazione cambiò nel 1867, quando i conservatori di Disraeli allargarono in maniera considerevole il corpo elettorale; questo allargamento del diritto di voto, però, favorì i liberali. L'aristocrazia temeva che, facendo votare anche gli operai, si fosse andati verso il comunismo, ma non fucosì perché la borghesia liberale continuò a guidare il paese, mantenendo gli stessi capisaldi politici ed economici dei governi precedenti.
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