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L'età vittoriana. Il romanzo e la poesia., Sintesi del corso di Letteratura Inglese

introduzione al periodo vittoriano, al romanzo vittoriano e alla poesia

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 15/06/2019

marti889
marti889 🇮🇹

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Scarica L'età vittoriana. Il romanzo e la poesia. e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Inglese solo su Docsity! . L’età vittoriana La regina Vittoria salì al trono nel 1837, appena diciottenne, in un periodo caratterizzato da scontri sociali morì nel 1901. Durante il suo regno l’Inghilterra si trasformò nella massima potenza imperiale mondiale consolidando la ricchezza derivata dalla rivoluzione industriale, espandendo verso nuovi mercati e nuove terre produttrici di materie prime a bassissimo costo e mettendo a frutto le cognizioni acquisite attraverso sempre nuove scoperte scientifiche. Furono anni caratterizzati dall’ascesa di una classe media soddisfatta e fiera di sé, la cui filosofia di vita concentrata sull’utile e sul pratico, portò all’esplosione del capitalismo e del libero mercato, nel privato portò all’imborghesimento, alla volgarizzazione e all’appiattimento dei valori romantici. Il riformismo che caratterizzò il primo vittorianesimo si traduceva per i sudditi della regina vittoria in diffusa aspirazione a un miglior tenore di vita. Sull’onda della rivoluzione industriale nascevano nuove città, che nella struttura edilizia riflettevano i traumi del passaggio da un’economia rurale a una urbana e il problemi dell’inurbamento di sempre nuove masse di popolazione agricola. Londra divenne capitale del mondo moderno, metafora di alienazione. Nel privato, nelle famiglie borghesi caratterizzate da un farisaismo puritano d facciata, vi era un doppio comportamento: mentre all’uomo era concesso di mantenere un’apparenza di decoro intransigente, di notte di cercare piacere proibiti, si assisteva così a una desessualizzazione delle donne delle classi medie, condannate al ruolo di angeli del focolare domestico, cui faceva da contraltare l’aumento della prostituzione femminile presso i ceti inferiori. Ma l’ambiguità è la cifra distintiva del vittorianesimo, nel privato come nel pubblico, in letteratura come in politica. Nel 1861, quando la regina vittoria si ritirò dalla scena pubblica, apparivano più evidenti le incertezze, già da decenni raggiunta la stabilità economica e politica faceva riscontro un diffuso senso di insicurezza e provvisorietà; all’agiatezza della middle-class, la miseria del proletariato; alla corsa all’arricchimento e alla proprietà privata, la rinascita del puritanesimo religioso. Alla soddisfazione per i traguardi della scienza si sovrapponeva l’inquietante immagine di un universo senza Dio; alla fede acritica del buon padre di famiglia, lo scetticismo e criticismo biblico. La perdita di consenso del 1880 non fece che mettere in rilievo elementi di disagio già presenti dietro la facciata del vittorianesimo: i primi movimenti femministi enfatizzavano i problemi della condizione femminile vittoriana; sindacalismo, socialismo e marxismo ponevano l’accento sulla questione operaia: l’ascesa del proletariato, l’estensione del diritto al voto non erano che risultati di conflitti costanti per tutto il secolo. Molti pensator nel tentativo di comprendere e analizzare gli effetti del capitalismo industriale finirono per denunciare la prossima autodistruzione dell’età vittoriana, alcuni proposero un ritorno al feudalesimo fondato sul rispetto reciproco (Carlyle), Ruskin, critico d’arte inglese, propose un ritorno all’artigianato contro lo strapotere delle macchine. Nel 1859 la pubblicazione dell’Origine della specie di Darwin sconvolse il panorama scientifico, filosofico e religioso. Nel The Descent of man, Darwin aveva lanciato una sfida alla cristianità con questo saggio, affermando la non scientificità della storia raccontata nelle Sacre Scritture. Del 1869 è the Subjection of Women di Stuart Mill, importante riflessione sulla subordinazione femminile nella società vittoriana. Lo stesso Mill, a dimostrazione dell’ambiguità che caratterizza il periodo, pur essendo all’avanguardia nella concezione femminile, nei suoi Principles of political economy si dimostra favorevole allo sfruttamento economico dei possedimenti coloniali ma anche assolutamente indisponibile a prendere in considerazione le colonie come paesi dotati di una propria identità. Esterne ma sentite come proprie le colonie davano autorità all’Inghilterra e stabilità al suo impero. La regina vittoria, che riprese a comparire dopo il 50ennio del suo impero, si identificava con l’immagine della stessa potenza nazionale, the great white queen, incarnazione della grande madre, emblema della fertilità nel suo imperialismo ma sorda alle rivendicazioni femministe, in nome della decenza femminile. A fine secolo, il clima culturale era cambiato. La reazione all’ipocrisia borghese e al materialismo industriale si traduceva nel rifiuto di qualsiasi intento (didascalico, politico, di denuncia morale dell’opera d’arte. “L’arte non esprime altro che se stessa” scrive Oscar Wilde. Si esortava a perseguire la bellezza fine a se stessa. Walter Pater, ideologo dell’estetismo, respinge l’idea di qualsiasi utilità dell’opera d’arte, separandola anche dalla morale con l’affermazione che “il fine non è il frutto dell’esperienza ma l’esperienza stessa”. Simili idee verranno spiante alle estreme conseguenze da Oscar Wilde. IL ROMANZO Il romanzo vittoriano elaboro e articolò la potenza britannica ottocentesca accompagnando la continuità della politica imperiale e contribuendo a mantenere intatto l’ordine costituito. Forma borghese per eccellenza, atta a rafforzare lo status quo, il romanzo illustrò l’avanzata delle classi medie, rivolgendosi direttamente ad esse, nella ricerca di un rapporto diretto con il pubblico, attraverso la pubblicazione seriale. Le narrazioni uscivano a episodi in appendice a periodici o dispense autonome che poi potevano essere rilegate e formare un romanzo. In tal modo l’opera si creava in collaborazione con i lettori, i cui gradimenti potevano cambiare anche il corso dell’opera, così facendo l’opera era costretta a sottostare sempre più alle leggi di mercato. Gli autori dovevano anche tener conto delle regole dettate dalle potentissime biblioteche circolanti, che per il prestito domestico reclamavano opere che potevano essere lette la sera davanti al focolare davanti a pudiche ragazze. Il grande romanzo vittoriano nacque dalle rovine del romanticismo individualista, nel passaggio dalla contemplazione della propria anima, alla raffigurazione di tutta la società. Prodotto letterario di consumo, avversato dagli evangelici per la sua destinazione di intrattenimento, didascalico negli interventi moralistici, spesso troppo scoperto negli intenti pedagogici, tuttavia è l’espressione più chiara dell’energia e della vitalità di un’epoca di grandi cambiamenti. DICKENS Nessuno meglio di Charles Dickens rappresenta nei suoi lavori il vittorianesimo, in tutte le sue contraddizioni. Egli pubblicò il suo primo romanzo nell’anno dell’ascesa al trono di Vittoria, ne segui l’evoluzione nell’atteggiamento passando dall’ottimismo degli anni Quarata Cinquanta, al pessimismo che avrebbe caratterizzato la seconda metà del secolo, sfociando nel romanzo problematico di Thomas Hardy. L’eccezionale talento drammatico, unito a una non comune fertilità inventiva fanno di Dickens il prototipo dell’inventore puro.2 caratteristiche rendono Dickens unico nel suo racconto: il suo essere pensato per l’ascolto (la lettura familiare ad alta voce) piuttosto che per la lettura individuale; e il suo rapportarsi a una classe sociale piuttosto conosciuta: la borghesia. Dickens è cantore della classe media, soprattutto di quella piccola borghesia cui lo sviluppo industriale ha permesso di andare più in alto nella scala sociale: bottegai, domestici, governanti, impiegati, garzoni, accanto all’umanità sofferente senza coscienza di classe, sfruttata dall’ alta borghesia. Attento conoscitore del mondo editoriale, Dickens debuttò nella narrativa trasformando i testi scritti su commissione per accompagnare una serie di vignette in un capolavoro di comicità (il circolo di pickwick). I Pickwick Papers, spaccato umoristico della vecchia Inghilterra preindustriale, ebbero un enorme successo popolare, grazie alle avventure di alcuni attempati gentiluomini tra il Kent e la City. Lo spirito di osservazione di Dickens viene qui messo a frutto per la creazione di mirabili caricature (il negativo Jingle, truffatore, il retto Pickwick e positivo Sam Weller, con riferimento alla coppia don Chisciotte e Sancio Panza. Il successivo romanzo è Oliver Twist (1837), l’opera è un atto di accusa contro la politica economica del tempo e le devastanti conseguenze della rivoluzione industriali per gli strati più bassi e indifesi della popolazione. Oliver twist si chiude all’insegna dell’ambiguità: un lieto fine che è esaltazione del riformismo filantropico caro all’autore e che porta il protagonista, senza che il lettore se ne avveda, a integrarsi proprio in quella classe sociale che ha creato le condizioni della sua miseria. La denuncia dello sfruttamento minorile e l’attenzione al mondo dell’infanzia costituiscono uno degli elemento più di quello che era il romanzo preferito dello scrittore, David Copperfield (1849-50), narrazione in prima persona con molti spunti autobiografici sulle esperienze infantili, l’educazione sentimentale, l’apprendistato di uno scrittore. È l’apoteosi del primo Dickens, narratore del vittorianesimo, cantore della compassione borghese, della laboriosità positiva della piccola classe media in ascesa con i suoi falsi valori. Bleak House (casa desolata) 1852 segna un mutamento nell’opera dickensiana: all’ottimismo subentra una visione sociale sempre più pessimista. La vita metropolitana è in ritratta in un grottesco estremo. Dickens trasforma la critica all’apparato legislativo, che e alla base della narrazione, in una sorta di profezia sulla degenerazione della modernità. Nel 1845 nel famoso a Christmas Carol, Dickens affermava che il natale un periodo di gioia e carità soprattutto perché l’unico momento nel corso dell’anno in cui gli individui di dimenticano del posto che occupano sulla scala sociale e si considerano “compagni nel viaggio verso la tomba”. Nel 1854 co Hard Times, Dickens sferra il suo attacco più forte alla politica industriale del suo tempo. In una città industriale, Coketown, si agitano personaggi senza spessore psicologico, meccanici come automi. L’autore denunciando le colpe dell’industrializzazione mette a nudo le debolezze della propria visione sociale e politica, gli operai sono visti solo come masse sfruttate e sofferenti e non come una classe potenzialmente rivoluzionaria. Hard Times è anche una denuncia ai guasti provocati da un’educazione che impedisce ai bambini il libero uso della fantasia. Del 1860 è quello che la critica ritiene un capolavoro, Great Expectations, triste favola sulla perdita dell’innocenza nello scontro tra le aspirazioni dell’adolescenza e i compromessi dell’età adulta. La storia di Pip, pronto a rinnegare qualsiasi cosa pur di approdare al bel mondo londinese, dapprima incapace di riconoscere il proprio benefattore, e successivamente vergognoso dell’origine della propria fortuna, è un grande mito di formazione. Charlotte, Emily e Anne Bronte favola e l’irrazionalità del sogno e un linguaggio vivace, tutto giochi di parole e arguzie, umorismo demenziale viene offerta ai piccoli lettori una visione iconoclastica( anticonformista) della società del tempo e delle sue istituzioni, irrise non solo nei comportamenti assurdi dei personaggi che Alice incontra in mondi irreali, ma anche le reazioni della bambina, che nonostante la situazione paradossale in cui si trova, non manca mai di comportarsi secondo le regole del buonsenso e del galateo imparate nella sua borghese famiglia vittoriana. SCRITTORI DI FINE SECOLO George Meredith George Meredith, prolifico autore della prosa troppo densa, ricca di barocchismo stilistici e oscurità lessicale, si ricorda il capolavoro narrativo The egoist, il suo unico lavoro di facile lettura, un romanzo di impianto teatrale in cui tra schermaglie verbali e intrighi cortesi, messo a nudo l’egoismo borghese. Meredith arriva a dimostrare come la società vittoriana adegui i propri standard comportamentali all’esaltazione dell’individualismo e all’arrivismo più sfrenati, in nome dell’interesse personale e della difesa dei dritti borghesi, primo fra tutti il mantenimento della proprietà privata. Il protagonista sin dal nome tradisce la sua essenza di modello borghese esemplare, nel corso della storia anche tuti gli altri personaggi finiscono per dimostrarsi solo espressione di svariate forme di egoismo. Anche l’amore appare come uno scontro di egoismi, mentre il maschio vede la donna come un ornamento per la sua casa, uno specchio in cui trovare un riflesso abbellito di sé, la donna dà sfogo al proprio egoismo: “sono dura, materialista; ho perso la fede nel sogno romantico, ho bisogno di danaro. Mi sposo per diventare ricca. The Egoist ci pone di fronte a un mondo in cui le manifestazioni più negative della borghesia- individualismo, sete di potere, ricchezza, ipocrisia, atteggiamento farisaico ei confronti del sesso e dell’erotismo- cercano ancora di spacciarsi per valori positivi. STEVENSON Robert Louis Stevenson ha conosciuto fortune alterne, le ragioni del suo successo sono da ricercarsi nel suo essere un narratore puro, secondo solo a Dickens per fantasia creatrice e abilità nel confezionar intrecci di cui si deve godere la varietà di situazioni avventurose, il rapido susseguirsi di eventi spesso inattesi. Per molti lettori in tutto il mondo egli è il grande narratore del passaggio dall’adolescenza alla maturità. Con Treasure Island, l’Isola del Tesoro, uno tra i più importanti romanzi di avventure di tutti i tempi, Stevenson s’inserisce nel filone marinaresco alla Robinson Crusoe, aggiungendo alla tematica dell’isola intesa come banco di prova dell’individuo, approdo e luogo iniziatico, elementi di pirateria e criminalità, colti dall’occhio di un ragazzo nel trapasso dall’adolescenza alla giovinezza. Per adulti sono le magnifiche Fables stevensoniane, una sorta di operette morali dove accanto ad apologhi macabri, schizzi nonsense e inquietanti narrazioni magiche troviamo meta narrazioni di stampo postmoderno. Per un pubblico adulto anche The strange case of Dr. Jekyll and Mr. Hyde 1886, resoconto in chiave di enigma poliziesco di uno sdoppiamento di personalità, che può essere letto anche come metafora del farisaismo vittoriano: Jekyll, medico borghese che nasconde vizi privati dietro una irreprensibile facciata virtuosa, si crea un altro da sé criminale cui delega ipocritamente tutta la sua corruzione. Segno di un’età in cui l’uomo ha perduto la sua interezza, Jekyll raffigura le varie fasi attraverso cui si manifesta la scissione dell’io nell’individuo uscito dalla rivoluzione industriale, alienato nella società, represso nel privato, ambiguo, estraneo pesino a se stesso. Pochi anni più tardi, nel romanzo The Portrait of Dorian Gray, Oscar Wilde spinse la tematica dell’io diviso alle estreme conseguenze, unendo nel suo protagonista a un’ansia di vita e a un faustismo simile a quello di Frankenstein, una ricerca tutta edonistica non tanto di conoscenza quanto di bellezza. Mentre scopo della vita appare la creazione dell’esistenza personale come capolavoro, tutta la vicenda porta, in Wilde più che in Stevenson, all’unica certezza tragica e inevitabile, che è impossibile sopprimere il proprio passato senza annientare anche se stessi. Con Lord Arthur’s Savile’s Crime, Wilde dimostrò, con leggerezza e ironia da fiaba orientale che non è possibile sfuggire nemmeno al proprio futuro, al destino che ci attende, non importa quanti sforzi facciamo per evitarlo. In Stevenson, al contrario, la perdita di fiducia nell’integrità dell’op sfociò nel dubbio sul significato dell’avventura imperiale. Nell’opera Island night’s Entertainment nelle parabole magiche e inquietanti ambientate nelle isole del Pacifico traspare in filigrana tutto il suo scetticismo sulla presunta missione civilizzatrice dell’uomo bianco. KIPLING Chi non nutriva dubbi sulla funzione degli Inglesi nelle colonie è Rudyard Kipling, nelle cui opere l’impero appare non come alternativa visionaria o espediente d’ambientazione narrativa, ma come luogo reale di servizio, lavoro e mandato umanitario. L’ideale imperialista che le sue opere offrono non è quello dell’alta borghesia, che lui non conosceva e a cui non apparteneva, ma quello a lui familiare per nascita, dei civil servants, i funzionari inglesi nelle colonie, fieri di sacrificarsi per il re e per la patria, inconsci di essere strumenti di sfruttamento. La sua scena imperiale è estremante ricca e variegata: nessun inglese ha mai descritto l’India meglio di Kipling. Si tratta di una descrizione tutta improntata sull’elemento visivo, senza alcuna sottigliezza psicologica. Il rapporto di Kipling con il mondo indiano è viziato dall’incapacità di comprendere quella terra che per il bianco è perturbante e priva di possibilità di salvezza. Incerto tra le sue due personati conflitto, Ruddy Baba, il ragazzino cresciuto nel bazar, e Kipling Sahib, il giornalista bianco, membro orgoglioso della stirpe dei costruttori d’imperi, lo scrittore pure avvertendo l’incompatibilità tra i due mondi, non riesce a operare una scelta. Dei suoi romanzi, farraginosi(confusi), sconnessi, si salva Kim, vasto affresco del mondo indiano visto con gli occhi di un bambino. Privo di intreccio e costituito più da un susseguirsi di schizzi, scene e situazioni incontrati dal protagonista nel corso del suo viaggio attraverso il subcontinente indiano in compagnia di un anziano lama buddista, Kim rappresenta la bellezza dell’impero, l’immagine positiva che imperialismo vuole offrire di sé. È un’allegoria della visione imperiale, del desiderio del colonizzatore di osservare senza essere osservato, ovvero di governare senza dare l’impressone d farlo. Kim narra il passaggio dalla marginalità dell’essere bianco in un mondo di Indiani e bambino in un mondo di adulti alla centralità del riconoscersi membro della comunità di dominatori, attraverso l’entrata finale del giovane protagonista nel Grande Gioco dello spionaggio imperiale. Gioielli sono le short stories kiplinghiane, tanto quelle indiane, indispensabili per capire il complesso rapporto tra i bianchi e la realtà coloniale, tanto quelle europee. I racconti indiano di Kipling costituiscono l’espressione più alta del cosiddetto empire gothic, sottogenere noir in cui vengono trasposti narrativamente i terrori del bianco di fronte al mondo imperiale: paura di ipotetici contagi da parte degli indigeni; senso dio minaccia apportata dal contatto con l’Altro coloniale alla purezza della razza; timore di una regressione allo stato barbarici. Di perdere i connotati civili e trasformassi in selvaggi ₌ going native. A queste inquietudini, spesso espresse sotto forma di apparizioni fantasmatiche, eventi misteriosi, situazioni surreali o paranormali, episodi di magia e oscuri rituali, i civil servants, protagonisti dei racconti kiplinghiani oppongono il coraggio, il cameratismo, la lealtà e la disciplina per superare i fenomeni che li sgomentano. Capolavori della short fiction inglese sono i racconti che Kipling scrisse intorno agli anni della prima guerra mondiale, sotti l’influsso di tragedie familiari e della propria incombente cecità. “They”, The Gardener, Mary Postgate rielaborano il tema della guerra e della morte dei figli in giovane età. THOMAS HARDY Con Thomas Hardy si chiude la stagione del romanzo vittoriano e si apre quella del romanzo moderno. Se Kipling e Stevenson raccontano di avventure attraverso il vasto mondo dell’India, nei Mari del sud o in isole misteriose, Hardy non si allontana mai dal Dorset nativo, che indica come Wessex nelle sue opere. Portavoce dell’economia rurale di vecchio stampo arretrata ma omogenea e autosufficiente, egli ripropone i costumi, i dialetti, i comportamenti di quelle comunità agricole in romanzi realisti di impianto semplice e robusto, caratterizzati da un pessimismo di fondo. L’uomo è per Hardy contrastato, nel suo agire, da forze ignote, capaci di distruggere ogni suo disegno, che si accaniscono soprattutto contro quelle personalità singolari che non s adeguano alle norme di comportamento universalmente accettate. D.h.Lawrence che ha riconosciuto in Hardy il suo mastro, ha scritto che nel Wessex: tutti gli individui eccezionali, dai sentimenti forti e dal carattere non comune, sono ridimensionati; rimangono solo quelli che sono solidi e genuini, anche se banali. Se un uomo manifesta una volontà individuale è distrutto. La sua volontà deve adeguarsi al sistema precostruito. La polemica hardiana si scaglia contro l’ideologia vittoriana e i comportamenti che ne derivano: se non si può parlare di necessità storica a proposito delle sconfitte cui vanno incontro gli eroi hardiani, egli si scaglia contro l’istituto matrimoniale, il culto della famiglia, la religione degli affetti domestici. Architetto di professione, Hardy parti dalla poesia e alla poesia ritorno non scrivendo più romanzi fin alla morte, dopo lo scandalo suscitato da Jude the Obscure 1890, dove alcune vollero leggere una presa di posizione a favore di tematiche scabrose per il tempo, quali il divorzio, l’aborto, la regolamentazione delle nascite. I luoghi in Hardy e la azione sono più importanti che i personaggi, cosi come le situazioni tragiche (non nega infatti di rifarsi alla tragedia greca. Ma Hardy è apertamente pessimista sulla possibilità che qualsiasi riforma possa migliorare la condizione umana. Questo pessimismo è stemperato in accenti tragicomici ne rustico Far from the Madding Crowd, già il titolo svela il bisogno di ritrovare un rapporto con la genuina vita naturale e i suoi ritmi primitivi. In The Return of the native il pessimismo hardiano si mostra in tutta la sua forza, al punto che per esigenze di mercato, lo scrittore fu costretto a cambiare il finale del libro, ritenuto dall’editore troppo tragico. Storia di un triangolo amoroso, madre-figlio-nuora- che ispiro il capolavoro di Lawrence Sons and Lovers. In the Major of Casterbridge, Hardy procede all’annientamento del tipico eroe byronico dal torbido passato. Destinata a soccombere in virtù della propria purezza interiore è anche Tess of the d’uberville, la più nota delle eroine hardiane con la sua fine tragiche la vede giustiziata sulle pietre ancestrali di Stonehenge. Qui l’attacco di Hardy è sferrato da in lato all’ipocrisia sociale vittoriana il doppio standard comportamentale prevosto per l’uomo e per la donna; dall’altro contro le istituzioni religiose e legali che non sanno proteggere i più deboli. Modulata come una tragedia classica, al punto che dopo la morte di Tess, l’autore può commentare “giustizia era fatta, e il Presidente degli Immortali, secondo la frase di Eschilo, aveva finto di rendersi gioco di Tess”. Il romanzo oppone alo stereotipato ideale di castità femminile dei vittoriani, la purezza assoluta della protagonista. Anche il protagonista dell’ultimo romanzo Jude the Obscure 1896 paga sulla sua pelle le conseguenze della modernizzazione: vittima di un modern vice of unrest (moderno vizio dell’irrequietezza) che lo fa essere un outsider fino alla fine dei suoi giorni, Jude vive la contraddizione di sentirsi lacerato tra esigenze sensuali e spirituali, in un’età in cui corpo e anima, sesso e conoscenza appaiono inconciliabili. Storia di un fallimento intellettuale per cause familiari e sociali in cui si raffigurano problematiche quali l’educazione del proletariato, il controllo delle nascite l’aborto e il divorzio, il romanzo appare più come una presa di posizione sull’inutilità della vita, culminante nella scena più macabra e violenta di tutta la letteratura vittoriana: l’uccisone del bambino-vecchio figlio di primo letto di Jude, dei suoi fratellastri e la sua successiva impiccagione, giustificato da una lapidaria nota: fatto perché eravamo troppi. LA POESIA IL SENSO DI FUGA RENDE LA POESIA VITTORIANA ESCAPISTA, CIO è spia di un atteggiamento problematico nei confronti del contingente e del quotidiano. La spinta rivoluzionaria è esaurita; il mondo piccolo borghese in cui il poeta vittoriano si trova a vivere ha ben poco da spartire con quello idealizzato dai grandi romantici, l’affermarsi del capitalismo industriale, l’egemonia delle classi medie e dei loro valori sulla vecchia aristocrazia, la messa in discussone della religione ufficiale sulla scia delle nuove scoperte geologiche e biologiche portano a una separazione radicale tra realtà e poesia. A differenza del romanziere che esprime il consenso verso un certa società e ne sancisce la costruzione, il poeta lirico si stacca dall’oggetto e porta a rappresentazione se stesso. Ne consegue che l’oggetto esterno della sua rappresentazione, il mondo, gli appare problematico, il poeta non può che rifugiarsi nella creazione di un universo artistico a propria immagine. TENNYSON Fu il poeta laureato, amatissimo dalla regina vittoria e popolare tra i suoi sudditi. Influenzato dalla dizione e dalla musicalità keatsiana, creò mondi fantastici avulsi dal quotidiano, che vivono di suggestioni musicali piuttosto che contenuti ideologici. La poetica tennysoniana è tutta racchiusa nei versi della poesia più antologizzata, the Lady of Shalott, storia di una misteriosa femme fatale il cui mondo illusorio, intravisto in uno specchio, è distrutto dall’apparizione di Lancillotto, eroe della vita attiva. In un’altra famosa poesia tennysoniana, Ulysses, l’eroe omerico, colto al tramonto della sua esistenza, si rivela pur sempre incapace di adattarsi a una decorosa vecchiaia, decide di riprendere il mare. Questa sua volontà di conquiste e di vita attiva non è antitetica alla posizione contemplativa ed escapista del suo autore, quanto come affermazione di quell’ambiguità che è caratterizzante dell’intero periodo vittoriano. Mentre inneggia alle virtù del focolare domestico- di cui Telemaco è portatore in Ulysses- Tennyson, come ogni suo contemporaneo, ammira ed esalta chi diserta quel focolare per andare alla scoperta di nuovi mondi. Discorde nella valutazione complessiva delle sue opere, la critica riconosce la grandezza dei versi elegiaci di In Memoriam, scritto in memoria di Arthur Hallam, morto di emorragia celebrale a 22 anni. Forse il poema più malinconico di tutta la poesia inglese, esprime il tormento per la perdita della fede e dell’amicizia, attraverso 3 anni di dubbi, tormenti e depressione. Scandito sul ritorno di tre natali, il poema, il primo in Inghilterra a rapportarsi con le problematiche relative all’evoluzionismo darwiniani, si pone come lo spartiacque tra il vittorianesimo trionfante della prima metà del secolo e i dubbi del secondo Ottocento. Il poeta, come Ulisse appare lacerato, come ogni vittoriano, tra la volontà di gioire per le conquiste della sua era e la disperazione per le proprie angosce personali. ROBERT BROWNING Vero maestro del genere è Robert browning, la cui fama oggi è legata soprattutto ai monologhi drammatici, poemetti in cui personaggi storici, sovente colti in momenti cruciali delle loro esistenze, si raccontano in prima persona, senza che il poeta entri mai direttamente nel testo né con descrizioni o intermezzi narrativi né con giudizi morali. I monologhi di Browning offrono un ricco palcoscenico di individui, spesso affetti da qualche ossessione dominante, intenti a monologare sulle proprie vicende, senza mai interagire con gli altri, condannati piuttosto a confessarsi come il vecchio marinaio coleridgiano. Al contrario di tennyson che si rifugia in un mondo mitico e leggendario, Browning è affascinato dall’Italia umanistica e rinascimentale. Tutto giocato sul rapporto attivo con il lettore che deve credere alle parole del personaggio e nel contempo metterne in discussione la sincerità, sentirsi destinatario del racconto pur domandandosi a chi il parlante si rivolga, il monologo drammatico nella forma perfezionata da browning sarà modello indiscusso per Ezra Pound. Tra i monologhi più riusciti troviamo My Last Duchess, Andrea del sarto, interessanti in quanto suscitano molteplici e a volte contraddittorie interpretazioni per l’operato dei parlanti, tutti rappresentati nella loro ambigua umana fallibilità. Dalla follia omicida del duca di Ferrara, alla mancanza di alti ideali di Andrea del Sarto, il pittore dalla tecnica perfetta, rassegnato a essere secondo a Michelangelo o Leonardo, e nella vita privata a farsi tradire dalla moglie sciocca, salvo poi attribuire alle esigenze di quest’ultima i suoi fallimenti professionali. Lunghissimo romanzo in versi è the Ring and the Book, storia di un assassinio nella che spesso rinuncia a una trama definita e affidare il senso del racconto a un equilibrio di particolari, sensazioni, impressioni fugaci e molteplici punti di vista. LA POESIA Nei primi decenni del secolo, la critica, l’editoria, i lettori ingleso diedero consenso a una poesia tradizionalista, quella di Kipling, di Hardy e John Mansfield. Una poesia che celebrava il mondo rurale inglese attraverso forme e linguaggi ripetitivi. Il rinnovamento del linguaggio fu promosso dalla lezione del simbolismo francese; ma soprattutto dall’imagismo e di cui Ezra Pound fu acceso promotore. Pound ribadì la necessità di far piazza pulita dello spirito crepuscolare e della versificazione sdolcinata tardo romantica proponendo una poesia dura e chiara, mai indefinita, rifiutando la tendenza vittoriana al poema narrativo per una lirica breve, intensa e compatta “Less is more”. Non più abbondanza di aggettivi e metafore, ma un linguaggio diretto concentrato nell’esaltazione della centralità dell’immagine (è solo tramite il frammento che può essere comunicata l’esperienza), capace di annullare la distinzione tra poesia e prosa e d’incorporare nella poesia il linguaggio della quotidianità. Yeats Era dublinese di nascita, di famiglia protestante. Il padre e il fratello erano pittori e il rapporto con le arti figurative gli fu costantemente presente. Nella fase iniziale della sua attività poetica Yeats si mosse in un ambito tardo romantico, proponendo una poesia di carattere elegiaco che trovava ispirazione nelle figure leggendarie dell’antica Irlanda, nel suo folklore e nelle bellezze naturali non contaminate dallo sviluppo industriale che aveva deturpato il volto dell’Inghilterra (The Celtic Twilight, 1893). Il primo Yeats era già formidabile creatore di strutture narrative di fascino e di una ricca imagery capace di suscitare la suggestione più profonda. Spesso i toni erano nostalgici e sognanti, fautori di un sentimento di abbandono ripiegamento su di sé. Interveniva poi il richiamo degli eroi, della legenda, al mito eroico dell’Irlanda celtica che rimandava a una volontà di riscatto, a un ispirazione da seguire per la rinascita irlandese. Fu influenzato dal simbolismo francese, ma decisivo fu l’incontro con Pound, suggeritore della sua svolta modernista. Abbandonata la sua struggente musica dai toni languidi e malinconici, Yeats si rivolse a un linguaggio più diretto e asciutto, che incorporava parole della colloquialità. Abbandonava la tendenza all’esaltazione della soggettività per affrontare i dilemmi del presente. Era un presente che sentiva nemico a giudicare dalle liriche apocalittiche della maturità. La poesia di Yeats si muove con sovrana duttilità attraverso più registri linguistici, passando dai toni più elevati a quelli teneri, dall’incanto alla riflessione, dalla musicalità alla dissonanza stridente. Ricevette il premio Nobel nel 1923, riconoscimento al dono lirico e alla travolgente forza fantastica di uno dei maggiori interpreti della poesia europea del Novecento. ELIOT T.S Eliot era nato a St. Louis, nel Missouri e aveva studiato all’università di Harvard. Studi decisivi soprattutto per la lettura dei poeti metafisici e di Dante. IMPORTANTE nella fase giovanile fu pure l’incontro con la poesia francese di fine ottocento, simbolista. Importante fu l’incontro con Pound. Su BLAST Eliot nel 1915 pubblica Rapsody on a Windy Night, contente uno dei temi a lui cari, quello dello squallore urbano. Nel 1918 uscirà Prufrock and Other Observations, poesie scritte tra 1909 e 1915 i cui la poesia modernista s manifesta in tutta la sua modernità: con una scelta linguistica che trova nel linguaggio quotidiano lo strumento ideale per ritrarre la realtà impoetica del mondo contemporaneo, con o scelta filosofica della frantumazione della coscienza, con un procedere del discorso che dalla linearità passa ala scomposizione e dislocazione dei piani e compresenza in luoghi diversi. C’è il puntuale RICORSO ALLA dimensione satirica e ironica fino al The Hollow men (gli uomini vuoti,1925), uno sberleffo alla mediocrità di un presente di anonimo squallore e banalità. Con l’intervento di Pound uscì il suo capolavoro The Waste Land, che racchiude la più completa visione del modernismo. Il tema è quello della crisi della civiltà occidentale vista attraverso il simbolo della perdita della fertilità. In the Waste land centrale è l’immagine della città, della metropoli che per il modernismo rappresenta termine di confronto e stimolo decisivo per l’esperienza creativa. La Londra di Eliot è soprattutto la città irreale, luogo di alienazione e anonimato, percorsa da una folle di anime morte. Nel continuo parallelo tra presente e passato, con diversi riferimenti a epoche storiche, le incorpora nella condizione presente. Il percorso personale di Eliot si caratterizzò poi per il superamento della negatività della visione che percorre the Waste land attraverso la prospettiva religiosa. Nel 1927 fu accolto ella chiesa anglicana. Di quegli anni è Ash Wednesday (mercoledì delle ceneri 1930), il purgatori che segue l’inferno di the Waste land e precede il paradiso di Four Quartets. Ash Wednesday fa registrare una musicalità nuova, con un nuovo verso che spesso si avvale della rima e della magia di un’espressione riproposta come in un canto religioso. Il mondo esterno non è rilevante: l’attenzione è tutta rivolta al mondo interiore. Four Quartet è un poema in quattro parti. Ogni quartet si apre con riferimento all’esperienza personale del poeta nel luogo che gli dà il titolo. Il poema pur nel suo continuo svariare tra l’umano e il trascendente, ha sullo sfondo la presenza della guerra. AUDEN Negli anni 30 un vasto numero di giovani intellettuali, di fronte alle grandi tragedie politiche del periodo (nascita e affermazione del nazismo, guerra civile in Spagna si schierò sotto le bandiere della sinistra. Tra essi spiccava auden il suo maggiore esponente. Dotato di una stupefacete capacità versificazione, nella sua prima produzione Poems(1930) accanto agli echi dell’antica poesia inglese, all’influenza di Eliot, si coglie la volontà di ricollegarsi alla poesia premodernista per quanto riguarda la forma; ma il linguaggio è poliedrico, vibrante, elettrico, presi da forme espressive diverse come la music hall e il cabaret. The Orator che usa prosa e poesia nella sua analisi della società inglese, rappresenta la proclamazione della necessità dell’impegno, dell’intervento attivo in una società segnata dalla depressione e dalla disoccupazione nel campo economico e da totalitarismo in quello politici. Gli ideali politici di libertà e giustizia sociale che sostanziano la denuncia sono più emotivamente che ideologicamente alla base della produzione poetica di Auden e altri suoi compagni. La loro adesione alle battaglie politiche della sinistra fu generosa, spesso ingenua ma animata da un fortissimo sentimento di avversione a un sistema avvertito come ingiusto e illiberale. In auden, l’omosessualità discriminata e perseguitata costituiva la molla ulteriore di rivolta contro l’establishment ipocrita. Il dato personale faceva un tutt uno con quello politico. Allo scoppio della guerra si reco in Spagna in appoggi alle brigate internazionali e scrisse la famosa lirica Spain 1937, di grande vigore poetico e civile, tuttavia auden la rivide nel ’40 poi volle che venisse dimenticata. Nel frattempo erano subentrate le disillusioni, le amare verità avevano preso il posto delle generose utopie, la poesia stessa non appariva come veicolo di cambiamento. Nel 1939 si trasferì negli USA e pubblico Another Time e che contiene Lullaby e the duble man, il tema accanto all’abbandoni dell’ipocrisia politica, diventa quello della solitudine esistenziale dell’uomo, con spazio alla riflessine religiosa che si accentua con la morte della madre a cui dedica The time Being. Nel 48 esce The Age of Anxiety, poema drammatico racchiuso in una notte in un bar della Third Avenue e l’alba successiva nelle strade della citta che interpreta tutto il proprio tempo nei termini dell’affanno esistenziale dell’uomo. Anche nella produzione più tarda non venne mai l’abilità nello sposare forme popolaresche con l’artificio letterario più elevato, e mescolare strutture tradizionali con un linguaggio brillantemente moderno. THOMAS Libro LA NARRATIVA Henry James, il cosmopolita scrittore americano che sul finire dell’Ottocento aveva scelto l’Europa come luogo possibile della creazione letteraria si era adoperato a diffondere nel mondo culturale inglese la consapevolezza della cruciale importanza dell’opera di Flaubert e di Maupassant. ma al tempo stesso non aveva mancato di riconoscere il valore della produzione di Zola e del suo naturalismo. Gli echi di questa rivoluzione erano giunti anche in Inghilterra tramite George Moore, poi George Gissing e Arnold Bennett che esaltava quella “passione per la presentazione artisticamente armoniosa della verità”. I romanzieri di maggior successo dell’inizio del secolo, Bennett, H.G.Wells, Galsworthy, erano pienamente convinti di superare le forme del romanzo ottocentesco. Il rinnovamento formale ce essi proponevano di realizzare si muoveva in una logica di continuità nella discontinuità, mentre i modernisti proponevano una rottura radicale con il passato. I contributi saggistici di Henry James offrirono la piattaforma teorica in nome sia della piena autonomia del romanzo, vista la più alta forma di espressione letteraria, si dell’abbandono del tradizionale sviluppo di una trama affidata a un narratore onnisciente con l’adozione conseguente, in luogo del punto di vista del narratore, di una molteplicità di punti di vista (principio che sarà portato all’estremo nel monologo interiore e nel flusso di coscienza di Woolf e Joyce H.G WELLS anche lui aveva proposto una nuova arte basata sulla scienza; ma soprattutto sulla scienza che ancora non c’era, sulla fantascienza come si sarebbe detto poi. Da THE Time Machine 1895 a The First Men on The Moon 1901 Wells immaginò straordinarie invenzioni e minacciosi sviluppi tecnologici. Invasioni marziane e conflitti mondiali, conquiste scientifiche e lucide distopie che rivelavano una preoccupazione ideologica e sociale. I suoi romanzi del primo decennio rispondo a questo interessante e di superamento delle convenzioni e barriere ereditate dal mondo vittoriano: lo testimoniano le storie di Mr. Lewisham, Kipps e ANN Veronica, la storia della donna nuova delle rivendicazioni femministe. La preoccupazione sociale riveste importanza anche per Arnold Bennet in ANNA of the Five Towns, la storia di un donna vittima di un padre avaro ambientata nella zona industriale ell 5 città ma anche nel suo capolavoro The Old Wives’Tale. John Galsworthy, i suoi drammi suscitarono un vastissimo eco nell’opinione pubblica al punto che Justice portò a u una revisione del sistema penale britannico. Nel 1906 pubblicò The man of Property che attraverso le vicende del protagonista e della sua famiglia dipinge un affresco della borghesia britannica nella sua tendenza a trasformare ogni cosa in merce. C’è l’dea di rappresentar attraverso la vicenda di una famiglia la crisi di un ceto sociale e dei suoi valori come Thomas Mann aveva fatto con i Buddenbrook. Nel 1932 a Galsworthy fu conferito il premio Nobel per la letteratura. CONRAD Joseph Conrad nato da genitori polacchi e cresciuto in Russia e in Polonia, a 17 anni era giunto a Marsiglia per intraprendere la carriera marinara e fu prima nella marina mercantile francese e poi inglese. Ma non accantonò mai la sua giovanile ambizione di diventare scrittore. Per qualche tempo conciliò le due cose poi dopo il primo romanzo Almayer’s Folly si stabilì in Inghilterra dedicandosi completate all’attività di scrittore. I maestri di Conrad furino Flaubert e Maupassant, poi ci fu l’ammirazione per Henry James. Maestra fu anche la sua lunga esperienza marinara nelle parti più lontane ed esotiche del globo. Da un lato esercitava il fascino la componente avventurosa anche sul lettore dall’altro, sul piano ideologico, per la sua visione del mondo: la vita come un misurarsi con le avversità, il senso di comunità che unisce che insieme le affronta. Molte delle sue storie si svolgono in territori coloniali sui mari che li congiungono; ma diversamene dai suoi lettori di allora, l’atteggiamento di Conrad, non solo non è di convinta adesione, bensì di contraddittoria e acutissima riflessione critica sulla natura dell’impresa coloniale, come s vede magistralmente in Heart of darkness. La vicenda si svolge in Congo e ha come protagonista Kurtz, un uomo che tutta l’Europa per via delle diverse nazionalità dei suoi ascendenti, aveva contribuito a creare, mandato nella colonia africana come portatore di civiltà. Il cuore di tenebra è quello dell’uomo europeo, dell’uomo civilizzato, che lasciato solo a se stesso in quel modo primitivo e primordiale si abbandona alla parte più remota di sé, istintiva, selvaggia, primitiva. Si può vedere come tenebra la stessa impresa coloniale o vedere come Kurtz si perda perché non doveva essere lì, in quel luogo altro: non ne aveva il diritto. Dopo pubblica il romanzo breve Typhoon che racconta della terribile tempesta attraverso la quale il modesto capitano Mc Whirr conduce alla salvezza la nave e il suo equipaggio ma non ci sono onori e glori perché ha compiuto unicamente il suo dovere in circostanze drammatiche. Questo è uno schema ricorrente, Conrad colloca il suo personaggio in una situazione estrema, di fronte a una scena radicale, auna prova tremenda. Se la supera non c’è una particolare ricompensa, se non la supera è punito con la morte. Kurtz colpevole di essersi dimenticato di se, in quanto uomo civilizzato, non viene lasciato vivere come un re-dio nella giungla africana: viene fatto morire, il capitano di Typhoon supera la prova, si salva e viene salvato. Quella di Lord Jim è la storia di un uomo giusto, che in momento estremo e in condizioni estreme, ha abbandonato la nave che sembra destinata al naufragio e che per anni vaga da un luogo all’altro dell’oriente alla ricerca di qualche prova che lo redima: e troverà, finalmente, la morte. Con The Secret Agent Conrad sposta l’attenzione sull’Europa. La vicenda si svolge in una Londra fredda e inospitale e muove intorno alle trame di un gruppo di anarchici e all’attentato organizzato in modo da far ricadere la colpa su di essi. Ciò che ne emerge non è una tragedia politica ma umana e si conclude con la morte. In Under Western Eyes mette in scena un fallimento morale di un gruppo di rivoluzionari e mette a confronto in maniera partigiana e affascinante l’anima irruente e barbara dell’Europa orientale con quella fredda e inerte dell’occidente. Con i suoi romanzi ambientati nel nuovo mondo e nella vecchia Europa, nel cuore dell’impero e nel cuore della tenebra, Conrad ha affrontato la natura della condizione umana nel tempo dell’illusone dell’onnipotenza dell’uomo. Conrad ha affidato la narrazione a un “secondo narratore”, a un personaggio narratore non in grado spesso di cogliere appieno il significato dell’esperienza raccontata. Conrad dichiara esplicitamente come fanno i modernisti la difficoltà del romanzo di essere ancora capace di dire una parola complessiva su una realtà che risulta troppo disgregata e mutevole per essere racchiusa nella forma romanzesca. FORD Ford Maddox Ford crebbe in un ambiente artistico cosmopolita che molto influì sulle sue scelte di rinnovare, sprovincializzare, la cultura inglese. Fu un operatore culturale di grandissima importanza soprattutto per il mensile The English Review che lanciò D: H Lawrence e ospitò James e Pound e per la sua Transatlantic Review che pubblicò i teti di Pound, Joyce e Hemingway. All’inizio ebbe un lungo sodalizio con Conrad, li accomunava la stessa fede nel romanzo in quanto opera d’arte, e scrisse una trilogia di romanzi storici con protagonista la quinta moglie di Enrico VIII. Il suo capolavoro è THE good Soldier. <-- vedi libro Forster Il suo capolavoro è Howards End. Più volte nel romanzo la protagonista, Margaret esprime la speranza che sia possibile conciliare i due mondi che fanno da sfondo, quello borghese, degli affari, del potere, del denaro, conformista e materiale e quello borghese liberale, illuminata, tollerante, aperta agli altri e alle ragioni del cuore. Nel primo romanzo Where Angels Fear to Tread, la contrapposizione è tra l’Inghilterra e l’Italia, tra rigidità Vittorina, ipocrita e fredda e spontaneità mediterranea, generosa e vitale. In A Room with a View 1908 la contrapposizione è tra autocensura britannica e passione italiana e tra conformismo soffocante e libera espressione del sentimento. In Howards end vi è un ritratto sociale di grande penetrazione, che oltre a indagare sugli uomini e sulle donne della borghesia inglese, entra nell’intuito sociologico e psicologico del patetico mondo piccolo-borghese: la figura dell’impiegatuccio <Leonard Bast, da cui Helen, la sorella d
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