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l'idea di pace perpetua e il pacifismo - riassunto, Sintesi del corso di Sociologia Dei Processi Culturali

riassunto libro l'idea di pace perpetua e il pacifismo di Max Scheler

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 16/01/2019

nicolo-farinella
nicolo-farinella 🇮🇹

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Scarica l'idea di pace perpetua e il pacifismo - riassunto e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia Dei Processi Culturali solo su Docsity! L’idea di pace perpetua e il pacifismo - Max Scheler Cap 6 - La prospettiva della sociologia del sapere. L’ultimo Scheler fra ontologia e utopia della pace: Dalla sociologia del sapere di Scheler proviene un fondamentale contributo alla demistificazione di ogni utopia di tipo irenistico sia attraverso la tesi sull’impotenza dello spirito sia attraverso la critica della legge comtiana dei 3 stadi. Per Scheler la teoria comtiana è del tutto errata, la conoscenza e il pensiero teologici- religiosi, quelli metafisici e quelli positivi non sono fasi storiche di sviluppo del sapere, bensì atteggiamenti dello spirito e forme di conoscenza essenziali. Il positivismo è caduto in questi errori a causa del suo orientamento europeistico - occidentale. La decadenza religiosa e metafisica contemporanea di una piccola parte dell’umanità è stata assunta come processo normale di deperimento dello spirito religioso e metafisico. Comte ha tuttavia il merito di aver colto la stretta relazione tra categorie conoscitive e strutture sociali piazzandole tuttavia su un quadro di fondo errato. Scheler critica il positivismo pacifista sostituendo tuttavia alla legge dei 3 stadi una concezione parimenti evoluzionistica dello spirito umano. Il pensiero scheleriano si pone rispetto al problema della guerra e della pace secondo tre atteggiamenti differenti relativi a tre momenti differenti in cui si svolge la sua riflessione. 1. Nel primo momento Scheler si presenta “trascinato” dagli eventi della prima guerra mondiale, la pace perpetua è un male per l’umanità e la metafisica della guerra risulta influenzata dal pensiero di Hegel e Nietzsche. La prima è vista come conflitto tra diversi spiriti nazionali e pertanto ha una valenza metafisica più che politica. In questa fase Scheler analizza il valore in sè della guerra vedendola come un fatto spirituale, una esperienza vitale totale (Morra - guerra sistole, pace diastole) 2. Il secondo momento è quello appena successivo alla prima guerra mondiale, S. si distacca dal suo iniziale nazionalismo è interpreta la prima come il peccato di un Europa distaccatasi dalle sue radici cristiane. L’esperienza della guerra deve riportare l’uomo verso la trascendenza, fargli rivolgere il proprio occhio interiore verso l’Eterno. La guerra mondiale si costituisce come lo scacco definitivo verso ogni profezia positivistica e verso la stessa divinizzazione dell’umanità, l’umanità si è rivelata essere il peggiore di tutti gli idoli. Scheler di fronte a ciò si appella ad un rinnovamento religioso, ad una rinnovata prospettiva filosofico-religiosa. Scheler in questa fase parla di evidenza del peccato originale in riferimento alla problematica riguardante il male del mondo e giunge ad ipotizzare la presenza del “Maligno” in quanto essere “personale” situato in una dimensione metafisica intermedia tra mondo e uomo e dai cui derivano i “mali del mondo”. 3. Il terzo momento appare segnata da una profonda svolta caratterizzata da una nuova prospettiva panteistico-evoluzionistica che porterà S. a sviluppare, in relazione al problema della guerra e della pace, l’idea di una solidarietà fra mondo e DIo, che ha per teatro la storia umana nella quale viene ad iscriversi il divenire divino stesso. In questa fase anche il problema del male e del peccato troveranno una nuova soluzione (influenza di Schelling e Hartmann). Al centro di questa svolta vi è il conflitto tra spirito e vita. Scheler adotta una teoria negativa dello spirito che trae le proprie radici dal pensiero di Schopenhauer. Secondo S. il regno della pace e di Dio sono divenuti un aldilà a seguito della disillusione relativa alla realizzazione di un regno della pace in terra. Scheler porta a far coincidere la storia dell’uomo e l’autorealizzazione di Dio rifiutando inoltre il peccato originale la credenza che esso sia all’origine della guere e la funzione salvifica della chiesa. Il pensiero scheleriano cade in una velata forma di utopismo gnostico e perfettistico. Scheler crede possibile una pace perpetua sulla terra e sottolinea l’esistenza di una curva evolutiva storica che porta ad essa ma non intravede forze capaci di sostenere tale realizzazione. La pace perpetua non diventa oggetto di sapere ma di fede metafisica e religiosa. Karl Mannheim esamina indirettamente il problema della guerra nella terza parte de L’uomo e la società in un’età di ricostruzione. Mannheim vuole cogliere il tessuto psico-sociale alla base dei sistemi totalitari attraverso strumenti sociologici e strumenti analitici propri della psicologia. Per Mannheim esiste una precisa correlazione tra disorganizzazione della società e disorganizzazione della personalità sottolineando come in una società che soffre di una disorganizzazione generale il nevrotico vada a stabilire il modello. Mannheim si chiede relativamente al problema della guerra se questa sia radicata nella stessa natura umana ponendosi in contrasto con tutte quelle pericolose ideologie che sembrano affermare ciò. Una sociologia della guerra che aspiri ad essere completa, dice Mannheim, dovrebbe rispondere a due domande: • Vi sono state nella storia società che hanno originato atteggiamenti pacifici? • Per quali ragioni e mediante quali meccanismi le moderne società pacifiche si mutano in società bellicose? La risposta affermativa alla prima domanda porta M. a concludere che la natura umana può fare a meno della guerra (es. Società olandese pacifica) e perciò lo sviluppo di atteggiamenti bellicosi in una società pacifica è da far risalire ad una forma di regressione collettiva. Mannheim vede come la disgregazioni di atteggiamenti socialmente stabiliti insieme ad una qualsiasi forma di insicurezza collettiva porta la dissoluzione totale o parziale della società, di antichi atteggiamenti e la formazione di nuovi. Mannheim evidenzia come l’individuo affronti questa situazione di insicurrezza attraverso attività sostitutive volte a mitigare il suo disagio psicologico. In tale fase emerge un processo di trasformazione collettiva del sistema simbolico che si compone di tre stadi: Il simbolo da puro fine sostitutivo (fase iniziale), diviene la nuova forza motrice per nuove forme di spontanee integrazioni di gruppo (fase utopistica del gruppo), per trasformarsi infine in un rigido emblema di un gruppo organizzato. Questo processo permette di descrivere ogni esperienza sociale rivoluzionaria, i rapporti umani si fossilizzano, si passa da un insicurezza disorganizzata a una organizzata dove la popolazione non sentirà più di aver perduto il proprio oggetto, e finchè il sistema funziona essa obbedirà di buon grado. “La guerra è il risultato in parte dell’elaborazione difettosa di tendenze psicologiche attraverso le istituzioni, e in parte del disperato rifugiarsi del popolo nell’aggressione collettiva, quando le istituzioni non coordinate cozzano e danno origine al sentimento di insicurezza generale” Pitirim Sorokin analizza il fenomeno della guerra abbracciando la prospettiva del mutamento e del conflitto. Sociology of revolution del 1925, viene approfondito il comportamento umano e di gruppo che si delinea in un contesto socio-politico rivoluzionario. La psicologia della società rivuluzionaria risulta caratterizzata da forme di regressione inerenti alla vita spirituale individuale e collettiva. L’individuo sperimenta una forte attenuazione della capacità di autoconcepirsi come essere individuale in funzione della “legge di partecipazione” la cui conseguenza e quella di confondere la prossimità degli eventi come legati da una relazione di causa-effetto. La legge di partecipazione porta all’emergere di concetti come quello di responsabilità collettiva e nemico del popolo. La società rivoluzionaria assume quindi un processo di disorganizzazione culturale e psichica che la accomuna con le società primitive e essa vede inoltre la stessa disorganizzazione toccare anche il dominio dell’esperienza sensoriale-emotiva dell’individuo.
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