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L'idealismo di Hegel, Appunti di Filosofia

L'idealismo assoluto di Hegel, che si configura come superamento del criticismo kantiano e ha come scopo principale la conoscenza della realtà totale. L'idealismo romantico è un idealismo assoluto che perviene alla definizione di soggetto e oggetto come la stessa cosa. anche la vita di Hegel e le sue opere principali.

Tipologia: Appunti

2018/2019

In vendita dal 10/05/2022

MiriamFiore_01
MiriamFiore_01 🇮🇹

5

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23 documenti

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Scarica L'idealismo di Hegel e più Appunti in PDF di Filosofia solo su Docsity! L’Idealismo La filosofia romantica è per antonomasia l’idealismo assoluto; con idealismo intendiamo quelle visioni del mondo che privilegiano la dimensione ideale rispetto a quella materiale. L’idealismo si configura come superamento del criticismo e dalla filosofia Kantiana del limite: Hegel parla di Kant come ‘quel tale scolastico che volle imparare a nuotare prima di arrischiarsi nell'acqua’, ovvero come di colui che ebbe la presunzione di fondare la conoscenza oggettiva e universale lasciando però il residuo della cosa in sé, e quindi dichiarando allo stesso tempo esistente e inconoscibile quella x della realtà. Lo scopo principale della filosofia dell’idealismo è quello di pervenire ad una conoscenza della realtà totale, rendendo il rapporto tra soggetto e oggetto senza incognite. L’idealismo romantico è un idealismo assoluto, diversamente dall’idealismo gnoseologico che attribuiva la conoscenza della realtà al soggetto; l’idealismo assoluto perviene alla definizione di soggetto e oggetto come la stessa cosa in quanto sia la realtà è rappresentazione del soggetto, sia il pensiero è rappresentazione del soggetto, per cui il soggetto è l’oggetto, il pensiero è l’essere. [con soggetto non si intende il singolo individuo ma il soggetto universale che è la ragione immanente.] Secondo però Hegel l’aderenza tra soggetto e oggetto non è immediata, ma frutto di un iter processuale, di una mediazione dialettica. In virtù di ciò il soggetto idealistico diventa soggetto creatore nel momento in cui pensando la realtà le dà consistenza, la crea: la realtà non è più data ma creata. Georg Wilhelm Friedrich Hegel Georg Wilhelm Friedrich Hegel nasce nel 1770 a Stoccarda. Il 1770 costituisce un anno particolare poiché, mentre nasceva il filosofo dell’idealismo assoluto, Kant pubblicava la dissertazione che poi avrebbe dato avvio al suo pensiero filosofico. Hegel seguì i corsi di filosofia e di teologia all’università di Tubinga, acquisendo una formazione umanistica scolastica. La sua carriera, similarmente a quella di Kant comincia da precettore presso alcune famiglie agiate di Berna; in questa prima fase il giovane Hegel, animato dal grande entusiasmo per la causa, è sostenitore della rivoluzione francese, questo entusiasmo iniziale però andrà scemando fino a portare Hegel ad essere strenuo conservatore ed entusiasta difensore della Prussia del suo tempo. Nel 1800 Hegel sarà travolto dal lutto paterno, proprio però grazie alla cospicua eredità lasciatagli dal padre, lascerà il lavoro di precettore, trasferendosi a Jena dove darà inizio alla carriera accademica. Traferitosi a Jena entrò in contatto con il circolo di filosofi al quale in un primo momento aderirà, successivamente però, abbandonò il circolo e fonderà insieme a Schelling una rivista filosofica. Nel 1806 Hegel riuscirà ad ottenere la cattedra di docenza all’università di Jena; nello stesso anno Jena verrà occupata da Napoleone: in quella occasione Hegel affermerà di aver visto lo spirito del mondo a cavallo, ma proprio per l’occupazione di Jena l’università verrà chiusa ed Hegel perderà il posto di docenza. Questo è un periodo cupo della vita di Hegel nel quale il filosofo intraprenderà una relazione con una domestica, dalla quale avrà un figlio, e cadrà in un periodo di crisi economica: frutto di questa fase è uno dei capolavori più criptici di Hegel: “La fenomenologia dello spirito”, data alle stampe nel 1806. Nel 1808 diventa direttore del Ginnasio di Norimberga e durante gli anni di Norimberga, tra il 1811 e 1815 scrive un’altra tra le sue opere più importanti: “la scienza della logica” (di cui la fenomenologia doveva costituire un’introduzione). La logica intesa da Hegel non è più la logica trascendentale della ragion pura di Kant, per ciò essa costituisce in qualche modo l’avvio della teorizzazione dell’idealismo in quanto è più una logica storica, speculativa, dialettica. Nel 1816 Hegel diventa docente all’università di Heidelberg e proprio durante questi anni darà alla luce “l’enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio”; l’opera è da considerare il cuore del sistema Hegeliano. Nel 1818 Hegel raggiungerà il culmine della sua carriera accademica diventando docente presso l’università di Berlino, dove morirà probabilmente per colera; il periodo Berlinese è un periodo florido, durante il quale il filosofo darà alla stampe tre opere: “lineamenti di filosofia del diritto”, “lezioni di storia della filosofia” e “lezioni di filosofia della storia”. I capisaldi del sistema Hegeliano: 1. La risoluzione del finito nell’infinito. La filosofia Hegeliana si configura come il superamento del criticismo Kantiano: il finito non esiste più come tale, esso è solo una parte, una manifestazione parziale del tutto, dell’infinito. Il finito non ha più valore in sé ma è da considerare in maniera funzionale al tutto. Il tutto, la realtà è unica: questa concezione monistica viene ripresa dallo spinozismo del “deus sive natura”, la realtà Hegeliana però non è una realtà statica ma è viva, dinamica in continuo divenire. 2. L’identità di ragione e realtà. La ragione è realtà, il pensiero è realtà. Secondo la visione positivista di Hegel noi viviamo sempre il massimo grado della ragione, il migliore dei mondi possibili. La ragione è ossatura immanente della realtà e per questo cresce sempre insieme ad essa in modo incessante. Il filosofo afferma inoltre che la realtà non deve essere giudicata ma compresa per quello che è, perché ciò che è, è la ragione che cresce all’interno della realtà sempre dal bene in meglio. Gli accidenti negativi della realtà sono parte di un tutto razionale e positivo. In quest’ottica il male è funzionale ad un accrescimento del positivo. A sua volta la storia non va giudicata a compresa, in virtù di ciò lo storico Benedetto Croce affermerà che la storia non è giustiziera ma giustificatrice. 3. La funzione della filosofia. Hegel ritiene che il compito della filosofia sia quello di comprendere la realtà e le strutture razionali che la costituiscono. La filosofia non dice cosa deve essere la realtà, ma la comprende concettualmente nella sua forma finita, come essa si presenta, come è già. La filosofia, afferma Hegel in un paragone famoso, è come la nottola di Minerva che inizia il suo volo sul far del crepuscolo, per sottolineare come la filosofia non serva a ‘fare’ la realtà ma a comprenderla (nel senso etimologico del termine = prendere il tutto). Il filosofo Remo Boidei nella sua opera ‘La civetta e la talpa’, approfondisce ancora una volta il significato di questa metafora, sostenendo come la l civetta sia piena rappresentazione della filosofia, nella sua comprensione totale di una realtà già compiuta, e la talpa rappresenti la ragione immanente; la realtà è storia reale e la filosofia ha il compito di comprenderla in forma concettuale. Per ciò la filosofia, intesa da Hegel, sembra perdere quella quota critica a favore di una quota giustificazionista, in realtà la filosofia Hegeliana guarda alla realtà non guardando agli accidenti come determinanti ma comprendendola nel tutto, sostenendo il polso della realtà stessa. In questi termina la filosofia diventa l’apprensione dell’essere, eliminando del tutto lo scarto tra ciò che è e ciò che deve essere (com’era nella filosofia di Kant), in quanto la ragione stessa è l’essere. La dialettica: la dialettica è la legge interna della realtà, quella legge che ne regola il divenire. La dialettica non è altro che la forma del divenire: ragione e realtà coincidono in quanto frutto di una processualità dialettica interna alla realtà. La dialettica hegeliana non è una dialettica polare ma è una dialettica triadica poiché introduce oltre il momento della tesi e quello dell’antitesi, un terzo momento: quello della sintesi. Se l’essere è la tesi, e il non essere è l’antitesi, il divenire è la sintesi; attraverso la sintesi si rimuove la rigidità dell’essere non cadendo nel non essere: la sintesi supera il momento negativo dell’antitesi, confluendo in un momento positivo e dando vita ad una nuova unità, frutto di un’unità superiore. 1. La tesi è il momento astratto, intellettuale: rappresenta il momento più povero, attinente al piano della realtà. Nella tesi il pensiero (logos) e lo spirito sono tutti in sé e per sé; nel momento della tesi il pensiero non si confronta con il da sé, l’oggetto della realtà. L’intelletto inteso da Kant non è l’organo che fluidifica e mette insieme, questo è invece la ragione. L’intelletto per Hegel è l’organo che separa. 2. L’antitesi è il momento negativo-razionale, che esprime l’urto con l’alterità, con l’altro da sé; l’urto con ciò che è altro è destinato a ricomporsi nella sintesi. 3. La sintesi è il momento positivo razionale, nella quale la ragione ritorna in sé arricchito dall’altro da sé. L’urto che è scontro, dispersione, determina un accrescimento della ragione. Il termine che meglio esprime l’idea del ‘superamento’ è Aufhebung che è al tempo stesso togliere (l’opposizione tra tesi e antitesi) e conservare (la verità della tesi, dell’antitesi e della loro lotta). La dialettica è una dialettica a spirale che cresce su se stessa: ogni sintesi apre infinitamente ad una nuova tesi. 2. Ragione attiva: presa consapevolezza che l’unità di io e mondo non è qualcosa di dato ma qualcosa che deve essere realizzato, la ragione diventa attiva. La ragione attiva si distingue a sua volta in tre fasi: 1. Piacere e necessità: la ragione sceglie di agire a pieno e di godere della realtà. Questo desiderio si esprime nella celebre immagine di Faustus, in quel desiderio estremo di voler godere della realtà facendola propria. 2. La legge del cuore e il delirio della presunzione: il desiderio di godere a pieno della realtà è destinato, però, al fallimento poiché la realtà non si piega ai desideri soggettivi. La ragione agisce cercando di fare il bene della realtà, ma fallisce scadendo nella presunzione del soggetto che agisce secondo il proprio ideale di bene senza, quindi, tener conto dell’idea di bene degli altri soggetti. 3. La virtù e il corso del mondo: la ragione cerca quindi di individuare una legge universale, una morale che vada bene per tutti; ciò si scontra con il corso del mondo. 3. Individualità in sé e per sé reale: in questa sezione Hegel mostra come l’individualità, pur potendo raggiungere la propria realizzazione, rimane, inadeguata e astratta. Questo passaggio è espresso attraverso tre figure: 1. Il regno animale dello spirito: esprime l’atteggiamento di dedizione ai propri compiti particolari (per esempio, la cura verso i propri familiari). Questa però non può bastare poiché la ragione tende alla realtà tutta, all’universale, non agli interessi particolari. 2. Il secondo momento è quello della ‘ragione legislatrice’: la ragione cerca a questo punto di trovare delle leggi universali, che in virtù della loro origine individuale si rivelano contraddittorie. 3. Questa contraddizione spinge l’autocoscienza a farsi ‘ragione esaminatrice delle leggi’: la ragione prende coscienza il distacco tra sé e le leggi. Questa sezione della coscienza individuale, esaurito il suo percorso, trapasserà nel momento della coscienza collettiva (piano storico concreto) che si suddivide in: 1. Spirito: corrisponde alla fase dell’eticità del mondo greco. È il momento caratterizzato da una fusione armonica tra l’individuo e la comunità, la πολις, in virtù della quale il singolo appare profondamente immerso nella vita del proprio popolo. 2. Il secondo momento corrisponde alla fase di frattura tra l’io e la società. È questo il caso di Antigone di cui Hegel fornisce un’immagine completamente distaccata dal classico mito dell’eroina. Per Hegel Antigone è portatrice di un'individualità negativa che creerà di fatto una frattura rispetto alla coesione con lo stato e i valori che quest’ultimo esprime. Antigone è espressione del γένος, del legame privato di affetto con il fratello, espressione della pietas del fratello, di un imperativo morale, di quello che Hegel chiama gebot, espressione della legge dell'ombra, degli inferi che chiede che sia data sepoltura a tutti gli individui senza distinguere fra eroi e traditori. Antigone esprime una dimensione privata, unilaterale, parziale, legata al femminile. Queste caratteristiche si oppongono a quelle che esprime Creonte, non è espressione del γένος, ma della πόλις, non è espressione di pietas, ma di una ratio che non ammette i motivi della pietas, è espressione non del gebot ma di una legge positiva, gesetz, è espressione della legge olimpica, della luce, del cielo, che è nota a tutti, è portatore del maschile. 3. Il terzo momento è quello di una riconquistata eticità e armonia tra individuo e comunità, quello in cui lo spirito si riconosce nella sostanza etica dello stato.  Enciclopedie delle scienze in compendio Nel 1817 Hegel dà alle stampe un’opera importantissima per il suo sistema: ‘l’Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio’; l’opera contiene tutti i momenti dello spirito ed è l’ultimo grande sistema della storia della filosofia. L’Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio è articolata in tre macro sezioni. La sezione dello spirito si suddivide a sua volta in: v La sezione dello spirito oggettivo riguarda lo spirito che, tratto fuori dalla natura, non è appagato dal suo riconoscimento come spirito e per ciò vuole calarsi nel concreto delle istituzioni, della storia. Il primo momento dello spirito oggettivo è il diritto, che costituisce la tesi della triade. Il diritto è il momento più povero poiché si tratta dello spirito che si cala nel concreto delle istituzioni come persona giuridica, quindi come individuo che non esprime la collettività dello stato. La proprietà, prima fase della triade del diritto, non è altro che il riconoscimento del possesso delle cose e soprattutto di se stessi; ma il fatto che, io individuo, possa essere proprietario della mia persona e dei miei averi deve essere riconosciuto da altri soggetti che hanno i miei stessi diritti: ciò è possibile solo attraverso un contratto, che non è altro che un reciproco riconoscimento tra gli individui. Il contratto però può essere violato, implicando così un illecito, che non è altro che un capovolgimento del diritto; per ristabilire il diritto iniziale è necessaria la pena che riafferma tale diritto, rafforzandolo. Se la pena viene interiorizzata e fatta propria trapassa nella moralità, come intenzione interiore al bene. La morale esprime una tendenza al dovere, un’intenzione all’azione, che di fatto non corrisponde con la realtà concreta, effettuale: l’intenzione dell’azione, non giustifica in alcun modo le conseguenze dell’azione stessa, anzi idea -> tesi riguarda il pensiero puro ed equivale alla sezione della coscienza nella fenomenologia raccoglie quanto aveva presentato nella logica natura -> antitesi l'idea esce dal suo da sè e si aliena nell'atro da sè corrisponde alla sezione della ragione osservativa della fenomenologia spirito -> sintesi è la sezione più matura che esprime il ritorno del pensiero presso di sè. il pensiero si riconosce nel concreto delle istituzioni e della storia Spirito soggettivo Spirito assoluto Spirito oggettivo antropologia fenomenologia psicologia diritto moralità eticità Illecito e pena Contratto Proprietà Il bene e il male intenzione Proponimento stato società famiglia arte religione filosofia La storia del mondo Il diritto interno Il diritto esterno l’intenzione non fa altro che sottolineare la sfasatura tra essere e dover essere, tra ragione e realtà; questa dimensione Hegeliana esprime, ancora una volta una critica durissima nei confronti del cuore del Kantismo. In una celebre espressione Hegel asserirà che ‘di buone intenzioni è lastricato l’inferno’ sottolineando ancora una volta come la morale kantiana sia permeata da formalità e astrattezza proprio per lo scarto tra essere e dover essere. (pag 513, 2B). L’eticità è l’ultimo momento della triade dello spirito oggettivo; essendo il momento della sintesi, racchiude in sé il diritto, che aveva il limite di essere solo esteriore e di guardare all’individuo, e la morale, che aveva il limite di essere solo interiore; l’eticità non è altro quindi che la felice sintesi tra l’estremità del diritto e l’intenzionalità del dovere e, perciò, si configura come la realizzazione concreta del bene in quelle forme istituzionali che sono: famiglia, società civile e Stato. Il termine eticità deriva dalla parola ‘costume’, questo sottolinea il fatto che ogni individuo, nascendo, si trova collocato in un orizzonte storico-culturale che orienterà le sue scelte. Il primo momento dell’eticità è la famiglia, è la tesi quindi il momento più povero; la famiglia è un’istituzione a tutti gli effetti, un momento storico; in quanto tesi è chiusa in sé, poiché legata dai rapporti che s’intrecciano al suo interno. La famiglia consta di tre momenti: matrimonio, patrimonio e l’educazione dei figli, quest’ultimi sono destinati a fuoriuscire dal nucleo originario, per creare altre famiglie: questo apre alla rottura del nucleo originale e alla conseguente dispersione nella società civile, che a sua volta rappresenta l’antitesi. La società civile, è un momento di passaggio tra il nucleo familiare e lo stato stesso, che si indentifica sostanzialmente con la sfera economico-sociale e giuridico-amministrativa del vivere insieme, ovvero come luogo di scontro ma anche di incontro di interessi particolari e indipendenti. A sua volta la società civile è suddivisa in tre momenti: il sistema dei bisogni, l’amministrazione della giustizia, la polizia e le corporazioni. La sintesi tra famiglia e società civile è lo Stato etico che è riaffermazione dell’unità della famiglia, aldilà della dispersione della società civile. Lo stato etico ha quindi come obiettivo quello di farsi portatore di valori per tutti, del BENE PER TUTTI. Il primo momento dello stato etico è il diritto statuale interno nel quale Hegel articola la concezione di stato etico:  Lo stato Hegeliano non è uno stato liberale e non è garante dei diritti individuali ma fa il bene di tutti.  Lo stato Hegeliano non è democratico: il popolo è parte dello stato ma non è la volontà del popolo a porre in essere lo stato, lo stato esiste prima.  Lo stato Hegeliano non si basa sul modello contrattualistico degli empiristi (Hobbes e Locke), non nasce dal basso come un patto tra le parti, ma è già tale.  Lo stato Hegeliano non è giusnaturalistico: non garantisce ed esclude il diritto naturale o individuale in quanto diritti preesistenti allo stato e oltre lo stato stesso. [lo stesso diritto che aveva rivendicato Antigone]  Lo stato Hegeliano è un grande organismo che funziona perché è un tutto superiore alle parti che lo compongono.  Lo stato Hegeliano deve operare attraverso le leggi e nella forma delle leggi, quest’ultime governano sugli uomini. Il secondo momento dello stato etico è il diritto statuale esterno, che riguarda appunto la politica estera. Hegel in questa sezione legittima il valore della guerra, in polita estera, come strumento per risolvere le controversie tra gli stati poiché garantisce la razionalità e la sovranità di uno stato. Dunque, questa concezione Hegeliana esclude qualsiasi forma di cosmopolitismo, demolendo l’opera Kantiana ‘per la pace perpetua’. Hegel, in questa fase, sta affermando il concetto di nazione, maturando una concezione che poi degenererà nel primo conflitto mondiale. Il concetto di nazione porterà Hegel a concepire la costituzione come un documento che nasca dallo spirito del popolo e dunque non come qualcosa frutto di un’elucubrazione a tavolino. Lo stato e la costituzione di cui parla Hegel si rifanno al sistema della monarchia costituzionale nella quale la figura del principe rappresenti la sintesi dei poteri del parlamento e del governo. L’ultimo momento dello stato etico è la storia che è filosofia della storia: ovvero la comprensione dei fatti dall’alto. Il fine della storia del mondo è che ‘lo spirito giunga al sapere di ciò che esso è veramente, e oggettivi questo sapere, lo realizzi facendone un mondo esistente, manifesti oggettivamente se stesso’. Questo spirito s’incarna negli spiriti dei popoli che si succedono all’avanguardia della storia. I mezzi della storia del mondo sono gli individui con le loro passioni, che agiscono come mezzi al fine. Il progresso si serve di individui cosmico-storici
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