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L'ideologia tedesca di Marx ed Engels, Appunti di Filosofia Teoretica

L'opera postuma di Marx ed Engels, l'Ideologia tedesca, che sviluppa la concezione materialistica della storia e tocca la teoria del comunismo e il problema della divisione del lavoro. Viene descritta la metafora architettonica a 3 piani con la quale Marx descrive il mondo e la teoria della rivoluzione fondata su una contraddizione oggettiva tra forze produttive e rapporti di produzione. Viene inoltre analizzata la missione storica della borghesia e del proletariato e il concetto di rivoluzione comunista come rivoluzione globale.

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 19/06/2022

DanielaCeban
DanielaCeban 🇮🇹

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Scarica L'ideologia tedesca di Marx ed Engels e più Appunti in PDF di Filosofia Teoretica solo su Docsity! Marx 17-18-19° lezione. 1 dicembre 2021 L’ideologia tedesca, 1945-6. GENESI ED EDIZIONI: I punti fondamentali di Le Tesi su Feuerbach vengono svolti in un grosso manoscritto, l’Ideologia tedesca, composto da Marx ed Engles tra il novembre del 45 e il giugno del 46 a Bruxelles. Ancora una volta ci troviamo di fronte a uno scritto postumo che venne pubblicato in alcune anticipazioni nel 1903/4 da Eduard Bernstein in Documenti del socialismo. È probabile che Gramsci quando si trovava a Vienna ebbe la possibilità di leggere alcune di queste anticipazioni. Tuttavia l’opera viene definitivamente pubblicata in due edizioni 1932: da una parte Adoratskij a Mosca (3° tomo del 1 volume della prima MEGA) e dall’altra Lanschut e Mayer in Germania. Dunque un testo postumo anche se M. stesso ci dice che era stato inviato alla stampa in Westafalia dunque era stato rifinito ma mai pubblicato. È un testo che precede la composizione del Manifesto e dove per la prima volta si trova elaborata in maniera distesa la concezione materialistica della storia ma tocca anche la teoria del comunismo e il problema della divisione del lavoro. Tuttavia il concetto di comunismo assume forme e definizioni diverse nella biografia intellettuale di Marx: una nei Manoscritti, un’altra nell’Ideologia tedesca e poi altre più mature nel Manifesto etc. PUNTI DI RIFERIMENTI ALLA LETTURA DELL’IDEOLOGIA. E come nel caso della Kritik, sebbene l’Ideologia venne lasciata alla critica roditrice dei topi, M. stesso ne fece riferimento ne La prefazione del gennaio del 1859 a Per la critica dell’economia politica. Questa prefazione spesso evocata, non solo perché tratta in maniera diretta l’Ideologia tedesca ma anche perché è l’unico testo compiuto e da Marx pubblicato di una autobiografia della sua vita e della storia del suo pensiero ed è la più densa sintesi che Marx ci lascia della sua concezione, della sua teoria e della sua filosofia nell’epoca matura cioè nel periodo del Capitale. • Al centro della Prefazione abbiamo trovato la metafora architettonica a 3 piani con la quale Marx descrive il mondo: al piano alto vi sono le sovrastrutture quali i rapporti giuridici, lo stato, le idee, in generale la sfera della coscienza che nell’Ideologia tedesca rappresenta tutto l’orizzonte della coscienza umana. Queste sovrastrutture hanno delle radici che si radicano nella società civile, la quale rappresenta propriamente la fisiologia del mondo umano di cui la coscienza rappresenta sostanzialmente uno sviluppo lineare. L’anatomia della società civile è l’economia ed è la base reale delle sovrastrutture. Le condizioni economiche possono essere misurate con precisione delle scienze naturali mentre le forme ideologiche permettono agli uomini di concepire questo conflitto e combatterlo. La sfera delle sovrastrutture, della coscienza indicia il momento in cui l’uomo prende consapevolezza della base economica e reagisce alla oggettività di questa struttura. • Teoria della rivoluzione che è fondata su una contraddizione oggettiva, non logica ma propria dell’oggetto, della res cioè il rapporto tra forze produttive e rapporti di produzione. La contraddizione è dunque reale, storica e dipende dal fatto che il tempo di sviluppo delle forze produttive è differente da quello dei rapporti giuridici. Le forze produttive crescendo secondo il ritmo del progresso e così spezzano l’involucro delle forme giuridiche che ne regolano i rapporti. • L’antagonismo delle classi trova una spiegazione in questa contraddizione oggettiva in cui la forza produttiva è la classe in ascesa e il rapporto sociale è cristallizzato nella classe che decade. Il rapporto è feudale mentre la forza produttiva è borghese. La borghesia produce la ricchezza in un ambiente feudale che la limita e dunque, per svilupparsi ulteriormente, deve rompere questo involucro e fare il suo mondo, imporre i propri valori inteso come dominio culturale, come verrà chiamato nell’Ideologia, al quale sottoporre le classi subalterne. La rivoluzione è dunque la costruzione di un nuovo sistema economico, politico e culturale, forza che la borghesia ha realizzato affermando se stessa. • Le due sentenze che Gramsci nei Quaderni chiamò i due principi fondamentali della scienza politica: 1. Una formazione sociale non perisce finché non si siano sviluppate tutte le forze produttive a cui può dare corso.Nuovi e superiori rapporti di produzione non subentrano mai prima che siano maturate in seno alla vecchia società le condizioni materiali delle loro esistenza. Dunque la forza produttiva nuova matura nel seno della vecchia società per esempio la borghesia cresce dentro la società feudale. Il marxismo è sostanzialmente una lettura e interpretazione del ciclo delle rivoluzioni borghesi. La borghesia non può fare la propria rivoluzione finché la forma feudale non ha sviluppato tutte le sue energie e finché la borghesia stessa non sia diventata la forza produttiva della forma sociale; solo allora la nuova forza produttiva sarà in grado di prendere in mano la forma sociale e affermare i propri valori. 1 Marx 17-18-19° lezione. 1 dicembre 2021 La missione storica della borghesia e del proletariato. Per il Marx del 59, la rivoluzione presuppone che la borghesia abbia compiuto tutta la sua missione storica. Il comunismo nei Manoscritti, come ancora nell’Ideologia è definito senza la capacità di determinare la sua missione storica; solo nel Capitale una teoria del comunismo in questo senso. La missione storica della borghesia è la costruzione del mercato globale, di un capitalismo globale senza di che, si legge nell’Ideologia: il comunismo potrebbe esistere solo come fenomeno locale e […]ogni allargamento delle relazioni sopprimerebbe il comunismo locale. Con la creazione del mercato globale la storia umana si trasforma realmente in una storia universale e solo allora il proletariato potrà compiere la sua rivoluzione universale. Non esiste il concetto di rivoluzione comunista se non è concepita come rivoluzione globale. Il concetto di rivoluzione comunista è solo e soltanto rivoluzione globale. Anche in Stalin si guardava alla risoluzione globale. La dipendenza universale, questa forma spontanea della cooperazione degli individui su piano storico universale, è trasformata da questa rivoluzione comunista nel controllo e neI dominio cosciente di queste forze le quali, prodotte dal reciproco agire degli uomini, finora si sono imposte ad essi e li hanno dominati come forze assolutamente estranee. Non è possibile la rivoluzione comunista finché l’umanità non si è unificata sotto il profilo economico, che nel Manifesto, la borghesia non riuscirà più a gestire e qui il comunismo propriamente è quello che riconduce alla ragione l’economia mondiale. 2. L’umanità non si propone che quei problemi che può risolvere, perchè, a considerare le cose dappresso, si trova sempre che il problema sorge solo quando le condizioni materiali della sua soluzione esistono già o almeno sono in formazione. Questo significa un principio di un realismo e la fine di un utopismo nella storia del socialismo. Anche la rivoluzione sovietica, Lenin e Gramsci non cambieranno questo metodo di lettura della storia. Il proletariato dunque non pone mai problemi per i quali non vi sono condizioni reali per risolverli cioè la rivoluzione proletaria non si lascia mai sviare dai funghi dell’ideologia. In quanto tale la rivoluzione è possibile solo quando la contraddizione della forma sociale borghese rende improseguibile lo sviluppo di quella forma sociale. Tra rivoluzione e esaurimento storico del vecchio sistema nella visione di M. ci deve essere una sincronia. Le idee come le parole corrono oltre la realtà, è, come M. ed E. Scrivono nell’ideologia, l’infanzia utopistica del proletariato cioè questa capacità di correre con le idee ma se non esistono le condizioni materiali la rivoluzione non è possibile o è destinata a una meritata sconfitta. Nel ciclo borghese il compito del proletariato il compito è quello di combattere accanto alla borghesia per distruggere la vecchia forma sociale, il feudalesimo. Come dirà Gramsci nei Quaderni a proposito del giacobinismo francese: “Le classi popolari nella rivoluzione spingono avanti la borghesia a calci nel sedere.” Laddove la borghesia si vuole fermare nella lotta per la realizzazione del il mercato globale, il proletariato spinge a calci nel sedere la borghesia perché faccia il suo dovere cioè poiché unifichi il mondo; questo rende possibile la rivoluzione proletaria. Un’auto-chiarificazione. Friedrich Engels, col quale, dopo la pubblicazione (nei Deutsch-französische Jahrbücher) del suo geniale schizzo di critica delle categorie economiche, mantenni per iscritto un continuo scambio di idee, era arrivato per altra via (si confronti la sua Situazione della classe operaia in Inghilterra), allo stesso risultato cui ero arrivato io, e quando nella primavera del 1845 si stabilì egli pure a Bruxelles, decidemmo di mettere in chiaro, con un lavoro comune, il contrasto tra il nostro modo di vedere e la concezione ideologica della filosofia tedesca, di fare i conti, in realtà, con la nostra anteriore coscienza filosofica. Il disegno venne realizzato nella forma di una critica della filosofia posteriore a Hegel. Il manoscritto, due grossi fascicoli in ottavo, era da tempo arrivato nel luogo dove doveva pubblicarsi, in Vestfalia, quando ricevemmo la notizia che un mutamento di circostanze non ne permetteva la stampa. Abbandonammo tanto più volentieri il manoscritto alla rodente critica dei topi, in quanto avevamo già raggiunto il nostro scopo principale, che era di veder chiaro in noi stessi. L’Ideologia tedesca era dunque una auto-chiarificazione del lavoro che Marx poi svilupperà a Londra. Nelle Tesi Marx era arrivato alla conclusione che la storia del materialismo non era adatta per essere la base della teoria del comunismo. Né filosofia speculativa né materialismo, né Hegel, né Feuerbach. La critica fondata sul principio della prassi aveva toccato due punti alti: nella 2° tesi, quando M. afferma che la verità non è una questione teorica ma è una questione pratica cioè si decide nella realtà e nella prassi; nella 11° tesi aveva dichiarato la fine dell’interpretazione e annunciato che la nuova filosofia, dopo l’epoca della metafisica cui idealismo e materialismo, non si sarebbe limitata a comprendere il mondo ma a cambiarlo. 2 Marx 17-18-19° lezione. 1 dicembre 2021 della prassi e del materialismo storico. Il materialismo storico è dunque uno strumento analitico in quanto è una scienza reale che può decifrare le ideologie perché non crede che queste siano a priori, pure ma hanno una storia nascosta che il materialismo storico rivela e riporta alla loro genesi reale, abbandonando il terreno della filosofia. Sul piano pratico, il materialismo storico afferma il concetto di una filosofia che è visione del mondo, è prospettiva di una forza reale, di una società civile, della vita, della terra prospettata verso la cielo. In questa prospettiva il problema della verità, la quale è una questione pratica e non teorica, deve essere trovata nella Wirklichkeit cioè nella realtà e nella Macht cioè nella potenza. Marx qui segue la linea aristotelica secondo cui, nel 4° libro della Metafisica, lo scettico è ridotto a un tronco perché nega il principio del logos, di non contraddizione senza il quale nessuno discorso è possibile; ma lo scettico non nega la verità, egli nega bensì i principi. La verità non è affare del νοῦς ma della διάνοια cioè la verità sorge insieme all’errore nel discorso, dell’affermazione e nella negazione del linguaggio. La verità è affare del discorso, della διάνοια, della negazione del fare umano. Marx radicalizza questo discorso che nell’Ideologia svolge parlando non più solo della verità ma della forma dell’universalità. A partire dall’universale fa l’esempio della divisione dei poteri nell’ambito della rivoluzione borghese ma questa è verità universale in quanto vi è una potenza l’afferma come dominio non solo pratico ma anche ideale. I 5 GRADI DELL’ESISTENZA UMANA. Nell’Ideologia, nel capitolo su Feuerbach, Marx ed Engles offrono due concezioni sistematiche di materialismo storico in termini antropologici e filosofici distinguendo 5 aspetti/gradi dell’esistenza dell’uomo come nella descrizione di una nuova antropologia ulteriore e diversa da quella che F. aveva messo nelle sue opere. 1. IL BISOGNO: Ma il vivere implica prima di tutto il mangiare e bere, l’abitazione, il vestire e altro ancora. La prima azione storica è dunque la creazione dei mezzi per soddisfare questi bisogni, la produzione della vita materiale stessa, e questa è precisamente un’azione storica, una condizione fondamentale di qualsiasi storia, che ancora oggi, come millenni addietro, deve essere compiuta ogni giorno e ogni ora semplicemente per mantenere in vita gli uomini. [..]In ogni concezione della storia dunque il primo punto è che si osservi questo dato di fatto fondamentale in tutta la sua importanza e in tutta la sua estensione e che gli si assegni il posto che gli spetta. L’uomo non va mai trascurato, soddisfa e deve soddisfare il proprio bisogno elementare. Come nella Repubblica di Platone, nel 2° libro, l’uomo è segnato da questa mancanza, dal bisogno ma nello stesso tempo, per M., l’uomo è dotato da una positività; è questo animale che ha bisogno mancanza e prassi e capacità di risolvere questa negatività creando i mezzi per la sua conservazione. (All’inizio della vita umana c’è la conservazione, ma M. in modo ambiguo dirà che è azione storica e condizionamento della storia. In N. non vi è la ferità del bisogno ma c’è solo la potenza.) 2. PRODUZIONE: Il secondo punto è che il primo bisogno soddisfatto, l’azione del soddisfarlo e lo strumento già acquistato di questo soddisfacimento portano a nuovi bisogni: e questa produzione di nuovi bisogni è la prima azione storica. La vita dunque è un bene che deve essere prodotto. Marx poi arriverà a una critica radicale del concetto di preistoria in quanto dirà che non vi è preistoria, l’uomo entra nella storia quando compie questo atto della produzione della vita materiale. La produzione materiale della vita è una condizione della storia ma non ancora azione storica, può dirlo soltanto poiché il secondo grado è implicito nel primo. La produzione materiale della vita implica nell’atto stesso la creazione di nuovi bisogni cioè la moltiplicazione dei bisogni che è indotta nella produzione stessa della vita. Questa è la prima azione della storia, così si esce dal terreno della conservazione della vita. Qui l’uomo diventa tecnica e potenza, è produzione non solo della vita ma del mondo, non è più condizione della storia ma storia; in questa moltiplicazione della storia l’uomo si distingue dall’animale, diventa storia, artificio. 3. RIPRODUZIONE: Il terzo rapporto che interviene fino dalle prime origini nello sviluppo storico, è che gli uomini, i quali rifanno ogni giorno la loro propria vita, cominciano a fare altri uomini, a riprodursi; è il rapporto fra uomo e donna, fra genitori e figli: la famiglia. [..] Questi sono i tre elementi basilari della vita umana e la loro successione è solo didascalica ma vanno intesi in modo organico come tre momenti di un solo processo che segna l’inizio della storia dell’uomo, la preistoria dunque è morte in quanto non vi è la produzione materiale della vita dell’uomo. Se l’uomo vive e si conserva è perché è nella storia. D’altronde questi tre aspetti dell’ attività sociale non vanno concepiti come tre gradi diversi, ma appunto solo come tre aspetti, o come tre « momenti » (tanto per scrivere in maniera chiara per i tedeschi), i quali sono esistiti fin dall’inizio della storia e fin dai primi uomini e ancor oggi hanno il loro peso nella storia. 5 Marx 17-18-19° lezione. 1 dicembre 2021 4. LA FORMA SOCIALE: Ogni manifestarsi di quei 3 momenti è sempre un rapporto sociale determinato. L’uomo conserva sé stesso solo in una forma sociale fra produzione materiale materiale della vita, riproduzione della vita e socialità non c’è nessuna differenza. L’uomo in questo senso è animale sociale e non si presenta mai nella forma dell’individuo. L’individuo è solo un’astrazione perché nell’atto originario di produzione e riproduzione della vita umana c’è la società. Qui vi è tutta la critica del liberalismo e ideologia borghese: La produzione della vita, tanto della propria nel lavoro quanto dell’altrui nella procreazione, appare già in pari tempo come un duplice rapporto: naturale da una parte, sociale dall’altra, sociale nel senso che si attribuisce a una cooperazione di più individui, non importa sotto quali condizioni, in quale modo e per quale scopo. Da ciò deriva che un modo di produzione o uno stadio industriale determinato è sempre unito con un modo di cooperazione o uno stadio sociale determinato, e questo modo di cooperazione è anche esso una « forza produttiva »; ne deriva che la quantità delle forze produttive accessibili agli uomini condiziona la situazione sociale e che dunque la « storia dell’umanità » deve essere sempre studiata e trattata in relazione con la storia dell’industria e dello scambio. Produzione della vita, riproduzione della vita, moltiplicazione dei bisogni è storia dell’uomo. 5. LA COSCIENZA: Da una parte la coscienza è parte integrante dell’antropologia in quanto non c’è uomo senza coscienza tuttavia, d’altro canto M. sottolinea che questa è comunque un momento ulteriore, è sovrastruttura cioè presuppone tutti gli altri gradi. L’espressione iniziale della coscienza è il linguaggio. Il linguaggio è coscienza, è filosofia, trattiene dentro di sé tutta la visione del mondo; è la metafora iniziale e perfetta di tutta la sfera ideologica, è la sovrastruttura elementare. Per questo lo spirito non è mai puro ma infetto. Il pensiero è coscienza di questa attività di produzione materiale della vita, non ha nessuna funzione trascendentale e dunque la coscienza è un prodotto sociale in quanto conforme alla forma sociale perché per produrre la vita sociale e riprodurre se stessi gli uomini hanno bisogno di comunicare, del linguaggio e solo nell’ideologia questa comunicazione pratica viene sublimata cioè passa dal cielo alla terra, nasce e si stacca, diventa ciò che recede la vita nell’ideologia, parole che diventano idee. Solo a questo punto, dopo avere già considerato quattro momenti, quattro aspetti delle condizioni storiche originarie, troviamo che l’uomo ha anche una « coscienza » (18) . Ma anche questa non esiste, fin dall’inizio, come « pura » coscienza. Fin dall’inizio lo « spirito » porta in sé la maledizione di essere « infetto » della materia, che si presenta qui sotto forma di strati d’aria agitati, di suoni, e insomma di linguaggio. Il linguaggio è antico quanto la coscienza, il linguaggio è la coscienza reale, pratica, che esiste anche per altri uomini e che dunque è la sola esistente anche per me stesso, e il linguaggio, come la coscienza, sorge soltanto dal bisogno, dalla necessità di rapporti con altri uomini. La coscienza è dunque fin dall’inizio un prodotto sociale e tale resta fin tanto che in genere esistono uomini. Marx ci ha raffigurato un mondo come un processo produttivo in cui la molla è il bisogno ma questo mondo di beni, di procreazioni, di idee, coscienza e tutte le figure ha una nota di positività e progresso; tuttavia in questa storia intervengono delle forze distruttive che arrestano il processo del progresso cioè il denaro, le macchine. Con la presenza di queste forze distruttive nasce una classe sconosciuta nella storia, il proletariato, che è destinata a diventare maggioritaria nella società civile affinché la sua rivoluzione sia maggioritaria e cioè che le altre classi sociali, attraverso la coscienza, possano confluire in essa. Infine, dalla concezione della storia che abbiamo svolto otteniamo ancora i seguenti risultati: 1) Nello sviluppo delle forze produttive si presenta uno stadio nel quale vengono fatte sorgere forze produttive e mezzi di relazione che nelle situazioni esistenti fanno solo del male, che non sono più forze produttive ma forze distruttive (macchine e denaro) e, in connessione con tutto ciò, viene fatta sorgere una classe che deve sopportare tutti i pesi della società, forzata al più deciso antagonismo contro le altre classi; una classe che forma la maggioranza di tutti i membri della società e dalla quale prende le mosse la coscienza della necessità di una rivoluzione che vada al fondo, la coscienza comunista, la quale naturalmente si può formare anche fra le altre classi, in virtù della considerazione della posizione di questa classe; L’idea del dominio delle macchine e del denaro che trova la sua espressione massima nello stato, configura la rivoluzione comunista in primis come rivoluzione politica, e poi che si distingua dalle altre nella storia perché non cambia i rapporti tra le classi, non sostituisce una classe all’altra come la borghesia ha sostituito il feudalesimo. Mentre la rivoluzione comunista si rivolge contro il modo dell’attività che si è avuto finora, sopprime il lavoro e abolisce il dominio di tutte le classi insieme con le classi stesse… Nell’Ideologia, Marx afferma che la rivoluzione comunista sopprime il lavoro. La rivoluzione comunista è necessaria non solo per costruire una società senza classi ma perché, attraverso questa, il proletariato si libera dei propri pregiudizi e diventa capace di fondare su basi nuove la società. Perché la classe dominante non può essere abbattuta in nessun’altra maniera, ma anche perché la classe che l’abbatte può riuscire solo in una rivoluzione a levarsi di dosso tutto il vecchio sudiciume e a diventare capace di fondare su basi nuove la società. La rivoluzione è una auto-educazione, purifica la coscienza del soggetto. 6 Marx 17-18-19° lezione. 1 dicembre 2021 19° LEZIONE, 10 DICEMBRE 2021. CAMBIO DELLA DOMANDA FILOSOFICA: da “τι εστι" a “chi?”. Metafisica è la filosofia che trova idee che sono costitutive dell’esperienza ma non hanno origine da essa. Nell’accezione in cui la troviamo in Marx e Engles, la metafisica non è solo un dualismo, non si tratta solo della divisione del mondo e retro-mondo, della terra e il cielo, uomo e dio, le δοκα e la αλεθεια; ma è anche la relazione per cui il cielo costituisce la terra, così come dio crea l’uomo, il mondo delle idee platoniche, la forma aristotelica; l’immagine moderna delle idee trascendentali nella 1° critica di Kant, che rimangono alla radice di tutto l’idealismo moderno. È proprio questo nucleo della metafisica europea da Platone e gli sviluppi dell’idealismo che i nostri due autori hanno di mira quando parlano di cielo e terra e, come ha mostrato Deluze, con la filosofia di Nietzsche e Marx cambia la domanda filosofica che non è più il τι εστι di Socrate in quanto cosa presuppone l’idea dell’oggetto, bensì “chi mai?”. In Nietzsche il chi è la volontà di potenza: “Si tratta sempre e comunque della volontà di potenza.” Per Marx, che fa lo stesso passaggio nell’Ideologia dal τι εστι a chi, il chi è la terra, la vita concepiti storicamente cioè come forma sociale determinata di produzione della vita. Per Nietzsche la vita è sinonimo di volontà di potenza: “Non ho mai visto vita che non sia volontà di potenza” invece per M. la vita è un bene che deve sempre essere prodotto e non è mai dato; quello che noi chiamiamo propriamente storia è questa azione fondamentale dell’uomo di produzione della vita. L’idea della verità come valore che fonda i valori per la metafisica è un oggetto da cui l’esperienza è costituita, per Marx è un prodotto storico, è il risultato dell’atto fondamentale della produzione della vita. Come afferma nella 2° tesi su Feuerbach: la verità è questione pratica e non teorica ma quel è la genesi alla verità, chi ha prodotto la verità? L’universale diventa universale, come nel caso della divisione dei poteri nello stato, quando la potenza materiale impone il proprio dominio attraverso la prassi e rende universale la divisione dei poteri; in termini hegeliani è la parte che afferma il tutto. Il dominio indica propriamente il passaggio da una potenza materiale a una potenza spirituale universale, la potenza materiale di per sé non crea dominio. Solo in questa prospettiva vi è una classe subalterna. La classe che domina nel terreno dell’economia è anche la classe che afferma i suoi valori nella forma dell’universalità. • L’idea di progresso in M. non è finalismo della storia secondo la regola della necessità bensì è produzione della vita, del bisogno e soddisfacimento del bisogno. Questa immediatezza tra bisogno e moltiplicazione/soddifacimento del bisogno significa che tra natura e artificio non c’è un passaggio perché l’uomo è fin dall’inizio è storia. Non c’è mai nuda vita che non sia già forma sociale di produzione, la vita è sempre e fin dall’inizio produzione della vita; perciò non vi è una preistoria ma sempre e solo una storia. In questa prospettiva, la vita come circolo di produzione è immediatamente rapporto sociale, non vi è individuo. La vita sociale è linguaggio, quindi pensiero, e nel linguaggio M. indica la forma elementare della coscienza, è la filosofia allo stato essenziale. Le forze distruttive che nella storia interferiscono con il ripromesso di produzione della vita: il denaro e le macchine. Il risultato è una classe forzata, il proletariato, alla rivoluzione e che tende a costituire la maggioranza. Bisogno->soddisfacimento del bisogno->atto(storico) di produzione della vita->forma sociale->linguaggio->coscienza->denaro e macchine->classe forzata alla rivoluzione. 1° DEFINIZIONE DI COMUNISMO: unificazione del mondo sotto un’economia globale. Il comunismo è un concetto ricco di polisemia. Il primo di questi è l’edificazione di una forma sociale che ripropone la dinamica del progresso eliminando le forze negative che impediscono la produzione sociale. Il comunismo noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente. Non è un dover essere, non è un’idea che il filosofo ha elaborato e che la rivoluzione deve adeguare alla storia bensì è il movimento stesso della storia/realtà; non vi è dualismo. Il comunismo non è un’utopia, né un’elaborazione teorica ma è un movimento reale e in quanto tale, ha un presupposto pratico fondamentale cioè “un grande incremento della forza produttiva, un alto grado di sviluppo.” Questo alto grado di sviluppo della forza produttiva significa che il mondo deve essere prima unificato sotto l’aspetto economico di un mercato globale senza confini e che la storia diventi una storia universale -compito della borghesia- affinché la rivoluzione comunista avvenga. È un presupposto pratico assolutamente necessario anche perché senza di esso si generalizzerebbe soltanto la miseria e quindi col bisogno ricomincerebbe anche il conflitto per il necessario e ritornerebbe per forza tutta la vecchia merda, e poi perché solo con questo sviluppo universale delle forze produttive possono aversi relazioni universali fra gli uomini, ciò che da una parte produce il fenomeno della massa « priva di proprietà » contemporaneamente in tutti i popoli (concorrenza 7
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