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L'immediato dopoguerra in Italia e il 'biennio rosso' 1919-1920, Schemi e mappe concettuali di Storia

Il periodo immediatamente successivo alla Grande Guerra in Italia, caratterizzato da instabilità politica e sociale. Si parla del movimento fascista, delle lotte operaie e delle scissioni all'interno del Partito socialista. Viene anche menzionato il Partito popolare italiano e il militarismo nazionalista. Il documento si conclude con le elezioni politiche generali del 1921.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2021/2022

In vendita dal 15/06/2022

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Annare0000 🇮🇹

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Scarica L'immediato dopoguerra in Italia e il 'biennio rosso' 1919-1920 e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Storia solo su Docsity! UNITA’ 4 1. L’IMMEDIATO DOPOGUERRA IN ITALIA E IL “BIENNIO ROSSO” 1919-1920 In Europa all’indomani della Grande Guerra, soprattutto nei paesi sconfitti, si formarono movimenti ultranazionalisti. Da un lato si presentavano come rivoluzionari, dall’altro si dichiaravano conservatori e tradizionalisti. L’ ostilità nei confronti del socialismo e del comunismo guadagnò a questi movimenti le simpatie delle élite economiche e sociali. Questi gruppi seppero guadagnare consensi anche in vasti strati piccolo-borghesi e rurali, impoveriti dalla guerra e dall’inflazione. Nel 1922 l’Italia divenne il primo paese dove un movimento di questo tipo, il fascismo, riuscì a conquistare potere. Vennero abolite le libere associazioni, la libertà di stampa e le manifestazioni. Tese a diventare un totalitarismo. A differenza della Germania, l’Italia era tra i paesi vincitori, ma era profondamente delusa da ciò che aveva ottenuto. Infatti, nel corso delle trattative di pace, aveva dovuto rinunciare sia alla Dalmazia sia a Fiume. Il governo era preoccupato anche per la situazione interna del paese: gli ex combattenti avevano difficoltà a reinserirsi nella vita civile ed erano sensibili alla propaganda nazionalista della vittoria mutilata (=espressione che indica l’inutilità dei tanti sacrifici italiani durante la Grande guerra). Inoltre l’industria bellica aveva accumulato un grande debito pubblico. Il paese era dunque in miseria. Durante la guerra, al popolo, erano state fatte tante promesse che ora nessuno manteneva: 1. Ai contadini le terre 2. Classe operaia migliori condizioni lavorative La grande instabilità accomunava l’Italia ai paesi sconfitti in tre aspetti: 1. Un bisogno di una rivoluzione democratica per superare un sistema liberale corrotto 2. Un bisogno di una rivoluzione sociale e di riorganizzazione del sistema produttivo 3. Rivoluzione militarista e nazionalista In Italia, come strumento di organizzazione delle lotte operaie, agivano soprattutto le Camere del lavoro, dirette dal grande sindacato unitario, la Confederazione Generale del lavoro (CGL). Esistevano poi anche -Confederazione italiana dei lavoratori (CIL)= un’organizzazione sindacale cattolica -Unione Italiana del lavoro (UIL)= anarco-sindacalista e nazionalista Nell’immediato dopoguerra sindacati e camere del lavoro si trovarono alla testa di un’imponente ondata di scioperi spontanei= Il 1919-1920, chiamato anche biennio rosso, fece temere che in Italia si ripetesse l’esperienza rivoluzionaria russa. Gli operai del settore metallurgico furono i più attivi nella difesa del salario e del posto di lavoro. I padroni cominciarono a rispondere con le serrate (=chiusura dei reparti e licenziamento). Gli operai risposero con l’occupazione delle fabbriche per continuare la lotta senza interrompere la produzione. Le iniziative delle fabbriche spesso provenivano dai consigli di fabbrica, ispirati ai soviet russi. La protesta operaia si concluse nel settembre, di fatto con un insuccesso. I socialisti, dominati dalla corrente massimalista di Giacinto Serrati, erano in attesa della rivoluzione. I massimalisti controllavano gli organi direttivi, ma nel partito vi erano anche una presenza di riformisti, i quali controllavano anche il sindacato, e che non ritenevano affatto prossima la rivoluzione. I dirigenti massimalisti inoltre venivano criticati dall’estrema sinistra del partito, che faceva capo soprattutto a Torino da Antonio Gramsci, il quale accusava i massimalisti di essere parolai incapaci di realizzare la rivoluzione. La polemica tra ordinovisti e massimalisti portò alla scissione del partito socialista nel 1921, e alla nascita del partito comunista d’Italia. Un’altra importante novità era rappresentata dal Partito popolare Italiano, nato nel 1919. È un partito cattolico, guidato dal sacerdote Luigi Sturzo, sostenitore di: 1. Politica sociale 2. Incremento della piccola proprietà contadina 3. Decentramento amministrativo 4. Scuola cattolica In Italia prendeva piede anche il militarismo aggressivo e nazionalista, come prodotto della grande guerra. I reparti d’assedio dell’esercito italiano furono gli Arditi, che divennero sostenitori del nascente fascismo. Fu in questa situazione che nel marzo 1919, Benito Mussolini diede vita ai Fasci italiani di combattimento. In questa prima fase il movimento fascista espresse rivendicazioni contraddittore: difendevano l’entrata dell’Italia in guerra ma rifiutavano i trattati di pace. Il fascismo: 1. Chiedeva un’Assemblea costituente 2. Partecipazione dei lavoratori alla gestione delle fabbriche 3. 8 ore lavorative 4. Suffragio universale per entrambi i sessi. I fascisti consideravano il proletariato responsabile dello stato di disordine del paese e furono loro a spingere verso sbocchi violenti: nel 1919 diedero alle fiamme la tipografia milanese dell’avanti!. Nacquero le squadre d’azione, gruppi di uomini in camicia nera armati di manganello, simbolo dello squadrismo. Un altro fattore di tensione fu la presa di Fiume da parte di Gabriele D’Annunzio. Le iniziative che caratterizzarono il biennio 1919-1920 dimostravano che neppure in Italia le tre componenti di movimenti rivoluzionari riuscivano a trovare un terreno di incontro: 1. Democratico 2. Socialista= ignoravano il bisogno di appartenenza a una comunità nazionale. 3. Nazionale= erano portavoce delle aspirazioni nazionaliste ma non quelle di trasformazioni sociale Furono introdotte le elezioni politiche generali, con il sistema proporzionale (ampliava i collegi e favoriva i partiti di massa) Le elezioni diedero un grande successo ai socialisti che si assicurarono il 32% dei voti. (prevalenza al Nord) Il movimento di Mussolini ebbe risultati modesti. Ma poiché nessun governo era disposto a stringere un patto organico con i liberali, nessun governo stabile era in grado di formarsi. Nitti non riuscì a coinvolgere socialisti e cattolici, e stretto tra diverse agitazioni cadde il governo, e gli succedette Giolitti. Alla fine del 1920 il governo riuscì a chiudere la crisi di Fiume, diventando città indipendente. Con il trattato di Rapallo, la Jugoslavia attribuì l’Istria e Zara all’Italia, e la Dalmazia alla Jugoslavia. 2. IL FASCISMO ITALIANO: LE DIVERSE ANIME, L’IDEOLOGIA E LA CULTURA Due anni dopo la nascita dei Fasci di combattimento, il movimento crebbe e nacque il Partito nazionale fascista. Esso aveva tre anime: 1. Sindacalista-rivoluzionaria= legata al sindacalismo 2. Tradizionalista= mondo rurale conservatore e clericale 3. Borghese= grande borghesia industriale contenta che ci fosse una forza opposta alla minaccia della rivoluzione Gradualmente il fascismo si dotò di contenuti culturali. Si caratterizzò con il pessimismo irrazionale (=no progresso, si credeva solo alla brutale sopraffazione del più forte) L’esaltazione del gesto eroico e della “bella morte” portava all’esaltazione dell’ottica razzista. La nuova cultura che il fascismo si dava era 1. Antimaterialistica 2. Anti individualistica Non era lo stato a servizio dell’individuo, ma l’individuo a servizio dello Stato. Più tardi si parlò di stato totalitario. Un’altra componente culturale fu quella bellicista e antiparlamentare. L’esaltazione della guerra come sola igiene del mondo. (Nonostante la tragicità della guerra, molti non credevano nelle virtù della pace). Una maggioranza non può governare una minoranza, poiché essi non credevano alle istituzioni parlamentari. 1. Figli della Lupa\ figlie della Lupa (6-8 anni) 2. Balilla\ piccole italiane (8-14 anni) 3. Avanguardisti\ giovani italiane (14-18 anni) 4. Gruppi universitari fascisti (studenti universitari) Ciascuno di essi aveva una divisa e furono inquadrati nella Gioventù Italiana del Littorio (GIL) Anche le attività del tempo libero erano gestite da istituzioni statali, dall’Opera Nazionale del dopolavoro, che contribuiva al controllo sociale. Pratica sportiva fu imposta nei luoghi di lavoro e studio. 5. LA POLITICA ECONOMICA DEL REGIME FASCISTA E IL CONCORDATO Il fascismo era cresciuto come movimento rurale. Si sforzò di estendere la piccola proprietà contadina, diffidava della civiltà urbana e cercò di limitare il trasferimento in città della forza-lavoro. Il regime fece grandi sforzi per bonificare le aree paludose e per accrescere quindi la superficie di coltura. Furono risanate le paludi pontine (Roma) e vennero fondate Latina e Sabaudia. Una “battaglia del grano” (1925) tese ad aumentare la produzione di frumento e quindi lo sforzo di raggiungere l’autosufficienza della produzione agricola italiana. Vennero però sacrificate le colture più pregiate (ulivocoltura e viticoltura) a favore della coltivazione dei cereali. L’autosufficienza rivestiva un grande significato ideologico e politico. Queste scelte erano legate anche alla politica demografica del fascismo: il governo puntò sull’incremento della popolazione (corrispondendo uno stimolo economico per ogni figlio e donando assistenza alle donne durante il parto e ai bambini). Si coltiva così il mito della giovinezza: esaltazione di fresche energie vitali. Negli ultimi anni del regime venne anche pensata una riforma del latifondo siciliano. Per modificare la struttura del latifondo meridionale, il fascismo avrebbe dovuto abbandonare una politica favorevole ai proprietari, in favore di una favorevole ai contadini. In realtà il problema delle campagne sociale non fu affrontato. Per la prima volta fu tentata un’opera di repressione contro la mafia, ma essa non fu totalmente sradicata. Soprattutto per ragioni di prestigio, il regime fascista puntò a un ripiegamento protezionista della politica economica. Si impegnò a riportare il rapporto della lira con la sterlina (quota 90), il cambio di 90 lire per una sterlina. Questo comportò un prezzo molto alto per l’economia. Divenne infatti difficile per l’Italia esportare i prodotti nazionali. Il fascismo tornò al: 1. Protezionismo 2. Interventismo dello stato nell’economia 3. Autarchia (annullamento delle importazioni Il fascismo fu avverso agli interessi industriali (favorevole invece agli interessi nazionali) ma allo stesso tempo: 1. Assicurò protezione 2. Garantì controllo sociale 3. Ridusse la conflittualità 4. Fornì protezione sul mercato interno 5. Nascono numerosi enti: la più importante fu l’istituto per la costruzione industriale (iri) (1933). Essa rappresentò il fulcro della presenza dello stato nell’economia Il successo più significativo del regime fu nei confronti della chiesa cattolica. Già dall’inizio aveva riscosso successo perché il fascismo aveva eliminato il conflitto sociale e avevano attenzione per la finalità collettiva (ideali simili). La chiesa trovava nel fascismo un alleato nella lotta a due antichi avversari: liberalismo e socialismo. 11 febbraio 1929 firma dei patti lateranensi (costituiscono la base del rapporto stato-chiesa). Il trattato istituiva la Città del Vaticano, uno stato comprendente la Basilica di San Pietro, piazza antistante e palazzi vaticani. In cambio la chiesa riconosceva la piena legittimità al regno d’Italia. I patti lateranensi hanno un grande impatto propagandistico= Mussolini viene definito “uomo della Provvidenza” 1. Il matrimonio religioso assume valore civile 2. Religione cattolica nelle scuole pubbliche 3. Vescovi devono giurare fedeltà allo stato 4. Viene riconosciuta l’Azione Cattolica come unica associazione di massa non fascista riconosciuta dalla legge. L’antifascismo cattolico risultava compromesso e non riusciva più a ricostruirsi, nemmeno clandestinamente. 6. LA GUERRA D’ETIOPIA E LE LEGGI RAZZIALI I patti lateranensi rappresentano un grande successo per il prestigio all’estero dell’Italia. Benché fosse stata tra i vincitori della Grande Guerra, l’Italia riteneva di aver subito un trattamento ingiusto al tavolo della pace e ora intendeva affermarsi di nuovo come una delle grandi potenze. La politica estera fascista oscillava però tra i vincitori e i vinti della Grande Guerra ed era impegnata a favore della revisione dei trattati di pace: l’Italia sedeva tra i membri permanenti del consiglio della società delle nazioni, ma faceva di tutto per non farla funzionare. Gli inglesi attribuivano al fascismo il merito di: 1. Aver sconfitto il bolscevismo 2. Aver portato l’ordine L’Italia fascista era dunque accettata nel club dei paesi vincitori ma rappresentava un punto di riferimento per i paesi sconfitti. Essa cercava di estendere la propria influenza all’intera area balcanica e con il trattato di Roma (1924) stabilì il passaggio di Fiume sotto la sovranità italiana. Inoltre firmò un patto di mutua assistenza con l’Albania e firmò trattati di amicizia con Romania e Ungheria. Nel 1927 Mussolini proclamò che lo spirito di Locarno (accordo che mirava a preservare la pace in Europa) era morto e sepolto. Tra gli elementi di maggiore frustrazione del nazionalismo italiano vi era la mancata concessione dei compensi coloniali stabiliti dal patto di Londra. Proprio in relazione a questo, l’Italia fascista matura il suo carattere aggressivo a partire dagli anni 30 del 900, verso l’unica potenza Africana indipendente: l’Etiopia. Un incidente di frontiera nel 1934 (tra Eritrea italiana e Etiopia) diede il pretesto a Mussolini di attaccarla. Furono chiamati alle armi un milione di uomini e l’industria bellica lavorò a pieno regime. -Gran Bretagna e Francia non avevano intenzione di sostenere in guerra l’Etiopia, nonostante fossero indignati per il comportamento dell’Italia. -Stati Uniti e Unione Sovietica protestavano con moderazione senza voler essere coinvolti nel conflitto -Germania appoggiava l’Italia -Chiesa non si oppose al conflitto, nonostante un iniziale disappunto Nell’ottobre 1935, senza alcuna dichiarazione, l’Italia attacca l’Etiopia. Fu subito chiara l’intenzione aggressiva e nel novembre 1935 subì le sanzioni internazionali della società delle nazioni che vietavano il commercio e la concessione di crediti. Le sanzioni furono però vanificate dal fatto che esse non comprendevano carbone, acciaio e petrolio e dal fatto che la Germania (al governo Hitler) si preoccupò di rifornirla per tutto il necessario. La guerra risultò molto difficile e furono sfruttate le nuove armi offensive introdotte dalla grande guerra: gas, carro armato, aviazione, gas tossici. L’Italia attacca anche i civili. In soli 7 mesi il paese fu piegato e fece parte dell’Africa orientale italiana (con Somalia ed Eritrea). L’esercito italiano si macchiò con atrocità gravissime: l’Italia perse 4000 uomini, mentre l’Etiopia circa 200.000. La propaganda fascista ottenne grande entusiasmo: 1. Si esalta l’indifferenza italiana alle sanzioni 2. Uscita dalla società delle nazioni (1937) 3. Si raggiunse l’apice del consenso popolare La presenza Italiana in Etiopia durò meno di 10 anni. In Etiopia lasciò infrastrutture e modernità. In Italia invece iniziò a dilagare la cultura razzista, basata sulla convinzione della superiorità dei bianchi e della pericolosità dei matrimoni misti. Queste tendenze furono rafforzate dall’avvicinamento alla Germania nazista. Da lì a poco l’Italia avrebbe seguito la scia della persecuzione degli ebrei. Molti scienziati diedero vita al “manifesto degli scienziati razzisti” che stabiliva che gli italiani avevano nobiltà di volto, solidità e architettura corporea. Nell’estate 1936 furono promulgate una serie di leggi contro gli ebrei. 1. Non potevano assumere posizioni prestigio 2. Espulsione di professori e studenti ebrei dalle scuole di ogni ordine e grado 3. Espulsione di tutti gli ebrei stranieri dal territorio nazionale 4. Fu limitato il diritto di proprietà Gli scienziati si sforzavano di difendere i caratteri biologici e psicologici della “razza” italica 7. LA REPUBBLICA DI WEIMAR E IL NAZIONALSOCIALISMO TEDESCO La situazione più grave è stata l’incapacità della Germania di risollevarsi dalla prima guerra mondiale e la sua caduta nel nazismo. Ne portano la responsabilità storica le potenze vincitrici: 1. Colpevoli di aver imposto sanzioni troppo pesanti 2. Colpevoli di continuare a pretendere l’osservanza delle clausole punitive A differenza del fascismo che si sviluppò dopo la presa del potere, il nazionalsocialismo tedesco fu molto esplicito fin dall’inizio. I ritardi dei tedeschi nel pagamento delle riparazioni di guerra, indussero la Francia ad occupare la regione industriale della Ruhr. Diverse città tedesche si trovavano così sotto l’amministrazione militare francese. I tedeschi risposero con la resistenza passiva e lo sciopero. Francesi aprono il fuoco e uccidono 13 scioperanti. L’occupazione del polo industriale tedesco fu la causa della crisi di fiducia dei mercati internazionali e del crollo totale del marco. L’inflazione galoppante fu l’occasione per alcuni di realizzare enormi profitti, mentre per altri rappresentò la catastrofe. Nell’autunno fu trovato un accorso: la Francia si ritira. La miseria e le umiliazioni alimentarono il risentimento nei confronti delle istituzioni democratiche. Le sofferenze avevano causato un’ondata di scioperi (1918) ed è per questo che i militari e i nazionalisti accusano i lavoratori di aver fatto perdere la guerra (hanno pugnalato le spalle), facendo mancare le risorse necessarie. La verità era che non solo la Germania aveva causato la guerra, ma l’aveva anche persa. L’elite dirigente (militari, industriali, banchieri) costituivano un blocco saldo estremamente antidemocratico. Lavorava per distruggere tutto quello che rimaneva di democratico sfruttando le contraddizioni. Ciò accadde alla Repubblica di Weimar, che da un lato il governo aveva bisogno della fiducia del parlamento, ma dall’altra il presidente aveva la facoltà di emanare leggi per decreto (quindi di scavalcare il Parlamento). La cultura tedesca si opponeva all’universalismo esaltando il particolarismo. Gli ideali democratici erano considerati qualcosa di estraneo. Acquistano sempre più spazio le idee razziste e antisemite.
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