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L'impero dei viceré , Sintesi del corso di Storia Moderna

Riassunti del libro di Aurelio Musi "l'impero dei viceré"

Tipologia: Sintesi del corso

2015/2016
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Caricato il 09/07/2016

Ukyo991
Ukyo991 🇮🇹

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Scarica L'impero dei viceré e più Sintesi del corso in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! L’impero dei viceré CAPITOLO PRIMO Carlo V è collocato da quasi tutti i suoi biografi al confine tra il medioevo e la modernità, questo perché il sovrano, nonostante le radici del suo potere, ancora di stampo feudo-vassallatico, aveva comportamenti innovativi, tanto che avviarono la più moderna fisionomia del potere. Robertson, storico del ‘700, scrive che durante il regno di Carlo V lo stato dell’Europa si trasforma in un “GRANDE SISTEMA POLITICO”, fondato su un bilanciamento dei poteri e su principi destinati a durare a lungo. Giuseppe De Leva, riprende questo tema sottolineando che Carlo V riuscì a stabilire un equilibrio politico riconoscendo la divisione tra cattolici e protestanti, facendosi così promotore d’importanti cambiamenti in Europa. Con l’allentamento dei vincoli rappresentati dal duopolio Papa-Imperatore, e la crisi del potere che ne deriva, si apre la strada all’Europa come grande sistema politico attraverso l’opera consolidatrice degli Stati e la centralizzazione del potere. Durante l’età di Carlo V, il fattore del rinnovamento sta che l’interesse degli Stati è contrastate con quello del Papa e dell’imperatore. Giuseppe Galasso identifica e sintetizza le linee generali del regno carolino, egli evidenzia quattro elementi: • La tensione tra politica dinastica e politica di potenza; • Il passaggio dal predominio fiammingo alla scelta euro-atlantica; • La gerarchia dei soggiorni del Sovrano itinerante; • La non diversità del titolo imperiale rispetto agli altri titoli di sovranità: Carlo V era infatti insieme sovrano spagnolo, italiano, borgognone e germanico. Importante è definire la natura dei viceregni di Carlo V, e di conseguenza la figura del viceré. L’origine dell’istituzione del viceré è aragonese. Alla fine del 15° secolo, con l’assenteismo regio, i delegati e i luogotenenti del re diventavano viceré, cioè rappresentanti permanenti del monarca con missione generale di governo in ciascun territorio. Carlo V è il sovrano delle sperimentazioni, sperimentazioni perché le soluzioni adottate furono velocemente superate. Le prime costruzioni del sovrano furono: • Consiglio Privato / Cancelliere / Gran Ciambellano Questo è stato definito il modello Borgnognone, le riforme di Cromwell in Inghilterra furono più elaborate. Dopo l’elezione imperiale e l’ascesa del Gattinara appare difficile conciliare gli organi centrali di governo con i segretariati territoriali, Carlo quindi rinuncia alla funzione di centralizzazione e opta per la divisione in due parti della segreteria di Stato. L’evoluzione politica amministrativa di qst tempi rispecchia la progressiva articolazione della struttura imperiale Carolina; le sue fasi principali sono le stesse: MODELLO BORGOGNONE come traduzione del governo personale. SEGRETARIATO TERRITORIALE che coesiste con gli organi centrali di governo. LO SVILUPPO DEL CONSIGLIO DI CASTIGLIA e del CONSIGLIO DI STATO. L’esaurimento del progetto di centralizzazione del Gattinara e la divisione in due parti della segreteria di Stato. Processo di divisione e successione imperiale che porterà alla formazione del sistema imperiale spagnolo. MODELLO ARAGONESE E BORGOGNONE Negli anni ’20 del 500 il problema relativo al governo dell’impero viene affrontato seguendo due direzioni: LA VIA SPAGNOLA con le due importanti esperienze del regno di Navarra e di Napoli. IL MODELLO BORGOGNONE con il governo degli Stati patrimoniali di casa D’Asburgo. Dopo la rivolta dei comuneros, nel 1525, il regno di Navarra vive un processo di integrazione nella monarchia spagnola. Carlo riforma i tribunali e con l’istituzione del consiglio di Navarra forte è l’innovazione. I poteri dei vicerè si modellano sulla base di un rapporto di equilibrio con l’organismo politico amministrativo. Notevole è l’influenza dell’esperienza napoletana nel regno di Valencia e nella Navarra. Nel 1529 si sottolinea la figura del viceré, non più persona reale ma UFFICIO, sottoposto quindi a vigilanza e tutela. Il mandato è limitato a 3 anni e tutte le sue decisioni devono ottenere la conferma del re per essere valide. L’esigenza di costruire un nuovo sistema di governo nasce dall’assenza permanente del Re. Bisognava creare un sistema per governare a distanza. Si crea un sistema triadico formato da Sovrano, dai reggenti e dai viceré. Nei Paesi Bassi, nei primi 10 anni di Carlo c’è l’esigenza di riformare l’amministrazione. Importante è la figura di Margherita D’Asburgo nella prima fase (1516-1530), essa è viceré dal 1522. Diverso è invece il governo di Maria del 1531 a 1555. Durante tutta la vita di Carlo, nei paesi bassi, si conserva lo <<Stile Borgognone>> e nessuna carica è assegnata a stranieri. Secondo Kohler, Carlo avrebbe perseguito un progetto di MONARCHIA UNIVERSALE, basata sul primato di casa d’Austria. Egli sostiene che Carlo dia precedenza agli interessi dinastici rispetto a quelli imperiali. Più convincente però è la tesi di Galasso, secondo il quale i Paesi Bassi vivono nella duplice tensione tra politica dinastica e politica di potenza. Carlo è assai attento alla specificità delle Fiandre, eredita i frutti della politica del nonno (Massimiliano), che si basava su: 1. Unione personale 2. Strategia matrimoniale 3. La triplice prospettiva (mediterranea, centro-europea, atlantica) della struttura imperiale. Ma allo stesso tempo è costretto ad operare secondo un disegno più moderno, che è caratterizzato dalla difficile sintesi tra politica dinastica e politica di potenza. Carlo è legato per nascita e formazione all’ eredità borgnognona e alle Fiandre, ma la prospettiva di formare le assi dell’impero su di essi è presto abbandonata. Carlo però non abbandona mai il pensiero di conservare il modello borgognone, la prova sta nel fatto che Carlo non nomina mai personalità esterne alla famiglia reale per il governo dei Paesi Bassi; questo fino al 1555 quando venne nominato come governatore un costa sia dell’Italia occidentale che della Spagna mediterranea. Anche nel regno di Napoli e Sicilia gli interventi sono a favore della difesa. Il viceré (a Napoli Alcalà) deve organizzare sia le difese marittime che terrestri. Capaccio evidenzia gli strumenti utilizzati a tal proposito. La Spagna si trovava in una posizione strategica sempre più debole e quindi Filippo II nomina i 4 viceré soprattutto su considerazioni militari. In conclusione si può affermare che le riforme furono attuate in modo diverso anche se seguendo caratteri comuni, ma con peso diverso a seconda dei territori. Il progetto complessivo risulta comunque chiaro: attraverso il viceré si cerca il rafforzamento dei meccanismi di controllo e di riduzione del potere della classe aristocratica e il tentativo di formare una classe politico-amministrativa autonoma. CAPITOLO 3 NEL SISTEMA IMPERIALE IL CONCETTO DI SISTEMA IMPERIALE SPAGNOLO Con Filippo II il sistema imperiale spagnolo ha 5 differenti caratteristiche: 1. Unità religiosa e politica, le uniche due fedeltà concesse erano verso Dio e verso il re, la dinastia asburgica seppe unificare questi due sentimenti e consolidare le fedeltà dei sudditi. 2. Nell’impero spagnolo vi era una regione guida: la Castiglia, da essa derivavano forza economica-sociale e politica. Anche le forme rappresentative della cultura erano ormai castigliane. Filippo II localizzò la capitale a Madrid. Nella Castiglia era anche il modello di governo improntato su una forte centralizzazione del potere. 3. L’interdipendenza tra le parti, che si configurava attraverso la creazione di sottosistemi. (Sottosistema significa: una serie di funzioni assegnate ad alcune parti del sistema; un sistema di potenza regionale, uno spazio politico relativamente unitario). Un sottositema è il “sottosistema Italia”, cioè l’Italia spagnola; non solo le prov. sottoposte alla corona asburgica sono segnate dal destino della Spagna, ma indirettamente anche altre come la repubblica Ligure o lo Stato della Chiesa o anche il Gran Ducato di Toscana. Ad esempio il Ducato Milanese, in cambio di aiuto militare e finanziario costituiva un corridoio militare per le provincie interne della Spagna. Sicilia e Napoli invece avevano il compito di respingere il pericolo Turco e di contribuire economicamente. La Spagna comunque non unificò l’Italia; essa era uno spazio politico relativamente unitario ma assai differenziato, era uno spazio dinastico e politico-militare ma non un’unità di governo del territorio. Anche i presidios di Toscana sono parte integrante del sottosistema Italia, lo stato dei Presidi dipendeva amministrativamente dal regno di Napoli e i viceré napoletani erano infatti ritenuti responsabili delle condizioni di questi territori. Alcune caratteristiche sottosistemiche si ritrovano persino nel governo delle terre d’oltremare. Con Toledo vi furono 3 passaggi: - Legittimazione corona spagnola, - Coinvolgimento dell’elité locali, - Rafforzamento del potere politico del viceré. 4. Rapporto tra concentrazione e partecipazione politica. 5. Egemonia nelle relazioni internazionali. Il rapporto tra re e viceré Sia con Carlo V che con Filippo II la carica vicereale era vincolata a famiglie aristocratiche. Nell’età filippina il vincolo di lignaggio costituiva la base principale della relazione tra il re e il viceré, questo affinché si conservasse in qualche modo il rapporto vassallatico. Il viceré aveva una doppia natura: era vertice di un’istituzione e titolare di un vincolo personale con il sovrano. Fondamentale era l’unità POLITICO-DINASTICA. La doppia natura del viceré mostra infatti il suo ruolo che era a metà tra dipendenza e relativa autonomia, essendo egli istituzione e persona vincolata al sovrano allo stesso tempo. Il viceré è rappresentazione della storia, quindi figura eroica, ma è anche rappresentazione dello Stato, quindi figura politica. Il viceré è PRIMO MINISTRO e BRACCIO del re diviso dal suo busto ma MORALMENTE COGIUNTO. Unità e differenziazione territoriale Le istruzioni di Filippo II ai viceré sono fonti particolarmente utili perché esprimono i problemi che vi erano nel periodo di massimo sviluppo del sistema imperiale spagnolo e inoltre mettono in luce la relazione difficile tra unità e differenziazione territoriale. La cinghia di trasmissione La cinghia di trasmissione può aiutare a comprendere meglio la natura del viceré. Il viceré è a capo di una catena di comando, intrattiene un rapporto bilaterale con il re ed è relativamente autonomo rispetto ad organismi consiliari di governo. Nell’ultima fase del regno di Filippo II i viceré svolgono sia una funzione interna che esterna (internazionale) diventano la vera e propria CINGHIA DI TRASMISSIONE tra il re e i regni da loro amministrati. CAPITOLO 4 LA SVOLTA ATLANTICA Nel primo ventennio Filippino abbiamo la composizione e scomposizione dei partiti: Il partito abolista (Duca d’Alba) e quello ebolista (Principe d’Eboli) sono estremamente mobili e variabili. Vi è la presenza e l’azione di più fazioni. Il partito ebolista si mostrava più omogeneo rispetto a quello abolista. A partire dal 1573 non si può più parlare di partito ebolista e/o abolista, essi infatti non avevano inciso particolarmente nella formazione e decisione politico-militare di Filippo II. Un altro partito che si forma è quello di Perez, che ha una qualche influenza sulla scena politica e finanziaria della monarchia, ma anche esso non tarda ad eclissarsi. La guerra abbandona il centro del mediterraneo, il baricentro si sposta verso l’Atlantico, il sovrano avvia così una politica internazionale d’intervento attivo teso a difendere l’impero ma anche ad espandersi nelle aree vicine (Francia e Inghilterra). I due partiti (abolista,ebolista) sono scomparsi, ma i problemi strutturali dell’impero permangono. Negli anni della svolta Atlantica con il viceregno di Colonna in Sicilia, si sviluppa la dialettica tra viceré e consiglio d’Italia. Colonna viene promosso ad un altro triennio di viceregno e intanto Granvelle è presidente del consiglio d’Italia e si oppone al Colonna. In Sicilia per far fronte agli impegni della Corona nelle Fiandre e in Portogallo la pressione fiscale aumenta, Napoli deve alimentare la politica spagnola europea, Milano, Sicilia e Sardegna non sono considerate idonee. **Metà dei governatori nell’età di Filippo II sono di sangue reale. CAPITOLO 6 Una vera e rivoluzione del governo è portata da Filippo III con la figura del VALIDO. Ne è l’artefice il duca di Lerna che concentra in se il complesso di mediazione tra sovrano e sudditi e diventa l’interlocutore privilegiato del sovrano. La figura del valido (favorito) è ambigua: egli è un potente primo ministro di fatto ma non di diritto. I favoriti conquistano sfere e spazi di autonomia nell’impero legati al rapporto creato con il sovrano, i viceré hanno però maggiore discrezionalità. Il valimiento (Re che regna, primo ministro che governa) è un modello che ha fortuna e si diffonde anche in Francia e in Inghilterra, ma in Spagna è meglio riconoscibile, è qui infatti che il clan del valido si configura. Il primo a costituirlo è il Lerna con il clan del Sandoval, ancora più basato sul rapporto valido-viceré è il clan dell’Olivares con il passaggio del Sandoval a Olivares la struttura del clan si perfeziona. Differenza tra privado e viceré Il privado fa le veci del principe, è il mero esecutore della sua volontà, non è sottoposto a regole; il viceré ha limiti e confini, è ministro della repubblica, il privado è ministro del principe, quindi come lui non è sottoposto a giudizio. Nel regno di Napoli il legame tra il valimiento e le nomine vicereali è assai stretto, il regno con Monterey acquista un rinnovato ruolo nella politica di Madrid, con le capacità politiche del viceré la corona trasse dal mezzogiorno tutto ciò che poté trarre e riuscì a mantenere l’aristocrazia subordinata alla potestà regia. Il duca di Medina successe a Monterey, durante questi anni la posizione dell’mezzogiorno mutò, non aveva più solo funzione fiscale, quindi essere solo riserva finanziaria e rifornimento militare nelle guerre della Spagna. Con Medina il popolo si articola in due gerarchie: “la gente mas civil” e la “plebe”. Nella nobiltà Medina identifica due sfere: i caballeros e i barones, i primi perseguivano il prestigio. I viceré hanno due soli strumenti per integrare nella vita dello Stato il ministero: il governo e l’amministrazione delle provincie. Ma la nobiltà non è ancora gratificata. Medina costruisce un formidabile sistema di potere grazie ai suoi legami e interessi di affari con Bartolomeo D’Aquino, esponente del piccolo baronaggio. Il rapporto tra il viceré e Aquino equivale quasi a quello tra il sovrano e il suo favorito. Con l’emergenza bellica il potere decisionale e l’autonomia dei governatori aumenta. Le corti vicereali Si può parlare di una vera e propria corte vicereale solo a partire dalla metà del ‘500, si vengono a definire meglio i significati, caratteri e funzioni; in sostanza sono cinque: • La corte come apparato formale che ruota intorno al viceré • La corte come area d’integrazione • La corte come sistema di potere • La corte come insieme di regole formali • La corte come oggetto specifico di una trattistica di genere La corte diventa uno strumento d’integrazione, gestito direttamente dalla massima autorità di governo del regno di Napoli. Si sviluppano le segreterie dei viceré, i segretari spediscono per iscritto ordini, questa nuova magistratura cura la corrispondenza del viceré e ha una funzione di mediazione tra il viceré e il consiglio collaterale. Questa stessa articolazione si ritrova nel ducato di Milano, diversamente è invece in Sicilia. Tra l’età di Filippo III e Filippo IV nasce e si sviluppa la figura del viceré barocco. Il primo fattore da considerare per meglio definire la fisionomia di questo nuova figura e la maggiore circolazione nel sistema imperiale spagnolo, il secondo fattore è la relazione stretta tra politica madrilena, genesi ed epilogo dei governi vicereali. Il terzo fattore è lo sviluppo della corte vicereale barocca sia come apparato che come spazio del potere materiale e simbolico. A Napoli i viceré siedono sul trono in sole due occasioni: durante la seduta del Parlamento e nella processione di San Gennaro; in queste due occasioni appaiono come alter-ego del re. Il quarto fattore del modello di viceré barocco sta nel contributo alla codificazione delle forme della politica barocca. C’è un nesso stretto tra famiglia e carriera, le raccomandazioni, le grazie e i favori hanno un peso sempre maggiore. Con i viceré della prima metà del ‘600 nasce la LOBBY; il sovrano è al centro della sfera della decisione politica, ma la lobby incide sia sul processo di formazione sia nelle modalità di occupazione del potere. Il quinto fattore è la possibilità, per alcuni viceré di esercitare un personale gioco di potere
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