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L'invenzione della virilità nell'Italia contemporanea. Di Sandro Bellassai, Dispense di Storia Della Pedagogia

Riassunto del libro "L'invenzione della virilità nell'Italia contemporanea. Politica e immaginario maschile nell'Italia contemporanea", di Sandro Bellassai.

Tipologia: Dispense

2021/2022
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Scarica L'invenzione della virilità nell'Italia contemporanea. Di Sandro Bellassai e più Dispense in PDF di Storia Della Pedagogia solo su Docsity! Sandro Bellassai L'INVENZIONE DELLA VIRILITA' NELL'ITALIA CONTEMPORANEA Politca e immaginario maschile nell'Italia contemporanea Si cercherà in questo libro di delineare la cornice interpretatva riguarda la costruzione e ricostruzione dell'identtà colletva del genere maschile in Italia nei vari decenni atraverso gli important processi di mutament. Lo scopo è trateggiare alcuni passaggi essenziali della storia del virilismo. Si guarderà sopratuto alla dimensione di costruzione sociale dell'immaginario che potremmo defnire colletva, pubblica e normatva. In Italia quando si pensa al virilismo si pensa alla chiesa. Nessun dubbio che il tradizionalismo del Vatcano abbia avuto un ruolo importante nel sostenere il virilismo oltre che nel favorirne la difusione e la riproduzione ma il catolicesimo non può spiegare tuto. Ci ateniamo qui ai legami profondi dell'interpretazione del virilismo con la dimensione politca ed etca come la tradizione, l'autoritarismo, la gerarchia sul piano sociale e culturale, sulla sua natura sia struturale e immaginaria, l'”era delle masse”. L'ipotesi è che il virilismo è nato per rispondere alla temuta detronizzazione e svirilizzazione “moderna” dell'uomo alla fne del 800 con aggregazione dell'uomo nella nascente società di massa e persistenza della sua supremazia nei confront delle donne (in un contesto di imperialismo aggressivo). Caso studiato → Il virilismo nell'Italia dal 800 alla metà del 900 (epoca più gloriosa del virilismo) Obietvo → fornire una rifessione sull'immagine del genere maschile inventato per conservare un ordine gerarchico Legitmità del virilismo maschile → indiscutbile Natura del virilismo → “contrato sociale” con il maschio avente le virtù della forza, del coraggio, della sicurezza, dell'onore, del senso del comando e della superiorità che non è magari altro che un “contrato sessuale” ovvero il dirito degli uomini sulle donne. Capitolo I – Virilità e storia politca I l “virilismo” è un'invenzione che coincide con la metà del 800 non era conceto nuovo ma diventò di maggior importanza perché in quella epoca le élite e l'opinione pubblica percepiscono la donna come un pericolo per il potere e la supremazia degli uomini, genere di forza, di coraggio, vocazione al dominio, disposizione all'azione brutale. I processi di modernizzazione economica, sociale, politca e culturale ataccarono la stabilità e la sicurezza del dominio maschile metendo in discussione la tradizione. Se la modernità signifcava indebolimento maschile, la reazione degli uomini era rilanciare la virilità un'enorme valenza ideologica e mitologica,prospetva necessaria alla salvezza dell'umanità, del mondo, della civiltà umana. Virilismo e società di massa Sul piano storico-sociale non ci fu soltanto la funzione di difendere gli interessi della parte tradizionalista del genere maschile ma anche quella di traghetare una grande parte della popolazione maschile verso una dimensione politca e sociale di massa ofrendo cosi la garanzia della riproduzione del privilegio, della supremazia e del potere maschile tradizionale. Si può cosi capire tanto della persistenza, nella storia politca contemporanea italiana, delle culture viriliste quanto quelle autoritarie. Altro trato rilevante della storia politca italiana fu la misoginia. Il processo di modernizzazione con arrivo della democratzzazione e liberalismo ha portato ad afrontare la questone sociale, quella dell'integrazione delle masse nell'arena politca moderna, quella che Mussolini ha “risolto” con la militarizzazione fno al dopoguerra. 1 Rilevanze dal punto di vista politco e sociologico: → potere – corrent politoco-culturali ant-plebeo, antdemocratco ed esplicitamento autoritario (piacere della folla solo per domarla, signifcato della folla come desiderio di possesso e di conquista). → tratamento delle masse in modo molto sessuato Queste 2 dinamiche esaltarono la virilità e il rimodellamento sociale in senso gerarchico e autoritario. L'immaginario del virilismo nasce nella seconda metà del 800 anche se il fenomeno esisté ben prima, diventò sempre maggiore con il processo di modernizzazione con la democratzzazione e il liberalismo. L'Italia unita (1861) ha contribuito alla longevità del virilismo con la via sua gerarchica e l'inclusione storica delle masse nell'arena politca. Il virilismo rappresentò fno ai primi del 900 una garanzia di contnuità del tradizionale dell'ordine politco (della “belle époque” fne del 800 fno alla prima guerra mondiale quindi seguente la “grande depressione economica” dal 1870 a 1896). Dalla fne del 800 all'inizio del 900 → autoristarismo, virilità, concezioni gerarchiche (razzismo, misoginia, omofobia) antmodernismo (coniugato da anturbanesimo e negazione dei principi egualitari per la sopravvivenza del maschio dominatore come nel fascismo), pulsioni antdemocratche, imperialismo, tradizionalismo inclinazione alla violenza con divisione dell'umanità in sogget superiori e inferiori ed esclusione di part molt estese della popolazione della libera partecipazione politca raforzarono gli element culturali e politci. La discontnuità epocale sul piano della cultura, dell'etca e degli asseti sociali prodot della grande trasformazione degli anni 50-60 portò a una vera delegitmazione storica del virilismo. A partre dagli anni 70 e fno agli anni 2000, si assiste a una agonia terminale del virilismo. Storiografa del virilismo: Prima fase: esaltazione politca della virilità in età contemporanea Seconda fase: veri moment di gloria Terza fase: virilità sinonimo di fascismo (dominazione coloniale) Quarta fase: anni del “boom” (rivoluzione sociale dei consumi, trasformazioni sociali, politche liberali ed egualitario, progressivo riconoscimento dei dirit delle donne, liberalizzazione dell'etca, pluralismo identtario all'interno del genere maschile) → declino del virilismo classico con emergenza dei gruppi neocapitalist italiani Quinta fase: dagli anni 70 del 900 al 2000, agonia terminale del virilismo (moviment femminist) La violenza imperialista Tra 800 e 900 la nuova declinazione politca della nazione era costruita sull'ideale di virilità soto il quale si raccolse buona parte delle pulsioni organiciste, antdemocratche e misogine. Cosi la nazione o l'impero diventavano l'incarnazione politca della virilità colletva mentre gli uomini esprimevano la propria virilità anche quando agivano come devot fgli della nazione. Certamente il nazionalismo aggressivo, l'imperialismo, l'inclinazione alla violenza che era loro tpica hanno avuto storicamente un legame importantssimo con il virilismo e in quest ambit virile divenne sinonimo di uomo disponibile a esercitare la forza e se non la violenza brutale contro il nemico. Si può anche dire che l'esaltazione della forza e la virilità che si trovarono nelle gerarchie autoritarie dell'Italia e della Germania, si trovarono altretanto nelle “democratche nazioni colonialiste” della Gran Bretagna, Francia e Stat Unit fat di misoginia e violenze razziali (cosi le donne colonizzate erano considerate doppiamente inferiori). 2 La nazione italiana e la prospetva virilistca Tra 800 e 900 molt uomini occidentali sentrono l'approssimarsi la fne defnitva di una sana mascolinità. E non sembrava quindi esserci una altra strada che il raforzamento della virilità stessa. Nelle narrazioni nazionaliste europee otocentesche è ricorrente una fortssima sofocante estetzzazione della violenza, dell'aggressività misogina, morbosa sconfnando quasi con la pornografa. La violenza in ambito sessuale non era altro che la paura dell'uomo della potenza femminile. Armi, violenza, guerra e sessualità si fondevano cosi a garanzia e gloria dell'integrità virile. Come in guerra, la vita umana aveva un peso inferiore a quello del supremo bene dell'onore quindi di quella reputazione della virilità e si assisteva a dei combatment pubblici di esibizione del coraggio, di abilità tecnica, di sprezzo del pericolo fra ministri, capi di governo, intelletuali anche per l'immagine virilistca nazionale. Era importante anche mobilitare tute le forze fsiche della nazione per un'educazione pedagogica al virilismo della citadinanza. Educazione che passa atraverso il sacrifcio bellico , degli esempi di valori e di guerra. In ambito leterario, certe corrent del 900 celebrano lo scatenamento di energie aggressive e quindi esplicitamente virili sia nel campo sessuale sia nel campo militare. 5 anni prima della guerra mondiale si vive in un clima in cui si glorifca la guerra perché è terribile e tremenda quindi la guerra va amato nel cuore di maschio nell'obietvo di superare le debolezze della razza. Nei primi anni del 900, il futurismo fu un buon esempio di cultura politca che conciliò virilismo e modernità. Il maggiore esponente del futurismo Filippo Tommaso Marinet disse “non vi è più bellezza se non nella lota. Nessun opera che non abbia un caratere aggressivo può essere un capolavoro”. La potenza maschile e la diferenziazione superiore/inferiore sopravvivevano cosi, afancate ai nuovi element retorici ultramodernist, all'annunciato funerale carnevalesco della tradizione. Alla vigilia della guerra, essa fu vissuta come occasione di rigenerazione non solo nazionale ma proprio maschile. Le culture moderate, conservatrici, reazionarie del primo decennio del 900 seguirono la prospetva dell'afermazione del nazionalismo “militante” cercando al contempo di convertre la massifcazione della politca da minaccia a risorsa per l'ordine gerarchico della società con intensifcazione di questa strategia nel secondo decennio del 900. I giovani nel 1914 invocavano dei toni intransigent con uno spirito combatente che sposava poi il nazionalismo imperialista e esultavano la catarsi redentrice della guerra di cui erano protagonist anche i catolici che non di rado prefguravano “la bataglia ideale suprema” anche nelle arene politche nazionali. Nei primi del 900 molte associazioni di student da un lato manifestarono ateggiament aggressive e divise e dall'altro non casualmente avevano esperienze di fuga “escurzionistca” lontane dalle cità e dalle donne (esito di dinamiche di genere). Capitolo III – Il virile ventennio La politca fascista fu ispirata alla ricerca di una mediazione fra modernità e tradizione e in un contesto di guerra (fra le due guerre mondiali), atraverso l'esaltazione della nazione, l'afermazione radicale di un ordine gerarchico, la repressione violenta del movimento operaio, con una società di massa fondata sulla disuguaglianza e la legge della forza. Il fascismo era tutavia tradizionalista e antmodernismo. L'antmodernistmo fascista fu cosi uno strumento della modernizzazione autoritaria fascista con la rassicurazione che anche nel nuovo mondo moderno una mascolinità potente e dominante avrebbe avuto un ruolo insosttuibile. Con il regime fascista il virilismo, come mai prima, divenne negli anni 20 un vero e proprio programma politco di eccezionale rilevanza e il termine “virilità” fu eccessivamente ricorrente. 5 La mistca della virilità Il fascismo ofrì un modello di esistenza moderna che prefgurava per le élite una confortante contnuità nei floni tradizionali del privilegio e della dominazione. Cosi accanto gli slanci modernist rimanevano ben saldi nella centralità della tradizione e la retorica della razza un sinonimo di tradizione. I giovani intelletuali degli anni 30 scrivevano che la rivoluzione non deve rompere con la tradizione in efet. I fascist tramandavano la tradizione dalla prima, la seconda e la terza Roma, si può in qualche modo dire che i fascist furono i romani della modernità, ricongiungendo l'antco all'atuale senza tradire le origini e perpetuandoli con volontà di potenza. In questa fase della storia, e anche riguardo al genere, non era più sufciente disciplinare e reprimere ma occorreva proprio un rimodellamento totalitario della razza italiana. Il virilismo era il cavallo di Troia che permeteva alla tradizione di penetrare la modernità totalitaria in un momento in cui la rassicurazione del genere maschile era fortemente turbata dall'emancipazione femminile e dei processi di modernizzazione. In tale senso l'antmodernismo sessuato fascista assumeva il paesaggio della modernità e operava come una sorta di delicatssimo fltro fra stabilità virile e modernità stessa con evident identtà maschile in vari temi quali ruralismo, anturbanismo, ant-intelletualismo, ateggiament antborghesi, antfemminismo, pronatalismo. La prima Grande Guerra fu atesa degli intelletuali e degli student per potere risanare la sindrome debilitante della virilità e per un defnitvo ritorno all'ordine dei generi. L'orientamento crescente alla violenza fu la risposta politca maschile alla crisi del dopoguerra. In quest anni la seduzione esercitata dalla soluzione di forza trovò pochi ostacoli in un clima postbellico caraterizzato da una difusa “brutalizzazione della politca”. All'indomani dell'armistzio, vecchi e nuovi combatent si unirono in squadre armate direte contro i moviment operai. Questo squadrismo fascista aveva il compito di ricostruire un'identtà autentcamente virile atraverso la violenza e l'azione. Il passaggio alla violenza fu cosi un passaggio alla virilità anche da parte dei giovani. Un antmodernismo di genere Fra le varie manifestazioni dell'antmodernismo fascista, il ruralismo è probabilmente il fenomeno culturale che ha ricevuto maggior atenzione da parte della storiografa. Il contadino era celebrato come La quintessenza della mascolinità “naturale” o selvatca. Il ruralismo fascista puntò esplicitamente all'imposizione di un ordine e di genere tradizionale. Nel 1935, i giovani volevano fuggire la loro famiglia e il duro lavoro delle campagne, per costruirsi la propria famiglia in cità anche se essa non era sinonimo di felicità. Un altro sintomo all'infelicità dell'urbanismo era la denatalità, si meteva sempre meno fgli al mondo. Cosi la cità divenne il luogo di corruzione della strpe lontano dalla virilità e la mascolinità della vita dura e avventurosa delle campagne. Tutavia a questo punto, l'avventura non doveva per forza portare nelle trancee ma con la leteratura popolare l'uomo urbanizzato riuscì a trovare nell'immaginario, la compensazione fantastca di una condizione esistenziale che egli percepiva come deleteria per la propria identtà di maschi. Ma per la “nuova Italia” l'Italia mussoliniana l'uomo doveva dalla prima infanzia fare funzionare i muscoli con un linguaggio verbale e corporeo di tpo marziale, rude e virile interpretato nelle parole proprie del Duce “la Guerra sta all'uomo, quello che la maternità sta alla donna” . Cosi il regime fascista proseguì una pedagogia della virilità indirizzata tendenzialmente a ogni maschio di qualsiasi età proponendo ancora una volta la fgura del combatente cercando di contrastare il prodoto negatvo della modernità ovvero l'uomo rifessivo, ipersensibile e gracile, il cui caratere passivo e dubbioso derivava da un eccesso di razionalità con scrito negli artcoli dell'epoca “più che dei flosof ci vogliono dei soldat”. La strategia di subordinare il pensiero all'azione prevenendo a una sorta di pensiero ant-intelletuale razionalista e borghese era quella di esaltare non solo un pensiero ma un pensatore ant-intelletuale. L'intelletualismo rappresentava l'intelligenza infeconda, un'intelligenza senza virilità, è come gli invertt del sesso o gli anarchici un fenomeno a cui la natura fu loro matrigna. 6 Contro l'intelletualismo-degenerazione senile dell'uomo la retorica fascista esultava quindi l'azione, l'impulsività e la giovinezza. Con giovinezza s'intendeva una tensione dinamica verso il futuro con un equilibrio retorico impossibile: da un lato l'esaltazione positva del nuovo (morale) e dall'altro lato la denuncia degli efet degeneratvi della civiltà moderna (identtà). Mussolini era rappresentato come “il principe della gioventù”. Ma per essere un uomo nuovo, un modello inedito della virilità italiana bisognava allora fare un salto nel passato per ritrovare l'immaginazione e quindi scavalcare l'età della borghesia. Il meschino borghese Per borghesia s'intendeva “alta borghesia” (che fu la grande protagonista anche della “belle époque”) che spesso si identfcava con industrialismo. Nel suo discorso del 1938, il Duce in persone fece una distnzione netssima fra capitalismo e borghesia “perché la borghesia può essere una categoria economica ma è sopratuto una categoria morale”. In realtà perché la borghesia portava i sintomi della decadenza maschile, andava contro i 2 principi del fascismo, contro la fgura maschile in quanto: - contro l'esaltazione del mondo contadino quindi contro l'anturbanismo fascista (stabilità e tradizione fascista) - per disprezzo delle convenzioni e delle comodità, la borghesia era contro il movimento, contro l'azione (dinamismo e avventura) → con una cultura del corpo maschile e virile per il fascista contro un corpo sempre meno in movimento per il borghese. La borghesia e l'ebreo citadino rappresentavano la mascolinità degenerata e il contato con il mondo femminile era proprio visto come un pericolo di perdita della virilità per il mondo fascista. Il borghese lo si riconosceva sopratuto per una grandissima mancanza di mascolinità. Nel pubblico di massa prevaleva l'identtà di genere abbastanza tradizionale. Il fascista si distngueva poi dal borghese per i valori quali l'eroismo, l'amore per la nazione e il disgusto per l'egoismo (contro l'individualismo e l'egoismo borghese). Il borghese era quello che non aveva la forza mentale allora usava la forza materiale. La donna moderna e la crisi della fecondità (tra le 2 guerre) Quando la rappresentazione della mascolinità assumeva trat parossistci come accadeva con il caso fascista allora la supposta inferiorità della donna diveniva necessaria segnato da obbedienza, dedizione assoluta alla famiglia. E in più di essere inferiore, la donna doveva anche confermare l'idea di esserlo sempre stata nel passato. Ma nonostante afermassero la loro immutabilità, gli uomini del Ventennio sapevano bene che in realtà le donne dietro la spinta della modernità non stavano mutando solo la veste. L'uomo esasperato descrisse la “donna moderna” come un mostro privo di femminilità. I binomio donna e modernità mostrava tant cambiament della donna su infnit aspet: dall'ingenuità alla malizia, più oneste, rafnate e impure. Questa trasformazione fu in parte dovuta all'arrivo in massa dalla cultura americana alla quale il regime fascista fece scontro con i mezzi di comunicazione con innumerevoli romanzi moraleggiant, artcoli su ogni tpo di periodici per esaltare la donna moglie e madre e spegnere sul nascere ogni focolaio della terribile infezione modernista. Il mutamento “moderno” della femminilità portava alla svirilizzazione del maschio. “La donna tpo tre” di Umberto Notari, giornalista e scritore, mostrava i vari impegni di una donna che passava tradizionalmente dai lavori di casa e cura dei fgli a una donna che faceva non più di 2 fgli (rilutante alla maternità), donna fatale che sfdava apertamente l'uomo, lavorava tuto il giorno in ufcio, non mostrava il dovuto rispeto al marito. Il giornalista parlava di colpe dell'uomo nel aver abdicato al suo ruolo, cedendo il terreno alla donna. Il discorso pronatalista, di cui Notari si faceva veicolo, era un discorso fra misoginia, virilismo e antmodernismo. Anche il sentmento antborghese aveva un ruolo non secondario (allevamento non più di fgli ma di barboncini di saloto, con una sciagurata indiferenza per la nazione, cultura materialistca e disumana con sembianze straniere di capitalismo americano, borghese e protestante, bolschevismo ateo e asiatcamente barbaro) e il regime fascista riponeva le proprie speranze nell'uomo e la donna non corrot dalla civiltà moderna. 7 Consumismo e scenari di genere Con la trasformazione del “boom” nell'esperienza concreta di ampie masse di popolazione, il tempo perse il caratere ciclico che aveva avuto nelle culture popolari del passato. Fu atraverso i consumi che l'etca del neocitadino subì una metamorfosi cosi radicale, i consumi del sabato sera, i dischi e la moto vengono rapidamente adotat e l'immigrato si mete a risparmiare per procurarseli. Anche nelle campagne degli anni 60 si sentrono pure i segni del mutamento con modifcazione dei valori culturali degli abitant, generato da un diverso grado di istruzione, dall'avvento della tecnica e dell'industria, dall'infltrazione della cultura di massa. Quest fatore hanno toccato con maggiore o minore intensità i diversi strat della popolazione con ansia di evasione, di conoscenza del mondo che esiste al di là del loro. La cultura di massa ebbe un ruolo di primo piano nel mutamento culturale con un'evidente femminilizzazione della società tuta portando il Bel Paese a ingentlirsi e svirilirsi. Tra i modelli di comportamento moderni di cui la donna può godere una parte importante è relatva ai consumi, l'universo del comfort appare afdato alla donna, esse decide degli acquist con conseguenze sulla sua immagine ma anche sui poteri di generi (la natura spendacciona della donna costtuiva un controllo sempre meno efcace da parte dell'uomo). Il mercato dei consumi in espansione chiedeva sempre più interlocutori, e i mezzi di comunicazione spingevano la donna a essere sempre più decisionale con una fgura di imprenditrice autonome, e qualora essa incontrasse un ostacolo nelle pretese maschile questo ostacolo veniva eliminato con rotura del triangolo donne-uomini-mercato e l'uomo escluso nella decadenza maschile. La donna fu liberata della sua antca schiavitù e l'uomo iniziò a compiacersi nell'efemininatezza. Apocalisse e integrazione maschile Dopo che la svirilizzazione classica stesse vissuta come una catastrofe, fu visto come una novità davvero epocale che segnò in maniera decisiva le vicende dell'identtà maschile . Più sensibilità per l'uomo, più istruzione e meno inferiorità per la donna. L'uomo venne caricato da tensioni molto difcili da supportare e da sostenere, vitma di una infnità di esigenze e di preoccupazioni che i suoi antenat ignoravano, “il dongiovanni non rappresentava afato un modello positvo ma è la società che spinge ad esserlo altriment si è un fallito”, oppure giovani che lamentavano le proprie difcoltà di adeguarsi ai modelli maschili basat su sport, motori e donne. In quest anni 60, era proprio un minoranza gli eretci manifest del virilismo. Il virilismo non ammeteva pluralismo identtari ma non nemmeno pochi a trare allarmi apocalitci sulla crisi moderna della virilità (che a questo punto della storia non poteva tornare ad essere quella tradizionale perché l'emancipazione della donna era oramai d'improbabile rinuncia). Il coro delle voci che si alzavano contro la rotura dell'ordine “naturale” delle relazioni di genere era classifcato come antmodernismo. Per tut comunque “integrat o apocalitci” lo scenario della grande trasformazione non lasciava dubbi: l'epoca della mascolinità tradizionale era fnita. L'Italia come l'Europa subiva anche l'onda americana, quello che negli anni 50 succedeva in America arrivava negli anni 60 in Europa come zuppa in polvere, scatolame e ginecrazia concentrata perché lì l'uomo aveva già dichiarato forfait, getato la spugna e raccolto lo strofnaccio. L'uomo è stato schiacciato, trasformandosi in un essere che non era più degno di appartenere al genere maschile. L'uomo per non morire si è dovuto femminizzare, per ascesa storica della donna-mantde, caduta vertcale dell'autorità del padre con nefast efet a cascata sulle generazioni successive. In una ricerca di riequilibrio dei generi si può cercare di pensare che l'uomo “nuovissimo” dagli anni sessanta avrebbe esibito un proflo sessuato per più aspet diversi da quelli dei suoi predecessori ma sarebbe stata sempre e comunque un uomo con nei suoi bagagli forza, potere e aggressività. 10 La rassicurazione modernista La strategia destnata alla rassicurazione virile aveva per defnizione un limite già all'origine calcolato, l'uomo del boom avrebbe dovuto abbandonare per forza, la sua esistenza non avrebbe avuto qualcosa di meno di quella dei progenitori. Era quindi assolutamente prioritario rassicurare gli uomini potenzialmente dispost ad abbandonare che l'uomo moderno sarebbe ancora stato un uomo virile, un uomo degno di questo nome cosi all'uomo maschile si poteva chiedere più cose con migliore possibilità di successo. Se guardiamo ad alcune rappresentazioni della mascolinità nei media degli anni 60 si ritrovano vari segnali di una strategia di rassicurazione virile (pubblicità, linguaggi mediatci tra virilità tradizionale e carateristche “moderne”). Il consumismo voleva mostrare un uomo diverso ma un uomo e veicolava un sistema mediatco di inaudita potenza pedagogica. Il tradimento della tradizione ebbe conseguenze cruciali sulla mascolinità. Soto la spinta della “grande trasformazione” degli anni 50-60, il lento declino si trasformò in una frana. L'enfasi dilagante sul successo rilanciava il conceto di gerarchia talvolta davvero aggressivo e prevaricatore di tant maschi amareggiat dalla mollezza dei tempi, dotato di individualismo e compettvità ma anche di freddezza morale necessaria per raggiungere i propri obietvi. Ordine, volontà e disciplina erano termini che risuonavano alle orecchie degli orfani del virilismo dei bei tempi andat e queste note che risuonavano nelle stanza più dinamiche e moderne della società, il nuovo mondo aziendalista alla testa dello sviluppo doveva apparire alquanto rassicurante riguardo alla contnuità di antche atmosfere sociali e a tempo di genere. La triste fne del gallo La modernità che avrebbe rimodellato radicalmente il corpo della società italiana incontrava anche una critca impegnata o iperbolici o apocalitci ma che che comunque meteva a fuoco una crisi dell'uomo moderno anche in quanto maschio e ironicamente sulle patetche sopravvivenze di un mondo virilista. Ma nell'ambito leterario il tono era pessimiste e si assisteva a un campo di bataglia dopo la vitoria del nemico. Nella metà degli anni 60, la virilità veniva cosi umiliata, violentata, mutlata da un disumana modernità fn nel proprio nucleo biologico, genetco, riprodutvo: la degradazione della paternità (che era il simbolo per Hegel che ha deto “non è uomo chi non è padre”, frase amata e ripresa poi da Mussolini). Atraverso vari flm dell'epoca (“i mostri” 1963, “l'educazione sentmentale” 1963, “latn lovers” 1973), la pedagogia virilista veniva proprio ridicolizzata per la sua assurdità e stupidità. Al culmine del famoso boom, il mitco gallo italiano era diventato prima un misero pollo di allevamento, poi un cappone dall'infelice destno riprodutvo e infne ancora più miseramente quasi una gallina. Capitolo V – Agonie terminali Negli anni 70, la crisi del virilismo toccò al suo apice per arrivare alla fne del secolo al tentatvo di rilanciare un ordine culturale ispirato alla subordinazione delle donne nel pubblico e nel privato, al risorgere di pulsioni antegualitarie, xenofobe o apertamente razziste e perfno vagamente nazionaliste. Negli anni 70 erano mutat, rispeto a prima, alcuni codici, valori, linguaggi e l'ascesa di altri ma alla fne del secolo in più erano mutate proprio le dinamiche stesse che determinano la grammatca dell'immaginario colletvo politco e di genere, le forme di legitmazione delle nuove confgurazioni gerarchiche, i circuit di comunicazione che veicolano norme, valori, rappresentazioni. La ragione storica del virilismo era stato quella di dare ordini al mondo, esprimere una “verità” politca naturale e trascendente sulle identtà e le relazioni di genere, di difendere nella modernità una mascolinità legata a doppio flo con la tradizione, la forza e la gerarchia. In questo senso alla fne del millennio il virilismo classico appariva in agonia terminale. Tutavia i suoi fatori rimanevano numerosi e sono sembrat pure aumentare negli ultmi anni ma incapaci o rilutant a immaginare un diverso ordine politco o semantco convint del loro dirito “naturale a un certo grado di supremazia contribuendo cosi a sviluppare un virilismo “informale”. Nessuno però in questo secolo avrebbe potuto afermare che la donna 11 era inferiore e chiunque lo avesse fato sarebbe stato considerato come una strpa retrogradata in via di estnzione. Una parte della mascolinità del fne millennio ha contnuato però a orientarsi verso comportament, prospetve politche e linguaggi ispirat al dominio, alla gerarchia, alla violenza, al disprezzo e alla paura delle donne. Il virilismo fu mortalmente discreditato sopratuto in concomitanza con la difusione dei moviment noefemminist che azzerarono sul nascere ogni illusione di restaurazione di una supremazia maschile ma hanno anche cambiato profondamente la percezione delle identtà di genere. Questo non ha creato la totale scomparsa delle disuguaglianza fra uomini e donne, ne la generale vocazione maschile a perpetuarle ma ha spinto un numero sempre più grande di uomini a defnirsi in modo parzialmente diferent rispeto al passato. Negli anni 80, le inquietudini degli uomini sulla loro identtà riemergeva atraverso i ricorrent discorsi mediatci sulla “crisi del maschio”. Riportato al centro come negli anni 70, l'uomo aveva perso la sua invisibilità atraverso la moda, la pubblicità, nei nuovi periodici per uomini era ormai il soggeto maschile, oggeto di una produzione di merci, servizi, rappresentazione a uso commerciale in cui era esplicito il suo essere: la natura sessuata era sempre più l'elemento fondante delle dinamiche di consumo. Allo stesso tempo, risorgeva a partre dagli anni 80 un linguaggio maschile difensivo chiaramente improntato (per non accetazione) alla misoginia in un contesto in cui le donne avevano ormai conquistato una piena legitmazione sociale nel mercato del lavoro, nelle professioni, nei primi ruoli dirigenziali rilevant. La diserzione della virilità Nel 1970, l'emergere di un femminismo radicale ebbe un efeto dirompente su una cultura virilista già gravemente colpita dalle trasformazioni epocale del decennio. Nel 1979, si poteva già tracciare un sintetco bilancio del mutamento del genere maschile (Carla Ravaioli): → il femminismo ha rimesso in discussione il genere maschile modifcando anche il suo comportamento scontrandosi contro il “j'accuse” delle campagne femministe rifutando di prestarsi come ogget sessuali (per notevoli uomini) → cambiamento in un primo tempo per i giovani della sinistra extraparlamentare. L'incontro/scontro con il femminismo per quest uomini sarebbe arrivato un poco più tardi come una verifca a prova di crisi d'identtà quotdiana, un confronto contnuo sul piano delle grandi idee, sui ruoli e le relazioni ma anche nella condivisione dei compit quotdiani… le femministe potevano contare sul consenso delle donne ma in questo momento della storia anche su alcuni uomini che erano radicalmente e autentcamente critci nei confront della mascolinità tradizionale. Come un pensiero liberatorio. Cosi si ripensa alla questone degli obblighi del servizio militare (inatvo dal 1997), referendum sul divorzio (1974). Nella vita di tut i giorni i giovani uomini facevano esperienza di un mutamento importante dei rapport fra i generi. Lo spazio domestco fu luogo di rinegoziazioni con ridistribuzione paritaria dei compit. Il fato che un certo numero di uomini s'impegnassero colletvamente a decostruire il castello simbolico della virilità rappresentò un evento veramente eccezionale e signifcatvo di una profonda rotura. L'uomo si rendeva conto che le armature virili da sempre rendevano infelice gli stessi uomini con gruppi di “auto-coscienza maschile” format a partre dal 1969 negli Stat-uni e poi in Europa (innanzituto GB e Germania, in Italia nel 1974). Il problema per l'uomo ad aderire ai modelli identtari tradizionale era diventato il rifuto delle donne stesse e le gratfcazioni sociali sempre più difcili da raggiungere. Non c'è per l'uomo una storia di oppressione o di sfrutamento ed sembra ridicolo pensare che l'uomo debba liberarsi. Anziché un iniziale sentmento di vitmizzazione emerse un sentmento di impotenza. I gruppi di coscienza maschile erano vist con sospeto di semplice strumentalizzazione dalle femministe. Cosi, il maschio cercando il suo posto e cedendo sempre più potere alle femmine, nacque (come esposto da Marco Lombardo Radice nel 1977 “crisi del maschio”) “un sano e profcuo antfemminismo”. Dopo la festa e rivoluzione degli anni 60-70, gli anni 80 furono un ritorno all'ordine, il femminismo non riempiva più le piazze ed erano sempre gli uomini a occupare indiscutbilmente le stanze del potere a tut i livelli. Già alla fne del decennio 70, secondo le 12
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