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L'irritante questione delle camere a gas, Sintesi del corso di Semiotica

Riassunto completo del libro (9 capitolo + conclusione)

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020
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Caricato il 18/05/2020

MorpheusXX
MorpheusXX 🇮🇹

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Scarica L'irritante questione delle camere a gas e più Sintesi del corso in PDF di Semiotica solo su Docsity! SEMIOTICA PARTE B “l’irritante questione delle camere a gas” V. Pisanty 1) Capitolo primo: Chi sono i negazionisti Milioni di ebrei sono stati sterminati nei lager nazisti > ma c’è chi non la pensa così > Rassinier diventerà uno dei più accaniti sostenitori della tesi dell’inesistenza delle camere a gas  perché la questione delle camere a gas è descritta come irritante?  per la semplice ragione che costituisce il maggiore ostacolo incontrato da chi, come Rassinier, vuole minimizzare le colpe naziste, equiparandole ad altri crimini storici (= si può tentare di “giustificare” la politica espansionistica, le leggi raziali ma le camere a gas rimangono un capitolo troppo aberrante della storia dell’umanità perché lo si possa relativizzare > l’unica soluzione resta quella di “estirpare” la fonte di irritazione.  lo scopo è portare alla luce le strategie persuasive messe in atto dai negazionisti analizzandone il metodo interpretativo adottato nella lettura dei documenti storici = identificare quindi i percorsi attraverso cui un certo testo viene letto dalla storiografia scientifica in un modo, e da autori come Rassinier in modo diametralmente opposto. Le questioni di partenza sono due: 1) Come i negazionisti leggono i documenti storici risalenti la IIGM proponendo chiavi di lettura in opposizione a quelle incoraggiate dalla storiografia scientifica (le strategie interpretative); 2) Come espongono i risultati delle loro ricerche, costruendo all’interno dei propri stessi testi ritratti di “lettori modello” (= secondo Eco il lettore modello è il lettore-tipo che un testo prevede come proprio interlocutore ideale e che al contempo cerca di plasmare fornendogli le conoscenze necessarie per un’adeguata comprensione del testo stesso) dotati di particolari caratteristiche ideologiche e cognitive (strategie discorsive)  questo studio deve essere incentrato sul metodo interpretativo e persuasivo applicato dagli autori in questione e non sulla verità o meno delle loro affermazioni  quindi c’è un terreno comune su cui posizioni anche opposte possono confrontarsi e consentire di decidere su un’ipotesi risponda o meno ai criteri di verifica comunemente accettati (è su questo terrendo che proveremo a muoverci per dimostrare la debolezza della tesi negazionista) Revisionismo vs negazionismo  si parla di revisionismo (dando a questo termine connotazioni differenti di volta in volta) per indicare l’emergere di una scuola di pensiero eretica che si contrappone alla corrente di opinione dominante  nell’ambito degli studi mirati a riscrivere la storia della IIGM bisogna distinguere 2 filoni differenti: solo nel primo caso si può parlare di revisionismo nel caso in cui le ricerche storiche che, partendo dal dato inconfutabile dell’avvenuto sterminio degli ebrei e varie altre minoranze nei lager, tendono a redistribuire l’onere delle colpe (Irving sostiene che la decisione di annientare sei milioni di ebrei non è stata presa da Hitler bensì da Himmler). Mentre alcuni studiosi tedeschi affermano che la macchina di sterminio messa in moto dai nazisti rientra nella logica perversa del XX sec  per quanto simili interpretazioni siano discutibili, rientrano nell’ambito del revisionismo storico. Ma c’è anche chi nega la validità dell’evidenza e si rifiuta di giocare secondo le regole storiografiche prestabilite  a questo gruppo appartengono coloro che di fronte all’enorme massa di documenti storici che testimoniano ciò che è accaduto, ritengono che si tratti di materiale documentario truccato = i negazionisti.  qui non si tratta di rileggere la storia a partire da un diverso punto di vista teorico, ma di negarla del tutto. I primi negazionisti in Francia: Bardèche e Rassinier  Bardèche (nel 1950 pubblica Nuremberg II ou les faux monnayeurs) è il primo a mettere in dubbio l’esistenza dei campi di sterminio > secondo lui la responsabilità del conflitto non va accollata ai tedeschi, bensì agli alleati e agli ebrei stessi. I campi di sterminio sono per lui un espediente ideato dalla propaganda alleata per distrarre l’attenzione dai crimini commessi dai vincitori della guerra e il materiale sui lager sarebbe truccato. Bardèche riprende le tesi del primo libro, rafforzandole con alcune testimonianze tra cui Rassinier (ex deportato a Buchenwald per motivi politici) > parte della sua esperienza nei campi di concentramento (non di sterminio) per denunciare la “menzogna storica” che costituisce ai suoi occhi l’evocazione della Shoah  la negazione di Rassinier arriva per gradi: inizialmente come anticomunismo, e individua nel regime staliniano i maggiori responsabili per lo scoppio della guerra mondiale; man mano la sua posizione si fa più radicale > nella seconda edizione di Les mensogne d’Ulysse: si riferisce all’ irritante questione delle camere a gas > a un certo punto comincia a essere ossessionato dall’idea di un complotto giudaico e a parlare esplicitamente del genocidio come della più “tragica impostura di tutti i tempi”. - l’opera viene accolta calorosamente da alcuni gruppi di estremismo politico  il cambiamento di rotta avviene negli anni ’70: Darquier sostiene che ad Aushwitz sono state gassate solo le pulci > scoppia quindi il “caso Faurisson” = dimostra una spiccata propensione per l’interpretazione sospettosa, autoassegnandosi il ruolo di demistificatore dei luoghi comuni della storia letteraria > in ognuno di questi scritti Faurisson si pone la missione di smascherare i presunti pregiudizi ereditati passivamente dalla tradizione critica ufficiale > con Faurisson il filone francese (Rassinier e Bardèche) si fonde con quello statunintense (Butz, Barnes, Hoggan, App e Carto) I negazionisti americani e inglesi  forniscono il ponte di collegamento tra la prima fase francese del negazionismo e il ritorno in patria di questo fenomeno con Faurisson. Nel ’48 Yockey affermava che il genocidio era una menzogna inventata dagli ebrei > ripercorreva la vecchia teoria della cospirazione giudaica mondiale realizzata attraverso la falsificazione dei documenti (simili affermazioni si amalgamano alle tradizionali argomentazioni dei primi negazionisti francesi). Barnes  pubblica un pamphlet in cui sostiene che è in atto una censura nei confronti di chiunque voglia rimettere in discussione la responsabilità dei tedeschi nella IIGM; mette in dubbio la verità di alcuni dei presunti crimini di guerra, che lo avvicina alle idee di Rassinier. Hoggan  porta avanti il lavoro di Barnes e comincia ad affiancare le tesi astratte dei primi negazionisti con una lettura dettagliata delle fonti storiche > respinge le testimonianze di Hoss e Gerstein (esperto di camere a gas) ritenendole estorte dagli inquisitori di Norimberga e inquinata dalla propaganda alleata  viene inaugurato così negli stati uniti un filone di esegesi alternativa dei testi classici della testimonianza della Shoah (NB: i negazionisti operano una selezione del materiale storico, scartando ogni documento che confini l’esistenza dei campi di sterminio, e valorizzando le poche testimonianze che confortano le loro tesi) > secondo Hoggan, Hitler non ha mai voluto la guerra, mentre i veri responsabili furono i britannici e i polacchi. Per quanto riguarda la persecuzione degli ebrei sostiene che il regime nazista non assunse atteggiamenti discriminatori almeno fino al 1938, mentre ciò che accadde dopo fu il risultato dell’antisemitismo polacco. come gli illuminati > viene condannato per istigazione all’odio, ma la sentenza viene annullata (pagherà poi solo una multa). Il negazionismo degli estremisti islamici afro-americani  attività propagandistica di alcuni gruppi neri militanti (teorie separatiste) > nel 61 durante un incontro con alcuni esponenti del KKK, Malcolm X affermava “l’ebreo sta dietro al movimento per l’integrazione razziale, e usa il negro come suo burattino” > da allora la comunità ebraica è stata accusata dai vari membri dei movimenti separatisti afro-americani di aver causato volontariamente tutte le disgrazie registrate nel corso della storia post-moderna > si realizza così un improbabile alleanza tra alcune frange del KKK e l’estremismo afroamericano di ispirazione islamica e separatista (= accumunati dal proposito di delegittimare la comunità ebraica i gruppi fanno una rilettura della storia della persecuzione nazista degli ebrei in senso revisionista e negazionista) La propaganda su internet negli ultimi anni i negazionisti hanno cominciato a usare internet come strumento di proselitismo > l’estrema facilità con cui i negazionisti accedono ad internet ha importanti conseguenze sulle strategie con cui i sostenitori della storiografia accreditata cercano di combattere il fenomeno > progetto Nizkor : dal 92 ha il compito di smascherare gli obiettivi di Zundel e dei gruppi analoghi attraverso un meticoloso monitoraggio dei siti negazionisti. Le tesi: diversi temi ricorrono negli scritti dei negazionisti  non vi è stato alcun genocidio programmato e le camere a gas non sono mai esistite (il gas sarebbe servito solo per la disinfestazione dai parassiti) > questo è l’assunto principale  la soluzione finale di cui parlano molti documenti nazisti non era altro che l’espulsione degli ebrei verso est  il numero di ebrei uccisi dai nazisti è di gran lunga inferiore a quello ufficialmente dichiarato (secondo Rassinier non supera il milione) > la stima vera è propria ufficiale non è stata ancora stimata in modo preciso, ma non ci soffermeremo su questo  la Germania Hitleriana non è la maggior responsabile per lo scoppio del conflitto > i negazionisti sostengono che la responsabilità deve essere condivisa con altri, ebrei inclusi; in altri casi la cospirazione giudaica mondiale viene additata come responsabile > la guerra dei sionisti doveva essere una forma di boicottaggio economico, quindi la decisione di Hitler di considerare gli ebrei tedeschi e europei alla stregua di stranieri di nazionalità nemica sarebbe da considerare un atto di difesa.  il genocidio è un’invenzione della propaganda alleata, principalmente ebraica e sionista. C’è chi ritiene l’organizzazione stessa dei lager nazisti fosse sotto controllo degli ebrei, le banche ebraiche avrebbero favorito l’arrivo al potere di Hitler > da tutto ciò deriva l’idea di un sionismo onnipresente e onnipotente (= idea che si riaggancia alla tradizione dei “protocolli”) 2) CAPITOLO II IL METODO STORIOGRAFICO Carr  “what’s History” > osserva che i fatti non sono come pesci sul banco del pescivendolo, che lo storico porta a casa e cucina come vuole, ma assomigliano a pesci che nuotano in un oceano vasto e inaccessibile: ciò che viene pescato dipende dal tipo di esca utilizzata, dal mare in cui si decide di gettare le reti e dal caso  la sola cosa che lo storico può fare è partire dai segni che l’evento ha lasciato nel presente, sotto forma di documenti/testimonianze/ residui materiali ecc, per ricostruire tramite congetture una versione di come verosimilemnte si sono svolti i fatti in questione. A complicare le cose c’è la consapevolezza che difficilmente lo storico occupa una posizione neutrale rispetto alla materia delle sue indagini (ogni resoconto è filtrato da un certo punto di vista) > lo storico parte sempre da una serie di pregiudizi ideologici, seleziona tra tutti i documenti quelli che tendono a confermare la sua ipotesi di partenza > cosa ci impedisce quindi di concludere che non c’è modo di distinguere tra interpretazioni accettabili da quelle scorrette dei fatti storici? > i negazionisti forniscono qualche spunto per cominciare a rispondere a questa (e altre) domanda. Interpretare i testi  Storiografia = nasce quando il metodo dell’osservazione diretta viene sostituito con l’interpretazione dei resti del passato. Gli storici = sono coloro che tentano di ricostruire un certo corso di eventi senza esserne testimoni oculari > è chiamato a formulare ipotesi per stabilire un legame di casualità tra i frammenti che gli pervengono dal passato. Il ragionamento congetturale comporta sempre un certo margine di erroe, e lo storico se è onesto > riformula le sue ipotesi di lavoro. Monumenti e documenti  su quali materiali si esercita l’interpretazione storica? LeGoff: li suddivide in: monumenti = che si ereditano dal passato, testimoniano un determinato fatto e lo rappresentano; documenti= scelti dallo storico per la sua pratica analitica di ricerca di informazioni sul passato, vengono perciò estrapolati dal contesto originario dallo storico che li seleziona e li analizza guidato da un’ipotesi interpretativa di partenza. La distinzione tra i due può essere applicata alle testimonianze, le quali possono essere volontarie (monumenti): le quali possono essere inquinate dalla volontà, motivo per cui vanno integrate con le testimonianze involontarie; oppure le involontarie (documenti), le quali possono essere anch’esse falsificabili e soggette a dubbio scientifico. Resta da capire come lo storico può farsi largo tra le varie voci che “giungono dal passato” > gli storici ovviamente non possono essere dei creduloni, ma nemmeno lo scetticismo programmatico è un atteggiamento intellettuale > entrambi gli atteggiamenti tendono a presupporsi a vicenda, come osserva Bloch. Per trovare un soddisfacente equilibrio tra dubbio sistematico e credenza cieca, lo storico impara a far dialogare tra loro le varie testimonianze a sua disposizione. La verità in questione non è altro che il riconoscimento dell’esistenza passata attraverso l’avvenimento in questione, qualunque sia il suo svolgimento e qualunque siano le motivazioni di fondo che spinsero i protagonisti ad agire in quel modo > es assassinio di Cesare = la notizia giunge da più fonti, l’aspetto essenziale è che le informazioni non provengono tutte dalla stessa matrice, in oltre ci sono una serie di dati storici coerenti con la versione ricevuta, per di più, nessuno ha negato il fatto. Cospirazioni la teoria della cospirazione è un approccio interpretativo che rifiuta il concetto di casualità come fattore preponderante nell’esperienza umana > tende a far risalire ogni evento a una volontà precisa da parte di un artefice nascosto > un riferimento a questa teoria è la condizione indispensabile per invalidare un corpus di testimonianze che, nonostante vengano da fonti diverse, concordino su una certa ricostruzione dei fatti = risulta quindi difficile scardinare una rete di testimonianze coerenti, per farlo bisognerebbe sostenere che l’apparente concordanza tra le voci sia o un caso fortuito, oppure una determinazione precisa cioè il “complotto” > lo storico in questo caso è perennemente chiamato a distinguere tra “la somiglianza che giustifica e quella che scredita”. In quali casi il dubbio costituisce un atteggiamento produttivo e quando invece rappresenta un ostacolo al progresso?  l’interrogativo chiama in causa la verità nelle ricostruzioni storiche, l’analisi delle strategie interpretative dei negazionisti per rifiutare l’evidenza accettata dalla comunità getta luce su alcuni aspetti controversi di questo dibattito. 3) CAPITOLO III FAURISSON CRITICO LETTERARIO Faurisson si pone come colui che infrange le idee ricevute, i pregiudizi accettati e il conformismo della comunità degli interpreti > all’interno del sistema di valori attivato da Faurisson, l’interprete- eretico è investito dalla missione di strappare i veli a una realtà tenuta celata per tanto tempo. La strategia generale che impiega in tutti i suoi scritti è: insinuazione del dubbio e rotture del consenso, seguita dalla proposta perentoria della chiave di lettura alternativa.  la lettura di Voyelles: Faurisson propone di leggere Voyelles (poesia di Rimbaud) in chiave sessuale, facendo corrispondere a ciascuna vocale rimbaudiana una parte del corpo femminile. Secondo lui l’evocazione anatomica viene fatta “in coito” a partire dal sesso femminile e sostiene che questa poesia non ha senso se non ha senso erotico. La chiave che propone non va intesa come uno dei tanti modi possibili, al contrario, F. è nemico giurato di ogni teoria sulla polisemia dell’opera letteraria e quindi vuole dimostrare di essere arrivato alla soluzione di un enigma di ottantanove anni (=soluzione unica, con unica interpretazione)  l’interpretazione delle opere letterarie offre un ampio margine di manovra per giustificare tutti gli usi possibili dei testi tramite la costruzione di un piano di coerenza interna del discorso > si può accettare quindi anche la lettura di Faurisson tra il numero indefinito di interpretazioni di questa poesia. Il fondamentalismo di Faurisson  il problema riguarda il fatto che F. pretende di aver rivelato un'unica lettura corretta di questa poesia > pone quindi le basi di quello che appare come una dichiarazione di metodo paradossale: da un lato teorizza una forma radicale di fondamentalismo interpretativo (= ogni testo ha un unico percorso di senso corretto); dall’atra avanza chiavi di lettura totalmente devianti rispetto alla tradizione critica accettata > in F. fondamentalismo ed ermenetismo vanno a braccetto. Il senso primario che F. pretende di estrapolare dai testi non coincide con il significato voluto dall’autore > la sua concezione del vero contenuto dell’opera è ristretta e limitativa, e finisce per coincidere con la sua personale lettura del testo > questa generalizzazione di una lettura è caratteristica del metodo interpretativo usato da F.  in Faurisson la verità del testo (in senso assoluto) è sempre in antagonismo con la tradizione accettata = sindrome del profeta eretico che tenta di aprire gli occhi e che deve combattere contro l’ottusità dei pregiudizi. L’ermenetismo  secondo F. il lettore deve porsi in una condizione di perenne sospetto: non si tratta del sano dubbio dello scienziato che cessa di credere in qualcosa solo quando accade qualcosa che va contro la regola prefissata > in F. ogni minimo episodio che sembri contraddire le sue aspettative è avvertito come una conferma della validità dei suoi sospetti iniziali e determina il crollo di un sistema di credenze mai accettate > F. addestra i suoi studenti a non dare per scontate le diario dove lei racconta che vuole toccare il seno all’amica) eppure, se veramente il documento fosse il frutto di una contraffazione letteraria, non si spiega perché il i suoi autori avrebbero costruito personaggi fittizzi > Faurisson sostiene di essere arrivato alle conclusioni circa il carattere di Anne indipendentemente da ciò che emerge dal diario (di cui non sarebbe l’autrice sempre secondo Faurisson)  il motivo di simili contraddizioni presenti nella linea di attacco seguita dai vari detrattori del diario va ricercato nella confusione che fanno tra le categorie del falso autore, da una parte, e della contraffazione “ex nihilo” dall’altra => se si decide di mettere in dubbio l’autenticità di qualsiasi documento, si deve quantomeno stabilire preventivamente se si intende sostenere che tale documento è menzognero nei contenuti, oppure che esso è falsamente attribuito se non addirittura costruito a tavolino con lo scopo di ingannare i lettori [nel primo caso si cerca di screditare la serietà dell’autore, o di metterne in dubbio la morale, nel secondo caso l’obiettivo è sottolineare l’impossibilità materiale che l’autore abbia scritto in effetti quel documento]. Generalmente i negazionisti partono con il proposito di demolire ogni pretesa di autenticità del diario di AF : Felderer scrive che il diario è una contraffazione; Butz: scrive che la questione dell’autenticità o meno non è abbastanza importante; Faurisson: sostiene che il diario non è autentico (nel senso che l’autrice non è lei). Per mettere ordine alle confuse argomentazioni proposte da Faurisson  ECO propone una classifica a proposito dei falsi: mentre è impossibile dimostrare con assoluta certezza l’autenticità di qualsiasi documento, disponiamo di una serie di criteri interpretativi per smascherare i falsi:  Prove attraverso il supporto materiale (il documento è falso se il materiale di cui è composto risale ad un’altra epoca rispetto alla presunta origine)  Prove attraverso la manifestazione lineare del testo (il documento è un falso se i suoi tratti stilistici/lessicali/grammaticali non sono conformi a quelli vigenti nell’epoca presunta)  Prove attraverso il contenuto (il documento è falso se le categorie concettuali/tassonomie/ modi di argomentazioni impiegati non sono conciliabili con il bagaglio di conoscenze presunte del presunto autore)  Prove attraverso i riferimenti esterni (il documento è falso se gli eventi o cose che riferisce non potevano essere noti in quel momento)  vediamo ora come le obiezioni di Faurisson circa il diario di Anne si dispongono in questo quadro concettuale di Eco: prove attraverso il supporto materiale  Faurisson non si astiene dall’osservare che in essi sono compresenti due calligrafie diverse: una scrittura adulta l’altra più infantile (che si alternano) > l’obiezione è che nessuno contraffatto che si rispetti commetterebbe l’errore di alternare a casaccio due stili calligrafici così diversi sperando che nessuno noti la differenza > dal rapporto stilato dal laboratorio di Amsterdam risulta che Anne usava sia corsivo (scrittura adulta) sia stampatello (scrittura infantile) e alternava entrambi gli stili. Altro elemento che conforta l’ipotesi dell’autenticità materiale è il fatto che carta, colla e inchiostro impiegati erano molto diffusi nel periodo in cui è fatto risalire il diario. La frequenza di tracce simmetriche di inchiostro su due pagine contigue indica che il diario è stato più volte chiuso frettolosamente prima che l’inchiostro si asciugasse e ciò fa pensare ad un uso quotidiano. Prove attraverso la manifestazione lineare del testo  includiamo in questa categoria le presunte anomalie relative alla forma dell’espressione (elementi stilistici e lessicali, lunghezza del testo) che Faurisson cita come conferme di falsificazione > secondo F. la personalità di Anne è “inventata e versimile” e ciò si vedrebbe negli stili che a suo parere contrastano con l’età anagrafica (cita come esempio l’espressione “figli di Flora” usati nel diario che secondo F è un termine che usano solo gli adulti > si potrebbe invece pensare che questo termine sia stato usato apposta perché già allora era una giovane con ambizioni letterarie). Faurisson continua a citare tagli, aggiunte e alterazioni e elenca le differenze tra la versione tedesca e quella olandese > il ragionamento di F. è ovviamente fallace perche c’è troppa sproposizione tra le anomalie incontrate nel testo e le conclusioni che lui trae: la presenza di interventi editoriali ci sono ma nulla toglie che il testo sia comunque autentico. Addirittura Faurisson giunge a dire che siccome il testo tedesco è più lungo di quello olandese probabilmente quest ultimo è tratto dal primo e non viceversa. Prove attraverso il contenuto  non ci sono argomentazioni di Faurisson al riguardo Prove attraverso fattori esterni la menzione che Anne fa delle camere a gas quando è ancora preclusa in Prinsengracht 263 sarebbe per Faurisson la prova lampante che il diario è una contraffazione, per due motivi: prima di tutto perché all’epoca in cui Anne scriveva il diario non si parlava ancora apertamente di gassazioni nei campi, ma soprattutto perché secondo F. le camere a gas non sono mai esistite > il secondo punto è un motivo irrilevante. Quanto al primo punto, per capire se è un anacronismo o meno, basta verificare quali informazioni circolassero all’epoca, che secondo la storiografia dal ’42 le camere a gas erano in funzione (a questo punto ci viene in aiuto l’edizione critica dei diari con una nota a pie di pagina che ci informa che dal giugno ’42 la BBC aveva cominciato a diffondere la notizia delle camere a gas). Nessuno degli elementi di Faurisson mina in realtà l’autenticità dei diari, e malgrado le dichiarazioni di F, la maggior parte delle sue obiezioni non riguarda tanto la questione dell’autenticità, quanto quella della verità o meno delle asserzioni contenute nel diario. Secondo F il testo pullula di inverosimiglianze e assurdità materiali come: i rumori (se i clandestini non devono fare rumore come mai la tizia passa l’aspirapolvere ogni giorno alle 12.30? come mai si ascolta la radio? Ma faurisson tralascia di dire che l’aspirapolvere venica passato quando i magazzinieri andavano a mangiare e che gli edifici attigui erano un mobilificio e una filiale della Keg quindi era difficile sentirli); le tendine (i Frank attaccano tendine alle finestre per non essere visti dall’esterno, ma secondo Faurisson le tendine segnalano la presenza di inquilini: ciò nonostante non vuol dire che tutti gli olandesi fossero spie pronte a segnalare alla polizia la presenza di clandestini); i rifiuti (bruciavano i rifiuti e secondo F il fumo avrebbe dovuto vedersi e attirare l’attenzione); le quantità di cibo consumate; il movimento dei gatti, l’elettricità (dietro le tendine avrebbe dovuto vedersi il bagliore); la scelta dell’ufficio come nascondiglio (era inizialmente l’ufficio di Otto Frank e secondo Faurisson sarebbe imprudente scegliere proprio quello come nascondiglio). Rispondere a ciascuna delle obiezioni è possibile ma inutile Faurisson sembra incapace di accettare il fatto che in situazioni straordinarie succedano cose insolite (è evidente che i Frank e i loro compagni di sventura erano consapevoli dei rischi che correvano, ma confidavano dello scarso spirito di osservazione o della collaborazione di chi viveva intorno a loro – fiducia mal riposta perché è evidente che qualcuno li ha osservati).  dopo aver passato in rassegna le argomentazioni avanzate da F a sostegno della tesi dell’inautenticità dei diari e dopo aver visto che nessuna di queste getta dubbi al riguardo, Eco ribadisce che “ i giudizi di autenticità sono frutto di ragionamenti persuasivi, fondati su prove versosimili anche se non del tutto inconfutabili, e accettiamo queste prove perché è più ragionevolmente economico accettarle che passare tempo a metterle in dubbio”  il sospetto fine a se stesso non è segno di scrupolo scientifico ma diventa sintomo della SINDROME DEL COMPLOTTO. Falsus in uno, falsus in omnibus  la contestazione dell’autenticità gioca un ruolo rilevante nell’ambito delle strategie complessive impiegate dai negazionisti > l’obiettivo è insinuare dubbi attorno a quello che è diventato il documento-simbolo (i diari) e sperare che il lettore estenda il proprio scetticismo a ogni altro aspetto della storia nazista  la logica è quella del “falsus uno falsus omnibus”: se cede in un punto allora cede in tutto. per raggiungere questo scopo è essenziale sgretolare l’accordo sociale su cui si basa la nostra cultura e reimpostare il consenso su altre basi > ecco perché i negazionisti isolano ogni documento dal contesto più ampio (anche perché il corpus storiografico è fatto da un insieme di documenti che si completano a vicenda). 6) CAP VI IL RAPPORTO GERSTEIN [….] (TII) Kurt Gerstein: escluso dal servizio dello stato per attvità antinaziste (1936), perseguitato dalla Gestapo per attività cristiana contro lo stato nazista; ma per effetto dei duplici studi riceve l’ordine di entrare nelle SS come medico-tecnico con il compito di costruire apparecchi di disinfezione e filtri per l’acqua. Nel giugno del 42 riceve l’ordine di procurare 100kg di acido prussico e di portarli in un luogo conosciuto solo dall’autista del camion (“servivano” per “disinfettare” gli abiti) [….] Le sei versioni del rapporto Gerstein: 4 redatte in francese e due in tedesco. L’esistenza di una varietà di versioni del rapporto Gerstein fornisce alcuni appigli a cui i negazionisti hanno potuto aggrapparsi per sostenere l’inutilizzabilità di questo documento ai fini di una storiografia del sistema dei campi di concentramento > la tesi negazionista prospera ovunque ci sia ambiguità o pluralità interpretativa, in quanto per il negazionista ogni testo la cui interpretazione non sia cristallina e univoca è da respingere > ne deriva il rifiuto dell’intera categoria delle testimonianze le quali non raggiungono mai il grado di esattezza che pretendono i negazionisti  a questo si aggiunge l’aura di mistero che avvolge l’autore di questo testo (TII), la cui apparente ambivalenza (membro delle SS che si professa nemico del regime) ha spinto i suoi biografi ad avanzare ipotesi discordanti sul suo conto: delle sei versioni solo TII 26/4/45 dattilo-scritta in francese (66 pagine + 1 supp) parrebbe firmata, e pure la morte di Gerstein (25 luglio 45) è piuttosto misteriosa.  le versioni non contestabili sono quelle manoscritte (TI e TIV) e quella firmata (TII), e le uniche versioni che sono da assodare sono quelle in tedesco (TIII e TVI) mentre (TV)è solo una trascrizione dell’interrogatorio del 6 maggio. Ricapitolando: il 26 aprile scrive a mano il rapporto (TI) e lo batte a macchina (TII) usando una macchina messa a disposizione dai francesi apportando alcune modifiche a (TI) durante la trascrizione (differenze stilistiche, qualche aggiunta, poche omissioni; la grossa modifica è la pag 6 di TII che riprende una paginetta annessa a TI e che riguarda l’accenno ai metodi di uccisione impiegati ad Aushwitz, Theresienstadt e esperimenti medici a Ravensbruck e Buchenwald e l’improbabile stima del numero totale di vittime (25 milioni in TII quando in TI aveva accennato qualche calcolo)  è chiaro che simili aneddoti raccontati nell’atmosfera surriscaldata dell’immediato dopoguerra combinavano, assieme alle informazioni attendibili, esagerazioni un po’ grossolane (tipico comunque dei nazisti riferire storie truculente sui campi di sterminio ai loro nemici per esaltare la portata della loro missione) > Gerstein voleva che la sua testimonianza fosse esaustiva e perciò includeva tutto quello che gli veniva in mente (non essendo un alto ufficiale delle SS la sua visione del sistema dei campi non poteva che essere parziale e piena di “sentito dire”). Il 6 maggio G. viene interrogato dai servizi dell’organo di ricerca dei criminali di guerra (la copia dell’interrogatorio è la versione TV del rapporto): qui G. si dilunga su alcuni aspetti (come i suoi contatti con la resistenza olandese, i suoi tentativi di diffondere la notizia sulla gassazione) vuole vincitori per rendere più immediata la comprensione del rapporto; la seconda potrebbe essere solo una dimenticanza, a forza di scrivere e riscrivere il rapporto la memoria cede il posto alle redazioni precedenti. In ogni caso, anche se non li volessimo considerare, rimarrebbero gli altri quattro rapporti a testimoniare l’esperienza. Eppure Roques si attacca ai due esili riscontri testuali per costruire un’argomentazione negazionista, e il suo ragionamento è il seguente: >in TIII e TVI sono riscontrabili due anomalie linguistiche > DUNQUE TIII e TVI sono documenti scritti a tavolino sulla base di TV > TIII e TVI attenuano molte inverosimiglianze presenti nelle altre versioni > MENTRE le inverosimiglianze riscontrabili nelle altre quattro versioni accettate, sono tali e tante da rendere il rapporto inutilizzabile SICCOME > il rapporto G. è “una delle chiavi” di chi afferma l’esistenza delle camere a gas, senza questo rapporto l’esistenza delle camere è indimostrabile > ALLORA le camere a gas non esistono.  la seconda parte della tesi di Roques: cerca di mettere in questione la veridicità del documento studiato > secondo lui è inattendibile perché all’interno di esso ci sono parti inverosimili [la questione della INVEROSIMIGLIANZA merita un discorso preliminare: la verosimiglianza non si misura in base alla realtà in sé, piuttosto ad un modello concettuale, necessariamente parziale in quanto dato dal punto di vista personale e culturale dell’interprete > difronte ad un asserto che gli sembra inverosimile, prima di classificarlo come tale, l’interprete deve capire se tale asserto non costituisca il caso di una regola che al momento gli sfugge] oltretutto decretare l’assoluta inverosimiglianza in una situazione significa arrogarsi la capacità di inquadrare in via preliminare tale situazione in tutte le sue coordinate, cosa che risulta impossibile dato che nel mondo reale le incognite sono illimitate  se Gerstein vuole raccontare quello che ha visto Belzec, non avrà bisogno di tutti i dettagli biografici di tale personaggio, in quanto non sono funzionali allo svolgimento del suo racconto > quindi chi interpreta il resoconto di Gerstein non può accusare il testo di non essere sufficientemente esauriente sulla carriera militare di Globocnik e dei suoi rapporti, perché non sarebbero pertinenti al rapporto di G  quindi le inverosimiglianze segnalate da Roques sono tali solo se si parte dal presupposto che ogni interrogativo al quale il testo di G non fornisce una risposta immediata a un’anomalia e non possa essere attribuita a un’informazione tralasciata (vuoi per ignoranza dei fatti, vuoi per pigrizia). Tornando alla tesi di Roques le sue obiezioni sono così classificate: - inverosimiglianze rispetto al mito dell’efficienza nazista = Secondo Roques, vista la cultura dei nazisti, trova difficile che all’interno dei lager la gestione non fosse “perfetta”: trova strano che G entri nelle SS volontariamente pur essendo stato vittima della repressione e che appena dopo sei mesi sia stato incaricato di svolgere una missione ultrasegreta, e a Berlino nessuno chiede spiegazioni  perplessità che sembrerebbero fondate, nel senso che la figura di G vista così pare davvero ambigua, ma si potrebbe ipotizzare che lo stesso Gerstein abbia esagerato l’importanza del suo incarico (per orgoglio) o che minimizzi la sua partecipazione a certe azioni (per farsi passare come innocente); senza contare che lo stesso Gerstein è il primo a sorprendersi per questi fatti - inverosimiglianze dovute a informazioni di seconda mano = Gerstein non è responsabile della verità o falsità delle affermazioni altrui (come il fatto che abbia riportato della visita di Hitler e Himmler a Belzec, vero o no, lui ha solo riportato quanto gli è stato riferito) - esagerazioni numeriche = riguardano le cifre delle vittime, il numero di persone stipate nelle camere a gas, le vittime nei lager ecc > spesso le cifre stimate da G sono vistosamente sbagliate (ignoranza? Calcoli sbagliati?) resta che cmq nessuno storico serio pensa di usare G come fonte attendibile di informazioni su statistiche e cifre - differenze tra le varie versioni = già segnalate nella prima parte di tesi di Roques > nella seconda parte di tesi diventano per Roques la conferma che G ha mentito e riporta come esempio “in TIV un bambinetto di tre anni viene lanciato nella camera a gas” e in TIII “il bambinetto vi è spinto con dolcezza”  per Roques queste modifiche sono segno di menzogna da parte di Gerstein - impossibilità tecniche = Secondo Roques è impossibile che abbiano usato un motore Diesel per la gassazione perché secondo lui libra poco ossido di carbonio (quello mortale) ma molto gas carbonico, che sarebbe un gas asfissiante che non uccide subito  tesi smentita subito: i motori venivano regolati male appositamente, in modo che liberassero soprattutto monossido di carbonio (letale). Roques si dilunga sulle sue tribolazioni giudiziarie e si chiede perché questo rapporto (di un soggetto secondo lui troppo limitato e discutibile) susciti tanto scalpore nei media e in un certo numero di circoli politici attenti a non inimicarsi i sionisti  ecco riemergere la TEORIA DELLA COSPIRAZIONE giudaica, matrice onniesplicativa adottata da tutti i negazionisti. Nel frattempo cresce la figura di Gerstein, ma fino a questo punto nessun negazionista ha tentato di spiegare per quale motivo G avrebbe dovuto mentire sul rapporto  tranne un autore anonimo che propone una tesi fantasiosa dei fatti: esclude che G abbia fatto carriera nelle SS a meno che la Gestapo non abbia voluto trarre vantaggio dalle sue passate attività antinaziste, quindi l’unica spiegazione plausibile che si è dato è che sia stato impiegato come agente provocatore della gestapo stessa  questa teoria avanza un tentativo inefficace di riempire lo spazio lasciato in bianco da tutti gli altri attacchi negazionisti nei confronti del rapporto G: ovvero quello che in termini giuridici potremmo definire il movente = perché mai G avrebbe dovuto inventare la sua storia già ne ’42 ovvero nel periodo in cui tutto faceva ancora presagire la vittoria della germania?  la spiegazione che tenta di dare non è però convincente: i vantaggi che secondo questo autore avrebbero avuto i negazionisti (tipo sondare l’atteggiamento della Svezie), sono ben poca cosa rispetto a quelli goduti dagli ebraici (promuovere la causa sionista) = tesi fallimentare direi Mattogno  negazionista italiano che si dedica al caso Gerstein: punta a segnalare delle presunte inverosimiglianze e inesattezze per sostenere che la “testimonianza oculare di Gerstein è un volgare falso” > tra le obiezioni: errori di battitura e ortografia; inesattezze varie; nel campo gruppi di betulle invece dei pini; errori di datazione ecc  non ha senso controllare questi punti visto che non è chiaro quale interesse essi possano avere, se si accetta che Gerstein redigeva rapporti, che senso ha evidenziare che ci fossero errori di ortografia? Inoltre ci sono errori interpretativi commessi da Mattogno nella lettura delle versioni tedesche: secondo lui nella versione del 6 maggio ’45 TVI è Gerstein che lancia la proposta a Globocnik durante la sua visita a Lublino= l’equivoco nasce dalla traduzione del brano TVI traduce da “allora io Globocnik ho detto” in “allora io ho detto A Globocnik” (tutti errori di traduzione)  l’unico punto meritevole di esser preso in considerazione tra le varie teorie dei Mattogno è il seguente: come già detto, leggendo le sei versioni dei rapporti, la figura di Gerstein può apparire un po’ ambigua, tanto che il lettore ha l’impressione che l’autorre tralasci qualche anello importante del suo racconto > ad esempio non è chiaro come sia conciliabile l’affermazione secondo cui la destinazione del viaggio in Polonia fosse nota solo all’autista > con il fatto che Gerstein abbia preso in auto il dott Pfannenstiel (che sapeva dove stavano andando), inoltre non torna molto il racconto del veleno seppellito fuori dai lager di Belzec (non si capisce se G abbia nascosto l’acido di sua iniziativa prima o dopo aver incontrato Wirth). Queste ambiguità sono state notate anche dal giudice Mattei durante l’interrogatorio del 9 luglio ’45 e in quell’occasione G rispose che l’acido non fu mai portato dentro al campo di Belzec ma nascosto a duecento metri da esso col pretesto che fosse danneggiato. Giunto al campo Gerstein avrebbe informato Wirth dell’accaduto e quest ultimo gli diete il permesso di sotterrare l’acido  la spiegazione qui non è soddisfacente: possibile che nessuno gli abbia chiesto da Berlino un resoconto di questa operazione segreta? Premesso che le cose possano davvero essere andate come le racconta Gerstein, è leggittimo però sospettare che al resoconto manchi qualche elemento e ci si chiede se il testimone avesse qualche interesse a fornire un resoconto incompleto. Nonostante ciò, simili obiezioni non hanno nulla a che vedere con la qualità della sua testimonianza oculare e riguardano piuttosto le circostanze periferiche del suo viaggio a Belzec. Altre obiezioni legittime (ma non rilevanti dal punto di vista della tesi negazionista) riguarda la cronologia degli eventi riportati > in particolare la vistida di G ai lager polacchi: il 17 agosto arriva a Lublino e il giorno dopo a Belzec > ovviamente le date fornite sono sfasate di un giorno ma si potrebbe ipotizzare che nel momento in cui ha scritto il rapporto G fosse in stato di agitazione e si sia confuso  ma Mattogno conclude che, poiché G andò a Belzec il 18 (giorno in cui non vide alcun morto), mentre il giorno successivo alla gassazione era il 19 = allora la giornata della gassazione non è mai esistita  ancora una voltà c’è troppa differenza tra “elemento dissonante” e “conclusioni tratte” (conclusioni troppo affrettate e basate su degli errori banali, come il confondere le date). In pratica tra scegliere l’ipotesi che G si sia confuso, M preferisce concludere che Gerstein abbia solo immaginato di vivere quella giornata descritta nel rapporto Mattogno rispetto agli altri negazionisti precedenti, aggiunge qualche argomentazione in più, sebbene nessuna di esse sia sufficiente per dimostrare che il rapporto G sia inaccettabile. La vera novità consiste nel fatto che Mattogno è il primo negazionista a lavorare sulla rete di testimonianze che in larga misura confermano i contenuti del rapporto G. Le principali sono: quelle del prof Pfannenstiel, del barone svedere von Otter, del vescovo Dibelius, dei membri della resistenza olandese Ubbink e van derr Hooft e del superstite di Belzec Rudolf Reder  ogni testimonianza conferma alcuni aspetti del trattato di G, anche se la consonanza non è mai totale. Mattogno affronta le testimonianze singolarmente e isolatamente proprio per sottolineare le divergenze rispetto al testo di Gerstein e dunque dichiararle tutte non probanti e insostenibili. Il vescovo DIbelius confermò i contenuti del rapporto, con un’unica differenza: secondo lui lo scopo di G a Belzec riguardava i metodi di incenerimento dei cadaveri (e non per somministrare il gas come aveva detto Gerstein)  tale divergenza fu un motivo sufficiente per Mattogno per rifiutare la testimonianza di Dibelius. Invece la deposizione di Pfannenstiel è rilevante in quanto questo testimone appare nei rapporti come accompagnatore di Gertein e sostiene di essere andato con lui a Lublino e di aver assistito alla gassazione con gas di scarico di motori Diesel: ma alla domanda se questo fosse accaduto a Treblinka o Belzec, P. risponde in modo evasivo, quasi negando di essere stato in questi due campi di sterminio > nei successivi interrogatori tuttavia P afferma di essere stato a Belzec dove assistette a una gassazione di ebrei. A questo punto il negazionista non può fare altro che lavorare sulle divergenze tra la testimonianza di P e quella di G amplificandone la portata > queste divergenze riugardano il numero complessivo di persone gassate, l’affermazione di P per cui dopo la gassazione i cadaveri Bardèche  sostiene che gli ebrei sono stranieri e dunque non vede perché un francese debba preoccuparsene. Osserva anche che la domanda “come te la sei cavata” > è una domanda alla quale molti dei superstiti non possono rispondere senza imbarazzo Butz  è il primo ad avanzare dubbi sul numero ufficiale degli scomparsi: secondo lui le stime sono state ingigantite, il fatto che molti non abbiano fatto ritorno non significa necessariamente che siano morti (secondo lui hanno approfittato per sparire e rifarsi un’identità nuova) Harwood  riprende la congettura di Butz per affermare che la maggioranza dei “sei milioni” di dispersi è in realtà costituita da emigranti > la presenza di migliaia di superstiti e quindi di potenziali testimoni, molti dei quali non hanno voluto rendere pubbliche le loro sofferenze, è per i negazionisti la prova definitiva dell’inesistenza dello sterminio Dei diari sotterrati clandestinamente dai membri del “sonderkommandos” i negazionisti non fanno cenno > per quel che riguarda le fotografie invece possono sempre ripiegare sul trattamento che riservano a ogni fotografia che non faccia al caso loro = se non riescono a ricontestualizzarla, asseriscono che si tratta di fotomontaggi realizzati dai professionisti dello show business. Anche sulle testimonianze giudiziarie i negazionisti non si risparmiano: le uniche che citano sono quelle che la storiografia scientifica ha riconosciuto come inesatte > nei processi dell’immediato dopoguerra non era chiaro distinguere quali campi fossero destinati al solo uso di sterminio e quali no > infatti i negazionisti si avvalgono delle deposizioni degli ex detenuti disposti a giurare che a Dachau facevano gassazioni allo scopo di screditare l’intera categoria delle testimonianze processuali = falsus in uno, falsus omnibus. Il WRB Report  “War Refugee Board Report” documento che ha dato filo da torcere ai negazionisti: due ebrei (Vrba e Wetzler) riescono a fuggire da Birkenau e giunti in Slovacchia redigono un rapporto in cui descrivono le varie tappe dell’esperienza vissuta a partire dalla deportazione, attraverso le procedure di immatricolazione nei lager, fino al lavoro forzato e all’evasione > il rapporto viene tradotto dallo slovacco e spedito in Unghera, Palestina e Svizzera > da qui il documento viene indirizzato al WRB che lo pubblica nel novembre del ’44. Il report colpisce per la puntualità delle informazioni che riporta: dalla postazione di amministratore dell’infermeria Vrba è in grado di osservare il trattamento a cui viene sottoposto ciascun convoglio di cui registra la provenienza, poi in base ai numeri di immatricolazioni tatuati sui prigionieri selezionati per le camere a gas, fornisce una stima della cifra degli ebrei ammessi nei lager (circa 10%) > dal rapporto emerge che il periodo maggiore di attività delle camere a gas è verso l’estate del ’42 che coincide con altre testimonianze > l’estrema precisione dei dati è per i negazionisti fonte di sospetto  Butz: “le informazioni potrebbero essere costruite a partire dai dati dell’intelligence, poiché i dati contenuti non sono il tipo di informazioni che degli evasori si porterebbero appresso”. La relazione di Vrba resiste agli attacchi dei negazionisti, che preferiscono rivolgersi alle testimonianze del dopoguerra, specie se redatte a distanza di anni (con più probabilità di riportare inesattezze a cui appigliarsi). Le memorie di Filip Müller  i pochi sopravvissuti alle camere a gas sono i “sonderkommandos” come F. Müller che lavorò per tre anni in un “sonderkommando” con il compito di estrarre i cadaveri dalle camere a gas di Birkenau, sfuggendo a cinque liquidazioni. Nel ’79 pubblicò un libro di memorie, che secondo Mattogno è plagiato dall’autobiografia di M. Nyiszli: Mattogno ironizza sul fatto che Muller abbia impiegato più di trent’anni per decidere a stampare le sue memorie e sospetta che questo lasso di tempo sia stato impiegato per confezionare la contraffazione  non è da escludere che Muller si sia appoggiato ad altri testi (tra cui Nyiszli) per rinfrescarsi la memoria, ma non significa che abbia mentito ma solo che, se presa da sola, la sua testimonianza non basta. Mattogno osserva anche che “la descrizione delle procedure di gassazione mostra punti consonanti, in particolare la descrizione dei cadaveri ammucchiati verso l’alto” (descrizione molto simile sia nel testo di Muller sia in quello di Nyiszli) > secondo Mattogno l’analogia non è spiegabile con il fatto che la scena alla quale i due testimoni assistettero era la stessa (secondo lui è fisicamente impossibile che le vittime tendano ad ammucchiarsi durante la gassazione, semmai dovrebbero stare verso il basso) > una possibile risposta è che siccome il veleno veniva gettato nelle camere in forma solida e si volatilizzasse subito dopo aver toccato il pavimento, gli strati inferiori si impregnassero prima, quindi cercavano di andare verso l’alto. Ma poi, come si può pretendere di padroneggiare le variabili fisiche in situazioni folli come questa? Un’ipotetica genealogia della “menzogna di Aushwitz”  la serie di eventi che lo storico tenta di ricostruire non è riconoscibile se non attraverso i segni della sua passata esperienza > nel caso della Shoah lo storico ha a disposizione diversi segni: verbali come le testimonianze, o documenti stretti o non verbali, come i pochi residui architettonici dei lager (finte docce e porte a tenuta stagna). > le testimonianze degli scampati si inseriscono nell’intreccio che oggi ci informa della realtà della Shoah: non c’è sostanziale dissonanza tra le affermazioni degli ex deportati, quelle degli aguzzini, e le tracce involontarie lasciate dalla macchina dello sterminio nazista > quanto alle imprecisioni riscontrate nelle disposizioni dei superstiti, abbiamo visto che queste si riconducono a pochi tratti ricorrenti = le esagerazioni delle cifre, la confusione delle date, e i ricordi di informazioni di “seconda mano” (i frammenti di “sentito dire”) > gli storici ovviamente sono consapevoli di tali limiti ed è per questo che tendono a incrociare le testimonianze e a confrontarle con altre fonti documentarie  al di la di tutto, resta il fatto che ad Aushwitz si praticavano sistematiche uccisioni di massa, per questo motivo l’esistenza del genocidio è la premessa indiscussa di ogni studio storico serio su questo argomento (e si potrà discutere sul come, dove, perché, quando e chi ma MAI sul fatto in sé = ed è proprio su questo che le testimonianze e i documenti concordano). Per mettere in discussione l’esistenza del genocidio bisogna immaginare che da decenni sia in atto un progetto coerente e concentrato di falsificazione storica in cui tutti i testimoni sono direttamente complici (complotto) > i negazionisti che discutono di questa ipotesi, non arrivano mai a spiegare dettagliatamente come sia possibile una tale congiura e chi ne sia l’artefice  sulla base di poche insinuazioni dei vari negazionisti possiamo provare a riscrivere una “genealogia” di ciò che questi autori definiscono la “menzogna di Aushwitz”: Butz “l’origine della menzogna va ricercata nel WRB Report” che a suo avviso è un documento “costruito” nel 44 da autori ignoti = il punto fondamentale è che due “Internazionali”, quella comunita e quella sionista, ricoprono ruoli di rilievo nei programmi americani di intelligence, della propaganza, e assistenza ai profughi > se si abbraccia la tesi negazionista, bisogna ipotizzare che gli ambienti sionisti internazionali si fossero messi in moto già a quell’epoca coinvolgendo alcuni ufficiali nazisti, qualche membro della diplomazia svedese, l’OSS, il WRB > secondo i negazionisti la cospirazione giudaica stava dunque deponendo le basi per estorcere alla Germania le ripartizioni con cui avrebbe finanziato il futuro stato d’Israele nell’eventualità di una vittoria alleata > quindi il complotto di alcuni membri delle SS apre un’altra ipotesi = cioè che le deportazioni nei territori dell’est sarebbero state programmate in primo luogo dalle massime autorità ebraiche che, in combutta con il regime nazista, avrebbero deciso di sacrificare alcuni di loro per favorire la causa sionista > ipotesi compatibile con la classica argomentazione negazionista secondo cui gli ebrei avrebbero dichiarato guerra alla Germania dopo l’ascesa del partito nazista, e perciò dovevano essere trattati come nemici (alla stregua dei Giapponesi con gli Americani) > il tutto spiegherebbe la presunta menzogna circa l’esistenza dei campi di sterminio che farebbero parte della propaganda bellica, costruiti con l’intento di spingere gli americani a entrare in guerra per difendere gli ebrei > solo dopo il ’45 la menzogna sarebbe stata sfruttata in senso economico ai danni della Germania ormai sconfitta  per rendere credibile il complotto, il numero dei falsi testimoni assodati dall’organizzazione sionista sarebbe cresciuto comprendendo anche gli ufficiali delle SS interrogati a Norimberga > e secondo i negazionisti le loro dichiarazioni sarebbero state estorte con la forza (ma sorprende che nessuno di loro abbia resistito agli inquisitori e che non vi sia un solo ex ufficiale che abbia avuto il coraggio di rivelare l’inganno!)  affinchè l’ipotesi negazionista stia in piedi è necessario immaginare che gli artefici del complotto fossero talmente potenti da manipolare migliaia di personaggi e costringere al silenzio tutte le pedine di questo gioco > e se i negazionisti passassero dalla fase distruttiva a quella propositiva (quindi tentare di dare una spiegazione alternativa) salterebbero fuori molte contraddizioni della loro tesi (= perciò si limitano a smontare/distruggere e non a dare una spiegazione circa la cosiddetta “menzogna di Aushwitz”, limitandosi ad alludere a questo segreto/complotto). 9) CAP IX LE STRATEGIE DISCORSIVE La presenza di un apparato narrativo è ciò che distingue il discorso storico dalla pura cronaca > e la trasformazione della cronaca in storia si effettua caratterizzando alcuni eventi della cronaca come motivi “inaugurali”, altri come motivi “terminali” e altri ancora come motivi di “transizione” = quindi si stabiliscono rapporti di causa-effetto tra i vari eventi che lo storico ritaglia dall’esperienza passata per poi calarli in una struttura narrativa (dove ci sono elementi con carattere più dominante rispetto ad altri). Gremais ha mostrato che il saggio scientifico ha questa struttura: eroe (il ricercatore) e un antagonista (scuole avversarie) per conquistare un oggetto conteso da entrambi (la verità) > alcuni “testualisti forti” insistono sul carattere retoricamente costruito di ogni testo = insistono che “la loro verità” non è altro che un effetto prodotto da strategie retoriche che mascherano l’artificialità di qualsiasi discorso. L’equazione “narrativo= finzionale” confonde però delle categorie che andrebbero distinte: da una parte la struttura interna al testo (più o meno narrativa); dall’altra l’atteggiamento “veridittivo” con cui si è invitati a leggerlo (far finta di credere al racconto VS credere alla veridicità del resoconto fattuale). I negazionisti impiegano spesso strategie discorsive mutate dallo stile accademico dei veri storici: la differenza? Gli storici sanno di doversi attenere ad alcune regole che impediscono alcune mosse interpretative e ne consentono altre mediante le quali la comunità seleziona le interpretazioni più adatte (devono mantenere un’etica del discorso quindi: non fare affermazioni indimostrabili, incoraggiare il lettore a controllare da sé la validità delle asserzioni, fornire tutti gli elementi Fotografie ricontestualizzate  lo spirito critico è consapevole che, come ogni altro segno, anche la fotografia può essere menzognera: c’è la possibilità di intervenire direttamente sulla pellicola tramite montaggi; inoltre il formato limitato della fotografia impedisce di conoscere ciò che stava oltre i confini dell’immagine > > la fotografia acquista senso solo quando viene contestualizzata e inerita in un discorso magari grazie a una didascalia = i negazionisti sfruttano l’ambiguità tipica di ogni fotografia per attribuirla a quelle che riguardano lo sterminio ebraico. Butz  accompagna il suo libro con fotografie associate a didascalie tipo “si dice che questa foto rappresenti il crematorio di Aushwitz” ma non spiega che cosa effettivamente possano raffigurare secondo lui quelle immagini. Da qui vengono utilizzate per conferire ai testi un’aria di scientificità. Mentre nelle pubblicazioni divulgative le fotografie hanno una funzione aggressiva e polemica. Walendy  afferma che spesso le fotografie sono state pubblicate con titoli diversi a seconda dell’argomento che dovevano illustrare > per giustificare la sua diffidenza evidenzia alcuni cattivi usi che sono stati fatti con il materiale fotografico nella seconda guerra mondiale > es fotografia di una catasta di scarpe: in un’occorrenza viene usata in un’edizione moscovita del 44 dedicata al lager di Lublino; in un'altra invece, pubblicata a Francoforte nel 57, viene zoomata la catasta di scarpe e a fianco la didascalia “migliaia di scarpe ad Aushwitz”  W. Ritiene che le fotografie abbiano due sfondi diversi = quindi presenza di fotoritocco. Harwood  accompagna le immagini a didascalie con lo scopo di dare un’altra chiave di lettura: es foto di Anne e diari > didascalia “Anne e i suoi falsi diari”  la struttura delle didascalie è costante: c’è una prima parte della disdascalia che riporta il nome giusto del soggetto fotografato, e una seconda parte commentativa dove inserisce la sua teoria negazionista. Funzioni della retorica negazionista  in sintesi le strategie discorsive dei negazionisti si riconducono ad alcune funzioni fondamentali: 1) Conferire ai testi un’apparenza di scientificità con artifici tipici della scrittura accademica (titoli, epigrafi, note a piè di pagina, materiale fotografico, grafici, calcoli statistici, tabelle) > solo i negazionisti-ricercatori si avvalgono di simili espedienti; i divulgatori usano strategie come il ricorso all’argomento dell’autorità per presentare i negazionisti-ricercatori come depositari del sapere, dando loro titoli accademici tipo professore, dottore, storico ecc sperando cosi di ottenere il rispetto che di solito la comunità nutre nei confronti degli esperti 2) Evidenziare la figura del ricercatore inquadrato nel “topos” dell’eroe solitario e ribelle e allo stesso tempo evocare gli avversari con formule anonime tipo “ una certa corrente politica”. Raramente vengono citati i nomi degli avversari a meno che non si vogli attirare l’attenzione su un particolare storico, magari qualcuno che si è espresso sul tema del negazionismo, con l’intento di trascinarlo in una polemica personale (sperando che risponda alla provocazione e aumenti così la visibilità mediatica dei negazionisti) 3) Privare i discorsi degli avversari del loro aggancio con la realtà: è questo l’obiettivo dei negazionisti: per loro è più importante gettare dubbi sull’avvenuto sterminio che proporre un’alternativa dei fatti contestati. CONCLUSIONI Perché dopo tanti anni in cui i negazionisti sono stati sistematicamente ignorati, negli ultimi decenni i media hanno dedicato tanto spazio alle loro argomentazioni?  in primo luogo, la vicinanza temporale rispetto agli eventi della seconda guerra mondiale ne rendeva inimmaginabile la negazione, laddove a distanza di decenni i ricordi diretti si affievoliscono, lasciando un ceto margine di manovra a chi abbia interesse a riabilitare il nazismo o relativizzarne le colpe.  a questa amnesia si aggiungono alcuni motivi contingenti: si è fatto un dibattito circa le reali responsabilità della guerra > rendendo attuali le ipotesi dei revisionisti e negazionisti vari, e nonostante i giornali abbiano pubblicato con cautela questi scritti, gli si è data comunque una visibilità: per esempio in Italia dopo le elezioni del ’94 con l’avvento del potere della destra che ha dato luogo a una proliferazione di trasmissioni televisive, documentari e articoli sul Ventennio e sulle successive interpretazioni  il clima di “revival” è stato accentuato dalla ricorrenza del cinquantenario della guerra, nonché da iniziative documentarie di grosse dimensioni (tipo il film Shoah dell’85) e il progetto lanciato da Spielberg del 94 (dove cercava di formare un archivio per raccogliere gli ultimi brandelli di memoria concentrazionaria)  nessuna di queste iniziative è mossa da intenti apologetici nei confronti del nazifascismo: al contrario sono destinate a tener viva la memoria storica “per non dimenticare” > eppure accade che proprio queste rievocazioni acuiscano il senso di attualità dei discorsi negazionisti (e in un sistema democratico questo è inevitabile). Diciamo quindi che la responsabilità dei media è colposa e di deve deplorare il modo in cui i giornali banalizzano la memoria della shoah sfruttando questo esempio per parlare di altri episodi, sempre tragici, ma diversi dal genocidio nazista  tuttavia si ritiene che l’abuso irresponsabile del lessico dello sterminio vada inquadrato in un contesto culturale più ampio per capire come mai favorisca l’operazione di diniego storico. Lipstadt  “sebbene il negazionismo non sia un fenomeno nuovo, a partire dalla metà degli anni 70 è cresciuto. Parte di questo successo si può far risalire ad un certo clima intellettuale che si è affermato nel mondo accademico nell’ultimo ventennio”  i maggiori responsabili di tale clima intellettuale sono i sostenitori delle tesi testualiste forti: Fish, Rorty, i decostruzionisti ecc i quali ponendo una grande enfasi sulla libera iniziativa del lettore nella costruzione del significato di un testo qualsiasi, hanno creato un’atmosfera di lassismo verso l’interrogazione degli eventi storici (rendendo difficile capire che c’è qualcosa di “off limits” rispetto a questo approccio scettico). Strappato dal contesto accademico, il relativismo realizzato dal reader-oriented criticism è dilagato nella mentalità collettiva sfociando in un atteggiamento di diffidenza diffusa = crisi di veridizione (oggi leggiamo la storia con lo stesso velato scetticismo che applichiamo ai racconti di finzione). Tuttavia la sfiducia generalizzata da molti denunciata è tuttavia la fonte, piuttosto che l’effetto, delle pratiche di lettura sospettosa condannate da Lipstadt. Si configura quindi una nuova ipotesi  non nella lettura sospettosa, bensì sulla rigida proposta di una lettura alternativa (che comporta una chiusura del dialogo) dove risiede lo scandalo negazionista > Nell’istante in cui pongono in dubbio l’esistenza della Shoah, la reazione di repulsione che generano è dettata non da motivi scientifici, ma da fattori morali ed emotivi > in un futuro remoto magari la negazione dello sterminio ebraico non susciterà più indignazione ma magari divertito distacco esattamente come quello che dimostriamo quando accogliamo la tesi secondo cui Napoleone non è mai esistito. Cerchiamo quindi di separare l’aspetto morale da quello epistemologico riguardante la nostra valutazione dell’operazione negazionista: moralmente ci appare intollerabile perché è evidente che chiunque si premuri di falsificare un evento come questo è spinto da un movente poco edificante (altrimenti perché perdere tempo a tentare di sfatare un episodio storicamente accertato che vede contrapposti un partito di aguzzini e delle vittime?)  l’unica spiegazione è che l’interprete eretico cerca di riabilitare i nazisti e ripiombare nel paradigma dell’antisemitismo storico = ricordiamo che anche i negazionisti più persistenti contestano che la deportazione degli ebrei ebbe luogo e che un certo numero di persone persero la vita. Dal punto di vista epistemologico invece, la reprensibilità al negazionismo si colloca nella seconda fase della conversione epistemica: quella che incoraggia il passaggio da dubbio generalizzato (non possiamo mai essere certi dell’esistenza del genocidio), alla proposta tassativa di una tesi alternativa (Shoah è un’invenzione sionista). La seconda fase del processo è invece segnata da un cambiamento strategico: non ci si accontenta più di negare in senso vago la tesi, ma si afferma una nuova ipotesi  tranne che, i negazionisti, si limitano a enunciare la propria tesi che non è mai argomentata sulla base di solidi documenti storiografici > essi si chiamano fuori dai controlli incrociati, impedendo al resto della comunità scientifica di applicare l’ipotesi del complotto sionista i medesimi criteri che i negazionisti invece pretendono di impiegare ai danni del paradigma dominante  quindi i sostenitori della storiografia scientifica si trovano costretti a difendere la propria versione dei fatti (la quale essendo enunciata in positivo offre facilmente il fianco alle critiche)  i negazionisti invece concentrano i loro sforzi sulla demolizione senza dimostrare concretamente che la Shoah è il prodotto di una contraffazione (metodo usato nei primi scritti critici di Faurisson)  la fase distruttiva del negazionismo sfrutta il clima di relativismo e di incertezza, in questo modo la perenne tensione interrogativa è logorante per i più > ed è così che sperano di conquistare la loro riconoscenza in quei lettori che sono stufi dei colpi di scena e vorrebbero solo una spiegazione elementare (infine il negazionismo non è che il capitolo più aggiornato della storia della teoria della cospirazione ebraica secondo cui esiste un governo ebraico segreto che, tramite una rete mondiale di organizzazioni, controlla governi/stampa/economia mondiali).
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