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L'isola di Arturo (riassunto), Prove d'esame di Letteratura

RIASSUNTO - RIASSUNTO

Tipologia: Prove d'esame

2015/2016

Caricato il 14/07/2016

meamea
meamea 🇮🇹

4.5

(23)

4 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica L'isola di Arturo (riassunto) e più Prove d'esame in PDF di Letteratura solo su Docsity! L’ISOLA DI ARTURO L’isola di Arturo è un romanzo di Elsa Morante pubblicato da Einaudi nel 1957. Le vicende sono raccontate dal protagonista- narratore, Arturo, ormai adulto, che ripercorre in prima persona la suainfanzia e adolescenza; in tal senso l'opera si inserisce nel genere del "romanzo di formazione", un tipo di narrazione (di grande successo e diffusione in Europa a partire dall'Ottocento) che percorre le tappe più significative della crescita e della maturazione di un adolescente verso l'età adulta. Il romanzo è ambientato a Procida, a partire dagli anni Trenta: il ragazzo, orfano di madre, vive sull’isola in quasi completa solitudine, dal momento che il padre, Wilhelm, indifferente al figlio, è sempre via per lunghi viaggi. Arturo vive così in un castello diroccato, che egli, con la sua fervida fantasia, proietta in unadimensione mitica e fiabesca; i suoi unici compagni sono Silvestro, suo amico, e la cagnolina. Arturo cresce nel ricordo della madre morta di parto e nell’ammirazione totalizzante per il padre, tanto da considerarlo un eroe che compie miracolose gesta nel corso delle sue frequenti assenze. Passa allora il suo tempo a progettare viaggi fantastici, come quelli del padre, e a leggere le storie sui condottieri del ciclo cavalleresco. Wilhelm, un giorno, porta a casa da uno dei suoi viaggi una giovane moglie, Nunziatella, una ragazza di sedici anni dei bassifondi di Napoli. In un primo momento Arturo si dimostra geloso della matrigna, dal momento che lo allontana dai rari momenti in cui il padre è presente e si mette in mezzo al rapporto tra i due. Tuttavia, dopo la nascita del fratellino, Carmine Arturo, il ragazzo si accorge che i suoi contrastanti sentimenti per Nunziatella sono dovuti al fatto di essere attratto dalla matrigna, sua coetanea. Cerca in tutti i modi di farsi notare, ma questa dimostra attenzioni solo verso il figlio appena nato: Arturo così finge il suicidio, assumendo delle pillole di sonnifero del padre. Nella convalescenza viene accudito da Nunziatella e Arturo dà sfogo ai propri sentimenti, baciando la ragazza per esserne poi rifiutato. Il ragazzo sfoga il suo amore non corrisposto con un’amica della matrigna, la giovane vedova Assunta, che inizia il ragazzo al sesso, anche se egli scoprirà in seguito di non essere l'unico a Procida a godere dei favori della donna. Contemporanemente, crollano anche le fanciullesche illusioni sulla figura di Wilhelm: Arturo scopre che l'uomo, che si è addirittura dimenticato del compleanno del figlio e si è allontanato nuovamente dall'isola, non compie affatto leggendarie imprese, ma più prosaicamente si reca a Napoli, e che ha pure intrecciato una relazione omosessuale con un uomo. Deluso e scosso, Arturo decide di partire da Procida, abbandonando l'Eden della sua infanzia: si arruola volontario, con l’amico Silvestro, come volontario nella seconda guerra mondiale, abbandonando per sempre l’isola, le persone della sua infanzia e il suo passato. Scriverà le sue memorie da un campo di prigionia in Africa. L’intero romanzo sviluppa il tema principale della crescita e della formazione: il protagonista si evolve e cresce e attraverso le deludenti esperienze comprende di non vivere nella realtà immaginaria creata dalla sua fantasia, ma in un duro mondo fatto di illusioni e delusioni. A questo tema si aggiungono altri temi secondari, come quello della solitudine e della gelosia, che sono i modi in cui si realizzano i rapporti interpersonali tra Arturo e gli altri personaggi. Altro tema è il rapporto padre-figlio, fatto in questo caso di incomprensioni e indifferenza. A questo si collega il tema dell’omosessualità, quando viene rivelata quella del padre nella conclusione del libro. Titoli e struttura: Il racconto è articolato secondo una ricca suddivisione in titoli. Il titolo del romanzo, L'isola di Arturo, ci dice che la storia ha come oggetto uno spazio ben preciso, di solito associato ad un'idea di chiusura, di intimità (l'isola), la cui appartenenza a qualcuno è chiara (l'isola è di Arturo). Il sottotitolo iniziale, Re e stella del cielo, è più difficile da capire immediatamente; rimanda comunque a due cose normalmente considerate importanti, o elevate e preziose. Il passo che abbiamo scelto, che rappresenta l'inizio del romanzo, è composto da due paragrafi, il le scuole medie ed elementari. Iniziò ben presto a comporre le sue prime poesie e fiabe; più grande s’iscrisse al liceo classico dove sostenne risultati tanto positivi da permetterle di frequentare l'università. Non ottenne però la laurea perché troppo occupata dall'attività letteraria, avendo cominciato a scrivere novelle e racconti pubblicati su riviste femminili. Nel 1941 uscì la sua prima raccolta di novelle "Il gioco segreto" e nello stesso anno si sposò con lo scrittore Alberto Moravia, con il quale, però si separò nel 1962. Il suo primo romanzo, "Menzogna e sortilegio", fu pubblicato nel 1948 e ricevette il Premio Viareggio, nel 1957 la Morante ricevette il “Premio strega” grazie a "L'isola di Arturo", successivamente scrisse anche un libro di poesie (Alibi), un libro di racconti (Lo scialle Andaluso) ed una raccolta di poesie e prose (Il mondo salvato dai ragazzini). Nel 1974 compose la sua più famosa opera: "La storia" e il suo ultimo suo romanzo, "Aracolei", risale al 1982, dopodiché Elsa morì a Roma tre anni dopo. I personaggi I personaggi di questo libro non sono classificabili in classe precisa, in primo piano c’è la famiglia del protagonista che, nonostante le apparenze, è sufficientemente ricca per rinunciare al lavoro, invece, sullo sfondo ci sono gli abitanti dell’isola di Procida, gente semplice che svolge i mestieri tipici del luogo e del tempo. Arturo Gerace Arturo Gerace è il vivace protagonista della storia, un giovane di quattordici, che fa della sua isola un mondo incantato. Arturo, che è la voce narrante, si descrive da solo: un bel ragazzino che di statura superava di poco il metro, ma fiero dei suoi occhi neri e dei bei capelli mori, che tagliava solo per non sembrare una ragazza, sempre spettinati e d’estate addirittura incrostati di sale.Compiuti sedici anni il giovane Gerace diventò un uomo, alto e forte capace di attirare su di sé le attenzioni delle giovani compaesane. Da piccolo era cresciuto con la sua balia Silvestro, perché la madre era morta nel metterlo alla luce e il padre era sempre lontano dall’isola per compiere chi sa quali viaggi avventurosi. Così Arturo, allattato con latte di capra, dovette abituarsi presto ad essere grande ed a badare a se stesso, l’unico inseparabile amico che aveva era un cane femmina di nome Immacolatella. Man mano che il giovane cresceva aumentava in lui l’ammirazione per suo padre, che a causa dei lunghi e continui viaggi, era diventato irraggiungibile come un dio, almeno finché non fosse cresciuto e con questo desiderio di crescere, Arturo passava le giornate aspettando. L’isola rappresentava per il protagonista tante cose, in certi giorni gli pareva una prigione, nella quale era costretto ad attendere il giorno del suo sedicesimo compleanno, a volte lo rassicurava, perché finché lui fosse rimasto a Procida suo padre sarebbe sempre tornato, e altre volte si rendeva conto che quello era il suo mondo e il solo pensiero di allontanarsene gli stringeva il cuore come una morsa d’acciaio. Si può affermare che Arturo fosse molto ingenuo, non aveva mai ricevuto una vera istruzione e tutto ciò che sapeva sul mondo lo aveva appreso in qualche libro di avventura, il suo genere preferito. Non conosceva nulla dell’altro sesso, che considerava come un insieme di creature inferiori, brutte e goffe nelle loro forme abbondanti, ma queste idee gli erano state tramandate dal padre e quando Arturo imparò a conoscere le donne i suoi atteggiamenti nei loro confronti cambiarono, almeno in parte. Wilhelm Gerace Wilhelm è il trentacinquenne padre di Arturo, nato da una breve relazione tra Antonio Garace e una giovane ragazza tedesca. Da come ce lo descrive Arturo, che per lui aveva una vera e propria adorazione, è un uomo bellissimo, alto, con i capelli biondi e lucenti come l’oro, e due così azzurri, che nella loro bellezza e purezza, potevano essere eguagliati solo dal mare di Procida. Il giovane era approdato su quest’isola vent’anni prima, quando suo padre, in punto di morte, lo aveva chiamato al suo seguito per lasciargli l’eredità Gerace: un modesto patrimonio frutto di anni e anni trascorsi da avventuriero. Arrivato sull’isola, Wilhelm conobbe Romeo l’Amalfitano, detto solamente “l’Amalfitano”, instaurando con lui un rapporto d’amicizia, perché simili tra loro, avevano in comune l’odio per le donne e il disprezzo per il resto della società, e quando Romeo ormai vecchio e mal ridotto, morì, gli lasciò in eredità la casa dei Guaglioni, così Wilhelm si stabilì a Procida, non rinunciando però ai suoi viaggi. Egli era, infatti, incapace di trattenersi in un posto fisso troppo a lungo, e nel corso degli anni le sue abitudini non cambiarono, nemmeno con la nascita di Arturo, o il matrimonio con Nunziata o l’arrivo di Carmine- Arturo: non lo si può proprio definire uno spirito libero, ma quasi. Solo in seguito si scoprirà che i suoi viaggi non erano avventurosi come il figlio, per molto tempo, aveva creduto: egli al massimo arrivava ai confini della città di Napoli (però su questi argomenti, l’autore non fornisce molte spiegazioni). Nunziata Nunziata è il nome della sedicenne sposa di Wilhelm; prima di approdare a Procida viveva a Napoli in un monolocale, con la famiglia composta dalla madre Violante, tanti fratelli e sorelle più piccoli e una comare. Nunziata non era di certo una ragazza bellissima, perché il suo corpo era di una bambina che stava crescendo e che ancora non aveva raggiunto le forme di un’adulta, la sua statura era normale, ma le gambe sembravano troppo tozze e corte, sproporzionate, rispetto al resto. Però Nunziata poteva vantarsi di una chioma lussureggiante di bellissimi capelli ricci e neri come la notte, che in un brivido di pazzia, le scendevano a ciuffi sulle spalle e sul viso, coprendo delicatamente le orecchiette. La pelle del collo e del viso era tenue, tinta di un rosa candito, che solamente sulle gote si ravvivava di tonalità scarlatte, gli occhi neri, screziati di viola, facevano capolino sotto due folte sopracciglia more, che si congiungevano all’altezza del naso e le labbra, dal colore di una fragola, spiccavano in quell’insieme immacolato come una rosa in mazzo di gigli bianchi. Dal suo sguardo si capiva immediatamente che era una ragazza dolce e fragile, che non osava mai ribellarsi al volere degli altri: soprattutto col marito, che la umiliava e la scherniva, si comportava come una bestia da lavoro, sempre timorosa del padrone, ma allo stesso tempo affezionata, e sottomessa a lui. Arrivata a Procida Nunziata aveva come unica compagnia quella dei suoi ritratti delle Vergini e così fu per i primi tempi, ma poi abbandonò la sua timidezza e si fece amiche molte donne del paese, che la aiutarono quando rimase incinta. Di lei si può dire che era molto buona e devota, infatti, non osava mai infrangere uno dei dieci comandamenti, e anche quando il suo cuore, in fondo in fondo, provava dell’ amore sincero per Arturo, il suo buon senso e la sua coscienza le impedirono di manifestare i suoi sentimenti. Lo spazio Le avventure del giovane Arturo sono ambientate a Procida, un’isoletta a largo della costa napoletana, che il narratore descrive minuziosamente in ogni particolare. L’isola era per la maggior parte coperta dalla campagna che d’estate si ricopriva di bellissime ginestre; su per le colline verso la campagna, era attraversata di straducce chiuse fra muri, oltre i quali si stendevano come giardini imperiali, i frutteti e i vigneti. Sulla costa c’erano varie spiagge dalla sabbia fine e delicata e altre più piccole e nascoste fra le scogliere, coperte di ciottoli e conchiglie, che i gabbiani sceglievano per loro dimore. L’isola ovviamente era fornita di un porto, ma quello di Procida non era molto grande, perché non vi attraccano mai imbarcazioni eleganti come le navi da crociera, che invece, popolano gli altri porti dell’arcipelago, ma piccole chiatte o barconi mercantili o il traghetto per Napoli, oltre le barche da pesca degli isolani. Intorno al porto le case erano così fitte e ravvicinate, che le viuzze apparivano come angusti e severi corridoi, nonostante i muri fossero dipinti con i vivaci colori delle conchiglie. L’isola era sovrastata dall’imponente stazza del Castello Penitenziario e del suo borgo, che raccoglieva i peggiori criminali di quella zona, e perciò, molto spesso, il nome “Procida” era associato alla gran prigione. La Casa dei Guaglioni, con vista sul penitenziario, era la dimora del protagonista: non apparteneva al patrimonio della stirpe Gerace, ma era stata regalata a Wilhelm da un vecchio amico molto ricco di nome Romeo l’Amalfitano. Il castello Gerace, così scherzosamente chiamato da Arturo, era assai immenso, costruito sull’alto di un monticello, in mezzo ad un terreno incolto; la facciata principale volgeva al paese mentre a destra c’era una piccola scala che congiungeva con il piano carrozzabile, dietro, infine, si stendeva una larga spianata, giù dalla quale il terreno diventava scosceso e impervio e attraverso una lunga frana si arrivava ad una spiaggetta dalla forma triangolare dov’era attraccata la Torpediniera delle Antille, la barca di Arturo. I muri esterni, costruiti senza grazia e mal dipinti di rosa stinto, facevano apparire il palazzo grezzo come che aveva conquistato l’amore del suo idolo. Presto la matrigna rimase incinta e Arturo nel vederla in quello stato la trova bella per la prima volta; nella sera del 22 novembre, il giovane venne svegliato improvvisamente dalle urla strazianti di Nunziata, e così corse in paese per chiamare la mammana, cioè l’ostetrica. Al suo ritorno Carmine-Arturo era già nato e da quella sera Nunziata, che aveva sempre riposto le sue cure verso Arturo, si dedicò solamente a Carminiello. Il protagonista ingelosito decise di inscenare un finto suicidio per attirare l’attenzione su di sé e riuscito nel suo intento, si fece accudire per una settimana, al termine della quale, confessò a Nunziata i suoi sentimenti con un bacio appassionato, ma l’effetto non fu quello desiderato e la loro amicizia si ruppe per sempre. Per riconquistarla intraprese una relazione con una sua amica di nome Assuntina, ma ciò non bastò ed anzi, il loro rapporto si oscurò ulteriormente. Intanto le visite del padre si erano fatte più frequenti e lunghe, durante le quali trascorreva la maggior parte delle giornate chiuse in casa o al penitenziario per trovare l’amico Stella, questo ovviamente all’insaputa di tutti. Una sera tornando a casa, Arturo si trovò ad affrontare Stella, e in quell’occasione tra i due scoppiò una lite violenta che alla fine coinvolse anche Wilhelm. La mattina seguente il padre partì con l’amico, ignorando completamente la promessa che aveva fatto al figlio quand’era piccolo, ossia di viaggiare con lui appena avesse compiuto sedici anni. Arturo, offeso nell’orgoglio, si chiuse in camera sua e ne uscì solamente il giorno dopo per litigare con Nunziata, dopodiché scappò di casa e si rifugiò in una grotta fingendosi morto. Verso sera però ricevette la visita di Silvestro e assieme a lui partì per la guerra, lasciando per sempre Procida. Commento L’isola di Arturo è senza dubbio il libro più bello che abbia mai letto, nel quale la Morante è riuscita veramente a esprimere le angosce, i dubbi e le sensazioni di un giovane adolescente. Mi è piaciuto soprattutto per l’ampia analisi del protagonista, Arturo, questo giovane ragazzo, che con le sue sole forze ha superato il momento più difficile della vita: l’adolescenza, affrontando problemi come il primo amore, la trasformazione fisica e mentale, il confronto-scontro con i genitori e tra tutti, il più importante, scegliere cosa fare “da grandi”; come si può non voler prendere esempio da lui? Perché infondo ciò che l’autore ci propone è un esempio, una finestra sull’adolescenza, in cui altri giovani possano trovare conforto. Il modo in cui è scritto il libro permette una facile lettura e la semplicità del suo linguaggio, giovanile e allo stesso tempo ricercato, invoglia il lettore, che non può fare altro che affezionarsi al suo protagonista e alle sue disavventure. Inoltre la trama, forse un po’ lenta e a volte noiosa nella prima parte, riesce poi a rapirti con i suoi colpi di scena, e ad avvolgerti completamente, perché le descrizioni, sia degli ambienti sia dei personaggi, sono talmente dettagliate che ti trasportano in quegli scenari, finché si diventa parte stessa della storia.
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