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L'Italia dalle origini al Pisanello- il primo cinquecento toscano, Sintesi del corso di Storia Dell'arte

appunti sulla storia del disegno

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 06/06/2019

Xaelenum
Xaelenum 🇮🇹

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Scarica L'Italia dalle origini al Pisanello- il primo cinquecento toscano e più Sintesi del corso in PDF di Storia Dell'arte solo su Docsity! IL PRIMO CINQUECENTO TOSCANO Fin dalla metà del ‘300 il disegno era considerato il “fondamento dell’arte”, a tal punto che il Cennini con il suo Libro dell’arte, scritto verso fine del secolo ammonisce il giovane pittore con queste parole: <<… dal disegno t’incominci. Ti conviene avere l’ordine di potere incominciare a disegnare il più veritevole>> e il Ghiberti, circa mezzo secolo dopo scriveva che <<tanto è perfecto lo scultore tanto quanto e perfecto il disegniatore et così è il pictore>>. Un concetto simile non fu mai tanto presente alla coscienza e alla pratica degli artisti quanto nel ‘500, e specialmente a Firenze; rafforzato poi verso la metà del secolo dall’appoggio teorico dei trattatisti. Allo scorcio del ‘400 e nei primi decenni del ‘500 la stessa abbondanza e l’alta qualità dei disegni nella produzione degli artisti, soprattutto pittori, di questo tempo è già di per se indicativa della particolare fiducia che essi avevano per la pratica disegnativa, alla quale venivano dedicati tempo e fatica a volte non inferiori a quelli dedicati alle opere pittoriche. Tali testimonianze da parte di artisti su cosa significasse disegnare per essi, non sono molte per questi primi anni, eccezion fatta per Leonardo, mentre cominciano ad abbondare verso la metà del secolo per infittirsi sempre più verso la fine. LEONARDO, non fu solo un fertilissimo disegnatore, ma anche finissimo teorizzatore dei principi del suo operare artistico. Per lui i <<termini dei corpi sono di maggior discorso e impegno che le ombre e i lumi e il disegno è di tanta eccellenza, che non solo ricerca le opere di natura, ma infinite più che quelle che fa natura>>. Per Leonardo, il disegno, che ha tanta eccellenza, non è lo studio in senso accademico e nemmeno la semplice profilatura dei contorni, che aveva fatto la delizia dei maggiori disegnatori che lo avevano preceduto, dal Botticelli al Pollaiolo. Per Leonardo, il disegno ha tanto più valore espressivo quanto più si avvicina all’abbozzo, quanto più cioè suggerisce con mezzi grafici le infinite varietà della natura: come lo vedremo bene dai suoi disegni, ogni minimo segno di carbone tracciato su un foglio non resterà davvero valido per essere trasferito in pittura, anche se naturalmente sarà valido per suggerire tutte quelle varietà di natura. In MICHELANGELO, non si ritrovano accenni diretti sul significato del disegnare, anche se è implicito che il disegno per lui dovesse essere il mezzo più idoneo per studiare e imparare, tanto è vero che in un foglio custodito al British Museum egli esorta l’allievo Mini di disegnare e di non perdere tempo, mentre all’amico Tommaso Cavalieri faceva esempio di sua mano, perché questi <<imparassi a disegnare>>. Né è da trascurare la notizia data dal Vasari, dei veri e propri falsi che Michelangelo giovinetto faceva delle <<carte di mano di vari maestri vecchi… tingendole o invecchiandole con fumo e altre cose>>. La quale circostanza , se vera, sarebbe evidente dimostrazione di quanto il Buonarroti valutasse i disegni altrui, nonché i propri. È infatti tipico di uno che altamente stimava l’opera d’arte il distruggerla, nel caso non lo soddisfacesse. Ed è quanto Michelangelo facesse secondo il Vasari. LA NASCITA DEL COLLEZIONISMO GRAFICO Degli artisti del primissimo ‘500 si dice che non vi sono testimonianze sul loro modo di concepire il disegno; tuttavia artisti scrittori come il Cellini e il Vasari testimoniano sull’argomento convinzioni che dovevano ben essere tradizionali e che in parte riflettono quanto gli artisti loro predecessori avevano messo in pratica, anche se non esplicitamente teorizzato. Un’artista all’avanguardia come il Pontormo sostiene che <<una cosa sola c’è che è nobile fondamento dell’arte, questo è il disegno, e tutte le altre ragioni sono deboli rispetto a questo>>; poi ancora << il disegno è madre di ognuna di queste arti essendo il dipingere disegnare>> dirà il Vasari; e per il Varchi, promotore della Disputa sulla preminenza delle varie arti, non è dubbio che il disegno sia <<il principio>> e <<l’origine, la fonte, la madre>> delle varie arti. Sarà da tali principi teorizzati alla metà del ‘500, ma messi in pratica a Firenze molto tempo prima nelle botteghe tardo-quattrocentesche, che deriverà quella definizione di <<arti del disegno>> con la quale si sono intese dal ‘500 all’ ‘800 quelle che oggi vengono definite genericamente come arti figurative. Con l’intensificarsi della pratica disegnativa da parte degli artisti, mai come dopo in questo momento i disegni si conservarono e si studiarono dando inizio a quel fenomeno che avrà grande sviluppo in Italia e purtroppo nei secoli successivi all’estero, cioè il collezionismo grafico. Fino al ‘500 ci sono testimonianze che i disegni si conservassero al di fuori delle botteghe degli artisti, ed è forse da ricercare la ragione della scomparsa di tanti dei fogli più antichi nel gusto collezionistico. Michelangelo dava i suoi disegni agli amici Perini, Cavalieri e a Vittoria Colonna oltre che al suo scolaro mini, di Raffaello come dice il Dolce <<ogni sua carta e disegno è prezzato come si prezzano le gemme e l’oro>>. Nel vasari è continua testimonianza di come i disegni dei vari artisti fossero tenuti in pregio dagli scolari, dagli amici e dai mecenati. Il Vasari stesso è un notevolissimo esempio di collezionismo grafico: egli infatti raccolse in un suo Libro dé disegni, più volte ricordato nelle Vite, i fogli che era riuscito a trovare degli artisti di cui scriveva le biografie, fogli che annotava con attribuzioni, spesso calzanti, e circondava con incorniciature di sua mano, con una cura fra il presuntuoso e l’appassionato, di cui resta ancora testimonianza di alcuni esemplari, dispersi fra varie collezioni pubbliche e private. Dalla fine del secolo per tutto il ‘660 e il ‘700 , l’esempio del Vasari sarà seguito da principi e privati amatori che raduneranno collezioni sbalorditive in cui gli artisti fiorentini, hanno quasi sempre parte predominante, anche in grazia della loro abbondante produzione disegnativa. Questo fenomeno andò estraniandosi dall’Italia e le vendite di singoli fogli o intere collezioni si intensificarono di più fra il XVIII e XIX secolo spogliando il nostro paese di gran parte del suo patrimonio grafico. Nel secolo scorso, tuttavia, molte delle raccolte vennero trasformate in collezioni di stato pubbliche, e per questo possiamo godere di una stabilità di collocazione per quanto riguarda i disegni degli artisti più importanti dal ‘400 al ‘700. DA LEONARDO A MICHELANGELO A RAFFAELLO Quanto ci resta oggi è solo una minima parte della loro fertile attività e lo dimostrano citazioni di disegni perduti, copie contemporanee di fogli di cui non conosciamo più gli originali (molte ad esempio , da Raffaello, da Michelangelo o da Andrea del Sarto) nonché le notizie di distruzione di molti disegni, come quella operata da Michelangelo stesso. Fra tutti questi artisti, quello di cui ci restano i disegni e senz’altro LEONARDO, che fu anche il primo che a Firenze disegnasse con tanta inesauribile fecondità. Si può definire il disegnatore più fertile di tutta la storia italiana, soprattutto se si tiene conto di tutti gli schizzi sui suoi codici o sui manoscritti di vario argomento. I suoi eredi furono meno scrupolosi e i preziosi libri di Leonardo andarono venduti o regalati, disperi e rimaneggiati. I nuclei principali sono quelli ambrosiani e quelli di Windsor dov’è pur conservato il maggior numero di disegni isolati di Leonardo, più di 500 provenienti pare dalla Spagna ( da un grosso volume raccolto da Pompeo Leoni e dalla collezione di Lord Arundel. Pochi sono al confronto i fogli conservati in Italia, agli Uffizi ì, all’Accademia di Venezia, alla Biblioteca Reale di Torino mentre altri sono al Louvre, al British, e all’Ashmolean Museum di Oxford. Filippino lippi, sempre e comunque partenti dallo studio del naturale sulla via aperta da Leonardo e dai suoi “comprimari” in minore come Piero di Cosimo. Per i toscani il paesaggio ha funzione di contorno e di complemento alla figura umana o di sfondo a una scena, sia in pittura che nel disegno. IL TEMA DEL NUDO, LO STUDIO DI TESTA E IL RITRATTO Il nudo Durante tutto il Quattrocento fiorentino , per quanto riguarda il tema classico del nudo, se ne aveva indagata la struttura e le possibilità di movimento, eppure quando Michelangelo studiò i suoi modelli nudi, il risultato fu tutt’altro da quello strettamente anatomico-dinamico, tale che la figura umana assunse proporzioni ideali, paragonabili per rigore a quelle degli edifici antichi e una potenza plastica nuova, che permetteva moti e scorci intentati, in un gioco di contrapposti difficilissimi che avrà elaborazioni e imitazioni per tutto il secolo. Leonardo individuerà nel nudo un >>lume universale dell’aria>> e con lo spazio un animismo continuamente mutevole che pure avrà i suoi echi per tutto il secolo. Mentre la lezione che Raffaello trarrà dal nudo sarà la “grazia” di perfetti equilibri proporzionali e di armoniche cadenze lineari in un rinnovato classicismo. Questi studi di nudo si allacceranno in un discorso compositivo, la ricchezza degli effetti sarà ancora più nuova scavalcando ogni timidezza quattrocentesca, nel tema sacro e in quello altrettanto tradizionale a Firenze, della battaglia. • Il gruppo della Madonna col Bambino e Sant’Anna, come lo pubblicò Leonardo col suo cartone del 1501, e l’epopea eroica della battaglia di Anghiari e di Cascina delle Battaglie di Anghiari e di Cascina, quali inventarono Leonardo e Michelangelo nei due cartoni seguiti per il Palazzo Vecchio fra il 150-1505 e che come disse il Cellini furono la <<scuola del mondo>>. Altri temi tradizionali erano lo studio della testa e del ritratto di cui già nel ‘400 avevano offerto ottimi esempi grafici il Verrocchio, Lorenzo di Credi e il Ghirlandaio. Leonardo sarà inventore di nuovi moduli che raggiungeranno il loro culmine pittorico nella Gioconda. In questo contesto entra anche lo studio della testa di carattere che coincide a volte con la caricatura che ebbe i suoi cultori a Firenze con Leonardo e Michelangelo fino ad arrivare ad esiti ornativi e manieristici. Anche lo studio del panneggio era stato alla base della propedeutica quattrocentesca, ma fu ancora una volta Leonardo ad aprirvi nuove vie con drappeggi pieni di luce continuamente mossi da pieghe mai gratuite e ben individuanti la forma. Raffaello da parte sua suggerì armoniose e Michelangelo plastiche cadenze, cui subito aggiunse solennità accademica Frà Bartolommeo, che utilizzava un modello di legno che snodava e vestiva con panni naturali come accennato dal Vasari. Per lo studio delle composizioni maggiori, i disegni furono essenziale strumento di lavoro anche se spesso in tali ricerche gli artisti si aiutavano con procedimenti tecnici e mezzi diversi come i famosi teatri di manichini, da cui paiono derivare a volte alcuni disegni. Schizzi e composizioni generali, specialmente nelle botteghe del Ghirlandaio e di Filippino Lippi, avevano funzione di studio per predisporre le varie figure e anche di modello da presentare al committente per dargli un’idea della composizione pittorica definitiva. Numerosi esempi sono presenti in Raffaello e in Frà Bartolommeo, che si serviva raramente di figure nude, mentre usava abbozzi rapidi, leonardescamente indefiniti a figure già panneggiate. Lo stesso faceva Andrea del Sarto, che tuttavia preferiva studiare le figure singole o particolari aggruppamenti di queste mentre altri trovavano nel disegno compositivo un agevole ponte ai cartoni veri e propri e un modo per inseguire per inseguire i particolari effetti della pittura come faceva il Sodoma. Gli schizzi d’insieme sono quasi del tutto assenti in Michelangelo, che non era fatto per le “istorie” ma per le singole figure, e invece abbondano nella produzione di Leonardo con un carattere estremamente sommario e allusivo, in chiave con le sue teorie sull’abbozzo. Altra importanza particolare l’hanno i temi ornamentali nel solo duplice aspetto di studi per decorazioni pittoriche o scenografiche e di liberi sfoghi della fantasia secondo l’esempio fertile di Filippino. La componente classica delle grottesche e quella fantastico-macabra trasmessa dalle stampe nordiche dettero esiti vastissimi in campo scenografico, nella decorazione di ambienti, arazzi e architetture d’apparato. In Leonardo e perfino Michelangelo si trovano esempi di schizzi decorativo grotteschi che avranno imitatori per tutto il Manierismo. Per quanto riguarda i temi dello stile, essi sono diversissimi e furono senza dubbio influenzati da un ambiente particolarmente ricettivo come quello fiorentino estremamente sensibile e ricco di antica cultura. LA GRANDE EREDITÀ QUATTROCENTESCA È impossibile intendere la storia del disegno e della pittura del ‘500 a Firenze senza tener conto dell’eredità quattrocententesca, sia per certi elementi tecnici e propriamente stilistici, fondamentali ed assai significativi ai fini della grafica: il Classicismo da un lato inteso come equilibrio e purezza di forme, e un gusto “ghiribizzoso”, avventato e comunque acutissimo. Se il primo ebba i suoi esiti soprattutto in Raffaello e in Frà Bartolommeo, il secondo fi pronto a trasformarsi nella fulgida follia dei manieristi, auspici Leonardo e Michelangelo. L’estremo della dolcezza classica venne raggiunto dal PERUGINO (1450-1523) coi suoi disegni dalle linee pulite e lente su forme bilanciate , che aveva riportato alla calmai ritmi donatelliano- verrocchieschi. LORENZO DI CREDI (1459- 1537), dal punto di vista grafica ebbe maggior peso, per i suoi disegni ritratto che divulgavano in modi diligenti le novità di Leonardo. Evidente era l’esempio crediano in certi fogli di Raffaello,, ma il suo segno fragile e come graffito ebbe echi anche in Frà Bartolommeo. Il GHIRLANDAIO nella sua bottega non trascurava l’attività grafica: con le sue penne rade e luminose, che tracciavano schizzi d’insieme gracili ma gradevolissimi, insegnarono la tecnica a Michelangelo ragazzo e fornirono esempi al Frate. Anche il SIGNORELLI nella grafica non mancò di esercitare particolare influenze con i suoi disegni a matita nera (si veda le Quattro figure nude in lotta del Louvre), un genere con la quale eccelse e ottenne forti rilievi anatomici, da piacere a Michelangelo, e lucidi effetti chiaroscurali, da interessare il Sodoma. FILIPPINO LIPPI fu più fertile nel disegno dello scorcio del ‘400, traduttore in termini eminentemente grafici e pittorici dei ghirigori lineari botticelliani ed anticipatore di ghiribizzi formali manieristici: senza di lui non si potrebbero spiegare certi ghiribizzi formali manieristici. PIERO DI COSIMO non fu disegnatore abbondante ma finissimo; el e sue matite lievi, come soffiate, le sue penne sottili e piene di luce, i suoi studi di paesaggio, dove l’esempio nordico si sciogle al calore naturalistico leonardesco, furono esemplari per i disegni di Frà Bartolommeo e dell’Albertinelli, per certe sottigliezza grafiche del timido Puligo o del fragile Sogliani, perfino per il segno sensitivo delle giovanili penne e punte d’argento di Raffaello. Quanto a LEONARDO, il fatto stesso che egli sia nato nel 1452 ed ha ho operato per più di metà della sua vita entro il ‘400, partecipando da primo attore alle più svariate indagini quattrocentesce, dimostra quanto le sue indubitabili aperture alla nuova vicenda culturale del’500 trovino origine in esperienze anteriori. Dopo il lungo soggiorno a Milano dove vi si era recato verso il 1482 e aveva Lavorato per Ludovico il Moro ad opere di scultura, di ingegneria civile e militare, nonché il famoso Cenacolo, Leonardo tornò nel 1500 a Firenze e nel 1501 finì quel cartone della Madonna con Sant’Anna: l’idea così nuova del gruppo di figure intrecciate in piccolo spazio a quasi sorgenti l’una dall’altra ebbe subito geniali ripetitori (Michelangelo e Raffaello fra gli altri) ed ebbe poi straordinarie elaborazioni nel Manierismo. Accanto al cartone della Sant’Anna , i cartoni della Battaglie di Anghiari e di Cascina eseguiti rispettivamente da Leonardo e Michelangelo per il Salone del Cinquecento, nel Palazzo della Signoria, fra il 1503- 1505 e rimasti per un certo tempo visibili e copiabili, furono l’altro eccezionale avvenimento grafico che rivoluzionò le idee degli artisti fiorentini. I CARTONI PER LE BATTAGLIE DI ANGHIARI E DI CASCINA La Battaglia di Anghiari progettata da Leonardo, di cui restano solo copie parziali e vari disegni, doveva essere la più straordinaria esposizione figurativa, delle impressioni dell’artista sulla guerra, <<pazzia bestialissima>>. Per dipingere al meglio una battaglia, egli stesso ammoniva nei Pensieri: <<Farai prima il fumo dell’artiglieria mischiato infra l’aria insieme con la polvere mossa dal movimento de’ cavalli e de’ combattimenti… i quali quanto più fieno tra detta turbolenza, meno si vedranno e meno differenza fra dai loro lumi e dalle loro ombre>> Nel cartone per Palazzo Vecchio doveva spiccare la lotta famosa intorno allo stendardo, dove il movimento inestricabile di figure e animali aveva il suo culmine anche psicologico << perciocché in essa non si conosce meno la rabbia, lo sdegno e la vendetta ne gli uomini che ne’ i cavalli. La Battaglia di Cascina inventata da MICHELANGELO, della non ci restano altro che alcuni disegni, stampe e copie parziali, è un’idea di rivoluzionaria invenzione, ammirata in una descrizione del Vasari; dove egli dice che Michelangelo cominciò con un cartone che riempì con dei nudi che si bagnavano per il caldo nel fiume Arno, e mentre che escono fuori dalle acque si vestivano da soldati; vi erano anche molte figure aggruppate in e abbozzate in diversi modi, chi è contornato di carbone, chi disegnato di tratti e chi sfumati e lumeggiati con la biacca, dimostrando la sua bravura. Come per la pittura, così per la storia del disegno i due cartoni furono un fatto determinante, non fosse altro perché gli artisti che a gara li studiavano, come attesta il Vasari e come ci documentano le opere, li copiavano soprattutto in disegni estraendo da essi proprio i caratteri più particolarmente grafici e compositivi. Il cartone michelangiolesco ebbe un valore più scoperto per il nascere della poetica manierista e anche di una sorta di nuova accademia, nel senso più nobile della parola: il suo programma era specificamente disegnativo, per quell’insistere esclusivo su nudo e per quella
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